Approfittiamo del vostro operato per operare una piccola digressione con questo appuntamento della rubrica dedicata alle recensioni anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Infatti ci è sembrato doveroso, visto il florido dibattito sviluppatosi attorno al fenomeno Your Name ufficialmente sbarcato in Italia, intavolare una discussione su quello che è uno dei tormentoni più ricorrenti da un po' di tempo a questa parte: Makoto Shinkai è l'erede di Hayao Miyazaki?
La sentenza la lasciamo a voi, sicuri che saprete argomentare in maniera intelligente.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Se volete far parte anche voi della rubrica... rimboccatevi le maniche e recensite!
Infatti ci è sembrato doveroso, visto il florido dibattito sviluppatosi attorno al fenomeno Your Name ufficialmente sbarcato in Italia, intavolare una discussione su quello che è uno dei tormentoni più ricorrenti da un po' di tempo a questa parte: Makoto Shinkai è l'erede di Hayao Miyazaki?
La sentenza la lasciamo a voi, sicuri che saprete argomentare in maniera intelligente.
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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Il giardino delle parole
7.0/10
Recensione di DarkSoulRead
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Sfatiamo subito un luogo comune: Makoto Shinkai non è affatto il nuovo Miyazaki come molti sostengono, bensì un autore con un'identità propria dallo stile facilmente riconoscibile. Trova la sua giusta collocazione nei corto/mediometraggi, vista la sua narrativa lenta e poco incalzante che dopo un po' si fa fatica a seguire, e pare, a differenza di Miyazaki, che non riesca a spaziare nel campo delle emozioni, risultando monotematico e suscitando ad ogni suo film sempre le stesse sensazioni.
Detto questo, "Il giardino delle parole" è probabilmente la sua opera migliore, in quanto incarna alla perfezione la visione del cinema di Shinkai, con i suoi pregi e i suoi difetti. Tra i pregi spicca senza dubbio la ricercatezza estetica del regista, la delicatezza delle immagini che si confa a una narrativa dolce e leggera, e l'uso stavolta ponderato del voice over. Tra i difetti, la solita debole sceneggiatura con personaggi poco approfonditi e un'inconsistenza generale della storia.
Accenniamo la trama. Un quindicenne aspirante calzolaio, durante un giorno di pioggia, incontra in un parco una donna sui trent'anni e se ne innamora. Da lì, ogni volta che piove, i due si incontreranno al parco. La storia si svilupperà esclusivamente intorno al loro rapporto, con la quasi totale assenza di personaggi secondari. La relazione però risulta fin troppo fiabesca, e secondo me si doveva rimarcare maggiormente la differenza anagrafica tra i due, evidenziando il fatto che l'amore non ha età. Anche sul finale si doveva fare di più, invece Shinkai cade nel tranello dell'autoralitá, confezionando il suo classico epilogo senza forma, con alcuni fotogrammi riciclati dal film accompagnati da una musica nostalgica.
Tecnicamente siamo su ottimi livelli, la CG è la stessa utilizzata in "5cm per second" e ha il medesimo impatto visivo. Anche il comparto sonoro si amalgama alla narrativa, ricalcando alla perfezione lo spirito malinconico della pellicola.
In conclusione, "Il giardino delle parole" è una visione piacevole e che consiglio, quantomeno per farsi un'idea su uno dei registi nipponici più chiacchierati del momento.
Voto: 7
Detto questo, "Il giardino delle parole" è probabilmente la sua opera migliore, in quanto incarna alla perfezione la visione del cinema di Shinkai, con i suoi pregi e i suoi difetti. Tra i pregi spicca senza dubbio la ricercatezza estetica del regista, la delicatezza delle immagini che si confa a una narrativa dolce e leggera, e l'uso stavolta ponderato del voice over. Tra i difetti, la solita debole sceneggiatura con personaggi poco approfonditi e un'inconsistenza generale della storia.
Accenniamo la trama. Un quindicenne aspirante calzolaio, durante un giorno di pioggia, incontra in un parco una donna sui trent'anni e se ne innamora. Da lì, ogni volta che piove, i due si incontreranno al parco. La storia si svilupperà esclusivamente intorno al loro rapporto, con la quasi totale assenza di personaggi secondari. La relazione però risulta fin troppo fiabesca, e secondo me si doveva rimarcare maggiormente la differenza anagrafica tra i due, evidenziando il fatto che l'amore non ha età. Anche sul finale si doveva fare di più, invece Shinkai cade nel tranello dell'autoralitá, confezionando il suo classico epilogo senza forma, con alcuni fotogrammi riciclati dal film accompagnati da una musica nostalgica.
Tecnicamente siamo su ottimi livelli, la CG è la stessa utilizzata in "5cm per second" e ha il medesimo impatto visivo. Anche il comparto sonoro si amalgama alla narrativa, ricalcando alla perfezione lo spirito malinconico della pellicola.
In conclusione, "Il giardino delle parole" è una visione piacevole e che consiglio, quantomeno per farsi un'idea su uno dei registi nipponici più chiacchierati del momento.
Voto: 7
Kiki consegne a domicilio
7.5/10
“Kiki - Consegne a domicilio” (titolo originale “Majo no takkyūbin”) è un film d’animazione del 1989 prodotto dallo Studio Ghibli e diretto da Hayao Miyazaki, tratto dall’omonimo romanzo scritto da Eiko Kadono. E’ stato distribuito in Italia dalla Buena Vista Pictures nel 2002, per poi essere ridoppiato nel 2013 e pubblicato dalla Lucky Red.
Trama: compiuti tredici anni, Kiki, come prevede la tradizione delle streghe, lascia la casa famigliare per iniziare il proprio apprendistato in un altro paese, accompagnata dal fedele gatto nero Jiji. In sella a una classica scopa volante di saggina, arriva in una città sulla costa, dove, dopo qualche iniziale difficoltà, si insedierà presso una gentile panettiera, aprendo un’attività di consegne a domicilio.
A differenza dei precedenti lungometraggi dello Studio Ghibli diretti da Miyazaki, in cui le vicende narrate e i personaggi introdotti erano al servizio di una storia o di un messaggio finale molto forte ed evidente, “Kiki - Consegne a domicilio” è completamente incentrato sulla figura della protagonista. Ogni evento portato su schermo aiuta lo spettatore a comprendere meglio la psicologia della giovane strega e le sue tribolazioni interiori nel passaggio dall'infanzia all'età adulta, costruendo con costanza un coinvolgente percorso di crescita.
Dapprima determinata ed entusiasta per la nuova esperienza, Kiki impara presto che il mondo esterno, specie se soli e lontani da parenti e amici, è un luogo spesso ostile e scontroso. Dopo l’iniziale sorpresa, sono in molti a mostrare una progressiva freddezza verso le abilità della streghetta, demoralizzando una ragazza che, nel corso della trama, si rivela piuttosto incline all'abbattimento e alla tristezza.
Inoltre, l’unica arte magica in possesso di Kiki è il volo (altro tema portante della poetica di Miyazaki), il che fa emergere un aspetto fondamentale della vicenda, cioè il superamento di ogni ostacolo tramite la pura forza di volontà e il sostegno delle persone care, senza il ricorso a trucchi o giochi di prestigio.
Nonostante la presenza di un delizioso cast di supporto (letteralmente), non ci sono antagonisti o rivalità, gli unici nemici di Kiki sono nel suo cuore: sono la depressione per i fallimenti, la solitudine di una stanza vuota e una spiccata emotività che la porta ad allontanare anche quelle persone che le vogliono bene.
Il comparto tecnico è ancora una volta di altissimo livello. Le animazioni sono molto fluide, per quanto semplici per la maggior parte del tempo, ma non mancano di rappresentare al meglio l’ebbrezza e l'instabilità delle sequenze di volo.
Il character design, curato e anche piuttosto vario, mostra un discreto numero di personaggi secondari con fisionomie caratteristiche e anche un sorprendente numero di comparse diverse.
Le ambientazioni sono sempre dettagliatissime e stupefacenti, dipinte con colori tenui ma luminosi: ottima e funzionale è la contrapposizione tra le verdi campagne che Kiki sorvola dirigendosi verso l’inizio del proprio tirocinio e l’affollata città (ispirata ai centri urbani del Nord Europa) in cui si stabilisce, caratterizzata da una perfetta commistione di sfarzosi palazzi e accoglienti casette ed evidentemente a cavallo tra passato e modernità.
La colonna sonora, per quanto piacevole e orecchiabile, non mi è rimasta particolarmente impressa, ad eccezione di un paio di brani più riusciti. Il doppiaggio e l’adattamento italiano del 2013, a cura di Gualtiero Cannarsi, mi sono sembrati eccellenti ed espressivi.
In conclusione, “Kiki – Consegne a domicilio” è un emozionante racconto di formazione sull'abbandono del nido famigliare e l’ingresso nella sfera adulta, con una protagonista credibile, realistica e con cui è facile immedesimarsi. Il lungometraggio ne descrive alla perfezione i tumulti interiori e la difficoltà nel lasciarsi alle spalle l’infanzia, aumentando il coinvolgimento emotivo del pubblico: Kiki è costretta, fin da giovanissima, a rendersi indipendente e ad affrontare il duro mondo del lavoro, ricco di soddisfazioni e delusioni, argomento sempre attuale.
Non ho apprezzato, invece, un certo sguardo carico di rimprovero rivolto agli abitanti della cittadina in cui si trasferisce la protagonista, i cui indifferenza e rigetto iniziali nei confronti della strega, vinti solo quando lei riesce a provare inequivocabilmente il proprio valore, sembrano quasi il risultato del loro rifiuto della tradizione, come se l’autore volesse mostrare la propria disapprovazione per il mancato attaccamento alle cose importanti provenienti dal passato.
Analogo trattamento è riservato alla gioventù locale, talmente materialistica e anaffettiva che neppure Kiki riesce ad evitare di indirizzarle contro sentimenti istintivi di repulsione e sconforto. Quest'ultima, al contrario, dimostra una profonda maturazione, ma senza rinunciare per questo a sé stessa e alle proprie radici.
In ogni caso, si tratta comunque di un film indubbiamente leggero, divertente, appassionante e triste quando necessario. Non il mio preferito, ma resta una visione discretamente consigliata.
Trama: compiuti tredici anni, Kiki, come prevede la tradizione delle streghe, lascia la casa famigliare per iniziare il proprio apprendistato in un altro paese, accompagnata dal fedele gatto nero Jiji. In sella a una classica scopa volante di saggina, arriva in una città sulla costa, dove, dopo qualche iniziale difficoltà, si insedierà presso una gentile panettiera, aprendo un’attività di consegne a domicilio.
A differenza dei precedenti lungometraggi dello Studio Ghibli diretti da Miyazaki, in cui le vicende narrate e i personaggi introdotti erano al servizio di una storia o di un messaggio finale molto forte ed evidente, “Kiki - Consegne a domicilio” è completamente incentrato sulla figura della protagonista. Ogni evento portato su schermo aiuta lo spettatore a comprendere meglio la psicologia della giovane strega e le sue tribolazioni interiori nel passaggio dall'infanzia all'età adulta, costruendo con costanza un coinvolgente percorso di crescita.
Dapprima determinata ed entusiasta per la nuova esperienza, Kiki impara presto che il mondo esterno, specie se soli e lontani da parenti e amici, è un luogo spesso ostile e scontroso. Dopo l’iniziale sorpresa, sono in molti a mostrare una progressiva freddezza verso le abilità della streghetta, demoralizzando una ragazza che, nel corso della trama, si rivela piuttosto incline all'abbattimento e alla tristezza.
Inoltre, l’unica arte magica in possesso di Kiki è il volo (altro tema portante della poetica di Miyazaki), il che fa emergere un aspetto fondamentale della vicenda, cioè il superamento di ogni ostacolo tramite la pura forza di volontà e il sostegno delle persone care, senza il ricorso a trucchi o giochi di prestigio.
Nonostante la presenza di un delizioso cast di supporto (letteralmente), non ci sono antagonisti o rivalità, gli unici nemici di Kiki sono nel suo cuore: sono la depressione per i fallimenti, la solitudine di una stanza vuota e una spiccata emotività che la porta ad allontanare anche quelle persone che le vogliono bene.
Il comparto tecnico è ancora una volta di altissimo livello. Le animazioni sono molto fluide, per quanto semplici per la maggior parte del tempo, ma non mancano di rappresentare al meglio l’ebbrezza e l'instabilità delle sequenze di volo.
Il character design, curato e anche piuttosto vario, mostra un discreto numero di personaggi secondari con fisionomie caratteristiche e anche un sorprendente numero di comparse diverse.
Le ambientazioni sono sempre dettagliatissime e stupefacenti, dipinte con colori tenui ma luminosi: ottima e funzionale è la contrapposizione tra le verdi campagne che Kiki sorvola dirigendosi verso l’inizio del proprio tirocinio e l’affollata città (ispirata ai centri urbani del Nord Europa) in cui si stabilisce, caratterizzata da una perfetta commistione di sfarzosi palazzi e accoglienti casette ed evidentemente a cavallo tra passato e modernità.
La colonna sonora, per quanto piacevole e orecchiabile, non mi è rimasta particolarmente impressa, ad eccezione di un paio di brani più riusciti. Il doppiaggio e l’adattamento italiano del 2013, a cura di Gualtiero Cannarsi, mi sono sembrati eccellenti ed espressivi.
In conclusione, “Kiki – Consegne a domicilio” è un emozionante racconto di formazione sull'abbandono del nido famigliare e l’ingresso nella sfera adulta, con una protagonista credibile, realistica e con cui è facile immedesimarsi. Il lungometraggio ne descrive alla perfezione i tumulti interiori e la difficoltà nel lasciarsi alle spalle l’infanzia, aumentando il coinvolgimento emotivo del pubblico: Kiki è costretta, fin da giovanissima, a rendersi indipendente e ad affrontare il duro mondo del lavoro, ricco di soddisfazioni e delusioni, argomento sempre attuale.
Non ho apprezzato, invece, un certo sguardo carico di rimprovero rivolto agli abitanti della cittadina in cui si trasferisce la protagonista, i cui indifferenza e rigetto iniziali nei confronti della strega, vinti solo quando lei riesce a provare inequivocabilmente il proprio valore, sembrano quasi il risultato del loro rifiuto della tradizione, come se l’autore volesse mostrare la propria disapprovazione per il mancato attaccamento alle cose importanti provenienti dal passato.
Analogo trattamento è riservato alla gioventù locale, talmente materialistica e anaffettiva che neppure Kiki riesce ad evitare di indirizzarle contro sentimenti istintivi di repulsione e sconforto. Quest'ultima, al contrario, dimostra una profonda maturazione, ma senza rinunciare per questo a sé stessa e alle proprie radici.
In ogni caso, si tratta comunque di un film indubbiamente leggero, divertente, appassionante e triste quando necessario. Non il mio preferito, ma resta una visione discretamente consigliata.
Che poi alcuni lo considerino tale basandosi sul successo delle sue opere in patria e all'estero, è tutto un altro discorso. In tal senso, con "Your Name." si è dimostrato il suo "erede", riuscendo a raggiungere traguardi che prima d'ora erano esclusiva di Miyazaki.
Non era meglio proporre un articolo o una serie di traduzioni in cui viene operato un vero confronto tra i due registi? (Sempre ammesso abbia senso farlo dato che sono stili totolamete diversi).
Così pare un evidente buffonata fomenta folla per fare click in più....
C'è scritto nel titolo che si tratta della rubrica degli (s)consigliati, è impossibile sbagliarsi.
La risposta è oggettivamente no, e non argomento in modo intelligente perché nemmeno due mesi fa avete tradotto l'articolo di kViN che argomentava a riguardo.
La cosa peggiore è che ne ho sentito parlare sin dai primi anni 2000 (su qualche Benkyo forse?)...
Magari prima o poi vedrò qualche sua opera, chissà!
Si e no, tra l'altro scritta com'è e letta in italiano si interpreta anche come "Shinkai vs Miyazaki: i (loro) film (s)consigliati da voi utenti"
A sto punto aveva più senso proporre la solita rubrica selezionando magari più di 1 titolo per autore e basta e non aggiungere il pezzettino coi nomi dei registi: scritto così è abbastanza un clickbait buratto lá per le visual e al massimo ci fa commentare le due recensioni, non eventuali relazioni tra i registi; non è che voglia fare il moralista ma si poteva pensarlo meglio e o fare un articolo di analisi ad hoc (cosa che hanno dimostrato di saper fare) o proporla col formato (s)consigliati con in introduzione per esempio l'articolo di poco tempo fa come riferimento e almeno un paio di titoli emblematici per regista.
Ok, comunque il titolo non è cambiato solo in questo caso, già nella precedente news avevano iniziato ad usare titoli diversi.
Nemmeno io, ma rimedierò la settimana prossima grazie alle repliche di Your name
Aggiungo solo che, se non erro, è la prima volta che vengono aggiunte un paio di date in tutta (credo) Italia.
Per Evangelion ne aggiunsero una sul momento, al mio Uci di Firenze. Per DragonBall mi sembra che non accadde, nonostante il pienone in sala.
Da quel poco che ho visto comunque ha uno stile spettacolare ma totalmente diverso da quello di Miyazaki...
Ne sei proprio sicuro?
Ho adorato Your name, ma Il giardino delle parole mi ha lasciata quasi del tutto indifferente (se non per lo splendido aspetto grafico). Io avrei preferito
Kiki consegne a domicilio mi è parso perfetto da ogni punto di vista: splendida grafica, magnifici sfondi, belle musiche e personaggi a cui è impossibile non affezionarsi (tranne la ragazzina viziata, a cui avrei rovesciato volentieri la pietanza preparata dalla nonna che lei ha criticato tanto sulla testa).
Parli di Hayao Miyazaki, ma... Takahata?
Miyazaki è bravo, per carità. Ma secondo me sopravvalutato.
A me Your Name è piaciuto, ma tanto.
A parte per il comparto tecnico che porca vacca è troppo bello (ti odio Shinkai, voglio i tuoi fondali come sfondo della mia vita,infame) a me il Giardino delle parole non mi è piaciuto.
Bisogna vedere ora che Shinkai ha finito di parlare della sua tematica sull'amore a distanza, le difficoltà di questo ecc (perchè spero che abbia finito con Your name di trattare questo tema), se riesce a sfruttare altro o se si fermerà qui. E' comunque giovane, ha tutto il tempo per diventare l'erede del maestro, ma per ora siamo, a mio parere, ancora lontani.
Mi hai tolto le parole di bocca. Idem per me
Io non preferisco nessuno dei due. Amo i disegni di Shinkai così come quelli di Miyazaki; ho apprezzato i film di Shinkai così come quelli di Miyazaki. Sono due registi che mi piacciono molto, con le loro peculiarità e differenze. Shinaki, poi, è ancora giovane, anche lavorativamente parlando, mentre Miyazaki è un maestro con la M maiuscola, ormai in pensione (?).
Insomma, per me un paragone per me proprio non esiste. XD
Se poi parliamo delle opere messe a confronto, anche peggio. XD
Eeeeh. dopo questa uscita ti sei giocato ogni minima credibilità...
Ahi ahi, ora partirà il linciaggio! Io invece non ti lincio e non ti spollicio nemmeno, perché in certi casi mi rendo conto che quando si parla dei film di Miyazaki non sono sempre obbiettiva e qualcuno mi è piaciuto meno degli altri, tipo l'ultimo, Si alza il vento: se dovessi paragonare Si alza il vento e Your name per me vincerebbe sicuramente quest'ultimo!
Però è anche vero che Your name è l'unico film di Shinkai (oltre a Viaggio verso Agartha, che però ha risentito troppo dell'orrido doppiaggio italiano) che mi ha soddisfatta completamente.
La sirenetta dovrebbe competere con Ponyo sulla scogliera, per ovvi motivi.
P.S. L'ho fatto di nuovo, ho confuso il tasto per modificare con quello per quotare e rispondere! Spero che prima o poi venga inserito un tasto per cancellare i propri messaggi, così si risolverebbe più facilmente il problema dei messaggi doppi!
Anche Shinkai continuerà a produrre lo stesso film come Mizzy? Staremo a vedere. Yourn Name sembra sfuggire di poco a questo cerchio rispetto i precedenti, il che è un bene e fa sperare anche me.
Per il resto sono due autori profondamente diversi, sia per stile che poetica. Magari delle contaminazioni di tipo estetico ci sono state ma Shinkai è se stesso in quello che fa e non lo vedo come erede di Miyazaki in quasi nulla sinceramente.
Normale che qualche film di Miyazaki/Studio Ghibli sia meno riuscito degli altri (in particolar modo tutti quelli più recenti...)
Ma dire che Miyazaki sia sopravvalutato è come dire che la pizza è sopravvaluta, ovvero un'assurdità cosmica!
Beh, per ora ancora no, ma dobbiamo considerare che Shinkai è giovane e nel suo ultimo film ho notato grossi progressi rispetto ai precedenti. Per ora preferisco ancora Hosoda, ma non mi sento più di escludere che Shinkai possa evolversi ulteriormente fino a diventare un giorno non un nuovo Miyazaki (perché di Miyazaki ce n'è uno e sicuramente sono registi di tipo diverso) ma sicuramente un regista altrettanto importante.
Comunque pensavo, nell'intervista Shinkai diceva che sperava che Miyazaki non vedesse Your name: dunque sarei molto curiosa di sapere se invece alla fine il maestro (com'è quasi certo) lo ha visto e cosa ne pensa!
Cosa pensa? Sicuramente avrà pensato che "anime is a mistake" dopo aver visto il film di Shinkai...
Più probabilmente non gliene potrebbe fregare di meno di quello che fa questo o quel regista!
e perché non Akira Vs Ponyo..........
Lo dici sulla base di 1 solo film di Shinkai, visto con l'atmosfera del cinema, contro "qualche" film Ghibli visto sulla TV di casa.
Guardati 5 cm al secondo o Il viaggio verso Agartha, poi vienimi a dire che valgono più di un Laputa, Porco Rosso, Nausicaa o Si alza il vento (non ho citato apposta Principessa Mononoke perché lo reputo comunque una spanna sopra gli altri).
Oppure guarda gli stessi film Ghibli al cinema, poi dimmi se ti fanno lo stesso effetto
Ho scelto La Sirenetta e Nausicaa per due motivi ben precisi:
1) Sono entrambe due eroine simbolo dell'animazione anni '80
2) La prima rappresentò il rinnovamento della Disney e grazie a Nausicaa si aprirono le strade per la fondazione di Ghibli.
Bene, allora non sono l'unica a cui Il giardino delle parole ha dato quell'impressione!
Detto questo, guardando alcuni trailer non mi è mai sembrato che i due autori fossero simili dal punto di vista narrativo e contenutistico. C'è però da precisare che i loro lungometraggi sono meravigliosi da guardare.
Hosoda è ancora il mio preferito fra i "giovani"! Di Shinkai finora mi è piaciuto solo Your name, mentre ho apprezzato tutti i film di Hosoda che ho visto!
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