Voltron: Legendary Defender
Una serie davvero molto avvincente.
I personaggi hanno davvero una gran personalità e sono ben distinti, accomunati da un obiettivo e molto affiatati in battaglia. Le loro sconfitte sono buoni motivi per rialzarsi, come succede nella vita di tutti i giorni, mentre il loro legame aiuta a comprendere quanto l'uomo sia l'unico animale sociale che esista sulla Terra. Per quanto riguarda il loro rapporto con gli alieni (Allura, Coran a tanti altri), questo aiuta a capire perché la scienza cerchi di dare risposte a cose che la logica non può spiegare, parlando degli extraterrestri.
Infatti, essi vengono considerati coloro che sono in grado di fare cose che noi esseri umani non possiamo nemmeno immaginare e creature in grado di fare ciò che la scienza desidera studiare da tempo.
I personaggi hanno davvero una gran personalità e sono ben distinti, accomunati da un obiettivo e molto affiatati in battaglia. Le loro sconfitte sono buoni motivi per rialzarsi, come succede nella vita di tutti i giorni, mentre il loro legame aiuta a comprendere quanto l'uomo sia l'unico animale sociale che esista sulla Terra. Per quanto riguarda il loro rapporto con gli alieni (Allura, Coran a tanti altri), questo aiuta a capire perché la scienza cerchi di dare risposte a cose che la logica non può spiegare, parlando degli extraterrestri.
Infatti, essi vengono considerati coloro che sono in grado di fare cose che noi esseri umani non possiamo nemmeno immaginare e creature in grado di fare ciò che la scienza desidera studiare da tempo.
Che in America "Voltron" goda di un'ottima reputazione e venga riverito come un idolo quasi come "Goldrake" e "Mazinga" da noi, lo sanno tutti. Ma, per amor del cielo, avevano già provato a dargli un seguito con quell'aborto di "Voltron Force" (non contenti di avere irrimediabilmente storpiato l'originale del '81). Stavolta però si ha l'impressione che si faccia sul serio, dal momento che per mettere in cantiere questo reboot si sono mossi giganti come Netflix e Dreamworks.
I cinque leoni robot sono stati generati e animati con l'ausilio della migliore piattaforma CGI disponibile sul mercato, nonché da programmatori (definirli artisti mi sembra un eufemismo bello e buono) con i cosiddetti attributi. Il problema è uno solo. In alcuni casi si ha la percezione visiva che siano cangianti modellini di metallo lanciati contro sfondi bidimensionali colorati a mano. Dopotutto, lo stacco tra le tecniche tradizionali e le immagini generate dal computer è ancora notevole. Nutro un forse infondato timore che i prossimi robottoni che vedremo, indipendentemente dalla nazionalità di provenienza, si muoveranno tutti allo stesso modo, velocissimi e perfetti, quantunque con movenze artificiose e legate (si vede lontano miglia e miglia che sono state calcolate, copiate e incollate per mezzo di postazioni Silicon Graphics). I personaggi mostrano visi angolosi, alcuni perfettamente rettangolari e altri dalle appuntitissime sagome triangolari, senza alcuna ombreggiatura, cosicché il tutto risuona un po' come una caricatura dei classici stereotipi degli anime anni ottanta (oddio, sempre meglio di alcuni recenti remake "Made in Japan", moeizzati o dalle tendenze bishojo).
Scordatevi drammaticità, scene cruente, perdite famigliari ed epiloghi struggenti da tragedie greche. I dialoghi sono simili alla versione "ripulita" che ci siamo sciroppati in fase adolescenziale: cioè linguaggio estremamente edulcorato, loquacità tipica dei roboanti action-movie con sketch a ripetizione, e protagonisti e comprimari sempre pronti a mostrarsi imbarazzati con tanto di gocciolona che scende (cliché tipico dei manga moderni). Come in tutti i cartoon concepiti nel continente patria del puritanesimo più radicalizzato (eccetto quelli satirici, dove tutto è permesso), per non urtare la sensibilità dei bimbi sono state bandite impiccagioni, ferite di armi bianche, battute a sfondo razziale (è ammessa solo qualche lieve escoriazione); vengono a meno le morti violente; rimosse le atrocità commesse sugli schiavi; cancellati particolari ritenuti scabrosi e simboli religiosi; vietato parlare di sesso, droghe o altri vizi capitali; aboliti termini come ammazzare, trucidare, avvelenare eccetera (i network statunitensi hanno guarnigioni di controllori che passano in rassegna ogni singolo fotogramma per non incappare in fugaci scene di nudo o messaggi subliminali che possono ledere la mente del bambino; per questo tutti i principali studios si sono affidati negli anni ai noti psychological consultant, oggi chiamati con l'appellativo meno inquietante di screenplay revisionist, ma il sugo non cambia). Shiro, Kate, Lance, Pidge, Hunk quindi non ricorrono mai a linguaggi scurrili, non bevono, non fumano, non vanno a caccia, insomma non fanno altro che difendere strenuamente l'universo dagli attacchi alieni (precisiamo: robot, non cyborg o mostri bio-organici, quindi niente squartamenti o sangue a fiumi). Per finire completiamo l'opera con le interpretazioni dei cinque giovani cadetti piuttosto debolucce, ma che riprendono in maniera abbastanza fedele le personalità dei singoli piloti (con alcuni flashback inediti sul loro passato). L'unico a mantenere una parvenza di orgoglio e un briciolo di serietà rimane Takashi "Shiro" Shirogane.
L'amenità, già dal primo episodio, tra frecciatine sarcastiche, linguaggi coloriti e battute in slang da cowboy, prende il sopravvento; ma in tutta sincerità Hunk che rutta a ruota libera non si può proprio sentire. Bello il restyling di Sendak, più simile a un furry che a un rettile squamoso, a dire il vero; ma Allura di Althea in formato elfico e dalla carnagione medio-orientale (chi ha detto Urd?) mi ha lasciato attonito, sarà stato un ripiego per non far sparire del tutto le poetiche fantasy, le quali hanno lasciato il posto a una più convenzionale sci-fi. Il ponderato consigliere Coram, pure lui con orecchie a punta, è diventato una macchietta schizoide e iperattiva succube della principessa, quest'ultima molto più risoluta e meno ingenua e piagnucolosa della controparte giappo.
Com'è ovvio che fosse, del resto la quasi totalità della produzione seriale U.S.A. viene fatta in Asia, della parte realizzativa 2D - compresi storyboard e prop design - se ne è occupato uno studio di Seoul tra i più quotati. Proprio quella sciagurata manovalanza che all'epoca disseminava intere serie TV di disegni discutibili e inguardabili, ora ha raggiunto, se non superato, i livelli qualitativi nipponici. Si dovrebbe parlare di anime coreani a tutti gli effetti, visti gli ultimi lavori di Dadashow e di Studio MWP. E non è nemmeno da escludere a priori che tra i registi della nuova generazione ci sia qualcuno che abbia iniziato dal rango di intercalatore proprio in "Golion".
Dopo essere sbarcato sulle TV di mezzo mondo, per quanto riguarda il nostro Paese, dovrebbe approdare su uno dei tanti famigerati canali tematici per bambini teledipendenti (si vocifera K2). Ottima scelta se così fosse, perché lì è il suo habitat ideale, tra una puntata di "Alvinnnn!" e una di "A Tutto Reality!".
Giudizio finale: non del tutto sufficiente, il che non vuol dire bocciatura senza mezzi termini; le animazioni si mantengono apprezzabili e fluide per tutta la durata della prima stagione; sarebbe bastato uno sforzicino in più per riportare in auge un genere dimenticato ormai da tempo.
I cinque leoni robot sono stati generati e animati con l'ausilio della migliore piattaforma CGI disponibile sul mercato, nonché da programmatori (definirli artisti mi sembra un eufemismo bello e buono) con i cosiddetti attributi. Il problema è uno solo. In alcuni casi si ha la percezione visiva che siano cangianti modellini di metallo lanciati contro sfondi bidimensionali colorati a mano. Dopotutto, lo stacco tra le tecniche tradizionali e le immagini generate dal computer è ancora notevole. Nutro un forse infondato timore che i prossimi robottoni che vedremo, indipendentemente dalla nazionalità di provenienza, si muoveranno tutti allo stesso modo, velocissimi e perfetti, quantunque con movenze artificiose e legate (si vede lontano miglia e miglia che sono state calcolate, copiate e incollate per mezzo di postazioni Silicon Graphics). I personaggi mostrano visi angolosi, alcuni perfettamente rettangolari e altri dalle appuntitissime sagome triangolari, senza alcuna ombreggiatura, cosicché il tutto risuona un po' come una caricatura dei classici stereotipi degli anime anni ottanta (oddio, sempre meglio di alcuni recenti remake "Made in Japan", moeizzati o dalle tendenze bishojo).
Scordatevi drammaticità, scene cruente, perdite famigliari ed epiloghi struggenti da tragedie greche. I dialoghi sono simili alla versione "ripulita" che ci siamo sciroppati in fase adolescenziale: cioè linguaggio estremamente edulcorato, loquacità tipica dei roboanti action-movie con sketch a ripetizione, e protagonisti e comprimari sempre pronti a mostrarsi imbarazzati con tanto di gocciolona che scende (cliché tipico dei manga moderni). Come in tutti i cartoon concepiti nel continente patria del puritanesimo più radicalizzato (eccetto quelli satirici, dove tutto è permesso), per non urtare la sensibilità dei bimbi sono state bandite impiccagioni, ferite di armi bianche, battute a sfondo razziale (è ammessa solo qualche lieve escoriazione); vengono a meno le morti violente; rimosse le atrocità commesse sugli schiavi; cancellati particolari ritenuti scabrosi e simboli religiosi; vietato parlare di sesso, droghe o altri vizi capitali; aboliti termini come ammazzare, trucidare, avvelenare eccetera (i network statunitensi hanno guarnigioni di controllori che passano in rassegna ogni singolo fotogramma per non incappare in fugaci scene di nudo o messaggi subliminali che possono ledere la mente del bambino; per questo tutti i principali studios si sono affidati negli anni ai noti psychological consultant, oggi chiamati con l'appellativo meno inquietante di screenplay revisionist, ma il sugo non cambia). Shiro, Kate, Lance, Pidge, Hunk quindi non ricorrono mai a linguaggi scurrili, non bevono, non fumano, non vanno a caccia, insomma non fanno altro che difendere strenuamente l'universo dagli attacchi alieni (precisiamo: robot, non cyborg o mostri bio-organici, quindi niente squartamenti o sangue a fiumi). Per finire completiamo l'opera con le interpretazioni dei cinque giovani cadetti piuttosto debolucce, ma che riprendono in maniera abbastanza fedele le personalità dei singoli piloti (con alcuni flashback inediti sul loro passato). L'unico a mantenere una parvenza di orgoglio e un briciolo di serietà rimane Takashi "Shiro" Shirogane.
L'amenità, già dal primo episodio, tra frecciatine sarcastiche, linguaggi coloriti e battute in slang da cowboy, prende il sopravvento; ma in tutta sincerità Hunk che rutta a ruota libera non si può proprio sentire. Bello il restyling di Sendak, più simile a un furry che a un rettile squamoso, a dire il vero; ma Allura di Althea in formato elfico e dalla carnagione medio-orientale (chi ha detto Urd?) mi ha lasciato attonito, sarà stato un ripiego per non far sparire del tutto le poetiche fantasy, le quali hanno lasciato il posto a una più convenzionale sci-fi. Il ponderato consigliere Coram, pure lui con orecchie a punta, è diventato una macchietta schizoide e iperattiva succube della principessa, quest'ultima molto più risoluta e meno ingenua e piagnucolosa della controparte giappo.
Com'è ovvio che fosse, del resto la quasi totalità della produzione seriale U.S.A. viene fatta in Asia, della parte realizzativa 2D - compresi storyboard e prop design - se ne è occupato uno studio di Seoul tra i più quotati. Proprio quella sciagurata manovalanza che all'epoca disseminava intere serie TV di disegni discutibili e inguardabili, ora ha raggiunto, se non superato, i livelli qualitativi nipponici. Si dovrebbe parlare di anime coreani a tutti gli effetti, visti gli ultimi lavori di Dadashow e di Studio MWP. E non è nemmeno da escludere a priori che tra i registi della nuova generazione ci sia qualcuno che abbia iniziato dal rango di intercalatore proprio in "Golion".
Dopo essere sbarcato sulle TV di mezzo mondo, per quanto riguarda il nostro Paese, dovrebbe approdare su uno dei tanti famigerati canali tematici per bambini teledipendenti (si vocifera K2). Ottima scelta se così fosse, perché lì è il suo habitat ideale, tra una puntata di "Alvinnnn!" e una di "A Tutto Reality!".
Giudizio finale: non del tutto sufficiente, il che non vuol dire bocciatura senza mezzi termini; le animazioni si mantengono apprezzabili e fluide per tutta la durata della prima stagione; sarebbe bastato uno sforzicino in più per riportare in auge un genere dimenticato ormai da tempo.