Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi ci dedichiamo a film d'autore, con Perfect Blue, Pompoko e Kiki Delivery Service.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Oggi ci dedichiamo a film d'autore, con Perfect Blue, Pompoko e Kiki Delivery Service.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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Perfect Blue
10.0/10
Perfect thrill
Opera prima di Satoshi Kon nelle vesti di regista e character designer, "Perfect blue" è un lungometraggio del 1998 prodotto dalla Madhouse. In principio b-movie destinato al solo mercato home-video, il film riscuote un tale consenso di critica e di pubblico che ben presto trova una distribuzione anche nelle sale, vincendo diversi premi in giro per il mondo.
La storia ruota intorno a Mima, band leader di un trio 'idol' di discreto successo, le Cham. Quando si presenta l'occasione di dare una svolta alla sua carriera, evolvendo da cantante ad attrice, Mima si lancia con impegno e ambizione nella nuova avventura. Ma il passaggio non è del tutto indolore e il cambio di 'immagine' comporta sacrifici e traumatici compromessi. A complicarle ulteriormente la vita il morboso accanimento di uno stalker, fan nostalgico della idol, che la perseguita con la sua presenza ossessiva. Gli eventi precipiteranno quando quest'ultimo comincerà a lasciarsi dietro di sé una scia di sangue, e per Mima, ormai in preda al terrore, si spalancheranno le porte di una tormentata e allucinante discesa agli inferi …
"Perfect blue" è uno psicho-thriller (il primo anime del genere) a tinte fosche maledettamente ben congegnato. Geniale e astuto, il regista prende le mosse dalle classiche basi narrative del giallo e del noir per svilupparle con la grammatica e le tecniche dell'anime che gli consentono una libertà d'azione e rappresentazione apparentemente illimitata. Con un accattivante stile visionario mette in scena una successione di shock e cortocircuiti narrativi con effetti destabilizzanti, mescolando diversi livelli di percezione (la realtà, la finzione, l'incubo e l'allucinazione) che si confondono a vicenda in un flusso continuo d'immagini sempre più frenetico e visualizzando in modo efficace e suggestivo i disturbi della personalità e la confusione mentale della protagonista.
Affascinato dai processi di produzione del cinema e dello spettacolo, il regista si sofferma a osservare con occhio critico il 'dietro le quinte' e lascia trasparire, fra le righe, un'amara riflessione sui cinici meccanismi dello show business e sulle derive dei media, ponendo l'accento sul lato morboso del web e sul problema dello sdoppiamento d'identità internet-realtà, anticipando una tematica che sarà al centro dell'attenzione di tanti altri cineasti dopo di lui.
La solida e compatta sceneggiatura di Sadayuki Murai, che si confronta con Hitchcock e De Palma, riesce a tenere saldamente i fili della suspense tessendo una trama a incastri perfetti, e il montaggio, calibrato come un orologio sui tempi di una psicosi latente e perturbante, scandisce il ritmo in un crescendo di tensione.
Bellissime le musiche minimali e introspettive di Masahiro Ikumi che contribuiscono a creare l'atmosfera di asfissiante e claustrofobica inquietudine, mentre il j-pop di plastica, facile e orecchiabile, delle Cham ricorre come un 'fil rouge' per tutto il film e suona come un apologo del mondo delle 'idol' e della loro apparente purezza.
Satoshi Kon, che già aveva collaborato con maestri del calibro di Katsuhiro Otomo e Mamoru Oshii, con "Perfect Blue" acquista una nuova dimensione artistica, autonoma e indipendente, si propone come personaggio di primo piano della scena anime e comincia a esprimere la sua poetica e il suo personalissimo linguaggio che svilupperà nelle sue opere successive e lo distinguerà per originalità e raffinata ricerca stilistica.
Opera prima di Satoshi Kon nelle vesti di regista e character designer, "Perfect blue" è un lungometraggio del 1998 prodotto dalla Madhouse. In principio b-movie destinato al solo mercato home-video, il film riscuote un tale consenso di critica e di pubblico che ben presto trova una distribuzione anche nelle sale, vincendo diversi premi in giro per il mondo.
La storia ruota intorno a Mima, band leader di un trio 'idol' di discreto successo, le Cham. Quando si presenta l'occasione di dare una svolta alla sua carriera, evolvendo da cantante ad attrice, Mima si lancia con impegno e ambizione nella nuova avventura. Ma il passaggio non è del tutto indolore e il cambio di 'immagine' comporta sacrifici e traumatici compromessi. A complicarle ulteriormente la vita il morboso accanimento di uno stalker, fan nostalgico della idol, che la perseguita con la sua presenza ossessiva. Gli eventi precipiteranno quando quest'ultimo comincerà a lasciarsi dietro di sé una scia di sangue, e per Mima, ormai in preda al terrore, si spalancheranno le porte di una tormentata e allucinante discesa agli inferi …
"Perfect blue" è uno psicho-thriller (il primo anime del genere) a tinte fosche maledettamente ben congegnato. Geniale e astuto, il regista prende le mosse dalle classiche basi narrative del giallo e del noir per svilupparle con la grammatica e le tecniche dell'anime che gli consentono una libertà d'azione e rappresentazione apparentemente illimitata. Con un accattivante stile visionario mette in scena una successione di shock e cortocircuiti narrativi con effetti destabilizzanti, mescolando diversi livelli di percezione (la realtà, la finzione, l'incubo e l'allucinazione) che si confondono a vicenda in un flusso continuo d'immagini sempre più frenetico e visualizzando in modo efficace e suggestivo i disturbi della personalità e la confusione mentale della protagonista.
Affascinato dai processi di produzione del cinema e dello spettacolo, il regista si sofferma a osservare con occhio critico il 'dietro le quinte' e lascia trasparire, fra le righe, un'amara riflessione sui cinici meccanismi dello show business e sulle derive dei media, ponendo l'accento sul lato morboso del web e sul problema dello sdoppiamento d'identità internet-realtà, anticipando una tematica che sarà al centro dell'attenzione di tanti altri cineasti dopo di lui.
La solida e compatta sceneggiatura di Sadayuki Murai, che si confronta con Hitchcock e De Palma, riesce a tenere saldamente i fili della suspense tessendo una trama a incastri perfetti, e il montaggio, calibrato come un orologio sui tempi di una psicosi latente e perturbante, scandisce il ritmo in un crescendo di tensione.
Bellissime le musiche minimali e introspettive di Masahiro Ikumi che contribuiscono a creare l'atmosfera di asfissiante e claustrofobica inquietudine, mentre il j-pop di plastica, facile e orecchiabile, delle Cham ricorre come un 'fil rouge' per tutto il film e suona come un apologo del mondo delle 'idol' e della loro apparente purezza.
Satoshi Kon, che già aveva collaborato con maestri del calibro di Katsuhiro Otomo e Mamoru Oshii, con "Perfect Blue" acquista una nuova dimensione artistica, autonoma e indipendente, si propone come personaggio di primo piano della scena anime e comincia a esprimere la sua poetica e il suo personalissimo linguaggio che svilupperà nelle sue opere successive e lo distinguerà per originalità e raffinata ricerca stilistica.
Pompoko
6.0/10
Autoriale e lodevole nei suoi messaggi, ma realizzato in modo opinabile, tanto da scontentare ogni genere di pubblico, "Pom Poko" arriva inspiegabilmente in Italia a 17 anni dall'originale proiezione nelle sale. Molti sono i dubbi sul perché Lucky Red abbia recuperato dai meandri dell'animazione dimenticata proprio un film simile; off target ieri come oggi, si spera abbia il successo necessario a spianare l'arrivo in Italia anche di Only Yesterday.
Per il suo penultimo film Isao Takahata scrive e dirige, dietro un un soggetto di Miyazaki a sua volta ispirato a un racconto contenuto nell'antologia "Le stelle gemelle" di Kenji Miyazawa (pubblicato in Italia dalla rivista Il Giappone), la bizzarra storia di una comunità di tanuki (l'equivalente nipponico, o quasi, dei procioni) "umanizzati" e in lotta con gli umani per arrestare il progetto di urbanizzazione che sta distruggendo il loro habitat. Film ecologista come ci si aspetta da Studio Ghibli, e calato a fine anni '60, con i dialoghi, i modi di parlare e gli slogan sessantottini, "Pom Poko" assume anche connotati esplicitamente politici.
I tanuki protagonisti parlano di lotta armata e piani quinquennali, e arrivano anche a uccidere esseri umani durante la loro ribellione. "Pom Poko" è un film particolarmente originale e meritevole nel suo messaggio di condanna contro la rivoluzione industriale e il capitalismo, ma non riesco a capire a chi è rivolto. Per i punti sopracitati, ma sopratutto rimarcando il fatto che la lotta dei tanuki, pur condotta con fare gioioso e scanzonato e con immagini tipicamente infantili, contempli anche l'uccisione dei nemici e la perdita dei propri "uomini", difficilmente può essere apprezzato da un pubblico under-10, sopratutto per l'assenza di un protagonista di riferimento. La storia non è narrata dal punto di vista di un eroe al centro della guerra, ma è la vera e propria cronaca del conflitto vissuto in modo corale dall'intera comunità di tanuki.
Il marchio Ghibli si ravvisa nelle atmosfere divertite, nelle numerose canzoni, nelle deliziose animazioni e location realizzate con gioiosa cura figurativa, ma tali elementi non bastano a far apprezzare "Pom Poko" dai bambini. Questi non capiranno bene o male nulla della trama impegnata e metaforica, non saranno coinvolti dal cumulo quasi infinito di dialoghi, non troveranno modo di provare empatia con alcun eroe. Per gli adulti, stessa questione o quasi, visto che il timbro umoristico e infantile della narrazione e l'idea di assistere per due ore a bestiole che discutono nel loro "soviet" dei piani per vincere, senza che alcun tanuki sia sufficientemente caratterizzato da farsi ricordare, portano a vivere "Pom Poko" come un film tedioso e in alcuni frangenti interminabile.
Per il pubblico italiano, poi, il gradimento sarà ancora più difficoltoso. I bambini si addormenteranno senza speranza, ma adulti e ragazzi, anche quelli dotati di infarinatura politica per apprezzare le metafore del film, potrebbero sentirsi sconcertati dall'apparato folkloristico dell'opera. "Pom Poko" è un film profondamente giapponese e legato indissolubilmente a quella cultura: la trovata dei tanuki e delle volpi che prendono sembianze umane rispecchia le leggende del luogo, così come la credenza che essi siano in contatto con il mondo degli spiriti, che i loro testicoli siano giganteschi e portino fortuna, e diversi altri tratti, citazioni e idee, tutto a rispecchiare il background culturale del Giappone.
Rimarrebbe incivile stroncare un film che, mediamente noioso e pur incapace di piacere a una grossa parte di pubblico - diciamo quasi la totalità di quello occidentale - è comunque costruito e diretto con "autorialità" difficilmente replicabili. Se duole stendere un velo pietoso sull'empatia nulla che si instaura con queste creature simpatiche ma neanche troppo, e sul relativo interesse per la loro battaglia, si finisce sedotti dalla poesia con con cui Takahata ritrae, umanizzandoli nei tanuki, i sentimenti, i modi di pensare e gli stessi riti sociali del tipico salaryman sessantottino. "Pom Poko" è un film sicuramente prolisso, ma reca in sé quel tratto poetico e intellettuale che ben pochi registi, oltre a Takahata, sono riusciti a esprimere.
Per il suo penultimo film Isao Takahata scrive e dirige, dietro un un soggetto di Miyazaki a sua volta ispirato a un racconto contenuto nell'antologia "Le stelle gemelle" di Kenji Miyazawa (pubblicato in Italia dalla rivista Il Giappone), la bizzarra storia di una comunità di tanuki (l'equivalente nipponico, o quasi, dei procioni) "umanizzati" e in lotta con gli umani per arrestare il progetto di urbanizzazione che sta distruggendo il loro habitat. Film ecologista come ci si aspetta da Studio Ghibli, e calato a fine anni '60, con i dialoghi, i modi di parlare e gli slogan sessantottini, "Pom Poko" assume anche connotati esplicitamente politici.
I tanuki protagonisti parlano di lotta armata e piani quinquennali, e arrivano anche a uccidere esseri umani durante la loro ribellione. "Pom Poko" è un film particolarmente originale e meritevole nel suo messaggio di condanna contro la rivoluzione industriale e il capitalismo, ma non riesco a capire a chi è rivolto. Per i punti sopracitati, ma sopratutto rimarcando il fatto che la lotta dei tanuki, pur condotta con fare gioioso e scanzonato e con immagini tipicamente infantili, contempli anche l'uccisione dei nemici e la perdita dei propri "uomini", difficilmente può essere apprezzato da un pubblico under-10, sopratutto per l'assenza di un protagonista di riferimento. La storia non è narrata dal punto di vista di un eroe al centro della guerra, ma è la vera e propria cronaca del conflitto vissuto in modo corale dall'intera comunità di tanuki.
Il marchio Ghibli si ravvisa nelle atmosfere divertite, nelle numerose canzoni, nelle deliziose animazioni e location realizzate con gioiosa cura figurativa, ma tali elementi non bastano a far apprezzare "Pom Poko" dai bambini. Questi non capiranno bene o male nulla della trama impegnata e metaforica, non saranno coinvolti dal cumulo quasi infinito di dialoghi, non troveranno modo di provare empatia con alcun eroe. Per gli adulti, stessa questione o quasi, visto che il timbro umoristico e infantile della narrazione e l'idea di assistere per due ore a bestiole che discutono nel loro "soviet" dei piani per vincere, senza che alcun tanuki sia sufficientemente caratterizzato da farsi ricordare, portano a vivere "Pom Poko" come un film tedioso e in alcuni frangenti interminabile.
Per il pubblico italiano, poi, il gradimento sarà ancora più difficoltoso. I bambini si addormenteranno senza speranza, ma adulti e ragazzi, anche quelli dotati di infarinatura politica per apprezzare le metafore del film, potrebbero sentirsi sconcertati dall'apparato folkloristico dell'opera. "Pom Poko" è un film profondamente giapponese e legato indissolubilmente a quella cultura: la trovata dei tanuki e delle volpi che prendono sembianze umane rispecchia le leggende del luogo, così come la credenza che essi siano in contatto con il mondo degli spiriti, che i loro testicoli siano giganteschi e portino fortuna, e diversi altri tratti, citazioni e idee, tutto a rispecchiare il background culturale del Giappone.
Rimarrebbe incivile stroncare un film che, mediamente noioso e pur incapace di piacere a una grossa parte di pubblico - diciamo quasi la totalità di quello occidentale - è comunque costruito e diretto con "autorialità" difficilmente replicabili. Se duole stendere un velo pietoso sull'empatia nulla che si instaura con queste creature simpatiche ma neanche troppo, e sul relativo interesse per la loro battaglia, si finisce sedotti dalla poesia con con cui Takahata ritrae, umanizzandoli nei tanuki, i sentimenti, i modi di pensare e gli stessi riti sociali del tipico salaryman sessantottino. "Pom Poko" è un film sicuramente prolisso, ma reca in sé quel tratto poetico e intellettuale che ben pochi registi, oltre a Takahata, sono riusciti a esprimere.
Kiki consegne a domicilio
8.0/10
Parlare di questo lungometraggio per la sottoscritta è molto difficile perché è stato il mio secondo colpo di fulmine nei confronti di un film Ghibli dopo "Ponyo sulla scogliera" e, sempre per la seconda volta, a colpirmi è stata una delle opere di Hayao Miyazaki che i critici nostrani insistono a definire minori. A tali illuminati conoscitori dei disegni animati vorrei ricordare che "Majo no takkyubin" (questo il titolo originale) è stato per l'appunto il primo grande successo di Studio Ghibli, i cui incassi al botteghino spinsero l'azienda ad assumere animatori fissi anziché a cottimo; che dopo ventiquattro anni non ha perso un'oncia della sua bellezza o della sua efficacia, come possono testimoniare frotte di bambini partecipi e entusiasti nelle sale; che senza l'avvento di Kiki i cartoni animati giapponesi sarebbero oggi privi di streghette a cavalcioni di una scopa, di giovani nerd e di adorabili mici neri, in sostanza più tristi e vuoti.
È un titolo che spicca nella filmografia di Hayao Miyazaki, Kiki consegne a domicilio, se si prova a contestualizzarlo: tra l'anacronistico languore di "Il mio vicino Totoro" e il "divertisissement" citazionistico di "Porco Rosso", il regista se ne esce con una storia di formazione pura e cruda, ispirata al romanzo di Eiko Kadono e ambientata negli anni '50. Prende una tredicenne di campagna e la catapulta, con la sola compagnia di un gatto, in una metropoli di matrice europea caotica e pulsante. Poco importa che si tratti di una strega in apprendistato, perché nel mondo che fa da sfondo alla vicenda la magia è una capacità come un'altra per tirare a campare. Ecco un'altra anomalia: il volo, elemento cardine di Miyazaki, pur occupando gran parte della durata del film con eccelse acrobazie, ha valore semantico eccezionale nella produzione dell'autore. Non rappresenta altro che l'unico "valore aggiunto" dell' "animale sociale di nome Kiki", il suo unico talento. Se non sapesse volare la ragazzina non potrebbe fare la conoscenza della signora Osono, trovare una casa, un lavoro e quindi ambientarsi in una città in principio inospitale. Senza la magia non sarebbe in grado di parlare con Jiji, suo unico confidente. E se, con la crescita, dovesse perdere il suo dono innato, che ne sarebbe di lei?
Kiki consegne a domicilio è un film con poche ambizioni ma realizzato in stato di grazia: diverte, insegna, non si addormenta (croce di molte opere di Studio Ghibli), ha in sé il meglio dell'animazione per l'adolescenza e presenta, soprattutto, una carrellata di personaggi veri e memorabili. Non si riscontrano bianchi e neri assoluti: la stessa protagonista è preda di invidie, capricci e sbalzi di umore tipici dell'età, che la rendono meno angelicata e più simpatica rispetto all'eroina ghibliana tipica. C'è un po' di Nadia in Kiki e un po' di Jean in Tombo, nelle giuste proporzioni. Ci sono molte altre peculiarità fra gli umani che meritano di essere scoperte con la visione; forse le vere star sono gli animali, ritratti con la loro mimica corporea naturale, mai superflui. Jiji avrebbe meritato una serie tutta sua, e Jeff una parte in un lungometraggio di Oshii.
Giunta alla fine della recensione mi trovo ad emettere un verdetto e a rispondere all'inevitabile domanda: perché "solo" otto? Perché Kiki consegne a domicilio è, come accennato sopra, un film semplice, carino, diretto, che ha poco o nulla della poetica di Hayao Miyazaki e magari è il motivo per cui mi è piaciuto tanto. Non è uno spettacolo imprescindibile, di quelli che si consigliano a tutti, ma uno di quelli che ti fanno alzare dalla poltrona del cinema o del salotto con un sorriso e tanta voglia di fare: questo, nel nostro grigio, deprimente mondo, è un talento prezioso.
Nota personale sul nuovo adattamento: Lucky Red ha acquisito e tradotto il film ex-novo, epurandolo dalle storpiature dell'edizione Buena Vista. Sono state restaurate le canzoni originali sottotitolate, ripristinati i dialoghi censurati e sostituiti alcuni interpreti italiani. Se Manuel Meli ha centrato appieno il fanatismo infantile di Tombo, ho delle riserve sul timbro di Eva Padoan in quanto calza meglio su Kiki rispetto a Ursula. D'altronde Domitilla D'amico è una bravissima doppiatrice ma la sua voce è maturata troppo per la streghetta, e non si possono scindere i due ruoli. Ilaria Stagni ha superato se stessa nel ruolo di Jiji, con risultati esaltanti.
È un titolo che spicca nella filmografia di Hayao Miyazaki, Kiki consegne a domicilio, se si prova a contestualizzarlo: tra l'anacronistico languore di "Il mio vicino Totoro" e il "divertisissement" citazionistico di "Porco Rosso", il regista se ne esce con una storia di formazione pura e cruda, ispirata al romanzo di Eiko Kadono e ambientata negli anni '50. Prende una tredicenne di campagna e la catapulta, con la sola compagnia di un gatto, in una metropoli di matrice europea caotica e pulsante. Poco importa che si tratti di una strega in apprendistato, perché nel mondo che fa da sfondo alla vicenda la magia è una capacità come un'altra per tirare a campare. Ecco un'altra anomalia: il volo, elemento cardine di Miyazaki, pur occupando gran parte della durata del film con eccelse acrobazie, ha valore semantico eccezionale nella produzione dell'autore. Non rappresenta altro che l'unico "valore aggiunto" dell' "animale sociale di nome Kiki", il suo unico talento. Se non sapesse volare la ragazzina non potrebbe fare la conoscenza della signora Osono, trovare una casa, un lavoro e quindi ambientarsi in una città in principio inospitale. Senza la magia non sarebbe in grado di parlare con Jiji, suo unico confidente. E se, con la crescita, dovesse perdere il suo dono innato, che ne sarebbe di lei?
Kiki consegne a domicilio è un film con poche ambizioni ma realizzato in stato di grazia: diverte, insegna, non si addormenta (croce di molte opere di Studio Ghibli), ha in sé il meglio dell'animazione per l'adolescenza e presenta, soprattutto, una carrellata di personaggi veri e memorabili. Non si riscontrano bianchi e neri assoluti: la stessa protagonista è preda di invidie, capricci e sbalzi di umore tipici dell'età, che la rendono meno angelicata e più simpatica rispetto all'eroina ghibliana tipica. C'è un po' di Nadia in Kiki e un po' di Jean in Tombo, nelle giuste proporzioni. Ci sono molte altre peculiarità fra gli umani che meritano di essere scoperte con la visione; forse le vere star sono gli animali, ritratti con la loro mimica corporea naturale, mai superflui. Jiji avrebbe meritato una serie tutta sua, e Jeff una parte in un lungometraggio di Oshii.
Giunta alla fine della recensione mi trovo ad emettere un verdetto e a rispondere all'inevitabile domanda: perché "solo" otto? Perché Kiki consegne a domicilio è, come accennato sopra, un film semplice, carino, diretto, che ha poco o nulla della poetica di Hayao Miyazaki e magari è il motivo per cui mi è piaciuto tanto. Non è uno spettacolo imprescindibile, di quelli che si consigliano a tutti, ma uno di quelli che ti fanno alzare dalla poltrona del cinema o del salotto con un sorriso e tanta voglia di fare: questo, nel nostro grigio, deprimente mondo, è un talento prezioso.
Nota personale sul nuovo adattamento: Lucky Red ha acquisito e tradotto il film ex-novo, epurandolo dalle storpiature dell'edizione Buena Vista. Sono state restaurate le canzoni originali sottotitolate, ripristinati i dialoghi censurati e sostituiti alcuni interpreti italiani. Se Manuel Meli ha centrato appieno il fanatismo infantile di Tombo, ho delle riserve sul timbro di Eva Padoan in quanto calza meglio su Kiki rispetto a Ursula. D'altronde Domitilla D'amico è una bravissima doppiatrice ma la sua voce è maturata troppo per la streghetta, e non si possono scindere i due ruoli. Ilaria Stagni ha superato se stessa nel ruolo di Jiji, con risultati esaltanti.
Perfect Blue, è un quasi-capolavoro, un film d'animazione girato con due soldini, e con un soggetto e una trama non molto originale, ma la mano del grande autore si vede eccome. Satoshi Kon, conferisce al film un'impronta indelebile che si vede specialmente nella seconda parte, con le continue allucinazioni. Insomma da una soggetto e una sceneggiatura non sua, seppur minimamente ci abbia messo mano, Satoshi Kon tira fuori il massimo, inserendo addirittura il film all'interno della sua poetica.
Peccato che non vi sia un Edizione in DVD disponibile attualmente, perchè lo prenderei volentieri.
Comunque il capolavoro di Satoshi kon è Millennium Actress, sia ben chiaro.
Voto 8.5
Kiki Consegne a Domicilio, è un film di Miyazaki sottovalutato a bestia. E' il più classico dei film di Miyazaki, quello che il film perde in visionarietà, lo acquista in compattezza e solidità. Miyazaki riesce a tirare fuori un buonissimo film, mostrando il percorso di crescita di Kiki, tanto che il film tratta uno dei temi costanti della ricerca del maestro, ovvero la crescita. Poi vi sono certe scene girate e messe in scena in maniera stupenda (Kiki che volta con quello sguardo perso e alienato nel vuoto, sotto la pioggia non ha prezzo). Insomma ingiustamente bistrattato a favore di altri film tipo Totoro, che gli sono inferiori.
Voto 7,5
Complimenti a tutti e tre i recensori comunque, come sempre. Vorrei comparire anch'io qua nella rubrica un giorno, ma il problema è che per me è un'impresa recensire un film d'animazione o una serie TV. Mi trovo molto meglio a recensire manga.
(momento buonismo mode on)
Ci vorrei fare una recensione ma aspetterò un'edizione in BD per ri-gustarmelo al 100%.
Mi è rimasta una buonissima impressione del film: impatto emotivo crescente, ottima resa delle allucinazioni che vanno a smuovere internamente l'equilibrio dello spettatore, colonna sonora notevolissima e in certi punti incredibilmente inquietante.
Perfettamente d'accordo con tutti i voti e con quanto scritto!
Kiki è semplicemente un'altra perla dell'animazione così come Perfect Blue (forse il miglior lavoro di Kon assieme a Tokyo Godfathers).
Pompoko carino ma nulla di che.....giustamente da 6.
Detto da un amante di Satoshi Kon.
Nonostante Pompoko risulti senz'ombra di dubbio leggermente discostato dai soliti film Ghibli, sia per un'impostazione non particolarmente indirizzata ad un pubblico infantile come da lui fatto notare. Per quanto mi riguarda non l'ho trovato né noioso né eccessivamente prolisso.
Io parlo però ovviamente da occidentale "acculturato" che poteva capire le citazioni al folklore giapponese.
Il punto è che il film è piaciuto anche a mio fratello maggiore, del tutto a digiuno di tale cultura.
Anche se forse non fatto su misura per un pubblico molto giovane, a mio avviso PomPoko resta comunque un'opera che merita ben più di un sei.
Volevo dire, con tutto il dovuto rispetto per il recensore di Pom Poko, che mi sento di dover dissentire su diversi dei punti da lui elencati. Ho trovato la recensione un po troppo severa e apatica nei confronti di un opera che tutto sommato ha parecchi punti di forza e non se lo merita. Innanzi tutto, non ho trovato il film noioso nè particolarmente infantile. Non credo che ci sia stato un target specifico poi come ci si cerca di chiedere, e questo è stato detto tante volte per le produzioni dello studio ghibli, non mi pare che siano rivolte esplicitamente ad un pubblico di adulti o di bambini .
Io durante la visione del film comunque non ho pensato a chi fosse rivolto, semplicemente che mi stava lasciando un messaggio forte in maniera malinconica e al tempo stesso gioiosa, mi pare così attuale il discorso dello sradicamento della natura forzoso a favore del cemento più crudo e al servizio del capitalismo!
E poi tutte le gag tra i tanuki io personalmente le ho trovate molto divertenti!!!
Per non parlare poi della sfilata finale in città, per me quello è stato di sicuro il punto più alto del film, un tripudio tra citazioni colte del mondo folcloristico giapponese e citazioni interne allo stesso studio ghibli (e per l'appunto c'è anche una piccola apparizione della streghetta Kiki! XD)
Se è per questo, se non siamo capaci di cogliere le citazioni del folklore giapponese, a questo punto potremmo anche evitare di scomodare buona parte dell'animazione giapponese; o se volessimo sempre rimanere in casa dello studio Ghibli -parliamo della Città Incantata- a quel punto non avrebbe proprio senso visionarla solo perchè infarinata fino all'osso dal folklore ?!? (chiaro che lì poi una sola visione del film secondo me non sarebbe bastevole per comprenderlo a pieno).
Per me comunque Pom Poko meriterebbe quanto meno un 8 pieno, e non lo trovo da meno rispetto alle altre pellicole dello Studio Ghibli, è chiaramente più leggero rispetto ad un opera del calibro di Nausicaa della Valle del Vento ad esempio, ma porta avanti le stesse battaglie tuttosommato!
Per quanto riguarda Kiki invece sono d'accordo in tutto e per tutto con la recensione, è un percorso interiore quello che compie la streghetta, verso la scoperta di se stessa. Stupendi i fondali della città sul mare, che è il risultato di un ibrido tra le città europee storiche ed è costituita da delle architetture che viste dall'alto del volo di Kiki mettono allegria nei loro colori sgargianti e varietà tipologiche!
Forse un giorno lo recensirò anch'io, grazie a Bob per avermelo ricordato e complimenti a tutti i recensori!
Piuttosto, oggi avete puntato i riflettori su 2 film che adoro!!!
Kiki's delivery service è il mio film Ghibli preferito, e dire che all'epoca l'avevo guardato senza sapere nulla del maestro, solo perché mi piaceva il character design e mi attirava la storia di una strega! Ed invece mi sono letteralmente innamorata di questo film, dopo il quale ho iniziato a cercare tutti i film del maestro Miyazaki (anche se in realtà non si trattava del primo Miyazaki che abbia mai visto, per es. sicuramente avevo già visto Lupin e il castello di Cagliostro in TV, ma non sapevo chi l'avesse realizzato ), l'ho trovato meraviglioso nella sua semplicità e quoto in buona parte la recensione, anche se ovviamente il mio voto al film è stato 10, per me 8 è ancora poco)!
Per quanto riguarda Pompoko, non sono d'accordo nemmeno un po' con la severa recensione che, mi perdoni God87, credo lasci trasparire una conoscenza ancora troppo superficiale dello studio Ghibli e di Miyazaki (e non c'è nulla di male in questo, ovviamente): che cosa vuol dire "il marchio Ghibli si ravvisa nelle atmosfere divertite, nelle numerose canzoni, nelle deliziose animazioni e location realizzate con gioiosa cura figurativa, ma tali elementi non bastano a far apprezzare "Pom Poko" dai bambini"? Lo studio Ghibli produce film a cartoni animati, ma questo non vuol dire che debba essere roba tipo Hamtaro, tutto pucci pucci e canzoncine carine, o tipo Teletubbies!!! Tanto per dirne una, Una tomba per le lucciole, sempre di Takahata, è un film Ghibli; e se Pompoko è pieno di politica, che dire di Porco rosso? Insomma, i Ghibli sono film a cartoni animati, ma noi che frequentiamo questo sito ormai lo sappiamo bene, il cartone animato in Giappone altro non è che un mezzo narrativo come un altro. A me Pompoko è piaciuto davvero tanto... non è un film spensierato, puramente favolistico in stile Disney, ma è molto gradevole per diversi aspetti, sia per le "atmosfere divertite" di alcune scene, sia per il messaggio ecologista che vuole comunicare, arrivando in certi punti a commuovere (terribili le inquadrature di tutti quei poveri tanuki morti, costretti a cedere all'invasività dell'uomo ed a farne le spese )...
I film Ghibli sono spesso adattissimi ai bambini, ma a mio avviso sono destinati - magari con qualche eccezione - soprattutto agli adulti.
Perfect Blue è un capolavoro.
Complimenti ai tre (ma per evitare spoiler non leggerò le rece) ^^
Per il resto, ovviamente, ognuno tira da sè le proprie somme su ciò che ha visto. In Pom Poko ho visto un film principalmente dedicato agli adulti (non tanto per la questione ecologica, marchio Ghibli, ma quanto per le connotazioni palesemente politiche della trama, con questi tanuki comunisti e i riferimenti a piani quinquennali, lotta di classe etc), solo, però, con gag, battute e dialoghi rivolte a un pubblico molto infantile, una via di mezzo che ha scontentato me adulto e, presumo, avrà annoiato i piccoli. Per questo l'ho trovato un "ibrido" potenzialmente noioso per entrambe le fasce di pubblico. Se a questo aggiungiamo l'assenza di un protagonista definito in cui identificarsi, l'intreccio basato non su una trama di sottofondo ma un semplice susseguirsi di azioni di battaglia, una durata a mio modo di vedere spropositata etc... Ecco, per me Pom Poko non è un film granchè riuscito. Avrei preferito di gran lunga che arrivasse in Italia Omohide Poro Poro.
"Quel che ho pensato, mentre ero lì in sala, è che Pom Poko non è un film per bambini. Ne ha le fattezze, ma non lo è.
In primis perchè è un film anche molto amaro, dove non si parla della lotta tra eroe e cattivo e del prevalere del primo sul secondo, ma si ha una storia sfumata, complessa, con diverse chiavi d'interpretazione e anche un pò (molto) triste, dietro la festosa e giocosa maschera che propone in apparenza.
In secundis perchè è un film dalla grande valenza culturale, che pesca a piene mani da credenze popolari e religiose con riferimenti al folklore, ai miti, ai culti e all'arte del Giappone, e questi riferimenti non sono immediatamente riconoscibili per un pubblico giovane (figurarsi per un pubblico giovane e in più straniero).
Chiaramente, nulla vieta a un bambino di vederlo, ma molto probabilmente ne rimarrà deluso, poichè c'è differenza tra Pom Poko e un Robin Hood Disneyano del caso, a livello di tematiche. La storia per un bambino, per quanto potrà trovarne simpatici i protagonisti, risulterà deludente, quando non addirittura incomprensibile, mentre uno spettatore adulto potrà comprenderne i diversi significati e dunque apprezzarlo maggiormente.
Consiglio dunque un'occhiata ai reticenti, assicurandoli che non si tratta di un film infantile e anzi è qualcosa che andrebbe mostrato a chiunque volesse interessarsi della cultura giapponese (nel totale, non soltanto limitandosi ad anime e manga), poichè ne è un ottimo rappresentante."
A me piacque tantissimo, ma è un film abbastanza complesso, nonostante la sua apparenza infantile e gioiosa, ed è possibile che deluda molti spettatori occidentali. Non sono quindi d'accordo con la recensione di God, in quanto il mio giudizio è molto più positivo rispetto al suo.
Kiki lo vidi in dvd anni e anni fa, ma non mi ha colpito più di tanto. Dovrei rivederlo.
Invece proprio per questo motivo ritengo che Pom Poko cerchi invece di essere rivolto anche a loro, visto che i kappa, i fuochi fatui e tutti quei mostri fanno parte del bagaglio culturale dei bambini nipponici che crescono con le leggende della loro terra. Ovviamente la cosa non vale per i bimbi stranieri (ma il target principale di Pom Poko non sono certo loro).
[Poi, a me dà pure fastidio che si debbano lodare a prescindere i film Ghibli]
Tu hai recensito il film con sincerità e occhio critico. Sinceramente non capisco perchè ci sia fa dissentire. Anche secondo me è un film un pò troppo prolisso e politico per dei bambini. E non è nemmeno adatto al pubblico italiano, perchè culturalmente troppo lontano.
E c'è da dire che certi film Ghibli annoiano davvero come pochi.
Kiki, ad esempio, non si può nemmeno vedere in compagnia (in mia opinione).
Su Perfect Blue il mio pensiero è già esposto ampiamente nella rece (a proposito, grazie allo staff per la pubblicazione!)
Su Pompoko mi trovo in disaccordo sul voto (per me è un 10!) e su alcune critiche mosse dal troppo severo God87. In particolare mi riferisco alla presunta eccessiva profusione di elementi folklorici e all'idea secondo la quale non sarebbe adatto ai bambini occidentali.
Nel primo caso, penso che il ricorso alla tradizione abbia un significato ideologico ben preciso da parte del regista e sia un pregio più che un difetto: se questo film ha un merito sta proprio nel suo linguaggio universale (i tanuki antropomorfi sono chiaramente di stampo disneyano) che riesce a gettare un ponte fra le culture e a introdurre a noi occidentali credenze antiche e lontane come quelle nipponiche, è assurdo criticarlo solo perché alcuni aspetti non rientrano nel nostro orizzonte culturale.
Nel secondo caso, posso testimoniare come per i miei nipotini sia uno dei film più gettonati ogni volta che vengono a trovarmi, non solo non si sono mai addormentati, ma hanno visto e rivisto il film a ciclo continuo fino ad inscenare loro stessi i balli e i canti dei tanuki in festa (complici gli ottimi doppiaggio e traduzione)!
L'assenza di un protagonista unico è spiegabile col fatto che si tratta di un'opera corale (come è già stato fatto notare), protagonista è l'intera comunità (altro messaggio esemplare!) mentre per quanto riguarda la politicizzazione non ricordo di aver mai visto un apologo del '68 così ben riuscito ed equilibrato, nemmeno fra i film live, per non parlare dell'ecologismo e della critica alla speculazione edilizia (noi italiani dovremmo saperne qualcosa) che è un problema sempre attuale.
Quindi tanto di cappello alla coppia Miyazaki/Takahata perché riescono a infondere nelle loro opere la giusta dose di profondità e leggerezza.
Su Kiki concordo pienamente con ogni virgola della rece di Kary89, tranne che sul voto, io ho dato un 9!
Complimenti ai colleghi recensori, è una vita che desidero vedere Pompoko ma la biblioteca non sgancia XD
Altro che 6, è un capolavoro come i 2 recensiti quì sopra....
Forse più difficile, specie per noi occidentali, bisogna sforzarsi un pò di più...
Che tipo in Porco rosso non c'è politica?
Non riscontro nelle produzioni di Miyazaki particolari intenti politici (a meno di sovrainterpretazioni) né ritengo possibile che una persona della sua intelligenza si sarebbe mai messo intenzionalmente a parlare di politica italiana (o men che meno usare un simile contesto per parlare della situazione giapponese).
Insomma, no, dipingere i fascisti brutti e cattivi non è fare politica, è un contesto quasi tautologico, non aggiunge niente di più o niente di meno al sentire comune (mi perdonino i nostalgici del fascio).
Il focus del film è veramente tutt'altro.
Pompoko invece sì, è un film politico e va contestualizzato per apprezzarne appieno il messaggio.
Ma d'altronde Takahata non è Miyazaki (ovvero, Takahata non è un otaku come Miyazaki e a Miyazaki non interessa parlare di contesti socio-politici come a Takahata).
Benché, come dice God87, sia un film apprezzabile principalmente da un platea adulta, non trovo gli ammiccamenti ad un pubblico infantile fuori luogo; ritengo invece che servano più che altro a stemperare la cruda, quasi pessimistica, descrizione della battaglia sociale in atto. Quello di Takahata è un realistico affresco politico, esente dalla spensieratezza idealistica miyazakiana: i rivolgimenti storico-politici non fanno sconti a nessuno, le vittime si contano in entrambi gli schieramenti, e l'epilogo non è certo dei più felici. Quanto e in che modo ci si può opporre a questi mutamenti? Chi sta dalla parte della ragione? Sono alcuni degli interrogativi che la pellicola solleva, e le risposte non sono affatto banali.
- Meglio Porco che fascista.
- Il manifesto di avanti lavoratori, con tanti di pugnio sinistro alzato...antisgamo proprio.
Guarda che dissentire da una recensione non vuol dire che si considera il recensore un idiota, significa semplicemente che non se ne condividono le idee, e non tutti possono pensarla allo stesso modo su un'opera (e proprio per questa mia ferma convinzione non seguo mai passivamente le recensioni per scegliere un libro da leggere o un film da guardare, ed infatti spesso mi trovo ad apprezzare opere su cui si spara a zero oppure a disprezzare opere esaltatissime)! Ed ho solo scritto che non necessariamente il marchio Ghibli si vede dalle scene divertenti, perché le tematiche Ghibli sono spesso molto serie, v. Una tomba delle lucciole, che ho citato soprattutto perché anche Pompoko è di Takahata.
God87 ha compreso benissimo il mio punto di vista, altrimenti avrebbe considerato offensivo il mio intervento, ma appunto non è stato così.
Non credo che nessuno lodi i Ghibli a prescindere, ma almeno io finora non sono mai stata delusa da un Ghibli, perciò almeno per ora elogio tutti i Ghibli che ho visto.
E come dice Kabutomaru, certo che Porco rosso ha temi politici!!!
Però anche se in generale odio i temi politici amo anche questo film. Solo, per via del tema (non per la qualità del film, che è perfettamente all'altezza degli altri) lo amo un po' meno degli altri, così come pure amo un po' meno di altri Lupin e il castello di Cagliostro e I racconti di Terramare.
Ma, come dicevo, amo tutti i film Ghibli, finora non ne ho mai visto uno che ho trovato brutto, cosa posso farci?
Per quanto riguarda Pom Poko, la recensione lo tronca totalmente, è vero che non è per bambini, infatti il target non è quello, come non lo è 'Una tomba per le lucciole'. Comunque le trasformazioni dei tanuki sono geniali e già merita solo per questo. Poi in effetti è un pò lungo e si perde l'intrattenimento iniziale, fosse più corto, tagliando alcune scene che rallentano il ritmo sarebbe molto godibile. Infine, il fatto che sia intriso di cultura giapponese, non lo vedo come un difetto per un appassionato.
Per il pubblico italiano invece è diverso, la differenza culturale purtroppo è notevole e si fa sentire, un peccato.
Non posso valutare Mononoke quanto gli altri perché purtroppo non ho ancora avuto modo di vederlo in buona qualità, il video che trovai all'epoca non si vedeva benissimo, perciò non posso ben valutare paesaggi ed animazioni perché non posso dire di averli visti, ma senza togliere la sua indubbia qualità credo già di poter affermare che Mononoke sia sopravvalutato rispetto agli altri Ghibli esattamente quanto Kiki - consegne a domicilio è sottovalutato.
Posso capire che quest'ultimo, avendo una storia meno fantasiosa (sì, c'è una strega, ma non la vediamo combattere contro i mostri a colpi di incantesimi, ma solo alle prese con i problemi della vita quotidiana), possa più difficilmente colpire il pubblico (soprattutto i bambini) rispetto agli spiriti della foresta di Mononoke, ma ad una visione più attenta si dimostra altrettanto valido, anche se a modo suo.
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