Dopo aver raggiunto dieci anni di onorato servizio Final Fantasy XIV, il mmorpg di successo targato Square-Enix e creato da Naoki Yoshida, si lancia in una avventura con la quinta espansione “Dawntrail” a cui è affidato il non facile compito di dare un nuovo inizio alla storia dopo la chiusura del ciclo narrativo avviato con A Realm Reborn e terminato con gli eventi narrati in Endwalker.
 

Terminata la storia che ha visto nel ruolo di antagonisti gli Ascian e le loro macchinazioni per liberare Zordiark e ripristinare Etheirys, il warrior of light e i suoi compagni lasciano Eorzea per approdare nel vasto continente di Tural, unificato sotto l’egida della grande città di Tuliyollal, capitale della nazione multietnica di Tuliyollal creata ottant’anni prima degli eventi narrati nel gioco da possente Gulool Ja Ja.

Come appreso nel corso delle ultime patch di Endwalerk, Gulool Ja Ja ha infatti indetto una gara per trovare il suo successore al titolo di Servitore dell’Alba ed il warrior of light è stato ‘reclutato’ da una dei partecipanti, Wuk Lamat (figlia adottiva di Gulool Ja Ja) per accompagnarla alla ricerca della leggendaria città d’oro in un lungo viaggio all’interno dei diversi territori di Tuliyollal il cui scopo, come spiegato dallo stesso Gulool Ja Ja, è innanzitutto quello di far conoscere ai candidati alla successione i vari popoli che in essa vivono.

Rispetto al passato protagonista della storia non è però il warrior of light, bensì la stessa Wuk Lamat, di cui, in sostanza, si segue il percorso di crescita aiutandola nel corso delle varie sfide organizzate da Gulool Ja Ja per far rivivere ai vari concorrenti il viaggio che gli consentì di arrivare alla creazione di Tuliyollal.

Senza entrare nei dettagli, diciamo che la storia di Dawntrail rappresenta un taglio netto con le ultime espansioni, lasciando da parte le tematiche mature viste con Shadowbringer ed Endwalker in favore di una narrazione più leggera, per certi versi vacanziera, tanto che la Square Enix nelle sue pubblicità non manca di sottolineare proprio quest'ultimo aspetto.

Ovviamente un cambio così drastico, caratterizzato anche dall’assenza di Natsuko Ishikawa (ovvero colei che ha curato tutto il ciclo di A Realm Reborn sino ad Endwalker) è per sua natura spiazzante e, come prevedibile, le reazioni del communty sono state piuttosto estreme, creando una contrapposizione tra chi ha trovato la trama godibile e chi invece l’ha trovata talmente noiosa da fare paragoni con i tipici filler che caratterizzano gli shōnen (la main quest del liv. 95 pare una lunghissima e purtroppo noiosa quest secondaria). In particolare, molto controverso è il personaggio di Wu Lamat, risultata veramente indigesta a molti sia per la sua caratterizzazione sia per il doppiaggio inglese (che a me non è dispiaciuto però).
 

Nel complesso la storia non è certo brutta e anche l’idea del viaggio ‘didattico’ (la prima parte della nuova storia) appare tutto sommato un espediente interessante per introdurre una realtà in cui non esistono gli schemi del ‘vecchio mondo’ e, ad esempio, le beast tribe di Eorzea sono membri a tutti gli effetti della nazione di Tuliyollal; tuttavia va riconosciuto che la storia in sé non risulta molto coinvolgente o comunque in grado di far particolare presa sul giocatore che di conseguenza non è molto stimolato ad andare avanti, anche se la seconda parte (dal liv. 96 in poi) migliora e diventa più interessante.

A mio avviso, però, il problema è probabilmente più nella struttura della main quest e nella scelta di frazionare la storia in tante missioni, di cui molte superflue, che finiscono per rallentare ulteriormente il ritmo narrativo. A peggiorare la situazione, poi, il numero elevato di missioni secondarie che, oltre a non brillare per originalità, neanche assicurano ricompense commisurate al tempo impiegato per completarle.

Ad ogni modo se Tural non brilla a livello di trama, di contro molto belle sono le ambientazioni, con i miglioramenti tecnici che hanno drasticamente incrementato la resa grafica del gioco e consentito di creare scenari stupendi che restituiscono l’idea di un mondo vivo, ben caratterizzato e chiaramente ispirato in gran parte al Sud America.
 

Per quanto riguarda il gameplay anche Dawntrail non si sottrae alla regola per cui ogni espansione deve portare l’introduzione di nuove classi con una revisione ed espansione di quelle già presenti, e proprio le due new entry (Viper e Pictomancer) rappresentano un po’ una ventata di novità, dato che i concetti di fondo utilizzati da Yoshida ed il suo team di sviluppo, per certi versi simili allo schema già utilizzato per il revamp per Summoner avvenuto in occasione dell’uscita di Endwaler, hanno portato alla creazione di classi piuttosto flessibili e prive del problema del button bloat (numero eccessivo di abilità da dover collegare ai tasti).

Il Viper, in particolare, è un dps melee che si caratterizza per un gameplay piuttosto frenetico basato su continue combo ed uso delle abilità di gauge (i colpi più potenti). Il Pictomancer, invece, è dps caster che utilizza un pennello per disegnare immagini che prendono vita e, con le giuste combinazioni, lanciare magie talmente potenti da sottrarre persino l’aggro ai tank.

Entrambe le classi sono piuttosto facili da maneggiare, anche se il fatto di basarsi molto su abilità in sequenza non inseribili in hotbar fa sì che sia piuttosto arduo capirne il funzionamento sulla base dei soli tooltip (insomma bisogna giocarle per capirle).
 

Nel caso della restante parte delle classi si può dire invece che Dawntrail sia una sorta di espansione transitoria, perché, in attesa dei profondi cambiamenti che, come annunciato da Yoshida, saranno al centro dei prossimi interventi, il team di sviluppo non si è distaccato molto dalla filosofia sinora utilizzata, ovvero aggiungere senza stravolgere anche al fine di rendere le classi più accessibili (in sostanza lineari nel loro utilizzo).

Nel complesso le modifiche sono piuttosto limitate e non tutte proprio riuscite, dato che nella community non sono mancate le critiche per la scelta di rendere più lineare la rotazione del Black Mage (con conseguenze non volute per cui è stato promesso un aggiustamento) o per il limbo a cui è stato consegnato il monk, così come non sono mancate perplessità sulla scelta di compensare una gestione delle cure tendenzialmente poco impegnativa con un ampliamento della rotazione dps dei curatori, finendo così per svilire anche il ruolo del Sage che, almeno in teoria, dovrebbe fare del dps proprio la sua caratteristica portante.

Proprio parlando di curatori, piuttosto malriuscito è poi l’ennesimo revamp del sistema di carte dell’Astrologian che, se possibile, è il peggiore tra tutti quelli sinora proposti, non fosse altro perché ormai è diventato una sorta di orpello il cui mancato utilizzo sposta decisamente poco.

Capiamoci, le classi sono comunque quasi tutte piacevoli da giocare (alcune come il Dragoon risultano però troppo rigide), ma la differenza con le nuove classi si vede e l’approccio seguito sinora da Yoshida e dal suo team (standardizzazione e progressivo aumento delle skill) ormai non è più proponibile, dato che le classi hanno raggiunto un numero di abilità talmente elevato (molte poco utili o sovrapponibili tra di loro) da renderne insostenibile la gestione, per cui un cambio di impostazione, ad esempio frazionandole in diversi rami di specialità, appare quanto mai auspicabile anche al fine di attenuare l’eccessiva omogeneizzazione.

Non rivoluzionari, ma molto interessanti sono i dungeon e le trial introdotte con l’espansione, dato che si nota l’intenzione di rendere le meccaniche più coinvolgenti e, quindi, evitare un atteggiamento troppo passivo da parte dei giocatori. Lo schema poi resta sempre quello, ovvero una fase iniziale in cui si può prendere dimestichezza con le meccaniche ed una più avanzata in cui si combinano tra loro. Complessivamente l’impressione che ho avuto è stata migliore rispetto a quelle di Shadowbringer ed Endwalker, tanto da divertirmi non poco con i wipe al dungeon di livello 95 (avevo ormai quasi rimosso il concetto di wipe).
 

La parte più attesa era però probabilmente quella legata al corposo upgrade grafico e da questo punto di vista il lavoro della Square Enix è stato notevole. L’uso di texture in alta risoluzione e il nuovo sistema di luci hanno reso il gioco molto piacevole dal punto di vista grafico e, oltre ai già citati scenari mozzafiato delle nuove zone, finalmente è possibile ammirare il proprio personaggio con un aspetto più realistico e con armi ed armature i cui concept, spesso belli, prima venivano spesso mortificati dalla pixellatura.

Come annunciato il lavoro di upgrade grafico non è ancora finito e una certa differenza tra vecchie e nuove zone si vede, così come restano armature con le vecchie texture, però nel complesso il risultato è già ottimo e anche il lavoro di ottimazione è notevole, dato che, pur con un pc ormai datato, si riesce a giocare con le impostazioni al massimo senza particolari problemi.

Qualche appunto invece fa fatto sul lato sonoro, perché se la colonna sonora di Soken è come sempre di altissimo livello e, soprattutto, calata alla perfezione nelle varie ambientazioni, risulta invece inspiegabile la scelta di continuare ad utilizzare in modo assai limitato il doppiaggio.

In un contesto in cui persino nei giochi indie sta diventando prassi l’uso del doppiaggio, il caso di Dawntrail fa decisamente effetto (e non in senso positivo) non tanto per la scelta di non doppiare le quest secondarie (scelta che si può condividere), quanto per quella di ricorrere solo a testi scritti per buona parte della main quest.

Una decisione difficile da comprendere (possibile mai che si debba fare economia su quest’aspetto, peraltro, sul gioco che porta più entrate?) che diventa veramente pesante se si considera che parliamo di dialoghi abbastanza corposi che risultano veramente difficili da seguire o, per meglio dire, da seguire con interesse.

Di contro va invece apprezzato molto il lavoro fatto dalla Square Enix per gestire il lancio, poiché nonostante il record di utenti connessi il lancio di Dawntrail è stato un successo grazie al potenziamento del sistema di login e all’ampio uso delle istanze alternative, cosa che ha consentito di contenere le code a pochi minuti ed evitare così le attese infinite delle altre volte.


 
Complessivamente Dawntrail è una buona espansione che nella sua valutazione paga molto la scelta di voler alleggerire (forse troppo) la trama, andandosi a scontrare con la lunga attesa e le ovvie aspettative dei giocatori. L’importante upgrade grafico ha posto però le basi per l’ulteriore sviluppo di Final Fantasy XIV e se le varie classi risentono ormai il peso degli anni, i dungeon e le trial, ovvero il battle content, sono tra i migliori sinora progettati da Yoshida e soci, dando vita ad un’esperienza di gioco in quel di Tural decisamente piacevole.