Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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Arte
6.5/10
Recensione di pippo311lp
-
Negli ultimi mesi sulle pagine di AnimeClick è stato fonte di molta attenzione l’anime di Arte, quasi come se fosse una novità, nonostante il manga (di gran lunga migliore dell’anime, ma di questo ne parlerò nel corso della recensione) sia disponibile in Italia da un paio di anni. Prima di addentrarmi nella recensione dell’anime di Arte, voglio chiarire alcuni concetti e miti sbagliati letti fin troppo spesso all’interno di vari post e notizie nel sito.
"Arte", non è una serie storica, non racconta di un personaggio realmente esisto né ispirato ad alcuna figura storica. È “semplicemente” la storia di una ragazza, ambientata nel XVI secolo durante il rinascimento Italiano, scritta da una mangaka giapponese per il pubblico giapponese con relative influenze culturali (inchini e quant’altro). Che la mangaka si sia informata sul periodo storico è appurato, lei stessa lo sottolinea più volte nelle note del manga, ma senza che si sia ispirata a qualche personaggio in particolare. Smettiamola di fare illazioni sbagliate, promuovendo le false convinzioni dettate da similitudini. Per fare un esempio, se decido di creare una storia originale ambientata a cavallo delle due guerre mondiali, e il mio protagonista è un tedesco studioso di fisica, non significa che voglio fare la biografia di Albert Einstein. Semplicemente ci sono delle similitudini ma sono due storie completamente diverse.
Dopo queste dovute e importanti osservazioni, è il momento d'iniziare la recensione.
Siamo in Italia, precisamente a Firenze nel XVI secolo, culla del rinascimento. La nostra protagonista di nome Arte (sì, il nome della serie e della protagonista sono gli stessi), è una ragazza solare, forte e piena di vita, con un sogno, diventare pittrice. A contrapporsi tra lei e il suo sogno c’è la società in cui vive, una società con delle convinzioni sociali molto radicate e difficili da cambiare, in cui l’uomo può fare carriera e la donna è relegata in casa a fare la massaia. Nel corso degli episodi, Arte, andrà contro i costumi della società, metterà in gioco tutta se stessa pur di riuscire a realizzare il suo sogno.
L’ambientazione già da sola potrebbe reggere l’intera baracca, ma se a questo aggiungiamo una storia di rivalsa e maturazione con protagonista una donna forte in una società maschilista, supportata inoltre dalla disciplina dell’Arte durante il Rinascimento, ci troviamo davanti una serie che potrebbe regalare tante soddisfazioni e momenti unici. Eppure nonostante tutte queste qualità, i dettagli e la buona gestione del manga, l’anime fallisce, restituendo un’impronta abbastanza sbiadita e superficiale della storia.
Riprendendo il concetto scritto nelle osservazioni, Arte non vuole essere una serie storica o drammatica, ma è una storia di maturazione e riscatto in una società ostile, e punta principalmente a far empatizzare il lettore alle vicende, ai personaggi...non a farlo sorridere per le loro azioni. Un equilibrio che nel manga è ben gestito e che riesce ad appassionare e intrigare, ma che invece l’anime non riesce, se non in alcuni momenti, a emulare.
La formazione di Arte e le sue capacità passano quasi in secondo piano nella storia e già questo stride parecchio con le premesse dalla serie. Se non per i primi episodi, gli sviluppi procedono spediti, fin troppo spediti, la produzione risolve i dubbi, le paure e le sfide di Arte in pochissimi minuti, rendendo il tutto molto artificioso.
La situazione della donna nella società è solo accennata, tutto viene ricondotto a un’unica scena in cui Veronica mostra ad Arte come una donna può finire dalle stelle alle stalle, per il resto non ne sappiamo più niente. Viene saltato completamente il background di Dacia, buco incredibile dato che è un personaggio molto vicino alla protagonista, oltre a lei anche le vicende che riguardano Caterina, la madre e lo zio Yuri sono vittime dei tagli, nonostante quest’ultime avrebbero regalato diverse note interessanti durante l’esperienza Veneziana.
La scelta di tagliare tutti i dettagli e le situazioni intriganti ha certamente privato lo spettatore delle particolarità della serie, offrendogli quindi un prodotto privo di personalità. Gli sceneggiatori per ottenere 12 episodi da 25 minuti hanno corso e non si sono resi conto di aver perso per strada tutta la sostanza e qualità della trama.
La produzione è avara anche sul lato tecnico. Sceglie una palette cromatica calda e satura per mascherare le mancanze dei disegni, qualche scorcio interessante c’è, ma nel complesso visto che i soggetti rappresentati si prestavano più che bene, essendo due delle mete più apprezzate dai turisti di tutto il mondo, parliamo naturalmente di Firenze e Venezia, mi aspettavo qualcosina di più.
Animazioni basilari ed espressività dei personaggi legnosi ci accompagnano per quasi tutto il tempo, ma incredibilmente sono accentuate quando non sarebbe servito, cioè nelle parti comiche.
È nel sonoro che la serie regala qualche soddisfazione, l’opening (“Clover” - Maaya Sakamoto) è molto musicale e orecchiabile, ma forse fin troppo pop e moderna, la ending (“Hare Moyou” - Kiyono Yasuno) invece già ricalca un po’ di più l’ambientazione, grazie soprattutto ai bellissimi acuti di Kiyono Yasuno. Complessivamente mi sono piaciute come sigle, inoltre sono apprezzabili anche dal punto di vista visivo, la ending soprattutto da una visione molto “calzante” della scalata, o meglio, scalinata che la nostra protagonista, Arte, deve salire per raggiungere il suo sogno. L’OST per il resto accompagna bene le immagini sullo schermo ma non brilla più di tanto. Bene invece i doppiaggi, gli accostamenti con i personaggi mi sono piaciuti, ho apprezzato molto Mikako Komatsu su Arte, così come M.A.O su Caterina.
Sono del parere che i problemi dell’anime siano riconducibili principalmente alle scelte opportunistiche della produzione. Hanno riadattato in modo approssimativo una serie appassionante, forse con il solo intento di occupare uno slot televisivo, non preoccupandosi più di tanto del risultato finale.
Difatti man mano che gli episodi avanzavano, ho purtroppo riscontrato una rappresentazione pigra, apatica, ma soprattutto distante da quelle che erano le qualità e volontà del prodotto originale.
Tirando le somme, Arte per me non va oltre la sufficienza. Nonostante una sceneggiatura svogliata, che si concentra sulla comicità più che sull’empatia e un comparto tecnico discreto, nel complesso l’anime risulta comunque piacevole durante la visione.
Lo consiglierei ? Se siete lettori vi direi di evitare l’anime perché non rappresenta bene le vicende raccontate nel manga, quindi vi consiglierei di recuperare l’opera originale edita da noi dalla Planet Manga.
Nel caso non foste lettori ma solo spettatori, potreste darle un’occasione, ma purtroppo vi perderete molte delle potenzialità offerte dalla serie. L’unica nota positiva, se cosi vogliam dire, è che l’anime ha una sua conclusione, nonostante l’opera originale, il manga, sia ancora in corso e molto più avanti nelle vicende.
"Arte", non è una serie storica, non racconta di un personaggio realmente esisto né ispirato ad alcuna figura storica. È “semplicemente” la storia di una ragazza, ambientata nel XVI secolo durante il rinascimento Italiano, scritta da una mangaka giapponese per il pubblico giapponese con relative influenze culturali (inchini e quant’altro). Che la mangaka si sia informata sul periodo storico è appurato, lei stessa lo sottolinea più volte nelle note del manga, ma senza che si sia ispirata a qualche personaggio in particolare. Smettiamola di fare illazioni sbagliate, promuovendo le false convinzioni dettate da similitudini. Per fare un esempio, se decido di creare una storia originale ambientata a cavallo delle due guerre mondiali, e il mio protagonista è un tedesco studioso di fisica, non significa che voglio fare la biografia di Albert Einstein. Semplicemente ci sono delle similitudini ma sono due storie completamente diverse.
Dopo queste dovute e importanti osservazioni, è il momento d'iniziare la recensione.
Siamo in Italia, precisamente a Firenze nel XVI secolo, culla del rinascimento. La nostra protagonista di nome Arte (sì, il nome della serie e della protagonista sono gli stessi), è una ragazza solare, forte e piena di vita, con un sogno, diventare pittrice. A contrapporsi tra lei e il suo sogno c’è la società in cui vive, una società con delle convinzioni sociali molto radicate e difficili da cambiare, in cui l’uomo può fare carriera e la donna è relegata in casa a fare la massaia. Nel corso degli episodi, Arte, andrà contro i costumi della società, metterà in gioco tutta se stessa pur di riuscire a realizzare il suo sogno.
L’ambientazione già da sola potrebbe reggere l’intera baracca, ma se a questo aggiungiamo una storia di rivalsa e maturazione con protagonista una donna forte in una società maschilista, supportata inoltre dalla disciplina dell’Arte durante il Rinascimento, ci troviamo davanti una serie che potrebbe regalare tante soddisfazioni e momenti unici. Eppure nonostante tutte queste qualità, i dettagli e la buona gestione del manga, l’anime fallisce, restituendo un’impronta abbastanza sbiadita e superficiale della storia.
Riprendendo il concetto scritto nelle osservazioni, Arte non vuole essere una serie storica o drammatica, ma è una storia di maturazione e riscatto in una società ostile, e punta principalmente a far empatizzare il lettore alle vicende, ai personaggi...non a farlo sorridere per le loro azioni. Un equilibrio che nel manga è ben gestito e che riesce ad appassionare e intrigare, ma che invece l’anime non riesce, se non in alcuni momenti, a emulare.
La formazione di Arte e le sue capacità passano quasi in secondo piano nella storia e già questo stride parecchio con le premesse dalla serie. Se non per i primi episodi, gli sviluppi procedono spediti, fin troppo spediti, la produzione risolve i dubbi, le paure e le sfide di Arte in pochissimi minuti, rendendo il tutto molto artificioso.
La situazione della donna nella società è solo accennata, tutto viene ricondotto a un’unica scena in cui Veronica mostra ad Arte come una donna può finire dalle stelle alle stalle, per il resto non ne sappiamo più niente. Viene saltato completamente il background di Dacia, buco incredibile dato che è un personaggio molto vicino alla protagonista, oltre a lei anche le vicende che riguardano Caterina, la madre e lo zio Yuri sono vittime dei tagli, nonostante quest’ultime avrebbero regalato diverse note interessanti durante l’esperienza Veneziana.
La scelta di tagliare tutti i dettagli e le situazioni intriganti ha certamente privato lo spettatore delle particolarità della serie, offrendogli quindi un prodotto privo di personalità. Gli sceneggiatori per ottenere 12 episodi da 25 minuti hanno corso e non si sono resi conto di aver perso per strada tutta la sostanza e qualità della trama.
La produzione è avara anche sul lato tecnico. Sceglie una palette cromatica calda e satura per mascherare le mancanze dei disegni, qualche scorcio interessante c’è, ma nel complesso visto che i soggetti rappresentati si prestavano più che bene, essendo due delle mete più apprezzate dai turisti di tutto il mondo, parliamo naturalmente di Firenze e Venezia, mi aspettavo qualcosina di più.
Animazioni basilari ed espressività dei personaggi legnosi ci accompagnano per quasi tutto il tempo, ma incredibilmente sono accentuate quando non sarebbe servito, cioè nelle parti comiche.
È nel sonoro che la serie regala qualche soddisfazione, l’opening (“Clover” - Maaya Sakamoto) è molto musicale e orecchiabile, ma forse fin troppo pop e moderna, la ending (“Hare Moyou” - Kiyono Yasuno) invece già ricalca un po’ di più l’ambientazione, grazie soprattutto ai bellissimi acuti di Kiyono Yasuno. Complessivamente mi sono piaciute come sigle, inoltre sono apprezzabili anche dal punto di vista visivo, la ending soprattutto da una visione molto “calzante” della scalata, o meglio, scalinata che la nostra protagonista, Arte, deve salire per raggiungere il suo sogno. L’OST per il resto accompagna bene le immagini sullo schermo ma non brilla più di tanto. Bene invece i doppiaggi, gli accostamenti con i personaggi mi sono piaciuti, ho apprezzato molto Mikako Komatsu su Arte, così come M.A.O su Caterina.
Sono del parere che i problemi dell’anime siano riconducibili principalmente alle scelte opportunistiche della produzione. Hanno riadattato in modo approssimativo una serie appassionante, forse con il solo intento di occupare uno slot televisivo, non preoccupandosi più di tanto del risultato finale.
Difatti man mano che gli episodi avanzavano, ho purtroppo riscontrato una rappresentazione pigra, apatica, ma soprattutto distante da quelle che erano le qualità e volontà del prodotto originale.
Tirando le somme, Arte per me non va oltre la sufficienza. Nonostante una sceneggiatura svogliata, che si concentra sulla comicità più che sull’empatia e un comparto tecnico discreto, nel complesso l’anime risulta comunque piacevole durante la visione.
Lo consiglierei ? Se siete lettori vi direi di evitare l’anime perché non rappresenta bene le vicende raccontate nel manga, quindi vi consiglierei di recuperare l’opera originale edita da noi dalla Planet Manga.
Nel caso non foste lettori ma solo spettatori, potreste darle un’occasione, ma purtroppo vi perderete molte delle potenzialità offerte dalla serie. L’unica nota positiva, se cosi vogliam dire, è che l’anime ha una sua conclusione, nonostante l’opera originale, il manga, sia ancora in corso e molto più avanti nelle vicende.
GTO
10.0/10
Chi legge manga e non ha mai sentito parlare di GTO deve subito porci rimedio. L'opera di Toru Fujisawa è l'abc, le fondamenta per un novello lettore di fumetti giapponesi. Per chi non lo conoscesse, si tratta di un'icona degli anni novanta e inizio duemila per un motivo piuttosto semplice: le gesta di Eikichi Onizuka.
Ventidue anni, celibe ed ex-teppista dai capelli biondi che ha ottenuto la laurea usando un sosia, Onizuka decide di punto in bianco di diventare un insegnante in seguito ad un avvenimento sconcertante, con lo scopo di abbordare giovani fanciulle. Tuttavia la cosa non è semplice poiché dubita che un come lui, stupido e dal passato burrascoso, possa essere adatto a un ruolo del genere. Per fortuna dalla sua parte c'è l'amico Ruyji, che nel momento del bisogno lo aiuta facendolo tornare in sé. Dopo l'esperienza da tirocinante, per buona sorte, trova lavoro all'Istituto Kissho grazie alla direttrice Sakurai che, colpita particolarmente dalla sua personalità, punta sul baldo giovane per spazzar via il marcio presente nella scuola affidandogli la classe delle medie più problematica di tutte.
Quindi, oltre ad insegnare a dei “mocciosi” (addio al sogno di gloria di sposare una donna più giovane), si ritroverà a sistemare i problemi dei suoi alunni con metodi poco convenzionali e ad affrontare i suoi colleghi di lavoro che non possono permettergli di rovinare la prestigiosa reputazione dell'Istituto. Comincia così l'odissea del professore Eikichi Onizuka, con il sogno di diventare il teacher più great del Giappone!
Nel corso dei volumi, Onizuka dovrà vedersela da un lato con ragazzi abbandonati a se stessi e sfiduciati da un sistema e un'istruzione individualista e capitalista che non garantiscono loro un futuro adeguato, trascurati dai propri genitori che li accollano alle scuole di un certo spessore attribuendo colpe agli insegnati qualora qualcosa vada storto; dall'altro lato affronta colleghi e superiori irritati dai suoi metodi poco ortodossi, i quali vedono in lui soltanto una fonte inesauribile di guai e che cercano in tutte le maniere di cacciarlo definitivamente dalla scuola.
Come possiamo constatare, Onizuka non è il solito professore. La scuola in sua presenza non sarà mai noiosa. E' esuberante, caratterialmente forte e deciso, stupido e pure maniaco, nel senso buono del termine. Certamente è la persona meno indicata ad istruire degli alunni, ma è l'unico a credere ciecamente in loro. Anche lui è stato chiamato “rifiuto” e sa come può essere straziante essere definito in tale modo. Proprio per questa ragione cercherà di scoprire alla radice, impicciandosi così negli affari familiari e non dei suoi alunni, cosa spinge i giovani a percorrere una cattiva strada e raddrizzare così il loro percorso. E non ha paura di arrivare a minacciare o alzare le mani pur di proteggerli o salvarli da incidenti sfortunati, come per esempio buttarsi giù da un palazzo. Instillerà in loro quella fiducia che serve a smuoverne gli animi!
Le risate sono sempre all'ordine del giorno, anche grazie alle smorfie facciali che l'autore disegna con efficacia sul viso di Onizuka. Lo schema, narrativamente parlando, lo vede rivaleggiare con uno studente, risolvere il problema e portarlo dalla sua parte. Nonostante ciò, sarà bello osservare come riuscirà a cavarsela tra sfortune e inconvenienti. Addirittura, quando la posta in gioco si fa alta, Onizuka non gira mai le spalle e combatte subendo le conseguenze delle sue azioni, ribaltando il risultato a suo favore perfino quando tutto dovrebbe andare storto, proprio come in un german suplex.
Però GTO non è solo Onizuka, chiaramente. Faremo pian piano la conoscenza degli studenti, caratterizzati divinamente con introspezioni e problemi tipici da teenager in tutti gli stereotipi possibili, dal secchione al bullo di turno; e dei professori egoisti a cui non importa niente se non il proprio tornaconto, che hanno perso di vista l'obbiettivo primario e che etichettano le persone senza provare prima a conoscere chi trovano di fronte; l'unico modo che hanno per sfogarsi è quello di maledire Onizuka per la sua esistenza, o palpare qualche sedere, o vedere mutandine...
Toru Fujisawa non si limita però a raccontare le vicissitudini di tutti questi personaggi, ma critica fortemente l'incongruenza del sistema scolastico giapponese e le probabili controversie, rispecchiando la situazione attuale a vent'anni dalla sua uscita.
La cosa deludente è che non c'è un'edizione che rappresenti a pieno quest'opera. Quella della Dynit ormai è pressoché introvabile e nonostante possa sembrare di pregevole fattura, all'interno si notano alcune storpiature.
A leggerlo da adulti per la prima volta potrà sembrare un po' esagerato, ma si parla d'altronde di un'opera di fantasia. Inoltre si potrebbe trovare fastidiosa la sfrontatezza con cui continuamente mostra la sua parte ecchi. Ma se saprete andare oltre, constaterete che Eikichi Onizkua è quell'amico che tanto avremo voluto conoscere e che vorremo accanto, soprattutto quel professore che non avremo mai e che ci sarebbe tanto piaciuto avere.
Ventidue anni, celibe ed ex-teppista dai capelli biondi che ha ottenuto la laurea usando un sosia, Onizuka decide di punto in bianco di diventare un insegnante in seguito ad un avvenimento sconcertante, con lo scopo di abbordare giovani fanciulle. Tuttavia la cosa non è semplice poiché dubita che un come lui, stupido e dal passato burrascoso, possa essere adatto a un ruolo del genere. Per fortuna dalla sua parte c'è l'amico Ruyji, che nel momento del bisogno lo aiuta facendolo tornare in sé. Dopo l'esperienza da tirocinante, per buona sorte, trova lavoro all'Istituto Kissho grazie alla direttrice Sakurai che, colpita particolarmente dalla sua personalità, punta sul baldo giovane per spazzar via il marcio presente nella scuola affidandogli la classe delle medie più problematica di tutte.
Quindi, oltre ad insegnare a dei “mocciosi” (addio al sogno di gloria di sposare una donna più giovane), si ritroverà a sistemare i problemi dei suoi alunni con metodi poco convenzionali e ad affrontare i suoi colleghi di lavoro che non possono permettergli di rovinare la prestigiosa reputazione dell'Istituto. Comincia così l'odissea del professore Eikichi Onizuka, con il sogno di diventare il teacher più great del Giappone!
Nel corso dei volumi, Onizuka dovrà vedersela da un lato con ragazzi abbandonati a se stessi e sfiduciati da un sistema e un'istruzione individualista e capitalista che non garantiscono loro un futuro adeguato, trascurati dai propri genitori che li accollano alle scuole di un certo spessore attribuendo colpe agli insegnati qualora qualcosa vada storto; dall'altro lato affronta colleghi e superiori irritati dai suoi metodi poco ortodossi, i quali vedono in lui soltanto una fonte inesauribile di guai e che cercano in tutte le maniere di cacciarlo definitivamente dalla scuola.
Come possiamo constatare, Onizuka non è il solito professore. La scuola in sua presenza non sarà mai noiosa. E' esuberante, caratterialmente forte e deciso, stupido e pure maniaco, nel senso buono del termine. Certamente è la persona meno indicata ad istruire degli alunni, ma è l'unico a credere ciecamente in loro. Anche lui è stato chiamato “rifiuto” e sa come può essere straziante essere definito in tale modo. Proprio per questa ragione cercherà di scoprire alla radice, impicciandosi così negli affari familiari e non dei suoi alunni, cosa spinge i giovani a percorrere una cattiva strada e raddrizzare così il loro percorso. E non ha paura di arrivare a minacciare o alzare le mani pur di proteggerli o salvarli da incidenti sfortunati, come per esempio buttarsi giù da un palazzo. Instillerà in loro quella fiducia che serve a smuoverne gli animi!
Le risate sono sempre all'ordine del giorno, anche grazie alle smorfie facciali che l'autore disegna con efficacia sul viso di Onizuka. Lo schema, narrativamente parlando, lo vede rivaleggiare con uno studente, risolvere il problema e portarlo dalla sua parte. Nonostante ciò, sarà bello osservare come riuscirà a cavarsela tra sfortune e inconvenienti. Addirittura, quando la posta in gioco si fa alta, Onizuka non gira mai le spalle e combatte subendo le conseguenze delle sue azioni, ribaltando il risultato a suo favore perfino quando tutto dovrebbe andare storto, proprio come in un german suplex.
Però GTO non è solo Onizuka, chiaramente. Faremo pian piano la conoscenza degli studenti, caratterizzati divinamente con introspezioni e problemi tipici da teenager in tutti gli stereotipi possibili, dal secchione al bullo di turno; e dei professori egoisti a cui non importa niente se non il proprio tornaconto, che hanno perso di vista l'obbiettivo primario e che etichettano le persone senza provare prima a conoscere chi trovano di fronte; l'unico modo che hanno per sfogarsi è quello di maledire Onizuka per la sua esistenza, o palpare qualche sedere, o vedere mutandine...
Toru Fujisawa non si limita però a raccontare le vicissitudini di tutti questi personaggi, ma critica fortemente l'incongruenza del sistema scolastico giapponese e le probabili controversie, rispecchiando la situazione attuale a vent'anni dalla sua uscita.
La cosa deludente è che non c'è un'edizione che rappresenti a pieno quest'opera. Quella della Dynit ormai è pressoché introvabile e nonostante possa sembrare di pregevole fattura, all'interno si notano alcune storpiature.
A leggerlo da adulti per la prima volta potrà sembrare un po' esagerato, ma si parla d'altronde di un'opera di fantasia. Inoltre si potrebbe trovare fastidiosa la sfrontatezza con cui continuamente mostra la sua parte ecchi. Ma se saprete andare oltre, constaterete che Eikichi Onizkua è quell'amico che tanto avremo voluto conoscere e che vorremo accanto, soprattutto quel professore che non avremo mai e che ci sarebbe tanto piaciuto avere.
Rail Wars!
7.5/10
Recensione di AnthonySoma-sensei
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"Rail Wars!" è una serie di light novel scritta da Takumi Toyoda e illustrata da Vania 600; del romanzo giapponese sono stati realizzati sia un adattamento manga, la cui pubblicazione è iniziata nel febbraio 2012, che una trasposizione anime, andata in onda in Giappone a partire da luglio 2014.
La storia è ambientata in un futuro alternativo dove le Ferrovie Nazionali Giapponesi hanno evitato la privatizzazione del 1987 e dominano il palcoscenico ferroviario nazionale attraverso la compagnia statale JNR (Japan National Railways). Il protagonista è Naoto Takayama, un liceale che vorrebbe entrare nell'ente ferroviario nazionale e svolgere la professione di macchinista; tuttavia il suo sogno non potrà subito realizzarsi, poiché viene assegnato come apprendista alle Forze di Sicurezza Ferroviarie e aggregato al gruppo D4 (Difesa 4), capeggiato dal caporeparto Nana Lida e affiancato da altri tre membri: l'affascinante Sakurai, la timida Koumi e l'adrenalinico Iwaizumi. Il quartetto di tirocinanti ha il compito di proteggere i passeggeri e la stazione ferroviaria di Tokyo dai continui attacchi del gruppo terrorista RJ, che vuole costringere il governo a privatizzare le ferrovie. Riusciranno i protagonisti a svolgere con successo il loro compito e a realizzare i propri sogni?
La caratterizzazione dei personaggi è piuttosto negativa... partendo dal presupposto che la maggior parte delle ragazze siano eccessivamente stereotipate, non riescono ad emergere e soprattutto ad avere delle evoluzioni dal punto di vista psicologico durante la storia, se non innamorarsi piano piano del protagonista. Tra di esse si salva appena Sakurai: bella, intraprendente, coraggiosa e con uno spirito indomabile, anche se talvolta è molto impulsiva e dispettosa! Ha le idee molto chiare sul suo futuro e, grazie alla figura di Takayama, comincia a non provare più disprezzo per gli uomini. Sfortunatamente le altre ragazze svolgono dei ruoli più "classici" e prevedibili: la solita amica d'infanzia del protagonista, Sasshou, la idol tsundere Noa e la dandere Koumi. Il personaggio principale dell'opera è Takayama, il quale è il solito ragazzino impacciato e debole che riesce ad accerchiarsi magicamente di ragazze solo grazie ai suoi nobili ideali e al non arrendersi mai nelle situazioni complicate. Contrariamente, il suo compagno di squadra, Iwaizumi, sebbene abbia una personalità un po' troppo bizzarra e vivace, è sempre "concretamente" utile alla causa e protegge, nel vero senso della parola, i propri compagni innumerevoli volte; eppure, nonostante ciò, non viene calcolato minimamente dalle ragazze, in quanto, trattandosi giustamente di un harem, esiste solo la figura del protagonista.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, ci sono dei pro e dei contro: innanzitutto le due sigle, l'opening ("Mukaikaze ni Uta Renagara" - Minori Chihara) e la ending ("Overdriver" - ZAQ), sono davvero eccezionali e perfette per la serie in questione. La grafica è più che discreta specialmente nella riproduzione dei treni, anche se certe volte subisce dei netti cali durante la visione dei paesaggi e per gli elementi che si trovano in secondo piano o sullo sfondo; i personaggi sono fatti abbastanza bene, tuttavia nell'adattamento manga alcuni di essi, in particolare Koumi, sembrano essere disegnati e rappresentati molto meglio. Il doppiaggio è ottimo, mentre i colori utilizzati sono poco accesi e talvolta sembrano "sbiaditi".
In sostanza, "Rail Wars" è un anime che da una parte è riuscito ad essere notevolmente "innovativo", basando la propria storia principalmente sui treni e apportando delle spiegazioni molto belle, dettagliate e specifiche su di essi, sia nel corso degli episodi che in piccoli spezzoni dopo la ending; dall'altro canto, però, l'autore non è riuscito affatto a distaccarsi dai soliti cliché che troviamo nella maggior parte delle serie harem ed ecchi: questi due elementi avrebbero dovuto dare una marcia in più all'anime, ma non hanno fatto altro che rovinarlo e abbassarlo ulteriormente di livello. (Una trovata apprezzabile e carina potrebbe essere la scelta, alla fine di ogni episodio, di aver aggiunto delle immagini "spinte" delle ragazze mentre si trovavano in determinati contesti). Per il resto, personaggi non sufficienti e soprattutto trama, per certi tratti, se valutata razionalmente, assurda: dei ragazzini minorenni che si occupano di sventare rapimenti, attacchi terroristici, di malmenare criminali professionisti e disinnescare bombe con una facilità e semplicità inaudita la dicono lunga sulla credibilità e la leggerezza della serie...
Dunque, il mio voto finale è un 7,5, in particolare per l'originalità del tema.
La storia è ambientata in un futuro alternativo dove le Ferrovie Nazionali Giapponesi hanno evitato la privatizzazione del 1987 e dominano il palcoscenico ferroviario nazionale attraverso la compagnia statale JNR (Japan National Railways). Il protagonista è Naoto Takayama, un liceale che vorrebbe entrare nell'ente ferroviario nazionale e svolgere la professione di macchinista; tuttavia il suo sogno non potrà subito realizzarsi, poiché viene assegnato come apprendista alle Forze di Sicurezza Ferroviarie e aggregato al gruppo D4 (Difesa 4), capeggiato dal caporeparto Nana Lida e affiancato da altri tre membri: l'affascinante Sakurai, la timida Koumi e l'adrenalinico Iwaizumi. Il quartetto di tirocinanti ha il compito di proteggere i passeggeri e la stazione ferroviaria di Tokyo dai continui attacchi del gruppo terrorista RJ, che vuole costringere il governo a privatizzare le ferrovie. Riusciranno i protagonisti a svolgere con successo il loro compito e a realizzare i propri sogni?
La caratterizzazione dei personaggi è piuttosto negativa... partendo dal presupposto che la maggior parte delle ragazze siano eccessivamente stereotipate, non riescono ad emergere e soprattutto ad avere delle evoluzioni dal punto di vista psicologico durante la storia, se non innamorarsi piano piano del protagonista. Tra di esse si salva appena Sakurai: bella, intraprendente, coraggiosa e con uno spirito indomabile, anche se talvolta è molto impulsiva e dispettosa! Ha le idee molto chiare sul suo futuro e, grazie alla figura di Takayama, comincia a non provare più disprezzo per gli uomini. Sfortunatamente le altre ragazze svolgono dei ruoli più "classici" e prevedibili: la solita amica d'infanzia del protagonista, Sasshou, la idol tsundere Noa e la dandere Koumi. Il personaggio principale dell'opera è Takayama, il quale è il solito ragazzino impacciato e debole che riesce ad accerchiarsi magicamente di ragazze solo grazie ai suoi nobili ideali e al non arrendersi mai nelle situazioni complicate. Contrariamente, il suo compagno di squadra, Iwaizumi, sebbene abbia una personalità un po' troppo bizzarra e vivace, è sempre "concretamente" utile alla causa e protegge, nel vero senso della parola, i propri compagni innumerevoli volte; eppure, nonostante ciò, non viene calcolato minimamente dalle ragazze, in quanto, trattandosi giustamente di un harem, esiste solo la figura del protagonista.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, ci sono dei pro e dei contro: innanzitutto le due sigle, l'opening ("Mukaikaze ni Uta Renagara" - Minori Chihara) e la ending ("Overdriver" - ZAQ), sono davvero eccezionali e perfette per la serie in questione. La grafica è più che discreta specialmente nella riproduzione dei treni, anche se certe volte subisce dei netti cali durante la visione dei paesaggi e per gli elementi che si trovano in secondo piano o sullo sfondo; i personaggi sono fatti abbastanza bene, tuttavia nell'adattamento manga alcuni di essi, in particolare Koumi, sembrano essere disegnati e rappresentati molto meglio. Il doppiaggio è ottimo, mentre i colori utilizzati sono poco accesi e talvolta sembrano "sbiaditi".
In sostanza, "Rail Wars" è un anime che da una parte è riuscito ad essere notevolmente "innovativo", basando la propria storia principalmente sui treni e apportando delle spiegazioni molto belle, dettagliate e specifiche su di essi, sia nel corso degli episodi che in piccoli spezzoni dopo la ending; dall'altro canto, però, l'autore non è riuscito affatto a distaccarsi dai soliti cliché che troviamo nella maggior parte delle serie harem ed ecchi: questi due elementi avrebbero dovuto dare una marcia in più all'anime, ma non hanno fatto altro che rovinarlo e abbassarlo ulteriormente di livello. (Una trovata apprezzabile e carina potrebbe essere la scelta, alla fine di ogni episodio, di aver aggiunto delle immagini "spinte" delle ragazze mentre si trovavano in determinati contesti). Per il resto, personaggi non sufficienti e soprattutto trama, per certi tratti, se valutata razionalmente, assurda: dei ragazzini minorenni che si occupano di sventare rapimenti, attacchi terroristici, di malmenare criminali professionisti e disinnescare bombe con una facilità e semplicità inaudita la dicono lunga sulla credibilità e la leggerezza della serie...
Dunque, il mio voto finale è un 7,5, in particolare per l'originalità del tema.
Ops scusate errata corrige avevo letto distrattamente e non avevo colto...un po tirato per i capelli ma il trait d'union c'è ?
La recensione di @pippo311lp conferma i sospetti che avevo e pertanto continua a non ispirarmi.
GTO conosco solo l'anime. Un classico!
Probabilmente non sarai l'unico ma a mio parere, una volta che si conoscono tutti e due i media, il manga mi sembra sicuramente superiore, l'anime, lasciando fuori discorsi tecnici e qualità che cala col tempo, ti fornisce l'infarinatura, è un'ottima porta d'ingresso per l'universo di GTO ma è solo il manga che ti regala un'esperienza completa, almeno così l'ho vissuta io, l'anime comunque mi è sempre piaciuto, lo rivedrei tranquillamente oggi come all'epoca.
dovresti vedere le versioni "live"!
Anno1998 è quello del2012
Lo si può apprezzare anche per l'ottimo doppiaggio italiano ma finisce lì. Il manga è stra superiore e non solo perché ha più di un'altra metà dell'opera da raccontare.
Il riciclo infinito della distribuzione della Cresta, e dell'assassinio col sedere... Poi morto e risorto... Va bene un po' ma c'è un limite a tutto...
I dorama mi mancano, sono fedeli al manga?
direi di si,visto che l'anime è incompleto,e ha un finale totalmente differente dal manga
fino ad un certo punto è comunque una buona trasposizione,è il finale che è tremendo
quanto vorrei un remake dell'anime di GTO,una cosa alla HxH 2011
non tanto, ma ti ammazzi dal ridere!
il primo fece diversi record di ascolto!
nel secondo vedi ONIZUKA come giardiniere all'inizio!
Arte non mi ispira. Senza offesa, ma molto probabilmente qui da noi non avrebbe avuto neanche quel pizzico di notorietà se non fosse stato per il fatto che è ambientato in Italia. Si può dire che a tratti ha avuto più successo qui che in Giappone. Inoltre, la recensione mi ha quasi completamente convinto a evitare l'anime
Non conosco Rail wars, per cui non posso giudicarlo
In sostanza stateci lontano ed impiegate meglio il vostro tempo invece di vedere questo scempio
Arte lo sto guardando e non mi sta dispiacendo, ma non è nemmeno un capolavoro.
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