Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime Zero no Tsukaima, Uta no Prince sama: Maji Love 2000 e Mademoiselle Anne - Una ragazza alla moda.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


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Fantasy, harem, avventura... solo con queste tre parole potrei riassumere "Zero no Tsukaima", un'opera molto interessante che, poco alla volta, riesce a conquistare lo spettatore. È uscita nel lontano 2006 ed è costituita da tredici episodi. Un numero ristretto, vero, che però è in grado di narrare una storia ben organizzata e, soprattutto, originale.

Louise (mi risparmio la fatica di scrivere il nome intero) è una nobile e, come tale, deve frequentare un'apposita scuola di magia, dove l'intera élite si trova riunita ad apprendere le basi di quest'arte così raffinata ed esclusiva. Un mondo diverso dal nostro, in cui la società risulta divisa tra nobili e semplici cittadini. I primi detengono il potere e anche il sapere magico, mentre i secondi sono costretti a cavarsela con il buon vecchio lavoro manuale.
Ma torniamo a noi, perché bisogna chiarire un piccolo dettaglio: Louise, nonostante appartenga a un'importante famiglia nobile, non è in grado di usare la magia. O meglio, ogni incantesimo si trasforma in una pericolosa esplosione distruttiva. Tutti la prendono in giro, tanto da affibbiarle il nomignolo di "Louise la zero". Eppure, in tutta la sua incapacità, compirà qualcosa di mai visto prima. Durante la cerimonia di evocazione di un famiglio, Louise non richiamerà il classico animaletto, bensì Hiraga Saito, un ragazzo proveniente da un altro mondo, ovvero il Giappone odierno. I due non andranno d'amore e d'accordo, almeno all'inizio, ma le cose cambieranno quando il corso degli eventi si metterà in moto. Pericoli si nascondono dietro l'angolo e questa sgangherata coppia dovrà in qualche modo superarli. Riusciranno ad apprezzarsi vicendevolmente? E, chissà, ad amarsi?

Partiamo dai personaggi, perché nel corso dell'anime ne compariranno in gran numero. Essendo una scuola non si potrà non inserire il fattore scolastico, con ovvi riferimenti harem. Saito è un comune cittadino, eppure ha qualcosa di diverso, una strana abilità che lo rende in grado di maneggiare qualsiasi arma costruita per la guerra. Ciò attirerà subito le attenzioni della formosa e sensuale Kirche, che cercherà di mettere le mani sul famiglio della sua rivale Louise.
Eppure, nonostante un altro paio di ragazze, apparirà subito chiaro che "Zero no Tsukaima" ha solo un contorno da "harem", mentre in realtà racchiude in sé forti elementi sentimentali. Fatta eccezione per la dolce Siesta, nessun'altra potrà rivaleggiare con la piccola e pestifera Louise, che, nonostante il suo atteggiamento da tsundere, mostrerà quasi subito una segreta affezione per Saito. È il suo famiglio, ma, forse, anche qualcosa di più. E allora cosa si può dire di Louise: è la classica nanetta tutta peperina. Il fattore tsundere è rilevante, ma, a differenza di altre opere, in questo caso non verranno risparmiati i baci. È inutile nasconderlo, è lei l'anima gemella di Saito. Di fatto la sua stessa figura ricorda quella di altre ragazze comparse in altre opere: Taiga di "Toradora", Aria di "Hidan no Aria", ma potrei elencarne molte altre. Un comportamento standard, diciamo, che pesca dal grande calderone dei cliché e, allo stesso tempo, gli dona un non so cosa di originale. Per tutta la serie non si potrà che rimanere incantati dai momenti maggiormente romantici e, in parte, delusi per il fatto che non riescano mai a raggiungere l'agognata meta; ovvero la dichiarazione reciproca del proprio amore. Anche l'assenza di una vera e propria rivale aiuta in ciò: Kirche lo fa quasi per gioco, mentre Siesta perde a lungo andare. Insomma, nessuna delle altre sembra veramente tormentata nel perdere il proprio amore, troppo occupate a fare le gatte morte.

La grafica è buona, considerando soprattutto l'anno in cui è uscita l'opera. L'unico punto negativo, a mio avviso, è il continuo cambio di scena fatto da stelline e brillantini. Una volta ogni tanto può anche andare bene, ma sfruttarlo così frequentemente finisce per l'appesantire il tutto (di fatto nelle serie successive verrà tolto).
Ottimo il doppiaggio e, riprendendo un discorso fatto precedentemente, non posso che sottolineare l'ironia della sorte (o forse non si tratta del caso). Innanzitutto la doppiatrice di Louise, Rie Kugimiya, è la stessa di Taiga e Aria. Ma quello che mi ha impressionato maggiormente è la presenza di Yui Horie nel ruolo di Siesta. Insomma, non solo Siesta è costretta a chinare, almeno per il momento, il capo di fronte a Louise, ma lo stesso farà Minori Kushieda (doppiata ancora da Yui Horie) in "Toradora!".

Insomma, per concludere, non si può che affermare la bellezza di una serie che, almeno all'apparenza, si presenta come uno dei tanti fantasy harem. In verità tocca alcuni punti veramente interessanti e, a differenza di altri esemplari, il tutto viene affrontato con maggior sentimentalismo, lasciando comunque largo spazio all'avventura e alla magia.
Il finale è carino, ma non preoccupatevi, perché sono state mandate in onda altre tre stagioni oltre a questa. E dunque perché non abbandonarsi a "Zero no Tsukaima", lasciandosi cullare dal piacere di un fantasy vecchio stile che riesce a divertire, commuovere e appassionare, tutto allo stesso tempo?

P.S. Concludo veramente, affermando le mie più care simpatie per la dolce principessa Henrietta. Non è attratta da Saito (parlo con la consapevolezza di aver visto anche la seconda stagione), ma allo stesso tempo appare come l'unica veramente in grado di tenere testa a Louise. O forse è meglio dire che io la vedrei perfetta per quel ruolo.

Voto finale: 8




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La seconda stagione di "Uta no Prince-sama", inevitabile visto il grandissimo successo che il titolo continua a riscuotere ancora oggi in patria, in realtà non si discosta granché dalla prima, di cui si rivela più o meno un copia-incolla con pochissime variazioni.
Cambia il setting, che si sposta dall'accademia per futuri talenti al mondo dello star system. In realtà, questo cambiamento è solo teorico, dato che i personaggi continuano a vivere insieme in un dormitorio (dal quale hanno prontamente silurato tutti i "personaggi non giocanti" in modo da concentrarsi solo su Haruka e i suoi cavalier serventi), ad essere tiranneggiati da Saotome (ora non più loro preside ma presidente della loro agenzia) e a studiare ed esercitarsi per affinare le loro doti, sotto la guida di quattro insulsi belloni che non hanno granché rilevanza.
Mi aspettavo, ora che i protagonisti sono star lanciate, una serie incentrata su concerti ed esibizioni. Ma mi sbagliavo, dato che si ripropone quasi subito, solo mescolando un po' l'ordine dei ragazzi, la trafila di puntate dedicate ad ognuno di loro, con conseguente canzone sdolcinata e opzionale ri-dichiarazione ad Haruka di turno. Come già nella prima serie, in realtà, questo gruppo di episodi è abbastanza piacevole, dato che aiuta a caratterizzare meglio i personaggi, a parlare del loro passato, dei loro problemi o delle loro stramberie. E' strano da dire, ma con tutte le sue stupidate, questa serie continua ad essere assai gradevole e a mettere lo spettatore perfettamente a suo agio.
Non ci sono grosse variazioni per quanto riguarda i personaggi già presentati nella prima serie, che continuano il loro percorso esattamente nello stesso modo.

I nuovi personaggi presentati, invece, sono assai meno simpatici dei vecchi, a partire da quello che, ahinoi, sostituisce un ormai declassato Hayato nel ruolo di protagonista pratico della vicenda: l'insulso e insopportabile Cecil. Ricordate il gatto mannaro della prima serie? Quello che si trasformava in una specie di Aladino per intortarsi Haruka in un episodio onirico privo di senso? Ebbene, non era un sogno. Era davvero un gatto mannaro, principe di un fittizio paese mediorientale sotto un incantesimo apparentemente spezzato dalla trigliosa protagonista e ora tornato alla carica per diventare idol anche lui e per mettersi in coda nella già lunga fila di persone che cercano di conquistare il cuore (e qualcos'altro) della suddetta protagonista (aspettate e sperate). Cecil fa il paio con Haruka quanto a vitalità, con l'aggravante che è un maschio e quindi da lui ci si aspetterebbe un minimo di virilità. Speranza vana: a parte piagnucolare, vedere le Muse in seguito a una buona dose di stupefacenti e fare balletti cretini, l'utilità di questo personaggio sarà nulla, e indispone come il resto del gruppo sia immediatamente disposto a diventare amico di quello che in teoria è un rivale d'amore, invece di pestarlo a sangue al primo piagnisteo o al primo sguardo posato sulla loro "bella" (le virgolette sono d'obbligo, dato che Haruka non si è ancora tolta le lenti a contatto fosforescenti).
I nuovi "insegnanti" dei ragazzi sono una manica di belloni stereotipatissimi sotto ogni aspetto (grafico, vocale, caratteriale): c'è il gay che parla e si comporta come una ragazzetta in un negozio di peluches, il finto-duro dagli occhi bicolore, il capellone efebo con un inspiegabile vocione da wrestler di duecento chili che gli sta malissimo e un altro inutile che si ricorda solo perché ha i capelli verde-acqua. Il loro ruolo nella storia è risicatissimo e stupisce in negativo il modo in cui, da duri ostili al gruppo di protagonisti, ne diventano poi i più accesi sostenitori colpiti da chissà quale miracolo divino da essi apparentemente provocato con le loro canzoni.

Esattamente come nella prima serie, anche qua, andando verso la fine, il gruppo si trova in difficoltà con la nuova canzone (quella della sigla finale, qui mostrata nello stesso identico modo della prima serie, con tutti i difetti a livello di tecnica e narrativa che ciò comporta) e riesce a far cambiare idea ai suoi detrattori a suon di visioni mistiche. Più che nella serie precedente, qui il tutto assume connotati ridicoli, dato che il gruppo rivale nel concorso finale (un terzetto di personaggi simpatici come un'ernia del disco) praticamente evoca il demonio con la sua esibizione, e viene invece battuto da una canzoncina dei Backstreet Boys con un balletto gaio che sprigiona sole, cuore & amore in tutto il mondo in stile attacco delle Pretty Cure.
Non mancano anche qua i buchi narrativi, dal momento che le situazioni vengono risolte sempre con troppa fretta e facilità senza un minimo di dramma e i personaggi cambiano idea da un momento all'altro spinti da chissà quale forza mistica oscura allo spettatore. La backstory di Cecil e del suo fantomatico regno della musica che venera le Muse, poi, è un pesante colpo di grazia alla coerenza del tutto.

Nel caso ve lo steste chiedendo, no. Haruka non è diventata più sveglia e anche stavolta riesce nel non facile intento di non concedersi a nessuno dei suoi sempre più numerosi spasimanti, anche quando questi la incalzano in maniera chiara e palese o vengono al sodo sul piano fisico, abbracciandola o chiudendola in corner. Ma c'è una piacevole novità. Stanchi di perdere tempo ed energie in infruttuosi tentativi, alcuni dei ragazzi le hanno detto (certo, con giri di parole più poetici, ma il senso era quello) chiaro e tondo "Sei troppo cretina, è inutile star qua a provarci, aspetterò che tu cresca".
Ovviamente, visto che non cambia la situazione dei personaggi, noi spettatori siamo legittimati a continuare a farci due risate alla faccia loro, a tifare (invano) per questo o quell'altro, a ridere dell'imbecillità di personaggi e situazioni.

Questa seconda serie non risolve i problemi della prima, anzi li ripropone pari pari e li peggiora aggiungendo nuovi personaggi di cui a nessuno importava, nuove forzature e un buonismo eccessivo.
Ma, di nuovo, prendere in giro "Uta no Prince-sama" mette ancora inaspettatamente di buonumore lo spettatore, che continua a godere di bei colori e canzoncine carine, messi al servizio di personaggi imbecilli che sembrano esser creati apposta per sfotterli.
Come già per la serie precedente, "Uta no Prince-sama" non sarà mai un capolavoro, non sarà mai nemmeno una serie sensata o decente, ma si rivela meno irritante di altre dello stesso genere ed è la perfetta serie da usare per una serata fra amici con cibo spazzatura e cartoni animati brutti su cui farsi due risate.




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Ebbi la grande fortuna di vedere "Mademoiselle Anne" ("Haikarasan ga Toru"- letteralmente "Passa la ragazza alla moda") in tutte le sue quarantadue puntate sulla mai abbastanza compianta emittente laziale "Super 3", e lo ricorderò per sempre come uno degli anime per ragazze più belli della mia infanzia.

L'anime, tratto dal manga di Waki Yamato pubblicato in Italia due volte dalla Star Comics col titolo "Una ragazza alla moda" (prima all'interno del contenitore "Amici" e poi in sette volumetti più lo speciale contenente le storie brevi sequel del manga originale), è ambientato negli anni '20 e segue le vicende di Benio Hanamura, appunto "una ragazza alla moda": un maschiaccio forte e indipendente che non ha la minima intenzione di piegarsi all'ideale di donna vigente all'epoca, ma che vuole vivere a modo proprio. Cosa succederà quando il padre cercherà di farla sposare con Shinobu, un bellissimo tenente dell'esercito per metà straniero? Ovviamente Benio non potrà accettare l'imposizione del padre e deciderà di scappare di casa con Ranmaru, il suo migliore amico che è il suo esatto opposto: femminile e delicato, Ranmaru sogna di diventare un attore del teatro kabuki ed è follemente innamorato di Benio.
Nonostante tutto, la loro fuga andrà male e Benio sarà costretta a trasferirsi a casa dei nonni di Shinobu per prepararsi al matrimonio. Riuscirà Shinobu a fare breccia nel cuore di Benio? E cosa succederà quando si metterà di mezzo anche la guerra?

"Mademoiselle Anne" è una storia d'amore bella e divertente, capace di far ridere e di tenere lo spettatore col fiato sospeso ogni volta che finisce l'episodio.
È un must per gli amanti degli shoujo, uno dei classici che più classici non si può, e che ha contribuito a ridefinire i canoni dello shoujo moderno, infatti passano gli anni e la storia non sembra mai invecchiare.

Per quanto riguarda l'edizione italiana, l'adattamento come al solito apportò delle modifiche, come Benio che è diventata Anne, mentre gli altri nomi sono rimasti inalterati, come Shinobu e Ranmaru; insomma, nonostante il "Mademoiselle Anne" rimandi bene alla confusione tra diverse culture che spesso gli adattatori di quegli anni tendevano a instillare nei bambini, il resto non è stato maciullato come spesso capitava. Il doppiaggio italiano è ottimo, con i bravissimi Francesca Rossiello, Alessio Cigliano e Antonella Baldini, tutti e tre storiche voci di tantissimi anime dell'epoca, insieme a molti altri fuoriclasse con una vasta esperienza nel doppiaggio di anime.

Se dovessi consigliare di recuperare l'anime o il manga di "Haikarasan ga Toru" mi sentirei di consigliare l'anime (nonostante il manga sia un caposaldo degli shoujo manga), perché sintetizza e copre i punti più salienti del manga, alleggerendolo e rendendolo più organico nel complesso e senza dubbio adatto a un pubblico molto più ampio (caratteristiche costantemente criticate, ma che io invece ho sempre visto come dei punti di forza dell'anime).

Per quanto riguarda le animazioni (anch'esse spesso denigrate da qualche purista, perché ottenute ricalcando fedelmente alcune tavole del manga), considerando la complessità del disegno della Yamato, difficilmente credo che coi mezzi dell'epoca si sarebbe potuto ottenere un risultato migliore.
Uno dei migliori anime per ragazze di fine anni '70-inizio anni '80, se non il migliore.