Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi appuntamento libero, con i manga Yu degli spettri, Jelly Beans e Fushigi Yugi.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Oggi appuntamento libero, con i manga Yu degli spettri, Jelly Beans e Fushigi Yugi.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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Yu degli Spettri
8.0/10
Yusuke Urameshi è un giovane teppistello, in realtà dal buon cuore. Un giorno, per salvare un bambino da una macchina che stava per investirlo, muore. Arrivato nell'aldilà apprende dal re degli inferi, Koenma (o anche Enma jr.), che avrà la possibilità di tornare in vita riparando alle cattive azioni, portando aiuto agli altri spiriti. Yusuke inizierà quindi le sue missioni aiutato dalla guida degli inferi, Botan. Dopo essere riuscito a tornare in vita, Yusuke diventerà un “detective” del mondo spirituale e dovrà perciò affrontare una serie di sfide contro demoni malvagi.
Ho iniziato la lettura di Yu degli Spettri a partire dal numero 10, quindi un po' oltre la metà dell'opera, spinto dall'anime che al tempo era stato trasmesso in un paio di passaggi ma che, probabilmente per una localizzazione non ultimata completamente, si interrompeva sempre a un certo punto. Pertanto posso senz'altro dire che il titolo mi aveva preso molto se ho deciso di continuarlo senza aspettare il completamento dei lavori sulla versione italiana dell'anime.
Yu degli spettri (in originale Yu yu Hakusho o più semplicemente Yu Yu come era anche indicato nei palinsesti delle TV) ha il suo principale punto di forza nella sua varietà. Una varietà di situazioni che l'autore, Yoshihiro Togashi, riesce a proporre a cominciare dall'inizio abbastanza originale, fino a riprendere e rivisitare in modo personale diversi elementi e situazioni quali il torneo di lotta o il mondo sotto minaccia, già visti in titoli precedenti come Saint Seiya, Ken il Guerriero, Dragon Ball... In tutto ciò si muove un cast decisamente riuscito e ben assortito, non solo nel team dei protagonisti costituito da Yusuke, Kuwabara, Kurama (i miei preferiti) e Hiei, ma anche nei “supporters” tra cui Botan e Keiko (amica d'infanzia di Yusuke) fino ai vari malvagi; non si può quindi dire che troveremo una figura fuori posto.
La varietà che questo titolo propone non si limita però alla sola storia, ma si riscontra anche nello stile di disegno. Togashi riesce infatti nel giro di una o due pagine a passare a stili di disegno molto diversi fra loro e a volte a utilizzarli contemporaneamente nella stessa tavola. Vedremo quindi il classico un po' semplificato tratto da shonen cedere il passo a uno estremamente realistico, oppure all'apparire di muscolosissimi figuri degni del miglior Ken Shiro, o di grotteschi quanto minacciosi demoni, per finire magari con scontri disegnati o meglio schizzati “a mò di storyboard” che più che mostrare un'immagine fanno percepire il flusso del movimento e dello scontro. Personalmente non prediligo molto uno stile come questo e preferisco vedere tavole più pulite ma devo ammettere che il risultato finale è di indubbio effetto.
Il quadro generale va poi a impreziosirsi con numerosi richiami e riferimenti alle culture e religioni orientali e con l'inserimento di molti dettagli “tecnici” che contribuiscono a organizzare e ordinare in un modo molto completo l'universo creato dall'autore.
Un capolavoro dunque? Purtroppo no. Yu degli Spettri rimane vittima di se stesso e del suo ben oliato meccanismo. Il punto critico si ha nel finale quando nel 17° volume si gettano le premesse per l'inizio di una grandiosa saga finale. Per arcane ragioni però Togashi la sviluppa e la porta a termine nel giro di appena due volumi e, inoltre, per conservare l'organizzazione fin qui sviluppata e mantenere quindi un senso compiuto, finisce paradossalmente per snaturare tutto ciò che di buono era stato portato avanti per molti volumi, inclusi i personaggi e le meccaniche della storia. Anche la grafica in generale ne risente, causa il ricorso massiccio allo stile “schizzato” e a tavole molto più semplici e povere di dettagli. Il volume finale è riservato unicamente alla chiusura delle vicende ma con un ritmo che si è ormai abbassato e con una storia che stancamente si avvia alla conclusione.
Yu degli Spettri è una lettura interessante e a tratti molto coinvolgente che si rivolge in modo particolare agli appassionati di shonen e può essere consigliata anche a chi cerca una storia di impianto classico ma con diversi elementi di originalità. Senza dubbio anche chi ha iniziato da poco a leggere manga potrà con piacere riscoprire quest'opera, magari recuperandola gradualmente nell'attesa delle, ormai diradate, uscite dei titoli di punta più recenti.
Ho iniziato la lettura di Yu degli Spettri a partire dal numero 10, quindi un po' oltre la metà dell'opera, spinto dall'anime che al tempo era stato trasmesso in un paio di passaggi ma che, probabilmente per una localizzazione non ultimata completamente, si interrompeva sempre a un certo punto. Pertanto posso senz'altro dire che il titolo mi aveva preso molto se ho deciso di continuarlo senza aspettare il completamento dei lavori sulla versione italiana dell'anime.
Yu degli spettri (in originale Yu yu Hakusho o più semplicemente Yu Yu come era anche indicato nei palinsesti delle TV) ha il suo principale punto di forza nella sua varietà. Una varietà di situazioni che l'autore, Yoshihiro Togashi, riesce a proporre a cominciare dall'inizio abbastanza originale, fino a riprendere e rivisitare in modo personale diversi elementi e situazioni quali il torneo di lotta o il mondo sotto minaccia, già visti in titoli precedenti come Saint Seiya, Ken il Guerriero, Dragon Ball... In tutto ciò si muove un cast decisamente riuscito e ben assortito, non solo nel team dei protagonisti costituito da Yusuke, Kuwabara, Kurama (i miei preferiti) e Hiei, ma anche nei “supporters” tra cui Botan e Keiko (amica d'infanzia di Yusuke) fino ai vari malvagi; non si può quindi dire che troveremo una figura fuori posto.
La varietà che questo titolo propone non si limita però alla sola storia, ma si riscontra anche nello stile di disegno. Togashi riesce infatti nel giro di una o due pagine a passare a stili di disegno molto diversi fra loro e a volte a utilizzarli contemporaneamente nella stessa tavola. Vedremo quindi il classico un po' semplificato tratto da shonen cedere il passo a uno estremamente realistico, oppure all'apparire di muscolosissimi figuri degni del miglior Ken Shiro, o di grotteschi quanto minacciosi demoni, per finire magari con scontri disegnati o meglio schizzati “a mò di storyboard” che più che mostrare un'immagine fanno percepire il flusso del movimento e dello scontro. Personalmente non prediligo molto uno stile come questo e preferisco vedere tavole più pulite ma devo ammettere che il risultato finale è di indubbio effetto.
Il quadro generale va poi a impreziosirsi con numerosi richiami e riferimenti alle culture e religioni orientali e con l'inserimento di molti dettagli “tecnici” che contribuiscono a organizzare e ordinare in un modo molto completo l'universo creato dall'autore.
Un capolavoro dunque? Purtroppo no. Yu degli Spettri rimane vittima di se stesso e del suo ben oliato meccanismo. Il punto critico si ha nel finale quando nel 17° volume si gettano le premesse per l'inizio di una grandiosa saga finale. Per arcane ragioni però Togashi la sviluppa e la porta a termine nel giro di appena due volumi e, inoltre, per conservare l'organizzazione fin qui sviluppata e mantenere quindi un senso compiuto, finisce paradossalmente per snaturare tutto ciò che di buono era stato portato avanti per molti volumi, inclusi i personaggi e le meccaniche della storia. Anche la grafica in generale ne risente, causa il ricorso massiccio allo stile “schizzato” e a tavole molto più semplici e povere di dettagli. Il volume finale è riservato unicamente alla chiusura delle vicende ma con un ritmo che si è ormai abbassato e con una storia che stancamente si avvia alla conclusione.
Yu degli Spettri è una lettura interessante e a tratti molto coinvolgente che si rivolge in modo particolare agli appassionati di shonen e può essere consigliata anche a chi cerca una storia di impianto classico ma con diversi elementi di originalità. Senza dubbio anche chi ha iniziato da poco a leggere manga potrà con piacere riscoprire quest'opera, magari recuperandola gradualmente nell'attesa delle, ormai diradate, uscite dei titoli di punta più recenti.
Jelly Beans
7.0/10
Mameko Endo è una ragazzina di seconda media, il cui sogno è quello di diventare una modella. Ben presto le sue aspirazioni verranno infrante proprio dal debutto come modella della sua compagna di classe Midori, nonché ragazza più carina della scuola. Mame finisce così per buttarsi su quello che alla fine è il suo talento: creare vestiti. A leggere la trama è difficile non pensare a un confronto con il ben più famoso Cortili del cuore e la sua protagonista Mikako, ma a parte le protagoniste che vogliono diventare stiliste le similitudini finiscono qui. Ciò che contraddistingue Cortili del cuore è una protagonista forte e determinata, un folto cast di comprimari ben caratterizzati e una notevole attenzione alle questioni sentimentali. In Jelly Beans invece tutto questo è praticamente assente: Mame non sa ancora quello che vuole dalla vita, la caratterizzazione dei coprotagonisti è appena accennata e le questioni di cuore, anche se presenti, rimangono in secondo piano. All'inizio del primo volume Mame non è altro che un'adolescente superficiale e volubile, le cui creazioni risultano essere piuttosto goffe e spesso anche dei completi fiaschi. Ma nel corso dei 4 volumi assistiamo alla sua crescita, matura sul piano psicologico e sentimentale, diventando più determinata e acquisendo maggiore tecnica nella creazione dei vestiti. Il punto forte dell'opera sono i sogni ad occhi aperti che Mame fa quando ha un'improvvisa ispirazione per gli abiti, Moyoko Anno realizza splendide illustrazioni che immedesima il lettore nelle fantasie della protagonista e gli fa venire voglia di provarle sulla propria pelle.
Un'altra particolarità della storia è di essere composta da capitoli piuttosto brevi, di soli 8 pagine. Ciò non penalizza la narrazione, che risulta piuttosto fluida, se non fosse per le numerose illustrazioni di inizio capitolo non ci si accorgerebbe neanche che i capitoli sono così brevi. Inoltre i 2 modelli con cui Mame fa amicizia nel suo primo viaggio a Tokyo, Miri e Hikaru, sono i protagonisti di un opera precedente di Moyoko Anno, Jelly in the Merry-go-round.
Jelly Beans è apparso per la prima volta in Italia sulla rivista mensile Yatta, per poi essere pubblicato in volumi monografici. Purtroppo l'edizione Play Press non è delle migliori, giusto la rilegatura degli albi è fatta come si deve (non c'è il rischio di trovarsi pagine svolazzanti per la stanza), ma per tutto il resto si salva ben poco. La carta usata è abbastanza spessa da non essere trasparente ma tende al giallognolo mentre quella usata per le copertine risulta piuttosto sottile. La vera nota dolente è la qualità di stampa: le pagine in cui il nero è prevalente abbondano e nella maggior parte di queste o il nero non è uniforme o macchia la pagina adiacente. Tutto sommato non si trattano di difetti che precludono il lettore di gustarsi l'opera ma di certo penalizza coloro che ricercano un minimo di qualità anche in un'edizione economica.
Jelly Beans non è esente da difetti, quello che maggiormente risalta è che in 4 volumi vengono raccontati 5 anni di vita della protagonista e a volte si ha la sensazione che la storia vada avanti con l'acceleratore. Nel complesso rimane una storia deliziosa e piacevole da leggere, un volumetto tira l'altro. La mia valutazione sarebbe un bel 7,5 ma non potendo assegnare il mezzo voto la riduco a malincuore a un 7, considerando la qualità (scarsa) dell'edizione.
Un'altra particolarità della storia è di essere composta da capitoli piuttosto brevi, di soli 8 pagine. Ciò non penalizza la narrazione, che risulta piuttosto fluida, se non fosse per le numerose illustrazioni di inizio capitolo non ci si accorgerebbe neanche che i capitoli sono così brevi. Inoltre i 2 modelli con cui Mame fa amicizia nel suo primo viaggio a Tokyo, Miri e Hikaru, sono i protagonisti di un opera precedente di Moyoko Anno, Jelly in the Merry-go-round.
Jelly Beans è apparso per la prima volta in Italia sulla rivista mensile Yatta, per poi essere pubblicato in volumi monografici. Purtroppo l'edizione Play Press non è delle migliori, giusto la rilegatura degli albi è fatta come si deve (non c'è il rischio di trovarsi pagine svolazzanti per la stanza), ma per tutto il resto si salva ben poco. La carta usata è abbastanza spessa da non essere trasparente ma tende al giallognolo mentre quella usata per le copertine risulta piuttosto sottile. La vera nota dolente è la qualità di stampa: le pagine in cui il nero è prevalente abbondano e nella maggior parte di queste o il nero non è uniforme o macchia la pagina adiacente. Tutto sommato non si trattano di difetti che precludono il lettore di gustarsi l'opera ma di certo penalizza coloro che ricercano un minimo di qualità anche in un'edizione economica.
Jelly Beans non è esente da difetti, quello che maggiormente risalta è che in 4 volumi vengono raccontati 5 anni di vita della protagonista e a volte si ha la sensazione che la storia vada avanti con l'acceleratore. Nel complesso rimane una storia deliziosa e piacevole da leggere, un volumetto tira l'altro. La mia valutazione sarebbe un bel 7,5 ma non potendo assegnare il mezzo voto la riduco a malincuore a un 7, considerando la qualità (scarsa) dell'edizione.
Fushigi Yugi
8.0/10
Fare incetta di vecchi manga del passato per poi leggerseli comodamente sdraiati un volume dietro l'altro è un qualcosa di estremamente appagante.
In un vecchio shoujo del '92 come questo non si potrà di certo trovare tutta la costruzione e la complessità delle uscite degli ultimi anni, nonostante ciò nella lettura mi ha preso un senso di malinconia verso il passato, forse un po' per il vecchio stile dei volumetti piccini picciò, forse un po' per la storia, capace di riportarmi con il cuore agli anni in cui ero ancora una bambina.
A quei tempi forse non c'era ancora bisogno d'inventarsi storie campate per aria e dalla trama intricata, difficile da sbrogliare per l'autore stesso.
Fino ad ora non avevo mai avuto modo di leggere questa serie della Watase, che è considerata il suo lavoro migliore. La Watase è una mangaka piuttosto famosa, soprattutto in Italia, dove sono state pubblicate parecchie sue opere. Le sue storie sono spesso oniriche, ispirate da sentimenti nobili quali l'amore e l'amicizia e le protagoniste sono quasi sempre un po' sbadate ma solari e divertenti, di quelle che non guastano mai.
Su Fushigi Yugi ci sarebbero un sacco di cose da dire, di emozioni da trasmettere con questa recensione, non tanto per la lunghezza in volumetti della serie, quanto per la capacità della storia di lasciare il segno.
I personaggi per quanto semplici entrano subito in contatto con il lettore e gli diventano congeniali, lo stesso vale per gli antagonisti, che alla fine dimostrano quasi sempre un passato travagliato e ingiusto che li ha resi i cattivi della situazione.
Pur essendo catalogato come uno shoujo non contiene la piattezza che ci si potrebbe aspettare dalla sua trama. Vi sono infatti manga romantici che incentrano pienamente la storia sullo svolgersi dell'amore dei due, qui invece la trama fantasy-storica dall'inaspettata freschezza non è per niente fiacca e colora di vitalità tutta l'opera.
Ecco, forse negli ultimi dieci volumetti, ovvero la seconda parte della serie, abbiamo un calo inaspettato causato dall'eccessivo e insensato romanticismo dei due protagonisti.
Anche nella prima parte c'era un amore che non poteva essere consumato, platonico, struggente, che opprimeva senza sosta il cuore dei due protagonisti che fino all'ultimo si sono rincorsi e sfuggiti a vicenda per paura di essere feriti da questo sentimento impossibile.
Qui però il tutto aveva un senso e una logica e gli altri personaggi creati a contornare la vicenda non erano eclissati dall'importanza di questo grande amore irrealizzabile.
Infatti, uno dei punti di forza dei manga della Watase sono i personaggi, che danno slancio e credibilità agli eventi, possono essere stereotipati o più o meno tratteggiati, ma penso che il piacere della lettura provenga in gran parte dalla bravura con la quale sono resi. Inutile dire che se vengono oscurati a discapito di una conclusione mielosa senza capo ne coda, il manga ne risentirà parecchio.
Ho trovato lo spunto del mondo all'interno del libro "L'universo dei quattro dei" quanto mai affascinante, certo, all'oggi di trovate così se ne vedono a valanghe, dimensioni parallele, armadi e binari che ti trasportano dove mai crederesti possibile; Nonostante ciò la storia non perde la sua bellezza, derivante dall'inconscio desiderio di ognuno di noi di scomparire, seppur per pochi istanti all'interno di un libro e di viverne le appassionanti avventure assieme a personaggi di fantasia.
In un vecchio shoujo del '92 come questo non si potrà di certo trovare tutta la costruzione e la complessità delle uscite degli ultimi anni, nonostante ciò nella lettura mi ha preso un senso di malinconia verso il passato, forse un po' per il vecchio stile dei volumetti piccini picciò, forse un po' per la storia, capace di riportarmi con il cuore agli anni in cui ero ancora una bambina.
A quei tempi forse non c'era ancora bisogno d'inventarsi storie campate per aria e dalla trama intricata, difficile da sbrogliare per l'autore stesso.
Fino ad ora non avevo mai avuto modo di leggere questa serie della Watase, che è considerata il suo lavoro migliore. La Watase è una mangaka piuttosto famosa, soprattutto in Italia, dove sono state pubblicate parecchie sue opere. Le sue storie sono spesso oniriche, ispirate da sentimenti nobili quali l'amore e l'amicizia e le protagoniste sono quasi sempre un po' sbadate ma solari e divertenti, di quelle che non guastano mai.
Su Fushigi Yugi ci sarebbero un sacco di cose da dire, di emozioni da trasmettere con questa recensione, non tanto per la lunghezza in volumetti della serie, quanto per la capacità della storia di lasciare il segno.
I personaggi per quanto semplici entrano subito in contatto con il lettore e gli diventano congeniali, lo stesso vale per gli antagonisti, che alla fine dimostrano quasi sempre un passato travagliato e ingiusto che li ha resi i cattivi della situazione.
Pur essendo catalogato come uno shoujo non contiene la piattezza che ci si potrebbe aspettare dalla sua trama. Vi sono infatti manga romantici che incentrano pienamente la storia sullo svolgersi dell'amore dei due, qui invece la trama fantasy-storica dall'inaspettata freschezza non è per niente fiacca e colora di vitalità tutta l'opera.
Ecco, forse negli ultimi dieci volumetti, ovvero la seconda parte della serie, abbiamo un calo inaspettato causato dall'eccessivo e insensato romanticismo dei due protagonisti.
Anche nella prima parte c'era un amore che non poteva essere consumato, platonico, struggente, che opprimeva senza sosta il cuore dei due protagonisti che fino all'ultimo si sono rincorsi e sfuggiti a vicenda per paura di essere feriti da questo sentimento impossibile.
Qui però il tutto aveva un senso e una logica e gli altri personaggi creati a contornare la vicenda non erano eclissati dall'importanza di questo grande amore irrealizzabile.
Infatti, uno dei punti di forza dei manga della Watase sono i personaggi, che danno slancio e credibilità agli eventi, possono essere stereotipati o più o meno tratteggiati, ma penso che il piacere della lettura provenga in gran parte dalla bravura con la quale sono resi. Inutile dire che se vengono oscurati a discapito di una conclusione mielosa senza capo ne coda, il manga ne risentirà parecchio.
Ho trovato lo spunto del mondo all'interno del libro "L'universo dei quattro dei" quanto mai affascinante, certo, all'oggi di trovate così se ne vedono a valanghe, dimensioni parallele, armadi e binari che ti trasportano dove mai crederesti possibile; Nonostante ciò la storia non perde la sua bellezza, derivante dall'inconscio desiderio di ognuno di noi di scomparire, seppur per pochi istanti all'interno di un libro e di viverne le appassionanti avventure assieme a personaggi di fantasia.
Sarò sentimentalista
FY ha i suoi bei difetti ma resta uno dei miei manga preferiti, anche perché è stato uno dei primi, e penso che sarebbe bello se anche al giorno d'oggi ci si dedicasse di più a storie di questo genere.
Con Fushigi Yuugi ho uno strano rapporto. Mi piacciono moltissimo i disegni e l'ambientazione, ma non ho apprezzato il fatto che (come nel successivo Ayashi no Ceres, dove la cosa è anche peggiore) ad un certo punto la storia fantasy/storica d'azione venga messa da parte per mostrare solo scene d'amore (peraltro abbastanza morbose) fra i due protagonisti. Ha comunque dei bei personaggi ed è gradevole nel suo complesso (più di Ayashi no Ceres che invece è pesante e fastidioso). Lo lessi in prestito dalla mia compagna di banco al liceo e mi piacerebbe ridargli un'occhiata, magari prenderei un'eventuale ristampa o guarderei la serie animata.
Anche a distanza di tempo confermo comunque la mia idea: gran bel manga fino agli ultimi due volumi, tirati via come niente e in modo sommario, prima manifestazione dei poi noti problemi del Togashi...
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