Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Ci dedichiamo oggi ad anime usciti nel corso di questo 2013: Oregairu (Yahari Ore no Seishun Love Come wa Machigatteiru), Uta no Prince-sama 2000% e Uchouten Kazoku.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Ci dedichiamo oggi ad anime usciti nel corso di questo 2013: Oregairu (Yahari Ore no Seishun Love Come wa Machigatteiru), Uta no Prince-sama 2000% e Uchouten Kazoku.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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Su questo anime sono costretto ad andare controcorrente, poiché, lo dico senza mezzi termini, e pur riconoscendo i meriti che esso presenta, non mi è piaciuto.
Nel motivare questo mio giudizio, e il voto a esso collegato, inizio citando invece quello che è l'aspetto più riuscito di questo prodotto: la caratterizzazione psicologica dei personaggi. La serie ci presenta infatti un ricchissimo campionario di varia umanità, tra cui spicca, senz'ombra di dubbio, Hikigaya, personaggio dal carisma geniale, dal cinismo infinito e da una spiccata antisocialità. Dall'alto della sua posizione di persona che osserva il mondo circostante senza intervenire o partecipare, non mancherà di sottolineare con sagacia, ironia e cinismo, le persone e gli eventi che gli ruoteranno intorno, suscitando spesso e volentieri, divertimento e risa nello spettatore. Intorno a lui ci sono, come dicevo, una selva di soggetti nettamente diversificati tra loro, anche odiosi come pochi (Yukino, una delle protagoniste, l'avrei letteralmente strangolata in quasi tutti gli episodi), ma comunque sempre tratteggiati in modo approfondito e distintivo, dando l'impressione di essere davvero tra le aule di una scuola superiore nipponica.
Qui però, per me, finiscono i meriti di questo prodotto, che troppo spesso mi ha dato l'impressione nei suoi tredici episodi di confidare sui "colpi" del suo fuoriclasse, Hikigaya. Ma per quanto capaci, le sole spalle del protagonista, non possono reggere il peso di tutto l'impianto di un anime, e alla fine, la serie non dà mai l'impressione di decollare.
A rafforzare questa sgradevole sensazione concorre la trama stessa, che, di fatto, è molto effimera. Assistiamo infatti ai vari eventi della vita scolastica dei protagonisti, eventi che non sembrano essere legati tra loro per condurci verso uno scopo, o verso un vero e proprio finale (e in effetti il finale della serie non è un finale), ma danno l'impressione di essere soltanto un mero pretesto per consentire a Hikigaya di dilettarci con le sue riflessioni. Troppo poco...
Non riesce a migliorare l'impressione generale nemmeno il comparto grafico, che più di una realizzazione onesta non riesce a offrire. Anzi, lo stesso chara design non è neanche un granché, visto che tra personaggi sgradevolmente spigolosi (Hikigaya tra tutti) e quelli femminili che tendono ad assomigliarsi in modo deprimente, non è che si rimanga mai piacevolmente stupiti, anzi.
In linea con il contesto, anche l'OST accompagna in modo piuttosto anonimo e assolutamente senza acuti, lo svolgimento del canovaccio. Un po' meglio sul fronte delle sigle, che sono molto carine, in particolare la opening, molto dolce, che ho trovato davvero gradevole.
In conclusione, ci troviamo davanti a un prodotto che non riesce a emergere, nonostante ci sia un vero fuoriclasse tra i suoi ranghi, e abbia una caratterizzazione dei personaggi che raramente vediamo in una serie TV. Forse con una trama più incalzante, o comunque semplicemente finalizzata a uno scopo finale, la riuscita di questo anime sarebbe stata migliore.
Nel motivare questo mio giudizio, e il voto a esso collegato, inizio citando invece quello che è l'aspetto più riuscito di questo prodotto: la caratterizzazione psicologica dei personaggi. La serie ci presenta infatti un ricchissimo campionario di varia umanità, tra cui spicca, senz'ombra di dubbio, Hikigaya, personaggio dal carisma geniale, dal cinismo infinito e da una spiccata antisocialità. Dall'alto della sua posizione di persona che osserva il mondo circostante senza intervenire o partecipare, non mancherà di sottolineare con sagacia, ironia e cinismo, le persone e gli eventi che gli ruoteranno intorno, suscitando spesso e volentieri, divertimento e risa nello spettatore. Intorno a lui ci sono, come dicevo, una selva di soggetti nettamente diversificati tra loro, anche odiosi come pochi (Yukino, una delle protagoniste, l'avrei letteralmente strangolata in quasi tutti gli episodi), ma comunque sempre tratteggiati in modo approfondito e distintivo, dando l'impressione di essere davvero tra le aule di una scuola superiore nipponica.
Qui però, per me, finiscono i meriti di questo prodotto, che troppo spesso mi ha dato l'impressione nei suoi tredici episodi di confidare sui "colpi" del suo fuoriclasse, Hikigaya. Ma per quanto capaci, le sole spalle del protagonista, non possono reggere il peso di tutto l'impianto di un anime, e alla fine, la serie non dà mai l'impressione di decollare.
A rafforzare questa sgradevole sensazione concorre la trama stessa, che, di fatto, è molto effimera. Assistiamo infatti ai vari eventi della vita scolastica dei protagonisti, eventi che non sembrano essere legati tra loro per condurci verso uno scopo, o verso un vero e proprio finale (e in effetti il finale della serie non è un finale), ma danno l'impressione di essere soltanto un mero pretesto per consentire a Hikigaya di dilettarci con le sue riflessioni. Troppo poco...
Non riesce a migliorare l'impressione generale nemmeno il comparto grafico, che più di una realizzazione onesta non riesce a offrire. Anzi, lo stesso chara design non è neanche un granché, visto che tra personaggi sgradevolmente spigolosi (Hikigaya tra tutti) e quelli femminili che tendono ad assomigliarsi in modo deprimente, non è che si rimanga mai piacevolmente stupiti, anzi.
In linea con il contesto, anche l'OST accompagna in modo piuttosto anonimo e assolutamente senza acuti, lo svolgimento del canovaccio. Un po' meglio sul fronte delle sigle, che sono molto carine, in particolare la opening, molto dolce, che ho trovato davvero gradevole.
In conclusione, ci troviamo davanti a un prodotto che non riesce a emergere, nonostante ci sia un vero fuoriclasse tra i suoi ranghi, e abbia una caratterizzazione dei personaggi che raramente vediamo in una serie TV. Forse con una trama più incalzante, o comunque semplicemente finalizzata a uno scopo finale, la riuscita di questo anime sarebbe stata migliore.
A suon di musica e sederi dondolanti, che con il loro oscillare hanno mandato in tilt le fangirl più convinte, con una buone dose di fanservice che nel mondo degli idol mai stona, ha preso il via la seconda serie di UtaPri, il cui nome è un duplicato del primo: Uta no Prince-sama: Maji Love 2000%!
Terminato il periodo accademico, gli STARISH e Nanami si iscrivono al Master Course della Saotome Academy, nel quale imparano a sopravvivere nel mondo dello spettacolo e a vivere di esso. Realizzato il proprio sogno di scrivere musica per questi sei ragazzi, Nanami comprende di dover maturare come persona e come compositrice, per poter restare al loro fianco. Arriverà da una terra lontana per lei il principe amato dalle muse, Cecil Aijima, liberato dalla maledizione che lo vedeva trasformato in un felino; già nella prima serie aveva aiutato Nanami a combattere l'insicurezza e in questa seconda serie le starà accanto come umano, come amico e come accompagnatore, in un processo di maturazione che non investe soltanto la protagonista, ma anche lui.
Personaggio dinamico e in evoluzione, Cecil è il vero protagonista di questa seconda serie. Partendo da un rifiuto completo del ruolo di idol e dell'idea di fare musica per qualcun altro, verso il finale approda alla scelta di entrare nel gruppo e alla convinzione che cantare per sé stessi non è meglio di cantare per far felici gli altri. Apparendo in ogni episodio con i suoi interrogativi, Cecil cresce di puntata in puntata; mentre inizialmente sembra quasi confuso dallo splendore degli STARISH e dalla loro posizione, e non comprende come sia possibile che delle persone normali riescano a illuminare i volti della gente con sorrisi a trentadue denti, alla fine giunge a desiderare egli stesso di essere qualcuno che fa sorridere gli altri con la propria musica.
Un'innovazione di questa seconda serie è l'assegnazione di un senpai ai ragazzi, che li consiglia, funge da esempio e ne incanala le capacità su una strada più adatta alla loro personalità. I senpai sono sempre presenti sullo sfondo, ma verso la fine della serie diventano anche loro protagonisti; subendo l'influenza dei kohai, cambiano le loro piorità e prendono le redini della loro carriera con mani più decise.
Tutto ciò esalta il ruolo degli STARISH, che con la tenacia, l'allegria, la professionalità che li contraddistinguono, influenzano positivamente le persone intorno, le fan, i giudici. Nanami stessa ripete sempre: "Sono stelle luminose", richiamando il concetto più libero di star. Il gruppo di idol rispecchia in pieno la funzione che queste figure hanno nella società giapponese: un esempio da seguire, uno sprono a non arrendersi, un sorriso sempre presente, una voce che ti tiene compagnia e una mano tesa da cogliere, che ti spinge ad allungarti verso l'alto lasciando indietro ogni incertezza.
Rispetto al prequel c'è un miglioramento a livello di trama: gli episodi sono più divertenti, a volte talmente trash da far ridere a crepapelle, altri molto dolci e delicati, e i personaggi interagiscono più naturalmente fra loro. Sono altrettanto presenti episodi un po' lenti, però nell'architettura dell'anime alla fine si lasciano guardare. Tutto sommato resta interessante scoprire di volta in volta il testo di una nuova canzone o guardare il principe di turno dichiararsi a Haruka.
Il chara design e le ambientazioni sono rimaste di ottimo livello. Ho trovato carina l'idea di ambientare il Master Course in un "castello", rendeva il tutto più principesco! Inoltre anche l'abbigliamento durante i live sapeva di reale! L'OST è come al solito il punto di forza dell'anime, assieme ai bishonen: alcuni pezzi sono davvero validi e potrebbero guadagnarsi un'ottima posizione nella Oricon Chart! Sublime il doppiaggio, una vera goduria per le orecchie; col tempo ci si affeziona davvero al personaggio e alla sua voce, anche perché i doppiatori spesso sono apparsi in live, incontri coi fan, sessione di autografi, realizzando in parallelo nel mondo reale quello che gli STARISH portano avanti nella serie. D'altronde UtaPri è un anime che si supporta con la musica e della musica fa il suo centro, perciò è importante anche privilegiare l'aspetto canoro.
In conclusione, Uta no Prince-sama: Maji Love 2000% è un anime che può piacere sia a chi si è appassionato al gruppo con la prima serie, sia a chi comincia a entrare in questo universo per la prima volta. Può sembrare scontato, ma lo ribadisco, è difficile che a un maschio piacciano serie del genere; d'altronde i reverse harem sono prettamente dedicati a un pubblico di donne. Perciò uniamoci al "battito della felicità" nell'onda musicale che riempie di gioia chi la ascolta...
Terminato il periodo accademico, gli STARISH e Nanami si iscrivono al Master Course della Saotome Academy, nel quale imparano a sopravvivere nel mondo dello spettacolo e a vivere di esso. Realizzato il proprio sogno di scrivere musica per questi sei ragazzi, Nanami comprende di dover maturare come persona e come compositrice, per poter restare al loro fianco. Arriverà da una terra lontana per lei il principe amato dalle muse, Cecil Aijima, liberato dalla maledizione che lo vedeva trasformato in un felino; già nella prima serie aveva aiutato Nanami a combattere l'insicurezza e in questa seconda serie le starà accanto come umano, come amico e come accompagnatore, in un processo di maturazione che non investe soltanto la protagonista, ma anche lui.
Personaggio dinamico e in evoluzione, Cecil è il vero protagonista di questa seconda serie. Partendo da un rifiuto completo del ruolo di idol e dell'idea di fare musica per qualcun altro, verso il finale approda alla scelta di entrare nel gruppo e alla convinzione che cantare per sé stessi non è meglio di cantare per far felici gli altri. Apparendo in ogni episodio con i suoi interrogativi, Cecil cresce di puntata in puntata; mentre inizialmente sembra quasi confuso dallo splendore degli STARISH e dalla loro posizione, e non comprende come sia possibile che delle persone normali riescano a illuminare i volti della gente con sorrisi a trentadue denti, alla fine giunge a desiderare egli stesso di essere qualcuno che fa sorridere gli altri con la propria musica.
Un'innovazione di questa seconda serie è l'assegnazione di un senpai ai ragazzi, che li consiglia, funge da esempio e ne incanala le capacità su una strada più adatta alla loro personalità. I senpai sono sempre presenti sullo sfondo, ma verso la fine della serie diventano anche loro protagonisti; subendo l'influenza dei kohai, cambiano le loro piorità e prendono le redini della loro carriera con mani più decise.
Tutto ciò esalta il ruolo degli STARISH, che con la tenacia, l'allegria, la professionalità che li contraddistinguono, influenzano positivamente le persone intorno, le fan, i giudici. Nanami stessa ripete sempre: "Sono stelle luminose", richiamando il concetto più libero di star. Il gruppo di idol rispecchia in pieno la funzione che queste figure hanno nella società giapponese: un esempio da seguire, uno sprono a non arrendersi, un sorriso sempre presente, una voce che ti tiene compagnia e una mano tesa da cogliere, che ti spinge ad allungarti verso l'alto lasciando indietro ogni incertezza.
Rispetto al prequel c'è un miglioramento a livello di trama: gli episodi sono più divertenti, a volte talmente trash da far ridere a crepapelle, altri molto dolci e delicati, e i personaggi interagiscono più naturalmente fra loro. Sono altrettanto presenti episodi un po' lenti, però nell'architettura dell'anime alla fine si lasciano guardare. Tutto sommato resta interessante scoprire di volta in volta il testo di una nuova canzone o guardare il principe di turno dichiararsi a Haruka.
Il chara design e le ambientazioni sono rimaste di ottimo livello. Ho trovato carina l'idea di ambientare il Master Course in un "castello", rendeva il tutto più principesco! Inoltre anche l'abbigliamento durante i live sapeva di reale! L'OST è come al solito il punto di forza dell'anime, assieme ai bishonen: alcuni pezzi sono davvero validi e potrebbero guadagnarsi un'ottima posizione nella Oricon Chart! Sublime il doppiaggio, una vera goduria per le orecchie; col tempo ci si affeziona davvero al personaggio e alla sua voce, anche perché i doppiatori spesso sono apparsi in live, incontri coi fan, sessione di autografi, realizzando in parallelo nel mondo reale quello che gli STARISH portano avanti nella serie. D'altronde UtaPri è un anime che si supporta con la musica e della musica fa il suo centro, perciò è importante anche privilegiare l'aspetto canoro.
In conclusione, Uta no Prince-sama: Maji Love 2000% è un anime che può piacere sia a chi si è appassionato al gruppo con la prima serie, sia a chi comincia a entrare in questo universo per la prima volta. Può sembrare scontato, ma lo ribadisco, è difficile che a un maschio piacciano serie del genere; d'altronde i reverse harem sono prettamente dedicati a un pubblico di donne. Perciò uniamoci al "battito della felicità" nell'onda musicale che riempie di gioia chi la ascolta...
The Eccentric Family
7.0/10
Recensione di Locke Cole
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Piacevolissima e inattesa speranza nel desolante panorama dell'animazione contemporanea, "Uchōten Kazoku" nasce dalla talentuosa penna del già celebre Tomihiko Morimi, scrittore di "Yojōhan Shinwa Taikei", poi trasposto nell'eccentrico e brillante "The Tatami Galaxy".
Vi sono rare opere che sanno evocare la quotidianità, col tedio che l'attraversa e le sue piccole soddisfazioni, e "Uchōten Kazoku" ci riesce, con squisita delicatezza e dolce malinconia, facendo vivere la mondanità della Kyoto contemporanea sulla scena. In questo luogo prende vita il folklore nipponico e tanuki, tengu e uomini camminano gli uni a fianco agli altri, per quanto questi ultimi siano, al contempo, inconsapevoli di ciò eppure incomparabilmente superiori agli altri (sebbene di ciò non si dia una ragione né un significato), impenetrabili ai loro pensieri e destinati ad essere solo ammirati e null'altro.
Proprio con i piccoli occhi dei tanuki si vedrà la vicenda, punto d'osservazione di questo universo. Questo permette d'istituire l'analogia che fa della vita di Yasaburō, primo protagonista dell'opera, il parallelo dell'umanità dispersa nella quotidianità, tutta intenta ad affogarsi nel divertissement e, infine, a scampare al pensiero della propria morte.
Proprio la distruzione della vita incombe come un monito costante sull'esistenza dei tanuki, col rischio annuale d'essere divorati dagli umani nelle loro ricorrenze, inconcepibili nella loro distanza dai tanuki, i quali ultimi non possono che seguitare la loro vita dimenticando tale minaccia, ossessionandosi sulla quale anzi non potrebbero affatto vivere.
Questa lettura mitica della contemporaneità s'incentrerà sulla famiglia Shimogamo e i suoi piccoli ma essenziali dilemmi, allargandosi a seguire le conflittualità proprie delle maglie sociali nelle quali è imbrigliata.
Nondimeno lo sguardo talvolta si solleva e precisamente nel contatto con l'umanità, nell'incontro col predatore e con la possibilità ultima della propria distruzione, dove la sicurezza della quotidianità sembra scuotersi e dalla rottura dell'inautenticità emerge la riflessione sulla morte. Neanche questa viene portata ai suoi limiti estremi e la speculazione resta sospesa con lievità nell'ambiguità. In questo modo, muovendosi sul bordo sottile di una quotidianità che è sempre sul punto di squarciarsi, "Uchōten Kazoku" viene accompagnato da un'insopprimibile istanza tragica sempre più impellente, che, ahimè, sfuma sino a dissiparsi nella chiusura, con l'inappropriata e inattesa svolta spensierata che la serie prende nell'avvicinarsi all'epilogo.
Nonostante tale grave caduta, l'opera merita non pochi elogi, dalla calibratissima sceneggiatura alla finissima regia, in un mosaico d'emozioni tenui ma non flebili, che sa muovere a commozione senza scadere nel patetismo, costituendo un'immensa allegoria dove l'umanità vede con gli occhi dei tanuki e nel loro rapporto con l'umanità in scena le possibilità della propria esistenza e della fuga dall'orrore della noia e dal pensiero della propria morte, il tutto letto secondo la prospettiva dei piccoli tanuki.
In tutto questo v'è Benten, la più affascinante figura della vicenda, la cui presenza è giocata nei grandi silenzi e il cui impenetrabile dubbio non riceve mai soluzione, donde cagiona il suo irresistibile magnetismo. Emblema dell'insaziabile avidità, irraggiungibile e mortale oggetto del desiderio di Yasaburō, primo e ultimo dilemma per lo spettatore, il suo utilizzo nell'opera è talmente efficace da risultare insufficiente e indebita una sua trattazione in questa sede.
In conclusione, siamo accompagnati in tali visione da scenari dalla bellezza estasiante e dalla cura impeccabile, che guidano lo spettatore tra spazi urbani e vedute naturali di Kyoto, sui quali si stagliano le sagome minimamente sbozzate dei personaggi, felice giustapposizione capace d'esaltare ancor più sfondi ed ambienti.
"Uchōten Kazoku" è un'opera lodevole, che sa osare entro i severi limiti imposti dal grande pubblico senza sconfinare nello sperimentalismo da quest'ultimo tanto esecrato, una piccola speranza nei tempi terribili che l'animazione vive, una visione dell'unico rimedio per sopportare l'esistenza, la spensieratezza della quotidianità, e trovare in essa la felicità, fasulla o meno che sia.
Vi sono rare opere che sanno evocare la quotidianità, col tedio che l'attraversa e le sue piccole soddisfazioni, e "Uchōten Kazoku" ci riesce, con squisita delicatezza e dolce malinconia, facendo vivere la mondanità della Kyoto contemporanea sulla scena. In questo luogo prende vita il folklore nipponico e tanuki, tengu e uomini camminano gli uni a fianco agli altri, per quanto questi ultimi siano, al contempo, inconsapevoli di ciò eppure incomparabilmente superiori agli altri (sebbene di ciò non si dia una ragione né un significato), impenetrabili ai loro pensieri e destinati ad essere solo ammirati e null'altro.
Proprio con i piccoli occhi dei tanuki si vedrà la vicenda, punto d'osservazione di questo universo. Questo permette d'istituire l'analogia che fa della vita di Yasaburō, primo protagonista dell'opera, il parallelo dell'umanità dispersa nella quotidianità, tutta intenta ad affogarsi nel divertissement e, infine, a scampare al pensiero della propria morte.
Proprio la distruzione della vita incombe come un monito costante sull'esistenza dei tanuki, col rischio annuale d'essere divorati dagli umani nelle loro ricorrenze, inconcepibili nella loro distanza dai tanuki, i quali ultimi non possono che seguitare la loro vita dimenticando tale minaccia, ossessionandosi sulla quale anzi non potrebbero affatto vivere.
Questa lettura mitica della contemporaneità s'incentrerà sulla famiglia Shimogamo e i suoi piccoli ma essenziali dilemmi, allargandosi a seguire le conflittualità proprie delle maglie sociali nelle quali è imbrigliata.
Nondimeno lo sguardo talvolta si solleva e precisamente nel contatto con l'umanità, nell'incontro col predatore e con la possibilità ultima della propria distruzione, dove la sicurezza della quotidianità sembra scuotersi e dalla rottura dell'inautenticità emerge la riflessione sulla morte. Neanche questa viene portata ai suoi limiti estremi e la speculazione resta sospesa con lievità nell'ambiguità. In questo modo, muovendosi sul bordo sottile di una quotidianità che è sempre sul punto di squarciarsi, "Uchōten Kazoku" viene accompagnato da un'insopprimibile istanza tragica sempre più impellente, che, ahimè, sfuma sino a dissiparsi nella chiusura, con l'inappropriata e inattesa svolta spensierata che la serie prende nell'avvicinarsi all'epilogo.
Nonostante tale grave caduta, l'opera merita non pochi elogi, dalla calibratissima sceneggiatura alla finissima regia, in un mosaico d'emozioni tenui ma non flebili, che sa muovere a commozione senza scadere nel patetismo, costituendo un'immensa allegoria dove l'umanità vede con gli occhi dei tanuki e nel loro rapporto con l'umanità in scena le possibilità della propria esistenza e della fuga dall'orrore della noia e dal pensiero della propria morte, il tutto letto secondo la prospettiva dei piccoli tanuki.
In tutto questo v'è Benten, la più affascinante figura della vicenda, la cui presenza è giocata nei grandi silenzi e il cui impenetrabile dubbio non riceve mai soluzione, donde cagiona il suo irresistibile magnetismo. Emblema dell'insaziabile avidità, irraggiungibile e mortale oggetto del desiderio di Yasaburō, primo e ultimo dilemma per lo spettatore, il suo utilizzo nell'opera è talmente efficace da risultare insufficiente e indebita una sua trattazione in questa sede.
In conclusione, siamo accompagnati in tali visione da scenari dalla bellezza estasiante e dalla cura impeccabile, che guidano lo spettatore tra spazi urbani e vedute naturali di Kyoto, sui quali si stagliano le sagome minimamente sbozzate dei personaggi, felice giustapposizione capace d'esaltare ancor più sfondi ed ambienti.
"Uchōten Kazoku" è un'opera lodevole, che sa osare entro i severi limiti imposti dal grande pubblico senza sconfinare nello sperimentalismo da quest'ultimo tanto esecrato, una piccola speranza nei tempi terribili che l'animazione vive, una visione dell'unico rimedio per sopportare l'esistenza, la spensieratezza della quotidianità, e trovare in essa la felicità, fasulla o meno che sia.
UtaPri, in questa seconda serie, si è rivelato molto carino e lo dice una che ha abbandonato la prima a tre episodi dalla fine. Sarà che la protagonista è inutile ma non così tanto importante, sarà che è così ridicolmente esagerato da risultare simpatico, ma questa seconda stagione è stata spassosa! XD forse il pregio di UtaPri, rispetto ad altri reverse-harem, è che non si prende per niente sul serio... e poi a parte il cast stellare di doppiatori, ci sono anche delle belle canzoncine!
Anche Uchouten mi è piaciuto tanto tanto, anche se ammetto che mi ha preso sul serio dalla quarta puntata in poi! E' passato così poco tempo e già mi mancano i tanuki! T__T
Complimenti ai recensori!
Fornisce interessanti spunti di riflessione dovuti alla caratterizzazione cupa del protagonista, che pone dei ragionamenti insoliti negli anime normali e già questo per me è sopra la sufficienza.
Anche l'evoluzione del rapporto tra i vari protagonisti risulta molto curata, così come i dialoghi piacevolmente complessi.
Lo vedo come una "versione adulta" di un classico anime scolastico, ma probabilmente non riesce a rimanere impresso in maniera indelebile, al contrario di altri titoli, data la sua natura delicata e una trama non così d'impatto.
Oregairu personalmente ho dato 10, è una di quelle poche serie che mi ha spinto a riguardarla, addirittura a distanza di breve tempo (solo NHK ci era riuscita fino ad ora).
Capisco il punto di vista del recensore, ma non riesco a condividerlo, probabilmente perché la caratterizazione dei personaggi è una delle cose che mi stanno maggiormente a cuore, già riuscire a caratterizare bene la maggior parte dei personaggi in una serie di soli 12 episodi è abbastanza complesso, riuscirne a tirare fuori un personaggio come Hikigaya ostenta il miracolo.
Personalmente spero in una seconda serie, ma probabilmente metterò mano alla novel.
Per Uchouten Kazoku condivido gran parte della recensione, davvero ben fatta, ma nonostante tutto non riesco a comprenderne il voto, nelle critiche fatte viene completamente dimenticato il fulcro che contraddistingue la serie, elemento che verrà ripetuto fino alla nausea per risollevare i nostri piedi dal terreno, perché per una volta non si dovrà guardare il tutto con la logica umana, tale elemento è il tanto osannato "sangue degli idioti", ciò che ci troveremo di fronte infatti sarà il risultato di un istinto primordiale a noi sconosciuto, quell'ambiguità di cui si parla infatti sarà sempre spazzata via da questo principio inconcepibile per l'uomo, ma parte fondamentale della vita di un tanuki.
Su UtaPri c'è poco da dire, è uno dei pochi reverse-harem che si salva e risulta anche piacevole da vedere senza cadere nell'abisso della noia. Tutto viene trattata in maniera assolutamente esagerata, con tanti di cuoricini svolazzanti e intere galassie sconvolte durante le esibizioni degli Starish! Davvero divertente, consigliatissimo a tutte le fan (ma anche i fan, nel caso ci fossero) del genere.
Per Uchouten, invece, non sono d'accordo con quanto detto dal recensore a proposito del finale: un finale tragico sarebbe stato troppo pesante da digerire, preferisco senza dubbio la scelta della "svolta spensierata". Non condivido nemmeno il voto, per quanto mi riguarda considero Uchouten almeno da 8.
Ad ogni modo, complimenti a tutti i recensori!
Ma solo io trovo che i commenti del tipo "il voto è troppo basso" o "non sono d'accordo con il voto" siano completamente inutili? Cos'e un voto? Un numero a cui ognuno di noi attribuisce un significato. E questo significato può essere diverso da persona a persona.
Se qualcuno (come me in effetti) trova che un 7 sia un bel voto (io ero contentissimo quando prendevo 7 a scuola) allora si troverà in concordanza con il voto dato da Locke.
Come capita spesso qui su AC.it) i voti ognuno li da a ca' di cane, quindi impariamo tutti a leggere le recensioni, non date peso a quei numerini del menga...
Compendiando: capire le parole di un recensione è sicuramente una cosa piu utile e intelligente che fermarsi al voto dato.
Ps: locke, gran recensione!
Non è certamente un capolavoro e presenta molti, se non tutti, i difetti elencati nelle recensione di irishman ma bisognerebbe anche contestualizzare rispetto alla tendenza degli anime usciti in questi ultimi anni.
E se si contestualizza, con un minimo di onestà intellettuale, non si può dare l'insufficienza a questo anime. O meglio, se proprio si vuole/deve farlo, bisognerebbe rifilare l'insufficienza al 95% degli anime degli ultimi 5-6 anni.
Graficamente l'anime non sarà eccezionale, ma si difende bene.
Per quanto riguarda UtaPri 2000% sono perfettamente d'accordo con la recensione di LaMelina e devo dire che, nonostante il genere non sia tra i miei preferiti, anche a me non è dispiaciuto. Di solito la seconda stagione non riscuote mai il medesimo successo della prima, in questo caso, invece, si può persino dire che la superi.
In realtà il voto è ciò che maggiormente si avvicina ad un parere obiettivo, la spiegazione è molto semplice, il significato che ognuno attribuisce ad una determinata cosa (quello che tu attribuisci al voto) varia da persona a persona per il semplice fatto che il linguaggio è di per se qualcosa di ambiguo, l'emittente (colui che invia il messaggio) potrebbe dare una determinata accezione ai termini usati o al senso che vuole dare, dall'altra parte anche il ricevente potrebbe ricevere un senso differente del discorso, o magari attribuire un senso differente a termini applicabili più ad una sfera sentimentale, termini elaborati più a livello affettivo che oggettivo.
Dall'altro lato come dice la Gestalt "l'insieme è più della somma delle sue parti", ed il voto numerico ne è l'esempio lampante, in esso vengono riversate le proprie opinioni, si bilanciano, alcuni elementi avranno un peso maggiore rispetto ad altri, altri avranno una rilevanza minore o saranno addirittura ignorati consciamente o inconsciamente, per estremizzare la cosa potrei asserire che una serie con disegni come quelli del gioco l'impiccato (5 stanghette con un cerchio per la testa) potrebbe avere una storia tanto bella e profonda da meritarsi un 8 complessivo, oscurando la totale assenza di un reparto grafico.
A questo punto entra in gioco Il nostro sistema scolastico come tu fai giustamente notare, nonostante piccole divergenze esso si basa per tutti sugli stessi principi, chiunque sa che un 6 è un voto medio, esso indica non aver fatto male ma neanche bene, dall'altro lato un 5 indicherà il classico "ha le capacità ma non si impegna" e un 2 il non aver studiato (per un anime quindi che vederlo o non vederlo sarebbe stato indifferente), un 9 vuol dire rasentare la perfezione nel suo ambito, ma che manca qualche piccolo elemento, in un tema potrebbe essere la grafia (odio la mia grafia u.u ) come in un manga il tratto non perfetto o delle ost molto fastidiose, sempre che questo incida per chi lo ha guardato, e così via.
Ovviamente ho detto che i voti si basano sugli stessi principi e sono ciò che più obiettivamente può indicare la nostra opinione in modo semplice, diretto, conciso e soprattutto complessivo, non che esso sia un valore obiettivo, in quanto ognuno di noi tende a dargli ovviamente un peso differente, ma se si è preso sempre 6 a scuola, l'ignorare la fascia di voti è un limite del soggetto, personalmente nella mia vita ho preso di tutto, dal 2 al 10, così come all'università ho preso dal 18 al 30 e lode (bugia, non ho mai preso il 20 u.u ), ma anche chi ha preso solo quel fantomatico 6 avrà avuto compagni che hanno preso gli altri voti, quindi dovrebbe avere un'idea del significato.
In definitiva comunque la cosa migliore è ovviamente integrare le due cose, quel 7 di cui parli può avere più significati, da un lato potrebbe essere una serie onesta, non pretenziosa, uguale a molte altre, ma che fa bene il suo lavoro e riesce a sfuggire al 6 a cui sarebbe destinata (non ha le capacità ma si impegna), dall'altro lato un 7 potrebbe essere un voto "negativo", una serie con tantissime potenzialità, grafica, sonoro, storia quasi perfetti, ma con un finale talmente brutto o frettoloso da far pendere la bilancia su un "7 negativo" piuttosto che un 9-10 (è un genio, ma la sua voglia di studiare è quasi nulla).
Un voto senza recensione non ha senso di esistere, ma una recensione senza voto è limitante in quanto non permette di comprendere a pieno quanto siano negativi gli elementi "brutti" e quanto positivi quelli "belli".
MI fermo, altrimenti potrei continuare a scrivere ancora per almeno un'ora XD
dopo la pubblicazione della mia rece di SAO avevo assistito a commenti da vero delirio,questa volta invece i toni sono pacati e tutto rimane nei giusti canoni delle opinioni personali più o meno motivate.
Per quanto riguarda la mia scelta di assegnare il voto 5,rispondendo così a chi mi ha criticato più duramente per la mia decisione,posso rispondere che questa è la mia opinione.
Come detto in sede di recensione pur riconoscendo a questa serie dei punti di forza e dei pregi oggettivamente incontestabili,a me Yahari ha dato l'idea di un prodotto un po' "incompiuto",fine a se stesso...che si specchia (se mi passate la metafora) beandosi della sua bellezza,per poi rimanere fisso lì,davanti allo specchio...
e questo è il motivo della mia scelta...
e per quanto mi riguarda,il 5 non è assolutamente una bocciatura...se andate a leggere altre recensioni che ho scritto,vedrete che le vere stroncature erano ben altre...il 5,per come l'ho assegnato io,voleva soltanto esprimere la presenza di buoni contenuti,ma uno svolgimento non sufficiente...
e questa è la mia opinione...che poi in giro ci sia MOLTO di peggio,siamo d'accordo...
Faccio un'esempio interno visto che ne ho la possibilità, riguardante il relativismo artistico. " Yahari ha dato l'idea di un prodotto un po' "incompiuto",fine a se stesso...che si specchia (se mi passate la metafora) beandosi della sua bellezza,per poi rimanere fisso lì,davanti allo specchio..." ora non ho visto l'opera, ma basandomi sul concetto generale, il bello fisso,immutabile, autoreferenziale fa parte anche di altri movimenti, ad esempio lo stallo nel classicismo italiano quando in europa si andava formando il romanticismo,tuttavia ciò era legittimato da molti critici; poi mi viene in mente anche l'estetismo d'annunziano, ed il bello effimero (che credo tu ritenga ancor peggio di quello stabile). Così ad esempio il 5 non è giustificato, essendo l'apparente difetto oggettivo in realtà soggettivo e da alcuni apprezzabile.
"il 5 non è assolutamente una bocciatura", ok che l'ho estratto dal contesto,però daie, è 'na paraculata questa, 5=bocciatura a casa mia.
vorrei lasciare una considerazione: la critica oggettiva non può esistere, difetti e pregi sono intercambiabili, la critica spacciata per oggettiva risponde alla legge del più forte, chi è più bravo nella dialettica e nella speculazione fa valere la propria opinione (che può tuttavia nascere da un apprezzamento sentito). Per questo personalmente riporto SOLO apprezzamenti, un -mi piace- disinteressato.
PS se non avessi menzionato la tua recensione di sao,probabilmente non avrei speso (ora a buon ragione) tempo ad argomentare il relativismo artistico.
per me il 5 di questa recensione significava che è un prodotto che a me è risultato piuttosto noioso,aldilà dei momenti,esilaranti,in cui Hikigaya dà il meglio di sè,ma allo stesso tempo soltanto questo potrebbe essere sufficiente,per un altro spettatore, a suscitare un'impressione ben più gradevole...
la bocciatura senza mezzi termini,per come interpreto il tutto io,l'ho data, ad esempio,tra le mie recensioni a Hiiro no Kakera,che si è beccato un bel 3 e che ho decisamente sconsigliato a tutti...
e non voglio convincerti di questo...voglio solo spiegarti il mio punto di vista e il mio modo di dare i voti...
per quanto riguarda invece il tuo incipit in cui mi dici che le mie frasi che hai quotato sono in contrasto,forse non hai capito il discorso....perchè volevo dire che mentre sono stato "massacrato" dai talebani di SAO,per il mio voto non positivo,stavolta i fans di Yahari,hanno criticato,si,la mia rece e il mio voto,ma l'hanno fatto senza scadere in messaggi velatamente offensivi o cmq aggressivi...
tutto,in questo caso,a differenza di ciò che è avvenuto per SAO,è rimasto nei giusti binari...
@Rygar : vero...probabilmente non ho colto la giusta sfumatura,che tu mi hai indicato...ma anche dopo il tuo commento,tutto quello che mi rimane in mente,pensando a questo anime sono gli interventi del protagonista...la trama faccio fatica a riviverla nella mia mente...poichè cmq piuttosto effimera,a mio parere,nel contesto complessivo della serie,e sicuramente poco incisiva rispetto ad altri prodotti più avvincenti...
e anche in questo caso,questa è la mia impressione...non ho la pretesa di convincerti,ci mancherebbe altro...
Sul discorso dei talebani ti posso ben comprendere: ogni serie ha la "sottocultura" che merita. Serie scarsa = sottocultura talebana dilagante e sbraitante.
A 'sto giro ho visto tutte e tre le serie.
Uchouten Kazoku l'ho commentato proprio insieme a Locke, quindi so bene come la pensa e il voto che ha dato non mi meraviglia. Anche se io l'ho valutato migliore di un discreto, la recensione è ben fatta e ben argomentata, quindi non ho nulla da dire.
Ho già detto troppo su UK nel mio rece-poema!
UtaPri non mi esprimo perché la mia recensione parla da sé.
Yahari... comprendo appieno i sentimenti di Irishman, perché più di una volta anche io ho ricevuto un senso di incompiutezza. Calcolo però che ci sarà un OAV e forse una II serie, almeno questa è la mia speranza. Ora come ora è vero che non ha avuto un'adeguata "fine".
Hikigaya è senz'altro un personaggio riuscito sotto ogni punto di vista. Si può non condividere il suo modo di fare, ma è intellettualmente onesto e questo lo rende ugualmente apprezzabile. Ed è vero che l'anime ruota molto intorno a lui e lui soltanto. Non mi viene però di criticare aspramente questa scelta, perché in fin dei conti con un protagonista così forte non si può sperare che i personaggi secondari non vengano perlomeno ombrati. Sta di fatto che sia Yuigahama sia Yukinoshita reggono benissimo il palco insieme a lui!
Ma se permettete, per me il miglior personaggio resta Totsuka!
In conclusione, oppure qua scrivo una recensione, Yahari lo avrei valutato discretamente, un 7.5 penso che ci stava tutto, perché è un ottimo slice of life, divertente, riflessivo, con personaggi più che buoni e episodi ben riusciti. Lo consiglio caldamente, con la speranza, ripeto, che ci sarà una seconda serie.
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