Con questo spazio inauguriamo una serie di appuntamenti dedicati a una lunga intervista/dialogo tra la redazione di AnimeClick.it e Gualtiero "Shito" Cannarsi. Tema del discorso è la ormai prossima uscita nelle sale italiane dell'ultimo film di Hayao Miyazaki, Kaze Tachinu, che è stato spunto per allargare la discussione a temi più generali, tenendo come baricentro l'opera di Miyazaki e dello Studio Ghibli.
Premettiamo che in redazione non abbiamo ancora potuto visionare il film; dunque, si tratta di un incontro ideale tra la prospettiva di chi, come Shito, ha già potuto ammirare e considerare attentamente l'opera (si è già occupato della stesura dei dialoghi per i sottotitoli ufficiali presentati a Venezia) e quella di chi attende con ansia di farlo. Ovvio che sulla nostra attesa abbiano avuto tempo di addensarsi suggestioni e aspettative, solleticate dalle anteprime trapelate e dalle notizie giunte a noi dal Giappone su Si alza il vento, nonché su Kaguya-hime no Monogatari, pellicola di Isao Takahata che completa la notevole doppietta Ghibli del 2013.
Proprio per questo, in un misto di curiosità e di passione per l'opera dei maestri Ghibli, ci siamo confrontati redazionalmente per poi proporre a Cannarsi la pluralità delle nostre voci condensata in singoli quesiti, aperti sempre al dialogo e alla sorpresa. Speriamo sia venuta fuori una cosa gradita al pubblico dei nostri lettori. Innanzitutto, sperando di non dimenticare nessuno, diamo un nome alle voci di cui sentirete l'eco nelle domande aperte poste a Gualtiero Cannarsi. In ordine alfabetico, hanno contribuito: Domenico V, Ironic74, Slanzard, Zelgadis, zettaiLara e キョン, che ha poi riportato le domande all'intervistato.
Vogliamo inoltre ringraziare Shito per la cortesia e la disponibilità dimostrate in questi mesi di collaborazione.
Vi lasciamo adesso, senza altri indugi, alla lettura, raccomondandovi, se ne avrete voglia, di seguirci anche nei prossimi appuntamenti. Nelle prossime settimane avrete modo infatti di leggere le altre parti dell'interdialogo. Prima, però, una piccola sorpresa. Siamo lieti di proporvi, per gentile interessamento di Gualtiero Cannarsi, un sottotitolaggio amatoriale del trailer originale giapponese di Kaze Tachinu, eseguito da mirkosp su testi (sempre amatorialmente) prodotti dallo stesso Gualtiero. Il trailer non è legato in alcun modo a Lucky Red, legittima detentrice per l'Italia dei diritti relativi alla pellicola, né alla pubblicazione italiana del film; è una cosa fatta da FAN per FAN e si riferisce, sin nel cartello che annuncia l'uscita in coda, alla distribuzione nelle sale giapponesi (avvenuta come noto nell'estate del 2013). Il trailer originale è stato diffuso sulla televisione nazionale giapponese ed era stato già reso disponibile su YouTube, da cui è stato tratto per la creazione del presente sottotitolaggio puramente amatoriale.
A.C.
Prima di addentrarci in riflessioni sull'intento narrativo di Miyazaki e sul significato dell'opera all'interno della sua produzione, farei astrazione — per quanto possibile — da questo tipo di considerazioni, per guardare l'opera con gli occhi incantati di uno spettatore che osservi il film 'ad occhio nudo', senza filtri, godendone appieno la poesia. Partirei domandoti: qual è l'atmosfera generale che si respira in questo film?
G.C.
L'atmosfera generale... beh, direi sicuramente un'atmosfera piuttosto realistica dello 'spirito del tempo' di un preciso momento del passato, in un preciso luogo per noi distante: il Giappone degli anni trenta. Per la precisione, Miyazaki Hayao ha parlato esplicitamente del "vento di un'epoca" (jidai no kaze). D'altro canto, stiamo parlando di un film intitolato Si alza il vento! Il concetto viene citato, ripreso e riproposto continuamente nei dialoghi dei personaggi, ma in fondo anche solo leggendo le scritte in sovrapposizione durante il trailer ufficiale del film la cosa risulta piuttosto evidente: si affresca un preciso momento storico, sociologico, per poi porre la domanda "come vivevano i giovani di allora?".
A.C.
Quindi, si tratta realmente di una pellicola che potremmo definire "storica", del tutto priva dell'elemento fantastico, come l'autore e lo studio di produzione l'hanno voluta presentare? Una frattura così netta rispetto allo stile mostrato, per un verso o per l'altro, in tutte le opere precedenti?
G.C.
Naturalmente, trattandosi di Miyazaki Hayao, la componente del 'vagheggiamento fantastico' è sempre un po' presente; anche se qui è celata, o meglio incastonata, in un’ambientazione storica e realistica, non dobbiamo infatti dimenticare che questo soggetto nasce come un breve manga omonimo, inserito nel genere dei Musou Note (traducibile come 'Appunti Trasognati') che l'autore pubblica saltuariamente sulla rivista di modellismo giapponese Model Graphix. Realizzate in grande formato e interamente a colori, con tavole acquerellate dallo stesso Miyazaki Hayao, queste storie a fumetti sono fantasiosamente incentrate su questo o quel celebre tipo di mezzo bellico d'annata, aeroplani soprattutto, come ci si potrebbe aspettare da Miyazaki Hayao, che ne è un grande appassionato, e come si confà a un pubblico di modellisti. Sono chiaramente dei diversivi artistici che Miyazaki crea per suo proprio diletto e interesse, sognando e svagandosi sugli oggetti della sua stessa mania, e anche Kaze Tachinu era da principio uno di questi particolarissimi manga. A ben vedere lo stesso era accaduto per Porco Rosso, tratto da un analogo 'piccolo manga' intitolato Hikoutei Jidai (trad: 'L'epoca degli idrovolanti'), non a caso l'unico altro soggetto di Miyazaki a trattare della storia dell'aeronautica. Tuttavia, se questi brevi manga hanno una loro intrinseca natura estemporanea, fantastica — poiché l'interesse è rivolto soprattutto alla minuzia dei meccanismi bellici rappresentati — nonché un po' umoristica (tutti gli uomini vi sono generalmente trasfigurati in porcellini), al contrario nella trasposizione filmica di Kaze Tachinu l'autore ne ha enfatizzato la componente storiografica e soprattutto realistica. La frattura stilistica che dici c'è senza dubbio, ma più che nella componente storica io la rintraccio nel dichiarato intento di "ritrarre l'uomo a tutto tondo": c'è questo intento realista, dove per 'realista' non intendo il realismo dell'ambiente, degli aerei, della storia, ma quello delle caratterizzazioni umane dei personaggi. Ecco dunque la frattura, il cambiamento stilistico: Miyazaki Hayao ha sempre narrato di personaggi ideali, idealistici. Un punto chiave del suo 'fantastico' è sempre stato proprio questa fanciullesca rappresentazione di una realtà idealizzata popolata da personaggi idealizzati. E Miyazaki stesso è sempre stato ben conscio di questa sua propria caratteristica, che talvolta gli è stata anche rinfacciata come critica (dico in Giappone) e che lui ha sempre giustificato con la necessità di dare speranza soprattutto alle nuove generazioni, dalle quali lui stesso trae a sua volta un senso di speranza per il futuro. Di contro, a fare animazione di stampo 'neorealista' è sempre stato il suo collega anziano Takahata Isao, ben lontano dalle idealità favolistiche di Miyazaki; ma in questo caso, pur mantenendo il suo stile, anche il secondo si è provato a rappresentare la realtà dell'animo umano.
A.C.
Si direbbe in ogni caso una sterzata stilistica molto significativa… senza dubbio sufficiente a rendere la comprensione di questo film per un pubblico straniero ben più ostica dei precedenti. È quindi un film destinato a non essere apprezzato, o realmente amato, in Occidente?
G.C.
Se consideriamo l'intento narrativo e la collocazione scenica del caso, non ha importanza che si tratti di Miyazaki Hayao, o che si trattasse di un Kurosawa Akira, o di un Ozu Yasujirou, ma qualsiasi film diventa di certo un'esperienza 'tutta diversa' a seconda che a fruirla sia un giapponese o uno straniero. Naturalmente un simile gradino culturale esiste sempre e comunque, nella fruizione di qualsiasi opera straniera, ma con una tale collocazione, così ricercata e intesa, messa dichiaratamente nel fuoco dell'occhio registico, il gradino è vertiginoso. Proviamo a invertire i termini: pensiamo a come potrebbe risultare, per esempio, un film sul fascismo, sulla società italiana durante il Ventennio, per un italiano o per un giapponese. Chiaramente anche chi in Italia non ha vissuto quel periodo ne avrà sentito raccontare e parlare durante tutta la sua formazione, per un verso o per l'altro. Per un giapponese invece è qualcosa che accadeva dall'altra parte del mondo, magari citato nei libri di storia, ma necessariamente distante, sicuramente non vissuto in alcun modo da alcun ascendente. E non si tratta solo di eventi storici, perché il particolare clima sociale di un periodo e di un dato luogo, la cultura del tempo, il famoso 'vento di un'epoca' di cui dicevamo influenza le persone che hanno vissuto in quel tempo e in quel luogo. In questi anni di globalizzazione e millantato cosmopolitismo si crede forse che le persone sul pianeta siano essenzialmente tutte uguali, che lo siano in fondo sempre state, ma personalmente non riesco a condividere questa visione. In genere non si può capire la cultura, la società, la vita di un'altra parte del mondo semplicemente documentandosi. La differenza è tutta quella che passa tra la vita e la storia. Quindi, tornando a Kaze Tachinu, per un occidentale che come me ha forti interessi nipponisti, il film è veramente l'occasione per apprezzare uno spaccato della storia moderna e della sociologia del Giappone riconsiderate dall'interno. Anzi, siccome Miyazaki Hayao ha un modo espressivo molto 'sensoriale', molto 'fascinoso', direi quasi 'materico', questa comunicazione credo sia molto intensa e ricchissima, un tuffo in una 'sensazione' che un libro da sé non potrebbe mai dare. Invece, per chi ha scarso interesse verso il Giappone come paese e la sua cultura, suppongo che il film possa risultare piuttosto lento, forse a tratti poco significativo e persino noioso. Del resto, anche lo scolpito umano, specie se 'realistico', è uno scolpito che vive dello spirito del soggetto ritratto, ovvero un protagonista basato su una biografia reale.
A.C.
Parlando di come la storia attraversi una creazione artistica, ci si addentra tra i meandri della memoria, che è poi la sostanza della storia stessa, intesa sia come autobiografia e vicenda personale, sia come vicenda collettiva e successione di eventi epocali. Soffermandoci inizialmente sul primo aspetto, è legittimo chiedersi: qual è il peso della nostalgia nell'economia del lungometraggio? Cito qui Miyazaki: «Quando ho visto il film di Tarkovskij, Nostalghia, ho capito quanto questo sentimento potesse essere universale e condiviso, anche nei bambini. La nostalgia non è un privilegio degli adulti: è una delle rare caratteristiche che ci rendono umani. Umani e bambini. Vivendo, perdiamo, via via, qualcosa. È la vita. La vita diventa, per tutti, nostalgia».
G.C.
Senza ammettere una simile universalizzazione del concetto (e sentimento) di nostalgia, sarebbe qui difficile pensare a un discorso di nostalgia in senso proprio, perché le epoche qui narrate non sono state vissute in prima persona da Miyazaki Hayao. Il film non copre gli anni della Seconda Guerra Mondiale, quanto piuttosto quelli delle sue premesse: indi il regista non era ancora nato. È proprio come per Miyazaki Gorou e Coquelicot-Zaka kara (Dalla Collina dei Papaveri), se vogliamo. Ma se in questo secondo caso si può forse ragguagliare una pur tipica volontà di apologia per una perduta, idealizzata, vagheggiata arcadia di semplicità e purezza di un pur realmente ignoto passato (classico tema di ogni momento di decadenza della storia umana — ciclicamente), in Kaze Tachinu non mi pare di scorgere alcunché di simile. In effetti, l'epoca di Kaze Tachinu era proprio troppo dura e troppo 'impazzita' per poterla rimpiangere con leggerezza: questo nel film è chiarissimamente rappresentato, e Miyazaki Hayao la affresca piuttosto per cercare di capirne il sentimento. Guardando il film, percepisco questo forte interesse d’indagine sensoriale della storia recente, condotta con grande onestà. È d'altronde un interesse molto umanista: l'incedere degli eventi è assai focalizzato sul personaggio del protagonista, sopra ogni cosa. Un po' come andare alla ricerca della verità dell'uomo nella storia, ecco.
A.C.
Sin da quando si è parlato di un film su un personaggio — adulto — che ha strettamente a che fare con gli aerei, da sempre tema caro a Miyazaki, è venuto spontaneo domandarsi se Kaze Tachinu non sarebbe finito per diventare 'troppo carico di spunti' o di desideri e tematiche 'eccessivamente personali'. Kaze Tachinu è questa sorta di ricettacolo? Esiste una specie di impronta personale che Miyazaki avrebbe da sempre desiderato lasciare sulla pellicola di qualche sua opera, e che ha trovato in quest'ultimo film il contenitore ideale? Il discorso aperto con Porco Rosso, i ricordi legati all'azienda paterna di componentistica aeronautica (materiale utilizzato tra l'altro proprio nell'assemblaggio dei caccia Zero progettati da Horikoshi Jirou), ecco... Kaze Tachinu chiude un po' il cerchio?
G.C.
Credo che Miyazaki Hayao, a seguito della sua fascinazione di sempre per gli aerei retrò, abbia negli anni spontaneamente approfondito la figura e la biografia di Horikoshi Jirou, il progettista dei 'leggendari' ZeroSen. In effetti questo è stato anche confermato da Suzuki Toshio. Da lì, il passo all'interesse storiografico e sociologico credo sia breve, se pensiamo a una passione che cresce e invecchia assieme alla persona che la prova. Credo che in genere gli anziani percepiscano la presenza dei tempi passati in modo più profondo del giovani, forse perché un anziano può scorgere 'un tempo perduto' anche nella sua stessa vita. Così Miyazaki Hayao, ormai come passato dalla passione per la letteratura per l'infanzia a classici nazionali quali Natsume Souseki, Hotta Yoshie e poi Hori Tatsuo, si è forse dato del tutto all'interesse per quell'epoca. Allo stesso tempo, Miyazaki ha sempre più empatizzato con la passione (in senso proprio) di Horikoshi verso la creazione di 'qualcosa di bello': un aereo per il progettista, l'animazione per il regista. Credo che questo sentimento di vicinanza corra sul filo di artigianato e arte, devozione per la propria opera, spinta a vivere la propria epoca — tutte cose ben evidenziate nella pellicola, nonché nell'opera e nella vita di Miyazaki Hayao.
A.C.
Dalla nostalgia al futuro. E in questo caso il futuro, per Miyazaki, sarebbe un congedo artistico. Kaze Tachinu è quindi l'opera definitiva, per il maestro, in quanto l'ultima? O semplicemente una al pari delle altre, altrettanto amata e curata?
G.C.
Penso che per Miyazaki Hayao, come forse per ogni artista e artigiano, tutte le opere siano ben diverse fra loro nel momento creativo, ma se rimirate dalla distanza siano poi ugualmente care. Anche questa è una cosa che l'autore ha esplicitamente dichiarato, ma a pensarci non ci sarebbe stato neppure bisogno di chiederglielo. Ciò che per il pubblico sono due ore di film, per l'autore sono due o più anni di vita, di quotidianità, di dedizione, passione e fatica. Alcuni realizzano con lungo tempo ciò che altri consumano in brevissimo tempo. Quindi è normale che ogni film, per un regista come Miyazaki, sia soprattutto legato al momento della vita in cui l'ha realizzato. Non metto in dubbio la sincerità che Miyazaki Hayao ha usato nel dichiarare il suo ritiro dalla creazione dei lungometraggi, ma d'altro canto, come è sempre nella vita e nell'arte e nella vita dell'artista, solo vivendo ogni momento al presente si può sapere che cosa porterà in futuro. Perché cambiando le situazioni contingenti, cambiano anche le percezioni, i sentimenti e le prospettive dell'artista. Senza alcuno scherno, credo che lo stesso Miyazaki Hayao ce l'abbia provato più volte.
A.C.
Il timore è che questo film paradossalmente non possa far librare lo spettatore in alto nel cielo con 'leggerezza' come le opere precedenti, proprio a causa del potenziale carico di eccessiva personalità cui si accennava in precedenza. In fondo, viene dopo il terremoto del Touhoku (2011), in un momento storico in cui la leggerezza non aleggia certo all'orizzonte dei cieli giapponesi. Il vento che spira da quest'opera è malinconico e cupo, o lieve e carico di promesse? Oppure, al contrario, non è stato vestito di nessuna particolare malinconia né segnato dalla decisione di Miyazaki di ritirarsi?
G.C.
Stando alle dichiarazioni, l'intenzione di ritirarsi di Miyazaki Hayao è successiva al completamento di questo film. Personalmente, non faccio fatica a crederlo. Miyazaki Hayao è un artigiano febbrile: quando è all’opera consacra tutto sé stesso al lavoro che sta realizzando, ne è assorbito, diventa un "servo del film" (eiga no shimobe), per usare le sue precise parole — quindi di certo non pensa al 'dopo'. Per contro, ad opera compiuta è sempre esausto, provato fisicamente e interiormente. Credo sia per questo che Miyazaki Hayao ha già più volte annunciato il suo ritiro dopo la conclusione di un suo film — il caso più significativo accadde in seguito a Mononoke Hime, la cui realizzazione era stata davvero estenuante. Di conseguenza, non credo che il tono greve di Kaze Tachinu sia la proiezione di un pensiero come di 'finale' nella mente di Miyazaki Hayao. Piuttosto, come dicevo, penso che ogni film viva del momento interiore ed esteriore dell'autore: i suoi sentimenti e le sue circostanze, gli uni legati alle altre. Quindi, come tu dici, non c'è leggerezza in questo film: il Giappone ha recentemente conosciuto il grande disastro del terremoto del Tohoku e la susseguente disgrazia nucleare, questo è il clima del momento in cui è stata creata l'opera di cui parliamo. Sappiamo per certo che Miyazaki Hayao, con la mente di una persona anziana, ha molto sentito tutto questo dal punto di vista emotivo — le conferenze stampa dei tempi, quando lo Studio Ghibli stava completando e poi rilasciando Coquelicot-Zaka kara, sono inequivocabili. Dunque c'è senz'altro molta mestizia in questa nuova pellicola. Greve è lo spirito del tempo narrato, greve è lo spirito del tempo del narrante al momento del suo narrare. Credo che il tono di questo film sia nato proprio da questa empatia attraverso due diverse epoche, com'era già accaduto anche per Mononoke Hime, non a caso l'unico altro soggetto dalla componente realmente storica mai partorito da Miyazaki Hayao. Anche lì, si trattava (e si tratta) di una pellicola a tratti cupa ed estremamente seria, che intendeva essere tale — dichiaratamente. Mononoke Hime dipingeva lo scontro tra umanità e natura come inevitabile, e senza vincitori. Oggi, in Kaze Tachinu, ci si focalizzata sull'opera dell'uomo nella società degli uomini, ma la sensazione è che il pur imprescindibile sforzo vitalistico umano ("Bisogna vivere." — come recita lo slogan ufficiale del film), anche quando coronato dal raggiungimento del suo fine, porti sempre al conflitto e, in ultima analisi, al fallimento.
A.C.
Forse gli eroi di Miyazaki, storici o immaginari che siano, desiderano solo ricordarci che il futuro è sempre il regno delle possibilità, nonostante l'improbabilità che le cose più belle si realizzino? Da un lato gli eroi quotidiani, dall'altro quelli 'magici', fino alle presenze più leggere e volatili dell'immaginario ghibliano, sfuggenti come i Nerini del Buio o ineffabili come il Gattobus. Alla fine, però, non c’è una sostanziale differenza, sia che la storia abbia un taglio realistico, riportando alla luce le ferite della guerra o le stanze abbandonate di una vecchia casa di campagna, sia che si colori decisamente di fantastico. In entrambi i casi, sembra che ci sia sempre l’intento di trasmettere speranza attraverso l’animazione — lo stesso Miyazaki ha parlato, a proposito del proprio cinema, di illusioni indispensabili «per rassicurare i nuovi venuti, per confortarli sull'accidentato percorso dell'esistenza». Si tratta sempre di iniettare anticorpi contro la disperazione in agguato nel mondo contemporaneo?
G.C.
Personalmente, non ho trovato un simile 'ottimismo nel pessimismo' in questa pellicola. Soprattutto non credo che esista nulla come una coerenza della poetica di Miyazaki Hayao. Per come lo vedo e l'ho conosciuto, Miyazaki Hayao è una persona semplice, un vero artigiano, con le sue personali passioni e le sue circostanze prima di qualsiasi credo analitico. Non a caso si autodefinisce un "normale vecchietto" e un "groviglio di contraddizioni". Per esempio, trattandosi di un autore che si interroga responsabilmente sull'opportunità delle sue opere nei confronti del pubblico, Miyazaki ha spesso cercato di giustificare intellettualmente la necessità dell'evasione nella fantasia, questo potere catartico dell'intrattenimento. Come dicevo, la sua necessità di narrazioni e personaggi fantastici nella loro idealità sembra venire proprio da questo. Ma allo stesso tempo, sappiamo che Miyazaki Hayao è innanzitutto un animatore, ovvero un regista d'animazione che viene dalla gioia del far muovere i disegni, e credo quindi che questa spinta a realizzare delle belle animazioni esista comunque in lui anche secondo un modo di essere infantile, genuino, forse realmente artistico. Credo che in lui esista in primis questa contraddizione, che forse è anche un po' un conflitto interiore.
Prima dicevo che ritengo le opere di Miyazaki Hayao siano sempre molto legate al momento che l'autore vive mentre le crea, piuttosto che a un presunto 'grande disegno espressivo e onnicomprensivo', che poi i critici amano sempre rintracciare a posteriori. Per esempio, quando Miyazaki realizzò Ponyo sulla scogliera, ha creato un film davvero molto solare, positivo, ottimistico. Lo slogan ufficiale era: "Che bello essere nati!" — il che direi che dice proprio tutto. Persino uno tsunami, in quel film, ha un che di vitalistico! Era davvero un film che guardava al futuro e alla speranza dei bimbi del domani, il tutto a seguito dalle circostanze che Miyazaki Hayao stava vivendo in quel dato momento: molti nuovi nati tra i membri del suo staff, molta energia vitale intorno a lui. Queste cose mi sono vivide e chiare perché al tempo ebbi anche l'occasione di trovarmi a parlarne di persona con l'autore (link: http://www.nazioneindiana.com/2012/05/07/riconsiderazioni-su-ponyo), mentre per Kaze Tachinu non ho di certo avuto analoga occasione di contatto diretto, tuttavia mi pare che la nuova pellicola, e le sue circostanze creative, si trovino ai perfetti antipodi del momento di Ponyo. Adesso l'atmosfera mi pare piuttosto quella dell'angustia del presente e della riflessione sull'angustia del passato. Di una mestizia ineluttabile, anche di fronte al più genuino dei sogni di un bambino. Di amara accettazione di un fallimento annunciato e inesorabile anche nella realizzazione individuale.
Riprende la parola la redazione, per segnalarvi che vi aspettiamo tra una settimana con la seconda parte dell'intervista. Parleremo del rapporto tra il pacifista Miyazaki e la guerra, e del dialogo con l'arte dell'artigiano Miyazaki, due tematiche più che mai centrali per avvicinarsi a Kaze Tachinu.
Premettiamo che in redazione non abbiamo ancora potuto visionare il film; dunque, si tratta di un incontro ideale tra la prospettiva di chi, come Shito, ha già potuto ammirare e considerare attentamente l'opera (si è già occupato della stesura dei dialoghi per i sottotitoli ufficiali presentati a Venezia) e quella di chi attende con ansia di farlo. Ovvio che sulla nostra attesa abbiano avuto tempo di addensarsi suggestioni e aspettative, solleticate dalle anteprime trapelate e dalle notizie giunte a noi dal Giappone su Si alza il vento, nonché su Kaguya-hime no Monogatari, pellicola di Isao Takahata che completa la notevole doppietta Ghibli del 2013.
Proprio per questo, in un misto di curiosità e di passione per l'opera dei maestri Ghibli, ci siamo confrontati redazionalmente per poi proporre a Cannarsi la pluralità delle nostre voci condensata in singoli quesiti, aperti sempre al dialogo e alla sorpresa. Speriamo sia venuta fuori una cosa gradita al pubblico dei nostri lettori. Innanzitutto, sperando di non dimenticare nessuno, diamo un nome alle voci di cui sentirete l'eco nelle domande aperte poste a Gualtiero Cannarsi. In ordine alfabetico, hanno contribuito: Domenico V, Ironic74, Slanzard, Zelgadis, zettaiLara e キョン, che ha poi riportato le domande all'intervistato.
Vogliamo inoltre ringraziare Shito per la cortesia e la disponibilità dimostrate in questi mesi di collaborazione.
Vi lasciamo adesso, senza altri indugi, alla lettura, raccomondandovi, se ne avrete voglia, di seguirci anche nei prossimi appuntamenti. Nelle prossime settimane avrete modo infatti di leggere le altre parti dell'interdialogo. Prima, però, una piccola sorpresa. Siamo lieti di proporvi, per gentile interessamento di Gualtiero Cannarsi, un sottotitolaggio amatoriale del trailer originale giapponese di Kaze Tachinu, eseguito da mirkosp su testi (sempre amatorialmente) prodotti dallo stesso Gualtiero. Il trailer non è legato in alcun modo a Lucky Red, legittima detentrice per l'Italia dei diritti relativi alla pellicola, né alla pubblicazione italiana del film; è una cosa fatta da FAN per FAN e si riferisce, sin nel cartello che annuncia l'uscita in coda, alla distribuzione nelle sale giapponesi (avvenuta come noto nell'estate del 2013). Il trailer originale è stato diffuso sulla televisione nazionale giapponese ed era stato già reso disponibile su YouTube, da cui è stato tratto per la creazione del presente sottotitolaggio puramente amatoriale.
Ghibli: dal vento, all'aeroplano, allo Studio...
Da Kaze Tachinu, dialoghi sparsi intorno a passioni e creazioni di Miyazaki Hayao
~Parte Prima~
~Parte Prima~
SI ALZA IL VENTO…
A.C.
Prima di addentrarci in riflessioni sull'intento narrativo di Miyazaki e sul significato dell'opera all'interno della sua produzione, farei astrazione — per quanto possibile — da questo tipo di considerazioni, per guardare l'opera con gli occhi incantati di uno spettatore che osservi il film 'ad occhio nudo', senza filtri, godendone appieno la poesia. Partirei domandoti: qual è l'atmosfera generale che si respira in questo film?
G.C.
L'atmosfera generale... beh, direi sicuramente un'atmosfera piuttosto realistica dello 'spirito del tempo' di un preciso momento del passato, in un preciso luogo per noi distante: il Giappone degli anni trenta. Per la precisione, Miyazaki Hayao ha parlato esplicitamente del "vento di un'epoca" (jidai no kaze). D'altro canto, stiamo parlando di un film intitolato Si alza il vento! Il concetto viene citato, ripreso e riproposto continuamente nei dialoghi dei personaggi, ma in fondo anche solo leggendo le scritte in sovrapposizione durante il trailer ufficiale del film la cosa risulta piuttosto evidente: si affresca un preciso momento storico, sociologico, per poi porre la domanda "come vivevano i giovani di allora?".
A.C.
Quindi, si tratta realmente di una pellicola che potremmo definire "storica", del tutto priva dell'elemento fantastico, come l'autore e lo studio di produzione l'hanno voluta presentare? Una frattura così netta rispetto allo stile mostrato, per un verso o per l'altro, in tutte le opere precedenti?
G.C.
Naturalmente, trattandosi di Miyazaki Hayao, la componente del 'vagheggiamento fantastico' è sempre un po' presente; anche se qui è celata, o meglio incastonata, in un’ambientazione storica e realistica, non dobbiamo infatti dimenticare che questo soggetto nasce come un breve manga omonimo, inserito nel genere dei Musou Note (traducibile come 'Appunti Trasognati') che l'autore pubblica saltuariamente sulla rivista di modellismo giapponese Model Graphix. Realizzate in grande formato e interamente a colori, con tavole acquerellate dallo stesso Miyazaki Hayao, queste storie a fumetti sono fantasiosamente incentrate su questo o quel celebre tipo di mezzo bellico d'annata, aeroplani soprattutto, come ci si potrebbe aspettare da Miyazaki Hayao, che ne è un grande appassionato, e come si confà a un pubblico di modellisti. Sono chiaramente dei diversivi artistici che Miyazaki crea per suo proprio diletto e interesse, sognando e svagandosi sugli oggetti della sua stessa mania, e anche Kaze Tachinu era da principio uno di questi particolarissimi manga. A ben vedere lo stesso era accaduto per Porco Rosso, tratto da un analogo 'piccolo manga' intitolato Hikoutei Jidai (trad: 'L'epoca degli idrovolanti'), non a caso l'unico altro soggetto di Miyazaki a trattare della storia dell'aeronautica. Tuttavia, se questi brevi manga hanno una loro intrinseca natura estemporanea, fantastica — poiché l'interesse è rivolto soprattutto alla minuzia dei meccanismi bellici rappresentati — nonché un po' umoristica (tutti gli uomini vi sono generalmente trasfigurati in porcellini), al contrario nella trasposizione filmica di Kaze Tachinu l'autore ne ha enfatizzato la componente storiografica e soprattutto realistica. La frattura stilistica che dici c'è senza dubbio, ma più che nella componente storica io la rintraccio nel dichiarato intento di "ritrarre l'uomo a tutto tondo": c'è questo intento realista, dove per 'realista' non intendo il realismo dell'ambiente, degli aerei, della storia, ma quello delle caratterizzazioni umane dei personaggi. Ecco dunque la frattura, il cambiamento stilistico: Miyazaki Hayao ha sempre narrato di personaggi ideali, idealistici. Un punto chiave del suo 'fantastico' è sempre stato proprio questa fanciullesca rappresentazione di una realtà idealizzata popolata da personaggi idealizzati. E Miyazaki stesso è sempre stato ben conscio di questa sua propria caratteristica, che talvolta gli è stata anche rinfacciata come critica (dico in Giappone) e che lui ha sempre giustificato con la necessità di dare speranza soprattutto alle nuove generazioni, dalle quali lui stesso trae a sua volta un senso di speranza per il futuro. Di contro, a fare animazione di stampo 'neorealista' è sempre stato il suo collega anziano Takahata Isao, ben lontano dalle idealità favolistiche di Miyazaki; ma in questo caso, pur mantenendo il suo stile, anche il secondo si è provato a rappresentare la realtà dell'animo umano.
A.C.
Si direbbe in ogni caso una sterzata stilistica molto significativa… senza dubbio sufficiente a rendere la comprensione di questo film per un pubblico straniero ben più ostica dei precedenti. È quindi un film destinato a non essere apprezzato, o realmente amato, in Occidente?
G.C.
Se consideriamo l'intento narrativo e la collocazione scenica del caso, non ha importanza che si tratti di Miyazaki Hayao, o che si trattasse di un Kurosawa Akira, o di un Ozu Yasujirou, ma qualsiasi film diventa di certo un'esperienza 'tutta diversa' a seconda che a fruirla sia un giapponese o uno straniero. Naturalmente un simile gradino culturale esiste sempre e comunque, nella fruizione di qualsiasi opera straniera, ma con una tale collocazione, così ricercata e intesa, messa dichiaratamente nel fuoco dell'occhio registico, il gradino è vertiginoso. Proviamo a invertire i termini: pensiamo a come potrebbe risultare, per esempio, un film sul fascismo, sulla società italiana durante il Ventennio, per un italiano o per un giapponese. Chiaramente anche chi in Italia non ha vissuto quel periodo ne avrà sentito raccontare e parlare durante tutta la sua formazione, per un verso o per l'altro. Per un giapponese invece è qualcosa che accadeva dall'altra parte del mondo, magari citato nei libri di storia, ma necessariamente distante, sicuramente non vissuto in alcun modo da alcun ascendente. E non si tratta solo di eventi storici, perché il particolare clima sociale di un periodo e di un dato luogo, la cultura del tempo, il famoso 'vento di un'epoca' di cui dicevamo influenza le persone che hanno vissuto in quel tempo e in quel luogo. In questi anni di globalizzazione e millantato cosmopolitismo si crede forse che le persone sul pianeta siano essenzialmente tutte uguali, che lo siano in fondo sempre state, ma personalmente non riesco a condividere questa visione. In genere non si può capire la cultura, la società, la vita di un'altra parte del mondo semplicemente documentandosi. La differenza è tutta quella che passa tra la vita e la storia. Quindi, tornando a Kaze Tachinu, per un occidentale che come me ha forti interessi nipponisti, il film è veramente l'occasione per apprezzare uno spaccato della storia moderna e della sociologia del Giappone riconsiderate dall'interno. Anzi, siccome Miyazaki Hayao ha un modo espressivo molto 'sensoriale', molto 'fascinoso', direi quasi 'materico', questa comunicazione credo sia molto intensa e ricchissima, un tuffo in una 'sensazione' che un libro da sé non potrebbe mai dare. Invece, per chi ha scarso interesse verso il Giappone come paese e la sua cultura, suppongo che il film possa risultare piuttosto lento, forse a tratti poco significativo e persino noioso. Del resto, anche lo scolpito umano, specie se 'realistico', è uno scolpito che vive dello spirito del soggetto ritratto, ovvero un protagonista basato su una biografia reale.
A.C.
Parlando di come la storia attraversi una creazione artistica, ci si addentra tra i meandri della memoria, che è poi la sostanza della storia stessa, intesa sia come autobiografia e vicenda personale, sia come vicenda collettiva e successione di eventi epocali. Soffermandoci inizialmente sul primo aspetto, è legittimo chiedersi: qual è il peso della nostalgia nell'economia del lungometraggio? Cito qui Miyazaki: «Quando ho visto il film di Tarkovskij, Nostalghia, ho capito quanto questo sentimento potesse essere universale e condiviso, anche nei bambini. La nostalgia non è un privilegio degli adulti: è una delle rare caratteristiche che ci rendono umani. Umani e bambini. Vivendo, perdiamo, via via, qualcosa. È la vita. La vita diventa, per tutti, nostalgia».
G.C.
Senza ammettere una simile universalizzazione del concetto (e sentimento) di nostalgia, sarebbe qui difficile pensare a un discorso di nostalgia in senso proprio, perché le epoche qui narrate non sono state vissute in prima persona da Miyazaki Hayao. Il film non copre gli anni della Seconda Guerra Mondiale, quanto piuttosto quelli delle sue premesse: indi il regista non era ancora nato. È proprio come per Miyazaki Gorou e Coquelicot-Zaka kara (Dalla Collina dei Papaveri), se vogliamo. Ma se in questo secondo caso si può forse ragguagliare una pur tipica volontà di apologia per una perduta, idealizzata, vagheggiata arcadia di semplicità e purezza di un pur realmente ignoto passato (classico tema di ogni momento di decadenza della storia umana — ciclicamente), in Kaze Tachinu non mi pare di scorgere alcunché di simile. In effetti, l'epoca di Kaze Tachinu era proprio troppo dura e troppo 'impazzita' per poterla rimpiangere con leggerezza: questo nel film è chiarissimamente rappresentato, e Miyazaki Hayao la affresca piuttosto per cercare di capirne il sentimento. Guardando il film, percepisco questo forte interesse d’indagine sensoriale della storia recente, condotta con grande onestà. È d'altronde un interesse molto umanista: l'incedere degli eventi è assai focalizzato sul personaggio del protagonista, sopra ogni cosa. Un po' come andare alla ricerca della verità dell'uomo nella storia, ecco.
A.C.
Sin da quando si è parlato di un film su un personaggio — adulto — che ha strettamente a che fare con gli aerei, da sempre tema caro a Miyazaki, è venuto spontaneo domandarsi se Kaze Tachinu non sarebbe finito per diventare 'troppo carico di spunti' o di desideri e tematiche 'eccessivamente personali'. Kaze Tachinu è questa sorta di ricettacolo? Esiste una specie di impronta personale che Miyazaki avrebbe da sempre desiderato lasciare sulla pellicola di qualche sua opera, e che ha trovato in quest'ultimo film il contenitore ideale? Il discorso aperto con Porco Rosso, i ricordi legati all'azienda paterna di componentistica aeronautica (materiale utilizzato tra l'altro proprio nell'assemblaggio dei caccia Zero progettati da Horikoshi Jirou), ecco... Kaze Tachinu chiude un po' il cerchio?
G.C.
Credo che Miyazaki Hayao, a seguito della sua fascinazione di sempre per gli aerei retrò, abbia negli anni spontaneamente approfondito la figura e la biografia di Horikoshi Jirou, il progettista dei 'leggendari' ZeroSen. In effetti questo è stato anche confermato da Suzuki Toshio. Da lì, il passo all'interesse storiografico e sociologico credo sia breve, se pensiamo a una passione che cresce e invecchia assieme alla persona che la prova. Credo che in genere gli anziani percepiscano la presenza dei tempi passati in modo più profondo del giovani, forse perché un anziano può scorgere 'un tempo perduto' anche nella sua stessa vita. Così Miyazaki Hayao, ormai come passato dalla passione per la letteratura per l'infanzia a classici nazionali quali Natsume Souseki, Hotta Yoshie e poi Hori Tatsuo, si è forse dato del tutto all'interesse per quell'epoca. Allo stesso tempo, Miyazaki ha sempre più empatizzato con la passione (in senso proprio) di Horikoshi verso la creazione di 'qualcosa di bello': un aereo per il progettista, l'animazione per il regista. Credo che questo sentimento di vicinanza corra sul filo di artigianato e arte, devozione per la propria opera, spinta a vivere la propria epoca — tutte cose ben evidenziate nella pellicola, nonché nell'opera e nella vita di Miyazaki Hayao.
L'AUTORE E LA SUA OPERA
A.C.
Dalla nostalgia al futuro. E in questo caso il futuro, per Miyazaki, sarebbe un congedo artistico. Kaze Tachinu è quindi l'opera definitiva, per il maestro, in quanto l'ultima? O semplicemente una al pari delle altre, altrettanto amata e curata?
G.C.
Penso che per Miyazaki Hayao, come forse per ogni artista e artigiano, tutte le opere siano ben diverse fra loro nel momento creativo, ma se rimirate dalla distanza siano poi ugualmente care. Anche questa è una cosa che l'autore ha esplicitamente dichiarato, ma a pensarci non ci sarebbe stato neppure bisogno di chiederglielo. Ciò che per il pubblico sono due ore di film, per l'autore sono due o più anni di vita, di quotidianità, di dedizione, passione e fatica. Alcuni realizzano con lungo tempo ciò che altri consumano in brevissimo tempo. Quindi è normale che ogni film, per un regista come Miyazaki, sia soprattutto legato al momento della vita in cui l'ha realizzato. Non metto in dubbio la sincerità che Miyazaki Hayao ha usato nel dichiarare il suo ritiro dalla creazione dei lungometraggi, ma d'altro canto, come è sempre nella vita e nell'arte e nella vita dell'artista, solo vivendo ogni momento al presente si può sapere che cosa porterà in futuro. Perché cambiando le situazioni contingenti, cambiano anche le percezioni, i sentimenti e le prospettive dell'artista. Senza alcuno scherno, credo che lo stesso Miyazaki Hayao ce l'abbia provato più volte.
A.C.
Il timore è che questo film paradossalmente non possa far librare lo spettatore in alto nel cielo con 'leggerezza' come le opere precedenti, proprio a causa del potenziale carico di eccessiva personalità cui si accennava in precedenza. In fondo, viene dopo il terremoto del Touhoku (2011), in un momento storico in cui la leggerezza non aleggia certo all'orizzonte dei cieli giapponesi. Il vento che spira da quest'opera è malinconico e cupo, o lieve e carico di promesse? Oppure, al contrario, non è stato vestito di nessuna particolare malinconia né segnato dalla decisione di Miyazaki di ritirarsi?
G.C.
Stando alle dichiarazioni, l'intenzione di ritirarsi di Miyazaki Hayao è successiva al completamento di questo film. Personalmente, non faccio fatica a crederlo. Miyazaki Hayao è un artigiano febbrile: quando è all’opera consacra tutto sé stesso al lavoro che sta realizzando, ne è assorbito, diventa un "servo del film" (eiga no shimobe), per usare le sue precise parole — quindi di certo non pensa al 'dopo'. Per contro, ad opera compiuta è sempre esausto, provato fisicamente e interiormente. Credo sia per questo che Miyazaki Hayao ha già più volte annunciato il suo ritiro dopo la conclusione di un suo film — il caso più significativo accadde in seguito a Mononoke Hime, la cui realizzazione era stata davvero estenuante. Di conseguenza, non credo che il tono greve di Kaze Tachinu sia la proiezione di un pensiero come di 'finale' nella mente di Miyazaki Hayao. Piuttosto, come dicevo, penso che ogni film viva del momento interiore ed esteriore dell'autore: i suoi sentimenti e le sue circostanze, gli uni legati alle altre. Quindi, come tu dici, non c'è leggerezza in questo film: il Giappone ha recentemente conosciuto il grande disastro del terremoto del Tohoku e la susseguente disgrazia nucleare, questo è il clima del momento in cui è stata creata l'opera di cui parliamo. Sappiamo per certo che Miyazaki Hayao, con la mente di una persona anziana, ha molto sentito tutto questo dal punto di vista emotivo — le conferenze stampa dei tempi, quando lo Studio Ghibli stava completando e poi rilasciando Coquelicot-Zaka kara, sono inequivocabili. Dunque c'è senz'altro molta mestizia in questa nuova pellicola. Greve è lo spirito del tempo narrato, greve è lo spirito del tempo del narrante al momento del suo narrare. Credo che il tono di questo film sia nato proprio da questa empatia attraverso due diverse epoche, com'era già accaduto anche per Mononoke Hime, non a caso l'unico altro soggetto dalla componente realmente storica mai partorito da Miyazaki Hayao. Anche lì, si trattava (e si tratta) di una pellicola a tratti cupa ed estremamente seria, che intendeva essere tale — dichiaratamente. Mononoke Hime dipingeva lo scontro tra umanità e natura come inevitabile, e senza vincitori. Oggi, in Kaze Tachinu, ci si focalizzata sull'opera dell'uomo nella società degli uomini, ma la sensazione è che il pur imprescindibile sforzo vitalistico umano ("Bisogna vivere." — come recita lo slogan ufficiale del film), anche quando coronato dal raggiungimento del suo fine, porti sempre al conflitto e, in ultima analisi, al fallimento.
A.C.
Forse gli eroi di Miyazaki, storici o immaginari che siano, desiderano solo ricordarci che il futuro è sempre il regno delle possibilità, nonostante l'improbabilità che le cose più belle si realizzino? Da un lato gli eroi quotidiani, dall'altro quelli 'magici', fino alle presenze più leggere e volatili dell'immaginario ghibliano, sfuggenti come i Nerini del Buio o ineffabili come il Gattobus. Alla fine, però, non c’è una sostanziale differenza, sia che la storia abbia un taglio realistico, riportando alla luce le ferite della guerra o le stanze abbandonate di una vecchia casa di campagna, sia che si colori decisamente di fantastico. In entrambi i casi, sembra che ci sia sempre l’intento di trasmettere speranza attraverso l’animazione — lo stesso Miyazaki ha parlato, a proposito del proprio cinema, di illusioni indispensabili «per rassicurare i nuovi venuti, per confortarli sull'accidentato percorso dell'esistenza». Si tratta sempre di iniettare anticorpi contro la disperazione in agguato nel mondo contemporaneo?
G.C.
Personalmente, non ho trovato un simile 'ottimismo nel pessimismo' in questa pellicola. Soprattutto non credo che esista nulla come una coerenza della poetica di Miyazaki Hayao. Per come lo vedo e l'ho conosciuto, Miyazaki Hayao è una persona semplice, un vero artigiano, con le sue personali passioni e le sue circostanze prima di qualsiasi credo analitico. Non a caso si autodefinisce un "normale vecchietto" e un "groviglio di contraddizioni". Per esempio, trattandosi di un autore che si interroga responsabilmente sull'opportunità delle sue opere nei confronti del pubblico, Miyazaki ha spesso cercato di giustificare intellettualmente la necessità dell'evasione nella fantasia, questo potere catartico dell'intrattenimento. Come dicevo, la sua necessità di narrazioni e personaggi fantastici nella loro idealità sembra venire proprio da questo. Ma allo stesso tempo, sappiamo che Miyazaki Hayao è innanzitutto un animatore, ovvero un regista d'animazione che viene dalla gioia del far muovere i disegni, e credo quindi che questa spinta a realizzare delle belle animazioni esista comunque in lui anche secondo un modo di essere infantile, genuino, forse realmente artistico. Credo che in lui esista in primis questa contraddizione, che forse è anche un po' un conflitto interiore.
Prima dicevo che ritengo le opere di Miyazaki Hayao siano sempre molto legate al momento che l'autore vive mentre le crea, piuttosto che a un presunto 'grande disegno espressivo e onnicomprensivo', che poi i critici amano sempre rintracciare a posteriori. Per esempio, quando Miyazaki realizzò Ponyo sulla scogliera, ha creato un film davvero molto solare, positivo, ottimistico. Lo slogan ufficiale era: "Che bello essere nati!" — il che direi che dice proprio tutto. Persino uno tsunami, in quel film, ha un che di vitalistico! Era davvero un film che guardava al futuro e alla speranza dei bimbi del domani, il tutto a seguito dalle circostanze che Miyazaki Hayao stava vivendo in quel dato momento: molti nuovi nati tra i membri del suo staff, molta energia vitale intorno a lui. Queste cose mi sono vivide e chiare perché al tempo ebbi anche l'occasione di trovarmi a parlarne di persona con l'autore (link: http://www.nazioneindiana.com/2012/05/07/riconsiderazioni-su-ponyo), mentre per Kaze Tachinu non ho di certo avuto analoga occasione di contatto diretto, tuttavia mi pare che la nuova pellicola, e le sue circostanze creative, si trovino ai perfetti antipodi del momento di Ponyo. Adesso l'atmosfera mi pare piuttosto quella dell'angustia del presente e della riflessione sull'angustia del passato. Di una mestizia ineluttabile, anche di fronte al più genuino dei sogni di un bambino. Di amara accettazione di un fallimento annunciato e inesorabile anche nella realizzazione individuale.
Riprende la parola la redazione, per segnalarvi che vi aspettiamo tra una settimana con la seconda parte dell'intervista. Parleremo del rapporto tra il pacifista Miyazaki e la guerra, e del dialogo con l'arte dell'artigiano Miyazaki, due tematiche più che mai centrali per avvicinarsi a Kaze Tachinu.
Mi salvo l'articolo per rileggerlo con calma ma da quello che ho capito è un bellissimo spaccato della storia nipponica negli anni trenta: mi interessa molto, e penso che sarà apprezzato anche da un mio collega modellista che adora i film con i combattimenti aerei della seconda guerra mondiale (quando gli ho detto che qui si parlava dello progettista dello "Zero" mi è sembrato molto incuriosito)
Anch'io mi salvo l'articolo e lo leggerò con calma. Aspetterò con ansia il seguito, così come il film al cinema che si preannuncia fantastico. Il trailer promette benissimo
Attendo tantissimo questo nuovo Kaze Tachinu, speriamo che sia un bel film
Frase giustissima ed emblematica che sarebbe da trapiantare nel cervello di chi si atteggia a critico cinematografico presumendo di saper liquidare in 500 caratteri un film e tutto ciò che concerne il suo autore, le sue intenzioni, le sue ideologie. Tuttologismo.
Ps: me lo sono perso io o hanno già annunciato quando verrà proiettato il film al cinema?
perche' il calendario imperiale giapponese(KOUKI)(quest'anno e' 2674 anni di KOUKI)e' cominciato da quando il primo imperatore JINMU e' divenuto(BC.660) fino a oggi non si e' mai interrotto. (l'imperatore attuale e' il 125º)
(si dice che il paese piu vecchio in presente ancora oggi)
questo aeroplano era costruito 74 anni fa' cioe' KOUKI 2600.(vedete doppio zero)
da qui hanno preso il nome ZERO
Al tempo Arai Yumi aveva diciassette anni, e Hikoukigumo viene in genere considerata come il suo primo successo (fu anche il uso primo album). In seguito la cantante sarebbe diventata un caposaldo della musica pop giapponese. Vi ricordo che anche le due canzoni incluse in 'Majo no Takkyuubin' sono di Arai Yumi - nota anche col soprannome di Yuming e poi con il suo nome da sposata: Matsutoya Yumi.
Hikoukigumo è una canzone incredibile. L'autrice la scrisse pensando a un suo compagno di elementari che era morto per distrofia muscolare. Nella canzone si può sentire tutta la rabbia di una ragazzina che guarda con sdegno al mondo degli adulti ("le altre persone non capiscono"), i cui membri non riescono che spandere commenti di circostanza ("era fin troppo giovane"... "non fanno che pensare così"), per la morte di un piccolo amico che lei conosceva davvero, e che ritiene essersi 'liberato' nella tragica evenienza della morte ("eppure: felicità").
La radicalità dei temi e la grande energia con cui vengono trattati ben rappresentano sia l'epoca in cui la canzone venne scritta (primi Anni Settanta), sia l'età dell'autrice (ancora adolescente).
Sarei molto felice che chi apprezza il trailer si soffermasse a farne una visione concentrandosi sul testo della canzone, tutto sottotitolato 'in alto' (con le notine musicali), e sul significato di ogni verso insieme col modo in cui Arai Yumi canta quel verso. Ho intenzionalmente rispettato l'oridine di ogni parte in modo che quando si legge una frase, l'autrice sta cantando proprio quella frase.
Ringrazio tutti per l'attenzione.
Hikoukigumo ha un testo fantastico e difficilmente me ne sarei accorto senza il tuo commento. E complimenti anche per aver rispettato la leggerezza e la forza che si susseguono nel brano con la tua traduzione!
Una difficoltà simile c'era stata anche nella traduzione della canzone di Ponyo. ^^
Bello anche il modo in cui raccontano una diversa visione del mondo...
Comunque aspetto con trepidazione di leggere la seconda parte dell'intervista con Cannarsi!
La canzone è davvero stupenda e si sente davvero che è'73: suoni caratteristici di quegli anni, quell'organo di sottofondo poi, è davvero tipico. In quel momento i musicisti di tutto il mondo attraversarono un periodo di ispirazione davvero straordinario.
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.