Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi scendiamo tutti in campo con qualche titolo di natura sportiva: gli anime Initial D e L'uomo tigre ed il manga Nine.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Oggi scendiamo tutti in campo con qualche titolo di natura sportiva: gli anime Initial D e L'uomo tigre ed il manga Nine.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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Initial D
7.0/10
Recensione di Robocop XIII
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Partiamo con un presupposto: sebbene lo street racing non sia considerato un sport, tecnicamente - e qua saprò di ricevere segni di disappunto da molti - io considero questo anime uno spokon.
Iniziamo. Uno spokon è completo quando riesce a trasportare il lettore/spettatore nella sua dimensione, quando riesce ad appassionarlo a qualcosa che lui non ha mai sentito nominare, o meglio ancora, a qualcosa che lo spettatore conosceva già ma che fino a quel momento snobbava, facendogli rivalutare il suddetto sport accompagnandolo secondo la visione dell'autore. Mi spiego meglio: quanti di voi, anche i meno dotati atleticamente, hanno sentito un forte impulso di giocare a basket dopo avere visto "Slam Dunk", o di disputare un match di football americano dopo avere letto "Eyeshield 21" o ancora di volere sfidare il primo passante a Go dopo l'ennesimo numero di "Hikaru no Go"? A me è successo, per questo motivo le reputo delle opere fantastiche e uniche nel loro genere.
Ma "Initial D" non è riuscito in questo intento, purtroppo.
Per fare un esempio, quando leggi un giallo, non devi essere un appassionato di cronaca nera, uno non legge Conan Doyle e Agatha Christie perché freme dalla voglia di leggere una minuziosa descrizione del corpo pallido e sporco di sangue della malcapitata vittima, lo legge perché interessato dagli intrecci narrativi e dal mistero, ma "Initial D" non può trasportare tutto il suo peso basandosi sullo svolgimento della trama, deve coinvolgerti.
Uno dei punti di forza di "Initial D" viene mostrato per la prima volta nel terzo episodio, le atmosfere notturne che vengono ricreate difatti sono molto coinvolgenti e ben rappresentate.
La grafica è invecchiata molto male, per non parlare delle sessioni in computer grafica degne della PlayStation 1, a cui tuttavia ci si abitua dopo qualche episodio. La soundtrack, che ho scoperto riconducibile al genere eurobeat e che sinceramente a me sembra la versione raffinata delle "musiche da baraccone", svolge benissimo il suo ruolo, inoltre ogni puntata porta con sé una nuova traccia sempre di buon livello, a memoria non ricordo di avere mai sentito un pezzo "insufficiente". Tra le pecche invece rientra la caratterizzazione del protagonista, difatti, per quanto la scelta di rendere la sua mente impenetrabile allo spettatore possa essere condivisibile, il fatto che cambi completamente comportamento nei confronti dello street racing nel giro di una singola puntata è quantomeno improbabile, avrei preferito fossero state inserite ulteriori sfumature, invece di passare dal bianco al nero.
Concludendo questa veloce recensione, in generale l'opera è godibile e ha un suo personale stile, ma alla ventesima puntata circa l'interesse comincia a venire meno e tutto diventerà molto più difficoltoso. Continuerò con la visione della seconda stagione sperando sia migliore di questa.
Iniziamo. Uno spokon è completo quando riesce a trasportare il lettore/spettatore nella sua dimensione, quando riesce ad appassionarlo a qualcosa che lui non ha mai sentito nominare, o meglio ancora, a qualcosa che lo spettatore conosceva già ma che fino a quel momento snobbava, facendogli rivalutare il suddetto sport accompagnandolo secondo la visione dell'autore. Mi spiego meglio: quanti di voi, anche i meno dotati atleticamente, hanno sentito un forte impulso di giocare a basket dopo avere visto "Slam Dunk", o di disputare un match di football americano dopo avere letto "Eyeshield 21" o ancora di volere sfidare il primo passante a Go dopo l'ennesimo numero di "Hikaru no Go"? A me è successo, per questo motivo le reputo delle opere fantastiche e uniche nel loro genere.
Ma "Initial D" non è riuscito in questo intento, purtroppo.
Per fare un esempio, quando leggi un giallo, non devi essere un appassionato di cronaca nera, uno non legge Conan Doyle e Agatha Christie perché freme dalla voglia di leggere una minuziosa descrizione del corpo pallido e sporco di sangue della malcapitata vittima, lo legge perché interessato dagli intrecci narrativi e dal mistero, ma "Initial D" non può trasportare tutto il suo peso basandosi sullo svolgimento della trama, deve coinvolgerti.
Uno dei punti di forza di "Initial D" viene mostrato per la prima volta nel terzo episodio, le atmosfere notturne che vengono ricreate difatti sono molto coinvolgenti e ben rappresentate.
La grafica è invecchiata molto male, per non parlare delle sessioni in computer grafica degne della PlayStation 1, a cui tuttavia ci si abitua dopo qualche episodio. La soundtrack, che ho scoperto riconducibile al genere eurobeat e che sinceramente a me sembra la versione raffinata delle "musiche da baraccone", svolge benissimo il suo ruolo, inoltre ogni puntata porta con sé una nuova traccia sempre di buon livello, a memoria non ricordo di avere mai sentito un pezzo "insufficiente". Tra le pecche invece rientra la caratterizzazione del protagonista, difatti, per quanto la scelta di rendere la sua mente impenetrabile allo spettatore possa essere condivisibile, il fatto che cambi completamente comportamento nei confronti dello street racing nel giro di una singola puntata è quantomeno improbabile, avrei preferito fossero state inserite ulteriori sfumature, invece di passare dal bianco al nero.
Concludendo questa veloce recensione, in generale l'opera è godibile e ha un suo personale stile, ma alla ventesima puntata circa l'interesse comincia a venire meno e tutto diventerà molto più difficoltoso. Continuerò con la visione della seconda stagione sperando sia migliore di questa.
Nine
6.0/10
Recensione di riko akasaka
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Come si può intuire dal titolo, "Nine" è uno slice of life scolastico sul baseball, ambientazione molto cara ad Adachi. Katsuya, il protagonista, decide di entrare a far parte del club di baseball dopo aver visto piangere la manager, perché convinto di dover fare la sua parte per risollevare l'umore della ragazza. Come suo solito l'autore ci introduce nel suo mondo col classico protagonista "bravo ragazzo" che si innamora della "bella e piena di virtù" e con uno svolgimento di trama scontatissimo, ma sempre gradevole da leggere. In "Nine" il Koshien non ricopre grande importanza, non ci sono stelle nel club del Seishu e questo fatto permette ai ragazzi di essere consci dei propri limiti e di impegnarsi nello sport con serenità, senza nutrire sogni di gloria, ma divertendosi a giocare.
Di questo manga ho apprezzato molto lo stile narrativo, sempre molto spontaneo e naturale. Di contro devo dire che ho un'opinione molto bassa della coppia protagonista. Probabilmente il problema è che questo manga ha più di 30 anni ed evidentemente questo rapporto di coppia rispecchia il maschilismo dell'epoca. Ammetto però che non sono in grado di contestualizzare di fronte a simili atteggiamenti, per me è inconcepibile che un ragazzo ritenga di avere il diritto di dare uno "schiaffo educativo" ad una sua coetanea, manco ne fosse il padre. Ma la cosa che ha mi ha disturbata maggiormente è il fatto che la ragazza si senta lusingata da un gesto del genere perché il significato dello schiaffo è "lui tiene a me".
In conclusione consiglio questo manga solo ai fan di Adachi, è una storia semplice e con difetti non indifferenti, ma lo stile del maestro, anche se ancora acerbo, ve lo farà apprezzare.
Di questo manga ho apprezzato molto lo stile narrativo, sempre molto spontaneo e naturale. Di contro devo dire che ho un'opinione molto bassa della coppia protagonista. Probabilmente il problema è che questo manga ha più di 30 anni ed evidentemente questo rapporto di coppia rispecchia il maschilismo dell'epoca. Ammetto però che non sono in grado di contestualizzare di fronte a simili atteggiamenti, per me è inconcepibile che un ragazzo ritenga di avere il diritto di dare uno "schiaffo educativo" ad una sua coetanea, manco ne fosse il padre. Ma la cosa che ha mi ha disturbata maggiormente è il fatto che la ragazza si senta lusingata da un gesto del genere perché il significato dello schiaffo è "lui tiene a me".
In conclusione consiglio questo manga solo ai fan di Adachi, è una storia semplice e con difetti non indifferenti, ma lo stile del maestro, anche se ancora acerbo, ve lo farà apprezzare.
L'Uomo Tigre
9.0/10
Parliamo di uno dei grandi classici dell’animazione mondiale. Un anime che è rimasto, per tantissimi anni, nei palinsesti televisivi di tante nazioni, parliamo delle avventure di Naoto con la maschera che l'ha reso celebre, quella dell’Uomo Tigre. Correva l’anno 1969, i Beatles suonavano per l’ultima volta dal vivo, l’uomo sbarcava sulla Luna, mancavano 13 anni all’avvento della mia persona e in un paese lontano dall’Italia, un gruppo di disegnatori e sceneggiatori creava per la casa editrice Kodansha, "L’Uomo Tigre".
Tredici anni dopo, nel 1982, oltre al mio avvento, gli italiani potevano godere di un altro grande evento, l’arrivo sui nostri schermi di questa serie animata. La storia parla di un uomo, Naoto Date, figlio della guerra, che, allevato in orfanotrofio, fugge e si unisce all’organizzazione criminale nota come “tana delle tigri”. Dopo anni di trattamenti disumani (spesso ripresi nell’anime sotto forma di flashback, i primi di questo genere in una produzione nipponica), Naoto è pronto a mettere in pratica le sue tecniche omicide al soldo di Mr. X, lo spietato capo dell’organizzazione che fa soldi in un modo alquanto bislacco: forgia giovani lottatori e poi pretende il 50% dei loro proventi (insomma, un manager). Naoto non ci sta: abituato a commettere nefande scorrettezze sul ring, si redime quando torna al suo vecchio orfanotrofio e si erge a bandiera dei piccoli abbandonati. Decide quindi di dare a loro, e non al suo protettore, i soldi che incassa, suscitando quindi l’ira del poco raccomandabile Mr.X, che la prende sul personale e gli spara contro un’ondata di sicari pronti a tutto. Ovviamente Naoto li combatterà tutti, alcuni anche in modo non proprio ortodosso, come nel memorabile scontro contro l’uomo ragno nipponico su una specie di tela di corde e acciaio posta in alto sopra il ring!
La storia è tutto sommato qualcosa di lineare. Uno scontro dopo l’altro, Naoto mostrerà spesso il volto che si cela dietro la maschera, un volto umano, provato dagli occhi di chi ha visto troppa violenza. Il Naoto buono, cordiale e riflessivo si contrappone al suo alter ego sul ring, spietato e violento. Un dualismo noto a pochi, chiaro solo ai compagni più intimi come Daigo.
Una figura interessante è invece quella di Ruriko, direttrice dell’orfanotrofio di cui Naoto è benefattore e per il quale nutre sentimenti romantici. Ruriko sospetterà a lungo sulla vera identità dell’eroe mascherato e mostrerà un’apprensione da “mogliettina” guardando i combattimenti in TV.
Il disegno è molto bello per l’anno d’uscita. Curatissimo in certi dettagli, sottolinea una violenza davvero raccapricciante in certi punti. Sangue a fiumi e mosse terribili sono dipinti con maestria. I tratti dei personaggi non risentono ancora dell’uniformità al “kawaii effect” e sono spesso molto realistici.
Insomma, un grande titolo, una grande produzione, un grande successo, foriero di osanna negli anni'80 italiani, imitatissimo. Infiniti sono infatti i fanzine e le parodie a esso dedicati.
Nove, non dieci, per quell’unica macchia dei combattimenti spesso troppo scontati, buttati lì, per aggiunger sangue alla piazza.
Tredici anni dopo, nel 1982, oltre al mio avvento, gli italiani potevano godere di un altro grande evento, l’arrivo sui nostri schermi di questa serie animata. La storia parla di un uomo, Naoto Date, figlio della guerra, che, allevato in orfanotrofio, fugge e si unisce all’organizzazione criminale nota come “tana delle tigri”. Dopo anni di trattamenti disumani (spesso ripresi nell’anime sotto forma di flashback, i primi di questo genere in una produzione nipponica), Naoto è pronto a mettere in pratica le sue tecniche omicide al soldo di Mr. X, lo spietato capo dell’organizzazione che fa soldi in un modo alquanto bislacco: forgia giovani lottatori e poi pretende il 50% dei loro proventi (insomma, un manager). Naoto non ci sta: abituato a commettere nefande scorrettezze sul ring, si redime quando torna al suo vecchio orfanotrofio e si erge a bandiera dei piccoli abbandonati. Decide quindi di dare a loro, e non al suo protettore, i soldi che incassa, suscitando quindi l’ira del poco raccomandabile Mr.X, che la prende sul personale e gli spara contro un’ondata di sicari pronti a tutto. Ovviamente Naoto li combatterà tutti, alcuni anche in modo non proprio ortodosso, come nel memorabile scontro contro l’uomo ragno nipponico su una specie di tela di corde e acciaio posta in alto sopra il ring!
La storia è tutto sommato qualcosa di lineare. Uno scontro dopo l’altro, Naoto mostrerà spesso il volto che si cela dietro la maschera, un volto umano, provato dagli occhi di chi ha visto troppa violenza. Il Naoto buono, cordiale e riflessivo si contrappone al suo alter ego sul ring, spietato e violento. Un dualismo noto a pochi, chiaro solo ai compagni più intimi come Daigo.
Una figura interessante è invece quella di Ruriko, direttrice dell’orfanotrofio di cui Naoto è benefattore e per il quale nutre sentimenti romantici. Ruriko sospetterà a lungo sulla vera identità dell’eroe mascherato e mostrerà un’apprensione da “mogliettina” guardando i combattimenti in TV.
Il disegno è molto bello per l’anno d’uscita. Curatissimo in certi dettagli, sottolinea una violenza davvero raccapricciante in certi punti. Sangue a fiumi e mosse terribili sono dipinti con maestria. I tratti dei personaggi non risentono ancora dell’uniformità al “kawaii effect” e sono spesso molto realistici.
Insomma, un grande titolo, una grande produzione, un grande successo, foriero di osanna negli anni'80 italiani, imitatissimo. Infiniti sono infatti i fanzine e le parodie a esso dedicati.
Nove, non dieci, per quell’unica macchia dei combattimenti spesso troppo scontati, buttati lì, per aggiunger sangue alla piazza.
Il finale è qualcosa di epocale, sorretto dalla colonna sonora di Shunsuke Kikuchi!
La recensione di Robocop non mi piace, nel senso che non condivido praticamente nulla di quel che scrive. Initial D è un'opera per appassionati di motori e nel suo genere è il non plus ultra in circolazione. Non esistono opere a sfondo motoristico che possano dare emozioni quanto Initial D. Ma questo vale per gli appassionati di motori, per tutti gli altri c'è CAPETA che parla di motori in modo diverso, in modo più "addomesticato" e "romanzato" quindi masticabile da chiunque. L'autore della rece non ha capito che Initial D (così come Wangan Midnight) non è un'opera per tutti ma solo per fanatici di motori. Non era assolutamente intenzione presentarla come opera adatta alle masse. Ma chi ama le 4 ruote la troverà letteralmente sublime, tanto da far ribollire il sangue nelle vene e questo grazie anche alla fantastica soundtrack, una tra le più ricche e curate di tutto il panorama animato.
Al contrario, pollice verde per Aduskiev che ha centrato il punto con la sua recensione sull'Uomo tigre, grandissimo classico d'indiscutibile qualità.
Difficile da "digerire" è proprio la prima stagione, con un character design davvero discutibile!
Ne consiglio comunque la visione, a me ha appassionato molto!
Bella la recensione dell'uomo tigre !
Per apprezzare un titolo come Initial D bisogna essere fondamentalmente (Kotaro escluso ovviamente ) un appassionato di auto o quantomeno apprezzare le corse sportive in generale. Caso contrario è difficile riuscire ad entrare appieno nel contesto.
Il chara è quel che è (così come la C.G.) e capisco che possa far storcere il naso ma una volta fatta l'abitudine, non è un problema.
Sulle (sublimi) soundtrack inutile soffermarsi più di tanto, su questo dovremmo essere tutti d'accordo
Sull'Uomo Tigre che dire... classico senza età!
Per quanto riguarda L'Uomo Tigre devo dire che è un anime storico e io sono cresciuto guardando gli scontri di Naoto Date sul ring. E' un'opera storica che merita tutto il successo che ha avuto: appassionante, drammatico con uno dei finali più crudi e sofferti che abbia mai visto!
Nella seconda serie scade un po' nel commerciale però l'Uomo Tgre resta l'Uomo Tgre: un'opera da vedere per tutti gli appassionati di anime
Complimenti a tutti e tre i recensori
Dell'Uomo Tigre ho visto la prima dozzina di puntate e sto leggendo il manga nella recente ristampa. Mi piace molto, è una storia molto forte con un protagonista meraviglioso, e trovo che lo stile di disegno dell'anime sia, nonostante gli anni che si porta sulle spalle, molto caratteristico e bello.
Per quanto riguarda Initial D, ho visto soltanto la prima stagione (quella qui presa in esame), ma in futuro sicuramente continuerò con le altre.
Sono d'accordo col recensore quando dice di considerare Initial D un titolo di genere sportivo, nonostante in Initial D si guidi e non si faccia attività fisica. Ci sono le competizioni, e la struttura della serie è quella di uno spokon, appunto, con un protagonista che viene coinvolto nella disciplina in questione e pian piano ne diventa un maestro, scontrandosi con avversari sempre più forti e screditando quelli scorretti o che se la tirano (oh, il finale della gara dell'episodio 15, mon amour ).
Io non sono affatto un appassionato di macchine, ma ho adorato Initial D, nonostante non mi interessasse il tema né mi piacessero i disegni, e il motivo è tanto semplice quanto strano: ho adorato la colonna sonora, sentita prima in separata sede, che mi ha spinto a guardare la serie apposta per sentirla nelle scene.
E' vero, Takumi (il protagonista) non è il massimo della simpatia: è apatico, vitale come un pesce rosso sonnambulo, è disegnato male, ha la funcia e i capelli in stile Backstreet Boys. Nemmeno molti dei suoi avversari sono simpaticissimi, in quanto sbruffoncelli disegnati male che se la tirano. Eppure Initial D ti piglia un sacco, merito delle musiche e dell'atmosfera generale che emana, che è proprio da notte d'estate degli anni '90. Per chi c'era ai tempi, la nostalgia è tantissima, e può fare la differenza nell'apprezzare o meno Initial D.
In maniera estremamente appassionante, ti piglia un sacco e non vedi l'ora di vedere lo sbruffoncello sborone di turno venire sconfitto o questi fighetti che tutto sanno delle auto da corsa ma poi in questioni più "normali" come l'amore o l'amicizia sono impacciatissimi.
P.S.: Virtuale spolliciata di rosso a Robocop che sminuisce l'eurobeat con "musiche da baraccone"
"Il disegno è molto bello per l'anno d'uscita."
Io sono dell'avviso che un disegno non "invecchia": o rimane valido oppure era gia brutto di partenza.
"notte d'estate degli anni '90"
Notte d'estate italiana,forse.Di certo non nel resto dell'Europa (e per loro fortuna,aggiungerei).
Però ho visto il mitico finale molto tardi, anni dopo il periodo che lo guardavo in TV... che mi ero persa! Quella scena con grande tigre è spettacolare (anche grazie alla bellissima musica; a proposito, quando si parla dell'Uomo Tigre non si può non pensare alla bellissima sigla de i cavalieri del re), ma l'hanno sempre trasmessa in TV oppure l'avevano censurata per la grande violenza?
Comunque a me la 2^ serie non è dispiaciuta... sì, pare copiare molto fumetti americani come Superman e Uomo Ragno, però sono stata molto felice per la sorte del protagonista, avrei voluto qualcosa del genere anche per Naoto... Sì, forse avrebbe perso parte del mordente che ha in quanto eroe tragico, ma non ne aveva già passate abbastanza?
P.S. Se mi dite come mettere i video inserirò qui una cosa molto carina che ho trovato a proposito del mitico lottatore mascherato!
Se il genere musicale della dance anni '90 si chiama in gergo EUROdance (dal quale poi derivò quello della colonna sonora di Initial D che si chiama EURObeat) suppongo che un motivo ci sia
Anche se il grosso del lavoro l'abbiam fatto noi italiani, infatti dietro i nomi della colonna sonora di Initial D si nascondono molti nostri connazionali in incognito
Poi ci sarebbe tutto un discorso da fare sul perche' io ritengo che al contrario di tante,tantissime realta' ascrivibili alla musica elettronica degli anni '90 gran parte dell'eurodance non vada oltre il sottofondo ma credo che non sia la sede adatta per farlo,piu' che altro per non andare OT.
Tiger Mask deriva dal manga/anime appunto di Tiger Mask che è anche il titolo originale questa cosa è risaputa come quella in cui hanno indossato 4 lottatori la mitica maschera e ci sono stati altri wrestler famosi ad affrontare Tiger Mask, nel manga edito da saldapress c'erano tanti approfondimenti al riguardo!
@Sonoko ma l'hanno sempre trasmessa in TV oppure l'avevano censurata per la grande violenza?
Si l'hanno sempre trasmessa sei tu che te la perdevi ogni volta ehehhe
Beh, l'importante è che io abbia recuperato; e poi c'è da considerare che da piccola io ero una gran fifona e certe scene non le amavo particolarmente!!! Insomma, sono "peggiorata" crescendo!!!
Comunque sto ascoltando la colonna sonora dell'ultimo episodio, è stupenda!!!
Ripeto la domanda: come si mettono i video?
Detto questo, la sua visione presuppone una certa accondiscendenza verso un tipo di animazione quanto mai lontana da quella odierna. Bisogna, soprattutto, sopportare la scarsa, o quasi nulla, evoluzione psicologica di molti dei personaggi principali: tolti Naoto e Kenta, i quali vivono sulla propria pelle dissidi e lotte interiori, tutti gli altri sono imprigionati nel ruolo a loro assegnato da inizio a fine serie. E 105 puntate senza sostanziali cambiamenti nei rapporti sono davvero tante, se si pensa che sono praticamente tutte autoconclusive, seguono bene o male lo stesso schema e, come dice il recensore, non sempre i match sono entusiasmanti - anche se, almeno su questo punto, c'è da dire che i combattimenti più scialbi sono ottimamente bilanciati da alcuni scontri memorabili. Infine, non va dimenticato che, cosa non certo inconsueta per i tempi, l'anime è intriso di un moralismo a volte stucchevole, che a lungo andare fa venire l'orticaria. Se si è pronti a ignorare questi "difetti", che poi difetti non sono, dato che incarnano l'essenza dell'opera, la visione de "L'uomo Tigre" può risultare gradevole anche a un neofita del mondo dell'animazione giapponese.
Sul sequel del 1981 ho poco da dire: un'oscenità che ha svenduto l'anima della serie originale, per di più con un protagonista che non vale la suola della scarpa del mitico Naoto.
Tutto ciò ha reso, e rende ancora, questo prodotto epico ed il finale non fa altro che intensificare il senso di dramma dell'opera.
A distanza di quasi 30 anni quel finale mi mette ancora i brividi dall'emozione.
Buona visione.
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