Ebbene sì, lo scorso autunno per la prima volta il numero di lavoratori stranieri nel Paese del Sol Levante ha oltrepassato la fatidica soglia del milione di persone; un segnale, questo, che conferma come in Giappone si fatichi a trovare manodopera adeguata in numero sufficiente alle esigenze del mercato del lavoro.
Secondo i dati rilasciati dal ministero nipponico e aggiornati al mese di ottobre, le nazioni di provenienza sono perlopiù la Cina e il Vietnam, e il dato è aumentato del 20% rispetto allo scorso anno, stabilendo una cifra record per il quarto anno di fila.
Tutto suggerisce quindi come il Giappone si stia sempre più affacciando oltreoceano per sopperire alle mancanze di manodopera, malgrado l'annosa riluttanza nipponica nell'accettazione dello straniero.
D'altro canto, la morsa legata a quest'esigenza si è fatta più stretta che mai, a partire dal lontano 1991, considerando una popolazione domestica che aumenta sempre di meno e il cui dato di anzianità media, al contempo, si eleva sempre più. Questo deficit, comune in verità anche a Paesi come l'Italia, ha indotto il Giappone a chiedere aiuto al Fondo Monetario Internazionale per poter accettare più richieste d'ingresso da parte di lavoratori stranieri, al fine di dare una spinta alla crescita economica generale.
Il Primo Ministro Shinzo Abe, da parte sua, ha accennato al fatto che il Paese dovrebbe far sì di introdurre o re-introdurre nel mondo del lavoro dapprima le donne e anziani giapponesi, prima di accettare gli immigrati; nello stesso tempo i politici cercano di lavorare al modo con cui poter attrarre ed inserire lavoratori stranieri senza far apertamente ricorso alla parola proibita, ovvero "immigrazione".
Nel dicembre 2016 il governo ha ampliato le modalità del sistema per consentire l'accettazione di apprendisti dalle nazioni in via di sviluppo, creando allo stesso tempo un nuovo status dei visti per infermieri e collaboratori domestici.
Un altro punto toccato dalle modifiche è quello che punta a corteggiare lavoratori d'oltreoceano estremamente qualificati e competenti come ad esempio i ricercatori accademici, facilitando loro la via verso l'ottenimento di una residenza permanente.
Le carenze di manodopera si sono in particolar modo acuite nel settore edilizio, con la prevedibile impennata della domanda in vista delle Olimpiadi di Tokyo del 2020, ma anche per la ricostruzione conseguente ai tragici eventi del terremoto e tsunami del 2011.
Oltre 41'000 lavoratori stranieri hanno dato respiro a questo settore, dai circa 29'000 dell'anno precedente.
A novembre 2016, le offerte di lavoro per la saldatura di strutture edilizie in acciaio sono state di otto volte superiori alle candidature disponibili.
"Abbiamo tutti i manager che ci servono sul posto, ma invece ci mancano le persone qualificate che in concreto dovrebbero mettere in piedi il tutto," spiega un manager di un'importante società di costruzioni. "E' in quest'ambito che ci servono persone, ed ecco perché stiamo cercando di aprire le porte agli immigrati."
Dalla Cina giunge oltre il 30% di tutta la manodopera straniera inserita in Giappone, che registra un aumento del 6.9% rispetto all'anno 2015.
I vietnamiti si collocano al secondo posto con un 16% sul totale, accresciuto però di oltre il 50% rispetto all'anno precedente.
Un'indagine effettuata da Reuters lo scorso anno ha mostrato come i richiedenti asilo politico, alcuni dei quali impossibilitati a lavorare per aperta proibizione, vengano impiegati in progetti di lavori pubblici proprio in difetto di operai nipponici.
Il sistema degli apprendisti invece, il cui obiettivo è istruire lavoratori stranieri per consentire loro di ritornare in seguito nel proprio Paese natio con le conoscenze acquisite, è spesso utilizzato da ditte a corto di personale per stare col fiato sul collo a quegli stessi lavoratori. Il programma è stato spesso oggetto di accuse di sfruttamento della manodopera legate a eccesso di straordinari e salari mai pagati, guadagnandosi anche aperte critiche dalla Corte dei Diritti dell'Uomo e dai governi stranieri, compreso quello statunitense.
Gli apprendisti contano per un altro 20% del totale, accresciuto in un solo anno di oltre il 25%.
Se questa è indubbiamente una delle facce poco simpatiche del mondo del lavoro in Giappone, ci sembra anche appropriato ricordare come nel milione di lavoratori stranieri di questo Paese vi siano ricompresi anche tutti coloro che lì hanno deciso di trasferirsi ed inserirsi unicamente per la passione che le lega al Giappone.
Sono spesso ex studenti di lingua e culture orientali, di ogni provenienza ed estrazione, che affrontano con pazienza le difficoltà legate al rigido mercato del lavoro nipponico, in un Paese dalle mille sfaccettature e dalle altrettante contraddizioni.
Fonte consultata:
The Japan Times
Secondo i dati rilasciati dal ministero nipponico e aggiornati al mese di ottobre, le nazioni di provenienza sono perlopiù la Cina e il Vietnam, e il dato è aumentato del 20% rispetto allo scorso anno, stabilendo una cifra record per il quarto anno di fila.
Tutto suggerisce quindi come il Giappone si stia sempre più affacciando oltreoceano per sopperire alle mancanze di manodopera, malgrado l'annosa riluttanza nipponica nell'accettazione dello straniero.
D'altro canto, la morsa legata a quest'esigenza si è fatta più stretta che mai, a partire dal lontano 1991, considerando una popolazione domestica che aumenta sempre di meno e il cui dato di anzianità media, al contempo, si eleva sempre più. Questo deficit, comune in verità anche a Paesi come l'Italia, ha indotto il Giappone a chiedere aiuto al Fondo Monetario Internazionale per poter accettare più richieste d'ingresso da parte di lavoratori stranieri, al fine di dare una spinta alla crescita economica generale.
Il Primo Ministro Shinzo Abe, da parte sua, ha accennato al fatto che il Paese dovrebbe far sì di introdurre o re-introdurre nel mondo del lavoro dapprima le donne e anziani giapponesi, prima di accettare gli immigrati; nello stesso tempo i politici cercano di lavorare al modo con cui poter attrarre ed inserire lavoratori stranieri senza far apertamente ricorso alla parola proibita, ovvero "immigrazione".
Nel dicembre 2016 il governo ha ampliato le modalità del sistema per consentire l'accettazione di apprendisti dalle nazioni in via di sviluppo, creando allo stesso tempo un nuovo status dei visti per infermieri e collaboratori domestici.
Un altro punto toccato dalle modifiche è quello che punta a corteggiare lavoratori d'oltreoceano estremamente qualificati e competenti come ad esempio i ricercatori accademici, facilitando loro la via verso l'ottenimento di una residenza permanente.
Le carenze di manodopera si sono in particolar modo acuite nel settore edilizio, con la prevedibile impennata della domanda in vista delle Olimpiadi di Tokyo del 2020, ma anche per la ricostruzione conseguente ai tragici eventi del terremoto e tsunami del 2011.
Oltre 41'000 lavoratori stranieri hanno dato respiro a questo settore, dai circa 29'000 dell'anno precedente.
A novembre 2016, le offerte di lavoro per la saldatura di strutture edilizie in acciaio sono state di otto volte superiori alle candidature disponibili.
"Abbiamo tutti i manager che ci servono sul posto, ma invece ci mancano le persone qualificate che in concreto dovrebbero mettere in piedi il tutto," spiega un manager di un'importante società di costruzioni. "E' in quest'ambito che ci servono persone, ed ecco perché stiamo cercando di aprire le porte agli immigrati."
Dalla Cina giunge oltre il 30% di tutta la manodopera straniera inserita in Giappone, che registra un aumento del 6.9% rispetto all'anno 2015.
I vietnamiti si collocano al secondo posto con un 16% sul totale, accresciuto però di oltre il 50% rispetto all'anno precedente.
Un'indagine effettuata da Reuters lo scorso anno ha mostrato come i richiedenti asilo politico, alcuni dei quali impossibilitati a lavorare per aperta proibizione, vengano impiegati in progetti di lavori pubblici proprio in difetto di operai nipponici.
Il sistema degli apprendisti invece, il cui obiettivo è istruire lavoratori stranieri per consentire loro di ritornare in seguito nel proprio Paese natio con le conoscenze acquisite, è spesso utilizzato da ditte a corto di personale per stare col fiato sul collo a quegli stessi lavoratori. Il programma è stato spesso oggetto di accuse di sfruttamento della manodopera legate a eccesso di straordinari e salari mai pagati, guadagnandosi anche aperte critiche dalla Corte dei Diritti dell'Uomo e dai governi stranieri, compreso quello statunitense.
Gli apprendisti contano per un altro 20% del totale, accresciuto in un solo anno di oltre il 25%.
Se questa è indubbiamente una delle facce poco simpatiche del mondo del lavoro in Giappone, ci sembra anche appropriato ricordare come nel milione di lavoratori stranieri di questo Paese vi siano ricompresi anche tutti coloro che lì hanno deciso di trasferirsi ed inserirsi unicamente per la passione che le lega al Giappone.
Sono spesso ex studenti di lingua e culture orientali, di ogni provenienza ed estrazione, che affrontano con pazienza le difficoltà legate al rigido mercato del lavoro nipponico, in un Paese dalle mille sfaccettature e dalle altrettante contraddizioni.
Fonte consultata:
The Japan Times
Ma infatti la manovalanza arriverà da Cina, Corea e affini, Paesi più vicini sia geograficamente sia come concezione schiavista del lavoro. Gli europei andrano in Giappone tramite appalti alle ditte, in ruoli di rilievo, non certo bassa manovalanza.
In questo momento di crisi occupazionale tanti accetterebbero anche un incarico di `bassa manovalanza`, fidati. Come il mio vicino di casa che ha due figli e mutuo e sta x perdere il lavoro...
Certo che tanti farebbero lavori di bassa manovalanza, ma a condizioni europee, non asiatiche. E per questi lavori è inoltre indispensabile parlare giapponese mentre per i lavori legati ad aziende europee può non essere indispensabile.
Dici che con le olimpiadi ci sarà qualche opportunità in più per gli italiani?
Dopo aver letto questo articolo ho un'idea più chiara di ciò di cui stava parlando. Grazie mille, è stato davvero interessante.
Certo, per gli italiani che gareggeranno!
Certo, per gli italiani che gareggeranno!
Cavolata.
Moltissimi italiani la lavorano come camerieri,lavapiatti,idraulici e operai (calabreseinoriente fa l'operaio).
Sono davvero pochi quelli che lavorano come laureati.
Molti quanto? Perché fin che non si vedono cifre e percentuali è come parlare di come è bello il tempo oggi...
Quanto quelli che si sposano con unaun giapponese.
Credere che tutti gli italiani siano colti e con una laurea è una scemenza.
Io abito in Germania da circa 3 anni, e qua quasi tutti i giovani lavorano come lavapiatti o cameriere.
In Germania ed in Inghilterra è un conto, ma in Giappone non è detto che sia lo stesso. Ripeto: hai dati per affermarlo? Io no...
In Germania e Inghilterra è diverso, sono unione europea ed oggi è quasi la prassi per un giovane andare a lavorare per qualche mese nei Paesi comunitari. Il Giappone è diverso, intanto la distanza, poi non c'è nessuna agevolazioni tra i due Paesi ( Itala e Giappone) per coloro che vanno a lavorare fuori dal proprio Stato. Per poter lavorare bisogna avere una residenza ( ed un garante giapponese), buona conoscenza linguistica ( indispensabile per i lavoratori di bassa manovalanza, ma questo vale ovunque) e parecchi soldi in banca per ottenere il visto lavorativo. Tutte queste cose difficilmente in possesso di ragazzi giovani.
E' questo il punto.
Si ma li vedi che sono tutti sposati?
Tutti quelli che dicono:"Eh ma devi avere minimo una laurea per vivere la come me" e poi scopri che è sposato con una giapponese e fa l'operaio.
Non ho dati dato che baso sulla mia esperienza da emigrante che spesso i media ci raffigurano come tutti laureati,tatuati ed ecc.
Ah beh, se sono tutti sposati allora può essere un altro paio di maniche...
Lavorare per qualche mese? Io sono del nord e sono emigrato qua e probabilmente non ritornerei giù, pensa ai meridionali che non tornerebbero manco morti in Italia.
Bella la seconda parte, però peccato che chi dice queste cose è anche il primo a non averlo provato dato che è SPOSATO.
Sposare un giapponese non ti da la cittadinanza, rimani di fatto un immigrato, le uniche agevolazioni sono la dimora ( visto che teoricamente se ti sposi in Giappone con uno /una giapponese la casa dovresti averla) ed i garanti ( magari i suoceri). E queste cose in via teorica eh, non è dato che i di lei/ lui genitori abbiano la capacità economica per fare il garante o vogliano farlo. L' unica cosa effettiva che si ha in più è il poter stare sul suolo giapponese senza limiti. E c'è sempre il discorso della lingua. Non centra nulla il fatto che tu sia emigrato e voglia rimanerci. In Europa si può girare come e quando si vuole senza limitazioni, sia che si voglia rimanere o andarsene dopo pochi mesi, non ci sono limiti per quanto riguarda la possibilità di ottenere un lavoro ( se non quello linguistico), cosa che in Giappone non è possibile a causa delle rigide regole per quanto riguarda l'immigrazione e sposarsi un giapponese non è una soluzione, oltre al fatto che per la maggior parte non è praticabile (non è che ti sposi col fine di andare a lavorare, è qualcosa che capita per altre motivazioni, o almeno spero).
Ma che centra questo, parlo del caso in specie, il Giappone. In Europa si può viaggiare e lavorare ovunque senza limiti, è ovvio che i più giovani ed inesperti ne approfino, è un'ottima esperienza. Lavapiatti, camerieri, il grosso fa questi lavori e li può fare perché non hanno problemi burocratici di sorta. In Giappone ( ma per meglio dire in quasi tutti i paesi Extra - europei) non è così. Ci vogliono garanti per il lavoro, lavoro casa, un cospicuo quantitativo di denaro depositato in banca, altri garanti economici etc. Misure proibitive per i giovani che sono quelli più propensi a spostarsi e a fare lavori umili ( meno bisogni impellenti, niente famiglia da mantenere, più salute etc.) Durante le olimpiadi ci saranno aziende straniere ché otterranno appalti in Giappone aprendo così possibilità lavorative ma gli europei che andranno non saranno di certo i muratori, ma ingenieri, geometri, tutta una serie di professionisti legati all'azienda e disposti a spostarsi di sede.
I Giapponesi sono malati di lavoro.
Io ho un ex collega che fa il "mangaka" in Giappone e quando ha delle commissioni ( lavora ad un suo manga comico ma al contempo lavora come grafico per varie ditte) gli danno una esigua quantità di tempo, poco denaro e zero flessibilità. E parlo di un libero professionista, che comunque hanno meno diritti rispetto ad un dipendente ( da noi) figuriamoci la frustrazione di un dipendente che nei fatti viene trattato come schiavo.
10 ore....e scommetto che a qualcuno tocca fare anche 12 ore al giorno!
Oh, hai messo a confronto tutte cose diverse.
Tu non sai cosa sia la Gran Bretagna e credo che tu stia confondendo la Gran Bretagna con la Germania o la Francia.
Facciamo un discorso.
Per andare in Germania ti serve un visto? No.
Per lavorare in Germania ti serve un visto? Si.
Ok? Qua si parla di lavoro e non di visitare.
Se mi sposo cosa mi succede? Ricevo il visto matrimoniale CHE MI PERMETTE di lavorare. Quindi a che serve la cittadinanza? Perché parli di cittadinanza?
Garante per prendere la casa? Questa è una cosa che succede solo dopo mesi e mesi di lavoro! Prima si parte a vivere in un HOSTELLO o Sharehouse e poi si pende in considerazione di prendere casa!
Qual'è la differenza tra Giappone ed Europa?
1)Che in Europa non ti serve nessun visto e per la lingua basta che lavori con italiani o se sei fidanzatosposato ti fai aiutare a trovare lavoro la.
2)C'è un enorme differenza di immigrazione tra Gran Bretagna e Giappone. Prova a cercare lavoro come lavapiatti e sai cosa ti succede? Difficilmente lo troverai perché ci sono altri 10mila che ci provano per quel posto. La differenza di stranieri tra Italia e GB è che 1 straniero in Italia ne vale 10mila in GB.
E tutti questi stranieri in Giappone non li trovi e quindi sei anche avvantaggiato.
La differenza non è così enorme perché sono gli stessi sacrifici.
1) straordinari "funesti": http://www.corriere.it/esteri/17_febbraio_01/giappone-muore-superlavoro-be99fb52-e7ed-11e6-8168-2d40923ac04f.shtml
2) non vieni a lavoro perché malata? Ed io ti trattengo una parte dello stipendio come penalita': http://www.japantimes.co.jp/news/2017/01/31/national/crime-legal/7-eleven-store-illegally-fined-teen-worker-taking-sick-leave/#.WJHSYYVOLNN
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