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Nagisa98

Episodi visti: 26/26 --- Voto 8
Dopo la straordinaria pellicola diretta da Mamoru Oshii, tocca al suo allievo Kenji Kamiyama mettersi alle redini di un altro prodotto ispirato all’universo cyberpunk ideato da Masamune Shirow: nel 2002 nasce così “Ghost in the Shell - Stand Alone Complex”, serie di ventisei episodi realizzata dallo studio Production I.G.

L’anime, ambientato nel 2030, segue sempre le vicende del maggiore Motoko Kusanagi e degli altri membri della sezione 9, impegnati a risolvere casi di spionaggio, terrorismo e complotti politici. L’opera si compone di puntate autoconclusive (denominate “stand-alone episodes”) e di puntate collegate fra loro nelle quali si sviluppa una trama orizzontale incentrata sull’Uomo che Ride (“complex episodes”).

Se il lungometraggio del ’95 anteponeva i ragionamenti filosofici ed esistenziali alla creazione di un intreccio solido e ricco di colpi di scena, la serie qui analizzata si imposta più come un classico poliziesco in cui gli intrighi e l’azione fanno da padrone. “Stand Alone Complex”, infatti, presenta una varietà di casi in cui i nostri agenti avranno a che fare con cospirazioni, rapimenti od omicidi: il ritmo è dunque più serrato, e l’opera si configura come prodotto d’intrattenimento molto più del suo predecessore. Tuttavia, non si può certo dire che la serie sia un semplice susseguirsi di eventi senz’anima: i vari problemi etici riguardanti l’utilizzo di corpi cibernetici, così come la costante fuga dalla realtà, emergeranno spesso nelle vicende raccontate. Tali spunti di riflessione sono presenti sia negli episodi “stand-alone”, che ho trovato godibili tanto quanto quelli collegati tra loro, sia nelle puntate che vanno a costituire la storia dell’Uomo che Ride. Questo caso, oltre ad essere stato macchinato nei minimi dettagli, si propone infatti di affrontare alcuni fenomeni che si verificano anche nella società odierna (su tutti l’imitazione di una figura fittizia resa possibile dal forte impatto dei media).

Sul lato personaggi, l’anime non introduce particolari new entry (antagonisti a parte), ma si limita ad approfondire o reinventare quelli presenti nel lungometraggio. In questo modo avremo degli interessanti focus sul capo sezione Aramaki, che più volte ci sorprenderà con le sue incredibili doti strategiche, o sull’agente Togusa, forse uno dei membri più “umani”. Il cambiamento che invece ha interessato Motoko e Batou ha fatto storcere il naso a una buona fetta di pubblico. Il maggiore, da un lato, ha abbandonato quel suo lato glaciale e un po’ ambiguo per convertirsi nella classica poliziotta sensuale e testarda (forse un tentativo di avvicinarla alla protagonista ideata da Shirow?); il suo collega più fidato, dall’altro, sembra avere assunto le caratteristiche del solito agente dai muscoli possenti incline al sarcasmo. Una piccola rivelazione, infine, è costituita dai Tachikoma: all’inizio utilizzati per la parte più umoristica e “kawaii” dell’anime, i piccoli robot hanno in seguito imparato a ragionare sul concetto di vita e di morte e hanno sviluppato una personalità propria.

Passando al lato tecnico, l’anime presenta un character design diverso dal film ma ugualmente dettagliato (Motoko è ovviamente quella che ha subito il restyling più intenso), mentre disegni e animazioni mantengono una qualità buona ma non eccelsa per tutta la durata dell’opera. Perfettamente integrata nell’animazione tradizionale è la computer grafica utilizzata per rappresentare i Tachikoma e gli strumenti tecnologici in generale; gli sfondi, dal canto loro, tratteggiano ancora una volta ambientazione futuristiche ma mai troppo utopiche.
Se l’opera di Oshii poteva fregiarsi di uno dei compositori più importanti dell’animazione giapponese, la serie di Kamiyama non è certo da meno: la poliedrica Yoko Kanno, che già ci aveva impressionato con “Cowboy Bebop”, firma una colonna sonora composta da tracce appartenenti ai generi più disparati e capaci di accompagnare al meglio qualunque scena. Ed è sempre la Kanno a realizzare la musica delle sigle: da un lato abbiamo l’opening “Inner Universe” cantata in diverse lingue dall’artista russa Origa e accompagnata da una sequenza realizzata in 3D, un po’ a mo’ di videogioco (sostituita nelle repliche dalla funk-rock “Get9” interpretata da Jillmax, stavolta accostata a scene di animazione tradizionale); dall’altro abbiamo l’ending alternative rock “Lithium flower” coi vocali di Scott Matthews (rimpiazzata nelle repliche dalla stupenda “I do” interpretata in italiano da Ilaria Graziano).

In definitiva, “Ghost in the Shell - Stand Alone Complex” è un’opera meno incisiva rispetto al suo predecessore, ma riesce ugualmente a intrattenere grazie a casi polizieschi ben congegnati che forniscono al pubblico non pochi spunti di riflessione. Voto: 8.


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ryo79

Episodi visti: 26/26 --- Voto 10
THE LAUGHING MAN
Liberamente ispirata al famoso manga di Masamune Shirow, Ghost in the Shell Stand Alone Complex, è uno dei pochi anime che ha avuto a disposizione un elevato budget finanziario, cosa che ha consentito alla Production I.G di mantenere uno standard qualitativo più che eccellente, superiore perfino al lungometraggio di Mamoru Oshii. A differenza del film di Oshii, che dava maggior risalto alla narrazione filosofica piuttosto che al lato poliziesco della storia, in questo Stand Alone Complex le due cose vengono trattate in egual misura, dando un senso di maggior completezza alla trama. Nonostante siano presenti tutti i personaggi del film, la serie non ha nulla a che vedere con la trasposizione cinematografica in quanto, gli avvenimenti di quest'ultima, si svolgono in una linea temporale completamente scorrelata dal film.

Come già accennato prima, gli episodi vengono suddivisi in "stand alone" e "complex". I primi sono degli episodi autoconclusivi, che mostrano l'operato giornaliero della Sezione 9, e danno la possibilità di far conoscere allo spettatore i personaggi che nel film non venivano approfonditi (Aramaki, Bateau, Togusa e Ishikawa) e quelli, creati da Shirow, che non sono stati neanche menzionati (Saito, Paz e Borma). Gli altri episodi sono legati alla trama principale dell'anime che segue le vicende di un misterioso haker a cui è stato dato il nome di Uomo che Ride; in questi episodi si può ritrovare la stessa atmosfera presente nel film di Oshii, quando la Sezione 9 aveva a che fare con il Signore dei Pupazzi. Una piccola citazione cinematografica, che non a tutti può risultare evidente, è il modus operandi del serial killer di Jungle Cruise, che collega le vittime al suo cervello, proprio come l'assassino del film Strange Days, con Ralph Fiennes e Juliette Lewis. Questa è solo un esempio, Stand Alone Complex è una miniera di citazioni: Kubrik, Wender, Doisneau, J. D. Salinger, Dziga Vertov, Fredric Jameson, Jean Renoir, ecc.

La regia di Kenji Kamiyama è impeccabile. L'anime è composto in buona parte da lunghi dialoghi e i personaggi vengono valorizzati al meglio. Le scene d'azione non sono molte, ma sono davvero spettacolari, con una Motoko quasi sempre al centro dell'azione (il combattimento contro l'armor suit è il più bello di tutti). Tecnicamente parlando, l'animazione è eccellente, con un livello di dettagli e un realismo impressionanti. La computer grafica viene integrata perfettamente con il resto delle animazioni, a tal punto che a volte risulta difficile distinguerle. L'accuratezza nella realizzazione della città, degli ambienti interni, dei veicoli e dei mecha è davvero senza paragoni dando una degna trasposizione animata al manga di Shirow, sempre ricco di dettagli e note tecniche. Un dettaglio che i fan del mangaka non potranno non riconoscere è l'avatar utilizzato da Motoko nella chat dell'episodio 9; altri non è che Chroma, uno degli alter-ego usati dal maggiore nel manga.

In questa prima serie, lo sviluppo dei personaggi è minimo, ma non si tratta di una mancanza ma semplicemente l'obbiettivo di questa produzione era quello di rappresentare al meglio il mondo creato da Shirow, con una trama sufficientemente complessa e articolata da rendere interessante la visione dell'anime. La Production I.G è riuscita talmente bene in questo che non si sente per niente la mancanza di una vera e propria evoluzione dei personaggi. A questa mancanza rimedierà in parte la seconda serie dell'anime: Ghost in the Shell S.A.C. 2nd GIG. Notevole invece lo sviluppo dei Tachikoma, carri armati senzienti con la voce e la personalità decisamente infantili; durante il proseguire della serie li vediamo prendere sempre più coscienza e acquisire un ghost.

Per quanto riguarda le musiche mi basterebbe dire che sono state composte e arrangiate da Yoko Kanno (Escaflowne, Cowboy Bebop, Wolf's Rain, ecc...). I brani che compongono la colonna sonora comprendono generi diversi: musica hard-core, dance, elettronica, rock, pop e brani melodici. Questi pezzi si adattano perfettamente alle varie situazioni, esaltandone l'atmosfera. L'opening "Inner Universe", cantata dalla russa Origa, e accompagnata da uno spettacolare lavoro di computer grafica, è tanto bella quanto particolare, con liriche che sono un misto tra inglese, russo e greco (personalmente vi consiglio di ascoltare la versione estesa). Molto bella anche la rockeggiante "Lithium Flower" che fa da ending a ogni episodio. Tra gli altri brani mi viene da citare "Run Rabbit Junk", che fa da colonna sonora all'intervento della Sezione 9 nel primo episodio, e che ricorda come sonorità "Red Tape" di Agent Provocateur (colonna sonora di The Jackal).


EPISODI
Gli episodi marcati con [SA], "Stand-Alone", sono episodi autoconclusivi, mentre quelli marcati con [C], "Complex", seguono la storyline dell'Uomo che Ride.

1. Section 9 - [SA]
2. Temptation - [SA]
3. Android and I - [SA]
4. Interceptor - [C]
5. Decoy - [C]
6. Meme - [C]
7. Idolater - [SA]
8. Missing Hearts - [SA]
9. Chat! Chat! Chat! - [C]
10. Jungle Cruise - [SA]
11. Portraits - [C]
12. Escape From - [SA]
13. Not Equal - [SA]
14. ¥€$ - [SA]
15. Machines Desirantes - [SA]
16. Ag20 - [SA]
17. Angel's Share - [SA]
18. Lost Heritage - [SA]
19. Captivated - [SA]
20. Re-View - [C]
21. Eraser - [C]
22. Scandal - [C]
23. Equinox - [C]
24. Annihilator - [C]
25. Barrage - [C]
26. Stand Alone Complex - [C]


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Utente46572

Episodi visti: 16/26 --- Voto 4
Dopo aver visto GITS 2.0 e GITS: Innocence, con una buona dose di coraggio e incoscienza, ho deciso di tentare di nuovo la sorte con GITS: SAC... non ci sono riuscito, mi sono fermato alla 17° puntata, ma perché? Questa serie tecnicamente è fenomenale (come d'altronde anche i film), audio, disegni, animazioni, è difficile dire quale di questi fattori sia il più curato, l'opening e l'ending mi hanno attirato subito, ma non è abbastanza.

Le vicende prendono luogo in un Giappone del futuro dove le persone ricorrono a installazioni di parti artificiali (anche il cervello), in particolare nella Sezione 9, organo investigativo addetto al Terrorismo e soprattutto al Syber-Terrorismo. In questa serie vedremo come si comportano gli agenti della Sezione 9, come risolvono vari casi, in particolare quello del terribile "Uomo che ride"

La storia principale è davvero molto interessante (quella dell'uomo che ride) ma le continue puntate autoconclusive che mettono in mezzo rallentano troppo e finiscono con l'annoiare al limite dell'impossibile, puntate in cui i personaggi, invece di occuparsi del caso principale (che come ho già detto è molto interessante), si trastullano in casi minori che non intrattengono minimamente perché tanto già dall'inizio della puntata si sa come andrà a finire (il maggiore insegue il cattivo più cattivo di tutti mentre gli altri vanno dai cattivelli minori, li catturano e se ne ritornano a casa) e dove si ha l'illusione che la storia finalmente decolli... ma non lo fa; poi la personalità di Batou è annullata al classico energumeno che non fa altro che danni e battute invece dell'uomo frustrato che si vede in GITS Innocence (e che ho adorato alla follia), mentre il maggiore ad una fastidiosa donna tutte curve che sfrutta ogni occasione per svestirsi... almeno quando usa l'occultamento non si spoglia come nel primo film... almeno questo;

In favore della serie però voglio dire che le prime puntate (prima che compaia l'uomo che ride), in cui si ha l'illusione che servano solo a farti entrare nell'atmosfera (come con Psycho-Pass), sono piacevoli da vedere e poi ho trovato davvero interessante la puntata del "sogno del regista";

Ho letto che c'è un film che riassume questa serie (GITS: SAC - the Laughing Man) e che mi piacerebbe vedere ma non riesco a trovarlo da nessuna parte...

Il mio giudizio finale per quest'anime è negativo perché, nonostante l'ottima base di partenza, non riesce a prendere ed intrattenere lo spettatore come avrebbe potuto e a causa di ciò risulta banale, scontato e tremendamente noioso

In sintesi: non è all'altezza dei film quindi vi consiglio di risparmiarvelo


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Kida_10

Episodi visti: 26/26 --- Voto 7
Dopo essere stato spinto a guardare questa serie da tutte le innumerevoli voci positive sentite in giro, devo ammettere di essere rimasto abbastanza deluso.
La storia è ambientata in mondo futuro, dove le macchine hanno sostituito gran parte del corpo umano, aumentandone il rendimento e le prestazioni; nonostante il corpo sia stato modificato artificialmente, trasformando buona parte della popolazione in cyborg, le anime delle persone sono rimaste intatte, mantenendo in questo modo le personalità.
Al centro della storia vi è la sezione 9, una squadra specializzata in conflitti internazionali, composta da pochi membri scelti.
Inizialmente viene mostrata la sezione 9 impegnata nella risoluzione di diversi casi secondari, fino poi intraprendere la vera missione di questa prima stagione, ovvero il caso dell'uomo che ride, un hacker informatico sospettao di aver estorto denaro e ricattato molte aziende.
La trama è interessante e intricata, piena di misteri e colpi di scena, ma stranamente non mi ha coinvolto particolarmente. Le puntate autoconcluisve iniziali sono abbastanza noiose e il ritmo è lento, fortunamente nella seconda metà dell'anime, quando la storia vera e prorpia prende il via, il tutto si rivaluta e l'interesse cresce in modo esponenziale. Come per la storia anche i personaggi, seppur ben caratterizzati, impiegheranno fin troppe puntate per farsi apprezzare e conoscere come si deve. Dal punto di vista tecnico nulla di speciale, anche se bisogna considerare la data di produzione che risale ormai a dodici anni fa. Si puo' comunque notare nel corso delle serie un notevole miglioramento dal punto di vista grafico, del character design e della regia. Anche per quanto riguarda il comparto sonoro è stato fatto un buon lavoro, a partire dalle sigle di apertura e chiusura, sino alle colonne sonore inserite ottimamente nei momenti di azione, il tutto accompagnato da un ottimo doppiaggio italiano con doppiatori di prima categoria.
Tutto sommato un buon prodotto, originale e pieno di idee interessanti; altamente penalizzato da un troppo elevato numero di puntate "filler" noiose. Per il resto una buona produzione anche se non eccellente.
Speriamo che la seconda serie parta in quarta, visto che ormai la sezione nove non ha più bisogno di presentazioni.


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Eoin

Episodi visti: 26/26 --- Voto 8
<b>ATTENZIONE! POSSIBILI SPOILER!</b>

Dopo che la mia mente era stata devastata dai rimorsi per non aver mai prestato attenzione al mondo di Ghost in the Shell, ho deciso finalmente di porvi rimedio e, dopo aver visto i primi due film, mi sono dedicato anche alla serie TV, che cercherò di analizzare facendo il minor numero possibile di riferimenti ai precedenti film, dato che costituisce un elemento autonomo, dotato di una propria dignità e indipendenza.

Ghost in the Shell: Stand Alone Complex segue le vicende dei personaggi protagonisti dei lungometraggi: Tomoko Kusanagi (aka il Maggiore), Batou, Togusa e il resto della Sezione 9, un corpo speciale con il compito di risolvere questioni di rilevanza nazionale, quali atti di terrorismo, intrighi politici, caccia a hacker e bande di criminali. Il tutto mentre, in un mondo pesantemente informatizzato, la linea di separazione tra umani, androidi (robot con sembianze umane) e cyborg (esseri umani con parti del corpo sostituite da componenti meccaniche) si fa sempre più labile.
Alcuni dei 26 episodi di quest'anime sono autoconclusivi, con vicende non collegate tra loro, mentre altri seguono una trama di base comune, legati dal filo conduttore dell'Uomo Che Ride, un presunto hacker leggendario colpevole di terrorismo industriale. Proprio in riferimento a questo caso, verrà enunciato il contenuto dello Stand Alone Complex: un fenomeno che porta dei singoli individui ad emulare (genuinamente, senza alcun condizionamento mentale provocato da terzi) atti a cui è stata dato un grande rilievo da parte dei media, esattamente come successo per l'Uomo Che Ride.
La realizzazione tecnica è eccellente: le animazioni sono fluide, specie nelle frequenti scene d'azione, ben realizzate e adrenaliniche, e il character design è ben curato; il doppiaggio è realizzato ottimamente, anche se sarebbe stato meglio il ricorso ad una maggiore varietà di doppiatori; la colonna sonora è semplicemente splendida, opening "Inner Universe" in primis; l'uso della CG si mescola bene con l'animazione tradizionale, senza stonare o saltare all'occhio come fasulla o eccessiva.
Le scenografie sono sicuramente meno suggestive di quelle dei film, ma riescono comunque a rappresentare efficacemente una città caotica, ma anche oscura e malinconica, in cui i rapporti umani si affievoliscono, sostituiti dall'avvento delle macchine, sempre più avanzate ed affidabili. Da notare come la serie sia ambientata in un futuro molto prossimo e, di conseguenza, assolutamente plausibile e realistico: niente mezzi di trasporto volanti che affollano i cieli o edifici tremendamente avveniristici, solo tanto inquinamento luminoso e persone dallo sguardo spento, indifferenti nei confronti di ciò che li circonda.
L'unica pecca è la scarsa espressività dei personaggi che, a volte, non mostrano in volto le stesse emozioni che sembrerebbero trasparire dal tono di voce. Se questo può essere considerato un effetto voluto nel caso dei cyborg, a sottolineare il loro essere sempre più macchine e sempre meno umani, non si spiega perché valga anche per quei personaggi che sono completamente naturali. Anzi, paradossalmente, i più espressivi sono proprio il Maggiore e Batou, dotati di corpi quasi interamente artificiali.
La caratterizzazione dei personaggi è leggermente differente rispetto a quanto mostrato nei film: Batou rientra nello stereotipo dell'uomo d'azione, ma di indole più spiritosa, mentre Motoko è leggermente meno riflessiva e introversa e interpreta il ruolo di superdonna infallibile che sa sempre cosa fare e si trova raramente in difficoltà. Nonostante questo, i protagonisti principali sono ben approfonditi psicologicamente, con i loro dubbi e le loro preoccupazioni che li rendono, a prescindere da quanta parte dei loro corpi sia robotica, dannatamente umani. Non sarà raro vederli interrogarsi circa la giustezza delle proprie decisioni e azioni, sulla corruzione dell'intero sistema in cui loro stessi sono inseriti e altro ancora.
Ad una prima visione, Ghost in the Shell: SAC sembra una serie anime meno profonda rispetto ai film, dato che pare raccontare dei fatti prima ancora che concetti filosofici. Tuttavia, ad una analisi più attenta, si nota come ogni puntata fornisca spunti di riflessione sugli argomenti più disparati: gli orrori della guerra e i danni permanenti della psiche lasciati nei reduci, la collusione del governo con potenti lobby industriali, le quali antepongono il proprio, mero profitto al benessere della popolazione, e la sempre più ardua questione delle macchine sempre più umane e degli umani sempre più automi: cos'è che differenzia realmente gli uomini dagli androidi e dai robot? E' forse il ghost (anima/spirito, di cui le macchine, dotate solo di I.A., sono prive)? Eppure il ghost può essere trasferito da un corpo artificiale all'altro, come un semplice pacchetto di dati. E i robot? Possono crescere, evolversi, provare emozioni?
Simboli assoluti di questa discussione sono sicuramente i Tachikoma, i piccoli carri armati aracniformi di supporto alla Sezione 9. Se da un lato sono uno degli elementi che, a mio parere, abbassa il livello generale di questa serie, con il loro comportamento infantile e fuori luogo, la loro vocetta stridula e quei siparietti comici presenti a fine episodio che sono ben poco divertenti, dall'altro sono gli unici personaggi che subiscono una vera e propria crescita nel corso dei 26 episodi: proveranno piacere, invidia, paura, affetto e si interrogheranno sul significato della vita e della morte e sull'esistenza di Dio. E tutto questo nonostante siano solo dotati di un'intelligenza artificiale, dunque solo un programma, e non di un'anima. Questi fatti costruiscono un parallelo tra le macchine, creazioni dell'ingegno umano, e i bambini, prodotti biologici, in quanto entrambi apprendono, fanno domande, crescono. Lo stesso atteggiamento dei Tachikoma, nonostante lo reputi fastidioso e, per l'appunto, infantile, è voluto, funzionale a sottolineare questo concetto.
Mi ha fatto anche piacere la presenza di alcune scene (giusto una manciata) dai toni più leggeri e spiritosi, in netto contrasto con l'atmosfera cupa, seriosa o addirittura drammatica di cui questa serie è permeata.
Non me la sono sentita di dare un punteggio più alto solo a causa della presenza dei suddetti Tachikoma, che ho trovato oltremodo irritanti (per buona parte dell'anime), e per la mancata risoluzione di alcuni misteri che vengono proposti durante la serie e poi lasciati in sospeso.
Ritengo, in ogni caso, che la visione di Ghost in the Shell: Stand Alone Complex sia d'obbligo per tutti gli appassionati di fantascienza e cyberpunk, anche se può essere largamente apprezzato da chiunque.


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flameoffurius

Episodi visti: 26/26 --- Voto 8
Dal punto di vista dell'ambientazione questo è sicuramente uno dei migliori anime in circolazione e anche la storia è a buoni livelli, d'altro canto la lacuna più evidente del anime è proprio la lentezza con cui questa viene narrata. Non fraintendetemi, non vi porterà alla morte cerebrale ma in alcune parti ci si trova di fronte a delle vere e proprie secche dal punto di vista dello scorrimento della storia che ne inficiano il godimento. Muovendosi su aspetti più tecnici non si può che elogiare questa serie; il doppiaggio è ottimo e sia gli effetti sonori (spari, rumori ambientali, etc.) sia i disegni sono ad altissimi livelli.
In conclusione si può dire che l'anime è consigliato a tutti coloro che amano il genere cyberpunk il quale viene espresso splendidamente, mentre a tutti gli altri lo consiglio solo se accettano di annoiarsi un po' qua e là confermando però che ne vale assolutamente la pena.

onizuka90

Episodi visti: 26/26 --- Voto 8
Con "Ghost in the Shell - Stand Alone Complex" il concept del noto manga di Masamune Shirow viene trasposto finalmente su serie animata, dico concept poiché veramente poco sopravvive delle vicende proprie del fumetto originario, si opta invece per una strada del tutto diversa che cerca di proporre qualcosa di nuovo, seppur tuttavia senza tradire troppo lo spirito cyberpunk che contraddistingue il suo progenitore. A onor del vero non credo si possa però parlare, in senso stretto, di cyberpunk vero e proprio, ma le tematiche della serie sono affini a questa corrente letteraria tanto da permettere più di un timido accostamento.

Nell'opera in questione fanno da padrone i topoi fondanti del genere, come ad esempio il rapporto uomo-tecnologia, in particolare tra uomo e macchina. In questo mondo alquanto futuristico infatti gli uomini hanno raggiunto un livello tale di sviluppo tecnologico da potere meccanizzare e rendere artificiale gran parte del corpo e questo pone inevitabilmente pesanti riflessioni circa l'essere umano e la sua sostanziale differenza dagli androidi, robot completamente artificiali ma dalle fattezze umane. In una delle vicende, ad esempio, si narra della drammatica quanto patetica storia di un amore impossibile tra un uomo e un'androide femminile, e della loro fuga da una società non ancora pronta per accettare una simile alienazione da ogni schema pulsionale umano, sebbene non sia così innaturale pensare all'amore per un oggetto o per una bambola, proiettato su un "essere" capace di muoversi e agire nel mondo, pur non dotato di autocoscienza. Altro tema fondamentale è quello della degenerazione sociale con tendenziali elementi distopici quali depersonalizzazione e alienazione, che vengono resi di certo in modo meno efficace e profondo che nel relativo film di Oshii. In ogni caso gli autori riescono a prodursi in una trattazione piuttosto dignitosa, cercando di focalizzare l'attenzione sul fenomeno sociale detto "stand alone complex" di cui si dirà più avanti.
Altro tema fondamentale in "GITS" è quello della rete e della realtà virtuale, che sposta l'attenzione sulla percezione individuale, soggettiva del mondo, questo si palesa in più di una occasione, ad esempio l'abilità de "L'uomo che ride" di impossessarsi degli occhi delle sue vittime per poter mostrare loro le immagini da lui programmate falsificando la realtà. Anche qui si rintracciano dei pallidi ricordi di quello che furono il film e il fumetto, sebbene non si possa parlare di una trattazione profonda e filosofica dell'argomento, comunque esso è inserito in modo magistrale ed efficace.

A mio avviso sarebbe controproducente approcciarsi a quest'opera proponendo un confronto con il famoso film di Mamoru Oshii, questo perché Kamiyama è evidentemente interessato più a narrare una storia cyberpunk in bello stile, ricca di complicate macchinazioni fantapolitiche e di spionaggio, che a imbastire una riflessione metafisica sull'idea di essere umano e di vita. Si deve quindi prendere la serie come manifestazione più 'disimpegnata' dell'universo di "Ghost in the Shell" in particolar modo tenendo da conto come i personaggi vengano resi in modo diverso, come ad esempio il maggiore, che si avvicina a incarnare quell'ideale di sexy-eroina alla Shirow piuttosto che il personaggio dilemmatico del film, o Batou, il quale si presenta più come un uomo rude e tutto muscoli, non certo il personaggio profondo tratteggiato da Oshii, soprattutto in Innocence (che seguirà a questa serie dopo due anni, 2004).
Il punto in effetti è da considerare più a fondo, i personaggi risultano anche qui abbastanza freddi e piuttosto inumani, questo perché si deve considerare il loro avvicinarsi alle macchine, mentre le macchine subiscono il processo inverso, acquisendo una loro coscienza e imparando ad affermare la loro personalità auto-riconoscendosi come entità individuali e ben definite, umanizzandosi. Questo è messo in risalto dai momenti in cui i Tachikoma si interrogano riguardo alla propria esistenza, vere e proprie perle di sceneggiatura che poi confluiranno nel culmine del loro farsi entità sensibili e coscienti, ovvero nell'amare e sacrificarsi per il bene della persona che hanno a cuore, momento di un'intensità commovente e apice emotivo della serie.

Resta ora da considerare quello che sarebbe dovuto essere il fenomeno centrale dell'opera, lo "stand alone complex", cui vengono purtroppo concesse troppo poche puntate per essere sviscerato con il dovuto approfondimento. In ogni caso, nella vicenda riguardante "L'uomo che ride", si riescono a dare le coordinate per comprendere a sufficienza tale fenomeno sociale, descritto come il diffondersi dell'imitazione di un simbolo, legato a un ideale, che si ripercuote come fenomeno sociale di massa ma che sembra non avere un punto iniziale, una causa scatenante. Esempio analogo, nella nostra realtà, sono i Meme, conosciuti da tutti e diventati di moda, nessuno o quasi nessuno ne conosce l'autore originale, eppure se ne fa largo uso e imitazione, similmente è per l'entità conosciuta come "L'uomo che ride" ispiratore di ideali puri e innocenti, motore immobile di un'intricata e cerebrale questione di etica e politica, che vede interessate diverse aziende prese nel mirino del terrorismo. Esso verrà imitato da una moltitudine di falsi "Uomo che ride" senza che si riesca a scoprire l'esistenza di un originale, di una causa causante primigenia.

"Ghost in the Shell - Stand Alone Complex" si distingue per una realizzazione tecnica d'avanguardia per il tempo (2002), e di bellissime colonne sonore adatte allo scopo di concretizzare un'atmosfera tesa e pregnante. La regia di Kenji Kamiyama è ottima così come la sceneggiatura, i dialoghi sono particolarmente interessanti, come già accennato soprattutto in occasione delle parti inerenti alle disquisizioni dei Tachikoma, a mio avviso punta di diamante della serie; la trama si snoda attraverso archi auto-conclusivi, spesso di un solo episodio, rimanendo però di sottofondo le vicende riguardanti il "Laughing man", che esploderanno verso la conclusione. Non posso che rimanere soddisfatto dalla visione e consigliare questa serie a tutti gli amanti del mondo di GITS e delle opere complesse, con una forte componente anche di poliziesco e di azione.


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Pan Daemonium

Episodi visti: 26/26 --- Voto 8
Questa prima serie animata di 'Ghost in the Shell' si dimostra all'altezza delle aspettative, pur con numerosi difetti che io ho mal sopportato. Cominciando da una opening graficamente orripilante (mi ricorda i video di Tekken 3 e 4 e giochi di quell'epoca) e musicalmente apprezzata solo dopo molto, i personaggi sono stati psicologicamente sballati rispetto al film. Il Maggiore, difatti, perde in gagliardia per acquistare in sensualità e ciò che ha perso in carattere immagino che lo abbia perso anche in stoffa, dato che va in giro mezza nuda per tutta la serie. Batou, da freddo calcolatore e quasi totalmente macchina, diventa una sorta di clown, pur non mancando le scene in cui acquista serietà. Maggiore spessore ottiene, invece, Togusa, che diviene il vero e proprio protagonista di questa serie.

La serie si divide in due gruppi di episodi: quelli che seguono la trama vera e propria del Laughing Man (4-5-6-9-11-20-21-22-23-24-25-26) e 14 altri che, invece, hanno plot propri, non connessi fra loro. Indubbiamente vale la pena di guardare GITS SAC per la trama principale, piuttosto intrecciata e anche interessante del LM - anche se va ammesso che la psicologia va via via perdendosi, acquistando, la serie, in azione. Per quanto riguarda le puntate "stand-alone", quelle singole, non posso dire che tutte siano degne del vostro tempo. Ce ne sono alcune ben fatte e psicologicamente ben costruite, altre piuttosto noiose.

I temi a mio avviso sono gli stessi dei due film, più una maggiore introspezione nel contrasto robot/viventi dovuta ai Tachikoma, robot che, grazie all'esperienza, assumono un carattere sempre più umanoide. I Tachikoma, tra l'altro, sono i personaggi di piccole scenette che vengono poste alla fine di ogni episodio. Scenette non necessarie, a mio avviso, e che a me non sono piaciute affatto.
Traendo le somme: GITS SAC è una serie che si mostra una buona opera di Kenji Kamiyama e una buona sua prova per raggiungere la grandezza del suo maestro Oshii. Tra l'altro una scena di un episodio di cui non ricordo il numero è una chiara riproposizione della scena finale dello scontro finale del primo film, quindi una vera dedica dell'allievo al maestro.


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__Nergal__

Episodi visti: 26/26 --- Voto 8
Era da tempo che sentivo parlare e leggevo di questo anime che riprendeva uno stile che personalmente adoro, il cyberpunk.
L'anime è caratterizzato da puntate stand alone e altre che invece vanno a formare la trama vera e propria, quindi diciamo che per me sarebbe forse meglio cercarsi le puntate che riguardano la trama e guardarsele di fila per capirla bene per poi guardare le puntate stand alone.
La trama racconta le vicende della Sezione 9, un gruppo di agenti, molti dei quali con corpo cibernetico, comandati dal maggiore Kusanagi. I membri della squadra dovranno occuparsi di arrestare un pericoloso hacker detto "uomo che ride".

Disegni, musiche e CG sono di ottimo livello, veramente belli i tachikoma i quali sopratutto danno al tutto un tono più simpatico, rendendo delle fredde macchine quasi, o del tutto, "umane". E' importante sottolineare come in questo mondo fantascientifico possiamo trovare umani al 100% (di solito barboni), umani con solamente un cervello cibernetico (la quasi totalità) e poi gente che ha addirittura il corpo cibernetico.
La gente con cervello cibernetico comunica con una sorta di "wi-fi" trasmettendo direttamente nel cervello altrui.
Voi direte : "Beh speriamo che il futuro sia davvero così" però bisogna anche dire che questo mondo è ancora più corrotto e malvagio del nostro e, vista la situazione attuale, sembra quanto mai attuale.

I 26 espisodi scorrono velocemente, tanto che personalmente non vedevo l'ora di iniziare la seconda serie perché volevo vedere ancora all'opera i ragazzi della Sezione 9. Tra tutti loro mi sono piaciuti molto Batou, grande energumeno che fa il duro ma nonostante tutto ha un grande cuore, e Togusa, l'unico del gruppo senza parti cibernetiche - a parte il cervello - e per questo forse quello in cui è più facile immedesimarsi in quanto è un normale poliziotto e non un "super soldato". Beh, ovviamente non ho messo il Maggiore perché direi che sia ovvia che mi sia piaciuto: bella donna, gran carattere e spirito combattivo, che dire se non wow!
Una menzione speciale la voglio dare alle gag dei tachikoma a fine episodio, mi dispiace purtroppo di avere perso le prime dato che a fine puntata smettevo di guardare; poi un giorno ho detto: "Già che mi guardo la sigla..." e così alla fine ho notato gli sketch, alcuni veramente belli altri che lasciano con una faccia come a dire: "Ah, questo dovrebbe fare ridere?!".

In conclusione Ghost in the Shell è un ottimo anime sotto tutti i punti di vista, sopratutto su quello tecnico che porta finalmente una computer grafica degna di essere vista e che non rovini l'esperienza finale.
Consigliato a tutti, beh, se proprio non amate il genere dategli una possibilità vedendo i primi episodi e finirete con il finirla in pochi giorni.


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bob71

Episodi visti: 26/26 --- Voto 6
Nata sull'onda lunga del successo del film Ghost in the Shell del '95, questa serie TV, suddivisa in 26 capitoli, è stata trasmessa in Giappone per la prima volta nel 2002 ed è ambientata nell'universo creato da Shirow Masamune, ma è indipendente rispetto sia al film di Oshii sia allo stesso manga e ci propone nuove avventure per la Sezione 9 dei servizi segreti antiterrorismo giapponesi.

I capitoli si suddividono in Stand Alone, racconti autoconclusivi che presentano trame a sé stanti, e Complex, episodi che narrano una storia a puntate su cui si focalizza la serie.
Gli Stand Alone hanno un andamento altalenante: alcuni sono originali e ben sceneggiati, altri più scontati e prevedibili fanno leva quasi esclusivamente sulle scene d'azione; in tutti si fa notare fin troppo la natura “prosaica” propria di questo mezzo espressivo che è la “serie” e con lo scorrere delle puntate cresce la sensazione di déjà vu.
Di tutt'altro respiro gli episodi Complex, dotati di una ricca e articolata trama che s'incentra sul caso dell' "Uomo che ride". Impreziosita da citazioni letterarie e da un ben congegnato intreccio, la storia è avvincente e ci regala momenti pieni di suspense e colpi di scena, in scenari da spy-story e fantapolitica. Il ritmo della narrazione però è spezzato per la scostante programmazione degli episodi, si fatica a tenere dietro agli intricati risvolti della trama nell'arco delle ben 26 puntate e il racconto si trascina in modo leggermente estenuante fino all'epilogo, che ci regala i momenti più alti.
Per divagare, sovente gli sceneggiatori si soffermano banalmente su scenette di ordinaria routine, sulla descrizione prosaica delle abitudini personali dei protagonisti, oppure si appoggiano a “omaggi” espliciti (idee già espresse nel lungometraggio e prese in prestito) e addirittura ai temi musicali di Kenji Kawaii - in un caso -, ma in questo contesto stonano un poco e denotano scarsa originalità. La regia non sempre riesce a gestire al meglio l'architettura delle varie trame e le sceneggiature seguono schemi che in molti casi appaiono sbilanciati o nel senso della staticità dei lunghi e intricati dialoghi o in quello delle sequenze di azione adrenalinica pura.

Per quanto riguarda i personaggi si assiste a un sostanziale ridimensionamento caratteriale dei protagonisti. Quella che subisce più danni è la personalità di Batou, imprigionato nel cliché del gorilla tutto muscoli e poco cervello che ne fa un “duro” impulsivo e incline alla violenza e agli atti di forza. Mentre il design del maggiore patisce un ambiguo restyling regredendo allo stadio di prorompente “bambolona” sexy vicina allo stile manga di Shirow. A complicare le cose le viene affibbiata un'aria di superiorità e supponenza che, unita alle fredde battutine sarcastiche, la rendono al limite anche un po' antipatica - lontana anni luce dall'introverso e ascetico personaggio del film. Il personaggio meglio riuscito è senz'altro Togusa, nonostante il suo taglio di capelli improponibile, risulta una figura credibile e ben tratteggiata sul piano psicologico come su quello della statura morale, inoltre riveste un ruolo chiave nella vicenda. Infine fanno la loro comparsa i Tachikoma, aracnoidi dotati di un'impertinente IA, che sostengono un ruolo attivo nelle operazioni e imperversano con le loro elucubrazioni cervellotiche alla fine di ogni puntata, in un ambito di scanzonata e leggera ilarità. Peccato per il loro stridulo tono di voce (nel doppiaggio a metà strada tra Fichetto e Topolino) che abbassa drasticamente il livello di atmosfera.

Un'altra nota stonata è costituita dall'infelice scelta di alcune inquadrature che mettono in evidenza la natura prosaica e settoriale della serie: spesso e volentieri le telecamere indugiano colpevolmente sulle prosperose grazie del maggiore “maggiorata” dando un tono gratuitamente pruriginoso e maschilista ad alcune scene particolarmente irritanti e decisamente poco eleganti. Complice anche un designer dei costumi che ci propina dei “modellini” succinti dal gusto quantomeno discutibile e che non lasciano molto spazio all'immaginazione, con l'unico beneficio di alzare il livello di testosterone dello spettatore medio e di strizzare l'occhio a quella fetta di pubblico composta da maschietti in piena tempesta ormonale.

I mestieranti del settore tecnico della Production I.G eseguono il loro lavoro in maniera impeccabile sotto tutti i punti di vista: disegni e scenografie curate nei minimi dettagli - da notare i magnifici paesaggi virtuali nel cyberspazio -, animazioni e CG a livelli di eccellenza, effetti speciali visivi spettacolari ed effetti sonori realistici. Il risultato finale è egregio grazie anche al budget da record messo a disposizione dai produttori, riunitisi in comitato per l'occasione.
Le musiche della compositrice-pianista Yoko Kanno, che ci ha fatto godere in Cowboy Bebop, non deludono le aspettative, sono dosate sapientemente mantenendosi sullo sfondo, con funzione di supporto ai dialoghi, per venire fuori prepotentemente nelle scene centrali più suggestive e cariche di pathos, alternando arrangiamenti orchestrali, musica elettronica a tema e un'evocativa sezione ritmica a base di percussioni ipnotiche e tribali. Non mi ha fatto impazzire la sofisticata e melodica sigla di apertura, che mostra le corde anche a causa di una grafica CG integrale un po' demodé. La sigla finale sancisce l'indole “machista” del titolo grazie all'uso di un'aggressiva chitarra hard rock e all'ennesima inequivocabile posa da pin-up del maggiore.

Conclusione: scordatevi le atmosfere di Oshii. Se lì si può parlare di poesia, qui siamo di fronte alla prosa più descrittiva e didascalica. Capisco che il confronto è insostenibile, ma sarebbero bastati dei piccoli accorgimenti per elevare il livello qualitativo complessivo dell'opera. La struttura seriale mostra tutti i suoi limiti e viene a galla la sua natura di prodotto commerciale di largo consumo che fa appello a politiche di marketing ben precise più che al talento e alla creatività dei suoi autori. Il punto di forza è rappresentato dall'intrigante trama principale, ma questa soffre della eccessiva durata alla lunga delle 26 puntate, e i momenti topici finiscono per perdere forza nel mare di contenuti profusi. Insomma, Ghost in the Shell SAC è un prodotto tecnicamente molto ben confezionato ma un po' superficiale e privo di un certo spessore. Potrà piacere ai fan dell'azione poliziesca, agli amanti degli intrighi politici e agli irriducibili di questo “brand”. Ma una nicchia di pubblico più esigente storcerà inevitabilmente il proverbiale naso.


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giorgio13

Episodi visti: 26/26 --- Voto 8
La Sezione 9 è un’unità anticrimine e antiterrorismo che opera nella Commissione Nazionale della Pubblica Sicurezza Giapponese; i suoi membri possono agire con o senza l’autorizzazione del governo, perché a parte le altissime sfere nessuno sa della loro esistenza; di norma si occupano soprattutto di crimini legati a internet, come l’hackeraggio e terrorismo informatico.
La Sezione 9 è composta da soli otto membri, ma sono i migliori nel loro campo: l’anziano ed espertissimo Aramaki, capo severo ma che tiene moltissimo ai suoi uomini, tanto da rischiare più volte la sua alta carica pur di salvare il resto della squadra; il maggiore Motoko Kusanagi, che oltre ad avere un fascino incredibile è un’abilissima combattente e hacker; Bato, un ex ranger; Ishikawa, specializzato nel raccogliere informazioni; Saito, un cecchino di prim’ordine; e infine Togusa, Paz e Boma.
Una caratteristica interessante è che quasi tutti i componenti sono dei cyborg completi, o comunque possiedono molte parti del corpo meccaniche; gli unici due che sono quasi del tutto “carne e ossa” sono il capo e Togusa. Quest’ultimo è uno dei personaggi più interessanti, perché ha una famiglia e dei forti valori morali, che spesso gli impediscono di agire impulsivamente, contrariamente a tutti gli altri membri, che non hanno quasi nulla da perdere perché anche se vengono feriti possono sostituire facilmente la parte danneggiata.

Ad affiancare gli agenti ci sono i Tachikoma, nove robot blu a forma di ragno dotati di Intelligenza Artificiale; sanno parlare ed esibiscono una personalità bambinesca, curiosa, gioiosa e sincera. Sono tra i personaggi più simpatici di tutta la serie, e hanno delle vocette squillantissime; però quando si mettono a combattere non c’è scampo per nessuno visto che sono velocissimi e armati fino ai denti. Hanno personalità diverse, ma sono molto uniti come gruppo, per questo condividono tutte le informazioni a loro disposizione. Un intero episodio è dedicato alle loro inizialmente strampalate discussioni, che poi si riveleranno invece estremamente profonde, perché verteranno su che cosa significa essere vivi, e se loro, in quanto robot, possano considerarsi tali.
Li reputo la cosa meglio riuscita di tutta la serie; penso proprio che GITS SAC perderebbe gran parte del suo fascino se non ci fossero loro; da segnalare i “Giorni da Tachikoma”, brevissimi e divertentissimi corti che seguono i titoli di coda, incentrati appunto sui suddetti robot.

La Sezione 9 dovrà risolvere molti casi differenti, ad esempio fermare robot impazziti, catturare terroristi internazionali, sventare traffici di organi, arrestare serial killer, proteggere personalità importanti…
Su uno in particolare verrà posta molta attenzione: quello su The Laughing Man, che occuperà ben 12 episodi; non saranno tutti consecutivi, ma saranno intervallati da puntate che trattano altri casi, così da permettere allo spettatore di assimilare e “digerire” bene quanto mostrato in precedenza.
Perché le tematiche saranno piuttosto complesse: si parte dalla morte di un agente che indagava su attività sospette degli alti ranghi della polizia, per arrivare a strani intrighi all’interno del Ministero della Salute e tanto altro. Ciò è molto bello ma altrettanto intricato in certi punti. Quando poi si entrava molto nel dettaglio con discorsi sulla rete e sull’informatica non ci capivo quasi niente, ma questo è un mio limite.
Nel complesso ho preferito i casi da un episodio ciascuno, un po’ perché meno complicati, un po’ perché sono affidati quasi sempre a un solo agente, così da analizzarne piuttosto in profondità il modo di pensare e di agire, e anche un pochino il passato. Purtroppo però di alcuni membri della Sezione 9 si sa veramente poco o nulla, l’attenzione è rivolta soprattutto su Motoko, Bato e Togusa.

Un pregio particolare va alla colonna sonora, su tutte la bellissima opening, Inner Universe, cantata in inglese, russo e latino.

Chi ama le serie poliziesche e le ambientazioni futuristiche troverà davvero un ottimo prodotto; ma GITS SAC non è solo questo, perché analizza nel profondo il confine (sempre meno evidente) fra l’uomo e le macchine da lui create.


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Actarus

Episodi visti: 26/26 --- Voto 9
Ghost in the Shell - Stand Alone Complex è un anime fantascientifico alla Blade Ranner dove si vede un ipotetico futuro dominato da androidi dotati di un'intelligenza artificiale quasi superiore a quella degli umani. Il tema di fondo di questa serie è se questi androidi quasi indistinguibili dagli umani abbiano anche un'anima, ovvero se siano "senzienti". La Sezione 9, un'agenzia investigativa della polizia, ha il compito di risolvere alcuni casi complessi di crimini informatici, che verranno risolti con la forza bruta o con l'aiuto degli hacker, cioè gli esperti informatici, avendo a disposizione, la sezione, le migliori tecnologie.

Rispetto a tante altre serie ho notato una cura notevole nelle puntate, quasi tutte autoconclusive - tutte legate però da un filo conduttore -, originali a tal punto da tenere incollato lo spettatore. Ed è una rarità perché fino a ora le serie che ho visto con puntate autoconclusive lasciavano parecchio a desiderare. Ho notato però che nella parte centrale della serie un calo di ritmo. Mi sarei forse aspettato qualcosa di più nelle puntate finali, ma ci può stare, visto che è l'unico anime tra quelli visionati che ha una trama "hollywoodiana".

Il doppiaggio in italiano è eccellente, realizzato con una cura notevole, esempio ne sono le voci telepatiche dei protagonisti. Il chara design e le animazioni secondo me sono nella norma, però vedo troppa interferenza della CG. Un esempio lampante sono i giganteschi droidi robot delle puntate finali, per me animati male. Bella ho trovato la voce dell'ending cantata in stile rock. Spassose poi sono le gag dei Tachikoma, i robot armati della Sezione 9.
Infine l'unico fanservice che ho notato nella serie è l'abito del Maggiore, che è la protagonista della serie ed è vestita quasi sempre con un giubbotto di pelle e un costume, abbigliamento poco consono a un agente investigativo. (A mio avviso è comunque vestita meglio rispetto al film uscito nel 1995, dove era quasi sempre praticamente senza veli).


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Shoji

Episodi visti: 26/26 --- Voto 7
Devo precisare che sono molto combattuto sul voto da attribuire a quest'opera: capolavoro o tragedia? Beh andiamo per punti.

Quest'anime ambientato in un fantascientifico 2030 tratta della Sezione 9 pubblica sicurezza, una specie di servizi segreti giapponesi contro il terrorismo internazionale. Fin qui non c'è nulla di strano, l'anime è un classico poliziesco, potenziato dalla presenza di macchine superintelligenti e robot amichevoli.
A parte gli episodi senza connessione, gli altri hanno come trama lo scioglimento del mistero che avvolge il fantasma del "Laughing man", "l'Uomo che ride" colpevole di un tentativo di rapimento e di estorsioni a molte aziende. "L'Uomo che ride" si vanta di un logo diventato di dominio pubblico e utilizzato dalla società nei più svariati modi.
Parte della storia è incentrata proprio sul dubbio se "l'Uomo che ride" esista o meno, se sia una sola persona o un gruppo di persone, se aspiri alla fama o all'arricchimento.

Tralasciando la risoluzione di questo caso complesso e buttato spesso qua e là tra gli episodi con indizi impercettibili, la vera fonte di successo di quest'anime è basata sulla definizione del confine umano/automa.
Nel mondo di GITS esistono gli umani 100% "biodegradabili" (quelli con il corpo originario), gli umani con il cervello cibernetico, gli umani convertiti parzialmente o integralmente in cyborg e infine i robot.
Come suggerisce il titolo quello che dovrebbe differenziare gli umani dalle macchine sarebbe l'anima, ma quando la fusione tra i due non è cosi netta che fine fa quest'anima? E i ricordi?

Così pensando si potrebbe dire che man mano che aumenti il carattere metallico di quell'individuo diminuisca la possibilità che vi sia ancora un ghost (anima). Tanto vale allora credere al contrario, ovvero man mano che cresca il carattere umano nel robot, aumenti anche la possibilità che si installi una specie di coscienza individuale. Questo è quello che accade ai tachikoma, dei carriarmati molto curiosi e chiacchieroni, se non impiccioni.
Avere un'anima quale privilegi può dare? Felicità, dolore, senso di responsabilità, curiosità, senso del sacrificio e morte.
I tachikoma impareranno pian piano a comprendere questi concetti. Orribile il paragone ai software: l'anima sarebbe un software che incrementerebbe le potenzialità della macchina.
Sembrerebbe invece che l'affascinante maggiore nel suo corpo cybernetico molto femminile - anche se oggettivamente spesso s'instauri il dubbio che lei non sia stata sempre donna - si voglia liberare velocemente di tutte quelle caratteristiche che determinano l'umanità di un individuo.

E' alquanto triste la freddezza dimostrata dai protagonisti, se non ci fossero i tachikoma a ricordarci che sono loro i veri automi, potremmo dire che la Sezione 9 sia composta da macchine. Potenti, impassibili, gelide davanti alla morte, in particolare Motoko, indifferente davanti alle dimostrazioni d'affetto dei tachikoma.
Ogni tanto Batou e Togusa si lasciano andare in comportamenti tipici umani: la rabbia e il rimpianto.

L'altra parte del titolo è Stand Alone Complex. Le memorie sono cosi facilmente malleabili, indifese, condivisibili che non c'è garanzia alcuna che tutto quello che ci ricordiamo sia nostro, intimo. I ricordi fanno di noi una persona che ha davvero vissuto, ma nel momento in cui essi vengono toccati allora tutte le nostre certezze vengono meno e anche la consapevolezza di essere vivi viene meno.
Inoltre tutti facciamo parte di una grande memoria collettiva, che orienta le scelte della società, quindi noi ci muoviamo come singoli individui ma in un unico complesso troppo spesso corrotto.

Molto belle le animazioni e le colonne sonore.
Dovevo premettere che non mi piacciono i polizieschi e i robot, la presenza di entrambi gli elementi mi lascia titubante. I temi trattati sono interessanti, ma come sono trattati lascia un po' a desiderare. La storia del "Laughing man" su cui si articola la trama - anche fin troppo - ha una motivazione un po' campata per aria solo per dimostrare la corruzione del sistema, ma chi vuoi che non sappia che tutto è corrotto e ci si muove per le sole scelte economiche. Tutto sommato Ghost in the Shell - Stand Alone Complex è un buon lavoro.

lili

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lili

Episodi visti: 26/26 --- Voto 7
Rispetto al primo film, in Ghost in the Shell - S.A.C. vi è certamente una perdita di spessore, a partire dai disegni, che sono più interessanti e incisivi nel film rispetto a questa serie.
Concordo con chi afferma che nel film l'atmosfera onirica era molto più caratterizzante, e i disegni di alcuni personaggi, come il maggiore, erano molto più espressivi e migliori. Non è vero che trattandosi di una serie il rischio non poteva essere evitato, se pensiamo ad altri anime dove persiste una componente misteriosa e onirica, pur intrecciandosi con complesse storie e avventure.
Credo che alla fine la trasposizione in serie del tutto sia stato sicuramente un progetto curato sotto molti aspetti, ma molto commercializzato.
Infine non sono nemmeno molto convinta che le animazioni siano impeccabili, perché in certi punti i personaggi si muovono in maniera molto innaturale e meccanica, ma magari sono io che ho visto male.


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M3talD3v!lG3ar

Episodi visti: 26/26 --- Voto 8
Ambientata in un universo alternativo rispetto al manga/film "semi-omonimo" di Masamune Shirow/Mamoru Oshii, "Ghost in the Shell - Stand Alone Complex" è la prima serie televisiva dedicata alle vicende della Sezione 9, formata dai personaggi già incontrati precedentemente e non solo.
Il character design è affidato a Makoto Shimomura, che si rivela all'altezza di Hiroyuki Okiura (chara designer dei lungometraggi); la regia e la sceneggiatura sono opera di Kenji Kamiyama (allievo di Oshii), le musiche sono composte da Yoko Kanno (specialista nel genere sci-fi), mentre la Production I.G si occupa appunto della produzione.

Il successo è sotto vari aspetti logico.
Gli appassionati della saga che ha riformato le basi del genere cyberpunk, gli estimatori di Mamoru Oshii, e senza dubbio gli innumerevoli ammiratori di Motoko Kusanagi, ormai sorta di affermata figura-simbolo del genere, non possono perdere di vista quest'importante opera del 2002.
Le prime parole elogiative vanno spese in proposito a una realizzazione che, in tutto e per tutto, merita l'appellativo di "futuristica", come il campo stesso in cui è coinvolta.
Un passo avanti rispetto ad altri lavori, anche successivi, vi è soprattutto l'eccellente impiego della computer grafica, dimostrazione, più unica che rara, di perfetta coesione tra la stessa grafica digitale e i disegni tradizionali.
Le animazioni sono ovviamente l'esponente migliore di un prodotto tecnicamente eccezionale. Un peccato non aver raggiunto medesimi livelli con l'opening, animata completamente in 3D, che, per quanto "cyberpunk" possa sembrare, a mio parere stona un po' con il resto, facendo passare la protagonista per l'eroina di un videogioco (cosa che avverrà poco dopo), ma in ogni caso appare musicalmente molto bella.

Purtroppo le massime lodi si limitano a quella che è la qualità della realizzazione, mentre contenutisticamente bisogna decelerare con i complimenti.
E' palese lo scarto che separa i capolavori del cinema di Oshii da questa serie TV, ma è altrettanto chiaro che si tratti di una premessa più che certa, già in partenza. Il peso della filosofia racchiusa nel primo, vero "Ghost in The Shell" del 1995 è troppo arduo da caricare in spalla, e, come risultato, va a finire che l'essenza onirica di quest'ultimo svanisca, tramutando il tutto in una sorta di poliziesco improntato più sull'azione e sugli sviluppi di missioni dei vari episodi autoconclusivi che sulla trama vera e propria, a cui non mancano colpi di scena, specialmente nel finale.
"Stand Alone Complex" è in conclusione un'ottima serie, che non deluderà mai completamente i fan della mitica sezione 9.


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Limbes

Episodi visti: 26/26 --- Voto 8
Ghost in the Shell-Stand Alone Complex è una serie anime nata nel 2002 dalla collaborazione tra Bandai e Production I.G (già prodruttrice del primo, assoluto film del 1995), ispirata liberamente al manga di Masamune Shirow (Kōkaku Kidōtai, 1991) da cui desume personaggi e alcune ambientazioni ma di cui – tranne alcune citazioni e fotogrammi – non segue parti della storia come invece fatto dal primo e dal (in modo più aleatorio) secondo lungometraggio di Mamoru Oshii. Figlio del manga cyberpunk accuratamente e dettagliatamente scientifico ma tutto sommato non privo di ilarità e leggerezza, e ancor di più successore dell’opera di animazione cyberpunk-filosofica complessissima e altamente simbolica che ha segnato il punto chiave della fantascienza moderna, la serie TV sembra situarsi a metà strada fra queste due sensibilità artistiche, complice il fatto che il regista Kenji Kamiyama sia stato direttore dell’animazione e collaboratore di Oshii in molti dei lungometraggi di quest’ultimo.

L’ambientazione in un futuro non lontanissimo temporalmente (2030) ma avanzatissimo tecnologicamente spiazza chiunque non abbia conoscenza delle opere di cui sopra, lasciando impattare lo spettatore con corpi interamente artificiali, cervelli cibernetici interconnessi fra loro, dispositivi di memoria esterna connettibili all’hardware umano, reti neurali, nanomacchine, cyberspazio avanzato e ogni altro genere di componenti elettronici e biomeccanici che sono il sogno morboso di qualsiasi amante del cyberpunk. In tutto questo la Sezione 9 Pubblica Sicurezza si occupa di crimini e terrorismo informatici, o almeno dovrebbe, poiché le indagini che partono da queste premesse sono come sempre trasversalmente collegate a malaffari tentacolari che toccano più settori. Il babbuino… ehm, Aramaki è il capo in ufficio della squadra mentre la responsabilità totale sul campo è affidata al Maggiore Motoko Kusanagi – donna-cyborg completa che rappresenta l’anima (il Ghost) del progetto – che è il personaggio centrale della serie, affiancata dagli altri due agenti di cui viene approfondito il lato più personale, Batou e Togusa, e coadiuvata dagli altri quattro membri della squadra. Menzione a parte meritano i Tachikoma, i nove carrarmati senzienti sviluppati dai laboratori della stessa Sezione e che assumeranno il ruolo di veri protagonisti morali di tutta la serie. Serie che si dipana in una modalità già sperimentata da un illustrissimo predecessore cowboy-spaziale, con una trama principale sviluppata a intermittenza fra vari episodi che hanno poco del filler e molto del focus su tematiche e riflessioni impegnate e mai banali, che ruotano sull’artificializzazione della vita e sulle contraddizioni sociali mai sanate (specchio intelligente del nostro presente e di dove potremmo andare a parare), e incentrata sul caso nazionale e cervellotico dell’ “Uomo che ride” (citazione del racconto incluso nella raccolta “Nove Racconti” di Salinger, mentre l'anime presenta infinite frasi e situazioni prese dal “Giovane Holden”), che potrebbe essere un hacker sensazionale o una bufala gigantesca, e che porterà a quel fenomeno di Stand Alone Complex fondante l’anime.

Tecnicamente eccelso, Ghost in the Shell vanta il più alto budget per una serie TV – superato credo solo dalla seconda serie e dallo special Solid State Society – , il che spiega i disegni e le animazioni di un livello superiore, oltre a una CG per la prima volta usata in modo massiccio per il mecha e i fondali e ottimamente integrata con il resto. Le luci e gli scenari sono stupendi, e in particolare la fotografia delle notturne rivela uno studio accurato e rende gli effetti di neon, LED e illuminazioni hi-tech qualcosa di incredibilmente vivo e futuristicamente evocativo. Ottimi anche i colori e il character design, che si differenzia moltissimo da quelli di manga e film, risultando in molte cose all’altezza del primo (tranne che nell’accuratezza del particolare cibernetico) ma non alle vette del magnetismo del secondo. Musiche superlative di una Yoko Kanno in stato divino che azzecca i ritmi e pure le melodie, grazie a virtuosismi vocali ed elettronici miscelati con la sua grazia e facilità armonica unica, che ci regalano una opening (“Inner Universe”) come poche se ne sono sentite.
La regia di Kamiyama è decisamente statica, parlata, molto improntata sulle macchinazioni socio-politiche e sul poliziesco a incastro, fatto non solo di tasselli da mettere insieme ma soprattutto di più livelli e sviamenti che accrescono decisamente la complessità di comprensione di una trama che proprio facile non è. E qui sta proprio il grande difetto di Ghost in the Shell: il caso “Uomo che ride”, e di conseguenza il concetto di Stand Alone Complex, è trattato troppo a singhiozzo, dedicando solo dieci episodi a un soggetto che avrebbe meritato più della metà delle puntate complessive per essere sviluppato chiaramente e per aggiungere anche qualche riflessione in più a rafforzare prepotentemente la sua importanza. Invece la parte centrale della serie approfondisce alcuni lati collaterali della società, neanche tanto velatamente trasposizione dell’odierno mercato capitalistico, e di conseguenza fa perdere il filo con il plot base e viene a mancare l’arsi necessaria al finale, sì molto teso, ma che sembra introdotto senza consequenzialità con la prima parte molto ben gestita. Difatti la freddezza e la serietà con cui viene trattata la sceneggiatura sono perfettamente bilanciate dalla genialata delle IA che apprendono ed evolvono (fortemente sottolineato da situazioni e anche da affermazioni di Motoko) come bambini, emozionando e raggiungendo attimi struggenti in uno degli episodi più belli e significativi – il 25. Ma lo stacco eccessivo fra inizio e fine e il trattamento del processo Stand Alone Complex – di per sé interessantissimo – poco chiaro incrinano la struttura dell’opera che per il resto, come profondità, contenuti, riflessioni e realizzazione, è di altissimo livello. Imparagonabile all’originale cinematografico Ghost in the Shell (lo spessore registico, la filosofia e la visionarietà sono ben altre), e anche a Innocence, tuttavia resta una serie ottima, un lavoro notevole e una solidissima base per il 2nd GIG.


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oberon

Episodi visti: 26/26 --- Voto 10
Ammetto che inizialmente non mi aspettavo granché da questa serie, infatti avevo paura che si trattasse di una mera operazione di sfruttamento commerciale interessante un titolo di culto. Allo stesso tempo il fatto che si trattasse di una produzione ad alto profilo economico, mi faceva indubbiamente ben sperare.
Ma ora posso candidamente ammettere che, al termine della visione dell'ultimo episodio, mi è venuto spontaneo alzarmi dalla poltrona per andare a schioccare un grosso bacio al televisore: quest'anime mi è piaciuto un saccaccio!

Il confronto con lo storico film è inevitabile, e posso dire che sostanzialmente non ne snatura l'essenza, ed in molti punti lo migliora addirittura.
Ho innanzitutto gradito molto il restyling dei personaggi che, pur restando grosso modo fedele all'originale, apporta svariati miglioramenti. Il Maggiore Motoko Kusanagi è diventato molto più "appetibile" ma allo stesso tempo, a mio avviso, ha perso qualcosina della sua identità storica: è vero che ora presenta molte graditissime sfumatore caratteriali che nel film non venivano (a ragione) enfatizzate più di tanto (il sarcasmo e l'ironia sopra tutti), ma allo stesso tempo ciò la rende più umana e meno "bambola" e ciò forse non è propriamente un bene... ma proprio questo fattore mi ha fatto affezionare in maniera inverosimile a questo personaggio, cosa che prima non era successa.
Tutti gli altri protagonisti risultano generalmente molto umani, credibili ed espressivi. Togusa ad esempio è uno di quelli che mi è piaciuto di più: determinato, malinconico, ingenuo, calcolatore, caparbio ed idealista... in parole povere credibilissimo. Stesso dicasi per il caro Batou che sa dimostrarsi come al solito cocciuto, iracondo, sarcastico e più propenso all'azione rispetto alla media, ma sempre estremamente professionale.

Il comparto grafico è eccellente (eccettuati magari rarissimi e trascurabili cali) e si fa un ottimo utilizzo delle animazioni in cel-shading, per i mezzi soprattutto, che ben si fondono col resto dei disegni. Anche la tavolozza è molto vivace, contrariamente a quella più naturale del film. Gli amanti della pura azione, inoltre, avranno di che gioire, visto che di scene frenetiche ce ne sono di davvero ben fatte e coinvolgenti, anche se non sono tantissime, e comunque magnificamente e dettagliatamente animate... alcune le ho riviste avidamente più volte (soprattutto negli ultimi episodi), tanto mi son piaciute... non dimenticherò mai la testa del maggiore pressata tra l'asfalto e la "zampa" dell'esoscheletro della marina!

Riguardo l'audio, le musiche sono incantevoli, specialmente il tema musicale dell'opening, molto evocativo ed emozionante... mi son sorpreso a canticchiarlo più di una volta.
Il doppiaggio poi è miracoloso; fedele all'originale (stessi doppiatori) e in alcuni frangenti ci son stati anche ampi margini di miglioramento, soprattutto la doppiatrice del maggiore che mi è piaciuta tantissimo: femminile ed intrigante, la voce da sola contribuisce significativamente alla magnifica resa caratteriale del personaggio.

La trama è in perfetto stile poliziesco/investigativo, e la componente tecnologica piacevolmente futuristica fornisce delle interessanti ed inedite innovazioni in questo ambito. In molti frangenti bisogna prestare molta attenzione, visto che i dialoghi son lunghi ed abbastanza articolati.
Un aspetto che mi ha piacevolmente meravigliato è costituito dai Tachikoma, simpaticissimi ma letali ed efficienti macchine da combattimento, legatissime al "signor Batou", che in più occasioni manifestano delle connotazioni caratteriali profondissime: son rimasto letteralmente a bocca aperta durante la visione di un episodio interamente dedicato a loro, quando li si vede discutere e filosofeggiare ingenuamente (ma neanche tanto) riguardo la loro natura, il loro ruolo nella squadra e la morte in genere. Molto commuovete poi una scena finale che li vede protagonisti.

Non manca anche un po' di fanservice, legato essenzialmente all'abbigliamento ed ad alcune inquadrature maliziose riguardanti il maggiore. L'unica cosa che mi son spesso chiesto è come mai nessuno si meravigliasse di vedere una bella figliola come il maggiore andare in giro con abiti così succinti... e sopratutto come facesse lei a sentirsi a suo agio in tali vesti. In alcuni casi quasi ero confortato nel vederle indossare i pantaloni o la "muta" da battaglia!

Ho gradito tantissimo le frequenti citazioni al capostipite della saga, molte scene infatti riprendono in maniera più o meno esplicita alcuni celeberrimi passaggi del film... geniali! Concludendo questa è una serie ottima, certo non è perfetta visto che qualcosina qua e la poteva esser migliorata, ma raramente ho visto di meglio, in definitiva si tratta di un prodotto da visionare assolutamente: fatevi questo gran favore.

Voto 10
by Oberon


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ALUCARD80

Episodi visti: 26/26 --- Voto 4
Ero impressionato di quante chiacchiere circondassero il mondo di Ghost in the shell, e mi sono avvicinato all'anime speranzoso di trovarmi di fronte a quel capolavoro che tanti amici mi avevano detto e una moltitudine di utenti sulla rete aveva raccomandato. Devo però ammettere che sono rimasto abbastanza deluso da Stand Alone Complex.
Sia chiaro, tecnicamente è ineccepibile, semplicemente perfetto, dotato di un realismo che pochi altri anime hanno saputo sfoggiare. I personaggi paiono vivi, a volte sembra di essere di fronte ad un film più che un anime, e sia i soggetti (protagonisti e anche comparse) sia gli scenari, le macchine (soprattutto la meccanica!) paiono uscire dallo schermo, vivi, tridimensionali, forti di una CG al tempo strabiliante, e che ancora oggi è di tutto rispetto.
Se si parlasse solamente dell'aspetto tecnico, della precisione e dell'animazione dei disegni allora quest'anime si meriterebbe 10, 11, o ciò che vi pare, ma così come sono rimasto strabiliato dall'art concept, così mi aspettavo una storia di un certo livello, e sono stato deluso a mio parere, completamente. I protagonisti, queste belle statuine realizzate ad arte, si muovono ogni episodio come burattini che hanno imparato il loro compitino alla perfezione, raramente esprimendo sentimenti ed emozioni, e se anche si tratta di cyborg o persone perennemente a contatto con macchine cibernetiche, non può certo essere una scusante. Ghost in the shell poteva essere uno dei tanti figli di capolavori che hanno rivoluzionato il mondo della fantascienza come Blade runner, invece da quell'antesignano non ha ereditato alcuna parte emotiva, i personaggi troppo limitati a compiere il loro dovere, a vivere i loro intrighi. La trama pare sempre stia per decollare ma non prende mai il volo, troppo lenta, sbiadita, fredda come il metallo di tutte le macchine che la fanno da padrona. Gli autori, invece di ampliare gli orizzonti della tecnologia fantastica all'inverosimile, avrebbero dovuto dare spessore, calore, sentimento ad una storia che pare originale solo per la grafica, ma che ha davvero ben poco da offrire sul piano della suspance.
Forse il ritmo sale leggermente quando si giunge al caso principale, "L'uomo che ride", ma non è certo abbastanza per alzare la media di una serie di episodi fini a loro stessi, incapaci di lasciare tracce nel cuore dello spettatore. Forse in alcuni si, ma non nel mio.
Un bellissimo contenitore di metallo luccicante e moderno, completamente vuoto.


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SuperFra

Episodi visti: 26/26 --- Voto 9
Ghost in the shell è un anime ambientato in un futuro nemmeno tanto lontano da noi.
Esso enumera nello svolgersi delle 26 puntate un argomento quanto mai d'attualità che diventa sempre più pericolosamente vicino alla nostra quotidianità: l'alienazione uomo-macchina. Senza dilungarmi troppo sull'argomento trattato e ritrattato anche in passato voglio evidenziare anche la trama che ha il grande pregio di riuscire a mescolare ambientazioni in stile poliziesco-futuristico con argomentazioni a dir poco scottanti.
Fondamentalmente l'anime ha insita in se una sorta di denuncia, cerca di avvertire il pericolo che la meccanizzazione sempre più forte nella vita umana tenderà a non far più distinzione fra macchina ed uomo fin quando non sarà proprio la creatura(la macchina) a dominare il creatore(l'uomo).
Tornando all'enucleazione delle caratteristiche tecniche di GITS, si può notare un ottima realizzazione tecnica delle immagini a volte accompagnate con spruzzi di computer grafica. L'audio non è sempre all'altezza se non nelle sigle molto caratteristiche e particolare(anche in esse ci sarebbero significati e tematiche da approfondire).
Il coinvolgimento a volte può venir meno ma le molteplici situazioni stealth e azioni ad alto coefficiente adrenalinico tendono a far infervorare lo spettatore che se avrà la "pazienza" di sorvolare alcuni momenti di stasi della trama sarà ampiamente ricompensato da una delle migliori serie anime mai create.


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Gackt

Episodi visti: 26/26 --- Voto 5
Se proprio devo dire la verità, non ho trovato il film di Ghost in the Shell un capolavoro. C'è qualche spunto originale, ma niente di più, in ogni caso apprezzabile. Questa serie però non mi ha detto proprio nulla. Bello il chara design, buona la qualità delle immagini, ma la trama procede troppo lentamente, senza nessun pathos, nessuna scena avvincente. Se alla maggior parte degli otaku piace, un motivo ci sarà, ma per me non merita tanto.

Ivan180378

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Ivan180378

Episodi visti: 26/26 --- Voto 8
Buona serie di animazione Cyber punk. Ben fatta l'animazione, ben curata. Belle le colonne sonore. E' un buon anime a cui vanno però riconosciute alcune pecche o per lo meno, dei punti dubbi: la presenza di questi tachikoma è ingombrante e spesso imbarazzante. In un film che dovrebbe avere respiro di thriller, questi robot pagliaccio sono stati un'idea pessima, o per lo meno eccessiva. Gli autori devono essersi resi conto in quanto nella seconda serie le cose migliorano. altra pecca sono i dialoghi. non so se sia voluto, ma parlano tutti a turno come se si sapesse già in anticipo a chi tocca parlare. Crea un effetto falsato che a mio avviso è poco gradevole. Nel complesso, resta comunque un buon lavoro. Da vedere e da collezionare e da non perdere, visto anche che in italiano, esce poco materiale giapponese di valore. Di solito doppiano solo anime per ragazzini. Info: [email protected]


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HaL9000

Episodi visti: 26/26 --- Voto 10
Ghost in the shell SAC è una serie piuttosto complicata. La trama ruota attorno a complotti di natura politico-economico, con risvolti nell'ambito medico. Detta così potrebbe sembrare un cartone piuttosto inintellegibile, ma in realtà gli sceneggiatori hanno lavorato per rendere tutto terribilmente verosimile; benché sia ambientato in un prossimo futuro, le vicende narrate potrebbero benissimo accadere anche al giorno d'oggi, nella nostra società. In effetti, ad onor del vero, non mancano momenti di maggior stasi e di rallentamento degli avvenimenti, ma anche questi hanno una loro parte importante: consentono di fare una pausa di riflessione, raccogliere le idee (sono gli stessi personaggi che talvolta fanno una sorta si riassunto della situazione, e così aiutano anche lo spettatore) e ripartire verso nuovi elementi che infittiscono la trama.
Dal punto di vista grafico-tecnico, si tratta di una delle serie a più alto budget per episodio (anche se non mi ricordo esattamente le cifre, purtroppo) che siano mai state realizzate, ed i risultati si vedono. Anche la colonna sonora è è curatissima (curata da Yoko Kanno, un vero mito nel campo delle colonne sonore), tanto che alcuni pezzi sono finiti nel mio lettore digitale.

Ray-ki

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Ray-ki

Episodi visti: 26/26 --- Voto 5
Che dire... una delusione. Da grande fan di questa serie non mi aspettavo lampi di genialità, essendo una serie a puntate più generalista per definizione di un opera cartacea o di un film, ma in questo caso il risultato mi ha lasciato piuttosto interdetto. Sia ben chiaro: Stand Alone Complex non è una serie orrenda, anzi! Ci sono puntate godibili e con spunti innovativi, i disegni sono ben fatti come pure i dialoghi e gli effetti speciali, ma nel complesso si ha una sensazione di noia e di staticità, che magari nel manga e nei film è ben accetta perché dà il tempo di assimilare i risvolti filosofici inerenti all'interazione e alla contaminazione tra macchine, esseri umani e umanità intesa in senso stretto. In questa serie invece non si ha quel piacere nel lasciarsi andare né in dissertazioni filosofiche, né in voli pindarici di tecnologia futurista, né di sedersi e godersi semplicemente una trama ben svolta... Come ripeto, S.A.C. non è da buttar via, ma è rovinato da un'atmosfera poco accattivante e soprattutto dai tachikoma (o come si scrive) che sono in assoluto una trovata pessima sotto ogni punto di vista.

P.S.
Se non siete d'accordo con il mio giudizio vi invito a farmelo sapere.

eris

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eris

Episodi visti: 26/26 --- Voto 10
Non servirebbero parole per descrivere le emozioni che quest'anime può dare! Premetto che il fumetto non l'ho letto e quindi non posso dirvi se sia meglio, peggio o uguale, ma posso dirvi che come anime in sé vale la pena guardarlo! Magari i primi episodi dovrete riguardarli perché penserete di non capirci nulla, ma più andrete avanti e più tutto vi sembrerà chiaro: consiglio sempre di guardare una serie fino alla fine (soprattutto se volete fare una recensione) perché il più delle volte possono sembrare noiosi, poi magari dopo sei episodi ti prendono e speri non finiscano mai.
Consiglio di guardare anche il seguito... fenomenale!

slanzard

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slanzard

Episodi visti: 26/26 --- Voto 10
Liberamente ispirato al film di Mamoru Oshii, a sua volta tratto dall’omonimo manga di Masamune Shirow, Ghost in the Shell – Stand Alone Complex è uno dei pochi anime a disporre di un altissimo budget finanziario, grazie ad appositi finanziamenti americani, indiscussa prova del grande successo di quest’opera anche negli Stai Uniti. E’ per questo motivo che SAC, pur essendo una serie di ventisei episodi, mantiene per tutta la sua durata una qualità nelle animazioni, e nella realizzazione tecnica in generale, a un livello pari, se non addirittura superiore, a quella di un lungometraggio cinematografico.

Paradossalmente tutto ciò, unito alla pesante eredità del film di Oshii, quasi universalmente considerato come uno dei capolavori assoluti dell’animazione giapponese, e non solo, di sempre, poteva indurre timore sulla qualità dell’opera in questione: prodotto commerciale, tutto ‘shell’ e niente ‘ghost’, al solo scopo di sfruttare la notorietà dell’opera originale? Oppure opera destinata a essere ricordata nel tempo?

Non posso negare di essere stato abbastanza scettico prima della visione dell’opera, temendo un abbandono della narrazione filosofica che permeava il film a favore della mera azione poliziesca. Ed effettivamente, almeno all’inizio, non troviamo traccia delle vette ideologico-filosofiche incarnate dal Signore dei Pupazzi del film di Oshii. Il primo episodio mostra una semplice operazione anti-crimine della Sezione 9. E già qui possiamo notare alcune cose. I personaggi sono gli stessi del film: è presente anche Togusa, cosa che colloca la serie, all’interno di un ipotetico continuum temporale, dopo il film, o almeno dopo l’inizio del film/manga, essendo Togusa entrato nella sezione 9 proprio in quell’occasione. Tuttavia si capisce subito anche che gli eventi del film è come se non fossero mai accaduti, il maggiore Mokoto Kusanaghi è ancora se stessa, non ha mai incontrato il Signore dei Pupazzi. In pratica, la decisione è di mostrarci la Sezione 9 che avevamo conosciuto, anche se per breve tempo, durante il film, slegandosi però dalla continuity di quest’ultimo. Alla luce di ciò mi preparai a visionare una serie più leggera del film.

Ebbene mi sbagliavo!
Possiamo suddividere gli episodi della serie in due filoni: gli ‘stand alone’ e i ‘complex’; i primi sono delle puntate autoconclusive, che mostrano casi di ‘ordinaria amministrazione’, mentre i complex sono quelli che fanno avanzare e proseguire la Trama con la T maiuscola. Anche questa volta l’origine di tutto è una figura misteriosa, un hacker che definire geniale è riduttivo, a cui è stato dato il nome di ‘Uomo che Ride’ a causa del logo che ha utilizzato per ingannare le telecamere e gli occhi dei testimoni, ovvero proprio un volto che ride.

Si potrebbe pensare ora che gli episodi SA possano risultare inutili o ripetitivi, ma non è così: ogni episodio non è mai banale, e soprattutto, ci permette piano piano di conoscere i membri della Sezione 9, che nel film, a parte il maggiore, venivano decisamente tralasciati per mancanza di tempo. Inoltre ogni qualvolta mi pareva di avvertire un calo nella narrazione o nell’interesse, dopo poco l’anime era in grado di stupirmi positivamente. Per citare solo un esempio, uno degli episodi che mi ha impressionato di più è stato uno stand alone: quando vidi questo ex-guerrigliero americano che squartava le sue vittime togliendo loro la pelle come se fosse una maglietta, per di più mentre erano ancora in vita, e collegando i loro nervi ottici ai suoi in modo che potessero assistere in posizione privilegiata all’opera, non potei trattenere un brivido in tutto il corpo.

Tuttavia, se gli SA sono episodi di alto livello, non c’è storia con i complex. Siamo a un livello superiore: in questi episodi sembra di rivivere in alcune parti le atmosfere del film, forse in alcuni parti persino superiori. E anche come coinvolgimento emotivo niente da dire. Se l’episodio di prima mi aveva colpito, al vedere l’apatia dei ragazzi del centro d'assistenza alla fine dell’episodio non sono potuto rimanere impassibile, provando anzi un’inquietudine decisamente ‘Lainiana’.

Un aspetto sicuramente convincente della serie sono i Tachikoma, a mio avviso protagonisti morali dell’intera serie, coloro che riusciranno più di tutti a generare emozioni nello spettatore. Sicuramente un colpo di genio! All’inizio risulterà addirittura inquietante sentire questi carri armati aracnoformi con la voce di Nina di FMA (se avete visto FMA probabilmente capirete il motivo dell’inquietudine), ma col proseguo degli episodi ci si affezionerà a loro, e non ci si potrà non stupire di quanto bene siano caratterizzati nella loro evoluzione.

Un’unica nota negativa sono gli eccessivi combattimenti... è sì vero che mediamente per tutta la serie sono decisamente pochi, tuttavia negli episodi complex conclusivi ce n’è a mio avviso troppa di azione… e infatti ero sul punto di rimanerne deluso, quando invece con gli ultimi due episodi gli sceneggiatori sono riusciti a ottenere la mia assoluta approvazione. A fine serie sentivo dentro di me quell’impagabile sensazione di soddisfazione che si prova durante e a conclusione della visione di un’opera degna di questo nome, che ti fa dire spontaneamente “Che bella serie che ho visto!”.

E con quelle opere in grado di farmi provare questa sensazione sono decisamente generoso nel giudizio:
come voto la ragione mi dice 9/9.5, ci sono effettivamente alcuni dettagli che avrei preferito fossero stati strutturati in modo diverso, essendo questa anche una serie da giudicare severamente visti genere e ambizione, ma il cuore, il ghost anzi per restare in tema, dice 10.
E che 10 sia!

Sarebbero numerosi e vari gli spunti di riflessioni su cui discutere in tutta questa serie, ma essendo questa una recensione non-spoiler e per non farla divenire eccessivamente lunga ho deciso di ometterli.

Consiglio assolutamente la visione della serie, sarebbe meglio dopo la lettura del primo manga e la visione del primo film, anche se mi rendo sempre più conto di come il cyberpunk sia un genere per pochi, per cui se il cyberpunk non vi piace, pensateci un po’ su… non è cyberpunk estremo alla Lain, anzi in alcuni punti lo è anche, ma comunque pesantino rimane.

Ora sono davvero ansioso di visionare la seconda serie SAC – 2nd G.I.G., spero presto in un box edition by Panini.

Dimenticavo: a mio avviso SAC sovrasta su tutti gli aspetti Innocence, il sequel del film sempre di Mamoru Oshii.

P.S. una nota sull’edizione italiana: se comprate il box economico, controllate che la colla non si sia sciolta e sia colata sui DVD, rendendoli inutilizzabili; è già successo più volte, con grande gioia dei compratori. è_é

Star Silver

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Star Silver

Episodi visti: 26/26 --- Voto 7
Francamente mi aspettavo qualcosa di meglio da questa serie tanto decantata. Infatti, se dal punto di vista tecnico e grafico è indiscutibilmente perfetta, per quanto riguarda il resto (trama, approfondimento dei personaggi, combattimenti) non è niente d'eccezionale. Illustro qui di seguito i miei rilievi:
- TRAMA: bella e avvincente quella della storia principale (l'Uomo che ride), ma sin troppo lenta e ripetitiva negli episodi "Stand alone" (singoli). Infatti alla fine si tratta sempre di sventare veri o presunti attacchi terroristici o attentati, oppure di svolgere indagini attinenti a cervelli cibernetici.

- APPROFONDIMENTO DEI PERSONAGGI: la gran parte dei personaggi sono trattati con una certa superficialità; gli unici approfonditi a un buon livello sono Motoko Kusanagi, Aramaki, Batou, Togusa e l'"Uomo che ride".

- COMBATTIMENTI: molto belli e ben curati, ma davvero troppo pochi.

Forse il lato meno edificante della serie è che non ha, o per lo meno su di me non ha avuto, un grande impatto emozionale; è fredda, sostanzialmente piatta dal punto di vista delle emozioni e dei sentimenti espressi e suscitati. Addirittura potrei dire che sembrano quasi più umani i "Tachikoma" dei personaggi in carne e ossa! Si potrebbe pensare che questa sia stata una scelta consapevole dell'autore per evidenziare che, se l'uomo scegliesse di divenire un Cyborg, le sue emozioni ne risulterebbero alquanto "raffreddate". Tuttavia non so quanto sia credibile una tale interpretazione, tanto più che durante la serie (contrariamente a quanto mi aspettavo) sono enfatizzati molto più gli aspetti positivi di avere un corpo robotico che non quelli negativi. E anche questo, per me, è un difetto di non poco conto.

Davvero peccato: in una serie che per fattura grafica meriterebbe l'Oscar ci si è persi sugli aspetti più basilari (trama e approfondimenti) di ogni buon spettacolo, mancando così l'occasione di realizzare un vero Capolavoro.

In sintesi: UNA FORMA ECCELSA per una SOSTANZA APPENA DISCRETA. Troppo SHELL e poco GHOST!

Daniel

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Daniel

Episodi visti: 26/26 --- Voto 6
Se siete amanti del genere cyberpunk e delle opere di William Gibson, Ghost in the Shell (film 1 & 2) è uno di quei capolavori dell'animazione giapponese che bisogna vedere assolutamente, dato che ha lasciato un'impronta indelebile in questo settore. Fanatico di questo genere quale sono, ho preso anche la serie...
Sono d'accordo con chi dice che, se comparata con le versioni cinematografiche, questa ne esce triturata (soprattutto per le animazioni e per alcune storie, ma d'altro canto è una serie), nonostante tutto perè non è una serie malvagia, anzi la consiglierei, l'unico appunto è di considerare quest'ultima come delle storie parallele, che non hanno alcuna congiunzione con i film (il che è una buona cosa!), vedrete che risulterà così molto più apprezzabile, aggiungendo un altro punto al voto dato.
Concludo augurando a tutti una buona visione.

Ettore

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Ettore

Episodi visti: 26/26 --- Voto 8
GITS SAC è un anime complesso e maturo. Sebbene non raggiunga il livello di filosofia e d’introspezione dei due film, la leggerezza non è certo la dote più spiccata di questa serie; gustarlo nella sua profondità richiede una capacità di concentrazione non trascurabile e guardarsi più di un paio di episodi per sera potrebbe risultare faticoso.
Il mix qui raggiunto fra azione e riflessione è qualcosa che va oltre la media di produzioni simili, rendendosi potenzialmente accattivante per una vasta fascia di spettatori, pur sempre che questi siano disposti a ricambiarlo con tutta la loro attenzione.

Protagonista della serie è la famigerata Sezione 9, un reparto della Pubblica Sicurezza (polizia giapponese) semi-segreto dotata dei migliori equipaggiamenti in circolazioni (essendo ambientato in un prossimo futuro, si parla di corpi cibernetici, carri armati dotati di IA, ecc.) il cui compito è indagare e agire in tutte quelle operazioni di particolare importanza in cui siano richieste capacità non comuni.
Gli episodi sono suddivisi in due categorie: “stand alone” e “complex”. Come già i termini stessi suggeriscono, i primi sviluppano trame autoconclusive, alle quali si ritroveranno riferimenti minimi nel corso degli altri episodi, mentre i “complex” portano avanti la trama vera e propria dell’anime, incentrata sulla risoluzione del difficile caso dello “Uomo che ride” e tutto ciò che vi è nascosto dietro.

Le animazioni sono ottime e si mostrano in tutta la loro magniloquenza nelle frequenti sequenze d’azione. L’utilizzo della CG è abbondante ma non invasivo e ben integrato (unica eccezione gli autoveicoli che spesso risaltano dai fondali come un vero e proprio cazzotto in un occhio).

In conclusione un anime che raccomando a chiunque cerchi lunghi minuti d’intrattenimento non superficiale e disposto a confrontarsi con esso con la stessa profondità.

Godai

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Godai

Episodi visti: 26/26 --- Voto 9
Ghost in the Shell è uno di quei titoli che non delude mai, questa serie animata riesce a unire alle classiche tematiche sci-fi tipiche di questo titolo anche una trama davvero avvincente: quella dell'Uomo che ride.
Non tutti gli episodi sono legati da questa vicenda, ce ne sono alcuni che fanno storia a sé dove possiamo focalizzare l'attenzione su i componenti della Sezione 9.
Nel tema del rapporto tra uomo e macchina, questa serie ci lascia molto da pensare, ho apprezzato molto la profondità di certi pensieri espressi. Anche la psicologia dei personaggi, specialmente quella del maggiore e di Batou è profondamente tratteggiata.

yukio

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yukio

Episodi visti: 5/26 --- Voto 4
Concordo con chi non esprime un giudizio positivo su questa produzione. Adoro Masamune Shirow per l'inventiva assolutamente originale che riesce a regalare in ogni tavola dei suoi Manga, per la scanzonata profondità con cui caratterizza meravigliosamente i suoi personaggi e li rende vivi. Per quanto riguarda il mecha poi risulta insuperabile: il realismo meccanico con cui studia apertura di sportelli (di auto come di corpi artificiali), connessioni organico-elettroniche potrebbero farne un designer di successo ( spesso nei veicoli si trova il gusto retrò di citare carrozzieri italiani: Bertone con la Stratos, x19, vecchie Lancia beta). Il tutto crea un universo realmente parallelo e affascinante.
In Giappone ho comprato diversi volumetti solo per studiare il design dei suoi oggetti. Nella serie video mi sembra che tutto sia divenuto "opaco", senza guizzi ed invenzioni, un prodotto dignitoso ma scialbo. La splendida Motoko sembra una body builder in pantajazz... totalmente priva di sensualità. Mi rendo conto che i Mangaka siano geni solitari e che una produzione anime li costringa ad annacquare il loro genio in un rivolo di collaboratori che devono fare da tramite a una struttura di stampo industriale, ma comunque vi sono casi in cui rimane evidente l'impronta del creatore; Miyazaki insegna e senz'altro i due lungometraggi da questo punto di vista risultano più conservativi. Aspetto ancora uno Shirow animato all'altezza.

Kain

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Kain

Episodi visti: 40/26 --- Voto 10
Ancora oggi il mio anime preferito.
Volevo avvicinarmi a un genere simile ma non ne sapevo nulla. Fui attirato dai disegni splendidamente realizzati e dalle ambientazioni. Diciamo che a mio rischio acquistai i primi DVD della prima stagione e rimasi subito affascinato dagli effetti e dalle trame a tratti anche complesse.
Il miglior anime cyber-punk a mio parere!

daich

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daich

Episodi visti: 26/26 --- Voto 9
Non si possono fare paragoni con i due film di Oshii, ma SAC è perfetto.
Provo a riassumere il concetto base: in un futuro prossimo gli uomini avranno cervelli cibernetici collegati a reti informatiche, quindi ci sarà l'esternalizzazione della memoria umana .
Il design è dettaglio e la sceneggiatura è costruita benissimo; la musica è come sempre di altissimo livello.
Ora stanno uscendo i DVD della seconda serie: "2nd GIG".

Maik27

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Maik27

Episodi visti: 26/26 --- Voto 10
Ghost in the Shell Stand Alone Complex è bellissimo. Trama molto profonda e piena di colpi di scena.
Ghost in the Shell parla di un'era futura dove cyborg e umani vivono insieme (in questa il 99% della popolazione umana ha almeno un impianto meccanico), e descrive soprattutto della linea sottile che differenzia i cyborg dagli umani. La nostra protagonista fa parte di una divisione speciale che indaga solo su casi molto importanti o su atti terroristici.
La cosa che mi ha colpito di più è la colonna sonora che è davvero splendida (infatti alcune canzoni tratte da lì le ho messe addirittura nel mio MP3).

Antonio.

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Antonio.

Episodi visti: 22/26 --- Voto 9
Questa è una versione compressa di quella che troverete nel mio sito personale.
Dal sito Panini:
"Stand Alone Complex è la serie animata tratta dal celebre manga di Masamune Shirow "Ghost in the Shell". Stand Alone Complex narra, attraverso due serie di 26 episodi ciascuna (ognuno della durata di 25 minuti circa) le vicende della Sezione 9 della pubblica sicurezza, ambientate in un Giappone del prossimo futuro.
La Sezione 9, capitanata dal Maggiore Motoko Kusanagi, è alle dirette dipendenze del governo, e il suo compito principale è combattere il cyber-terrorismo informatico.
L'animazione è una perfetta sintesi tra disegno classico e computer-graphics, grazie ad uno staff creativo che annovera tra gli altri Yoko Kanno (Cowboy Bebop) e Kenji Kamiyama (BLOOD, Jin-Roh) per una produzione targata Bandai e Producition I.G (GHOST IN THE SHELL, NEON GENESIS EVANGELION, Kill Bill Vol. 1)."

La serie è formata da casi che vengono risolti in un solo episodio, definiti 'Stand Alone' (cioè comprensibili singolarmente), e da altri districati, più o meno chiaramente, in un numero maggiore di episodi, che vanno a costruire il puzzle del caso portante di tutta questa prima serie di 26 episodi, ovvero il caso "Uomo che ride". Questi episodi sono chiamati 'Complex'. E le sceneggiature sono tra le più curate e coerenti che io abbia visto in un anime.
Rispetto al celeberrimo film `Ghost in the Shell´, SAC si fa apprezzare con maggiore immediatezza, senza richiedere grandi ragionamenti o pretendendo d'ispirare importanti riflessioni (pur comunque facendolo), ma parlando un linguaggio più diretto e chiaro allo spettatore, che viene coinvolto gradualmente e intensamente dal taglio narrativo adulto e da vera e propria serie poliziesca. E' anche una delle migliori e più originali serie degli ultimi tempi, che siano disegnate o con attori veri!

Le animazioni e i disegni di Production I.G sono di incredibile fattura per una serie televisiva, ma troppo spesso è proprio la formosa Motoko a risentire di una minor cura nella caratterizzazione grafica e i suoi tratti somatici variano fastidiosamente da episodio a episodio (ma non solo). La mia impressione è che rispetto al film si sia imbruttita per via di un character design più spigoloso che si rifà maggiormente all'ultimo Shirow. Stranamente, il character di tutti gli altri comprimari è quasi sempre ottimo. Gli sfondi, poi, sono dei piccoli capolavori. La grafica 3D, usata per riprodurre veicoli, mecha, effetti speciali e quant´altro è integrata in maniera praticamente impeccabile.
Devo ancora ripetermi, ma anche il commento musicale è perfetto, sia come accompagnamento musicale durante gli episodi, che nella liricheggiante opening 'Inner Universe', cantata dalla russa Origa, e nella più ritmata `Lithium Flower´ finale. Le musiche sono della brava e simpatica Yoko Kanno (Wolf's Rain, Aquarion, ...). Pesantissima, però, l'animazione completamente in CG della sigla d'apertura, con una Motoko dalle fattezze di un vero e proprio manichino (probabilmente l´intento degli animatori era proprio enfatizzare questo aspetto).

L'edizione italiana in DVD è, per concludere, davvero ben fatta: il doppiaggio ha lodevolmente riunito le stesse voci del cast originale del primo film e, insieme alla prima uscita, è stato allegato un bel cofanetto digipack per racchiudere tutti i sei dischi previsti e i preziosi booklet, che completano una sorta di glossario dei termini tecnici usati nei dialoghi dell'anime, e che fa perdonare l´uso di cover per gli amaray non certamente bellissime (pessima cosa però, il logo Panini Video nella costina dei DVD che ha continuato a variare per tutte le uscite, in cerca forse di un assestamento grafico definitivo).
Si spera anche per la seconda serie, sempre di 26 episodi, intitolata 'SAC: 2nd Gig', la pratica ed elegante soluzione del cofanetto digipack.

Kouta

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Kouta

Episodi visti: 26/26 --- Voto 8
Ogni tanto è bello cantare in coro! 8 a Ghost in the Shell!
Cyberpunk a go go e una serie che ha poche eguali, molto difficile da apprezzare per le sue riflessioni dai più terreni. Le animazioni sono stupende e l'atmosfera è grandiosa: non credo ci sia molto da aggiungere. Non solo da vedere ma da tenere e rivedere!

Zelgadis

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Zelgadis

Episodi visti: 15/26 --- Voto 5
Se si vuole confrontare la serie di Ghost in the Shell con il film, la serie ne esce con le ossa rotte. Ma anche a sé stante non se la cava benissimo. Dal punto di vista tecnico è altalenante: la CG a volte si integra bene a volte male, le musiche di Yoko Kanno sono belle, ma sanno tanto di già sentito.
La trama è troppo spesso lenta e noiosa e non offre motivi d'interesse. Confesso che dopo le grandi aspettative preserie il mio interesse è andato pian piano scemando, tanto che a circa metà serie ho lasciato perdere. Solo per questo non do una bocciatura ancora più sonora, ma comuque di bocciatura si tratta.

Dren

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Dren

Episodi visti: 49/26 --- Voto 9
Non ripeterò le lodi (peraltro meritate) delle altre recensioni, limitandomi ad un paio di riflessioni/indicazioni:

1) Fansub: diffidate da tutte le versioni fansub tranne quella dei Laughing Man Fansub (in Eng). Purtroppo l'opera è troppo densa e complessa per essere compresa con una traduzione di fortuna.

2)Citazioni: GitS Sac ne è una miniera: Kubrik, Wender, Renoir e chi più ne ha più ne metta, il forum della Production I.G è la miglior fonte disponibile per tali approfondimenti.

3)Lentezza: vero, GitS SAC è lento e concettoso, alterna lunghissimi dialoghi e scene nelle quali non succede quasi nulla (molte) a improvvise e fulminanti scene d'azione (poche). Questo perché gli ideatori della serie si pongono obbiettivi assai più ambiziosi del semplice entertainment alla Cowboy Bebop: vogliono parlare di alcuni aspetti prettamente cyberpunk e del loro reale impatto sulla nostra società (vedi ad es. il concetto individualità/collettività - libero arbitrio/predestinzione rivisti alla luce del Net).

In termini di immediata godibilità GitS SAC non è quindi la fine del mondo, va però riconosciuta l'abilità nel creare tensione e aspettativa: il 1st Gig (episodi individuali a parte) è in tal senso un enorme crescendo che partendo lentissimo ha il suo climax nel 25° episodio.

1st Gig & 2nd Gig: in sostanza gli argomenti trattati sono gli stessi, si può forse azzardare che nel 1st Gig viene sviluppato primariamente il piano sociologico (Laughing Man) mentre nel 2nd si dà più importanza a quello politico (Individual Eleven). Personalmente trovo che la prima stagione sia meglio della seconda, forse per la novità nei temi e nei modi introdotti, la seconda serie non li rinnova ma li sviluppa sotto un altro punto di vista

Per provare: se volete fare un tentativo per capire se vi piace o no, provate l'episodio 18 della seconda stagione "Angel's Poem", è svincolato dalla storia principale e riassume molti dei pregi e dei difetti della serie.

Yusuke Urameshi

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Yusuke Urameshi

Episodi visti: 43/26 --- Voto 10
Visto il successo riscontrato dal film anni fa, non poteva mancare una serie, anzi due. Ebbene sì, la Production I.G (Jin-roh, Patlabor Movie 1 e 2) che ha ripreso il progetto ha deciso di fare le cose in grande con ben 2 serie di 26 episodi, per un totale di 52, della durata di 25 minuti circa ognuno.
Tratto sempre dal manga di Masamune Shirow (Appleseed, Dominion), il quale ha collaborato anche alla realizzazione, le serie sono ambientate nel 2030 (un anno dopo le vicende del film). La cibernetica, grazie all'utilizzo delle nano-tecnologie, si è evoluta a un punto tale che la maggior parte della popolazione ha almeno un innesto bio-meccanico. I programmi d'intelligenza artificiale hanno fatto progressi impensati e sono applicati su qualsiasi oggetto. Le nuove tecnologie però non hanno solamente migliorato la qualità della vita, ma hanno anche creato nuovi pericoli, come ad esempio cyber-terroristi, ladri di cervelli e problemi derivanti da bachi di programmazione nelle intelligenze artificiali. Per contrastare queste minacce Daisuke Aramaki ha fondato la Sezione 9, un corpo scelto d'agenti specializzato nell'affrontare situazioni problematiche
derivanti dall'uso distorto delle nuove tecnologie. A capo del team operativo vi è Motoko Kusanagi, una donna il cui corpo è quasi completamente cibernetico. Ad aiutarla nelle missioni ci sono Batou, un cyborg, e Togusa, Ishikawa, Bouma, anche lui un cyborg, Saitou e Pazu.
Questa è solo una trama in generale, in quanto l'anime è formato da episodi che trattano casi singoli, chiamati Stand Alone Episodes, e altri legati da una trama comune chiamati Complex Episodes. Gli argomenti affrontati sono diversi, si va dal terrorismo, agli hacker, dalla frode finanziaria al commercio d'organi, ecc.

Ma passiamo ora a parlare della grafica dell'Anime, che è uno degli aspetti che sicuramente colpisce di più, data la perfezione e il realismo impressionanti. Oltre all'aspetto un po' diverso dei personaggi rispetto al film, c'è da citare la notevole accuratezza nella realizzazione della città, degli ambienti interni, dei veicoli e dei mecha. La tecnica di animazione utilizzata dimostra la versatilità e l'esperienza nell'utilizzo della Computer Grafica 3D che la Production I.G ha sviluppato. Esperienza che si è tradotta nella fondamentale capacità di saper integrare alla perfezione i cels a due dimensioni utilizzati per i personaggi e per gli sfondi con gli elementi 3D (soprattutto mezzi e veicoli) creati tramite computer. Il problema fondamentale nell'utilizzo di questo tipo di tecnica risiede nella differenza esistente tra la resa di luci, ombre e colori che un modello 3D renderizzato presenta rispetto al disegno e alla colorazione dei cels. Per ovviare a questo problema e creare la massima integrazione degli elementi sullo schermo, è stata utilizzata una tecnica di Cel Shading molto avanzata. Il Cel Shading è una tecnica di rendering che permette di ottenere sui modelli 3D delle sfumature e delle ombre che simulano la classica resa cromatica dei cartoni animati. In questo modo tutto ciò che viene
generato al computer in tre dimensioni avrà sullo schermo la stessa resa di ciò che viene realizzato e colorato in due dimensioni. Il 3D permette prima di tutto la realizzazione di modelli di Mecha estremamente precisi e accurati. Altro punto importante è la fluidità che si riesce a ottenere nell'animazione di mezzi meccanici complessi: i movimenti sono molti, i particolari tanti e il tutto con una naturalezza al limite del reale. Tutto questo è realizzabile con un'incredibile ottimizzazione dei tempi e dei costi. In pratica si ottengono animazioni realistiche e dettagliate in un tempo nettamente
inferiore a quello necessario per l'animazione tradizionale.

Per quanto riguarda le musiche di questo Anime, sono state composte e arrangiate da Yoko Kanno (Cowboy Bebop, Wolf Rain). Tra queste sono da segnalare le due sigle iniziali (Inner Universe e Rise), cantate in russo e inglese da Origa, e tre canzoni, cantate in inglese e italiano da Ilaria Graziano. Le altre canzoni sono quasi tutte in inglese tra cui Run Rabbit Junk, la canzone a mio avviso più movimentata di tutte. Le rimanenti musiche d'accompagnamento comprendono generi diversi, ma sono comunque tutte adatte alle varie situazioni.

Da gennaio 2004 entrambe le serie sono state trasmesse in Giappone. La prima serie su Tv Tokyo mentre la seconda serie chiamata Ghost in the Shell - Stand Alone Complex 2nd Gig, è andata in onda su Sky Perfect Tv (pay per view giapponese) al ritmo di due episodi al mese. I diritti per le serie in Italia sono stati finalmente acquistati, sperando che facciano un buon lavoro. L'unico modo per vedere quest'Anime, al momento, è il fansub di cui mi sono occupato.
In conclusione posso affermare che siamo di fronte a un vero capolavoro da non perdere assolutamente, destinato a un grande successo.

NERV-NC

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NERV-NC

Episodi visti: 38/26 --- Voto 10
Ghost in the Shell è una delle migliori serie animate mai realizzate e penso che per un buon decennio resterà un'opera originalissima.
D'altra parte con un materiale così buono (il manga di Shirow del quale questa storia è uno spin-off e non la trasposizione animata) e con la Production I.G sarebbe quasi impossibile non far un capolavoro.

La serie è articolata in due stagioni e, in ognuna delle due, troviamo una storia centrale (Complex) condita con episodi slegati dal tema guida (Stand Alone). Lo stesso titolo - Stand Alone Complex - è a sua volta presente nelle due storie prinicpali: il Laughing Man della prima stagione e i Individual Eleven della seconda.

L'animazione è di quelle che ti lasciano a bocca asciutta quando guardi la sigla di apertura (nella prima season è completamente - e pesantemente - in CG), ma che poi continuano a sorprenderti con una sintesi perfetta tra il classico disegno e la CG.
Le cose che maggiormente mi hanno attratto nella serie sono la storia e l'ambientazione.
Dal primo episodio fino all'ultimo ci viene sbattuta in faccia una tesi: l'uomo è una macchina perfetta con un'anima, ma non è ineguagliabile neanche in questa sua caratteristica. E' l'evoluzione tecnologica, informatica e dell'informazione ad avvicinare sempre di più le due realtà.
E del resto il titolo è esemplare: Ghost in the Shell si può tradurre in Italiano come "il Fantasma nel Guscio".
Quello che tutti possono vedere come un miglioramento dell'uomo (il cervello artificaile è più veloce, ha accesso totale all'informazione; il corpo artificiale...beh, non c'è bisogno di dettagli, basta guardare Motoko e Batou in combattimento) deve pagare il suo dazio, come vediamo nella prima serie: un cervello artificiale, come un qualunque sistema informatico, è suscettibile degli attacchi dei virus, di plagi, manipolazioni e intrusioni esterne... a chi piacerebbe avere la propria mente e i propri ricordi manipolati?
L'ambientazione è una vera manna dal cielo per gli appassionati di tecnologia e fantascienza: il modo è totalmente integrato con l'informatica, le telecomunicazioni e la robotica. Come ti giri vedi un palazzo enorme di vetro e acciaio sul cui tetto atterrano delle aereomobili strane, chiudi gli occhi e ti colleghi con il mondo, e i particolari poi sono incredibili!

La protagonista principale è il maggiore Motoko Kusanagi: una gran bella figliola (dalle più che prosperose forme, che non esita a mettere in mostra con l'abbigliamento quotidiano) che però è quasi completamente un cyborg, fin da quando era bambina. Il non ricordare il proprio corpo umano è fonte di dubbi e preoccupazioni e inoltre Motoko s'è dovuta sottoporre più volte ad operazioni di cambio del corpo, dovendo adeguare il corpo alla sua età. Un'ulteriore indizio sul passato di Motoko lo vedremo solo nella seconda stagione, verso il decimo episodio.
Il grado di maggiore deriva da passate azioni militari. Proprio da ambienti militari specializzati provengono anche gli uomini della Sezione 9 di Pubblica Sicurezza, una sorta di corpo di polizia specializzato. La Sezione 9 è alle dipendenze di Aramaki (il vecchietto che si scopre avere una grande capacità tattica) che a sua volta prende ordini direttamente dal Governo Nipponico (e questo causa non pochi problemi). Gli altri membri della Sezione 9 sono: il mastodontico Batou (tutto muscoli e "sentimento" per Motoko; anche il suo corpo è in gran parte cybernetico), Togusa (che non è un cyborg, con grande disprezzo di Batou), Ishikawa (l'espertone di computer per antonomasia, anche se gli altri pure se la cavano), Paz, Saito e Borma che svolgono ruoli di comprimari. Ma la vera ciliegina sulla torta sono i Tachikoma: dei piccoli carrarmati a forma di ragni, dotati di AI (intelligenza artificaile) e con una strepitosa vocina da bambini....kawaiiii!

Whisper

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Whisper

Episodi visti: 30/26 --- Voto 6
Stand Alone Complex può vantare una realizzazione grafica e tecnica davvero eccezionale: animazioni fluide e musiche di Yoko Kanno particolari e bellissime. Purtroppo a rovinare tutto sono le sceneggiature che in numerosi episodi appaiono inconcludenti e noiose... Nella seconda serie ( S.a.c 2nd Gig) anche le musiche perdono spessore e la trama diventa sempre più noiosa e lenta: il punto forte della serie sono disegni e scene d'azione senza dimenticare la colonna sonora!

Lebowski

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Lebowski

Episodi visti: 44/26 --- Voto 10
E' la miglior serie del momento. La realizzazione è impeccabile, le situazioni sono sempre dettagliate, le musiche azzeccate, la regia attenta. Non c'è una sola caduta di stile. Certo il ritmo non è incalzante, ma meno male! GitS non è Matrix. Tra l'altro la prima serie sul finale non ha nulla da invidiare al primo film e batte alla grande il secondo - Innocence - ammorbato da una selva infinita di citazioni. Vedremo se il 2nd GIG sarà al livello del primo ma per ora la storia è intrigante e più introspettiva e anche se non c'è più il Laughing Man i due nuovi "cattivi" hanno molto fascino.

Fight_Club

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Fight_Club

Episodi visti: 26/26 --- Voto 9
Dalla sigla iniziale si capisce subito che ci troviamo di fronte ad un anime caratterizzato da un uso impeccabile della computer grafica. La voce e le canzoni Kanno fanno da sfondo perfetto per questa serie ambientata in un futuro fatto di cervelli artificiali, criminali che fanno uso della tecnologia avanzata per commettere i loro illeciti, politici senza scrupoli e molta azione. La Sezione 9, composta da agenti super addestrati, cerca di risolvere casistiche molto particolari che forse, viaggiando un bel po' con la fantasia, potrebbero accadere fra un centinaio di anni!

GITS per me non è solo azione ed effetti speciali ma anche un piccolo e affascinante universo in cui entri non appena inizi a visionare i primi episodi. Indipendentemente dal fatto che vi piaccia o no il genere, consiglio la visione di questa serie di 26 episodi (la 1°) a tutti coloro che seguono gli innumerevoli anime giapponesi. Vedrete, vi farà sognare!

grobbio

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grobbio

Episodi visti: 30/26 --- Voto 9
Ho visto tutta la prima stagione e l'inizio della seconda. Sebbene possa sembrare un po' lenta e a tratti noiosa, questa magnifica serie ricalca i temi e le problematiche del manga di Masamune Shirow, differenziandole un poco dalla storia originale ma anche espandendole in direzioni non ancora esplorate (grazie al magnifico lavoro degli sceneggiatori). Perciò, oltre a belle ed emozionanti scene d'azione, ci si troverà ad ascoltare discorsi sulla società, sui mass-media e il cyber-terrorismo (del futuro), tutti visti da un occhio analitico ed "esterno" alle regole della società (la squadra speciale "sezione 9").

Non è certamente una serie per tutti, in quanto manca quasi totalmente la dimensione d'ironia che spesso da un anime ci si aspetta (e che era presente nel fumetto originale). Nonostante questo mi sento di poterla definire una delle più belle e affascinanti serie animate degli ultimi anni, originata da una delle menti creative più brillanti del Giappone, forse seconda soltanto a Katsushiro Otomo, per successo e popolarità (anche all'estero) dei suoi lavori.