Lamù - Beautiful Dreamer
Il secondo lungometraggio è un caso a dir poco unico, sensazionale, innovativo dal punto di vista della trama.
Come ci si sentirebbe a dover vivere la stessa giornata, con lo stesso inizio, sviluppo, fine, o una giornata simile, per così dire? Qui si esplora poi una tematica che nella serie è stata trattata in un senso, ma è stata anche un po' trascurata, e la si approfondisce in tutte le fasi: inizio, sviluppo, fine vengono strutturati secondo lo schema tipico del sogno e del desiderio.
Attenzione: la parte seguente contiene spoiler
All'inizio i protagonisti si svegliano e si rimettono al lavoro per la festa e tutti sono indaffarati, ma sembra che la mole di lavoro non finisca mai, e anzi aumenti anche a causa dei guai che i protagonisti (specialmente Ataru) combinano. Le giornate si alternano quindi sempre con il solito schema, e nessuno se ne accorge. Poi c'è un punto di svolta: il Professor Onsen è il primo ad accorgersi che c'è qualcosa che non quadra, e parla con Sakura di tutto questo. Ed è qui che avviene lo sviluppo con la rivelazione della leggenda di Urashima Taro, sulla quale la vicenda del film è basata. I protagonisti Mendo e Shinobu conducono delle indagini insieme ad Onsen e Sakura, e capiscono che dietro a tutto questo c'è qualcuno e/o qualcosa già apparso di recente, ma, per capire di chi si tratti e per esserne certi, devono farlo venire fuori allo scoperto, e decidono di attirarlo con qualcosa e/o qualcun altro che abbia desideri e sogni "particolari" da esprimere (Ataru e i suoi desideri passionali). Infine, il sospetto si scopre essere Mujaki, il folletto dei sogni e dei desideri, il quale appare già ai protagonisti (ad alcuni) e rivela loro il perché di questo sogno e del fatto che ormai si è stancato di esaudire i sogni e i desideri degli esseri umani, poiché molti di quelli che ha esaudito erano crudeli e malvagi. Quando però incontra Lamù e lei gli confessa il suo desiderio/sogno, Mujaki ritrova l'entusiasmo perso e decide di esaudirlo, poiché lo ritiene un desiderio bellissimo. Questo però risulta essere un incubo per gli altri, i quali cercano di far in modo di svegliarsi. Mujaki non ci sta e decide di impiegare ogni tattica e mezzo a sua disposizione per fare in modo che il sogno/desiderio espresso da Lamù continui a durare ininterrotto. Alla fine è proprio Ataru che, essendo stato convinto ad esprimere il suo desiderio, scopre con sua amara sorpresa che questo non è del tutto soddisfatto, poiché nel suo desiderio Lamù non c'è. Questo lo sprona a rivedersi e a rinunciarvici. Mujaki è disperato e capisce di aver perso. Alla fine tutti si risvegliano e riprendono la loro vita quotidiana, ma questa volta nel mondo reale.
Vi sono tante chiavi di lettura e interpretazioni del film: una è che i sogni sono bellissimi, ma non bisogna diventarne schiavi e/o prigionieri, poiché diventarne schiavi porta alla follia, alla pazzia, e non è detto che ciò che desideriamo e/o sogniamo sia ciò di cui abbiamo bisogno; un'altra è che occorre fare attenzione a ciò di cui ci si priva per i sogni, poiché potrebbe rivelarsi molto più importante di quello a cui si aspira.
Vogliate perdonare lo spoiler, ma era necessario, perché, essendo la trama basata su un sogno, ho dovuto illustrarlo nella sua struttura essenziale. La trama mantiene il fattore comicità dell'anime, ma da questo si discosta per via di una seria contemplazione del mondo onirico che porta i protagonisti a riflettere sul potere dei sogni e dei desideri, non solo nel mondo astratto ma anche nel mondo reale.
I protagonisti maturano ulteriormente e prendono una seria presa di posizione su questo tema, per tornare allo stato originale delle cose. La musica è semplicemente fantastica, come ad enfatizzare l'ambientazione onirica della vicenda, e quindi si fonde con essa in un'unica entità. La grafica è ulteriormente migliorata. Tutto, dall'ambientazione ai personaggi, risulta migliorato.
Non c'è che dire. Un capolavoro di originalità, ben strutturato, ben equilibrato e pieno di consapevolezza, coscienza, buon senso, giudizio, coerenza.
Come ci si sentirebbe a dover vivere la stessa giornata, con lo stesso inizio, sviluppo, fine, o una giornata simile, per così dire? Qui si esplora poi una tematica che nella serie è stata trattata in un senso, ma è stata anche un po' trascurata, e la si approfondisce in tutte le fasi: inizio, sviluppo, fine vengono strutturati secondo lo schema tipico del sogno e del desiderio.
Attenzione: la parte seguente contiene spoiler
All'inizio i protagonisti si svegliano e si rimettono al lavoro per la festa e tutti sono indaffarati, ma sembra che la mole di lavoro non finisca mai, e anzi aumenti anche a causa dei guai che i protagonisti (specialmente Ataru) combinano. Le giornate si alternano quindi sempre con il solito schema, e nessuno se ne accorge. Poi c'è un punto di svolta: il Professor Onsen è il primo ad accorgersi che c'è qualcosa che non quadra, e parla con Sakura di tutto questo. Ed è qui che avviene lo sviluppo con la rivelazione della leggenda di Urashima Taro, sulla quale la vicenda del film è basata. I protagonisti Mendo e Shinobu conducono delle indagini insieme ad Onsen e Sakura, e capiscono che dietro a tutto questo c'è qualcuno e/o qualcosa già apparso di recente, ma, per capire di chi si tratti e per esserne certi, devono farlo venire fuori allo scoperto, e decidono di attirarlo con qualcosa e/o qualcun altro che abbia desideri e sogni "particolari" da esprimere (Ataru e i suoi desideri passionali). Infine, il sospetto si scopre essere Mujaki, il folletto dei sogni e dei desideri, il quale appare già ai protagonisti (ad alcuni) e rivela loro il perché di questo sogno e del fatto che ormai si è stancato di esaudire i sogni e i desideri degli esseri umani, poiché molti di quelli che ha esaudito erano crudeli e malvagi. Quando però incontra Lamù e lei gli confessa il suo desiderio/sogno, Mujaki ritrova l'entusiasmo perso e decide di esaudirlo, poiché lo ritiene un desiderio bellissimo. Questo però risulta essere un incubo per gli altri, i quali cercano di far in modo di svegliarsi. Mujaki non ci sta e decide di impiegare ogni tattica e mezzo a sua disposizione per fare in modo che il sogno/desiderio espresso da Lamù continui a durare ininterrotto. Alla fine è proprio Ataru che, essendo stato convinto ad esprimere il suo desiderio, scopre con sua amara sorpresa che questo non è del tutto soddisfatto, poiché nel suo desiderio Lamù non c'è. Questo lo sprona a rivedersi e a rinunciarvici. Mujaki è disperato e capisce di aver perso. Alla fine tutti si risvegliano e riprendono la loro vita quotidiana, ma questa volta nel mondo reale.
Vi sono tante chiavi di lettura e interpretazioni del film: una è che i sogni sono bellissimi, ma non bisogna diventarne schiavi e/o prigionieri, poiché diventarne schiavi porta alla follia, alla pazzia, e non è detto che ciò che desideriamo e/o sogniamo sia ciò di cui abbiamo bisogno; un'altra è che occorre fare attenzione a ciò di cui ci si priva per i sogni, poiché potrebbe rivelarsi molto più importante di quello a cui si aspira.
Vogliate perdonare lo spoiler, ma era necessario, perché, essendo la trama basata su un sogno, ho dovuto illustrarlo nella sua struttura essenziale. La trama mantiene il fattore comicità dell'anime, ma da questo si discosta per via di una seria contemplazione del mondo onirico che porta i protagonisti a riflettere sul potere dei sogni e dei desideri, non solo nel mondo astratto ma anche nel mondo reale.
I protagonisti maturano ulteriormente e prendono una seria presa di posizione su questo tema, per tornare allo stato originale delle cose. La musica è semplicemente fantastica, come ad enfatizzare l'ambientazione onirica della vicenda, e quindi si fonde con essa in un'unica entità. La grafica è ulteriormente migliorata. Tutto, dall'ambientazione ai personaggi, risulta migliorato.
Non c'è che dire. Un capolavoro di originalità, ben strutturato, ben equilibrato e pieno di consapevolezza, coscienza, buon senso, giudizio, coerenza.
“Tesoruccio, ho fatto un sogno incredibile!”
Finalmente in Italia in un’ottima edizione Blu-ray della Anime Factory, dimostratasi una certezza nella divulgazione della produzione animata nipponica, “Lamù - Beautiful Dreamer” torna a deliziare gli occhi, la mente e il cuore del pubblico nostrano.
Il secondo film di Mamoru Oshii, qui alle prese con la seconda regia sulla serie che lo aveva lanciato nel mondo dell’animazione qualche anno prima, è un tassello imprescindibile per la comprensione di tutta la sua futura poetica cinematografica, oltre che uno spartiacque del cinema anime degli anni Ottanta.
Criticatissimo alla sua uscita nel 1984, in primis dai fan della serie originale e disconosciuto dalla stessa Rumiko Takahashi, “Lamù - Beautiful Dreamer” stupisce ancora oggi per la modernità delle soluzioni di regia e l’originalità di alcune tra le sequenze più ispirate mai viste in un film d’animazione, cariche di quell’atmosfera sospesa fra l’onirico e il surreale che Oshii accentuerà nei film seguenti (“L’uovo dell’angelo” è successivo di appena un anno).
Anche la base ideologica, su cui è imperniata la sceneggiatura dell’opera, presenta in nuce tutte le caratteristiche peculiari del cinema del regista. Fra tutte la bellissima e affascinante riflessione sul tempo e sul sogno, evidenziato fin dal titolo e protagonista dell’evento scatenante della storia.
Di cosa è fatto il tempo? Esso scorre in maniera lineare oppure la sua progressività è una convenzione, stabilità dall’uomo? Ma soprattutto è percepito in maniera uguale da tutti, oppure ciascuno determina autonomamente il modo in cui il tempo scorre nella propria vita? E in tutto ciò che ruolo hanno i sogni? Semplici illusioni notturne o autentica manifestazione di una realtà altrimenti fasulla?
Attraverso riflessioni che sembrano richiamare una filosofia di chiara matrice bergsoniana e nietzschiana, Oshii tenta di rispondere a questi e ad altri quesiti, riuscendo anche ad inserire nel mezzo la tradizione folkloristica giapponese (parte della trama risulta, infatti, basata sulla leggenda di Urashima Taro).
A tal proposito si sprecano le scene da antologia, capaci ancora oggi di far salire un brivido lungo la schiena per la bellezza sprigionata: dalla sequenza di apertura dai tratti post-apocalittici alla ripresa circolare del dialogo fra il professor Onsen e la dottoressa Sakura, passando per la corsa di Shinobu tra i Furin fino al viaggio notturno in taxi. E tante altre ancora.
Proprio per la complessità dei temi trattati, più defilati appaiono Lamù, Ataru, Mendo e Shinobu, mentre gli altri comprimari classici assurgono al ruolo di mere comparse. In questo senso quindi anche i personaggi risultano funzionali a veicolare un messaggio, che è forse quello che sta più a cuore allo stesso Mamoru: al di là delle elucubrazioni mentali, tutto “Lamù - Beautiful Dreamer” non è che un’elegia poetica e commovente sulla giovinezza, un sentito omaggio del regista alla propria gioventù (personale e professionale) e alla nostra; quel periodo magico e irripetibile della vita di ciascuno, dove un giorno di festa con gli amici pareva durare all’infinito e tutto sembrava in ordine, anche quando nulla era davvero a posto.
Ma i momenti migliori non possono essere per sempre, e prima o poi si dovrà tornare alla realtà dello scorrere del tempo.
Il rintocco dell’orologio del liceo di Tomobiki segna la fine dell’incantesimo e l’inizio di un nuovo giorno per i ragazzi. “Quanto è difficile stargli dietro, con tutti i sogni che fanno!” dice il demone Mujaki mentre esce di scena poco prima dei titoli di coda, e con lui anche Mamoru Oshii: è ora di sperimentare nuove forme di animazione e avventurarsi per altri lidi, l’età della giovinezza è ormai finita.
Proprio per tutta questa serie di motivi “Lamù - Beautiful Dreamer”, oltre ad essere la prima vetta del cinema di Oshii, è anche uno dei migliori film celebrativi mai realizzati (se non il migliore nel campo dell’animazione), perché la sua celebrazione non si ferma soltanto al brand, ma amplia i propri confini e spazia fino a raggiungere un livello ben più profondo di intima connessione con il pubblico: non si accontenta di riproporre situazioni e personaggi che nulla smuovono nell’economia della storia originale, bensì osa presentare spunti di riflessione e affronta argomenti che cambiano la percezione di chi assiste sull’opera di riferimento e sui suoi protagonisti. Qualità, questa, che la maggior parte di prodotti commemorativi simili mai sono riusciti a raggiungere.
Finalmente in Italia in un’ottima edizione Blu-ray della Anime Factory, dimostratasi una certezza nella divulgazione della produzione animata nipponica, “Lamù - Beautiful Dreamer” torna a deliziare gli occhi, la mente e il cuore del pubblico nostrano.
Il secondo film di Mamoru Oshii, qui alle prese con la seconda regia sulla serie che lo aveva lanciato nel mondo dell’animazione qualche anno prima, è un tassello imprescindibile per la comprensione di tutta la sua futura poetica cinematografica, oltre che uno spartiacque del cinema anime degli anni Ottanta.
Criticatissimo alla sua uscita nel 1984, in primis dai fan della serie originale e disconosciuto dalla stessa Rumiko Takahashi, “Lamù - Beautiful Dreamer” stupisce ancora oggi per la modernità delle soluzioni di regia e l’originalità di alcune tra le sequenze più ispirate mai viste in un film d’animazione, cariche di quell’atmosfera sospesa fra l’onirico e il surreale che Oshii accentuerà nei film seguenti (“L’uovo dell’angelo” è successivo di appena un anno).
Anche la base ideologica, su cui è imperniata la sceneggiatura dell’opera, presenta in nuce tutte le caratteristiche peculiari del cinema del regista. Fra tutte la bellissima e affascinante riflessione sul tempo e sul sogno, evidenziato fin dal titolo e protagonista dell’evento scatenante della storia.
Di cosa è fatto il tempo? Esso scorre in maniera lineare oppure la sua progressività è una convenzione, stabilità dall’uomo? Ma soprattutto è percepito in maniera uguale da tutti, oppure ciascuno determina autonomamente il modo in cui il tempo scorre nella propria vita? E in tutto ciò che ruolo hanno i sogni? Semplici illusioni notturne o autentica manifestazione di una realtà altrimenti fasulla?
Attraverso riflessioni che sembrano richiamare una filosofia di chiara matrice bergsoniana e nietzschiana, Oshii tenta di rispondere a questi e ad altri quesiti, riuscendo anche ad inserire nel mezzo la tradizione folkloristica giapponese (parte della trama risulta, infatti, basata sulla leggenda di Urashima Taro).
A tal proposito si sprecano le scene da antologia, capaci ancora oggi di far salire un brivido lungo la schiena per la bellezza sprigionata: dalla sequenza di apertura dai tratti post-apocalittici alla ripresa circolare del dialogo fra il professor Onsen e la dottoressa Sakura, passando per la corsa di Shinobu tra i Furin fino al viaggio notturno in taxi. E tante altre ancora.
Proprio per la complessità dei temi trattati, più defilati appaiono Lamù, Ataru, Mendo e Shinobu, mentre gli altri comprimari classici assurgono al ruolo di mere comparse. In questo senso quindi anche i personaggi risultano funzionali a veicolare un messaggio, che è forse quello che sta più a cuore allo stesso Mamoru: al di là delle elucubrazioni mentali, tutto “Lamù - Beautiful Dreamer” non è che un’elegia poetica e commovente sulla giovinezza, un sentito omaggio del regista alla propria gioventù (personale e professionale) e alla nostra; quel periodo magico e irripetibile della vita di ciascuno, dove un giorno di festa con gli amici pareva durare all’infinito e tutto sembrava in ordine, anche quando nulla era davvero a posto.
Ma i momenti migliori non possono essere per sempre, e prima o poi si dovrà tornare alla realtà dello scorrere del tempo.
Il rintocco dell’orologio del liceo di Tomobiki segna la fine dell’incantesimo e l’inizio di un nuovo giorno per i ragazzi. “Quanto è difficile stargli dietro, con tutti i sogni che fanno!” dice il demone Mujaki mentre esce di scena poco prima dei titoli di coda, e con lui anche Mamoru Oshii: è ora di sperimentare nuove forme di animazione e avventurarsi per altri lidi, l’età della giovinezza è ormai finita.
Proprio per tutta questa serie di motivi “Lamù - Beautiful Dreamer”, oltre ad essere la prima vetta del cinema di Oshii, è anche uno dei migliori film celebrativi mai realizzati (se non il migliore nel campo dell’animazione), perché la sua celebrazione non si ferma soltanto al brand, ma amplia i propri confini e spazia fino a raggiungere un livello ben più profondo di intima connessione con il pubblico: non si accontenta di riproporre situazioni e personaggi che nulla smuovono nell’economia della storia originale, bensì osa presentare spunti di riflessione e affronta argomenti che cambiano la percezione di chi assiste sull’opera di riferimento e sui suoi protagonisti. Qualità, questa, che la maggior parte di prodotti commemorativi simili mai sono riusciti a raggiungere.
Ho una certa reverenza nell'approcciarmi a recensire le opere del maestro Oshii, perché ho sempre il timore di non essere all'altezza del genio, ma, come lo stesso autore dirà in "Innocence" (2004), "Non bisogna essere Cesare per capire Cesare"; in effetti l'umanità intera è composta perlopiù da persone non all'altezza dei suoi individui migliori. Realizzato l'anno precedente "Lamù - Only You" (1983), di cui il regista fu insoddisfatto per l'invadenza della produzione, ma tutto sommato un marchettone divertente, grazie agli incassi di esso e al continuo successo della serie TV "Lamù", di cui era regista, Oshii ha finalmente carta bianca da parte della produzione per un progetto estremamente personale e che ora può realizzare: ne esce fuori "Lamù - Beautiful Dreamer" (1984), che nelle intenzioni di tutti doveva essere né più e né meno che un mero film celebrativo del mondo di Lamù, mentre invece per Oshii diventa veicolo attraverso il quale, grazie al mezzo animato, può esprimere le proprie riflessioni sul tempo e lo spazio, come concetti relativi e intrinsecamente legati all'essere umano, da non concepire banalmente in maniera retta sul modello di un fiume che scorre, ma più come una circolarità in cui conta solo l'attimo del presente. La nota fiaba Giapponese di Urashima Taro, di cui ci viene fornito l'assunto nella prima parte del film, nonché la filosofia relativista sulla concezione del tempo di Henri-Bergson, la teoria del male radicale di Immanuel Kant e il racconto filosofico del mistico cinese Zhuangzi sulla farfalla e il sogno sono le chiavi necessarie per decriptare il film, con i suoi numerosi simbolismi e l'impalcatura teorica posta alla base di esso: l'impossibilità di concepire il tempo in un rapporto oggettivo e di distinguere la realtà dal sogno, perché, per quanto ne sappiamo, la nostra intera esistenza non può che essere una creazione dell'inconscio altrui, dimorante in un'altra dimensione, creando una reazione a catena da cui è impossibile venirne a capo, rendendo l'intera esistenza un gigantesco sogno altrui, quindi nient'altro che finzione.
Lamù, Ataru, Mendo, Sakura, Shinobu e tutti gli altri personaggi si ritrovano a vivere il giorno prima del festival scolastico, in modo continuo e ripetuto, senza che nessuno di loro si renda conto della situazione, mentre chi si pone domande sulla sensazione di vivere dei continui deja-vu sparisce misteriosamente come il professor Onsen (una figura adulta, quindi già immersa nella realtà del mondo), perché pone evidentemente questioni scomode in uno status quo eterno, tramite delle considerazioni fiume in un dialogo con la dottoressa Sakura, ripreso con un movimento di macchina a 360°, con cui Oshii rende a livello formale le proprie idee narrative (qui è autore della sceneggiatura anche).
Inno a un'adolescenza senza fine, Lamù, Ataru e gli studenti del liceo Tomobiki con cui fanno gruppo vivono senza farsi domande un'eterna adolescenza, ripetendo all'infinito le giornate in modo spensierato, senza porsi alcuna domanda sulla realtà in cui vivono, accettandola tacitamente per quello che è, per timore probabilmente che essa possa aver fine, nonostante gli edifici intorno siano sempre più in rovina, inspiegabilmente i supermercati siano sempre pieni di cibi e bevande fresche e la casa di Ataru possegga acqua, luce, elettricità e televisione. Un mondo perfetto, forse troppo, non può esistere una realtà così, eppure ai giovani adolescenti importa solo vivere questo eterno presente; con una lettura meta-cinematografica, Oshii sembra mettere sullo stesso piano la ripetitività intrinseca nel format delle puntate di questa serie TV demenziale da cui è tratto il film, non solo con la situazione vissuta dai protagonisti, ma anche con le aspettative dei fan della serie che magari protestano contro la mancanza di nuove idee, per poi infuriarsi quando le aspettative vengono disattese e i creatori, invece di dare la solita roba, quando vogliono uscire dai binari prestabiliti, vengono bersagliati dalle proteste e quindi costretti a fare marcia indietro. La situazione in cui vivono Lamù e soci corrisponde in pieno al limbo in cui i fan vivono, un'eterna riproposta di ciò che si aspettano, senza variazione alcuna.
"Beautiful Dreamer" è il sogno che diventa cinema, grazie al folletto Mujaki, dietro le cui fattezze si cela in modo chiaro l'alter-ego di Oshii, regista-demiurgo, che rende reali i sogni dei protagonisti, in special modo quello di Lamù, che, in quanto aliena e non essere umano, concepisce un desiderio così puro e non legato alla materialità delle cose facilmente corruttibile, da non poter esserne non colpiti e cercare di preservarlo a tutti i costi, seppur sia intrinsecamente infantile nella concezione, perché il sogno è pur sempre una manifestazione dell'inconscio modellato sulla realtà stessa, ma non può essere la scappatoia per evadere dalla realtà stessa, che gli adolescenti di oggi dovranno affrontare per diventare gli uomini e le donne del domani.
Giocato su fonti di luce sovra-illuminate tipiche dello stile del regista, sequenze surreali perfettamente calate nel contesto demenzial-anarchico tipico dei personaggi, inquadrature sghembe e riprese grandangolari, Oshii gioca a deformare e alterare i piani della realtà, moltiplicando i punti di osservazione, come gli specchi infiniti in cui Ataru si vede nella scuola, accentuando la sensazione di straniamento, coadiuvato da un montaggio ellittico che altera i piani della realtà, mostrando l'inizio del film in medias res per poi andare a ritroso, rompendo questa piacevole crisi delle certezze tramite uno spiacevole 'spiegone' finale, che il regista evidentemente ha inserito per via del target a cui l'opera era rivolta, e che nelle opere successive eviterà del tutto. "Beautiful Dreamer" segna la fine dell'adolescenza cinematografica di Mamoru Oshii, destinato a diventare il miglior regista di animazione della storia del cinema; un'opera così particolare e dissacratoria verso la serie da cui era tratta, anche se in realtà aderente allo spirito di essa, se si presta attenzione, non poteva che essere rifiutata dal pubblico bue, il quale minacciò di morte il regista e chiese a Rumiko Takahashi (autrice del manga) di disconoscere il film, cosa che fece dichiarando di odiarlo. Oshii entrò in rotta di collisione con la produzione, che gli rinfacciò di aver 'floppato' con un film celebrativo tratto da una serie di grande successo, e lo mandò via in malo modo, segnando di fatto anche l'inizio di una carriera all'insegna delle difficoltà da parte del regista nel reperire le risorse per finanziare i propri progetti.
"Beautiful Dreamer", a distanza di quasi quarant'anni, lo si può considerare il miglior film celebrativo mai fatto, che già mostra il talento e l'abilità tecnico-intellettuale del suo autore; un capolavoro del cinema e un inedito sguardo positivo da parte di un regista che, nel giro di pochi anni, maturerà una concezione sempre più pessimista dell'esistenza.
Lamù, Ataru, Mendo, Sakura, Shinobu e tutti gli altri personaggi si ritrovano a vivere il giorno prima del festival scolastico, in modo continuo e ripetuto, senza che nessuno di loro si renda conto della situazione, mentre chi si pone domande sulla sensazione di vivere dei continui deja-vu sparisce misteriosamente come il professor Onsen (una figura adulta, quindi già immersa nella realtà del mondo), perché pone evidentemente questioni scomode in uno status quo eterno, tramite delle considerazioni fiume in un dialogo con la dottoressa Sakura, ripreso con un movimento di macchina a 360°, con cui Oshii rende a livello formale le proprie idee narrative (qui è autore della sceneggiatura anche).
Inno a un'adolescenza senza fine, Lamù, Ataru e gli studenti del liceo Tomobiki con cui fanno gruppo vivono senza farsi domande un'eterna adolescenza, ripetendo all'infinito le giornate in modo spensierato, senza porsi alcuna domanda sulla realtà in cui vivono, accettandola tacitamente per quello che è, per timore probabilmente che essa possa aver fine, nonostante gli edifici intorno siano sempre più in rovina, inspiegabilmente i supermercati siano sempre pieni di cibi e bevande fresche e la casa di Ataru possegga acqua, luce, elettricità e televisione. Un mondo perfetto, forse troppo, non può esistere una realtà così, eppure ai giovani adolescenti importa solo vivere questo eterno presente; con una lettura meta-cinematografica, Oshii sembra mettere sullo stesso piano la ripetitività intrinseca nel format delle puntate di questa serie TV demenziale da cui è tratto il film, non solo con la situazione vissuta dai protagonisti, ma anche con le aspettative dei fan della serie che magari protestano contro la mancanza di nuove idee, per poi infuriarsi quando le aspettative vengono disattese e i creatori, invece di dare la solita roba, quando vogliono uscire dai binari prestabiliti, vengono bersagliati dalle proteste e quindi costretti a fare marcia indietro. La situazione in cui vivono Lamù e soci corrisponde in pieno al limbo in cui i fan vivono, un'eterna riproposta di ciò che si aspettano, senza variazione alcuna.
"Beautiful Dreamer" è il sogno che diventa cinema, grazie al folletto Mujaki, dietro le cui fattezze si cela in modo chiaro l'alter-ego di Oshii, regista-demiurgo, che rende reali i sogni dei protagonisti, in special modo quello di Lamù, che, in quanto aliena e non essere umano, concepisce un desiderio così puro e non legato alla materialità delle cose facilmente corruttibile, da non poter esserne non colpiti e cercare di preservarlo a tutti i costi, seppur sia intrinsecamente infantile nella concezione, perché il sogno è pur sempre una manifestazione dell'inconscio modellato sulla realtà stessa, ma non può essere la scappatoia per evadere dalla realtà stessa, che gli adolescenti di oggi dovranno affrontare per diventare gli uomini e le donne del domani.
Giocato su fonti di luce sovra-illuminate tipiche dello stile del regista, sequenze surreali perfettamente calate nel contesto demenzial-anarchico tipico dei personaggi, inquadrature sghembe e riprese grandangolari, Oshii gioca a deformare e alterare i piani della realtà, moltiplicando i punti di osservazione, come gli specchi infiniti in cui Ataru si vede nella scuola, accentuando la sensazione di straniamento, coadiuvato da un montaggio ellittico che altera i piani della realtà, mostrando l'inizio del film in medias res per poi andare a ritroso, rompendo questa piacevole crisi delle certezze tramite uno spiacevole 'spiegone' finale, che il regista evidentemente ha inserito per via del target a cui l'opera era rivolta, e che nelle opere successive eviterà del tutto. "Beautiful Dreamer" segna la fine dell'adolescenza cinematografica di Mamoru Oshii, destinato a diventare il miglior regista di animazione della storia del cinema; un'opera così particolare e dissacratoria verso la serie da cui era tratta, anche se in realtà aderente allo spirito di essa, se si presta attenzione, non poteva che essere rifiutata dal pubblico bue, il quale minacciò di morte il regista e chiese a Rumiko Takahashi (autrice del manga) di disconoscere il film, cosa che fece dichiarando di odiarlo. Oshii entrò in rotta di collisione con la produzione, che gli rinfacciò di aver 'floppato' con un film celebrativo tratto da una serie di grande successo, e lo mandò via in malo modo, segnando di fatto anche l'inizio di una carriera all'insegna delle difficoltà da parte del regista nel reperire le risorse per finanziare i propri progetti.
"Beautiful Dreamer", a distanza di quasi quarant'anni, lo si può considerare il miglior film celebrativo mai fatto, che già mostra il talento e l'abilità tecnico-intellettuale del suo autore; un capolavoro del cinema e un inedito sguardo positivo da parte di un regista che, nel giro di pochi anni, maturerà una concezione sempre più pessimista dell'esistenza.
Chi l’ha detto che Lamù non possa portare a situazioni serie e meditabonde? Quando il regista è Mamoru Oshii, poi, la sfida non sembra certo impossibile. E il nostro riesce a vincerla pienamente.
I nostri vivono un’avventura surreale, vivendo ripetutamente i giorni che precedono il festival scolastico. Ma cosa può aver provocato una cosa tanto strana? Come uscirne? Il tutto in un thriller in stile “Dieci piccoli indiani”, con i personaggi che scompaiono uno dopo l’altro. Un film che può piacere o non piacere, ma che non si può negare che sia diverso dal solito. Sconfessato dall’autrice, che non lo considera minimamente come una parte della saga, ma amato da moltissimi fan. Problema nel problema è dato dalla motivazione finale, che indubbiamente risulta un po' debole e raffazzonata. Ma è altrettanto vero come si sia ben riusciti a parlare dei sogni e della loro importanza.
La grafica è ottima, così come la regia. Indubbiamente il voto non può che essere soggettivo, dati i motivi di cui sopra. Sarei tentato di dare otto, anche per l’eccellente atmosfera thriller, ma, date le motivazioni finali imperfette, mi limito a un 7.5. Vivamente consigliato.
I nostri vivono un’avventura surreale, vivendo ripetutamente i giorni che precedono il festival scolastico. Ma cosa può aver provocato una cosa tanto strana? Come uscirne? Il tutto in un thriller in stile “Dieci piccoli indiani”, con i personaggi che scompaiono uno dopo l’altro. Un film che può piacere o non piacere, ma che non si può negare che sia diverso dal solito. Sconfessato dall’autrice, che non lo considera minimamente come una parte della saga, ma amato da moltissimi fan. Problema nel problema è dato dalla motivazione finale, che indubbiamente risulta un po' debole e raffazzonata. Ma è altrettanto vero come si sia ben riusciti a parlare dei sogni e della loro importanza.
La grafica è ottima, così come la regia. Indubbiamente il voto non può che essere soggettivo, dati i motivi di cui sopra. Sarei tentato di dare otto, anche per l’eccellente atmosfera thriller, ma, date le motivazioni finali imperfette, mi limito a un 7.5. Vivamente consigliato.
Mamoru Oshii rientra certamente nella categoria dei registi giapponesi più rinomati all’estero assieme ad Hayao Miyazaki e Katsuhiro Otomo. Personalità risoluta, vive la gioventù in un periodo di grande mutamento per il Paese, partecipando in prima persona alle contestazioni studentesche organizzate a causa dei rapporti con gli Stati Uniti, eventi che lo forgiano avvicinandolo agli scenari politici.
In ambito lavorativo è conosciuto per essere uno dei maestri della fantascienza impegnata, abile nell’imbastire le sue produzioni con grandi riferimenti alla cultura orientale. Non esiste una scrittura impersonale, per lui il cinema non è fonte d’evasione, quanto un’opportunità per approfondire le proprie (come ama definirle) ossessioni.
L’arrivo allo Studio Pierrot in pieno “Anime Boom” (sollecitato anche dai nuovi modelli di fruizione) gli permette di partecipare a una serie come “Lamù” che raggiunge settimanalmente il 20% di share, e che diventa fondamentale nell’interpretare un’epoca: esprime il benessere sociale derivante dall’economia. Siamo infatti ancora lontani dallo scoppio della bolla speculativa. Perfettamente consapevole che il modo di narrare cambia a seconda del medium, la sua poetica è influenzata dall’invasione cyberpunk che avviene nella seconda metà degli anni ‘80, tuttavia questo lungometraggio getta le basi del suo stile.
Inutile dire che nei prodotti destinati alle sale cinematografiche è difficile sperimentare tecniche alternative poiché si punta al guadagno facile per far rientrare i costi, e i registi generalmente cercano di non snaturare il franchise, ma Oshii non è il tipo che asseconda le esigenze dello spettatore medio solo per denaro, difatti la pellicola riscuote poco successo ai botteghini, anche se col tempo finisce per essere rivalutata.
Non è un caso che Rumiko Takahashi, autrice la quale ha saputo unire come poche altre un collettivo ampio e variegato, abbia detestato il lavoro di Oshii, giacché assistiamo a uno stravolgimento completo del concept della storia.
La visione dei primi minuti può ingannare, ma poi i toni divengono più seri, l’immedesimazione sale, l’analisi introspettiva si fa largo, l’immagine assume finalità metaforica e la scena nuova si oppone alla convenzione precedente, enfatizzando l’aspetto fantastico nella forma più concettuale e astratta.
Se l’efficace binomio fra sequenze dialogate e riflessive funziona, il merito è di una sceneggiatura eccellente che offre possibilità di espressione sterminate anche attraverso linguaggi diversi, fino ad arrivare al punto nel quale ogni cosa si genera e distrugge, in cui i personaggi sono impotenti dinnanzi al divenire, dove gli scenari post-apocalittici iniziano ad occupare in maniera consistente la vicenda.
Oshii espone gli elementi a lui più cari: si passa dall’esistenzialismo all’indagine metafisica, senza dimenticare l’atmosfera onirica che poi riprenderà appena dodici mesi dopo in “Tenshi no Tamago”, donando quel senso utopico all'esposizione.
Nessuna negazione della realtà oggettiva ed effettiva, ma viene a mancare uno dei principi fondamentali del cinema, quello per cui il pubblico deve sempre capire tutto, verso l’esaltazione di un fruitore diverso.
La struttura, piuttosto circolare, lascia l’analessi per l’epilogo, mantenendo dunque un ritmo narrativo continuo per intero.
Nonostante la cifra non elevatissima stanziata, la regia si dimostra veramente accurata, in virtù di quell’idea secondo cui la forma prevale su tutto; al di là degli ottimi disegni, è Oshii stesso a sbizzarrirsi con le inquadrature. Talvolta, la narrazione cede il passo alla sembianza visiva, con gli sfondi che giocano un ruolo importante poiché occupano gran parte della fotografia finale.
Merita una menzione anche il comparto sonoro, che non manca di far sentire il proprio apporto nei momenti decisivi, accentuando lo stato di inquietudine dei protagonisti.
“Beautiful Dreamer” non è solo una celebrazione dell’adolescenza, estrema provocazione al mondo otaku e primo manifesto artistico di un regista capace di prendere un’opera senza pretese e renderla pregna di significati. È un grandissimo prodotto proprio perché non condivide nulla con l’originale.
A distanza di oltre trent’anni, questo film dal taglio surrealista così saturo di citazioni dallo stampo storico, rimane uno dei più grandi di sempre, quantomeno fra quelli tratti da serie televisive.
In ambito lavorativo è conosciuto per essere uno dei maestri della fantascienza impegnata, abile nell’imbastire le sue produzioni con grandi riferimenti alla cultura orientale. Non esiste una scrittura impersonale, per lui il cinema non è fonte d’evasione, quanto un’opportunità per approfondire le proprie (come ama definirle) ossessioni.
L’arrivo allo Studio Pierrot in pieno “Anime Boom” (sollecitato anche dai nuovi modelli di fruizione) gli permette di partecipare a una serie come “Lamù” che raggiunge settimanalmente il 20% di share, e che diventa fondamentale nell’interpretare un’epoca: esprime il benessere sociale derivante dall’economia. Siamo infatti ancora lontani dallo scoppio della bolla speculativa. Perfettamente consapevole che il modo di narrare cambia a seconda del medium, la sua poetica è influenzata dall’invasione cyberpunk che avviene nella seconda metà degli anni ‘80, tuttavia questo lungometraggio getta le basi del suo stile.
Inutile dire che nei prodotti destinati alle sale cinematografiche è difficile sperimentare tecniche alternative poiché si punta al guadagno facile per far rientrare i costi, e i registi generalmente cercano di non snaturare il franchise, ma Oshii non è il tipo che asseconda le esigenze dello spettatore medio solo per denaro, difatti la pellicola riscuote poco successo ai botteghini, anche se col tempo finisce per essere rivalutata.
Non è un caso che Rumiko Takahashi, autrice la quale ha saputo unire come poche altre un collettivo ampio e variegato, abbia detestato il lavoro di Oshii, giacché assistiamo a uno stravolgimento completo del concept della storia.
La visione dei primi minuti può ingannare, ma poi i toni divengono più seri, l’immedesimazione sale, l’analisi introspettiva si fa largo, l’immagine assume finalità metaforica e la scena nuova si oppone alla convenzione precedente, enfatizzando l’aspetto fantastico nella forma più concettuale e astratta.
Se l’efficace binomio fra sequenze dialogate e riflessive funziona, il merito è di una sceneggiatura eccellente che offre possibilità di espressione sterminate anche attraverso linguaggi diversi, fino ad arrivare al punto nel quale ogni cosa si genera e distrugge, in cui i personaggi sono impotenti dinnanzi al divenire, dove gli scenari post-apocalittici iniziano ad occupare in maniera consistente la vicenda.
Oshii espone gli elementi a lui più cari: si passa dall’esistenzialismo all’indagine metafisica, senza dimenticare l’atmosfera onirica che poi riprenderà appena dodici mesi dopo in “Tenshi no Tamago”, donando quel senso utopico all'esposizione.
Nessuna negazione della realtà oggettiva ed effettiva, ma viene a mancare uno dei principi fondamentali del cinema, quello per cui il pubblico deve sempre capire tutto, verso l’esaltazione di un fruitore diverso.
La struttura, piuttosto circolare, lascia l’analessi per l’epilogo, mantenendo dunque un ritmo narrativo continuo per intero.
Nonostante la cifra non elevatissima stanziata, la regia si dimostra veramente accurata, in virtù di quell’idea secondo cui la forma prevale su tutto; al di là degli ottimi disegni, è Oshii stesso a sbizzarrirsi con le inquadrature. Talvolta, la narrazione cede il passo alla sembianza visiva, con gli sfondi che giocano un ruolo importante poiché occupano gran parte della fotografia finale.
Merita una menzione anche il comparto sonoro, che non manca di far sentire il proprio apporto nei momenti decisivi, accentuando lo stato di inquietudine dei protagonisti.
“Beautiful Dreamer” non è solo una celebrazione dell’adolescenza, estrema provocazione al mondo otaku e primo manifesto artistico di un regista capace di prendere un’opera senza pretese e renderla pregna di significati. È un grandissimo prodotto proprio perché non condivide nulla con l’originale.
A distanza di oltre trent’anni, questo film dal taglio surrealista così saturo di citazioni dallo stampo storico, rimane uno dei più grandi di sempre, quantomeno fra quelli tratti da serie televisive.
Trascorre un anno dopo l'uscita del divertentissimo "Only You" e lo studio Pierrot sta lavorando a quella che in Italia sarà la serie animata intitolata "Super Lamù", quando Mamoru Oshii sforna un secondo lungometraggio, intitolato "Beautiful Dreamer". Nel bel mezzo delle diatribe sulla realizzazione di quest'ultimo, stavolta Oshii riesce a fare completamente di testa sua, donando a "Urusei Yatsura" un clima un po' diverso da quello che gli spettatori avevano conosciuto fino a quel momento.
Fin dall'inizio del film, privo di una sigla d'apertura, si viene catapultati in un'atmosfera quantomeno disarmante. Per l'intera durata del cartone animato sembra aleggiare instancabilmente un dubbio inesauribile: sogno o realtà?
Mamoru Oshii infatti decide di concentrarsi su di un tema esistenziale che sembra a lui molto caro: il rapporto fra i sogni e la vita reale. E' bene specificare che non si tratta di un'idea nuova: Oshii aveva già ampiamente trattato queste cose nell'episodio dal titolo "Le casalinghe", il quale affronta esattamente lo stesso argomento, anche se con un tono molto più pazzoide ed esilarante rispetto a questo film. Anche i sogni, dal momento in cui li si è vissuti, sono reali. Quest'idea filosofica e psicologica Oshii la attinge a piene mani dal buddhismo; non ho idea se lo faccia deliberatamente o meno, ma è risaputo come il Buddha, pur essendo vissuto circa 2500 anni fa, già considerasse i sogni una manifestazione del tutto reale, e non virtuale, poiché essi riflettono quello che la vita reale imprinta nel profondo delle menti umane. Quindi, in verità, il concetto espresso non è originale né geniale, però risulta decisamente una bella idea quella di inserire questo interessante tema in un lungometraggio d'animazione, e "Urusei Yatsura" ben si presta all'occasione, dato che, come già accennato, la serie televisiva e il manga già avevano parlato di sogni a più riprese - si veda ad esempio il capitolo "Sogni ad occhi aperti", trasposto in animazione nell'episodio "L'incubo di Ataru".
Tra l'altro, nella realizzazione della regia, Oshii esprime molto bene il labile confine fra conscio e subconscio, riesce a far respirare bene tale dimensione della realtà: riconosco che in questo effettivamente risulta alquanto originale. Le musiche si orientano molto in tale direzione e sono davvero molto buone.
Il character design è lo stesso del film precedente, ma la grafica fa un passo avanti. Molti fondali sono più dettagliati e più tridimensionali, le colorazioni hanno una maggiore profondità, i disegni sono leggermente più curati e un pochino più precise sono anche le animazioni.
Tuttavia, io non credo che le critiche e il disappunto espressi nei confronti di questo lavoro siano sempre mosse da un cieco fanatismo per il format originario. Facciamo un esempio. Osservando questo film a mente fredda, una domanda sorge spontanea. Che fine ha fatto Ran, l'amica d'infanzia di Lamù? Anch'ella è iscritta al liceo Tomobiki, quindi si sarebbe potuto come minimo dare una spiegazione alla sua totale assenza. Di certo il film non è cronologicamente collocato prima del suo arrivo sulla Terra, perché fin dalle scene iniziali del film vediamo Lamù indossare già la divisa della scuola. Sembra quasi che Oshii abbia deciso di toglierla di mezzo per avere un personaggio in meno da gestire. Eppure non è tanto una questione di coerenza narrativa, quanto soprattutto un'occasione mancata. Io non sono per niente contrario alla sperimentazione, ma perché cancellare gratuitamente un personaggio, per giunta uno dei più caratterizzati fra tutti? In un film del genere Ran ci poteva stare perfettamente, dando benissimo adito a ulteriori e interessanti sviluppi.
I personaggi presenti sono comunque gli stessi che conosciamo, eccetto per il fatto che la caratterizzazione di Lamù risulta un po' tirata e lasciata all'oscuro, in alcuni punti. Cosa la porta ad esprimere un desiderio così menefreghista ed egoistico? Questo punto non viene illustrato per niente.
L'idea che l'infelice storia dell'umanità sia frutto di determinati sogni è carina, ma anche questa un po' tirata. Non sorprende per niente e non fa gridare alla genialità: francamente non se ne sentiva tutto questo bisogno, è un condimento che poteva anche mancare.
Belle però le riflessioni sullo spazio e sul tempo, le ho apprezzate. Tra l'altro sono inserite in una scena molto coinvolgente. Questo film prende abbondantemente ispirazione dalla favola giapponese di Urashima Taro, che viaggiò sopra il guscio di una tartaruga verso il palazzo di Ryūjin.
Nel frattempo lo humor marchiato "Urusei Yatsura" continua a diminuire. In questo film è ancora piuttosto presente, se lo confrontiamo con quello che Kazuo Yamazaki realizzerà l'anno successivo, ma ormai siamo già parecchio distanti dalla perfidia anarcoide - quella sì, geniale - degli episodi settimanali. Le parti di maggior comicità sono per lo più dei siparietti movimentati con qualche sprazzo d'ironia, ma non si va molto più in là. E' un lungometraggio che, pur non approfondendo i personaggi più di come vengono approfonditi nell'anime, si concentra più sul lato esistenziale e filosofico, il che da un lato risulta abbastanza intrigante, ma dall'altro lato, alla lunga, può stancare, e soprattutto si ride ben poco.
Il doppiaggio italiano è complessivamente buono - in particolare è interessante ascoltare l'interpretazione di Ataru da parte di Maurizio Torresan - ma contiene varie imprecisioni sia di traduzione che di adattamento. Per fare un esempio che salta subito alle orecchie, il cognome di Ataru qui diventa magicamente "Morohoshi" anziché "Moroboshi". Ma questo è il minimo, sono infatti presenti anche degli errori che storpiano un po' il significato di alcune frasi. In questo caso è molto meglio il doppiaggio giapponese.
A conti fatti ne consiglio la visione almeno una volta, perché è davvero una bella idea. Nessuna esultanza al capolavoro, ma è una sperimentazione interessante che nell'insieme fa presa, che ha una sua attrattiva e che val la pena di vedere.
Semplicemente non è uno di quei lungometraggi che io andrei a guardare più volte senza mai stancarmi: è un film discreto.
Fin dall'inizio del film, privo di una sigla d'apertura, si viene catapultati in un'atmosfera quantomeno disarmante. Per l'intera durata del cartone animato sembra aleggiare instancabilmente un dubbio inesauribile: sogno o realtà?
Mamoru Oshii infatti decide di concentrarsi su di un tema esistenziale che sembra a lui molto caro: il rapporto fra i sogni e la vita reale. E' bene specificare che non si tratta di un'idea nuova: Oshii aveva già ampiamente trattato queste cose nell'episodio dal titolo "Le casalinghe", il quale affronta esattamente lo stesso argomento, anche se con un tono molto più pazzoide ed esilarante rispetto a questo film. Anche i sogni, dal momento in cui li si è vissuti, sono reali. Quest'idea filosofica e psicologica Oshii la attinge a piene mani dal buddhismo; non ho idea se lo faccia deliberatamente o meno, ma è risaputo come il Buddha, pur essendo vissuto circa 2500 anni fa, già considerasse i sogni una manifestazione del tutto reale, e non virtuale, poiché essi riflettono quello che la vita reale imprinta nel profondo delle menti umane. Quindi, in verità, il concetto espresso non è originale né geniale, però risulta decisamente una bella idea quella di inserire questo interessante tema in un lungometraggio d'animazione, e "Urusei Yatsura" ben si presta all'occasione, dato che, come già accennato, la serie televisiva e il manga già avevano parlato di sogni a più riprese - si veda ad esempio il capitolo "Sogni ad occhi aperti", trasposto in animazione nell'episodio "L'incubo di Ataru".
Tra l'altro, nella realizzazione della regia, Oshii esprime molto bene il labile confine fra conscio e subconscio, riesce a far respirare bene tale dimensione della realtà: riconosco che in questo effettivamente risulta alquanto originale. Le musiche si orientano molto in tale direzione e sono davvero molto buone.
Il character design è lo stesso del film precedente, ma la grafica fa un passo avanti. Molti fondali sono più dettagliati e più tridimensionali, le colorazioni hanno una maggiore profondità, i disegni sono leggermente più curati e un pochino più precise sono anche le animazioni.
Tuttavia, io non credo che le critiche e il disappunto espressi nei confronti di questo lavoro siano sempre mosse da un cieco fanatismo per il format originario. Facciamo un esempio. Osservando questo film a mente fredda, una domanda sorge spontanea. Che fine ha fatto Ran, l'amica d'infanzia di Lamù? Anch'ella è iscritta al liceo Tomobiki, quindi si sarebbe potuto come minimo dare una spiegazione alla sua totale assenza. Di certo il film non è cronologicamente collocato prima del suo arrivo sulla Terra, perché fin dalle scene iniziali del film vediamo Lamù indossare già la divisa della scuola. Sembra quasi che Oshii abbia deciso di toglierla di mezzo per avere un personaggio in meno da gestire. Eppure non è tanto una questione di coerenza narrativa, quanto soprattutto un'occasione mancata. Io non sono per niente contrario alla sperimentazione, ma perché cancellare gratuitamente un personaggio, per giunta uno dei più caratterizzati fra tutti? In un film del genere Ran ci poteva stare perfettamente, dando benissimo adito a ulteriori e interessanti sviluppi.
I personaggi presenti sono comunque gli stessi che conosciamo, eccetto per il fatto che la caratterizzazione di Lamù risulta un po' tirata e lasciata all'oscuro, in alcuni punti. Cosa la porta ad esprimere un desiderio così menefreghista ed egoistico? Questo punto non viene illustrato per niente.
L'idea che l'infelice storia dell'umanità sia frutto di determinati sogni è carina, ma anche questa un po' tirata. Non sorprende per niente e non fa gridare alla genialità: francamente non se ne sentiva tutto questo bisogno, è un condimento che poteva anche mancare.
Belle però le riflessioni sullo spazio e sul tempo, le ho apprezzate. Tra l'altro sono inserite in una scena molto coinvolgente. Questo film prende abbondantemente ispirazione dalla favola giapponese di Urashima Taro, che viaggiò sopra il guscio di una tartaruga verso il palazzo di Ryūjin.
Nel frattempo lo humor marchiato "Urusei Yatsura" continua a diminuire. In questo film è ancora piuttosto presente, se lo confrontiamo con quello che Kazuo Yamazaki realizzerà l'anno successivo, ma ormai siamo già parecchio distanti dalla perfidia anarcoide - quella sì, geniale - degli episodi settimanali. Le parti di maggior comicità sono per lo più dei siparietti movimentati con qualche sprazzo d'ironia, ma non si va molto più in là. E' un lungometraggio che, pur non approfondendo i personaggi più di come vengono approfonditi nell'anime, si concentra più sul lato esistenziale e filosofico, il che da un lato risulta abbastanza intrigante, ma dall'altro lato, alla lunga, può stancare, e soprattutto si ride ben poco.
Il doppiaggio italiano è complessivamente buono - in particolare è interessante ascoltare l'interpretazione di Ataru da parte di Maurizio Torresan - ma contiene varie imprecisioni sia di traduzione che di adattamento. Per fare un esempio che salta subito alle orecchie, il cognome di Ataru qui diventa magicamente "Morohoshi" anziché "Moroboshi". Ma questo è il minimo, sono infatti presenti anche degli errori che storpiano un po' il significato di alcune frasi. In questo caso è molto meglio il doppiaggio giapponese.
A conti fatti ne consiglio la visione almeno una volta, perché è davvero una bella idea. Nessuna esultanza al capolavoro, ma è una sperimentazione interessante che nell'insieme fa presa, che ha una sua attrattiva e che val la pena di vedere.
Semplicemente non è uno di quei lungometraggi che io andrei a guardare più volte senza mai stancarmi: è un film discreto.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
"Lamù - Beautiful Dreamer", l'inizio. E' così, il Mamoru Oshii che conosciamo si è plasmato con questo film e direi grazie a inconvenienti di produzione e realizzazione. Infatti l'addetto allo script tardava la consegna e così gli fu data carta bianca. Oshii scrisse quello che voleva, quello che sentiva in quel momento (lui stesso si dichiara essere come l'insegnante della classe, stanco e stressato), dovendo rispettare comunque i tempi prestabiliti con un budget di ottanta milioni di yen (budget standard per l'epoca). Quindi nacque qualcosa di totalmente personale, nonostante le pochissime ma frustranti discussioni con Rumiko sulla sua opera, e dalla alta qualità artistica: lui stesso si è divertito un mondo in molte scene e seppur giovane si addossò il pesante macigno di concepire l'animazione in modo diverso. Infatti "Urusei Yatsura - Beautiful Dreamer" è un film simbolico, metaforico, complesso, onirico, con sperimentalismi registici.
Il film innanzitutto è diverso sia per mood che per tematiche all'opera originale di Takahashi, che non ha esitato a definirlo non una sua creatura. Il manga è principalmente la visione di un mondo femminile, mentre il film chiaramente è pensato e fatto per il sesso opposto. Nonostante questo, Oshii omaggia Rumiko e non solo, con la bambina che chiede ad Ataru di trattarla bene: lei dunque è il simbolo della logica femminile. Secondo Oshii, affinché la felicità continui non importa se è un sogno o realtà, ma gli uomini non possono lasciar scorrere o meglio "circolare", l'esistenza da sola è nulla. Quindi Ataru deve vedere cosa c'è dall'altro lato per fare ciò che va fatto. Quindi la bambina, Lamù, dice: "Se mi svegli da quel sogno, è meglio che ti prenda le responsabilità", che è interpretabile come la classica moglie che accolla tutte le responsabilità economiche e non solo al proprio marito. Non preoccupatevi, Oshii sarà anche un po' maschilista, ma rispetta il sesso debole, anche se preferisce vivere da solo con il suo cane!
"Beautiful Dreamer" si sviluppa contemporaneamente in due direzioni, con una parte meno seria con una vena comica, non quanto la serie TV, dove si ha un senso di realtà e quotidianità dettata da una regia più dinamica e solare. A questa si alterna la parte più cupa e misteriosa, piena di suspense governata da una regia onirica e sperimentale, da sogno quindi.
Abbiamo dunque sdoganato il bipolo sogno-realtà tanto caro a Oshii. Infatti fin da bambino ha dovuto far fronte a questi pensieri: la realtà in cui viviamo non tiene nessuna verità, quindi qual è il mondo esterno? E' tutta una farsa? Dubbi gnoseologici che attanagliano l'uomo da sempre: qui Oshii ci mostra il pensiero degli adolescenti, perché i protagonisti non sono gli alieni della serie e nemmeno Lamù, anzi Lamù è fugace come un sogno, ma i compagni di classe di Ataru. E' adolescenziale anche il rapporto tra Lamù e Ataru, con una Lamù che vuole tenersi stretto il suo amore, rendendolo più fedele del solito, in una realtà che è un suo capriccio. Proprio così, tutto si svolge in un sogno, che è quello di Lamù. Lei desidera di vivere per sempre il periodo più bello all'insegna dell'eterna adolescenza (altro tema trattato in "The Sky Crawlers").
L'opera prende una piega "Twilight Zonesca", per il mood, quando c'è da trattare il tema della circolarità. Praticamente la città intera entra in un loop infinito, la monotonia e il senso di deja vù regnano sovrani fino a quando il professor Onsen inizia a sentire stimoli esterni che lo vogliono svegliare; ma prima di svegliarsi da questo sogno collettivo si deve risolvere l'enigma. A questo punto i protagonisti si ritrovano catapultati in un mondo in cui ti interroghi: "Dove sono? Cosa sta succedendo? Perché sono qui?", un mondo senza tempo. D'altronde il tempo è una creazione dell'uomo, se l'uomo non esistesse non ci sarebbe bisogno del tempo e quindi se non riusciamo prima a dimostrare la nostra esistenza, come potrà il tempo iniziare a scorrere di nuovo?
L'eterno divenire ha arrestato il suo flusso, perché all'interno di questo loop infinito il tempo non diviene, ma si ripete. La memoria stessa viene compromessa, non ricordi più cosa hai fatto il giorno prima perché la memoria si resetta per farci assaporare nuovamente la stessa giornata. Alcuni simboli con riferimento a questo tema sono l'orologio senza mani, che chiaramente indica che il tempo non ha bisogno dell'uomo. Poi c'è l'alternanza della scuola con diversa altezza, una volta con un piano in più, una volta con un piano in meno, non c'è il ricordo nemmeno di come era la scuola. Un mondo ormai deserto che va avanti senza intoppi funzionando sempre e comunque, ma chi ricaricherà i supermercati? Chi produce l'energia per la vita quotidiana? Dove pian piano svaniscono gli amici, che a quanto pare stanno per risolvere l'enigma e vanno a costituire le statue che mantengono la città, che è trasportata da una tartaruga (riferimento al mito di Urashima Taro, già citato alcune volte nel film). E' possibile che nessuno se ne accorga? No, i ragazzi riescono a mettere insieme il puzzle in cui vi è rappresentata la chiave di volta per questo mistero.
Ma è veramente Lamù a sognare? E' un sogno nel sogno (il volere del folletto) o è il sogno di Ataru? A quanto pare è proprio Ataru che desiderava realizzare il sogno di Lamù, perché se si sveglia lui il sogno ha fine e l'artefice dei sogni, il folletto, ha paura di questo. Il folletto è quello che riesce a chiudere il film, infatti lui esaudisce tutti i sogni delle persone ed è grazie a lui se siamo arrivati a questo punto, è lui che ha realizzato il sogno di Hitler e altri che hanno contribuito in un modo o nell'altro a tessere questo mondo. Lo stesso folletto si è creato da solo da un suo sogno, ma allora lui è Dio?
Dunque Ataru si sveglia, le lancette dell'orologio vanno avanti e l'adolescenza arretra per dar spazio all'adulto che deve maturare, in fondo il sogno è finito. Nella scena dopo i titoli di coda si vede un ombra nella finestra della scuola, quello è un osservatore esterno, il regista, in altre parole è Oshii.
Alcune scene sono dirette con grande personalità, molte delle quali eteree e surreali: ad esempio la scena degli specchi durante la notte in cui Ataru si moltiplica è geniale e a detta di Oshii si è anche divertito un mondo nel crearla, perché è quasi impossibile farla dal vivo o in 3D!
Allo stesso modo è geniale tutto il discorso di Onsen, soprattutto quando si parla di sogno e realtà: contemporaneamente metà della sua faccia è coperta da una giara d'acqua facendolo simboleggiare la già citata dicotomia. Sempre in quel discorso si passa alla circolarità e allo stesso modo anche l'inquadratura gira fino alla fine del discorso. Questo espediente mi è sembrato simile a quello fatto anni dopo da Kubrick in "Eyes Wide Shut" durante la scena della cerimonia, quando recita la liturgia ortodossa al contrario, accompagnata da una rotazione antioraria della camera.
Anche la scena che si vede attraverso una luce a terra è creata ad hoc. Simboleggia secondo me lo stato di non conoscenza e mistero che affligge i protagonisti in quel momento, in quanto loro vanno lì per conoscere la realtà, ma loro possono vedere al momento solo una parte, che è il sogno, quindi solo quello che la luce ci permette di vedere, il resto è oscuro come la speranza di riuscire a capire il mistero.
E per finire le limpide pozzanghere che fungono da specchio mentre risucchiano i personaggi sono un chiaro riferimento a "Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò", esaltando nuovamente il tema principale dell'opera in questione.
Meritevoli di nota sono gli animatori, che con un budget non alto sono riusciti, con il duro lavoro, a creare una pellicola dai buoni livelli tecnici, ovviamente non eccelsi, ma tuttora guardabile.
Dunque un capolavoro, il primo, firmato Mamoru Oshii, must see.
"Lamù - Beautiful Dreamer", l'inizio. E' così, il Mamoru Oshii che conosciamo si è plasmato con questo film e direi grazie a inconvenienti di produzione e realizzazione. Infatti l'addetto allo script tardava la consegna e così gli fu data carta bianca. Oshii scrisse quello che voleva, quello che sentiva in quel momento (lui stesso si dichiara essere come l'insegnante della classe, stanco e stressato), dovendo rispettare comunque i tempi prestabiliti con un budget di ottanta milioni di yen (budget standard per l'epoca). Quindi nacque qualcosa di totalmente personale, nonostante le pochissime ma frustranti discussioni con Rumiko sulla sua opera, e dalla alta qualità artistica: lui stesso si è divertito un mondo in molte scene e seppur giovane si addossò il pesante macigno di concepire l'animazione in modo diverso. Infatti "Urusei Yatsura - Beautiful Dreamer" è un film simbolico, metaforico, complesso, onirico, con sperimentalismi registici.
Il film innanzitutto è diverso sia per mood che per tematiche all'opera originale di Takahashi, che non ha esitato a definirlo non una sua creatura. Il manga è principalmente la visione di un mondo femminile, mentre il film chiaramente è pensato e fatto per il sesso opposto. Nonostante questo, Oshii omaggia Rumiko e non solo, con la bambina che chiede ad Ataru di trattarla bene: lei dunque è il simbolo della logica femminile. Secondo Oshii, affinché la felicità continui non importa se è un sogno o realtà, ma gli uomini non possono lasciar scorrere o meglio "circolare", l'esistenza da sola è nulla. Quindi Ataru deve vedere cosa c'è dall'altro lato per fare ciò che va fatto. Quindi la bambina, Lamù, dice: "Se mi svegli da quel sogno, è meglio che ti prenda le responsabilità", che è interpretabile come la classica moglie che accolla tutte le responsabilità economiche e non solo al proprio marito. Non preoccupatevi, Oshii sarà anche un po' maschilista, ma rispetta il sesso debole, anche se preferisce vivere da solo con il suo cane!
"Beautiful Dreamer" si sviluppa contemporaneamente in due direzioni, con una parte meno seria con una vena comica, non quanto la serie TV, dove si ha un senso di realtà e quotidianità dettata da una regia più dinamica e solare. A questa si alterna la parte più cupa e misteriosa, piena di suspense governata da una regia onirica e sperimentale, da sogno quindi.
Abbiamo dunque sdoganato il bipolo sogno-realtà tanto caro a Oshii. Infatti fin da bambino ha dovuto far fronte a questi pensieri: la realtà in cui viviamo non tiene nessuna verità, quindi qual è il mondo esterno? E' tutta una farsa? Dubbi gnoseologici che attanagliano l'uomo da sempre: qui Oshii ci mostra il pensiero degli adolescenti, perché i protagonisti non sono gli alieni della serie e nemmeno Lamù, anzi Lamù è fugace come un sogno, ma i compagni di classe di Ataru. E' adolescenziale anche il rapporto tra Lamù e Ataru, con una Lamù che vuole tenersi stretto il suo amore, rendendolo più fedele del solito, in una realtà che è un suo capriccio. Proprio così, tutto si svolge in un sogno, che è quello di Lamù. Lei desidera di vivere per sempre il periodo più bello all'insegna dell'eterna adolescenza (altro tema trattato in "The Sky Crawlers").
L'opera prende una piega "Twilight Zonesca", per il mood, quando c'è da trattare il tema della circolarità. Praticamente la città intera entra in un loop infinito, la monotonia e il senso di deja vù regnano sovrani fino a quando il professor Onsen inizia a sentire stimoli esterni che lo vogliono svegliare; ma prima di svegliarsi da questo sogno collettivo si deve risolvere l'enigma. A questo punto i protagonisti si ritrovano catapultati in un mondo in cui ti interroghi: "Dove sono? Cosa sta succedendo? Perché sono qui?", un mondo senza tempo. D'altronde il tempo è una creazione dell'uomo, se l'uomo non esistesse non ci sarebbe bisogno del tempo e quindi se non riusciamo prima a dimostrare la nostra esistenza, come potrà il tempo iniziare a scorrere di nuovo?
L'eterno divenire ha arrestato il suo flusso, perché all'interno di questo loop infinito il tempo non diviene, ma si ripete. La memoria stessa viene compromessa, non ricordi più cosa hai fatto il giorno prima perché la memoria si resetta per farci assaporare nuovamente la stessa giornata. Alcuni simboli con riferimento a questo tema sono l'orologio senza mani, che chiaramente indica che il tempo non ha bisogno dell'uomo. Poi c'è l'alternanza della scuola con diversa altezza, una volta con un piano in più, una volta con un piano in meno, non c'è il ricordo nemmeno di come era la scuola. Un mondo ormai deserto che va avanti senza intoppi funzionando sempre e comunque, ma chi ricaricherà i supermercati? Chi produce l'energia per la vita quotidiana? Dove pian piano svaniscono gli amici, che a quanto pare stanno per risolvere l'enigma e vanno a costituire le statue che mantengono la città, che è trasportata da una tartaruga (riferimento al mito di Urashima Taro, già citato alcune volte nel film). E' possibile che nessuno se ne accorga? No, i ragazzi riescono a mettere insieme il puzzle in cui vi è rappresentata la chiave di volta per questo mistero.
Ma è veramente Lamù a sognare? E' un sogno nel sogno (il volere del folletto) o è il sogno di Ataru? A quanto pare è proprio Ataru che desiderava realizzare il sogno di Lamù, perché se si sveglia lui il sogno ha fine e l'artefice dei sogni, il folletto, ha paura di questo. Il folletto è quello che riesce a chiudere il film, infatti lui esaudisce tutti i sogni delle persone ed è grazie a lui se siamo arrivati a questo punto, è lui che ha realizzato il sogno di Hitler e altri che hanno contribuito in un modo o nell'altro a tessere questo mondo. Lo stesso folletto si è creato da solo da un suo sogno, ma allora lui è Dio?
Dunque Ataru si sveglia, le lancette dell'orologio vanno avanti e l'adolescenza arretra per dar spazio all'adulto che deve maturare, in fondo il sogno è finito. Nella scena dopo i titoli di coda si vede un ombra nella finestra della scuola, quello è un osservatore esterno, il regista, in altre parole è Oshii.
Alcune scene sono dirette con grande personalità, molte delle quali eteree e surreali: ad esempio la scena degli specchi durante la notte in cui Ataru si moltiplica è geniale e a detta di Oshii si è anche divertito un mondo nel crearla, perché è quasi impossibile farla dal vivo o in 3D!
Allo stesso modo è geniale tutto il discorso di Onsen, soprattutto quando si parla di sogno e realtà: contemporaneamente metà della sua faccia è coperta da una giara d'acqua facendolo simboleggiare la già citata dicotomia. Sempre in quel discorso si passa alla circolarità e allo stesso modo anche l'inquadratura gira fino alla fine del discorso. Questo espediente mi è sembrato simile a quello fatto anni dopo da Kubrick in "Eyes Wide Shut" durante la scena della cerimonia, quando recita la liturgia ortodossa al contrario, accompagnata da una rotazione antioraria della camera.
Anche la scena che si vede attraverso una luce a terra è creata ad hoc. Simboleggia secondo me lo stato di non conoscenza e mistero che affligge i protagonisti in quel momento, in quanto loro vanno lì per conoscere la realtà, ma loro possono vedere al momento solo una parte, che è il sogno, quindi solo quello che la luce ci permette di vedere, il resto è oscuro come la speranza di riuscire a capire il mistero.
E per finire le limpide pozzanghere che fungono da specchio mentre risucchiano i personaggi sono un chiaro riferimento a "Attraverso lo specchio e quel che Alice vi trovò", esaltando nuovamente il tema principale dell'opera in questione.
Meritevoli di nota sono gli animatori, che con un budget non alto sono riusciti, con il duro lavoro, a creare una pellicola dai buoni livelli tecnici, ovviamente non eccelsi, ma tuttora guardabile.
Dunque un capolavoro, il primo, firmato Mamoru Oshii, must see.
Ottima regia, chara spettacolare e personaggi perfettamente in parte. Degno successore della serie e raro esempio di OAV coerente e ben realizzato seguendo fedelmente l'ironia e il clima fantastico della serie TV. Il clima onirico è coinvolgente e trascina lo spettatore in una dimensione parallela. Il cast artistico merita elogi per aver reso indimenticabile uno dei migliori episodi della serie. Ricordiamoci che la serie "Lamù" (aka Lum) ha gettato le basi della moderna animazione giapponese e creato le prospettive scenografiche e stilistiche di innumerevoli "cloni" moderni. Poetica e nostalgica visione di uno stile difficilmente raggiungibile nella produzione attuale.
"Beautiful Dreamer" è una tappa fondamentale nella storia dell'animazione giapponese, in quanto anticipa notevolmente temi e tecniche narrative che verranno abusati nelle produzioni successive.
Tutti abbiamo presente "Lamù", l'anime di stampo demenziale per eccellenza. Questo film, che è una ottima sintesi del pensiero di Oshii, è la decostruzione del genere, ovvero la trasformazione di un'opera concettualmente banalotta in un visionario e suggestivo capolavoro.
Questo film si basa sul mito di Urashima-Taro, ovvero dell'eterno adolescente scortato sul dorso di una tartaruga nel palazzo del drago. Questo mito, come ho osservato nelle mie recensioni, compare, in modo più o meno esplicito, in molti altri anime come ad esempio "Tenshi no Tamago" dello stesso Oshii, "Cowboy Bebop", e in generale, le opere che affrontano il tema comune del rifugio nella eterna adolescenza (come ad esempio "La rivoluzione di Utena").
Il film inizia come qualsiasi altro film su "Lamù": assisteremo inizialmente ad un demenziale festival scolastico con tanto di carri armati che finiscono in piscine all'aperto (proprio così, non sto scherzando!). Tuttavia i nostri protagonisti, che sono gli stessi della serie televisiva, rimarranno intrappolati in un "loop infinito" in cui lo stesso giorno si ripete in continuazione. Nonostante Ataru e i suoi amici più giovani se ne freghino altamente di questa situazione, i due personaggi più grandi (Mendo e Sakura se ricordo bene) incominceranno ad indagare su questo strano fatto, ceracando di darsi delle risposte razionali e arrivando ad affrontare questioni filosofiche come ad esempio la natura del tempo. Le inquadrature e lo stile di regia a questo punto si fanno molto simili a quelle del futuro "Ghost in the shell", ovvero caratterizzate da geniali traslazioni della telecamera ed effetti visivi surreali e onirici. Un'esempio è la famosa scena del volo in aereo, in cui i protagonisti si accorgono che tutta la città giace, nello spazio, sul dorso di una tartaruga, esattamente come Urashima-Taro. Guardando il film scopriremo che è proprio uno dei protagonisti ad aver espresso il desiderio di congelare il tempo per rivivere all'infinito gli splendidi giorni dell'adolescenza. Tuttavia, come il mito insegna, la liberazione da questa condizione non tarderà ad arrivare e la conclusione del film, contrariamente agli altri film su "Lamù", che mantengono lo status quo per motivi commerciali, sarà decisiva.
Una lode ulteriore va al comparto sonoro, che è eccellente. Tuttavia il doppiaggio italiano è pessimo e consiglio la visione in lingua originale con i sottotitoli.
E' interessante notare che a causa di questo film Oshii litigò con la Takahashi e con molti fans puristi della demenzialità della serie originale. Tuttavia, contrariamente alla serie televisiva, palesemente dilatata all'inversimile per far soldi, "Beautiful Dreamer" è passato alla storia.
Tutti abbiamo presente "Lamù", l'anime di stampo demenziale per eccellenza. Questo film, che è una ottima sintesi del pensiero di Oshii, è la decostruzione del genere, ovvero la trasformazione di un'opera concettualmente banalotta in un visionario e suggestivo capolavoro.
Questo film si basa sul mito di Urashima-Taro, ovvero dell'eterno adolescente scortato sul dorso di una tartaruga nel palazzo del drago. Questo mito, come ho osservato nelle mie recensioni, compare, in modo più o meno esplicito, in molti altri anime come ad esempio "Tenshi no Tamago" dello stesso Oshii, "Cowboy Bebop", e in generale, le opere che affrontano il tema comune del rifugio nella eterna adolescenza (come ad esempio "La rivoluzione di Utena").
Il film inizia come qualsiasi altro film su "Lamù": assisteremo inizialmente ad un demenziale festival scolastico con tanto di carri armati che finiscono in piscine all'aperto (proprio così, non sto scherzando!). Tuttavia i nostri protagonisti, che sono gli stessi della serie televisiva, rimarranno intrappolati in un "loop infinito" in cui lo stesso giorno si ripete in continuazione. Nonostante Ataru e i suoi amici più giovani se ne freghino altamente di questa situazione, i due personaggi più grandi (Mendo e Sakura se ricordo bene) incominceranno ad indagare su questo strano fatto, ceracando di darsi delle risposte razionali e arrivando ad affrontare questioni filosofiche come ad esempio la natura del tempo. Le inquadrature e lo stile di regia a questo punto si fanno molto simili a quelle del futuro "Ghost in the shell", ovvero caratterizzate da geniali traslazioni della telecamera ed effetti visivi surreali e onirici. Un'esempio è la famosa scena del volo in aereo, in cui i protagonisti si accorgono che tutta la città giace, nello spazio, sul dorso di una tartaruga, esattamente come Urashima-Taro. Guardando il film scopriremo che è proprio uno dei protagonisti ad aver espresso il desiderio di congelare il tempo per rivivere all'infinito gli splendidi giorni dell'adolescenza. Tuttavia, come il mito insegna, la liberazione da questa condizione non tarderà ad arrivare e la conclusione del film, contrariamente agli altri film su "Lamù", che mantengono lo status quo per motivi commerciali, sarà decisiva.
Una lode ulteriore va al comparto sonoro, che è eccellente. Tuttavia il doppiaggio italiano è pessimo e consiglio la visione in lingua originale con i sottotitoli.
E' interessante notare che a causa di questo film Oshii litigò con la Takahashi e con molti fans puristi della demenzialità della serie originale. Tuttavia, contrariamente alla serie televisiva, palesemente dilatata all'inversimile per far soldi, "Beautiful Dreamer" è passato alla storia.
Non ho mai letto né il manga né visto l'anime di Lamù, tanto che sentirla pronunciare Lam(u) nel doppiaggio nipponico mi ha abbastanza lasciato perplesso, ma questo film l'ho comunque sia ritenuto meraviglioso, una perla degli anni '80 di cui non conoscevo l'esistenza. Leggendo qui e lì ho compreso che i personaggi sono caratterizzati bene o male secondo purismo, ossia ognuno con il carattere che originariamente aveva, ma il fatto che la storia sia sostanzialmente sperimentale ha provocato astio fra i puristi anche della trama, che sarebbe dovuta essere demenziale-comica come nell'opera madre.
Ritengo, invece, che utilizzare i personaggi così come sono conosciuti da tutti, ma all'interno di un contesto nuovo, anche se più impegnativo, dovrebbe portare a un plauso ancora maggiore.
Il film inizia in modo demenziale, di conseguenza è probabile che il fan medio abbia pensato effettivamente di trovarsi di fronte a una delle tante storie a cui partecipano Lamù e compagnia. Siamo vicini a un'importante festa scolastica e tutti sono addetti ai preparativi, creando club e così via. Presente anche un club incentrato sul nazismo, che, al contrario dell'Europa, non è visto in modo manicheo come male assoluto galattico. A questo punto inizia a sorgere il dubbio che qualcosa non vada, che un ingranaggio si sia inceppato. Le scene sembrano ripetersi, anche se, paradossalmente, era molto usato all'epoca riadoperare interi spezzoni per occupare spazio. In realtà si comprende che le azioni si stanno realmente ripetendo, senza che alcuno se ne accorga, tranne un professore, il quale inizia a sentirsi preoccupato dalla faccenda. Inizia ora la parte onirica, in cui la città pian piano si trasforma, diventa sempre più nonsense, fino a che la cosa diventa così palese che chiunque (rimasto) se ne accorga. Costantemente, nel frattempo, si inserisce l'idea che il tutto possa essere simile alla storia di Urashima Tarou, una favola giapponese molto radicata.
Più si va avanti, più la storia diviene paradossale. Solo nel finale si spiega tutto e il film improvvisamente, da onirico, diviene abbastanza serio e addirittura storico e sociologico. Vengono fatti riferimenti a Hitler, Nerone, Giulio Cesare, Adamo ed Eva, personaggi che in un qualche modo sono considerati "maligni" per una qualche azione da essi commessa. Dopo la rivelazione del perché e del percome si passa all'alternanza di scene estremamente comiche con scene più profonde, un po' come l'ultima, che funge da prodromo per il finale, che riporta tutti i personaggi assieme nella loro atmosfera abituale.
Le varie parti si amalgamano perfettamente, tutto scorre fluidamente e anche il deux ex machina che spiega gli avvenimenti è abbastanza ricercato e, nei miei riguardi, s'è rivelato inaspettato. L'opera è magnifica e consigliata ai non puristi o agli amanti del genere psicotico.
Ritengo, invece, che utilizzare i personaggi così come sono conosciuti da tutti, ma all'interno di un contesto nuovo, anche se più impegnativo, dovrebbe portare a un plauso ancora maggiore.
Il film inizia in modo demenziale, di conseguenza è probabile che il fan medio abbia pensato effettivamente di trovarsi di fronte a una delle tante storie a cui partecipano Lamù e compagnia. Siamo vicini a un'importante festa scolastica e tutti sono addetti ai preparativi, creando club e così via. Presente anche un club incentrato sul nazismo, che, al contrario dell'Europa, non è visto in modo manicheo come male assoluto galattico. A questo punto inizia a sorgere il dubbio che qualcosa non vada, che un ingranaggio si sia inceppato. Le scene sembrano ripetersi, anche se, paradossalmente, era molto usato all'epoca riadoperare interi spezzoni per occupare spazio. In realtà si comprende che le azioni si stanno realmente ripetendo, senza che alcuno se ne accorga, tranne un professore, il quale inizia a sentirsi preoccupato dalla faccenda. Inizia ora la parte onirica, in cui la città pian piano si trasforma, diventa sempre più nonsense, fino a che la cosa diventa così palese che chiunque (rimasto) se ne accorga. Costantemente, nel frattempo, si inserisce l'idea che il tutto possa essere simile alla storia di Urashima Tarou, una favola giapponese molto radicata.
Più si va avanti, più la storia diviene paradossale. Solo nel finale si spiega tutto e il film improvvisamente, da onirico, diviene abbastanza serio e addirittura storico e sociologico. Vengono fatti riferimenti a Hitler, Nerone, Giulio Cesare, Adamo ed Eva, personaggi che in un qualche modo sono considerati "maligni" per una qualche azione da essi commessa. Dopo la rivelazione del perché e del percome si passa all'alternanza di scene estremamente comiche con scene più profonde, un po' come l'ultima, che funge da prodromo per il finale, che riporta tutti i personaggi assieme nella loro atmosfera abituale.
Le varie parti si amalgamano perfettamente, tutto scorre fluidamente e anche il deux ex machina che spiega gli avvenimenti è abbastanza ricercato e, nei miei riguardi, s'è rivelato inaspettato. L'opera è magnifica e consigliata ai non puristi o agli amanti del genere psicotico.
Dopo il primo film, che era praticamente un divertente "sunto" della serie, ecco arrivare, probabilmente inaspettata, questa prova d'autore che si rivela un film originale e molto interessante.
L'inizio può apparire sottotono e, con quel brevissimo prologo, un po' "confusionario", mano a mano ci si troverà davanti a un film avvincente e misterioso, che comunque non dimentica l'umorismo della serie.
"Beautiful dreamer" potrebbe tranquillamente risultare un film a se stante, ma anche il cast di Lamù risulta azzeccato e onestamente non trovo affatto che questo film si sia discostato troppo dalla serie, quantomeno dalla serie TV. Certo, esso vuole proporre qualcosa di diverso dal solito, riuscendoci alla grande, ma lo fa a mio avviso senza snaturare. Il tutto con un gioco a incastri riuscito e più chiaro di quanto non voglia apparire nelle premesse, così che la pellicola non risulti pesante.
I lungometraggi delle serie a mio avviso devono essere un'occasione "speciale" e quindi è giusto che comunque abbiano un che di originale e siano un po' "distaccati" dal solito. Così è successo per i lungometraggi cinematografici di Lupin come pure per quelli di Doraemon dove le trame sono più avventurose e i nostri si trovano in scenari diversi.
Veramente spettacolare è la sequenza della tartaruga vista dall'aereo.
Curiosità: i due personaggi che compaiono qui erano già apparsi disegnati in maniera differente nel volume 4 (nella numerazione dell'edizione giapponese) e nell'episodio TV 21-b, "L'incubo di Ataru".
L'inizio può apparire sottotono e, con quel brevissimo prologo, un po' "confusionario", mano a mano ci si troverà davanti a un film avvincente e misterioso, che comunque non dimentica l'umorismo della serie.
"Beautiful dreamer" potrebbe tranquillamente risultare un film a se stante, ma anche il cast di Lamù risulta azzeccato e onestamente non trovo affatto che questo film si sia discostato troppo dalla serie, quantomeno dalla serie TV. Certo, esso vuole proporre qualcosa di diverso dal solito, riuscendoci alla grande, ma lo fa a mio avviso senza snaturare. Il tutto con un gioco a incastri riuscito e più chiaro di quanto non voglia apparire nelle premesse, così che la pellicola non risulti pesante.
I lungometraggi delle serie a mio avviso devono essere un'occasione "speciale" e quindi è giusto che comunque abbiano un che di originale e siano un po' "distaccati" dal solito. Così è successo per i lungometraggi cinematografici di Lupin come pure per quelli di Doraemon dove le trame sono più avventurose e i nostri si trovano in scenari diversi.
Veramente spettacolare è la sequenza della tartaruga vista dall'aereo.
Curiosità: i due personaggi che compaiono qui erano già apparsi disegnati in maniera differente nel volume 4 (nella numerazione dell'edizione giapponese) e nell'episodio TV 21-b, "L'incubo di Ataru".
E così Mamoru Oshii consegna definitivamente al mondo il suo "Urusei Yatsura", insoddisfatto del prevedibile filmetto celebrativo "Only You", a costo di mandare all'aria i suoi schemi, di fare infuriare i fan e la stessa Rumiko Takahashi con una storia visionaria e onirica. Al diavolo, "Beautiful Dreamer" non c'entra nulla con "Lamù", e per questo è bellissimo, ma ciò che oggi stupisce non è tanto l'immeritata fredda accoglienza del popolo purista giapponese - era già accaduto con il secondo film di Lupin III, "Il Castello di Cagliostro" - bensì il goffo tentativo della produzione di imitare "Beautiful Dreamer" con uno dei successivi film di Lamù, "The Forever", ormai privo di Oshii, con risultati tutt'altro che soddisfacenti.
In Italia, come il precedente "Only You", è edito da Yamato Video nel cofanetto comprendente i primi tre film, ma lo si può trovare anche singolarmente. L'edizione è budget con pochi extra e audio 1.0, ma il solo film vale il modesto prezzo; il doppiaggio italiano non è maestoso ma di buona qualità con l'eccezione di Paolo "Goku adulto" Torrisi, non proprio azzeccato nella parte di Ataru. Piccolezze.
I preparativi per il festival scolastico al liceo Tomobiki proseguono spediti, il lavoro è talmente tanto che pare quasi non volere finire con studenti e professori che passano giorni e notti a scuola da un tempo che nessuno riesce definire con precisione. L'unica persona perfettamente a suo agio in questa situazione è Lamù: felice di trascorrere 24 ore al giorno con Ataru e tutti i suoi amici, confessa a Shinobu che il suo sogno per il futuro è proprio questo. Le cose però si fanno sempre più strane fino a degenerare, i ragazzi non riescono più a tornare a casa, la scuola Tomobiki e tutti gli studenti si sentono isolati dal mondo con la sola casa Moroboshi disponibile, è stata davvero Lamù a volere tutto questo?
Con The Disapperarance of Haruhi Suzumiya come suo erede spirituale (molte le similitudini tra i due film nonostante sviluppo narrativo e messaggi siano differenti, ma in generale il tema dell' "Haruhi want this" sembra provenire direttamente da qui), "Beautiful Dreamer" scava nei sentimenti più profondi dei personaggi della serie con una Lamù inconsapevolmente padrona di un mondo regolato dai suoi desideri, espliciti e non.
La città muta in breve in un paradiso a prova di eterno adolescente mosso unicamente dal divertimento, privo dell'oppressione del mondo adulto che incombe, dove spazio e tempo perdono il loro significato.
Non è un caso infatti il comportamento della maggior parte dei personaggi, che fin da subito rinunciano a trovare una soluzione al problema cullati in questo eden dove i doveri non esistono e i supermercati sono sempre riforniti. Uniche eccezioni Mendo e Sakura, ovvero gli "adulti" della situazione, impegnati a indagare sull'accaduto, e le sorprese non mancheranno, con la fiaba di Urashima Taro come punto di riferimento arriveranno a scoprire chi realmente si cela dietro tutto questo.
Abbiamo scelte registiche quanto mai azzeccate, una Lamù quasi "eterea" nelle sue poche apparizioni della seconda parte, eccezionali ambientazioni misteriose e personaggi visionari, con un occhio sempre attento ai comprimari e alle loro sfumature in 100 minuti mai noiosi, mai banali, dove mondo normale e onirico si mescolano lasciando però lo spettatore a suo agio, esattamente come i personaggi.
E sul finale del lungometraggio vi troviamo l'estro più alto mai raggiunto dall'Urusei Yatsura animato e cartaceo, con il rapporto tra Ataru e Lamù al centro di tutto in un sublime atto d'amore verso il desiderio che vuole eternizzare il momento, i luoghi e i comprimari della loro adolescenza.
"Beautiful Dreamer" è questo e altro, manifesto surreale del mondo e dell'adolescente, oltre che un segnale di speranza per un'umanità che ha smesso di sognare, per i registi di anime che hanno smesso di osare, e di sperare, oggi più di prima.
In Italia, come il precedente "Only You", è edito da Yamato Video nel cofanetto comprendente i primi tre film, ma lo si può trovare anche singolarmente. L'edizione è budget con pochi extra e audio 1.0, ma il solo film vale il modesto prezzo; il doppiaggio italiano non è maestoso ma di buona qualità con l'eccezione di Paolo "Goku adulto" Torrisi, non proprio azzeccato nella parte di Ataru. Piccolezze.
I preparativi per il festival scolastico al liceo Tomobiki proseguono spediti, il lavoro è talmente tanto che pare quasi non volere finire con studenti e professori che passano giorni e notti a scuola da un tempo che nessuno riesce definire con precisione. L'unica persona perfettamente a suo agio in questa situazione è Lamù: felice di trascorrere 24 ore al giorno con Ataru e tutti i suoi amici, confessa a Shinobu che il suo sogno per il futuro è proprio questo. Le cose però si fanno sempre più strane fino a degenerare, i ragazzi non riescono più a tornare a casa, la scuola Tomobiki e tutti gli studenti si sentono isolati dal mondo con la sola casa Moroboshi disponibile, è stata davvero Lamù a volere tutto questo?
Con The Disapperarance of Haruhi Suzumiya come suo erede spirituale (molte le similitudini tra i due film nonostante sviluppo narrativo e messaggi siano differenti, ma in generale il tema dell' "Haruhi want this" sembra provenire direttamente da qui), "Beautiful Dreamer" scava nei sentimenti più profondi dei personaggi della serie con una Lamù inconsapevolmente padrona di un mondo regolato dai suoi desideri, espliciti e non.
La città muta in breve in un paradiso a prova di eterno adolescente mosso unicamente dal divertimento, privo dell'oppressione del mondo adulto che incombe, dove spazio e tempo perdono il loro significato.
Non è un caso infatti il comportamento della maggior parte dei personaggi, che fin da subito rinunciano a trovare una soluzione al problema cullati in questo eden dove i doveri non esistono e i supermercati sono sempre riforniti. Uniche eccezioni Mendo e Sakura, ovvero gli "adulti" della situazione, impegnati a indagare sull'accaduto, e le sorprese non mancheranno, con la fiaba di Urashima Taro come punto di riferimento arriveranno a scoprire chi realmente si cela dietro tutto questo.
Abbiamo scelte registiche quanto mai azzeccate, una Lamù quasi "eterea" nelle sue poche apparizioni della seconda parte, eccezionali ambientazioni misteriose e personaggi visionari, con un occhio sempre attento ai comprimari e alle loro sfumature in 100 minuti mai noiosi, mai banali, dove mondo normale e onirico si mescolano lasciando però lo spettatore a suo agio, esattamente come i personaggi.
E sul finale del lungometraggio vi troviamo l'estro più alto mai raggiunto dall'Urusei Yatsura animato e cartaceo, con il rapporto tra Ataru e Lamù al centro di tutto in un sublime atto d'amore verso il desiderio che vuole eternizzare il momento, i luoghi e i comprimari della loro adolescenza.
"Beautiful Dreamer" è questo e altro, manifesto surreale del mondo e dell'adolescente, oltre che un segnale di speranza per un'umanità che ha smesso di sognare, per i registi di anime che hanno smesso di osare, e di sperare, oggi più di prima.
L'ennesimo capolavoro che ci permette di ammirare il genio multiforme del più meritevole regista dell'animazione orientale.
Che cos'è "Urusei Yatsura: Beautiful Dreamer", il secondo lungometraggio della fortunata serie ideata da Rumiko Takahashi sulla bella aliena dal costume tigrato?
E' l'apoteosi, è la prova che fosse possibile elevare un'opera simile ad apici inimmaginabili e rappresenta il più lodevole compimento dello spirito proprio della trasposizione televisiva di "Lamù".
In tutto questo Oshii, da talentuoso regista quale lui è, ha posto pure se stesso e non in piccola parte, riuscendo comunque a non alterare il sentimento originale dell'opera.
Donde proviene tanta perfezione? Dall'armonico insieme di elementi tanto contrastanti. Per la precisione, Oshii già da regista della prima parte della serie televisiva aveva dato prova del suo genio e del suo sperimentalismo, ponendo elementi di forte disturbo in quella che doveva essere la semplice trasposizione di un'opera comica, unica meritevole capostipite della commedia sentimentale, che non potevano che deliziare gli spettatori più accorti, suscitando però astio nei confronti di coloro che si rivelarono maggiormente puristi verso i propositi dell'autrice originaria.
Ma nessuno poté piegare Oshii e nel 1984, facendosi beffe dell'insuccesso che repentino si prospettava all'orizzonte, lui elevò "Lamù" a un livello superiore, dando finalmente atto a ciò che durante la serie continuava a essere relegato in potenza.
Le sensazioni oniriche e visionarie che guizzano tramite soventi accenni durante la trasposizione televisiva prendono forma pienamente, senza più celarsi agli occhi del pubblico più insensibile.
Simile destino seguono le riflessioni gnoseologiche sulla natura della realtà e sulla distinzione fra verità e illusione, mentre le atmosfere si fanno lunghe e tese, alienanti ed eteree, ma pur sempre anormalmente reali.
E in tutto questo non si perde la caoticità che è propria di "Urusei Yatsura", fra le moltitudini di personaggi che rispettano alla perfezione i propri caratteri, le proprie emozioni, i propri amori e dissidi, ma raggiungendo qualcosa di maggiore, perché in questo lungometraggio Oshii, prima di abbandonare il progetto "Lamù", donerà al mondo ciò che nessuno, né prima né dopo di lui, men che meno la stessa Takahashi, avrebbe saputo fare. Il regista portò alla completezza le figure dei personaggi, riempiendole in ogni sfaccettatura e facendole apparire corrette, anche in una commedia paradossale come questa. L'esempio più lucente di ciò avviene per la figura di Ataru, in quella che è la scena più mirabile dell'opera, nonché la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso presso i puristi della Takahashi che sono stati fautori della sventura di questo film.
Giungiamo ora alla descrizione pratica del lungometraggio. Dopo un'apertura brusca su di un mondo di desolazione, quasi una guerra l'avesse sconquassato, si viene subito catapultati nelle atmosfere frenetiche della scuola superiore di Tomobiki, dove il clima generalmente frizzante è esasperato dall'avvicinarsi dell'apertura del festival studentesco, che si compirà il giorno seguente.
In breve però compaiono scene lunghe e silenziose, dove la vera protagonista è la desolazione della città, nella quale danzano figure inquietanti nella loro spensieratezza e dove il tempo sembra dilatarsi.
Il passaggio dal tipico baccano che fa da eloquente eco al titolo dell'intera opera alle alienanti scene dalla pesante atmosfera è sottile e preciso, tale da cullare lo spettatore senza che quest'ultimo abbia alcun sentore del mutamento.
Ci troviamo così a vedere la dottoressa Sakura che in una scena delizia il pubblico con le sue acrobazie in moto e le sue reazioni una volta a casa di Onsen, il tutto splendidamente reso dall'interpretazione dei doppiatori nipponici originali, mentre a breve distanza ci si ripresenta seduta al tavolo di un bar a discutere di verità inquietanti, del limite fra sogno e realtà e della natura del ricordo e del mondo storico in funzione di questo; discorso durante il quale è già possibile scorgere tagli e inquadrature che verranno riprese in un futuro "Ghost in the Shell".
L'alternarsi di queste scene e dei cambi di tono seguiterà per l'intero film, rendendo tale processo sempre più serrato, sino a che non sarà più possibile separare la vena comica da quella riflessiva, similmente a come il mondo onirico si fonderà con quello reale e qui il genio di Oshii si compie.
I toni si allentano e si tendono, quali la corda di uno strumento musicale pizzicata ripetutamente nel corso dell'esecuzione del brano, senza però lasciare mai che il riverbero di questi eventi, l'armonico scaturito da tale esecuzione, la velata eco dell'innaturalezza della vicenda smetta di solleticare il pubblico.
Si sussegue così la vicenda, tra giochi al lago dove un tempo sorgeva la scuola, ora un semplice ricordo di un mondo lontano, divenuto ormai una vaga rimembranza, tra lunghe e continue giornate sempre uguali, nelle quali è però possibile trovare la gioia, la spensieratezza. Non tutti gli animi si piegano però a tale idillio, ed ecco sorgere lo spettro del dubbio, il demone della ragione, apparentemente bandito da questo mondo fittizio, dal Castello del Drago verso il quale il gruppo muove sul guscio della tartaruga nel proprio isolato stordimento.
Una volta svelato il mistero però l'incantesimo si scioglie rapidamente e una sceneggiatura frenetica non dà più tregua allo spettatore nel suo incalzarlo verso la conclusione.
Tutto questo avviene dopo la scena in cui Ataru vede realizzato il suo sogno, o meglio, lo vede realizzato quasi integralmente. Qua risiede l'apice del film, la soluzione del dilemma dell'insofferenza di Ataru verso Lamù, ossia la sua dichiarazione d'amore verso quest'ultima. D'altronde, come sbotta egli stesso con grande ovvietà, lui la ama, proprio come ama tutte le altre ragazze, ma l'impertinenza di quest'ultima gli impedisce di approcciarsi agli altri suoi sensuali obbiettivi.
E' questo il punto, Ataru ama le ragazze, indipendentemente dalla personalità lui le vuole amare tutte, l'apoteosi del suo personaggio, la sua perfetta spiegazione. E' ambizioso e il suo paradiso non sarà completo se non ci saranno tutte. Solo la naturalezza con cui avviene la scena citata può spiegare la meraviglia del tutto e lo lascio verificare direttamente agli spettatori.
Ci sarebbe tanto da aggiungere, ma è difficile rendere giustizia con le semplici parole a un simile lavoro, a un tale ardire.
Il secondo film di "Lamù" è dunque la vera essenza dell'intera opera, scaturita da una mente che è riuscita persino a superare i propositi dell'autrice originale sulla sua stessa creazione, l'ultimo dono di un talentuoso artista prima di abbandonare il pubblico ingrato, sorte che spesso affligge queste fulgenti personalità.
Che cos'è "Urusei Yatsura: Beautiful Dreamer", il secondo lungometraggio della fortunata serie ideata da Rumiko Takahashi sulla bella aliena dal costume tigrato?
E' l'apoteosi, è la prova che fosse possibile elevare un'opera simile ad apici inimmaginabili e rappresenta il più lodevole compimento dello spirito proprio della trasposizione televisiva di "Lamù".
In tutto questo Oshii, da talentuoso regista quale lui è, ha posto pure se stesso e non in piccola parte, riuscendo comunque a non alterare il sentimento originale dell'opera.
Donde proviene tanta perfezione? Dall'armonico insieme di elementi tanto contrastanti. Per la precisione, Oshii già da regista della prima parte della serie televisiva aveva dato prova del suo genio e del suo sperimentalismo, ponendo elementi di forte disturbo in quella che doveva essere la semplice trasposizione di un'opera comica, unica meritevole capostipite della commedia sentimentale, che non potevano che deliziare gli spettatori più accorti, suscitando però astio nei confronti di coloro che si rivelarono maggiormente puristi verso i propositi dell'autrice originaria.
Ma nessuno poté piegare Oshii e nel 1984, facendosi beffe dell'insuccesso che repentino si prospettava all'orizzonte, lui elevò "Lamù" a un livello superiore, dando finalmente atto a ciò che durante la serie continuava a essere relegato in potenza.
Le sensazioni oniriche e visionarie che guizzano tramite soventi accenni durante la trasposizione televisiva prendono forma pienamente, senza più celarsi agli occhi del pubblico più insensibile.
Simile destino seguono le riflessioni gnoseologiche sulla natura della realtà e sulla distinzione fra verità e illusione, mentre le atmosfere si fanno lunghe e tese, alienanti ed eteree, ma pur sempre anormalmente reali.
E in tutto questo non si perde la caoticità che è propria di "Urusei Yatsura", fra le moltitudini di personaggi che rispettano alla perfezione i propri caratteri, le proprie emozioni, i propri amori e dissidi, ma raggiungendo qualcosa di maggiore, perché in questo lungometraggio Oshii, prima di abbandonare il progetto "Lamù", donerà al mondo ciò che nessuno, né prima né dopo di lui, men che meno la stessa Takahashi, avrebbe saputo fare. Il regista portò alla completezza le figure dei personaggi, riempiendole in ogni sfaccettatura e facendole apparire corrette, anche in una commedia paradossale come questa. L'esempio più lucente di ciò avviene per la figura di Ataru, in quella che è la scena più mirabile dell'opera, nonché la proverbiale goccia che ha fatto traboccare il vaso presso i puristi della Takahashi che sono stati fautori della sventura di questo film.
Giungiamo ora alla descrizione pratica del lungometraggio. Dopo un'apertura brusca su di un mondo di desolazione, quasi una guerra l'avesse sconquassato, si viene subito catapultati nelle atmosfere frenetiche della scuola superiore di Tomobiki, dove il clima generalmente frizzante è esasperato dall'avvicinarsi dell'apertura del festival studentesco, che si compirà il giorno seguente.
In breve però compaiono scene lunghe e silenziose, dove la vera protagonista è la desolazione della città, nella quale danzano figure inquietanti nella loro spensieratezza e dove il tempo sembra dilatarsi.
Il passaggio dal tipico baccano che fa da eloquente eco al titolo dell'intera opera alle alienanti scene dalla pesante atmosfera è sottile e preciso, tale da cullare lo spettatore senza che quest'ultimo abbia alcun sentore del mutamento.
Ci troviamo così a vedere la dottoressa Sakura che in una scena delizia il pubblico con le sue acrobazie in moto e le sue reazioni una volta a casa di Onsen, il tutto splendidamente reso dall'interpretazione dei doppiatori nipponici originali, mentre a breve distanza ci si ripresenta seduta al tavolo di un bar a discutere di verità inquietanti, del limite fra sogno e realtà e della natura del ricordo e del mondo storico in funzione di questo; discorso durante il quale è già possibile scorgere tagli e inquadrature che verranno riprese in un futuro "Ghost in the Shell".
L'alternarsi di queste scene e dei cambi di tono seguiterà per l'intero film, rendendo tale processo sempre più serrato, sino a che non sarà più possibile separare la vena comica da quella riflessiva, similmente a come il mondo onirico si fonderà con quello reale e qui il genio di Oshii si compie.
I toni si allentano e si tendono, quali la corda di uno strumento musicale pizzicata ripetutamente nel corso dell'esecuzione del brano, senza però lasciare mai che il riverbero di questi eventi, l'armonico scaturito da tale esecuzione, la velata eco dell'innaturalezza della vicenda smetta di solleticare il pubblico.
Si sussegue così la vicenda, tra giochi al lago dove un tempo sorgeva la scuola, ora un semplice ricordo di un mondo lontano, divenuto ormai una vaga rimembranza, tra lunghe e continue giornate sempre uguali, nelle quali è però possibile trovare la gioia, la spensieratezza. Non tutti gli animi si piegano però a tale idillio, ed ecco sorgere lo spettro del dubbio, il demone della ragione, apparentemente bandito da questo mondo fittizio, dal Castello del Drago verso il quale il gruppo muove sul guscio della tartaruga nel proprio isolato stordimento.
Una volta svelato il mistero però l'incantesimo si scioglie rapidamente e una sceneggiatura frenetica non dà più tregua allo spettatore nel suo incalzarlo verso la conclusione.
Tutto questo avviene dopo la scena in cui Ataru vede realizzato il suo sogno, o meglio, lo vede realizzato quasi integralmente. Qua risiede l'apice del film, la soluzione del dilemma dell'insofferenza di Ataru verso Lamù, ossia la sua dichiarazione d'amore verso quest'ultima. D'altronde, come sbotta egli stesso con grande ovvietà, lui la ama, proprio come ama tutte le altre ragazze, ma l'impertinenza di quest'ultima gli impedisce di approcciarsi agli altri suoi sensuali obbiettivi.
E' questo il punto, Ataru ama le ragazze, indipendentemente dalla personalità lui le vuole amare tutte, l'apoteosi del suo personaggio, la sua perfetta spiegazione. E' ambizioso e il suo paradiso non sarà completo se non ci saranno tutte. Solo la naturalezza con cui avviene la scena citata può spiegare la meraviglia del tutto e lo lascio verificare direttamente agli spettatori.
Ci sarebbe tanto da aggiungere, ma è difficile rendere giustizia con le semplici parole a un simile lavoro, a un tale ardire.
Il secondo film di "Lamù" è dunque la vera essenza dell'intera opera, scaturita da una mente che è riuscita persino a superare i propositi dell'autrice originale sulla sua stessa creazione, l'ultimo dono di un talentuoso artista prima di abbandonare il pubblico ingrato, sorte che spesso affligge queste fulgenti personalità.
Ve la ricordate Lamù? Quel vecchio, memorabile anime mandato spesso in onda su 7Gold, tratto dall'omonimo manga di Rumiro Takahashi, con protagonista una provocante e birichina ragazza aliena che come un fulmine a ciel sereno va a sconvolgere la vita dell'impacciato Ataru?
E' da tanto tempo che non vedo un episodio di Lamù, ma ricordo benissimo che le armi vincenti della serie erano una comicità e un'immaginazione frizzante e anarchica, senza una vera e propria trama, ma che procedeva per accumulazione di situazioni paradossali, con personaggi molto caratteristici.
E adesso, avete in mente Mamoru Oshii? Il regista che è entrato nell'olimpo dell animazione con la rivoluzione cyberpunk di "Ghost in the Shell", portatore di uno stile maturo e personalissimo, lento, spaziale, a tratti desolato, affiancato a vicende complesse volte a risolvere quesiti di natura ontologica e umana? Bene, molti di voi sapranno che Oshii ha lavorato come regista nella serie TV e nel precedente film "Only you" (se non vado errato) di Lamù. Si tratta di una situazione che mi ricorda molto quella di Hayao Miyazaki, altro grande che, dopo un periodo di gavetta in serie importanti come Heidi e Lupin III, ha esordito dirigendo il secondo film del Ladro gentiluomo, quel "Lupin III - Il castello di Cagliostro" che ha avuto tanto successo e che ancora oggi è additato come uno degli esempi più brillanti della japanimation vecchio stile.
A Oshii è andata diversamente: i fan di Lamù, e perfino la sua creatrice, Rumiro Takahashi, sono rimasti delusi da "Beautiful Dreamer", considerandolo troppo distante dalla più briosa serie TV. Come Miyazaki in "Cagliostro", anche Oshii ha voluto mettere del suo in un lavoro di qualcun altro. Nessuno però si aspettava che lo stile di Oshii volesse dire incertezza, obliquità, profondità. E' una cosa strana vedere i protagonisti di un titolo che ha segnato la storia dell'harem-fantasy immersi in dubbi filosofici che riguardano la percezione soggettiva di tempo e spazio, del peso che i sogni dell'uomo possono avere sulla realtà, della nostra capacità di controllarli.
Sono proprio queste caratteristiche atipiche che rendono così sorprendente "Beautiful Dreamer", così affascinante e maturo, tanto che può essere considerato uno dei migliori prodotti animati dedicati alla ragazza dello spazio. La sceneggiatura non è priva d'ingenuità, in particolare alcune alternanze troppo brusche tra scene statiche e accelerate improvvise potrebbero essere un po' indigeste, ma nella maggior parte dei casi i dialoghi sono eccellenti, studiatissimi e perfetti per sorreggere gli sprazzi di metafisica che fanno costantemente capolino dal tessuto fantascientifico del film.
Molto buono si rivela il comparto tecnico: le animazioni sono ben curate e fluide al punto giusto, e la colonna sonora fa il suo dovere, anch'essa impregnata di mistero e avanguardia. Cosa invece che non mi è piaciuta molto è l'adattamento italiano: alcune frasi sono un po' ripetitive, nel senso che a volte nella stessa frase una parola viene ripetuta più e più volte senza necessità, come se non ci si fosse presi la briga di ometterla o di mettere al suo posto un pronome o un sinonimo adeguato, mentre le voci sono poco azzeccate, in particolare quella di Ataru, che ha lo stesso doppiatore di Goku in Dragon Ball - è terribile!
Comunque, nonostante queste piccole pecche lungo il percorso, "Beautiful Dreamer" rimane un titolo troppo sottovalutato, coinvolgente, sorprendente e annunciatore di grandi cose per il futuro degli anime. Non dimenticate che c'è in ballo Mamoru Oshii...
E' da tanto tempo che non vedo un episodio di Lamù, ma ricordo benissimo che le armi vincenti della serie erano una comicità e un'immaginazione frizzante e anarchica, senza una vera e propria trama, ma che procedeva per accumulazione di situazioni paradossali, con personaggi molto caratteristici.
E adesso, avete in mente Mamoru Oshii? Il regista che è entrato nell'olimpo dell animazione con la rivoluzione cyberpunk di "Ghost in the Shell", portatore di uno stile maturo e personalissimo, lento, spaziale, a tratti desolato, affiancato a vicende complesse volte a risolvere quesiti di natura ontologica e umana? Bene, molti di voi sapranno che Oshii ha lavorato come regista nella serie TV e nel precedente film "Only you" (se non vado errato) di Lamù. Si tratta di una situazione che mi ricorda molto quella di Hayao Miyazaki, altro grande che, dopo un periodo di gavetta in serie importanti come Heidi e Lupin III, ha esordito dirigendo il secondo film del Ladro gentiluomo, quel "Lupin III - Il castello di Cagliostro" che ha avuto tanto successo e che ancora oggi è additato come uno degli esempi più brillanti della japanimation vecchio stile.
A Oshii è andata diversamente: i fan di Lamù, e perfino la sua creatrice, Rumiro Takahashi, sono rimasti delusi da "Beautiful Dreamer", considerandolo troppo distante dalla più briosa serie TV. Come Miyazaki in "Cagliostro", anche Oshii ha voluto mettere del suo in un lavoro di qualcun altro. Nessuno però si aspettava che lo stile di Oshii volesse dire incertezza, obliquità, profondità. E' una cosa strana vedere i protagonisti di un titolo che ha segnato la storia dell'harem-fantasy immersi in dubbi filosofici che riguardano la percezione soggettiva di tempo e spazio, del peso che i sogni dell'uomo possono avere sulla realtà, della nostra capacità di controllarli.
Sono proprio queste caratteristiche atipiche che rendono così sorprendente "Beautiful Dreamer", così affascinante e maturo, tanto che può essere considerato uno dei migliori prodotti animati dedicati alla ragazza dello spazio. La sceneggiatura non è priva d'ingenuità, in particolare alcune alternanze troppo brusche tra scene statiche e accelerate improvvise potrebbero essere un po' indigeste, ma nella maggior parte dei casi i dialoghi sono eccellenti, studiatissimi e perfetti per sorreggere gli sprazzi di metafisica che fanno costantemente capolino dal tessuto fantascientifico del film.
Molto buono si rivela il comparto tecnico: le animazioni sono ben curate e fluide al punto giusto, e la colonna sonora fa il suo dovere, anch'essa impregnata di mistero e avanguardia. Cosa invece che non mi è piaciuta molto è l'adattamento italiano: alcune frasi sono un po' ripetitive, nel senso che a volte nella stessa frase una parola viene ripetuta più e più volte senza necessità, come se non ci si fosse presi la briga di ometterla o di mettere al suo posto un pronome o un sinonimo adeguato, mentre le voci sono poco azzeccate, in particolare quella di Ataru, che ha lo stesso doppiatore di Goku in Dragon Ball - è terribile!
Comunque, nonostante queste piccole pecche lungo il percorso, "Beautiful Dreamer" rimane un titolo troppo sottovalutato, coinvolgente, sorprendente e annunciatore di grandi cose per il futuro degli anime. Non dimenticate che c'è in ballo Mamoru Oshii...
Al liceo Tomobiki gli studenti sono tutti in fermento per la preparazione del festival scolastico, ma nonostante l'impegno di tutti sembra che i lavori non progrediscano come sperato. Cosa ancora più strana, un professore comincia ad avere la sensazione di avere già vissuto quei momenti e, parlandone con la dottoressa/sacerdotessa Sakura, innescherà l'inizio di una serie di fatti improbabili che coinvolgeranno loro due, Lamù, Ataru, i suoi familiari e i più stretti compagni di scuola. Riusciranno tutti quanti a uscire da quell'incubo malato?
"Beautiful Dreamer" è in ordine di produzione il secondo lungometraggio di Lamù e il primo ad affrontare i personaggi di Rumiko Takahashi con uno sguardo più impegnato e visionario. Contrariamente ai suoi discepoli però questo film riesce perfettamente nell'intento, regalando una trama che si riesce a seguire senza troppi sforzi e immergendo lo spettatore in un'atmosfera sognante e positivamente misteriosa. Va detto che per non rovinare questo magnetismo, pur risultando spesso divertenti, i personaggi hanno dovuto alternare alla consueta demenzialità alcuni momenti seri, ma ciò pare calzargli bene a conti fatti. Se volessimo sollevare le consuete critiche, potremmo citare la resa un po' troppo angelica di Lamù, il mancato sfruttamento di Ten e un paio di scene con il personaggio di Shinobu, più frequentemente forzuta del solito e anche un po' ipocrita nella domanda fatta alla ragazza Oni in cucina, specie considerando il suo ruolo di fidanzata all'inizio della serie.
Altri difetti sinceramente non ne ho riscontrati: vi è una direzione intelligente, che riesce a mantenere tutto unito nonostante la presenza molto di passaggio della bella aliena tigrata; i disegni e le inquadrature talvolta trasmettono anche emozioni e la trama risulta interessante, nonostante alla fine coinvolga a sorpresa Ataru Moroboshi più del previsto. Con questo non intendo che lui avrà il ruolo di protagonista assoluto; infatti anche Sakura, Mendo e lo stesso quartetto del "Lamù fan club" avranno il loro spazio meritato, specie i primi due, a dir poco essenziali nella prima metà dell'opera.
Come si piazza quindi, in definitiva, "Beautiful Dreamer"? Allora... a essere sinceri non ero partito fiducioso, avevo già visto questo film molto tempo fa, ma non ne serbavo alcun ricordo. Questo già non era di buon auspicio e consapevole di trovarmi davanti ad un'opera onirica, specie dopo lo scotto con il quarto film "Forever", temevo il peggio. Fortunatamente mi sono dovuto ricredere. "Beautiful Dreamer" è un buon movie, e dicendo buon movie intendo nella sua essenza, indipendentemente dai personaggi che lo interpretano. Sarebbe stato un film piuttosto discreto pure senza contare sui personaggi della Takahashi. Essi rimangono indiscutibilmente un valore aggiunto, ma ritengo che con protagonisti semi-comici nuovi di pacca, magari solo vagamente ispirati, avrebbe potuto mantenersi sullo stesso livello e per certi versi risultare ancora meglio, perché non posso affermare in tutta sincerità che lo spirito originale di Urusei Yatsura sia stato trasposto interamente, tuttalpiù al 78%. In questo senso il primo "Only you" e l'ultimo "Boy meets girl", nella loro semplicità, sono più funzionali e fedeli al mondo di Lamù e quindi migliori; ma Beautiful Dreamer rimane il lungometraggio più impegnato, senza dover per questo contare su elementi passati o trame prese di forza dal manga, come fanno invece gli altri due titoli.
Per farla breve attualmente Beautiful Dreamer come riuscita è, a mio avviso, al terzo posto come avventura di Lamù in senso stretto, ma al primo posto come lavoro professionale.
Se ciò che si legge è vero, posso comprendere che la Takahashi abbia contestato questo film perché possiede una personalità propria, buona che sia, comunque diversa da quella indicata dall'autrice. Mi fa specie però che, nonostante l'immeritato scarso successo presso i fan giapponesi, i produttori abbiano cercato per certi versi di emularlo in due successivi film, con risultati tutt'altro che eccellenti.
"Beautiful Dreamer" è in ordine di produzione il secondo lungometraggio di Lamù e il primo ad affrontare i personaggi di Rumiko Takahashi con uno sguardo più impegnato e visionario. Contrariamente ai suoi discepoli però questo film riesce perfettamente nell'intento, regalando una trama che si riesce a seguire senza troppi sforzi e immergendo lo spettatore in un'atmosfera sognante e positivamente misteriosa. Va detto che per non rovinare questo magnetismo, pur risultando spesso divertenti, i personaggi hanno dovuto alternare alla consueta demenzialità alcuni momenti seri, ma ciò pare calzargli bene a conti fatti. Se volessimo sollevare le consuete critiche, potremmo citare la resa un po' troppo angelica di Lamù, il mancato sfruttamento di Ten e un paio di scene con il personaggio di Shinobu, più frequentemente forzuta del solito e anche un po' ipocrita nella domanda fatta alla ragazza Oni in cucina, specie considerando il suo ruolo di fidanzata all'inizio della serie.
Altri difetti sinceramente non ne ho riscontrati: vi è una direzione intelligente, che riesce a mantenere tutto unito nonostante la presenza molto di passaggio della bella aliena tigrata; i disegni e le inquadrature talvolta trasmettono anche emozioni e la trama risulta interessante, nonostante alla fine coinvolga a sorpresa Ataru Moroboshi più del previsto. Con questo non intendo che lui avrà il ruolo di protagonista assoluto; infatti anche Sakura, Mendo e lo stesso quartetto del "Lamù fan club" avranno il loro spazio meritato, specie i primi due, a dir poco essenziali nella prima metà dell'opera.
Come si piazza quindi, in definitiva, "Beautiful Dreamer"? Allora... a essere sinceri non ero partito fiducioso, avevo già visto questo film molto tempo fa, ma non ne serbavo alcun ricordo. Questo già non era di buon auspicio e consapevole di trovarmi davanti ad un'opera onirica, specie dopo lo scotto con il quarto film "Forever", temevo il peggio. Fortunatamente mi sono dovuto ricredere. "Beautiful Dreamer" è un buon movie, e dicendo buon movie intendo nella sua essenza, indipendentemente dai personaggi che lo interpretano. Sarebbe stato un film piuttosto discreto pure senza contare sui personaggi della Takahashi. Essi rimangono indiscutibilmente un valore aggiunto, ma ritengo che con protagonisti semi-comici nuovi di pacca, magari solo vagamente ispirati, avrebbe potuto mantenersi sullo stesso livello e per certi versi risultare ancora meglio, perché non posso affermare in tutta sincerità che lo spirito originale di Urusei Yatsura sia stato trasposto interamente, tuttalpiù al 78%. In questo senso il primo "Only you" e l'ultimo "Boy meets girl", nella loro semplicità, sono più funzionali e fedeli al mondo di Lamù e quindi migliori; ma Beautiful Dreamer rimane il lungometraggio più impegnato, senza dover per questo contare su elementi passati o trame prese di forza dal manga, come fanno invece gli altri due titoli.
Per farla breve attualmente Beautiful Dreamer come riuscita è, a mio avviso, al terzo posto come avventura di Lamù in senso stretto, ma al primo posto come lavoro professionale.
Se ciò che si legge è vero, posso comprendere che la Takahashi abbia contestato questo film perché possiede una personalità propria, buona che sia, comunque diversa da quella indicata dall'autrice. Mi fa specie però che, nonostante l'immeritato scarso successo presso i fan giapponesi, i produttori abbiano cercato per certi versi di emularlo in due successivi film, con risultati tutt'altro che eccellenti.
Film che merita di essere visto... per la cura del dettaglio, con cui è stato realizzato, e per una trama che lascia davvero molto alla fantasia di chiunque. Difficile guardare due volte questo film e viverlo nella stessa maniera.
Lamù esprime un desiderio bellissimo, secondo lei, ovvero quello di rivivere dei giorni importanti della sua vita... ebbene, si realizza, e questo getta nello scompiglio chi si accorge di dover rivivere e ripetere all'infinito questa vita. Emergono quindi delle strane domande, degli interrogativi anche profondi, che permeano la trama del film e lo rendono ancora più unico nel suo genere. Chi lo guarda viene trasportato in questo strano sogno e nelle sue follie, nei paradossi che ogni sogno riesce a produrre. Si discosta, quindi, dalla leggerezza con cui temi e tempi sono toccati nella serie e negli altri OAV, e per questo coglie un pizzico in più in chi lo guarda.
Sicuramente una perla che si meritava, a mio parere, un finale più profondo di quello che gli autori, alla fine, gli hanno dato (pur restando nella follia d'un sogno). Insomma, un film che riesce ad attrarre, ma per i più esigenti, e per chi sperava in uno spessore diverso, alla fine, delude. Sicuramente il punto più alto di tutta la fantastica storia di Lamù ed Ataru, e forse il più distante da quello spirito del mondo che conosciamo di questo anime.
Lamù esprime un desiderio bellissimo, secondo lei, ovvero quello di rivivere dei giorni importanti della sua vita... ebbene, si realizza, e questo getta nello scompiglio chi si accorge di dover rivivere e ripetere all'infinito questa vita. Emergono quindi delle strane domande, degli interrogativi anche profondi, che permeano la trama del film e lo rendono ancora più unico nel suo genere. Chi lo guarda viene trasportato in questo strano sogno e nelle sue follie, nei paradossi che ogni sogno riesce a produrre. Si discosta, quindi, dalla leggerezza con cui temi e tempi sono toccati nella serie e negli altri OAV, e per questo coglie un pizzico in più in chi lo guarda.
Sicuramente una perla che si meritava, a mio parere, un finale più profondo di quello che gli autori, alla fine, gli hanno dato (pur restando nella follia d'un sogno). Insomma, un film che riesce ad attrarre, ma per i più esigenti, e per chi sperava in uno spessore diverso, alla fine, delude. Sicuramente il punto più alto di tutta la fantastica storia di Lamù ed Ataru, e forse il più distante da quello spirito del mondo che conosciamo di questo anime.
Si tratta del secondo lungometraggio dedicato alla serie Urusei Yatsura, diretto da nientemeno che Mamoru Oshii, ma anche di un prodotto che non ottenne il successo che meritava, a causa dei fan, non molto convinti della trama del film, che deviava troppo dal plot originale. Tuttavia, stiamo parlando, senza dubbio, del vero e proprio capolavoro tra tutti i lungometraggi dediti a Lamù.
Ovviamente sappiamo tutti della coppia Ataru-Lamù e delle mille strampalate avventure in cui ogni volta vengono coinvolti, ma questa è davvero una delle più insolite e allo stesso tempo originali che siano mai state create.
In questa occasione Lamù esprime il desiderio di continuare a rivivere per sempre i giorni felici che precedono il ballo del liceo. Incredibilmente il sogno si avvera, ma si trasforma anche in incubo quando Ataru e compagni si rendono conto di essere costretti a ripetere all'infinito le medesime azioni. Tra situazioni surreali e scoppi di follia, i personaggi devono quindi scoprire chi è responsabile dell'accaduto e cercare di uscire dall'assurda situazione. L'incredibile connubio di dubbi e illusioni, scaturiti dall'ambiguo contrasto "sogno-realtà", dona all'opera un fascino tutto suo e riesce ad offrire un'atmosfera notevole.
La sceneggiatura, che si dimostra sempre eccellente e in certi punti particolarmente sperimentale, riesce ad incollare allo schermo e contemporaneamente toccare la sensibilità dello spettatore malinconico e spensierato, che ama sognare e perdersi nella fantasia, insomma sembra proprio di assistere ad un sogno fatto a film (l'idea sarà spesso ripresa in futuro).
Il tema messo in rilievo è ovviamente quello dei sogni, affini ai desideri, che tutti gli esseri umani, anche i più crudeli, nascondono perennemente nel loro intimo. In questa storia invece accade una cosa nuova...sembra che la protagonista voglia rivelare a tutti i propri sogni, rendendoli addirittura partecipi di questi!
Si tratta senza dubbio di una grande trama, che migliora col passare dei minuti, grazie anche al susseguirsi di colpi di scena gradevolissimi e un'aggiunta di elementi sempre più fantastici ad abbellire il tutto.
La superiorità di questo film rispetto ai restanti della serie si individua anche nella realizzazione, assolutamente curata nelle belle animazioni e gli ottimi giochi di luce e colore, ed altrettanto soddisfacente per quanto riguarda il sonoro.
In conclusione, Beautiful Dreamer è una vera e propria perla, che può riuscire a sorprendere i fan, e non solo, quanto basta per considerarla imperdibile.
Ovviamente sappiamo tutti della coppia Ataru-Lamù e delle mille strampalate avventure in cui ogni volta vengono coinvolti, ma questa è davvero una delle più insolite e allo stesso tempo originali che siano mai state create.
In questa occasione Lamù esprime il desiderio di continuare a rivivere per sempre i giorni felici che precedono il ballo del liceo. Incredibilmente il sogno si avvera, ma si trasforma anche in incubo quando Ataru e compagni si rendono conto di essere costretti a ripetere all'infinito le medesime azioni. Tra situazioni surreali e scoppi di follia, i personaggi devono quindi scoprire chi è responsabile dell'accaduto e cercare di uscire dall'assurda situazione. L'incredibile connubio di dubbi e illusioni, scaturiti dall'ambiguo contrasto "sogno-realtà", dona all'opera un fascino tutto suo e riesce ad offrire un'atmosfera notevole.
La sceneggiatura, che si dimostra sempre eccellente e in certi punti particolarmente sperimentale, riesce ad incollare allo schermo e contemporaneamente toccare la sensibilità dello spettatore malinconico e spensierato, che ama sognare e perdersi nella fantasia, insomma sembra proprio di assistere ad un sogno fatto a film (l'idea sarà spesso ripresa in futuro).
Il tema messo in rilievo è ovviamente quello dei sogni, affini ai desideri, che tutti gli esseri umani, anche i più crudeli, nascondono perennemente nel loro intimo. In questa storia invece accade una cosa nuova...sembra che la protagonista voglia rivelare a tutti i propri sogni, rendendoli addirittura partecipi di questi!
Si tratta senza dubbio di una grande trama, che migliora col passare dei minuti, grazie anche al susseguirsi di colpi di scena gradevolissimi e un'aggiunta di elementi sempre più fantastici ad abbellire il tutto.
La superiorità di questo film rispetto ai restanti della serie si individua anche nella realizzazione, assolutamente curata nelle belle animazioni e gli ottimi giochi di luce e colore, ed altrettanto soddisfacente per quanto riguarda il sonoro.
In conclusione, Beautiful Dreamer è una vera e propria perla, che può riuscire a sorprendere i fan, e non solo, quanto basta per considerarla imperdibile.
Il film più bello di Lamù. E' riuscito a dare nuova linfa ad un anime abbastanza piacevole, ma ridicolo e inconsistente a livello di trama. Beautiful Dreamer ci dimostra che anche da una trama banale si può creare qualcosa di grandioso, dando vita a una trama che procede lenta e senza musiche, è vero, ma che risulta entusiasmante per la sua vena thriller-psicologica. L'analisi psicologica dei personaggi è infatti l'elemento di successo di questo straordinario capitolo. Da vedere assolutamente.
Carino questo film di Lamù. Onestamente trovo che le valutazioni siano state esagerate. Voglio dire: la storia così filosoficamente profonda non si sposa così bene con le avventure di Lamù e soci. Anche le colonne sonore non sono il massimo. Capiamoci: è un discreto film... ma non mi ha coinvolto più di tanto. Ritengo superiori Lamù Only You e Lamù Remember my Love. Discreto... ma non emerge. Info: [email protected]
Tra tutti i lungometraggi dedicati al mondo di Lamù, questo è sicuramente quello che mi è piaciuto di più.
Rispetto agli altri, in questo film si respira un'atmosfera diversa: intanto il numero di personaggi coinvolti è molto ridotto, soprattutto se si pensa alla miriade di figure emerse nella serie televisiva; secondariamente, a mio parere, accompagnato al clima surreale e demenziale che contraddistingue da sempre questa saga, qui troviamo un'aura un tantino più inquietante, più misteriosa (basta guardare la sequenza dove Mendo e Ataru percorrono in macchina la città di notte); è come se in questo film Lamu e company tentino di perdere un po' della loro spensieratezza, per diventare un po' più adulti. D'altronde il regista si chiama Oshii...
Non stupisce quindi che il film abbia avuto poco successo in Giappone a suo tempo, né che la Takahashi lo abbia (si dice) addirittura detestato: Oshii ha "osato" tradire in parte lo spirito della sua opera.
Rispetto agli altri, in questo film si respira un'atmosfera diversa: intanto il numero di personaggi coinvolti è molto ridotto, soprattutto se si pensa alla miriade di figure emerse nella serie televisiva; secondariamente, a mio parere, accompagnato al clima surreale e demenziale che contraddistingue da sempre questa saga, qui troviamo un'aura un tantino più inquietante, più misteriosa (basta guardare la sequenza dove Mendo e Ataru percorrono in macchina la città di notte); è come se in questo film Lamu e company tentino di perdere un po' della loro spensieratezza, per diventare un po' più adulti. D'altronde il regista si chiama Oshii...
Non stupisce quindi che il film abbia avuto poco successo in Giappone a suo tempo, né che la Takahashi lo abbia (si dice) addirittura detestato: Oshii ha "osato" tradire in parte lo spirito della sua opera.
Qui è inevitabile che lo spirito della serie si discosti perchè Oshii alla prima vera regia infonde da subito un taglio molto personale.
Susan Napier in "From Akira to Howl- exploring japanese animation" compie una lunga analisi di Beautiful Dreamer segnalandolo come uno dei lavori di punta dell'animazione. E in effetti ha lasciato il segno negli anni '80 che ha influenzato pesantemente l'animazione successiva.
Scenario postapocalittico, celebrazione nostalgica dell'adolescenza, dimensione del viaggio onirico sono i temi principali, che assieme ad un pò di umorismo rendono questo film difficile da dimenticare.
Susan Napier in "From Akira to Howl- exploring japanese animation" compie una lunga analisi di Beautiful Dreamer segnalandolo come uno dei lavori di punta dell'animazione. E in effetti ha lasciato il segno negli anni '80 che ha influenzato pesantemente l'animazione successiva.
Scenario postapocalittico, celebrazione nostalgica dell'adolescenza, dimensione del viaggio onirico sono i temi principali, che assieme ad un pò di umorismo rendono questo film difficile da dimenticare.
Per prima cosa levatevi la curiosità di verificare le somiglianze tra Beautiful dreamer e due noti film holliwoodiani: "Ricomincio da capo" e "Sfera", e poi chiedetevi quando mai avete visto un cartoon commerciale di una tale complessità e innovazione, anche se nella parte finale si notano i tentativi di "riportarlo in riga" con le consuete bambocciate a cui imputo il vero motivo del suo insuccesso.
Dispiace, perchè Lamù è stata un autentico fenomeno, e meritava un capolavoro nella sua filmografia.
Dispiace, perchè Lamù è stata un autentico fenomeno, e meritava un capolavoro nella sua filmografia.
Sono sempre stato appassionato di Lamù fin da piccolo, ed ogni volta che rivedo questo film (del 1984) mi sembra di immergermi in un mondo fantastico dove il tempo si è fermato. La storia si basa su un mix di vecchie leggende giapponesi con un atmosfera a volte scherzosa a volte inquietante (come il ritorno a casa di Mendo e Ataru[immagine 12]) il tutto sottolineato da un ottima colonna sonora. Insomma se cercate il classico spirito della serie questo film potrebbe deludervi, ma in compenso vivrete uno splendido sogno.
Storia fantasiosa e bizzarra però non certo al livello della serie indimenticabile di Lamù e dei precedenti Film.
I personaggi vengono evidentemente gonfiati e modificati soprattutto Ataru e Lamù.
Tutto è un miscuglio stranissimo dove si capisce poco se non niente. Inizia come un normale episodio della serie, ma poi cambia radicalmente e in peggio!!
Diventa tutto complesso a cominciare dal fatto che non riescono ad andarsene dalla scuola e che possono andare solo a casa di Ataru; e poi quando prendono l' elicottero che si vedono sopra quella grossa tartaruga nello spazio....
( E' bruttissima l'idea del folletto che esaudisce i sogni e del maialino che li distrugge...)
Insomma raggiunge la sufficenza solo perchè sono una gran fan di Lamù & co.
I personaggi vengono evidentemente gonfiati e modificati soprattutto Ataru e Lamù.
Tutto è un miscuglio stranissimo dove si capisce poco se non niente. Inizia come un normale episodio della serie, ma poi cambia radicalmente e in peggio!!
Diventa tutto complesso a cominciare dal fatto che non riescono ad andarsene dalla scuola e che possono andare solo a casa di Ataru; e poi quando prendono l' elicottero che si vedono sopra quella grossa tartaruga nello spazio....
( E' bruttissima l'idea del folletto che esaudisce i sogni e del maialino che li distrugge...)
Insomma raggiunge la sufficenza solo perchè sono una gran fan di Lamù & co.
La commedia grottesca, satirica, ambigua e talvolta amara che ruota attorno a Lamù ed Ataru si colora, in questo lungometraggio, di tinte decisamente surreali.
A partire dalla rappresentazione di una città stravolta, come colpita da un cataclisma, in cui i nostri personaggi si danno inspiegabilmente al buon tempo in mezzo alle rovine (il contrasto tra i lazzi, il fanservice e le immagini che riciamano il mondo di Kenshiro è stridente); per continuare con una situazione molto più familiare (la scuola e i caotici preparativi del festival di fine anno) ma ugualmente estremizzata ed assurda: tra le corse e gli schiamazzi senza senso, Mendo, in preda ad uno dei suoi eccessi, compare a bordo di un vero carro armato Leopard.
La scuola diventa presto la chiave di un paradosso di spazio e di tempo, la narrazione ritorna sempre su stessa in modo esasperante, e Oshi riesce magistralmente nell'intento di far provare allo spettatore la stessa sensazione che vivono i suoi personaggi: quella di essere in una gabbia, di vivere in un perenne deja-vu senza vie d'uscite.
Finchè, pian piano, tra una visione onirica e uan riflessione filosofica, Sakura e Mendo cominciano a dipanare la matassa per uscire dall'incredibile labirinto. Piano piano, il filo rosso delle visioni assurde comincia a riportarli verso l'Arianna nascosta...
A partire dalla rappresentazione di una città stravolta, come colpita da un cataclisma, in cui i nostri personaggi si danno inspiegabilmente al buon tempo in mezzo alle rovine (il contrasto tra i lazzi, il fanservice e le immagini che riciamano il mondo di Kenshiro è stridente); per continuare con una situazione molto più familiare (la scuola e i caotici preparativi del festival di fine anno) ma ugualmente estremizzata ed assurda: tra le corse e gli schiamazzi senza senso, Mendo, in preda ad uno dei suoi eccessi, compare a bordo di un vero carro armato Leopard.
La scuola diventa presto la chiave di un paradosso di spazio e di tempo, la narrazione ritorna sempre su stessa in modo esasperante, e Oshi riesce magistralmente nell'intento di far provare allo spettatore la stessa sensazione che vivono i suoi personaggi: quella di essere in una gabbia, di vivere in un perenne deja-vu senza vie d'uscite.
Finchè, pian piano, tra una visione onirica e uan riflessione filosofica, Sakura e Mendo cominciano a dipanare la matassa per uscire dall'incredibile labirinto. Piano piano, il filo rosso delle visioni assurde comincia a riportarli verso l'Arianna nascosta...
E' il primo film di Lamu' che vedo e sono rimasto molto soddisfatto. Di solito ci si aspetta da questo anime i soliti battibecchi e situazioni strampalate assolutamente grottesche e senza senso. Ma qui invece si è cercato di dare un tocco di "ai confini della realtà" molto ben orchestrata. Questo OAV è molto simile, nella struttura non negli avvenimenti, alla puntata quando Ataru vede morire tutti per colpa di un maleficio con poi happy end assicurato alla Ataru Moroboshi. L'otto che ho dato secondo me è più che meritato. La grafica però scade, ma ce da capire la sua datazione e stranamente Lamu' viene chiamata Lum.
Avete presente "Ricomincio da capo" con Bill Murray (1993)? Oshi parte da un'idea simile ma la sviluppa in modo completamente suo, dando a Lamù una profondità introspettiva mai più raggiunta, nonostante le gag si siano tutte. Di conseguenza: odiato da chi desidera una semplice commedia demenziale, amato da chi cerca qualcosa in più. L'equilibrio raggiunto però, è assai pregevole, niente eccessi di iperiflessione come nel secondo film di Ghost in the shell (dove, tra l'altro, c'è una sequenza di ripetizione della realtà molto simile).
Da qui parte la carriera cinematografica di Oshii. Il primo film da regista (mi sembra ma non sono sicuro) era il film precedente di Lamù, ma questo si può definire il primo vero film di Oshii, dato che gia si vede quello stile inconfondibile che sarà il marchio di fabbrica di Ghost in the Shell e Avalon. L'idea del film deriva da una puntata della serie Tv (in un certo senso può essere definito un remake) ma non troverete alla fine gli stessi personaggi. Infatti i protagonisti inizialmente sembrano gli stessi della serie televisiva, ma dopo la scomparsa degli altri abitanti della città, cambiamo in maniera alquanto pesante, e forse è per questo che non ebbe un gran successo di pubblico e odiato dalla Takahashi, ma tra tutti i 5-6 film prodotti su Lamù, è l'unico che verra ricordato.