I cavalieri del drago
L'anime parla delle vicende di Dai (Tom) misterioso ragazzino allevato in un'isola deserta ma dotato di misteriose abilità schermistiche e non solo. E' ambientato nell'universo di Dragonquest, da cui trae il suo titolo originale cambiato malamente in italiano con: "I cavalieri del Drago". Compiuti dodici anni l'incontro con il saggio e potente eroe Avan gli dispiegherà le porte del suo futuro: un futuro eroico, in cui dovrà salvare il mondo dal potente esercito demoniaco. Insieme a Daniel, mago vigliacco inizierà il lungo percorso e incontrerà molti nuovi amici e pericolosi nemici . Non potendo nè volendo spoilerare non è il caso di aggiungere altro sulla trama, salvo il fatto che l'anime copre i primi dieci volumi del manga, ma subisce un improvviso taglio e una relativa conclusione improvvisa. Un vero finale aperto che ancor oggi non ho capito se sia stato creato a bella posta per il mercato occidentale e quindi l'anime proceda per oltre duecento episodi o se sia il vero finale. In ogni caso poco importa perchè il manga è comunque sufficente.
Ho apprezzato tantissimo quest'anime fin dalla prima trasmissione italiana su Junior tv avvenuta proprio il primo gennaio 1998: sarà stato per la buona grafica dai colori vividi, sarà stato per la trama perchè amo le storie di formazione. O sarà stato per la figura del maestro Avan che permea tutta la saga e che trovo sia un personaggio molto bello che vorrei incontrare nella realtà. O sarà per gli ottimi doppiatori che avevo già apprezzato nei cavalieri dello zodiaco. Tony Fuochi doppia infatti benissimo il guerriero Drakon e Claudio Moneta è un perfetto Avan, ma il genio è Ivo de Palma che invece che Pegasus rende benissimo un giovane mago vigliacco e spaccone, un vero monumento all'abilità di un doppiatore. Non ho gradito invece il titolo insensato dato dalla fininvest e l'approssimazione con cui sono nominati gli incantesimi. Nel manga, infatti, la stessa formula può essere usata a livelli di potenza diversi, tanto da costituire formule diverse, mentre qui il doppiaggio usa un nome unico per tutte. Per esempio Mera, Merami e Merazoma diventano sempre e solo torcia di fuoco e trovo la cosa sgradevole davvero. Bellissime le sigle originali, soprattutto l'ending che non dimenticherò mai. Peccato che, come al solito, siano state tolte per il solito collage Fininvest e una canzone superficiale di Vanni, che orrore.
A volte penso che l'anime sia come un Dragonball fantasy con uno spadaccino come protagonista, ma, a differenza di Goku, Dai ha comunque molto più bisogno degli amici.
La grafica e le musiche sono buone e le sigle azzeccatissime,anche se il finale è orribile ho comunque continuato a seguire la serie seguendo il manga per cui l'esperienza di questo anime rimane, a conti fatti, positiva . Mi sento di consigliarlo anche a chi non voglia leggere il seguito, dato che queste "Prime puntate" sono comunque meritevoli
Voto 8
Ho apprezzato tantissimo quest'anime fin dalla prima trasmissione italiana su Junior tv avvenuta proprio il primo gennaio 1998: sarà stato per la buona grafica dai colori vividi, sarà stato per la trama perchè amo le storie di formazione. O sarà stato per la figura del maestro Avan che permea tutta la saga e che trovo sia un personaggio molto bello che vorrei incontrare nella realtà. O sarà per gli ottimi doppiatori che avevo già apprezzato nei cavalieri dello zodiaco. Tony Fuochi doppia infatti benissimo il guerriero Drakon e Claudio Moneta è un perfetto Avan, ma il genio è Ivo de Palma che invece che Pegasus rende benissimo un giovane mago vigliacco e spaccone, un vero monumento all'abilità di un doppiatore. Non ho gradito invece il titolo insensato dato dalla fininvest e l'approssimazione con cui sono nominati gli incantesimi. Nel manga, infatti, la stessa formula può essere usata a livelli di potenza diversi, tanto da costituire formule diverse, mentre qui il doppiaggio usa un nome unico per tutte. Per esempio Mera, Merami e Merazoma diventano sempre e solo torcia di fuoco e trovo la cosa sgradevole davvero. Bellissime le sigle originali, soprattutto l'ending che non dimenticherò mai. Peccato che, come al solito, siano state tolte per il solito collage Fininvest e una canzone superficiale di Vanni, che orrore.
A volte penso che l'anime sia come un Dragonball fantasy con uno spadaccino come protagonista, ma, a differenza di Goku, Dai ha comunque molto più bisogno degli amici.
La grafica e le musiche sono buone e le sigle azzeccatissime,anche se il finale è orribile ho comunque continuato a seguire la serie seguendo il manga per cui l'esperienza di questo anime rimane, a conti fatti, positiva . Mi sento di consigliarlo anche a chi non voglia leggere il seguito, dato che queste "Prime puntate" sono comunque meritevoli
Voto 8
Sono due, in Giappone, le grandi saghe videoludiche a cui la mente di ogni appassionato subito corre, quando si parla di JRPG (ossia giochi di ruolo giapponesi): Dragon Quest e Final Fantasy. Naturalmente le due saghe hanno generato anche romanzi, film, manga e serie d'animazione, e proprio alle ultime due categorie appartiene il manga Dragon Quest - Dai no Daibouken, scritto da Riku Sanjo e Yuji Horii e illustrato da Koji Inada, tutti artisti del Bird Studio di Akira Toriyama (il creatore di Dragon Ball e Dr. Slump & Arale), di cui nel 1991 viene realizzato anche un adattamento animato in 46 episodi, approdato in italia col titolo (tanto per cambiare, fuorviante e per nulla corrispondente all'originale) I Cavalieri del Drago.
Il protagonista Dai vive su un'isola in mezzo al mare, ignaro delle sue origini, allevato da un mostriciattolo di nome Brass; ma presto la tranquillità dell'isola è sconvolta dall'arrivo di in-vasori provenienti dal mondo esterno, contro i quali dà prova di possedere un misterioso potere che si manifesta facendo comparire sulla sua fronte un sigillo che rappresenta la testa stilizzata di un drago, poi dall'arrivo del maestro Aban, di cui diventa apprendista insieme al mago Pop. Ben presto si scopre che il mondo è minacciato da Satana Hadler, capo dell'esercito del male sconfitto anni prima da Aban, ritornato per vendicarsi e per portare a termine la sua conquista, aiutato in questo dai suoi sei generali: Crocodine, Hyunckel, Flazzard, Zaboera, Baran e Myst-Vearn. Dopo la tragica morte di Aban, la missione di Dai, di Pop e di Maam (un'altra maga che si aggrega ai due) diventa dunque quella di fermare Hadler, proteggendo i regni del mondo e sconfiggendo i suoi generali uno ad uno, in un epico viaggio in cui incontreranno alleati e nemici, e in cui quelli che fino a un attimo prima erano avversari si trasformeranno inaspettatamente in alleati…
La trama come si vede è lineare, semplice, presentando i tipici personaggi degli shonen (l'eroe ingenuo e puro d'animo, l'amico fifone che acquista progressivamente coraggio e sicurezza in sé, la bella principessa, il maestro destinato a morire prematuramente perché l'allievo lo vendichi, il bello e dannato, il nemico imponente e minaccioso che si rivela buono) e pochi colpi di scena ridotti per lo più a ritorni di personaggi creduti morti, cambi di fazione di questo o quel personaggio e scoperte di parentele fino a quel momento ignorate, ma proprio la sua semplicità la rende godibilissima e il pregio dell'anime è di adattare assai fedelmente il materiale cartaceo. Purtroppo l'adattamento è parziale: si spinge fino al decimo volume e inventa un finale provvisorio, modificando il risultato dello scontro fra la compagnia di prodi eroi e Baran, uno dei generali di Hadler, dopo una sconcertante rivelazione di quest'ultimo. Ci si ritrova così con un'opera monca, che sembra promettere un seguito, una seconda stagione, un secondo troncone di episodi che adattino la rimanente parte del manga (più corposa della vista, visto che si parla di oltre una quindicina di volumi), che però non ci sarà mai: e così la grande avventura di Dai e dei suoi compagni rimane incompiuta, si ferma sull'immagine del gruppetto di eroi uniti più che mai, sicuri delle proprie capacità e pronti ad affrontare Hadler e i rimanenti generali in uno scontro che non si avrà mai, sullo schermo.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, la colonna sonora opera di Koichi Sugiyama (compositore delle musiche di tutta la saga di Dragon Quest) e le animazioni compensano la qualità dei disegni, non sempre ottima, soprattutto per quanto riguarda i personaggi umani, mentre i mostri sono realizzati davvero bene.
L'adattamento italiano, come è facilmente prevedibile, si prende molte libertà. La versione mandata in onda su Junior TV, in verità, si limita a modificare i nomi dei personaggi (senza nessun apparente motivo, visto che non ci sono nomi giapponesi e Dai o Brass non sono molto più difficili da pronunciare di Tom o Ubaldo), delle tecniche e delle magie, ma mantiene il titolo Dragon Quest e le sigle originali; è la versione della Mediaset, mandata in onda su Italia 1, a optare per le solite sigle italiane, banali e pompate, per il fuorviante titolo I Cavalieri del Drago e per la censura delle scene ritenute più violente.
In definitiva, sarebbe più giusto tradurre Dai no Daibouken non con La grande avventura di Dai' ma con La grande occasione sprecata dalla Toei': l'occasione di fare un buon adattamento di un buon manga fantasy, rovinata dalla scelta (forse dovuta agli scarsi ascolti, chissà) di interrompere la serie a meno della metà dell'opera cartacea. L'unico modo per godersi appieno l'opera sarebbe recuperare il manga, ma in Italia è stato pubblicato (inizialmente in formato "sottiletta") dalla Star Comics ormai oltre 10 anni fa e la ristampa (secondo il formato dei tankobon originali) è stata interrotta dopo soli 7 volumi per scarse vendite. Difficile che in futuro vedremo una nuova ristampa.
Il protagonista Dai vive su un'isola in mezzo al mare, ignaro delle sue origini, allevato da un mostriciattolo di nome Brass; ma presto la tranquillità dell'isola è sconvolta dall'arrivo di in-vasori provenienti dal mondo esterno, contro i quali dà prova di possedere un misterioso potere che si manifesta facendo comparire sulla sua fronte un sigillo che rappresenta la testa stilizzata di un drago, poi dall'arrivo del maestro Aban, di cui diventa apprendista insieme al mago Pop. Ben presto si scopre che il mondo è minacciato da Satana Hadler, capo dell'esercito del male sconfitto anni prima da Aban, ritornato per vendicarsi e per portare a termine la sua conquista, aiutato in questo dai suoi sei generali: Crocodine, Hyunckel, Flazzard, Zaboera, Baran e Myst-Vearn. Dopo la tragica morte di Aban, la missione di Dai, di Pop e di Maam (un'altra maga che si aggrega ai due) diventa dunque quella di fermare Hadler, proteggendo i regni del mondo e sconfiggendo i suoi generali uno ad uno, in un epico viaggio in cui incontreranno alleati e nemici, e in cui quelli che fino a un attimo prima erano avversari si trasformeranno inaspettatamente in alleati…
La trama come si vede è lineare, semplice, presentando i tipici personaggi degli shonen (l'eroe ingenuo e puro d'animo, l'amico fifone che acquista progressivamente coraggio e sicurezza in sé, la bella principessa, il maestro destinato a morire prematuramente perché l'allievo lo vendichi, il bello e dannato, il nemico imponente e minaccioso che si rivela buono) e pochi colpi di scena ridotti per lo più a ritorni di personaggi creduti morti, cambi di fazione di questo o quel personaggio e scoperte di parentele fino a quel momento ignorate, ma proprio la sua semplicità la rende godibilissima e il pregio dell'anime è di adattare assai fedelmente il materiale cartaceo. Purtroppo l'adattamento è parziale: si spinge fino al decimo volume e inventa un finale provvisorio, modificando il risultato dello scontro fra la compagnia di prodi eroi e Baran, uno dei generali di Hadler, dopo una sconcertante rivelazione di quest'ultimo. Ci si ritrova così con un'opera monca, che sembra promettere un seguito, una seconda stagione, un secondo troncone di episodi che adattino la rimanente parte del manga (più corposa della vista, visto che si parla di oltre una quindicina di volumi), che però non ci sarà mai: e così la grande avventura di Dai e dei suoi compagni rimane incompiuta, si ferma sull'immagine del gruppetto di eroi uniti più che mai, sicuri delle proprie capacità e pronti ad affrontare Hadler e i rimanenti generali in uno scontro che non si avrà mai, sullo schermo.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, la colonna sonora opera di Koichi Sugiyama (compositore delle musiche di tutta la saga di Dragon Quest) e le animazioni compensano la qualità dei disegni, non sempre ottima, soprattutto per quanto riguarda i personaggi umani, mentre i mostri sono realizzati davvero bene.
L'adattamento italiano, come è facilmente prevedibile, si prende molte libertà. La versione mandata in onda su Junior TV, in verità, si limita a modificare i nomi dei personaggi (senza nessun apparente motivo, visto che non ci sono nomi giapponesi e Dai o Brass non sono molto più difficili da pronunciare di Tom o Ubaldo), delle tecniche e delle magie, ma mantiene il titolo Dragon Quest e le sigle originali; è la versione della Mediaset, mandata in onda su Italia 1, a optare per le solite sigle italiane, banali e pompate, per il fuorviante titolo I Cavalieri del Drago e per la censura delle scene ritenute più violente.
In definitiva, sarebbe più giusto tradurre Dai no Daibouken non con La grande avventura di Dai' ma con La grande occasione sprecata dalla Toei': l'occasione di fare un buon adattamento di un buon manga fantasy, rovinata dalla scelta (forse dovuta agli scarsi ascolti, chissà) di interrompere la serie a meno della metà dell'opera cartacea. L'unico modo per godersi appieno l'opera sarebbe recuperare il manga, ma in Italia è stato pubblicato (inizialmente in formato "sottiletta") dalla Star Comics ormai oltre 10 anni fa e la ristampa (secondo il formato dei tankobon originali) è stata interrotta dopo soli 7 volumi per scarse vendite. Difficile che in futuro vedremo una nuova ristampa.
Diciamoci la verità: ci sono degli anime che piacciono solo perché trasmessi su un grande canale nazionale che all'ora di pranzo vedevamo tutti. Scattano, quindi, l'effetto visibilità e, a distanza di anni, quello nostalgia. Se una persona riuscisse a giudicare i suddetti anime con animo scevro da condizionamenti e pregiudizi (per quanto umanamente possibile) ammetterebbe, senza perifrasi e francesismi, che sono delle "boiate" pazzesche - per usare un termine di moda in questo periodo. "Dragon Quest - I Cavalieri del Drago" ne è un esempio lampante.
Da dove cominciare a demolire questo "capolavoro"? Mah, non mi soffermerò più di tanto sulla sigla che ancora a distanza di anni mi mette i brividi al punto tale che quella di "Chi l'ha visto?" sembra una rilassante copia della Primavera di Vivaldi. Come dico spesso, in un paese normale Giorgio Vanni sarebbe in carcere a raccogliere la saponetta a Lele Mora, ma tutti sappiamo che l'Italia non è un paese normale.
Passiamo dunque alla trama. Il protagonista, Tom, è un orfano cresciuto su un'isola semi-deserta allevato da un vecchio "coso" arancione che lui chiama Nonno Ubaldo. Vabbé. Dopo una serie di peripezie, Tom parte assieme a un mago, Daniel, e una guerriera, Mara, per sconfiggere i cattivi. Originalisssssssssima!
D'altra parte, tutti sappiamo come persino da una trama non proprio originale si può costruire un capolavoro. Basta aggiungerci colpi di scena, o sentimenti, o psicologia o una brillante comicità... sì, avete indovinato: "I cavalieri del drago" non ha nessuno di questi pregi. La storia procede piattissima, con dei colpi di scena che sono tali solo in teoria, visto che ci arriverebbe anche un bambino con il quoziente intellettivo di Hamtaro. La comicità è la solita "demenzialoide" e "volgarotta", tra l'altro abbondantemente neutralizzata, nella versione italiana, dalle censure di Mediaset, che sa sempre come valorizzare i propri prodotti.
I personaggi, poi, sono di una banalità abbacinante. Né più né meno che macchiette. E allora c'è il protagonista un po' tonto e scanzonato che però nei momenti critici si dimostra un mito di forza, coraggio, bellezza, intelligenza e astuzia; la ragazza figa e super-formosa che si sveste ogni sei minuti, ma ci tiene a essere giudicata per il suo carattere; l'amico innamorato della ragazza in questione, che fa di tutto per conquistarla prendendo immancabilmente due di picche, e che quindi fa la figura dell'idiota per tutto l'anime (non che gli altri protagonisti brillino per qualità intellettive, eh); il figaccione bello e dannato, ecc.
L'unica cosa che in parte si salva sono i disegni. Nel senso che il chara dei personaggi umani e antropomorfi è comunque orripilante, quello invece dei mostri et similia devo dire che l'ho apprezzato. L'intera opera risente comunque molto degli effetti del tempo, ma (almeno) questo non è colpa degli autori.
Dai, obiettivamente non gli posso dare più di 3. Consigliato? Ma assolutamente no. Uscite, passate del tempo con il/la vostro/a partner, leggete, ascoltate un po' di musica, o al limite guardate altro. Ma questo no, vi prego: no!
Da dove cominciare a demolire questo "capolavoro"? Mah, non mi soffermerò più di tanto sulla sigla che ancora a distanza di anni mi mette i brividi al punto tale che quella di "Chi l'ha visto?" sembra una rilassante copia della Primavera di Vivaldi. Come dico spesso, in un paese normale Giorgio Vanni sarebbe in carcere a raccogliere la saponetta a Lele Mora, ma tutti sappiamo che l'Italia non è un paese normale.
Passiamo dunque alla trama. Il protagonista, Tom, è un orfano cresciuto su un'isola semi-deserta allevato da un vecchio "coso" arancione che lui chiama Nonno Ubaldo. Vabbé. Dopo una serie di peripezie, Tom parte assieme a un mago, Daniel, e una guerriera, Mara, per sconfiggere i cattivi. Originalisssssssssima!
D'altra parte, tutti sappiamo come persino da una trama non proprio originale si può costruire un capolavoro. Basta aggiungerci colpi di scena, o sentimenti, o psicologia o una brillante comicità... sì, avete indovinato: "I cavalieri del drago" non ha nessuno di questi pregi. La storia procede piattissima, con dei colpi di scena che sono tali solo in teoria, visto che ci arriverebbe anche un bambino con il quoziente intellettivo di Hamtaro. La comicità è la solita "demenzialoide" e "volgarotta", tra l'altro abbondantemente neutralizzata, nella versione italiana, dalle censure di Mediaset, che sa sempre come valorizzare i propri prodotti.
I personaggi, poi, sono di una banalità abbacinante. Né più né meno che macchiette. E allora c'è il protagonista un po' tonto e scanzonato che però nei momenti critici si dimostra un mito di forza, coraggio, bellezza, intelligenza e astuzia; la ragazza figa e super-formosa che si sveste ogni sei minuti, ma ci tiene a essere giudicata per il suo carattere; l'amico innamorato della ragazza in questione, che fa di tutto per conquistarla prendendo immancabilmente due di picche, e che quindi fa la figura dell'idiota per tutto l'anime (non che gli altri protagonisti brillino per qualità intellettive, eh); il figaccione bello e dannato, ecc.
L'unica cosa che in parte si salva sono i disegni. Nel senso che il chara dei personaggi umani e antropomorfi è comunque orripilante, quello invece dei mostri et similia devo dire che l'ho apprezzato. L'intera opera risente comunque molto degli effetti del tempo, ma (almeno) questo non è colpa degli autori.
Dai, obiettivamente non gli posso dare più di 3. Consigliato? Ma assolutamente no. Uscite, passate del tempo con il/la vostro/a partner, leggete, ascoltate un po' di musica, o al limite guardate altro. Ma questo no, vi prego: no!
Il giovane Dai vive nell'isola Delmulin, abitata da simpatici mostri con cui è in amicizia. Orfano dei genitori, Dai è stato allevato amorevolmente fin dall'infanzia da una buffa creatura, nonno Brass, e abita con lui e il suo inseparabile amico Gome, un golden slime volante. È un periodo di pace per il mondo, dopo la terribile guerra con cui il Prode Guerriero uccise il re del male Hadler, ma è destinato a durare poco: dall'oggi al domani Hadler tornerà in vita, risvegliato dal potentissimo Satana Baan, e con le sue armate di mostri inizierà una nuova guerra per conquistare il mondo. Vedendo in Dai un talento grandioso lo stesso eroe leggendario, che scopriremo essere Aban, il precettore di prodi guerrieri, inizierà ad allenarlo.
Bisogna ammettere che sono pochi gli esempi riusciti di manga capaci di trasporre su carta la profondità di un rpg. La grande avventura di Dai, conosciuto anche in Italia grazie ai 54 (mediocri) volumi-sottiletta Star Comics, è certo uno di quei rarissimi casi di felice collaborazione tra media diversi: basato sul mondo della lunga saga videoludica di Dragon Quest e realizzato da membri del Bird Studio di Akira Toriyama (per questo più di qualcuno lo reputerà erroneamente, per i disegni caratteristici, un'opera del papà di "Dragon Ball" e "Dottor Slump & Arale"), è un'epica storia di lungo respiro i cui tratti caratteristici sono pienamente degni della tradizione Enix, al punto che non stupirebbe un giorno una sua trasposizione inversa in qualche videogioco.
Pur da sempre l'avversaria per eccellenza, in Giappone, dei vari "Final Fantasy", la saga di "Dragon Quest" s'è sempre distinta per trame molto lineari, con protagonisti piacevoli e atmosfere semplici, insomma perfetta antitesi degli intrecci adulti delle produzioni Squaresoft. "Dai no Daiboken" rispetta pienamente la regola raccontandoci l'avventura, epica e allo stesso tempo scanzonata, di un simpatico cast di eroi: la (scontata) morte del maestro Aban porterà Dai e altri suoi allievi a iniziare un lungo viaggio per andare a salvare amici e principesse, occasione anche per sbaragliare le armate di Hadler e Baan - i cui comandanti sono ovviamente i "boss" da sconfiggere - in attesa di potere finalmente riportare la pace. Contorno di variegate storie sentimentali, bei tenebrosi, cambi di fazione, resurrezioni, telefonati (ma piacevoli) twist e power up vari (tra super armature e super poteri, sopratutto quel misterioso emblema del drago che appare nella fronte di Dai nei momenti di difficoltà e che gli dona incredibili poteri - sì, come intuibile c'entra con la sua misteriosa origine), senza dimenticare gag e ironia per stemperare gli intermezzi drammatici. Niente di trascendentale ma neanche di deludente: un'avventura scorrevole che si legge tutta d'un fiato grazie a ritmo, protagonisti simpatici e disegni accattivanti, apprezzando sopratutto il rivivere in essa di mostri, delle magie e fronzoli vari - le schede dei personaggi che indicano l'equipaggiamento e il livello di combattimento - di un j-rpg tipo. Un manga che consiglio quindi agli amanti del genere, peccato non potere fare lo stesso con la trasposizione animata prodotta da Toei Animation.
Un adattamento che, non fosse per la sua natura tronca, sarebbe di ottimo livello, ma così com'è venuto fuori è solo inutile. La trasposizione fedelissima di appena dieci dei quasi quaranta volumi originali, coinvolgente e ben fatta, termina tuttavia incivilmente in uno dei momenti clou dell'originale, nel momento in cui Dai apprende la sua vera identità e si appresta ad affrontare il comandante Baran dell'esercito di draghi. Tutti i personaggi introdotti fino a quel momento, tra cui l'inquietante Killvearn, tutte le love story in procinto di sbocciare e l'intero senso della storia non avranno alcuno sviluppo visto un vergognoso finale aperto ("Dai continua la tua battaglia, un giorno riuscirai a vincere Baan!!") inventato per probabile calo di ascolti. Complimenti, sopratutto pensando ai ben tre film realizzati in contemporanea con la trasmissione televisiva - segno che inizialmente Toei ci credeva in una hit commerciale - e che con questa non-conclusione perdono ogni senso di esistere.
Davvero un peccato viste le animazioni ottime, vista la colonna sonora straordinaria capace di abbracciare sinfonie commoventi ed esaltanti (tracce riciclate da tutti gli episodi del gioco oppure nuove di zecca, a opera dello stesso compositore ufficiale della serie videoludica Koichi Sugiyama), visto il ritmo spedito e privo di alcun filler, poiché ogni puntata copre l'equivalente di ben due capitoli del manga. "I Cavalieri del Drago" era un'occasione irripetibile di portare in animazione una lunga storia degna di un vero episodio di "Dragon Quest", ma fu sprecata per questioni francamente incomprensibili. Chi ha amato "La grande avventura di Dai" in questa trasposizione si faccia un favore, compri il manga.
L'adattamento italiano è come quasi sempre discutibile: nella prima trasmissione su Junior TV con il nome "Dragon Quest" trova un totale stravolgimento dei nomi di personaggi, bestiario e magie, ridicolmente americanizzati, ma almeno mantiene la potente, cavalleresca opening originale. Quando arriva su Italia 1 come "I cavalieri del drago" perde anche quella e trova anche tagli vari nelle scene sanguinose. Per questo non esiste una disponibilità attuale per la visione: o ci si accontenta dello stupro italiano integrando con i nomi del manga o si attende che il gruppo Frenchies-Subs finisca di sottotitolarlo in inglese.
Bisogna ammettere che sono pochi gli esempi riusciti di manga capaci di trasporre su carta la profondità di un rpg. La grande avventura di Dai, conosciuto anche in Italia grazie ai 54 (mediocri) volumi-sottiletta Star Comics, è certo uno di quei rarissimi casi di felice collaborazione tra media diversi: basato sul mondo della lunga saga videoludica di Dragon Quest e realizzato da membri del Bird Studio di Akira Toriyama (per questo più di qualcuno lo reputerà erroneamente, per i disegni caratteristici, un'opera del papà di "Dragon Ball" e "Dottor Slump & Arale"), è un'epica storia di lungo respiro i cui tratti caratteristici sono pienamente degni della tradizione Enix, al punto che non stupirebbe un giorno una sua trasposizione inversa in qualche videogioco.
Pur da sempre l'avversaria per eccellenza, in Giappone, dei vari "Final Fantasy", la saga di "Dragon Quest" s'è sempre distinta per trame molto lineari, con protagonisti piacevoli e atmosfere semplici, insomma perfetta antitesi degli intrecci adulti delle produzioni Squaresoft. "Dai no Daiboken" rispetta pienamente la regola raccontandoci l'avventura, epica e allo stesso tempo scanzonata, di un simpatico cast di eroi: la (scontata) morte del maestro Aban porterà Dai e altri suoi allievi a iniziare un lungo viaggio per andare a salvare amici e principesse, occasione anche per sbaragliare le armate di Hadler e Baan - i cui comandanti sono ovviamente i "boss" da sconfiggere - in attesa di potere finalmente riportare la pace. Contorno di variegate storie sentimentali, bei tenebrosi, cambi di fazione, resurrezioni, telefonati (ma piacevoli) twist e power up vari (tra super armature e super poteri, sopratutto quel misterioso emblema del drago che appare nella fronte di Dai nei momenti di difficoltà e che gli dona incredibili poteri - sì, come intuibile c'entra con la sua misteriosa origine), senza dimenticare gag e ironia per stemperare gli intermezzi drammatici. Niente di trascendentale ma neanche di deludente: un'avventura scorrevole che si legge tutta d'un fiato grazie a ritmo, protagonisti simpatici e disegni accattivanti, apprezzando sopratutto il rivivere in essa di mostri, delle magie e fronzoli vari - le schede dei personaggi che indicano l'equipaggiamento e il livello di combattimento - di un j-rpg tipo. Un manga che consiglio quindi agli amanti del genere, peccato non potere fare lo stesso con la trasposizione animata prodotta da Toei Animation.
Un adattamento che, non fosse per la sua natura tronca, sarebbe di ottimo livello, ma così com'è venuto fuori è solo inutile. La trasposizione fedelissima di appena dieci dei quasi quaranta volumi originali, coinvolgente e ben fatta, termina tuttavia incivilmente in uno dei momenti clou dell'originale, nel momento in cui Dai apprende la sua vera identità e si appresta ad affrontare il comandante Baran dell'esercito di draghi. Tutti i personaggi introdotti fino a quel momento, tra cui l'inquietante Killvearn, tutte le love story in procinto di sbocciare e l'intero senso della storia non avranno alcuno sviluppo visto un vergognoso finale aperto ("Dai continua la tua battaglia, un giorno riuscirai a vincere Baan!!") inventato per probabile calo di ascolti. Complimenti, sopratutto pensando ai ben tre film realizzati in contemporanea con la trasmissione televisiva - segno che inizialmente Toei ci credeva in una hit commerciale - e che con questa non-conclusione perdono ogni senso di esistere.
Davvero un peccato viste le animazioni ottime, vista la colonna sonora straordinaria capace di abbracciare sinfonie commoventi ed esaltanti (tracce riciclate da tutti gli episodi del gioco oppure nuove di zecca, a opera dello stesso compositore ufficiale della serie videoludica Koichi Sugiyama), visto il ritmo spedito e privo di alcun filler, poiché ogni puntata copre l'equivalente di ben due capitoli del manga. "I Cavalieri del Drago" era un'occasione irripetibile di portare in animazione una lunga storia degna di un vero episodio di "Dragon Quest", ma fu sprecata per questioni francamente incomprensibili. Chi ha amato "La grande avventura di Dai" in questa trasposizione si faccia un favore, compri il manga.
L'adattamento italiano è come quasi sempre discutibile: nella prima trasmissione su Junior TV con il nome "Dragon Quest" trova un totale stravolgimento dei nomi di personaggi, bestiario e magie, ridicolmente americanizzati, ma almeno mantiene la potente, cavalleresca opening originale. Quando arriva su Italia 1 come "I cavalieri del drago" perde anche quella e trova anche tagli vari nelle scene sanguinose. Per questo non esiste una disponibilità attuale per la visione: o ci si accontenta dello stupro italiano integrando con i nomi del manga o si attende che il gruppo Frenchies-Subs finisca di sottotitolarlo in inglese.
"I Cavalieri del Drago" è una serie dei primi anni '90 che traspone in animazione il manga "Dragon Quest - Dai No Daibouken". La trama, collegata molto vagamente ai vari giochi della serie "Dragon Quest", è quella di un tipico fantasy classico in cui un giovanissimo protagonista, Tom nell'edizione italiana, Dai nella versione originale, inizia il suo viaggio che lo porterà a diventare un guerriero il cui scopo è quello di sconfiggere chi comanda i demoni che stanno attaccando gli esseri umani.
Fin qui, nulla di particolarmente eclatante. L'anime segue molto fedelmente il manga, mostrandoci i piccoli passi che portano il nostro protagonista a crescere sia mentalmente sia fisicamente e a sconfiggere nemici sempre più forti. La trama, nonostante sia molto classica e lineare, intrattiene e appassiona, soprattutto se si è amanti del genere fantasy. Al protagonista si uniscono molti altri comprimari, ben sviluppati e delineati, che aggiungono interesse e complessità alle vicende.
Purtroppo, l'anime "I Cavalieri del Drago" non è all'altezza della sua controparte cartacea. La realizzazione tecnica, per un anime del '91, non è eccezionale e non brilla per qualità eccelsa delle animazioni o degli sfondi. Anche il comparto musicale è abbastanza dimenticabile, ma funzionale alle scene presentate. Il character design rispetta fedelmente quello del manga, cosa che potrebbe non piacere a chi desidera forme più slanciate e dinamiche.
L'edizione italiana purtroppo, è pessima. Se da un lato abbiamo un cast di doppiatori eccellente, che fanno sempre un ottimo lavoro, a volte le voci non si adattano perfettamente ai personaggi. Ma è l'adattamento il vero problema: come molti anime dello stesso periodo, è stato censurato e riadattato in modo molto discutibile, cambiando i nomi di tutti i protagonisti e delle località. Anche le magie e gli attacchi vengono cambiati e i dialoghi modificati. Questo ha portato a un appiattimento dell'intero universo di Dai e la sensazione che si percepisce durante la visione è quella di trovarsi davanti a un anime molto infantile, quando nell'originale non è affatto così.
Altra nota dolente è il finale della serie, che viene fermata proprio prima di uno dei momenti più maturi, salienti e toccanti dell'intera vicenda, rendendo di fatto quest'anime un prodotto "troncato sul più bello", lasciando l'amaro in bocca sia a chi conosce il manga sia a chi non lo ha mai letto.
Mi pesa dare un voto basso a "I Cavalieri Del Drago", perché trovo che il manga da cui è tratto sia uno dei migliori shounen mai pubblicati in Italia, ma il paragone non regge: l'adattamento italiano peggiora un prodotto troncato che già di suo non brilla per realizzazione tecnica.
Consiglio la visione solo a chi ha già letto il manga. Se si riesce a passare sopra alla terribile edizione italiana, sarà un piacevole diversivo rivedere Dai e i suoi compagni all'opera. Per tutti gli altri, lasciate perdere. Cercate piuttosto di recuperare il manga, che vale molto di più.
Voto finale 6, anche se sarebbe più un 5 e mezzo. I "Cavalieri del Drago" si salva solo perché la storia, nonostante sia solo la parte iniziale, è comunque un ottimo fantasy.
Fin qui, nulla di particolarmente eclatante. L'anime segue molto fedelmente il manga, mostrandoci i piccoli passi che portano il nostro protagonista a crescere sia mentalmente sia fisicamente e a sconfiggere nemici sempre più forti. La trama, nonostante sia molto classica e lineare, intrattiene e appassiona, soprattutto se si è amanti del genere fantasy. Al protagonista si uniscono molti altri comprimari, ben sviluppati e delineati, che aggiungono interesse e complessità alle vicende.
Purtroppo, l'anime "I Cavalieri del Drago" non è all'altezza della sua controparte cartacea. La realizzazione tecnica, per un anime del '91, non è eccezionale e non brilla per qualità eccelsa delle animazioni o degli sfondi. Anche il comparto musicale è abbastanza dimenticabile, ma funzionale alle scene presentate. Il character design rispetta fedelmente quello del manga, cosa che potrebbe non piacere a chi desidera forme più slanciate e dinamiche.
L'edizione italiana purtroppo, è pessima. Se da un lato abbiamo un cast di doppiatori eccellente, che fanno sempre un ottimo lavoro, a volte le voci non si adattano perfettamente ai personaggi. Ma è l'adattamento il vero problema: come molti anime dello stesso periodo, è stato censurato e riadattato in modo molto discutibile, cambiando i nomi di tutti i protagonisti e delle località. Anche le magie e gli attacchi vengono cambiati e i dialoghi modificati. Questo ha portato a un appiattimento dell'intero universo di Dai e la sensazione che si percepisce durante la visione è quella di trovarsi davanti a un anime molto infantile, quando nell'originale non è affatto così.
Altra nota dolente è il finale della serie, che viene fermata proprio prima di uno dei momenti più maturi, salienti e toccanti dell'intera vicenda, rendendo di fatto quest'anime un prodotto "troncato sul più bello", lasciando l'amaro in bocca sia a chi conosce il manga sia a chi non lo ha mai letto.
Mi pesa dare un voto basso a "I Cavalieri Del Drago", perché trovo che il manga da cui è tratto sia uno dei migliori shounen mai pubblicati in Italia, ma il paragone non regge: l'adattamento italiano peggiora un prodotto troncato che già di suo non brilla per realizzazione tecnica.
Consiglio la visione solo a chi ha già letto il manga. Se si riesce a passare sopra alla terribile edizione italiana, sarà un piacevole diversivo rivedere Dai e i suoi compagni all'opera. Per tutti gli altri, lasciate perdere. Cercate piuttosto di recuperare il manga, che vale molto di più.
Voto finale 6, anche se sarebbe più un 5 e mezzo. I "Cavalieri del Drago" si salva solo perché la storia, nonostante sia solo la parte iniziale, è comunque un ottimo fantasy.
Dragon Quest: Dai no Daibouken (conosciuto in Italia anche come "I Cavalieri del Drago", per quanto il titolo sia un pò sviante) è un anime realizzato da Toei Animation ispirato al manga di Riku Sanjo e Koji Inada, a sua volta ispirato dalla serie di videogiochi "Dragon Quest" di Square Enix (che vanta Akira Toriyama come Character Designer, e anche qui si nota l'ispirazione grafica).
In realtà la serie non si ispira a un capitolo in particolare della saga videoludica, ma solo al suo "background".
Dai (Tom nella versione italiana dell'anime) è un ragazzino che è stato cresciuto da un mostro, Brass (Ubaldo), che lui chiama "nonno".
il suo sogno è quello di diventare un prode guerriero, e quando un vero eroe sbarca sulla sua isola il sogno potrebbe cominciare a diventare realtà.
L'anime si dimostra buono tecnicamente, con disegni e animazioni più che gradevoli e musiche perfettamente d'atmosfera.
Per quel che riguarda il doppiaggio nostrano, il cast principale vanta stelle di prima grandezza come Patrizio Prata (ai tempi forse un pò acerbo e comunque un pò inadatto a doppiare un bambino, ma comunque estremamente capace), Ivo DePalma, Alessandra Karpoff, Claudio Moneta, Mario Zucca e Pietro Ubaldi (che, ironia della sorte, doppia quello che in italiano è un suo quasi omonimo, Nonno Ubaldo).
Parlando dell'edizione italiana, purtroppo, arrivano i dolori.
La serie è infatti censurata pesantemente in alcune scene comiche a base di "pat pat", e peggio ancora vede la quasi totalità dei nomi cambiati.
Dai diventa Tom, Pop diventa Daniel e Brass diventa Ubaldo, come detto più su, e anche tutti gli incantesimi e le tecniche (o quasi, un paio, così come un paio di nomi di personaggi, si salvano) vengono tutte tradotte, purtroppo però non come accade in altri anime ispirati a videogiochi, dove la traduzione combacia e dunque chi ha giocato un capitolo della serie si trova nell'anime le tecniche con lo stesso nome e riesce a riconoscerle al volo, bensì in maniera anche abbastanza fantasiosa (c'è però da dire che ai tempi dell'arrivo dell'anime in Italia nessun Dragon Quest era stato tradotto nella nostra lingua).
Purtroppo c'è un altro difetto, forse più grave, di cui tener conto, il finale della serie.
Dei 37 volumetti che formano il manga nella sua integrità quest'anime prende infatti in considerazione solo i primi 10, il che implica che più di metà della storia globale viene ignorato, e la cosa peggiore è il finale a dir poco sconclusionato (e ti credo, si blocca nemmeno a metà trama...)
Per il resto però, la storia è spettacolare e piena di colpi di scena, anche drammatici, ereditati dal manga, il che porta il voto di questa recensione all'8.
Sarebbe stato un 10, senza censure e con tutta la trama, ma purtroppo nulla è perfetto, e qui purtoppo gravano un paio di difetti non da poco, se però cercate un bello shonen d'azione dei tempi andati, un'autentica Grande Avventura, quest'anime, nonostante i difetti, fa per voi.
In realtà la serie non si ispira a un capitolo in particolare della saga videoludica, ma solo al suo "background".
Dai (Tom nella versione italiana dell'anime) è un ragazzino che è stato cresciuto da un mostro, Brass (Ubaldo), che lui chiama "nonno".
il suo sogno è quello di diventare un prode guerriero, e quando un vero eroe sbarca sulla sua isola il sogno potrebbe cominciare a diventare realtà.
L'anime si dimostra buono tecnicamente, con disegni e animazioni più che gradevoli e musiche perfettamente d'atmosfera.
Per quel che riguarda il doppiaggio nostrano, il cast principale vanta stelle di prima grandezza come Patrizio Prata (ai tempi forse un pò acerbo e comunque un pò inadatto a doppiare un bambino, ma comunque estremamente capace), Ivo DePalma, Alessandra Karpoff, Claudio Moneta, Mario Zucca e Pietro Ubaldi (che, ironia della sorte, doppia quello che in italiano è un suo quasi omonimo, Nonno Ubaldo).
Parlando dell'edizione italiana, purtroppo, arrivano i dolori.
La serie è infatti censurata pesantemente in alcune scene comiche a base di "pat pat", e peggio ancora vede la quasi totalità dei nomi cambiati.
Dai diventa Tom, Pop diventa Daniel e Brass diventa Ubaldo, come detto più su, e anche tutti gli incantesimi e le tecniche (o quasi, un paio, così come un paio di nomi di personaggi, si salvano) vengono tutte tradotte, purtroppo però non come accade in altri anime ispirati a videogiochi, dove la traduzione combacia e dunque chi ha giocato un capitolo della serie si trova nell'anime le tecniche con lo stesso nome e riesce a riconoscerle al volo, bensì in maniera anche abbastanza fantasiosa (c'è però da dire che ai tempi dell'arrivo dell'anime in Italia nessun Dragon Quest era stato tradotto nella nostra lingua).
Purtroppo c'è un altro difetto, forse più grave, di cui tener conto, il finale della serie.
Dei 37 volumetti che formano il manga nella sua integrità quest'anime prende infatti in considerazione solo i primi 10, il che implica che più di metà della storia globale viene ignorato, e la cosa peggiore è il finale a dir poco sconclusionato (e ti credo, si blocca nemmeno a metà trama...)
Per il resto però, la storia è spettacolare e piena di colpi di scena, anche drammatici, ereditati dal manga, il che porta il voto di questa recensione all'8.
Sarebbe stato un 10, senza censure e con tutta la trama, ma purtroppo nulla è perfetto, e qui purtoppo gravano un paio di difetti non da poco, se però cercate un bello shonen d'azione dei tempi andati, un'autentica Grande Avventura, quest'anime, nonostante i difetti, fa per voi.
La serie ha il grande merito di avere in italiano un doppiaggio stratosferico, che impreziosisce di molto l'anime già bello di suo, anche se a dire il vero, andava migliorato nella narrazione, a tratti un pò troppo "ferma".
Anche i disegni non è che siano il massimo della perfezione però danno un'idea precisa di quanto già trattato nel manga, quest'opera rientra in quelle che difatti sono state realizzate meglio sul cartaceo e sono difficilmente collocabili in un contesto animato, e vi posso dire che non è l'unico caso.
Nella serie troviamo parecchie tematiche che vengono trattate, comunque di aiuto nonostante il prodotto non eccelle, quali i guaritori con tecniche antichissime , delle antiche leggende e un'avventura che sembra non conoscere confini, laddove il fine è quello di salvare il mondo da una minaccia demoniaca che supera ogni immaginazione, in cui i poteri di esseri dediti alla giustizia faranno in modo che ciò avvenga.
Detto questo, l'opera come dicevo si avvale nella direzione del doppiaggio italiano dell'immenso Ivo De Palma, una vera e propria garanzia in questo ambito, che arricchisce un cartone che altrimenti sarebbe un pò "piatto" nel prosieguo della storia, ci sono doppiatori di importantissima caratura che sono presenti in altre serie famose, come Prata, Ubaldi, Spinelli, Moneta, Fuochi, Sette, Zucca, Balzarotti, Maurizio Scattorin, giusto per citarne alcuni, e vi posso assicurare che l'elenco è bello lungo e di primissima scelta e qualità, vi posso dire che anche in questo contesto sono stati davvero eccezionali.Forse il problema subentra nei nomi, considerato anche il titolo, anzichè Dragon Quest si è puntato su Cavalieri, e la cosa, da fan dei cdz mi dispiace parecchio!
Caso strano è il nonno Ubaldo interpretato da Pietro Ubaldi, mah, mi sa che a volte se le cercano...! Sarà stata una preferenza del doppiatore in questione o cosa?
Sta di fatto che il prodotto venuto fuori è di grande levatura, peccato che la narrazione dell'opera originale aiuti poco in questo, come detto il manga è stato sviluppato assai meglio dell'anime, e i professionisti italiani del doppiaggio hanno cercato di tappare le falle forse più evidenti, più di così non si ptoeva proprio fare.
Un'opera che vi invito a seguire, nonostante non rientri tra le migliori realizzate nei primi anni 90.
Anche i disegni non è che siano il massimo della perfezione però danno un'idea precisa di quanto già trattato nel manga, quest'opera rientra in quelle che difatti sono state realizzate meglio sul cartaceo e sono difficilmente collocabili in un contesto animato, e vi posso dire che non è l'unico caso.
Nella serie troviamo parecchie tematiche che vengono trattate, comunque di aiuto nonostante il prodotto non eccelle, quali i guaritori con tecniche antichissime , delle antiche leggende e un'avventura che sembra non conoscere confini, laddove il fine è quello di salvare il mondo da una minaccia demoniaca che supera ogni immaginazione, in cui i poteri di esseri dediti alla giustizia faranno in modo che ciò avvenga.
Detto questo, l'opera come dicevo si avvale nella direzione del doppiaggio italiano dell'immenso Ivo De Palma, una vera e propria garanzia in questo ambito, che arricchisce un cartone che altrimenti sarebbe un pò "piatto" nel prosieguo della storia, ci sono doppiatori di importantissima caratura che sono presenti in altre serie famose, come Prata, Ubaldi, Spinelli, Moneta, Fuochi, Sette, Zucca, Balzarotti, Maurizio Scattorin, giusto per citarne alcuni, e vi posso assicurare che l'elenco è bello lungo e di primissima scelta e qualità, vi posso dire che anche in questo contesto sono stati davvero eccezionali.Forse il problema subentra nei nomi, considerato anche il titolo, anzichè Dragon Quest si è puntato su Cavalieri, e la cosa, da fan dei cdz mi dispiace parecchio!
Caso strano è il nonno Ubaldo interpretato da Pietro Ubaldi, mah, mi sa che a volte se le cercano...! Sarà stata una preferenza del doppiatore in questione o cosa?
Sta di fatto che il prodotto venuto fuori è di grande levatura, peccato che la narrazione dell'opera originale aiuti poco in questo, come detto il manga è stato sviluppato assai meglio dell'anime, e i professionisti italiani del doppiaggio hanno cercato di tappare le falle forse più evidenti, più di così non si ptoeva proprio fare.
Un'opera che vi invito a seguire, nonostante non rientri tra le migliori realizzate nei primi anni 90.
Questa serie TV del 1991 è stato uno dei primi anime a cui io mi sia realmente affezionato, anzi a dirla tutta per molto tempo è stato il mio anime preferito, poi sostituito da Dragon Ball (parliamo della mia infanzia; vabbe', parliamo giusto di qualche anno fa, quando ho scoperto gli orizzonti dell'animazione in generale). Comunque, quando vidi quest'anime sulle reti regionali ne rimasi affascinato, però ahimé questo fu interrotto bruscamente (cosi credevo). Dopo qualche tempo ho deciso di rivedere questi 46 episodi, e con mia incredulità ho visto che la serie viene tagliata in un punto, proprio quando si stava facendo molto interessante, e non è stata mai continuata: tutti i mie presupposti, tutti i pensieri che avevo fatto sul proseguo sono svaniti e io non ho mai saputo la continuazione. Nonostante ciò questa serie è rimasta nel mio cuore e mai me ne dimenticherò.
La trama parla delle avventure del nostro giovane eroe, che ha dei poteri particolari che lo aiuteranno, insieme agli amici, contro le forze del male. Forse non so dare un'opinione appropriata perché io ho amato questi personaggi, ma a me sono sembrati ben caratterizzati e non li ho mai dimenticati.
Ciò che invece non è di un buon livello è la controparte tecnica: i disegni non sono molto curati, né per quanto riguarda i personaggi né per quanto riguarda gli sfondi, a volte inesistenti, ma ciò non rovina minimamente secondo me l'atmosfera di questo fantasy; molto bella invece è la colonna sonora.
L'adattamento italiano risulta discreto, anche se sono presenti numerose censure, e il doppiaggio mi è sempre piaciuto ed è molto più godibile di molti doppiaggi odierni fatti con copia e incolla. Ci sono rimasto un po' maluccio vedendo come "termina" la serie, per questo non vi consiglio la visione. Se però siete amanti del fantasy non potete perdere uno dei progenitori del genere, io non mi sono pentito di averla rivista anche perché ha fatto riaffiorare in me un bel po' di ricordi, ma credo che non sarà facile che io possa rivederla.
Cosa che invece mi incuriosisce non poco è il manga, chissà se un giorno decida di procurarlo e leggerlo!
La trama parla delle avventure del nostro giovane eroe, che ha dei poteri particolari che lo aiuteranno, insieme agli amici, contro le forze del male. Forse non so dare un'opinione appropriata perché io ho amato questi personaggi, ma a me sono sembrati ben caratterizzati e non li ho mai dimenticati.
Ciò che invece non è di un buon livello è la controparte tecnica: i disegni non sono molto curati, né per quanto riguarda i personaggi né per quanto riguarda gli sfondi, a volte inesistenti, ma ciò non rovina minimamente secondo me l'atmosfera di questo fantasy; molto bella invece è la colonna sonora.
L'adattamento italiano risulta discreto, anche se sono presenti numerose censure, e il doppiaggio mi è sempre piaciuto ed è molto più godibile di molti doppiaggi odierni fatti con copia e incolla. Ci sono rimasto un po' maluccio vedendo come "termina" la serie, per questo non vi consiglio la visione. Se però siete amanti del fantasy non potete perdere uno dei progenitori del genere, io non mi sono pentito di averla rivista anche perché ha fatto riaffiorare in me un bel po' di ricordi, ma credo che non sarà facile che io possa rivederla.
Cosa che invece mi incuriosisce non poco è il manga, chissà se un giorno decida di procurarlo e leggerlo!
Parlare dell'anime di Dai no daibouken è per me alquanto difficile.
Una parte di me è ben conscia che è la trasposizione animata di uno dei miei fumetti preferiti, un'altra ancora è nostalgicamente legata al magico autunno del 1998, quando scoprii questa serie (sia in animazione sia su carta) per la prima volta, quando ancora il cartone animato era misconosciuto ai più e veniva trasmesso su reti regionali con sigle giapponesi e col titolo di "Dragon Quest" che più gli compete (perchè "I cavalieri del drago", titolo ricevuto per la trasmissione su Italia 1, è assai brutto e fuorviante, nell'accezione che intendevano gli adattatori).
Il "Dragon Quest" che io vidi quell'autunno, ai miei occhi di dodicenne al primissimo contatto con i fumetti giapponesi, fu qualcosa di assolutamente eccezionale: avventure, viaggi in terre fantastiche, combattimenti, magie, draghi e cavalieri, personaggi tutti splendidamente caratterizzati e una storia appassionante.
Fu in gran parte colpa di "Dragon Quest" (coadiuvato contemporaneamente dalla sua controparte cartacea e priva delle censure e degli adattamenti italiani dell'anime), se io mi appassionai ai manga e tuttora, a distanza di 10 anni, me ne interesso, quindi è una serie che occupa un posto del tutto speciale, nel mio cuore.
Tuttavia, con la seconda visione, avvenuta quando io avevo già letto il manga originale e quando la serie passò su Mediaset con un titolo diverso e molte più censure, i difetti di questa produzione, che non avevo notato a causa dell'entusiasmo della prima volta, vennero alla luce.
Se, da un lato, la storia (fedelissima a quella del manga, senza neppure l'ombra di un episodio riempitivo) è ben articolata e appassionante e i personaggi sono ottimi, dall'altro si nota subito che il comparto grafico dell'opera non è poi così eccezionale.
Ci si sforza di mantenersi fedeli al character design di Koji Inada. Tuttavia, il tratto appare buono nella resa di mostri e personaggi particolari come Gome, Brass, Zaboera, Mistobaan, Fraizard o Crocodyne o di personaggi secondari o di sfondo come Aban, Baran, il re di Romos o il capitano Nelson, ma spesso e volentieri convince poco nella caratterizzazione dei protagonisti e dei personaggi meno "fantastici" come Maam, Pop, Leona, Hyunkel, Matoriv o lo stesso Dai, che risultano più sgradevoli alla vista delle loro controparti cartacee. La colorazione è inoltre molto tenue, con colori pastello, e appare parecchio arretrata per l'epoca (quando giravano opere come Fushigi no umi no Nadia, Yu Yu Hakusho o Sailor Moon che erano già più vivaci e meglio realizzate), risultando un pò artificiosa nel rendere i personaggi a colori, quando invece questi venivano dipinti in maniera sublime dalle tavole a colori o dalle copertine del fumetto.
Punto a favore della serie è invece l'ottima colonna sonora (che infatti ottenne anche un suo bel Cd), che vanta il nome di Koichi Sugiyama, autore delle musiche dei videogiochi che ha composto nuovi brani orchestrati per l'occasione e altri li ha ripescati dai lavori già realizzati per i giochi.
Anche le due sigle, a modo loro, sono molto particolari e affascinanti: la opening "Yuusha yo, isoge!!" è ben cantata e riprende i ritmi delle ballate cavalleresche medievali, e il risultato è tremendamente d'effetto oltre ad essere profondamente scolpito nella memoria di chi vide la serie sui canali regionali, mentre "My road, my journey", la ending, è molto dolce ed evocativa, e altro non è che la sigla di chiusura di Dragon Quest II, ripescata per l'occasione.
Il più grande difetto della serie, rimane comunque l'essere monca (la serie cartacea si compone di 37 volumi, di cui in animazione ne sono stati adattati soltanto una decina) e concludersi con un finale posticcio proprio quando la vicenda iniziava a farsi più interessante.
Aldilà della realizzazione tecnica un pò scarsa, l'anime si faceva seguire appassionando gli spettatori, ma concluderlo così è come promettere una grossa torta al cioccolato ad un bambino e togliergliela da sotto il naso proprio quando era uscita dal forno per non ridargliela mai più.
Questo penalizza sicuramente la serie, ed è un peccato, perchè così non si è potuto godere dell'esponenziale miglioramento del tratto che si è avuto nella serie cartacea e che avrebbe di sicuro giovato all'anime a livello tecnico, si è abbandonata la storia sul più bello e non si è potuto visionare il percorso di crescita intrapreso dai personaggi, che è l'elemento migliore della serie, qui solamente accennato, cominciato ma mai concluso.
Ad aggravare il tutto, abbiamo un adattamento italiano ben poco felice, dove ben pochi personaggi hanno mantenuto il loro nome originale, sono stati tagliati via i pochi ma divertenti siparietti comici a sfondo sessuale e si è persa quella bizzarra aria esotica ed orientale che circondava i nomi degli incantesimi (che attraversano diversi stadi evolutivi, cosa che si è completamente persa nel nostro adattamento). A controbilanciare, però, dobbiamo dire che, almeno, il doppiaggio è stato fatto bene, e tutti i doppiatori scelti si adattano alla perfezione al carattere dei personaggi e in taluni casi ne ricalcano persino le inflessioni dei doppiatori giapponesi (vedasi Tony Fuochi/Crocodyne).
"Dragon Quest", mi duole dirlo, ma non è un prodotto che consiglierei. L'essere una produzione incompleta è un difetto fin troppo grande, che sicuramente ne preclude o ne disturba la visione, e sicuramente è molto meglio dirottare sul fumetto, che è ottimamente disegnato, completo e peraltro un caposaldo tutt'oggi insuperato nel suo genere.
Tuttavia, il mio legame con Dai no daibouken, anime o manga che sia, è profondo, fin troppo profondo, e non me la sento di stroncarlo in toto, per quanto l'anime sia incompleto e pieno di difetti, quindi gli assegno un generoso 7, e in virtù della nostra vecchia amicizia gli perdono un pò di avermi fatto lo sgarbo di non concludere la storia.
Una parte di me è ben conscia che è la trasposizione animata di uno dei miei fumetti preferiti, un'altra ancora è nostalgicamente legata al magico autunno del 1998, quando scoprii questa serie (sia in animazione sia su carta) per la prima volta, quando ancora il cartone animato era misconosciuto ai più e veniva trasmesso su reti regionali con sigle giapponesi e col titolo di "Dragon Quest" che più gli compete (perchè "I cavalieri del drago", titolo ricevuto per la trasmissione su Italia 1, è assai brutto e fuorviante, nell'accezione che intendevano gli adattatori).
Il "Dragon Quest" che io vidi quell'autunno, ai miei occhi di dodicenne al primissimo contatto con i fumetti giapponesi, fu qualcosa di assolutamente eccezionale: avventure, viaggi in terre fantastiche, combattimenti, magie, draghi e cavalieri, personaggi tutti splendidamente caratterizzati e una storia appassionante.
Fu in gran parte colpa di "Dragon Quest" (coadiuvato contemporaneamente dalla sua controparte cartacea e priva delle censure e degli adattamenti italiani dell'anime), se io mi appassionai ai manga e tuttora, a distanza di 10 anni, me ne interesso, quindi è una serie che occupa un posto del tutto speciale, nel mio cuore.
Tuttavia, con la seconda visione, avvenuta quando io avevo già letto il manga originale e quando la serie passò su Mediaset con un titolo diverso e molte più censure, i difetti di questa produzione, che non avevo notato a causa dell'entusiasmo della prima volta, vennero alla luce.
Se, da un lato, la storia (fedelissima a quella del manga, senza neppure l'ombra di un episodio riempitivo) è ben articolata e appassionante e i personaggi sono ottimi, dall'altro si nota subito che il comparto grafico dell'opera non è poi così eccezionale.
Ci si sforza di mantenersi fedeli al character design di Koji Inada. Tuttavia, il tratto appare buono nella resa di mostri e personaggi particolari come Gome, Brass, Zaboera, Mistobaan, Fraizard o Crocodyne o di personaggi secondari o di sfondo come Aban, Baran, il re di Romos o il capitano Nelson, ma spesso e volentieri convince poco nella caratterizzazione dei protagonisti e dei personaggi meno "fantastici" come Maam, Pop, Leona, Hyunkel, Matoriv o lo stesso Dai, che risultano più sgradevoli alla vista delle loro controparti cartacee. La colorazione è inoltre molto tenue, con colori pastello, e appare parecchio arretrata per l'epoca (quando giravano opere come Fushigi no umi no Nadia, Yu Yu Hakusho o Sailor Moon che erano già più vivaci e meglio realizzate), risultando un pò artificiosa nel rendere i personaggi a colori, quando invece questi venivano dipinti in maniera sublime dalle tavole a colori o dalle copertine del fumetto.
Punto a favore della serie è invece l'ottima colonna sonora (che infatti ottenne anche un suo bel Cd), che vanta il nome di Koichi Sugiyama, autore delle musiche dei videogiochi che ha composto nuovi brani orchestrati per l'occasione e altri li ha ripescati dai lavori già realizzati per i giochi.
Anche le due sigle, a modo loro, sono molto particolari e affascinanti: la opening "Yuusha yo, isoge!!" è ben cantata e riprende i ritmi delle ballate cavalleresche medievali, e il risultato è tremendamente d'effetto oltre ad essere profondamente scolpito nella memoria di chi vide la serie sui canali regionali, mentre "My road, my journey", la ending, è molto dolce ed evocativa, e altro non è che la sigla di chiusura di Dragon Quest II, ripescata per l'occasione.
Il più grande difetto della serie, rimane comunque l'essere monca (la serie cartacea si compone di 37 volumi, di cui in animazione ne sono stati adattati soltanto una decina) e concludersi con un finale posticcio proprio quando la vicenda iniziava a farsi più interessante.
Aldilà della realizzazione tecnica un pò scarsa, l'anime si faceva seguire appassionando gli spettatori, ma concluderlo così è come promettere una grossa torta al cioccolato ad un bambino e togliergliela da sotto il naso proprio quando era uscita dal forno per non ridargliela mai più.
Questo penalizza sicuramente la serie, ed è un peccato, perchè così non si è potuto godere dell'esponenziale miglioramento del tratto che si è avuto nella serie cartacea e che avrebbe di sicuro giovato all'anime a livello tecnico, si è abbandonata la storia sul più bello e non si è potuto visionare il percorso di crescita intrapreso dai personaggi, che è l'elemento migliore della serie, qui solamente accennato, cominciato ma mai concluso.
Ad aggravare il tutto, abbiamo un adattamento italiano ben poco felice, dove ben pochi personaggi hanno mantenuto il loro nome originale, sono stati tagliati via i pochi ma divertenti siparietti comici a sfondo sessuale e si è persa quella bizzarra aria esotica ed orientale che circondava i nomi degli incantesimi (che attraversano diversi stadi evolutivi, cosa che si è completamente persa nel nostro adattamento). A controbilanciare, però, dobbiamo dire che, almeno, il doppiaggio è stato fatto bene, e tutti i doppiatori scelti si adattano alla perfezione al carattere dei personaggi e in taluni casi ne ricalcano persino le inflessioni dei doppiatori giapponesi (vedasi Tony Fuochi/Crocodyne).
"Dragon Quest", mi duole dirlo, ma non è un prodotto che consiglierei. L'essere una produzione incompleta è un difetto fin troppo grande, che sicuramente ne preclude o ne disturba la visione, e sicuramente è molto meglio dirottare sul fumetto, che è ottimamente disegnato, completo e peraltro un caposaldo tutt'oggi insuperato nel suo genere.
Tuttavia, il mio legame con Dai no daibouken, anime o manga che sia, è profondo, fin troppo profondo, e non me la sento di stroncarlo in toto, per quanto l'anime sia incompleto e pieno di difetti, quindi gli assegno un generoso 7, e in virtù della nostra vecchia amicizia gli perdono un pò di avermi fatto lo sgarbo di non concludere la storia.
L'anime non intacca minimamente la storia che c'è nella versione cartacea. Dal punto di vista del solo anime preso a se, posso dire che rimane molto fedele al manga per certi versi, anche se nella versione italiana non ho mai capito perché dovessero cambiare il nome di Dai in Tom...
L'unico problema è la pochezza della serie... Cioè quando hai un manga di 51 volumi e una storia incredibile dietro... Che motivo c'è di uscirtene con storie così troncate?
Alle volte non li capisco proprio questi registi... Ma la verità è che chiunque abbia letto, manga o libro e poi ne vede la trasposizione, non rimane mai soddisfatto...
L'unico problema è la pochezza della serie... Cioè quando hai un manga di 51 volumi e una storia incredibile dietro... Che motivo c'è di uscirtene con storie così troncate?
Alle volte non li capisco proprio questi registi... Ma la verità è che chiunque abbia letto, manga o libro e poi ne vede la trasposizione, non rimane mai soddisfatto...
Questo anime è una buona trasposizione del manga: i disegni sono pressoché identici, la trama non subisce grosse variazioni e riesce ad appassionare più o meno allo stesso modo. Lo odio però perchè taglia le vicende che nel manga invece nella versione cartacea proseguono. Quest'anime preferisce insomma dare un lieto fine (per di più nemmeno piacevole) ad una vicenda che nel manga prosegue dando il via alla parte più matura e drammatica della storia di Dai, lasciando per di più la storia troncata senza risolvere nessuno dei misteri presenti. Insomma, se vi preparate allo shock psicologico del finale, potrete guardarlo e rivivere le emozioni della prima parte del manga fino all'incontro con Baran.