Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.

Oggi appuntamento libero, con gli anime Kokosake, Momo Kyun SwordRokka no Yusha.

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.


Per saperne di più continuate a leggere.


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"Le parole possono fare male. Una volta dette, anche se te ne penti, non puoi più rimangiartele."

"Kokoro ga Sakebitagatterunda" è un film anime di circa due ore andato in onda nel settembre del 2015.
Naruse Jun era una bambina chiacchierona e allegra, ma un giorno, a causa del traumatico divorzio dei genitori, smette completamente di parlare. Divenuta liceale, viene selezionata, dal professore di musica, per dirigere la sua classe in un evento di intrattenimento per la comunità locale. Insieme a lei, nel comitato organizzativo, ci sono altri tre compagni di classe: Tasaki Daiki, asso della squadra di baseball che si è infortunato poco prima della finale, Nitou Natsuki, capitano delle cheerleader, e Sakagami Takumi, un ragazzo all'apparenza apatico, ma, in realtà, molto premuroso e con un talento per la musica. E sarà proprio attraverso la musica che Jun inizierà il suo viaggio di guarigione. La classe decide, infatti, di organizzare un musical originale e la storia sarà proprio scritta dalla protagonista, la quale metterà a nudo tutte le sue cicatrici.

Inizierò col dire che questa è una storia dolcissima. Le due ore passano senza neanche accorgersene, lo spettatore viene letteralmente trasportato in questa storia, che alterna parti un po' più "pesanti" ad altre molto più leggere e comiche.

Naruse Jun mi è piaciuta molto. La protagonista è stata semplicemente sfortunata ad avere una famiglia pessima. Se fossi stata la madre, un mezzo problema me lo sarei fatto se mia figlia avesse improvvisamente smesso di parlare, ma questa donna vive nella convinzione che la ragazza le stia facendo un dispetto. Il padre, poi, non lo voglio nemmeno commentare. Jun, convinta che le sue parole siano state la causa della separazione dei genitori, smette completamente di parlare e, ogni volta che prova a proferire verbo, soffre di fortissimi dolori allo stomaco. Grazie all'aiuto di Takumi, però, capisce che può esprimersi tramite il canto. Non preoccupatevi, non c'è nessuna scena alla "High School Musical", si cantano solo le canzoni del musical, le cui parole sono scritte dalla protagonista, mentre Takumi le trasforma in musica. Ho davvero amato la sintonia fra questi due personaggi, senza considerare le scene in cui sono presenti gli altri due membri del comitato organizzativo, con cui Jun pian piano riesce a interagire. E' davvero impossibile non tifare per lei, ci prova davvero con tutte le sue forze a migliorarsi.

Un altro elemento che ho apprezzato è la normalità di questi ragazzi. Nessuno di loro è straordinario ed è veramente facile identificarsi con loro. Quando cantano, per esempio, sono intonati, ma non parte un coro di angeli come coristi. Sono giovani, insicuri, fragili, passionali, i loro cuori si spezzano come quelli di un qualunque adolescente, e i rimpianti provocati dalle loro precedenti azioni possono scomparire, accettando che non si può controllare tutto, ed esprimendo i propri sentimenti senza paura, magari in una canzone.

Non mancano, naturalmente, dei normali cliché. Per esempio, rimango sempre strabiliata da come le ragazze giapponesi sappiano cucire vestiti complicatissimi mentre io non mi so nemmeno rammendare un calzino quando si buca. Scherzi a parte, ci sono triangoli amorosi, gelosie e i soliti fraintendimenti tipici degli anime scolastici.

Dal punto di vista tecnico, sebbene la grafica non sia molto dettagliata, viene supportata da animazioni fluide e un doppiaggio davvero perfetto, senza dimenticare le musiche, piacevoli e coinvolgenti.

Riassumendolo in una frase o meno: "Una storia sul dolore che ci infliggiamo con le nostre stesse mani e sulla guarigione che ci attende se solo decidiamo di affrontare i nostri sentimenti."



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Le leggende e i racconti tradizionali della cultura orientale, e nel caso particolare giapponese, sono sempre stati una ricca fonte da cui gli autori hanno potuto attingere come base per le opere moderne. E gli anime (e anche i manga) ovviamente non fanno eccezione a riguardo.
In questa occasione siamo di fronte a Momo Kyun Sword, anime tratto da una (pare) lunga serie di web novel a loro volta liberamente ispirate alla tradizionale leggenda di Momotaro, il ragazzo guerriero nato da una pesca che, accompagnato dalle divinità scimmia, cane e fagiano, si imbarca in un viaggio per sconfiggere i malvagi orchi che terrorizzano i villici.
Nell'odierno anime invece, Momotaro diventa Momoko, energica e "ben fornita" ragazza di campagna doppiata, segnaliamo, da una Ayana Taketatsu in forma e che ha ormai trovato la sua dimensione nel dar voce alle maggiorate di turno.

La storia comunque inizia sui binari già tracciati dalla leggenda: ci sono sempre le tre divinità scimmia-fagiano-cane (che qui, ahi-noi, parlano) e c'è l'avanzata degli orchi che minacciano il quieto vivere del villaggio di Momoko la quale, su editto del regno celeste (curiosamente abitato solo da sacerdotesse) dovrà andare in giro per quel paese e ricomporre la Pesca dei Tremila anni, oggetto delle mire degli orchi, od Oni come in originale.
Partono così Momoko, il trio animalesco e il quartetto delle sacerdotesse celesti (che si chiamano letteralmente Mela, Cocomero, Pera e Castagna, praticamente una macedonia), alla ricerca dei frammenti della sfera, affrontando nel mentre gli orchi e in particolare la loro principessa Onihime, facendo molti incontri, tra questi l'Abe no Seimei e la principessa Kaguya, e passando per momenti molto trash come i Samurai otaku, un polipone tentacolare che scioglie i vestiti e un orcone rosa, palestrato e feticista delle mutandine.

Ma come si chiedevano "Otto punti in sei partite, dove vuole arrivare la Longobarda?", è lecito chiedersi dove voglia arrivare Momo Kyun Sword. Posto già che l'epica e la fedeltà stretta alla leggenda tradizionale sono andati a donne di facili costumi, rimangono l'avventura, la commedia e l'ecchi. Peccato però che l'avventura sia una specie di ricerca delle sfere del drago già vista, la commedia non faccia ridere nessuno e semmai porti noia, l'ecchi sia scontato e già visto anch'esso.
Praticamente in Momo Kyun non c'è un particolare aspetto che spicca e tutto rimane abbastanza piatto. Un piattume, particolarmente acuito nei personaggi in cui l'unica cosa rilevante sono le bocce, e difatti Onihime, che è abbastanza apprezzabile come personaggio, non ne è molto fornita. Va un po' meglio quando sono di scena gli orchi (ma solo alcuni), che almeno sono un minimo simpatici, o in qualche sporadico scontro, ma non basta.

Dunque Momo Kyun Sword è un anime con un po' di pecche ma senza particolari punti di forza, si fa anche guardare magari, ma poi si passa oltre, per fortuna.
La Pesca dei Tremila anni è dunque un miraggio e noi ci estingueremo in un mondo di luce.



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Ci sono quattro tipologie di anime. Quelli da cui sai già che non potrai aspettarti molto, e che scorrono fino alla fine senza particolari picchi, sempre che lo spettatore non li abbandoni prima per evidente scarsa qualità; quelli che si preannunciano di ottimo livello, vuoi per il cast, lo studio, il materiale di partenza, e che non deludono le aspettative (a volte arrivando anche al capolavoro); quelli che partono dagli stessi presupposti di quest'ultima categoria, ma che invece per un motivo o per l'altro mandano tutto a scatafascio rivelandosi delle grosse delusioni. E infine c'è la mia categoria preferita: quella delle sorprese. Anime da cui non ti aspetteresti nulla al primo impatto e che invece, magari dopo una falsa partenza, rivelano tutto il loro potenziale e coinvolgono lo spettatore che ha avuto la buona volontà di dar loro fiducia. Ebbene, sono lieto di annunciarvi che "Rokka no Yuusha" appartiene proprio a quest'ultima categoria, e in questa recensione cercherò di spiegarvi i motivi per cui mi ha appassionato così tanto, tenendomi incollato allo schermo per tutti i suoi dodici episodi.

"Rokka no Yuusha" è un anime fantasy/mistery tratto da una serie di light novel scritte da Ishio Yamagata iniziata nel 2011 - al momento in cui scrivo siamo arrivati al sesto volume (non si sa ancora quanti ne saranno previsti). L'anime da esse tratto è opera dello studio Passione, fondato nel 2013 e molto piccolo (venticinque dipendenti, stando a Wikipedia), che già si è fatto conoscere nel 2014 per "Rail Wars"; è costituito da dodici episodi, è uscito nella stagione estiva del 2015 e ha adattato il primo volume delle novel. E già questo lo distingue dalla massa di anime tratti da light novel più o meno blasonate (qualcuno ha detto "SAO"? O anche i recenti "Overlord" e "Gate") che hanno come unico scopo quello di pubblicizzarle, e che di conseguenza comprimono e/o tagliano quanto più possibile gli eventi in esse narrate. L'anime di "Rokka no Yuusha" no, non fa così, si prende tutto il tempo e lo spazio necessario per adattare con i dovuti crismi un singolo volume. E già questo per me è un punto a favore.

La storia inizia come un classico fantasy con una premessa che più banale non si può: il Dio dei Demoni sta per risorgere e sei coraggiosi eroi, scelti da una Dea e sotto il vessillo dei Sei Fiori, devono recarsi presso il suo nascondiglio per combatterlo e porre fine alla sua minaccia. Ma qui arriva la sorpresa: al termine dei primi quattro, introduttivi episodi, un fatto ben preciso fa prendere agli eventi narrati una piega assolutamente inedita per il genere (almeno, io non l'ho mai vista da nessun'altra parte), che sotto il contesto fantasy vuole parlare e occuparsi di ben altro. Da qui sarà un crescendo continuo fino al gran finale, una sequenza incalzante di combattimenti, colpi di scena e approfondimenti dei personaggi, che rende "Rokka no Yuusha" uno degli anime più coinvolgenti e particolari che abbia mai visto. A tal proposito, non voglio rivelarvi nulla sulla natura di questo misterioso "fatto", vi posso dire però che è 'spoilerato' in moltissime (per non dire tutte) sinossi della trama reperibili in rete, e questo lo trovo ingiusto. Consiglio: se leggendo questa recensione vi faccio venire voglia di vedere l'anime, correte a farlo senza leggere nulla e isolandovi da internet fino al termine degli episodi, in questo modo vi godrete di più tutto quanto. A molti non è piaciuto questo cambio repentino di genere da parte della storia, in quanto tradisce le aspettative di chi voleva un classico fantasy senza fronzoli. Io non posso giudicare i gusti degli altri, non me lo permetterei mai, ma lasciatemi dire questo: una delle poche volte che ci troviamo di fronte a un fantasy che si basa più sui misteri che non sui combattimenti, sui rapporti fra i personaggi che non sulla 'sboronaggine' e 'sgravità' dei loro poteri, non lo apprezziamo? Cercate di rispondere a questa domanda prima di liquidare questo anime come insoddisfacente. Insomma, concludo questo lungo paragrafo affermando che la storia, il suo sviluppo e i suoi misteri costituiscono il principale punto di forza di "Rokka no Yuusha".

Una menzione particolare la merita il setting. E qui faccio i complimenti allo studio Passione e in particolare al direttore artistico, perché le ambientazioni e i costumi vistosamente ispirati alla civiltà azteca mi sono piaciuti moltissimo, e accentuano ancora di più l'originalità e la particolarità dell'anime rispetto a tutti gli altri di genere affine. Ho citato lo studio Passione perché, da quello che ho scoperto, questo setting è anime original, nelle light novel quest'ultimo viene descritto solo vagamente, senza alcuna informazione precisa. I costumi dei personaggi protagonisti sono un altro fiore all'occhiello: eccentrici ma mai troppo eccessivi, rendono ciascuno di essi immediatamente riconoscibile. Forse solo quello di Hans potevano farlo un po' meglio, qui nell'anime sembra troppo straccione rispetto alle illustrazioni della novel.

Un discorso a parte devo farlo anche sul finale. L'ultimo episodio non è il migliore dell'intera serie, personalmente ho trovato altri più riusciti, ma è molto soddisfacente e spiazzante al punto giusto, chiude coerentemente il capitolo affrontato nei precedenti e ne apre uno nuovo. Ma proprio qui c'è un difetto di fondo, che non si poteva eliminare proprio per la natura di adattamento da altro materiale: a causa di inevitabili rimandi al prosieguo della storia nei volumi successivi, non viene chiuso il cerchio su molti aspetti su cui probabilmente la maggior parte degli spettatori avrebbe voluto capirci di più, viene detto solo il minimo indispensabile per non lasciare buchi. Cercando su internet (ma senza 'spoilerarmi' troppo), ho scoperto che il primo volume, ergo questa prima stagione dell'anime, altro non è che un inizio, un punto di partenza per qualcosa di molto più grande e dallo scopo molto più ampio: la storia riserverà infatti ancora molti misteri e colpi di scena. Per questo, se non faranno una seconda stagione (cosa, ahimè, poco probabile), chi non proseguirà la lettura delle novel (disponibili con traduzioni amatoriali in lingua inglese in quanto non ancora licenziate) si ritroverà inevitabilmente con un'opera monca. Badate bene, non sto dicendo che l'anime non possiede un vero finale, anzi, come ho già specificato gli eventi narrati in questi dodici episodi formano un arco narrativo di senso compiuto che viene chiuso al 100% al termine di questi, ma chi è rimasto affascinato dall'opera e vuole proseguire le avventure di Adlet e compagni per trovare le risposte a molte domande dovrà necessariamente approcciarsi alle light novel.

Parliamo adesso dei personaggi, altro punto di forza di "Rokka no Yuusha". Su di loro non voglio dire molto, anzi non vorrei dire quasi nulla. Sulla carta sono abbastanza stereotipati e non tutti ricevono lo stesso approfondimento psicologico (alcuni ce lo avranno nei volumi successivi), ma sono molto carismatici, possiedono una loro identità (grazie ai singoli poteri di ciascuno) e svolgono tutti un ruolo ben preciso man mano che gli eventi si susseguono e si evolvono. Menzione speciale per il protagonista Adlet, il cui atteggiamento, loquacità e senso di giustizia lo fanno sembrare inizialmente il classico protagonista di uno shonen, e che invece già dopo i primi due episodi si rivela ben più interessante e convincente. Non posso non citare anche Nashetania (detta amichevolmente coniglietta-chan) e Flamie (la adoro, il personaggio migliore di tutta la serie), che vanno incontro a uno sviluppo che è l'esatto opposto di quanto uno si aspetterebbe vedendole per la prima volta. Un plauso alla doppiatrice di Flamie, Aoi Yuuki, che ha fatto davvero un lavorone, senza di lei e il suo tono di voce malinconico quel personaggio avrebbe perso metà del suo carisma! Anche quella di Nashetania (Yoko Hikasa) è stata comunque molto brava, in generale i doppiatori sono tutti azzeccatissimi. Personaggio peggiore indubbiamente Goldov, purtroppo a causa anche della storia e del trattamento che essa gli riserva: molto 'figo' come design e stile di combattimento ma troppo statico e mal sviluppato, spero gli venga data giustizia nei volumi successivi delle light novel, perché può veramente fare il botto.

Veniamo adesso al difetto principale di "Rokka no Yuusha": il comparto tecnico. Ebbene sì, la qualità dei disegni (e anche delle animazioni, ma vale più per i primi) è mediocre. Nulla che rovini la visione, per carità, ma certi frame sono veramente un pugno nell'occhio, una martellata sulle parti basse (per noi maschi), e la cosa è ancora più grave se vi dico che alcuni di questi sono statici (e non i ben noti in-between, dove questo problema è più facile che si presenti), per di più avvengono anche in momenti importanti della storia! Posso concedere allo studio Passione tutte le attenuanti che vogliono (poca esperienza, basso budget, ecc.), ma a questo punto avrei accettato dei tempi di lavorazione più lunghi invece di release settimanali costanti con questa qualità. Peccato, si meritava un adattamento ad opera di uno studio più competente (Madhouse, JC Staff, Ufotable, Bones, per citare i miei preferiti) o con un budget maggiore. A questo si aggiunge anche la CG molto piatta e approssimativa per realizzare i demoni: il loro design non è affatto male e non compaiono molto, ma le poche volte che lo fanno la CG stona vistosamente con tutto il resto, c'è poco da fare. L'ottimo lato artistico, come già detto, salva la situazione in più punti, ciò non toglie che il comparto tecnico di "Rokka no Yuusha", per quanto mi riguarda, è appena sufficiente. Buone, ma non eccezionali, le musiche (sul finale non danno la giusta enfasi nei momenti topici), promosse invece su tutti i fronti le opening e le ending: tra quest'ultime, due sono cantate rispettivamente dalle doppiatrici di Flamie e Nashetania, essendo dedicate a quei personaggi. La mia preferita è quella di Nashetania, molto energica e incalzante (un gigantesco "mah!" però va al suo titolo, non dico altro).

Questo conclude la mia approfondita recensione su "Rokka no Yuusha". Sperando di non avervi tediato, ma anzi di avervi convinto a iniziare questo anime molto meritevole, gli assegno un bel 9 su 10 perché mi ha coinvolto davvero tanto e, quando un'opera riesce in pieno in questo compito, va sempre premiata. Come potrete facilmente intuire, i suoi meriti sono intrinsecamente legati al materiale di partenza, le novel di Ishio Yamagata, ciò non toglie che l'adattamento ad opera dello studio Passione sia comunque di alto livello, perché riesce a farci appassionare alla bellissima storia. Un adattamento che, in sintesi, possiede pregi (l'ambientazione originale, fedeltà assoluta al romanzo) e difetti (disegni e CG). Se siete pignoli e per voi l'aspetto visivo va tenuto in conto, abbassate pure di un punto il mio voto. Mi raccomando, cercate di evitare il più possibile spoiler sulla storia e i personaggi che vi rovinerebbero, e parecchio, il godimento di questa serie!