Là sui Monti con Annette
Attenzione: la recensione contiene spoiler
La storia narra di una bambina di nome Annette, che vive in una cittadina della svizzera, Rossinière. Essa perde la madre proprio mentre stava dando alla luce il fratellino, Dany, che aveva tanto sognato, convincerà il padre a tenerlo nonostante le difficoltà, prendendosene tutte le responsabilità. Con lei c’è poi un bambino, di nome Lucien, molto amico della protagonista ma di cui è l’esatto opposto: incredibilmente pigro, svogliato e molto impulsivo, cosa che lo porta spesso a cacciarsi nei guai. Purtroppo l’amicizia tra questi due bambini è destinata a finire a causa di un tragico incidente e qui sono costretto a fare degli spoiler per cercare di spiegare come mai credo che questo sia uno dei cartoni animati (in generale, non solo fra quelli giapponesi) più fraintesi di sempre.
Spoiler sugli episodi 13-15
Praticamente Lucien ha un litigio con Dany, a causa del suo ermellino che gli aveva distrutto uno dei suoi modellini di legno. A causa di ciò il bambino scoppia a piangere e racconta tutto ad Annette che decide di non rivolgere più la parola all’amico. Intanto sta per avvicinarsi il compleanno della bimba e cosi Lucien decide di farle un regalo per farsi perdonare, ma quando viene a sapere da Dany che Annette è ancora arrabbiata e non lo vuole alla sua festa, Lucien ha un improvviso scatto d’ira, prima rompe il regalo che Dani aveva fatto per la sorellina, poi se la prende con l’ermellino amico del bambino minacciando di buttarlo in un burrone, nel tentativo di salvare l’animaletto, Dani precipita e Lucien scappa a rifugiarsi nel fienile di casa sua, fino a che la madre non lo convince a dire la verità su quel che è successo. Dani per fortuna è ancora vivo ma rischia di dover vivere con le stampelle.
Perché dico che è un anime cosi frainteso? Perché sembra che la gente ricordi solo gli episodi 13-15 o soltanto quello, il 29, in cui la protagonista fa a Lucien quel gesto per cui viene ricordata come una rancorosa, addirittura c’è chi l’ha paragonata a un demone pieno di rancore. Sicuramente non è una santa, si discosta molto dall’orfanella dal cuore d’oro sempre propensa al perdono. Nonostante i tentativi di Lucien di farsi perdonare lei si comporta in maniera veramente odiosa, ma non dobbiamo dimenticarci che tutto ciò è iniziato a causa dell’impulsività del suo ex amico, che ha praticamente rovinato la vita al fratellino di cui aveva promesso alla madre di occuparsene proprio sul letto di morte. Io non credo che quelli che criticano cosi aspramente la protagonista si rendano veramente conto di cosa significhi rimanere invalidi cosi piccoli: non avere più la possibilità di correre, saltare e tutte quelle cose che a un bambino di cinque anni piace fare, la reazione di Annette è quella di una madre che vede il proprio bambino privato di tutte quelle cose e, mi dispiace, ma quello che poi la protagonista fa per vendicarsi è comunque meno grave di togliere a un bambino la possibilità di essere autonomo.
Lucien dimostrerà il suo pentimento, anche grazie ai consigli di un vecchio signore con cui farà amicizia, oltre a incoraggiarlo nell'unica cosa che gli permette di andare avanti, intagliare il legno, e riuscirà alla fine a farsi perdonare. Penso abbia molto da insegnare sulla redenzione. Ma il perdono, non è una cosa che ti può essere regalata, troppe persone pensano che bastino le scuse a rimediare a ogni cosa, lo stesso Lucien non fa che scusarsi nel primi episodi, quel che succede nel famoso episodio è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Di questo l'anime tratta: della redenzione (di Lucien) e del perdono (di Annette), due cose che vanno sviluppate col tempo, la sincerità e la bontà.
Personalmente non ritengo questo anime tra i migliori del suo genere, non è evocativo come Heidi, anche se lo ricorda molto, non è avvincente o drammatico come Remì, Spicchi di cielo tra baffi di fumo o Lovely Sara ma almeno una cosa importantissima credo che la insegni e per questo andrebbe riscoperto con occhio più critico e maggiore imparzialità.
La storia narra di una bambina di nome Annette, che vive in una cittadina della svizzera, Rossinière. Essa perde la madre proprio mentre stava dando alla luce il fratellino, Dany, che aveva tanto sognato, convincerà il padre a tenerlo nonostante le difficoltà, prendendosene tutte le responsabilità. Con lei c’è poi un bambino, di nome Lucien, molto amico della protagonista ma di cui è l’esatto opposto: incredibilmente pigro, svogliato e molto impulsivo, cosa che lo porta spesso a cacciarsi nei guai. Purtroppo l’amicizia tra questi due bambini è destinata a finire a causa di un tragico incidente e qui sono costretto a fare degli spoiler per cercare di spiegare come mai credo che questo sia uno dei cartoni animati (in generale, non solo fra quelli giapponesi) più fraintesi di sempre.
Spoiler sugli episodi 13-15
Praticamente Lucien ha un litigio con Dany, a causa del suo ermellino che gli aveva distrutto uno dei suoi modellini di legno. A causa di ciò il bambino scoppia a piangere e racconta tutto ad Annette che decide di non rivolgere più la parola all’amico. Intanto sta per avvicinarsi il compleanno della bimba e cosi Lucien decide di farle un regalo per farsi perdonare, ma quando viene a sapere da Dany che Annette è ancora arrabbiata e non lo vuole alla sua festa, Lucien ha un improvviso scatto d’ira, prima rompe il regalo che Dani aveva fatto per la sorellina, poi se la prende con l’ermellino amico del bambino minacciando di buttarlo in un burrone, nel tentativo di salvare l’animaletto, Dani precipita e Lucien scappa a rifugiarsi nel fienile di casa sua, fino a che la madre non lo convince a dire la verità su quel che è successo. Dani per fortuna è ancora vivo ma rischia di dover vivere con le stampelle.
Perché dico che è un anime cosi frainteso? Perché sembra che la gente ricordi solo gli episodi 13-15 o soltanto quello, il 29, in cui la protagonista fa a Lucien quel gesto per cui viene ricordata come una rancorosa, addirittura c’è chi l’ha paragonata a un demone pieno di rancore. Sicuramente non è una santa, si discosta molto dall’orfanella dal cuore d’oro sempre propensa al perdono. Nonostante i tentativi di Lucien di farsi perdonare lei si comporta in maniera veramente odiosa, ma non dobbiamo dimenticarci che tutto ciò è iniziato a causa dell’impulsività del suo ex amico, che ha praticamente rovinato la vita al fratellino di cui aveva promesso alla madre di occuparsene proprio sul letto di morte. Io non credo che quelli che criticano cosi aspramente la protagonista si rendano veramente conto di cosa significhi rimanere invalidi cosi piccoli: non avere più la possibilità di correre, saltare e tutte quelle cose che a un bambino di cinque anni piace fare, la reazione di Annette è quella di una madre che vede il proprio bambino privato di tutte quelle cose e, mi dispiace, ma quello che poi la protagonista fa per vendicarsi è comunque meno grave di togliere a un bambino la possibilità di essere autonomo.
Lucien dimostrerà il suo pentimento, anche grazie ai consigli di un vecchio signore con cui farà amicizia, oltre a incoraggiarlo nell'unica cosa che gli permette di andare avanti, intagliare il legno, e riuscirà alla fine a farsi perdonare. Penso abbia molto da insegnare sulla redenzione. Ma il perdono, non è una cosa che ti può essere regalata, troppe persone pensano che bastino le scuse a rimediare a ogni cosa, lo stesso Lucien non fa che scusarsi nel primi episodi, quel che succede nel famoso episodio è solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Di questo l'anime tratta: della redenzione (di Lucien) e del perdono (di Annette), due cose che vanno sviluppate col tempo, la sincerità e la bontà.
Personalmente non ritengo questo anime tra i migliori del suo genere, non è evocativo come Heidi, anche se lo ricorda molto, non è avvincente o drammatico come Remì, Spicchi di cielo tra baffi di fumo o Lovely Sara ma almeno una cosa importantissima credo che la insegni e per questo andrebbe riscoperto con occhio più critico e maggiore imparzialità.
"Là sui monti come Annette
dove il cielo è sempre blu
Là con Dany e con Lucien
vieni, vieni anche tu!"
Così attacca il ritornello intonato dall'allegra voce della D'Avena, ormai storica interprete di decine e decine di sigle di cartoni animati, lasciando intendere che ci troviamo di fronte a una simpatica serie di vicende di bimbi fra i verdi paesaggi di montagna, qualcosa di simile al più famoso "Heidi".
Ebbene, nulla di più ingannevole!
"Arupusu Monogatari Watashi no Annetto", "Là sui monti con Annette", appunto, è un meisaku del 1983 appartenente al World Masterpiece Theater ed è tratto dal romanzo Patricia M. St. John "Tesori tra la neve". L'inizio è apparentemente spensierato e ci mostra la vita di questi bambini di un piccolo villaggio (realmente esistente) fra le Alpi, divisi fra scuola, lavoretti di casa e giochi nei prati e sulla neve: Annette e Lucien sono amici per la pelle, lei vive con i genitori e la mamma è in attesa di un altro bimbo, desiderato anche dalla futura sorella maggiore. Insomma, tutto sembrerebbe dare ragione alla D'Avena, ma già dopo un paio di episodi le atmosfere iniziano a cambiare, un evento che dovrebbe essere esclusivamente gioioso rivela le sue possibili tragiche conseguenze; e, come se ciò non bastasse, dopo un salto temporale di cinque anni ci si prepara a quello che sarà il dramma principale della vicenda, che trascinerà in un modo e in un altro i vari personaggi verso gli eventi successivi fino al finale. E così, una storia in apparenza infantile assume toni estremamente adulti.
Certo, questa non è una novità per un meisaku, ma lo è il fatto che non ne sono gli adulti la causa scatenante, il tutto nasce da una questione fra bambini e verrà risolto in buona parte fra di loro. Mentre negli altri meisaku buona parte delle disgrazie dei bambini sono causate da adulti senza scrupoli, qui gli adulti sono buoni, gentili, la loro presenza è collegata per lo più a vicende positive; al contrario, sono i bambini a covare sentimenti negativi, i loro visi talvolta sono deformati da espressioni persino grottesche, per rendere ottimamente la situazione e i loro stato d'animo (il culmine viene raggiunto nella scena di Annette che tiene fra le mani l'arca di Noè di legno, non anticipo altro per non spoilerare). Nessun bambino è perfetto, nemmeno la principale vittima della situazione, e non lo dico solo per la sua vocina irritante! In particolare, Annette e Lucien non sono mostri di simpatia, lei è totalmente diversa dalla solare Heidi, ma in compenso sono personaggi estremamente umani, che hanno ciascuno la propria grande crescita personale, un po' per le difficoltà della vita e un po' per l'essersi trovati a soli dodici anni di fronte a circostanze così gravi, ciascuno dal suo punto di vista.
Questa particolarità, se da un lato può rendere questo anime meno gradevole per i bambini, anche per la difficoltà nell'immedesimazione nei propri coetanei, rende dall'altro la serie più adatta a un pubblico maturo e quindi più capace di comprendere la complessità di una situazione in cui si riesce facilmente a prendere le parti dell'uno o dell'altro.
Una storia intensa, che tratta temi duri, come la colpa, il rancore, il riscatto, il perdono e anche il bullismo, che in comune con "Heidi" ha esclusivamente l'ambientazione e l'importanza di temi religiosi (molto marginali nell'anime di Isao Takahata, ma molto più importanti nel libro della Spyri, in cui la nonna di Clara è un personaggio estremamente religioso, alquanto simile alla prozia Claude di Annette).
Finalmente ieri sono riuscita a vedere anche il film (il cui titolo è come il libro), ma, per quanto esso sia gradevole, in meno di due ore la storia non viene resa altrettanto bene, lasciando oscuri alcuni punti che in una serie di così ampio respiro ("Là sui monti con Annette" conta quarantotto episodi) trovano tutti ampia spiegazione e il giusto spazio.
Infine non posso non menzionare positivamente character design, animazione e doppiaggio, con voci perfettamente adatte ai personaggi.
Da piccola non apprezzavo particolarmente questo anime, perché riuscivo a cogliervi soltanto l'antipatia dei due protagonisti, ma, rivedendolo a distanza di tanto tempo, mi rendo conto di quanto fosse superficiale la mia valutazione di una serie ingiustamente sminuita.
Voto globale: 9
dove il cielo è sempre blu
Là con Dany e con Lucien
vieni, vieni anche tu!"
Così attacca il ritornello intonato dall'allegra voce della D'Avena, ormai storica interprete di decine e decine di sigle di cartoni animati, lasciando intendere che ci troviamo di fronte a una simpatica serie di vicende di bimbi fra i verdi paesaggi di montagna, qualcosa di simile al più famoso "Heidi".
Ebbene, nulla di più ingannevole!
"Arupusu Monogatari Watashi no Annetto", "Là sui monti con Annette", appunto, è un meisaku del 1983 appartenente al World Masterpiece Theater ed è tratto dal romanzo Patricia M. St. John "Tesori tra la neve". L'inizio è apparentemente spensierato e ci mostra la vita di questi bambini di un piccolo villaggio (realmente esistente) fra le Alpi, divisi fra scuola, lavoretti di casa e giochi nei prati e sulla neve: Annette e Lucien sono amici per la pelle, lei vive con i genitori e la mamma è in attesa di un altro bimbo, desiderato anche dalla futura sorella maggiore. Insomma, tutto sembrerebbe dare ragione alla D'Avena, ma già dopo un paio di episodi le atmosfere iniziano a cambiare, un evento che dovrebbe essere esclusivamente gioioso rivela le sue possibili tragiche conseguenze; e, come se ciò non bastasse, dopo un salto temporale di cinque anni ci si prepara a quello che sarà il dramma principale della vicenda, che trascinerà in un modo e in un altro i vari personaggi verso gli eventi successivi fino al finale. E così, una storia in apparenza infantile assume toni estremamente adulti.
Certo, questa non è una novità per un meisaku, ma lo è il fatto che non ne sono gli adulti la causa scatenante, il tutto nasce da una questione fra bambini e verrà risolto in buona parte fra di loro. Mentre negli altri meisaku buona parte delle disgrazie dei bambini sono causate da adulti senza scrupoli, qui gli adulti sono buoni, gentili, la loro presenza è collegata per lo più a vicende positive; al contrario, sono i bambini a covare sentimenti negativi, i loro visi talvolta sono deformati da espressioni persino grottesche, per rendere ottimamente la situazione e i loro stato d'animo (il culmine viene raggiunto nella scena di Annette che tiene fra le mani l'arca di Noè di legno, non anticipo altro per non spoilerare). Nessun bambino è perfetto, nemmeno la principale vittima della situazione, e non lo dico solo per la sua vocina irritante! In particolare, Annette e Lucien non sono mostri di simpatia, lei è totalmente diversa dalla solare Heidi, ma in compenso sono personaggi estremamente umani, che hanno ciascuno la propria grande crescita personale, un po' per le difficoltà della vita e un po' per l'essersi trovati a soli dodici anni di fronte a circostanze così gravi, ciascuno dal suo punto di vista.
Questa particolarità, se da un lato può rendere questo anime meno gradevole per i bambini, anche per la difficoltà nell'immedesimazione nei propri coetanei, rende dall'altro la serie più adatta a un pubblico maturo e quindi più capace di comprendere la complessità di una situazione in cui si riesce facilmente a prendere le parti dell'uno o dell'altro.
Una storia intensa, che tratta temi duri, come la colpa, il rancore, il riscatto, il perdono e anche il bullismo, che in comune con "Heidi" ha esclusivamente l'ambientazione e l'importanza di temi religiosi (molto marginali nell'anime di Isao Takahata, ma molto più importanti nel libro della Spyri, in cui la nonna di Clara è un personaggio estremamente religioso, alquanto simile alla prozia Claude di Annette).
Finalmente ieri sono riuscita a vedere anche il film (il cui titolo è come il libro), ma, per quanto esso sia gradevole, in meno di due ore la storia non viene resa altrettanto bene, lasciando oscuri alcuni punti che in una serie di così ampio respiro ("Là sui monti con Annette" conta quarantotto episodi) trovano tutti ampia spiegazione e il giusto spazio.
Infine non posso non menzionare positivamente character design, animazione e doppiaggio, con voci perfettamente adatte ai personaggi.
Da piccola non apprezzavo particolarmente questo anime, perché riuscivo a cogliervi soltanto l'antipatia dei due protagonisti, ma, rivedendolo a distanza di tanto tempo, mi rendo conto di quanto fosse superficiale la mia valutazione di una serie ingiustamente sminuita.
Voto globale: 9
"Sui Monti con Annette" parte come un semplice clone di Heidi. L'ambientazione è nella Svizzera francese invece che tedesca, l'amichetto d'infanzia si chiama Lucien invece che Peter, ma per il resto vediamo scene che ci sono ben familiari: la scuola, la gara con le slitte, la lavorazione del formaggio, eccetera. La prima impressione è quindi quella di un meisaku non brutto ma inutile. Questo per la prima dozzina di puntate. Poi arriva il dramma e "Sui Monti con Annette" si trasforma in uno dei più interessanti e originali meisaku mai realizzati. Interessante e originale non tanto per il dramma in sé, ma per le modalità in cui avviene e per le sue conseguenze psicologiche sui protagonisti.
L'argomento fondamentale di "Sui Monti con Annette" è qualcosa che non è mai stato approfondito prima in nessun meisaku: il senso di colpa. L'incidente che costa una gamba al fratellino di Annette non è dovuto al caso o alla sfortuna, ma è causato colpevolmente da Lucien, che si arrabbia con Dani perché la rancorosa Annette non vuole invitarlo alla sua festa di compleanno. È qui che si capisce come ogni somiglianza con Heidi sia puramente accessoria; certo, in Heidi abbiamo Clara nella parte della paralitica, mentre in Annette abbiamo Dani, ma non è questo che conta. Non è la malattia il tema dominante. Il nucleo fondamentale di Annette è il senso di colpa e la difficoltà dell'espiazione, tutt'altro rispetto al nucleo fondamentale di Heidi che è la gioia di vivere, in grado di trionfare su qualunque avversità. "Sui Monti con Annette" è una serie molto più oscura di Heidi, una serie che scandaglia il lato buio dell'animo umano. Se Heidi è l'archetipo della bambina buona e solare, troppo perfetta per essere vera, Annette è una bambina molto più realistica: rancorosa e vendicativa, a volte decisamente crudele, arriva a degli estremi allo scopo di tenere in piedi l'odio e di non permettere la riconciliazione tra Dani e Lucien. È nella psicologia di Annette e Lucien che sta tutta l'originalità della serie: mentre virtualmente in tutti i meisaku esistenti i bambini protagonisti sono buoni e perfetti e gli unici a essere crudeli sono gli adulti, "Sui Monti con Annette" è un caso più unico che raro in cui tutti gli adulti sono buoni e perfetti (fin troppo), mentre i bambini protagonisti sono pieni di difetti.
Come ho detto, Annette è rancorosa, ma anche Lucien non è esente da colpe: ragazzo normalmente di buon cuore, se si arrabbia non esita a venire alle mani e a prendersela con quelli più deboli di lui (Dani e Klaus, l'ermellino di Dani), comportandosi da bullo. Oltre a questo è vigliacco e invece di prendersi le sue responsabilità nell'incidente di Dani scappa a piangere nel fienile. Occorreranno decine e decine di puntate a Lucien per riscattarsi, e ci riuscirà grazie anche all'aiuto del vecchio Peguin, ex-carcerato che di senso di colpa e desiderio di riscatto ne sa qualcosa. Dall'altra parte in queste decine di puntate Annette dovrà venire a patti con i lati più oscuri del suo carattere e riuscire a trovare la forza di aprirsi al perdono, cosa difficilissima, che avverrà solo dopo tutta una catena di eventi magistralmente delineata. Notevole la scena in cui Annette in lacrime confessa alla vecchia zia di essere "cattiva e malvagia". Sono anche presenti svariati riferimenti alla cristianità (una notte Annette sogna addirittura Gesù Cristo che bussa alla sua porta), come è giusto che sia essendo un meisaku tratto dal libro di Patricia St. John "I tesori tra la neve" del 1950. Patricia St. John, oltre che scrittrice, è una suora missionaria. Esiste anche un film del 1980, "Treasures of the Snow", di Mike Pritchard che racconta la stessa storia, che conto di vedere prima o poi. Purtroppo una breve recensione non può rendere giustizia ai molti temi trattati nell'opera; ne cito solo uno, l'arte come mezzo di espiazione, visto che per sfuggire al senso di colpa Lucien si dedica alla scultura, unica occupazione con cui riesce a dimenticare temporaneamente il senso di colpa che lo tormenta.
È anche degno di nota il tema dell'escalation della rabbia, che nasce perlopiù da incidenti insignificanti, ma che tramite una spirale perversa si amplifica e può alla fine portare a vere e proprie tragedie. Tanto è facile e quasi "naturale" è la strada che porta all'odio, tanto è difficile e irta di difficoltà la strada che porta alla riconciliazione. Il tutto viene descritto in maniera semplice ma non semplicistica, adatta al target primario dell'anime, i bambini, ma anche agli adulti. Per il tema trattato, per la delicatezza con cui è trattato, per la qualità dei disegni, perfettamente adeguati a rendere i sentimenti dei protagonisti e per l'eccezionalità delle voci italiane (in particolare Rossella Acerbo nella parte di Annette, Julian Olivieri Orioles nella parte di Lucien, di cui non dimenticheremo mai la "r" moscia, e infine Rita Baldini nella parte di Dani, la voce più indovinata di tutte), "Sui Monti con Annette" merita una valutazione molto alta, pure in un genere in cui l'alta qualità è la norma.
La sigla di Cristina d'Avena è assolutamente non in linea con le atmosfere dell'anime, comunque è orecchiabile e rimane in mente, mentre l'opening giapponese non mi ha convinto molto (meglio l'ending). Da riscoprire e da vedere.
L'argomento fondamentale di "Sui Monti con Annette" è qualcosa che non è mai stato approfondito prima in nessun meisaku: il senso di colpa. L'incidente che costa una gamba al fratellino di Annette non è dovuto al caso o alla sfortuna, ma è causato colpevolmente da Lucien, che si arrabbia con Dani perché la rancorosa Annette non vuole invitarlo alla sua festa di compleanno. È qui che si capisce come ogni somiglianza con Heidi sia puramente accessoria; certo, in Heidi abbiamo Clara nella parte della paralitica, mentre in Annette abbiamo Dani, ma non è questo che conta. Non è la malattia il tema dominante. Il nucleo fondamentale di Annette è il senso di colpa e la difficoltà dell'espiazione, tutt'altro rispetto al nucleo fondamentale di Heidi che è la gioia di vivere, in grado di trionfare su qualunque avversità. "Sui Monti con Annette" è una serie molto più oscura di Heidi, una serie che scandaglia il lato buio dell'animo umano. Se Heidi è l'archetipo della bambina buona e solare, troppo perfetta per essere vera, Annette è una bambina molto più realistica: rancorosa e vendicativa, a volte decisamente crudele, arriva a degli estremi allo scopo di tenere in piedi l'odio e di non permettere la riconciliazione tra Dani e Lucien. È nella psicologia di Annette e Lucien che sta tutta l'originalità della serie: mentre virtualmente in tutti i meisaku esistenti i bambini protagonisti sono buoni e perfetti e gli unici a essere crudeli sono gli adulti, "Sui Monti con Annette" è un caso più unico che raro in cui tutti gli adulti sono buoni e perfetti (fin troppo), mentre i bambini protagonisti sono pieni di difetti.
Come ho detto, Annette è rancorosa, ma anche Lucien non è esente da colpe: ragazzo normalmente di buon cuore, se si arrabbia non esita a venire alle mani e a prendersela con quelli più deboli di lui (Dani e Klaus, l'ermellino di Dani), comportandosi da bullo. Oltre a questo è vigliacco e invece di prendersi le sue responsabilità nell'incidente di Dani scappa a piangere nel fienile. Occorreranno decine e decine di puntate a Lucien per riscattarsi, e ci riuscirà grazie anche all'aiuto del vecchio Peguin, ex-carcerato che di senso di colpa e desiderio di riscatto ne sa qualcosa. Dall'altra parte in queste decine di puntate Annette dovrà venire a patti con i lati più oscuri del suo carattere e riuscire a trovare la forza di aprirsi al perdono, cosa difficilissima, che avverrà solo dopo tutta una catena di eventi magistralmente delineata. Notevole la scena in cui Annette in lacrime confessa alla vecchia zia di essere "cattiva e malvagia". Sono anche presenti svariati riferimenti alla cristianità (una notte Annette sogna addirittura Gesù Cristo che bussa alla sua porta), come è giusto che sia essendo un meisaku tratto dal libro di Patricia St. John "I tesori tra la neve" del 1950. Patricia St. John, oltre che scrittrice, è una suora missionaria. Esiste anche un film del 1980, "Treasures of the Snow", di Mike Pritchard che racconta la stessa storia, che conto di vedere prima o poi. Purtroppo una breve recensione non può rendere giustizia ai molti temi trattati nell'opera; ne cito solo uno, l'arte come mezzo di espiazione, visto che per sfuggire al senso di colpa Lucien si dedica alla scultura, unica occupazione con cui riesce a dimenticare temporaneamente il senso di colpa che lo tormenta.
È anche degno di nota il tema dell'escalation della rabbia, che nasce perlopiù da incidenti insignificanti, ma che tramite una spirale perversa si amplifica e può alla fine portare a vere e proprie tragedie. Tanto è facile e quasi "naturale" è la strada che porta all'odio, tanto è difficile e irta di difficoltà la strada che porta alla riconciliazione. Il tutto viene descritto in maniera semplice ma non semplicistica, adatta al target primario dell'anime, i bambini, ma anche agli adulti. Per il tema trattato, per la delicatezza con cui è trattato, per la qualità dei disegni, perfettamente adeguati a rendere i sentimenti dei protagonisti e per l'eccezionalità delle voci italiane (in particolare Rossella Acerbo nella parte di Annette, Julian Olivieri Orioles nella parte di Lucien, di cui non dimenticheremo mai la "r" moscia, e infine Rita Baldini nella parte di Dani, la voce più indovinata di tutte), "Sui Monti con Annette" merita una valutazione molto alta, pure in un genere in cui l'alta qualità è la norma.
La sigla di Cristina d'Avena è assolutamente non in linea con le atmosfere dell'anime, comunque è orecchiabile e rimane in mente, mentre l'opening giapponese non mi ha convinto molto (meglio l'ending). Da riscoprire e da vedere.
<b>Attenzione! Contiene spoiler!</b>
Annette Barniel è una bambina vivace, franca e risoluta. Ha sette anni, vive tra montagne alte e la sua storia inizia in maniera allegra e spensierata. Salta gli scalini di casa a piè pari, si precipita giù in strada per arrivare in tempo all'appuntamento con Lucien e, insieme al suo migliore amico, vanno alla volta della scuola nel piccolo paesino di Rossinière. La vita di Annette sembra essere come quella di una qualsiasi delle sue amiche. La mattina presto aiuta il padre a mungere le mucche, più tardi va a scuola, un bisticcio qui e là con i suoi compagni e poi si ritorna a casa, a raccontare la sua giornata alla mamma, la dolce madre in attesa del suo fratellino. Annette sente sin da subito che sarà un maschio, e punta tutta la sua attenzione su di lui; sul nome che avrà, sul comportamento che terrà, sul suo ruolo di sorella maggiore. Ed è proprio con la nascita di Dany che la vita della bambina prenderà una piega inaspettata. Nel giro di una sera, la sorella esemplare quale Annette si augurava di divenire, si improvvisa come sostituta madre. Il passo è istantaneo. Il piccolo ha bisogno di cure e la vita poco agiata dei Barniel non permette di indugiare. La scuola passa in secondo piano per una bambina avvezza ai lavori di casa.
Quella che ci viene mostrata è la vita di una ragazzina che si affaccia al mondo e alle responsabilità ancor prima dei suoi coetanei. Stavolta Annette sarà intransigente anche con sé stessa. Non si permetterà distrazioni né alcune priorità, se non quella di badare a Dany. Le sue ansie sembrano acquietarsi solo con l'arrivo di un'anziana zia, accorsa appositamente per badare ai nipoti mentre il padre, Pierre, lavora.
La vita sembra aver ripristinato il suo naturale corso degli eventi. Annette ritorna a essere una studentessa diligente e passa le sue giornate con Lucien. Con il suo solito fare pignolo, rimbecca le mancanze dell'amico, immaturo e frivolo, che nessun evento esistenziale sembra scuotere dal suo torpore. I due amici di infanzia condividono giochi e risate, ma il percorso differente che hanno dovuto affrontare li porta a costruire due indoli opposte. Lui è rilassato, anche troppo, tipico di chi non ha ancora acquisito il minimo senso del dovere o una dimensione della propria condizione presente e futura. Lei risulta intollerante a ciò. Costretta a fare i conti presto con la realtà, e con un carattere apprensivo e bacchettone, tende a far da portavoce del messaggio buono e giusto. I battibecchi sono frequenti, e con tanta frequenza si dissolvono, questo fin quando un giorno di cinque anni dopo le vite dei due ragazzi verranno cambiate.
Il cambiamento che sconvolgerà le vite dei due giovani, ormai dodicenni, gira attorno alla persona più importante per Annette. Dany, il piccolo che Annette ha giurato alla madre di proteggere. Una promessa che la ragazzina non dimentica mai, segue con sussiego le parole della madre che stringe forte al petto. Di quelle parole, di quella promessa fa una chiave del rapporto che la lega al fratello. Il dolce Dany, dalla voce allegra e dal visino grazioso. Dany che tenta di fuggire di casa per andare a vedere la prima corsa del treno in paese. Dany che sogna le storie delle favole che gli legge la sorella. Dany che chiama zietta e zio tutti gli adulti, dal controllore al dottore. Dany che con la sua lingua lunga riesce a far ridere e a farsi voler bene da tutti… Proprio quel Dany sarà investito in un incidente. Ma quella caduta nel burrone non basta per togliere il sorriso dolce e sincero dalle sue labbra. Il bambino, simbolo della purezza e delle attenzioni più nobili di tutti i personaggi della storia, continua a vivere in maniera allegra e vivace. Lo splendore di questo bambino sta nell'ingenuità con cui non si aggrapperà ai sentimenti nocivi, che corrodono l'animo di un rancore irrisolvibile. Per Dany sembra semplice perdonare Lucien, che con un suo dispetto poteva compromettergli la vita. Per Annette invece, non esiste tregua per ciò che è successo. Il gesto le sembra fatale come se lo avesse compiuto lei stessa, un attentato alla vita che lei si è dedicata a proteggere e accudire, alla vita che le è più cara e che la ricollega alla defunta madre.
Da qui in avanti "Sui monti con Annette" si tingerà di toni cupi, sentimenti d'astio, che sbocciano in istintivi scatti di rabbia. Il disegno semplice ed essenziale si rivela fortemente espressivo nei volti dei personaggi nei momenti di maggiore tensione. L'odio, che acceca la nostra protagonista, le fa perdere il senno con cui ossequiosamente ha sempre condotto e levigato la sua persona. L'accanimento verso il capro espiatorio delle limitazioni alla gamba del fratello provocano in lei un atteggiamento irriconoscibile (persino per sé stessa!). Così, Lucien non verrà mai a capo del modo con cui recuperare l'amicizia perduta, né del senso di colpa che tutti i giorni gli si rovescia addosso tramite Annette e i suoi compagni. Sembra quasi che venga data una risposta alla tacita domanda che tutti si ponevano fino ad allora: "Lucien, quando crescerai e diverrai responsabile?". Ed eccolo, un Lucien sconsolato e allontanato da tutti, che vaga nella foresta piangendo. Incontra l'uomo, Peguin, che di colpe ne sa qualcosa. E dell'espiazione di esse cerca ancora una soluzione. Trasferisce i suoi anni di esperienza e saggezza al giovane ragazzo, e gli ispira la via, la passione, la dedizione al lavoro. Lucien inizia a sentirsi utile in fattoria e a essere elogiato per le sue sculture in legno. Il ragazzo si fa forza, crea un suo spazio in cui rifugiarsi, e con cui una volta uscito dal suo mondo leggero e sognante, possa presentarsi agli altri con qualcosa di ammirabile, qualcosa di cui andare fiero. Ovviamente, nulla di tutto questo potrà rendergli la sua amica di infanzia, la sua unica compagna di giochi. Ma ci prova, e ci riprova.
La seconda parte dell'anime, è un gioco a perdersi e ritrovarsi per Annette e Lucien. I risentimenti e i ricordi affioreranno come spinte positive, e poi, d'un tratto, come attrito fra i due vecchi amici. I passi che muoveranno - l'uno verso l'altra, e l'una contro l'altro - sembrano non coincidere mai. La tempistica è sempre sbagliata, le preoccupazioni aumentano, le persone si intromettono e le voci si spandono da orecchio a orecchio. Il tempo, si sa, guarisce ogni cosa. Scalfisce persino la risolutezza di Annette, ma le stampelle di Dany sembrano un ricordo che non svanisce mai. Un'immagine che lampeggia nella sua testa, come un allarme rosso, rosso come l'odio e la vendetta. Le lacrime e le scuse, i pentimenti e la bontà non sembrano lasciar stare i nostri protagonisti. I genitori, i veri adulti della storia, si comprendono. Il bambino, la vittima, continua imperterrito a ridere e giocare con il suo piccolo amico ermellino, Klaus. Gli unici tormenti sono quelli di una fiducia spezzata, così come le prospettive di un futuro spensierato tra i due amici. La storia non preme sulla disperazione di un bambino disabile. Le cose di cui Dany si priva emergono con semplicità, dal suo chiacchiericcio buffo e delizioso. Dany è un personaggio solare, decretato a sciogliere i cuori e i sorrisi dello spettatore. Ma la storia si concentra su tutt'altro aspetto. I riflettori fanno luce sulle ombre dell'animo umano, sulle peripezie della vita che ci mettono alla prova, e ci temprano, su come non si è più bambini nemmeno da giovani se si è orfani. E non si è comunque abbastanza adulti da fare le scelte giuste, almeno non in tempo.
"Sui monti con Annette" non è una storia con il 'cielo sempre blu', come ci viene cantato nella sigla italiana. Questa è una storia in cui la torbidezza del proprio cuore va dissipata dopo un lungo lavoro con se stessi. Un lavoro impegnativo per dei ragazzi così giovani, messi così duramente alla prova. Lo scoglio che dovranno superare vede prima di tutto una battaglia con sé stessi, prima che con il resto del mondo. Una battaglia che richiede coraggio per essere vinta. Questo è un insegnamento che il signor Nicholas - un personaggio secondario la cui presenza riesce a segnare dei passaggi fondamentali all'interno della narrazione - farà presente ai suoi alunni. Viene comunicato dunque, un insegnamento di vita, che non ha difficoltà a esser colto nella semplicità delle scene. Indimenticabile è il momento in cui Dany salta dal treno, sulle proprie gambe, piegando le proprie ginocchia e i sentimenti del pubblico quanto della zietta che lo abbraccia. In quel momento, Annette e il padre da un lato, e Lucien e la madre dall'altro, si fanno incontro verso il piccolo Dany. E così, le storie dei ragazzi di Rossinière continuano per la loro strada, fatta di battibecchi e risate fra amici, con la promessa di non perdersi di vista mai.
Annette Barniel è una bambina vivace, franca e risoluta. Ha sette anni, vive tra montagne alte e la sua storia inizia in maniera allegra e spensierata. Salta gli scalini di casa a piè pari, si precipita giù in strada per arrivare in tempo all'appuntamento con Lucien e, insieme al suo migliore amico, vanno alla volta della scuola nel piccolo paesino di Rossinière. La vita di Annette sembra essere come quella di una qualsiasi delle sue amiche. La mattina presto aiuta il padre a mungere le mucche, più tardi va a scuola, un bisticcio qui e là con i suoi compagni e poi si ritorna a casa, a raccontare la sua giornata alla mamma, la dolce madre in attesa del suo fratellino. Annette sente sin da subito che sarà un maschio, e punta tutta la sua attenzione su di lui; sul nome che avrà, sul comportamento che terrà, sul suo ruolo di sorella maggiore. Ed è proprio con la nascita di Dany che la vita della bambina prenderà una piega inaspettata. Nel giro di una sera, la sorella esemplare quale Annette si augurava di divenire, si improvvisa come sostituta madre. Il passo è istantaneo. Il piccolo ha bisogno di cure e la vita poco agiata dei Barniel non permette di indugiare. La scuola passa in secondo piano per una bambina avvezza ai lavori di casa.
Quella che ci viene mostrata è la vita di una ragazzina che si affaccia al mondo e alle responsabilità ancor prima dei suoi coetanei. Stavolta Annette sarà intransigente anche con sé stessa. Non si permetterà distrazioni né alcune priorità, se non quella di badare a Dany. Le sue ansie sembrano acquietarsi solo con l'arrivo di un'anziana zia, accorsa appositamente per badare ai nipoti mentre il padre, Pierre, lavora.
La vita sembra aver ripristinato il suo naturale corso degli eventi. Annette ritorna a essere una studentessa diligente e passa le sue giornate con Lucien. Con il suo solito fare pignolo, rimbecca le mancanze dell'amico, immaturo e frivolo, che nessun evento esistenziale sembra scuotere dal suo torpore. I due amici di infanzia condividono giochi e risate, ma il percorso differente che hanno dovuto affrontare li porta a costruire due indoli opposte. Lui è rilassato, anche troppo, tipico di chi non ha ancora acquisito il minimo senso del dovere o una dimensione della propria condizione presente e futura. Lei risulta intollerante a ciò. Costretta a fare i conti presto con la realtà, e con un carattere apprensivo e bacchettone, tende a far da portavoce del messaggio buono e giusto. I battibecchi sono frequenti, e con tanta frequenza si dissolvono, questo fin quando un giorno di cinque anni dopo le vite dei due ragazzi verranno cambiate.
Il cambiamento che sconvolgerà le vite dei due giovani, ormai dodicenni, gira attorno alla persona più importante per Annette. Dany, il piccolo che Annette ha giurato alla madre di proteggere. Una promessa che la ragazzina non dimentica mai, segue con sussiego le parole della madre che stringe forte al petto. Di quelle parole, di quella promessa fa una chiave del rapporto che la lega al fratello. Il dolce Dany, dalla voce allegra e dal visino grazioso. Dany che tenta di fuggire di casa per andare a vedere la prima corsa del treno in paese. Dany che sogna le storie delle favole che gli legge la sorella. Dany che chiama zietta e zio tutti gli adulti, dal controllore al dottore. Dany che con la sua lingua lunga riesce a far ridere e a farsi voler bene da tutti… Proprio quel Dany sarà investito in un incidente. Ma quella caduta nel burrone non basta per togliere il sorriso dolce e sincero dalle sue labbra. Il bambino, simbolo della purezza e delle attenzioni più nobili di tutti i personaggi della storia, continua a vivere in maniera allegra e vivace. Lo splendore di questo bambino sta nell'ingenuità con cui non si aggrapperà ai sentimenti nocivi, che corrodono l'animo di un rancore irrisolvibile. Per Dany sembra semplice perdonare Lucien, che con un suo dispetto poteva compromettergli la vita. Per Annette invece, non esiste tregua per ciò che è successo. Il gesto le sembra fatale come se lo avesse compiuto lei stessa, un attentato alla vita che lei si è dedicata a proteggere e accudire, alla vita che le è più cara e che la ricollega alla defunta madre.
Da qui in avanti "Sui monti con Annette" si tingerà di toni cupi, sentimenti d'astio, che sbocciano in istintivi scatti di rabbia. Il disegno semplice ed essenziale si rivela fortemente espressivo nei volti dei personaggi nei momenti di maggiore tensione. L'odio, che acceca la nostra protagonista, le fa perdere il senno con cui ossequiosamente ha sempre condotto e levigato la sua persona. L'accanimento verso il capro espiatorio delle limitazioni alla gamba del fratello provocano in lei un atteggiamento irriconoscibile (persino per sé stessa!). Così, Lucien non verrà mai a capo del modo con cui recuperare l'amicizia perduta, né del senso di colpa che tutti i giorni gli si rovescia addosso tramite Annette e i suoi compagni. Sembra quasi che venga data una risposta alla tacita domanda che tutti si ponevano fino ad allora: "Lucien, quando crescerai e diverrai responsabile?". Ed eccolo, un Lucien sconsolato e allontanato da tutti, che vaga nella foresta piangendo. Incontra l'uomo, Peguin, che di colpe ne sa qualcosa. E dell'espiazione di esse cerca ancora una soluzione. Trasferisce i suoi anni di esperienza e saggezza al giovane ragazzo, e gli ispira la via, la passione, la dedizione al lavoro. Lucien inizia a sentirsi utile in fattoria e a essere elogiato per le sue sculture in legno. Il ragazzo si fa forza, crea un suo spazio in cui rifugiarsi, e con cui una volta uscito dal suo mondo leggero e sognante, possa presentarsi agli altri con qualcosa di ammirabile, qualcosa di cui andare fiero. Ovviamente, nulla di tutto questo potrà rendergli la sua amica di infanzia, la sua unica compagna di giochi. Ma ci prova, e ci riprova.
La seconda parte dell'anime, è un gioco a perdersi e ritrovarsi per Annette e Lucien. I risentimenti e i ricordi affioreranno come spinte positive, e poi, d'un tratto, come attrito fra i due vecchi amici. I passi che muoveranno - l'uno verso l'altra, e l'una contro l'altro - sembrano non coincidere mai. La tempistica è sempre sbagliata, le preoccupazioni aumentano, le persone si intromettono e le voci si spandono da orecchio a orecchio. Il tempo, si sa, guarisce ogni cosa. Scalfisce persino la risolutezza di Annette, ma le stampelle di Dany sembrano un ricordo che non svanisce mai. Un'immagine che lampeggia nella sua testa, come un allarme rosso, rosso come l'odio e la vendetta. Le lacrime e le scuse, i pentimenti e la bontà non sembrano lasciar stare i nostri protagonisti. I genitori, i veri adulti della storia, si comprendono. Il bambino, la vittima, continua imperterrito a ridere e giocare con il suo piccolo amico ermellino, Klaus. Gli unici tormenti sono quelli di una fiducia spezzata, così come le prospettive di un futuro spensierato tra i due amici. La storia non preme sulla disperazione di un bambino disabile. Le cose di cui Dany si priva emergono con semplicità, dal suo chiacchiericcio buffo e delizioso. Dany è un personaggio solare, decretato a sciogliere i cuori e i sorrisi dello spettatore. Ma la storia si concentra su tutt'altro aspetto. I riflettori fanno luce sulle ombre dell'animo umano, sulle peripezie della vita che ci mettono alla prova, e ci temprano, su come non si è più bambini nemmeno da giovani se si è orfani. E non si è comunque abbastanza adulti da fare le scelte giuste, almeno non in tempo.
"Sui monti con Annette" non è una storia con il 'cielo sempre blu', come ci viene cantato nella sigla italiana. Questa è una storia in cui la torbidezza del proprio cuore va dissipata dopo un lungo lavoro con se stessi. Un lavoro impegnativo per dei ragazzi così giovani, messi così duramente alla prova. Lo scoglio che dovranno superare vede prima di tutto una battaglia con sé stessi, prima che con il resto del mondo. Una battaglia che richiede coraggio per essere vinta. Questo è un insegnamento che il signor Nicholas - un personaggio secondario la cui presenza riesce a segnare dei passaggi fondamentali all'interno della narrazione - farà presente ai suoi alunni. Viene comunicato dunque, un insegnamento di vita, che non ha difficoltà a esser colto nella semplicità delle scene. Indimenticabile è il momento in cui Dany salta dal treno, sulle proprie gambe, piegando le proprie ginocchia e i sentimenti del pubblico quanto della zietta che lo abbraccia. In quel momento, Annette e il padre da un lato, e Lucien e la madre dall'altro, si fanno incontro verso il piccolo Dany. E così, le storie dei ragazzi di Rossinière continuano per la loro strada, fatta di battibecchi e risate fra amici, con la promessa di non perdersi di vista mai.
Quest'opera si presta a diverse interpretazioni, visto lo scorrere di diversi elementi che riguardano i protagonisti della trama, in cui si affrontano delle tematiche molto vicine a quelle dei giorni nostri.
Molto bello è il senso di "pastello" dei disegni, delle colorazioni della struttura con cui è formato quest'anime, in cui la protagonista assume ruoli sempre diversi all'interno della trama, che comunque ha una sua logica e un suo filo conduttore, visto che l'anime è tratto da un classico letterario, perché anche questo è un meisaku.
All'interno della trama ritroviamo temi come l'essere orfani in piccola età, come una mamma che muore dando comunque alla vita un figlio, laddove dare vita è sacrificare la vita, dove la vita di un bimbo rappresenta il prolungamento naturale di quella dei genitori, e ciò viene visto anche in punti dolenti come questo. Inoltre ritroviamo elementi come l'essere amici-nemici, sensazioni che ritroviamo nella vita di tutti i giorni, e come sia molto facile stringere amicizie, e quanto sia così difficile consolidarle nel tempo. Una verità, questa, che matura attraverso uno spirito importante, quello di affezionarsi a qualcuno.
Solitamente più si cresce e più si è intenti a seguire obiettivi, a seguire ambizioni, a realizzare dei sogni, e il più delle volte questi sono discorsi riguardanti quasi esclusivamente le cose, concrete o astratte che siano.
Ma quando si parla di persone il discorso è differente, tendiamo quando siamo piccoli a concedere davvero tutto di noi stessi per essere amici; si condivide di tutto, dalla merenda alla cena, dal copiare il compito in classe fino ad arrivare ai primi amori.
Ebbene questo sentimento si chiama affezionarsi a qualcuno, che è diverso dall'innamorarsi, beninteso, che è un naturale prolungamento del primo, ma questo è un discorso che poi si distacca.
La morale che l'autore vuole insegnarci è il modo in cui diventiamo dei perfetti idioti nella crescita: più ci affezioniamo a qualcuno e più il minimo errore o male che ci viene commesso, il più delle volte per sbaglio, noi lo consideriamo una delusione così cocente che il più delle volte desideriamo ardentemente reprimerlo con il sangue di coloro ai quali eravamo affezionati fino a poco prima del "fattaccio".
L'autore vuole farci rendere conto di quanto siamo vittime di facili sbagli che ci portiamo dietro per anni, se non siamo noi i primi a vedere se realmente possiamo fidarci di qualcuno - non sarà mica il qualcuno a dovere fare per forza il contrario, è ovvio.
Quindi ognuno ha le amicizie che si merita nel farle, e nel caso della trama sono delle amicizie vere che vanno convissute anche in quella che si crede sia cattiva sorte, derivante da errori effettivamente commessi solo per pura fatalità, in cui il vero male è proprio addossare delle colpe che effettivamente non ci sono, impedendo una crescita felice, sia da chi opera sia da chi subisce.
Quindi l'autore ci vuole dimostrare anche quanto siano tortuose e difficili le strade della vita, che passano anche per l'affezionarsi e per l'amicizia verso il prossimo, teatro il più delle volte di facili incomprensioni che sviluppano poca maturità. L'obiettivo che viene maggiormente inquadrato nella serie è quello di ammettere i propri errori e creare sempre nuovi spunti per ripartire, perché la naturale propensione di qualsiasi essere umano è il gruppo e lo stare con gli altri, non certo la solitudine dettata da proprie insane teorie dovute da chissà quale fattore. Quindi ci vogliono cervello e coscienza in tutte le cose, soprattutto per quelle che si credono siano le più piccole quando invece sono le più grandi.
Molto bello è il senso di "pastello" dei disegni, delle colorazioni della struttura con cui è formato quest'anime, in cui la protagonista assume ruoli sempre diversi all'interno della trama, che comunque ha una sua logica e un suo filo conduttore, visto che l'anime è tratto da un classico letterario, perché anche questo è un meisaku.
All'interno della trama ritroviamo temi come l'essere orfani in piccola età, come una mamma che muore dando comunque alla vita un figlio, laddove dare vita è sacrificare la vita, dove la vita di un bimbo rappresenta il prolungamento naturale di quella dei genitori, e ciò viene visto anche in punti dolenti come questo. Inoltre ritroviamo elementi come l'essere amici-nemici, sensazioni che ritroviamo nella vita di tutti i giorni, e come sia molto facile stringere amicizie, e quanto sia così difficile consolidarle nel tempo. Una verità, questa, che matura attraverso uno spirito importante, quello di affezionarsi a qualcuno.
Solitamente più si cresce e più si è intenti a seguire obiettivi, a seguire ambizioni, a realizzare dei sogni, e il più delle volte questi sono discorsi riguardanti quasi esclusivamente le cose, concrete o astratte che siano.
Ma quando si parla di persone il discorso è differente, tendiamo quando siamo piccoli a concedere davvero tutto di noi stessi per essere amici; si condivide di tutto, dalla merenda alla cena, dal copiare il compito in classe fino ad arrivare ai primi amori.
Ebbene questo sentimento si chiama affezionarsi a qualcuno, che è diverso dall'innamorarsi, beninteso, che è un naturale prolungamento del primo, ma questo è un discorso che poi si distacca.
La morale che l'autore vuole insegnarci è il modo in cui diventiamo dei perfetti idioti nella crescita: più ci affezioniamo a qualcuno e più il minimo errore o male che ci viene commesso, il più delle volte per sbaglio, noi lo consideriamo una delusione così cocente che il più delle volte desideriamo ardentemente reprimerlo con il sangue di coloro ai quali eravamo affezionati fino a poco prima del "fattaccio".
L'autore vuole farci rendere conto di quanto siamo vittime di facili sbagli che ci portiamo dietro per anni, se non siamo noi i primi a vedere se realmente possiamo fidarci di qualcuno - non sarà mica il qualcuno a dovere fare per forza il contrario, è ovvio.
Quindi ognuno ha le amicizie che si merita nel farle, e nel caso della trama sono delle amicizie vere che vanno convissute anche in quella che si crede sia cattiva sorte, derivante da errori effettivamente commessi solo per pura fatalità, in cui il vero male è proprio addossare delle colpe che effettivamente non ci sono, impedendo una crescita felice, sia da chi opera sia da chi subisce.
Quindi l'autore ci vuole dimostrare anche quanto siano tortuose e difficili le strade della vita, che passano anche per l'affezionarsi e per l'amicizia verso il prossimo, teatro il più delle volte di facili incomprensioni che sviluppano poca maturità. L'obiettivo che viene maggiormente inquadrato nella serie è quello di ammettere i propri errori e creare sempre nuovi spunti per ripartire, perché la naturale propensione di qualsiasi essere umano è il gruppo e lo stare con gli altri, non certo la solitudine dettata da proprie insane teorie dovute da chissà quale fattore. Quindi ci vogliono cervello e coscienza in tutte le cose, soprattutto per quelle che si credono siano le più piccole quando invece sono le più grandi.
"Là sui Monti con Annette" è un buon prodotto, molto strutturato e attento a rimanere quanto più possibile vicino alla realtà, spiegando le usanze e quant'altro succeda nell'anime e nella vita reale. Il character design è molto buono, i personaggi sono disegnati in modo accurato, così come pure i fondali e gli animali che vivono sulle montagne. La cosa negativa è che però è molto simile ad Heidi sotto parecchi punti di vista.
Ho sempre pensato a questo titolo come un inevitabile surrogato di Heidi, nonostante sapessi che tale idea fosse superficiale e poco oculata. Tuttavia, le somiglianze con il primo vero lavoro di una certa importanza del maestro Myiazaki sono, in definitiva, effimere.
Innanzi tutto lo scenario dove si svolge la storia, ovvero il meraviglioso “landscape” alpino, oltre che la protagonista femminile, ricordano proprio Hiedi, ma alla fine è solo l’apparenza che avvicina questo prodotto di media caratura al ben più noto lavoro di quello che partorirà capolavori come Totoro o Il Castello errante di Howl.
Difatti, Là sui monti con Annette ha saputo spiccare fra i vari Meisaku del tempo, genere che andava abbastanza in voga soprattutto negli anni ottanta, riuscendo a proporre una vicenda decisamente drammatica, dai toni tristi e dolorosi, sebbene l’intero lavoro, a conti fatti, non riveli ulteriori pregi.
Al di là di una storia drammatica dall’inizio ben strutturato e poi tirato per le lunghe, all’interno di Là sui monti con Annette ci sono ben pochi elementi che riescono a tenere alto il livello d’intensità come nella prima parte di tutta l’opera. L’incipit, caratterizzato da una disgrazia evitata in parte, mette a contrasto la protagonista, per l’appunto Annette, con il suo migliore amico, Lucien, dopo che quest’ultimo, in seguito ad una lite di carattere infantile, scaraventa involontariamente giù per uno dei crepacci di montagna lo sfortunato fratello di Annette, Dany. Dopo l’incosciente diverbio tramutatosi in dramma, il ragazzo non riuscirà più a camminare con le sue gambe se non con l’ausilio di una stampella e da quel momento Annette comincerà ad odiare quello che riteneva il suo migliore amico. Col passare degli episodi la vicenda si svilupperà zigzagando lungo una rete di eventi piuttosto prevedibili, nonostante ciò in alcuni casi toccanti, fino ad un finale davvero scontato (cosa che non è così strana per un Meisaku).
Ciò che invece mi ha stupito positivamente è stato il modo in cui gli autori sono riusciti a mostrare il modo di affrontare tali infausti eventi a ragazzini di circa dodici anni o giù di lì; rancore, odio, crudeltà, amicizia, paura per la salute di un familiare, responsabilità e introspezione decisamente accurata sono senza’ombra di dubbio i punti di forza dell’anime. Stereotipati invece i luoghi, sebbene suggestivi, le scuole, le abitazioni, i particolari. Insomma niente di nuovo, da questo punto di vista.
A mio parere l’opera perde di originalità dopo un buon inizio, arrancando fra episodi di cui si potrebbe fare a meno e scene ideate probabilmente per accentuare il senso di drammaticità e di dolore della protagonista, ma che potevano essere evitate tranquillamente, tanto che alla lunga risultano quasi tediosi e ridondanti.
L’aspetto tecnico è nella norma, non spicca certo di originalità, ma aggrada sufficientemente lo spettatore grazie alle soffici rotondità di un chara design tipico dell’epoca e dei Meisaku, ma nulla che faccia gridare al capolavoro.
Innanzi tutto lo scenario dove si svolge la storia, ovvero il meraviglioso “landscape” alpino, oltre che la protagonista femminile, ricordano proprio Hiedi, ma alla fine è solo l’apparenza che avvicina questo prodotto di media caratura al ben più noto lavoro di quello che partorirà capolavori come Totoro o Il Castello errante di Howl.
Difatti, Là sui monti con Annette ha saputo spiccare fra i vari Meisaku del tempo, genere che andava abbastanza in voga soprattutto negli anni ottanta, riuscendo a proporre una vicenda decisamente drammatica, dai toni tristi e dolorosi, sebbene l’intero lavoro, a conti fatti, non riveli ulteriori pregi.
Al di là di una storia drammatica dall’inizio ben strutturato e poi tirato per le lunghe, all’interno di Là sui monti con Annette ci sono ben pochi elementi che riescono a tenere alto il livello d’intensità come nella prima parte di tutta l’opera. L’incipit, caratterizzato da una disgrazia evitata in parte, mette a contrasto la protagonista, per l’appunto Annette, con il suo migliore amico, Lucien, dopo che quest’ultimo, in seguito ad una lite di carattere infantile, scaraventa involontariamente giù per uno dei crepacci di montagna lo sfortunato fratello di Annette, Dany. Dopo l’incosciente diverbio tramutatosi in dramma, il ragazzo non riuscirà più a camminare con le sue gambe se non con l’ausilio di una stampella e da quel momento Annette comincerà ad odiare quello che riteneva il suo migliore amico. Col passare degli episodi la vicenda si svilupperà zigzagando lungo una rete di eventi piuttosto prevedibili, nonostante ciò in alcuni casi toccanti, fino ad un finale davvero scontato (cosa che non è così strana per un Meisaku).
Ciò che invece mi ha stupito positivamente è stato il modo in cui gli autori sono riusciti a mostrare il modo di affrontare tali infausti eventi a ragazzini di circa dodici anni o giù di lì; rancore, odio, crudeltà, amicizia, paura per la salute di un familiare, responsabilità e introspezione decisamente accurata sono senza’ombra di dubbio i punti di forza dell’anime. Stereotipati invece i luoghi, sebbene suggestivi, le scuole, le abitazioni, i particolari. Insomma niente di nuovo, da questo punto di vista.
A mio parere l’opera perde di originalità dopo un buon inizio, arrancando fra episodi di cui si potrebbe fare a meno e scene ideate probabilmente per accentuare il senso di drammaticità e di dolore della protagonista, ma che potevano essere evitate tranquillamente, tanto che alla lunga risultano quasi tediosi e ridondanti.
L’aspetto tecnico è nella norma, non spicca certo di originalità, ma aggrada sufficientemente lo spettatore grazie alle soffici rotondità di un chara design tipico dell’epoca e dei Meisaku, ma nulla che faccia gridare al capolavoro.
Nel 1985 arriva in Italia quello che forse è il più toccante, profondo e veritiero dei Meisaku. Arriva “Alps monogatari, watashi no annette” (La sui monti con annette). Una breve nota storiografica : prodotto nel 1983, quarto titolo della famosa World Masterpiece Teather e diretto da Koso Kusuha. Annette si ispira ad un romanzo Patricia St. Jhon, “I tesori tra la neve”.
Una rapida introduzione alla trama : Annette vive col padre e le madre sui monti della svizzera francese, a Rossiniere (paese oggi famoso perché tomba del grande pittore Balthus), il suo è un piccolo mondo, fatto di gesti abitudinali come sono la montagna sa offrire e lei condivide questo mondo con Lucien, suo amico fraterno che vive con la madre e la sorella. Durante la vigilia di natale Francine, madre di Annette, muore dando alla luce il suo secondo figlio : Dany. La bambina decide di farsi carico della casa e del fratello, diventando una perfetta madre e massaia, trascurando amici e scuola. Il padre, vedendo che il compito è comunque troppo gravoso per una bambina, chiama a vivere in casa sua la zia Caude con la quale si crea subito un bel legame. Passano 5 anni, Lucien e Annette sono sempre molto legati anche se litigano spesso. Un giorno dopo una di queste liti Lucien va a casa della ragazzina per riappacificarsi e trova il piccolo Dany che ingenuamente gli confida che Annette è molto arrabbiata. Lucien perde la testa e si arrabbia con Dany, ne nasce una baruffa e il bambino cade in un precipizio. Non muore, ma non potrà più camminare senza l’aiuto di una stampella. Tra Annette e Lucien è la fine di quella profonda amicizia….
La storia inizia così, sembra un lungo spoiler ma non è che un preambolo, in quanto l’intera vicenda tratta tre argomenti molto importanti e formativi nella vita di un bambino : l’amicizia, la rabbia ed il perdono. Tacciato da molti come uno dei meisaku più banali e lenti, in realtà questo anime suggerisce allo spettatore una profonda introspezione emotiva. Da una parte Annette con il suo carattere forte, dall’altra Lucien, timido e introverso. La psicologia dei personaggi è molto ben caratterizzata e quella che potrebbe sembrare una semplice storia di amicizia si dimostra invece una guida pratica ai sentimenti. Per Annette il perdono pare impossibile e si barrica dietro un muro di odio e desiderio di vendetta, d’altra parte Lucien si crogiola in una cupa disperazione (arriverà a pensare al suicidio) ormai evitato da tutti si chiude in un in isolamento che non fa altro che aggravare la sua condizione mentale già fragile. Ed è sul sottile gioco di perdono e vendetta che l’autrice gioca tutta la trama. Fino a che punto è giusto incolpare gli altri? Cos’è il rancore? Quando e come di può perdonare? Sono tutte domande che i protagonisti si pongono, e che vengono elaborate in modo davvero eccelso dal fluire degli eventi. Lucien proverà in tutti i modi a riconquistare l’amicizia perduta, si mostra pentito e sottomesso ma questo sembra non smuovere di un millimetro l’austero gelo che Annette ha creato nei suoi confronti. Il dramma è palese ed è tutto psicologico. Ironia della sorte quello che pare soffrire meno è Dany, anche se invalido è circondato dall’affetto e dall’amore della sua famiglia e per lui non ci sono ombre insormontabili. Ad un certo punto della trama però qualcosa smuove le acque, Annette compie un gesto liberamente crudele contro Lucien e qui inizia il vero tormento. Se prima provava odio e rancore ora è anche in balia dei sensi di colpa. Si senta malvagia, sporca, crudele. Lucien sembra averla subito perdonata e questo la fa soffrire ancora di più, in quanto questo suo perdono le mostra chiaramente quanto sia stata cinica verso l’amico. Nell’ultima parte dell’anime assistiamo al riavvicinamento dei due protagonisti. Questo non avviene in modo rapido e indolore, Annette e Lucien si tenderanno la mano da molto lontano, cercando di capirsi, di riscoprirsi, come avviene nella realtà dopo una lite così profonda.
Un anime intenso quindi, che parla di temi sempre attuali e soprattutto che toccano lo spettatore. Se gli altri meisaku sensibilizzano i bambini su temi magari lontani dai loro punti di vista, questo li coinvolge emotivamente con grande passione. Per una volta si abbandona la figura del bambino perfetto, diligente, inamidato, che per quante botte prenda sorride sempre. Annette e Lucien sono veri, reali, colmi di ogni umano difetto, ma illuminati da una bontà intrinseca, di quelle che possono celarsi nel cuore di ogni persona. Il coraggio di perdonare, di dimenticare un torto, il rimorso per un grave atto nei confronti di un amico sono fatti che spingono lo spettatore ad immedesimarsi vuoi nell’uno o vuoi nell’altro ed in entrambi i casi traggono una morale positiva e molto sensata. Annette dal canto suo insegna ad accantonare il rancore e favorire il perdono. Lucien rappresenta vividamente il rimorso e i sensi di colpa. Entrambi i personaggi gestiscono questi sentimenti con grande immaturità, tipica appunto di un bambino di 12/13 anni. In questo sta la bellezza e la veridicità di quest’opera, specchio indiscusso di una realtà senza tempo. Ma ciò che più deve far riflettere lo spettatore adulto nella visione di questo anime è come nella mente dei ragazzini, nel loro mondo ancora colorato a pastelli, nei loro pensieri ancora ingenui ma già così vividi, un incidente possa sfociare in un dramma senza fine.
Il disegno è il tratto tipico della Nippon Animation dei primi anni 80. Colori pallidi, con grandi riferimenti al disegno di Miyazaki e Takahata, anche se un po’ troppo rigido a mio avviso. Una nota di merito alle musiche, caratteristiche e spesso suggestive nel sottolineare drammi e tragedie. Non sono al corrente di tagli o censure apportate a questo prodotto, anche se dubito fortemente che ne sia immune.
In definitiva uno dei meisaku più belli e più profondi, che spinge a una riflessione morale sia gli adulti che i bambini e che non può (e non deve) passare mai di moda. Dieci.
Una rapida introduzione alla trama : Annette vive col padre e le madre sui monti della svizzera francese, a Rossiniere (paese oggi famoso perché tomba del grande pittore Balthus), il suo è un piccolo mondo, fatto di gesti abitudinali come sono la montagna sa offrire e lei condivide questo mondo con Lucien, suo amico fraterno che vive con la madre e la sorella. Durante la vigilia di natale Francine, madre di Annette, muore dando alla luce il suo secondo figlio : Dany. La bambina decide di farsi carico della casa e del fratello, diventando una perfetta madre e massaia, trascurando amici e scuola. Il padre, vedendo che il compito è comunque troppo gravoso per una bambina, chiama a vivere in casa sua la zia Caude con la quale si crea subito un bel legame. Passano 5 anni, Lucien e Annette sono sempre molto legati anche se litigano spesso. Un giorno dopo una di queste liti Lucien va a casa della ragazzina per riappacificarsi e trova il piccolo Dany che ingenuamente gli confida che Annette è molto arrabbiata. Lucien perde la testa e si arrabbia con Dany, ne nasce una baruffa e il bambino cade in un precipizio. Non muore, ma non potrà più camminare senza l’aiuto di una stampella. Tra Annette e Lucien è la fine di quella profonda amicizia….
La storia inizia così, sembra un lungo spoiler ma non è che un preambolo, in quanto l’intera vicenda tratta tre argomenti molto importanti e formativi nella vita di un bambino : l’amicizia, la rabbia ed il perdono. Tacciato da molti come uno dei meisaku più banali e lenti, in realtà questo anime suggerisce allo spettatore una profonda introspezione emotiva. Da una parte Annette con il suo carattere forte, dall’altra Lucien, timido e introverso. La psicologia dei personaggi è molto ben caratterizzata e quella che potrebbe sembrare una semplice storia di amicizia si dimostra invece una guida pratica ai sentimenti. Per Annette il perdono pare impossibile e si barrica dietro un muro di odio e desiderio di vendetta, d’altra parte Lucien si crogiola in una cupa disperazione (arriverà a pensare al suicidio) ormai evitato da tutti si chiude in un in isolamento che non fa altro che aggravare la sua condizione mentale già fragile. Ed è sul sottile gioco di perdono e vendetta che l’autrice gioca tutta la trama. Fino a che punto è giusto incolpare gli altri? Cos’è il rancore? Quando e come di può perdonare? Sono tutte domande che i protagonisti si pongono, e che vengono elaborate in modo davvero eccelso dal fluire degli eventi. Lucien proverà in tutti i modi a riconquistare l’amicizia perduta, si mostra pentito e sottomesso ma questo sembra non smuovere di un millimetro l’austero gelo che Annette ha creato nei suoi confronti. Il dramma è palese ed è tutto psicologico. Ironia della sorte quello che pare soffrire meno è Dany, anche se invalido è circondato dall’affetto e dall’amore della sua famiglia e per lui non ci sono ombre insormontabili. Ad un certo punto della trama però qualcosa smuove le acque, Annette compie un gesto liberamente crudele contro Lucien e qui inizia il vero tormento. Se prima provava odio e rancore ora è anche in balia dei sensi di colpa. Si senta malvagia, sporca, crudele. Lucien sembra averla subito perdonata e questo la fa soffrire ancora di più, in quanto questo suo perdono le mostra chiaramente quanto sia stata cinica verso l’amico. Nell’ultima parte dell’anime assistiamo al riavvicinamento dei due protagonisti. Questo non avviene in modo rapido e indolore, Annette e Lucien si tenderanno la mano da molto lontano, cercando di capirsi, di riscoprirsi, come avviene nella realtà dopo una lite così profonda.
Un anime intenso quindi, che parla di temi sempre attuali e soprattutto che toccano lo spettatore. Se gli altri meisaku sensibilizzano i bambini su temi magari lontani dai loro punti di vista, questo li coinvolge emotivamente con grande passione. Per una volta si abbandona la figura del bambino perfetto, diligente, inamidato, che per quante botte prenda sorride sempre. Annette e Lucien sono veri, reali, colmi di ogni umano difetto, ma illuminati da una bontà intrinseca, di quelle che possono celarsi nel cuore di ogni persona. Il coraggio di perdonare, di dimenticare un torto, il rimorso per un grave atto nei confronti di un amico sono fatti che spingono lo spettatore ad immedesimarsi vuoi nell’uno o vuoi nell’altro ed in entrambi i casi traggono una morale positiva e molto sensata. Annette dal canto suo insegna ad accantonare il rancore e favorire il perdono. Lucien rappresenta vividamente il rimorso e i sensi di colpa. Entrambi i personaggi gestiscono questi sentimenti con grande immaturità, tipica appunto di un bambino di 12/13 anni. In questo sta la bellezza e la veridicità di quest’opera, specchio indiscusso di una realtà senza tempo. Ma ciò che più deve far riflettere lo spettatore adulto nella visione di questo anime è come nella mente dei ragazzini, nel loro mondo ancora colorato a pastelli, nei loro pensieri ancora ingenui ma già così vividi, un incidente possa sfociare in un dramma senza fine.
Il disegno è il tratto tipico della Nippon Animation dei primi anni 80. Colori pallidi, con grandi riferimenti al disegno di Miyazaki e Takahata, anche se un po’ troppo rigido a mio avviso. Una nota di merito alle musiche, caratteristiche e spesso suggestive nel sottolineare drammi e tragedie. Non sono al corrente di tagli o censure apportate a questo prodotto, anche se dubito fortemente che ne sia immune.
In definitiva uno dei meisaku più belli e più profondi, che spinge a una riflessione morale sia gli adulti che i bambini e che non può (e non deve) passare mai di moda. Dieci.
<b>Attenzione Spoiler</b>
La protagonista di questo anime è Annette Barniel, una bambina di dodici anni dal carattere forte e deciso, questo è dovuto al fatto che si prende cura del fratellino da quando la madre è morta danno alla luce lo stesso Dany; altro personaggio sul quale si incentra l’anime è Lucien, amico fraterno di Annette.
Tra i due c’è un’amicizia molto forte, la quale viene rinsaldata ogni volta che fanno la pace dopo aver litigato.
E’ proprio a causa di un litigio che avviene il dramma che caratterizza la serie, dopo l’ennesima litigata Lucien Intaglia nel legno un oggetto da regalare all’amica per far pace, ma il fratello di Annette, Dany, rivela a Lucien che la sorella non lo vuole invitare alla festa per il suo compleanno. Dopo questa rivelazione i due ragazzini litigano e Dany cade da un dirupo, e a causa dell’incidente è costretto a camminare a vita con le stampelle; questo fa infuriare Annette che arriverà ad odiare Lucien.
Il ragazzo molto rattristato dell’accaduto cercherà di fare la pace con Annette e Dany, vedendo ogni sua “mossa” respinta dalla sua ex miglior amica, l’episodio più significativo al riguardo è quello in cui Lucien porta un Arca di Noè intagliata nel legno con animali a seguito a Dany, ma Annette la distrugge senza farla nemmeno vedere al fratello.
Il tempo passa e la situazione non cambia, anzi peggiora, Annette è sempre più arrabbiata con Lucien ed arriva perfino a distruggere un oggetto intagliato nel legno al quale Lucien teneva molto e che voleva regalare al piccolo Dany. Dopo questo episodio i due cominciano lentamente a riavvicinarsi.
Un giorno però Lucien viene a sapere dalla sorella che c’è un medico che è in grado di guarire Dany, ma che però partira il giorno dopo per un ‘altra città. Lucien esce e si precipita a chiamare il medico che si incuriosirà del caso di Dany e dopo qualche tempo lo opererà, ridandogli l’uso delle gambe.
Dopo questo evento i tre ragazzi torneranno ad essere amici anche se non sarà mai come prima.
La trama non è niente di speciale e i personaggi sono caratterizzati il minimo indispensabile (Annette a parere mio è odioso), la grafica e le musiche sono mediocri.
Nel complesso un opera che si può tranquillamente evitare. Voto 5..!!!!
La protagonista di questo anime è Annette Barniel, una bambina di dodici anni dal carattere forte e deciso, questo è dovuto al fatto che si prende cura del fratellino da quando la madre è morta danno alla luce lo stesso Dany; altro personaggio sul quale si incentra l’anime è Lucien, amico fraterno di Annette.
Tra i due c’è un’amicizia molto forte, la quale viene rinsaldata ogni volta che fanno la pace dopo aver litigato.
E’ proprio a causa di un litigio che avviene il dramma che caratterizza la serie, dopo l’ennesima litigata Lucien Intaglia nel legno un oggetto da regalare all’amica per far pace, ma il fratello di Annette, Dany, rivela a Lucien che la sorella non lo vuole invitare alla festa per il suo compleanno. Dopo questa rivelazione i due ragazzini litigano e Dany cade da un dirupo, e a causa dell’incidente è costretto a camminare a vita con le stampelle; questo fa infuriare Annette che arriverà ad odiare Lucien.
Il ragazzo molto rattristato dell’accaduto cercherà di fare la pace con Annette e Dany, vedendo ogni sua “mossa” respinta dalla sua ex miglior amica, l’episodio più significativo al riguardo è quello in cui Lucien porta un Arca di Noè intagliata nel legno con animali a seguito a Dany, ma Annette la distrugge senza farla nemmeno vedere al fratello.
Il tempo passa e la situazione non cambia, anzi peggiora, Annette è sempre più arrabbiata con Lucien ed arriva perfino a distruggere un oggetto intagliato nel legno al quale Lucien teneva molto e che voleva regalare al piccolo Dany. Dopo questo episodio i due cominciano lentamente a riavvicinarsi.
Un giorno però Lucien viene a sapere dalla sorella che c’è un medico che è in grado di guarire Dany, ma che però partira il giorno dopo per un ‘altra città. Lucien esce e si precipita a chiamare il medico che si incuriosirà del caso di Dany e dopo qualche tempo lo opererà, ridandogli l’uso delle gambe.
Dopo questo evento i tre ragazzi torneranno ad essere amici anche se non sarà mai come prima.
La trama non è niente di speciale e i personaggi sono caratterizzati il minimo indispensabile (Annette a parere mio è odioso), la grafica e le musiche sono mediocri.
Nel complesso un opera che si può tranquillamente evitare. Voto 5..!!!!
Sicuramente un prodotto ben fatto. Una storia di bambini e della loro quotidianità fatta di eventi piccoli e grandi, da quelli più drammatici a quelli più frivoli. All'epoca (lo guardavo da bambino) lo consideravo un catone "da femmine" e forse avevo ragione. Ad ogni modo, ripensandoci non posso non ricordare come la sua struttura fosse invece tutt'altro che banale. Tecnicamente era in linea con le produzioni medio alte dell'epoca. Vista la sua ambientazione 'classica' (Alpi, seconda metà dell'800 se non ricordo male) potrebbe risultare un anime godibilissimo anche ora.
Penso di aver visto tutti gli episodi, e il mio giudizio è solo uno: Annette è da prendere per i capelli e gonfiarla come un canotto. A causa di un semplice litigio uno sfigatello come Lucien ha penato per tutti gli episodi dannandosi per fare l'arca di noè, il cavallo di legno che Annette gli sfascia per invidia, e tante altre cose che potevano risolversi molto prima. E poi Annette mi è diventata odiosa per via della sua doppiatrice (la stessa di Tom Baker). Pollice verso. Meglio Heidi