Old Boy
“Ridi ed il mondo riderà con te, piangi e piangerai da solo”.
Nella Nouvelle Vague coreana, insieme a Kim ki-duk, Park Chan-wook risalta indubbiamente come figura di spicco, grazie ad una cifra stilistica tutta sua capace di reinventare la settima arte nonostante le palesi contaminazioni del cinema europeo ed americano (Tarantino su tutti). Non a caso proprio il regista di “Pulp fiction”, esterrefatto da questo gioiellino, ha definito “Old boy” il film che avrebbe sempre voluto fare.
La storia è ispirata all’omonimo manga di Marginal e racconta le vicende di Dae-su, un alcolista donnaiolo un po' farfallone che inizia a prendere la vita sul serio solo quando, apparentemente senza un perché, viene imprigionato per 15 anni dentro la fatiscente stanza di un grattacielo. Costretto ad abbandonare moglie e figlia piccola (la moglie verrà assassinata poco dopo la reclusione facendo cadere su di lui i sospetti dei familiari) Dae-su trascorrerà la prigionia allenando duramente il suo fisico, covando un odio smisurato verso l’uomo che l’ha rinchiuso, a cui non riesce a dare un volto, odio pronto a strabordare ed esplodere in un’efferata vendetta una volta fuori da quella stanza. L’inesorabile solitudine è in parte ovattata da un vecchio televisore sempre acceso, che quantomeno permette a Dae-su di tenere il conto dei giorni, salvo poi sfociare in disturbanti allucinazione kafkiane: le formiche che il protagonista vede agitarsi vorticosamente nelle sue carni rappresentano perfettamente il contrasto che intercorre tra l’eusocialità dell’animale e la solitudine di Dae-su, (contrasto che rivedremo anche nell’esegesi finale) l’uomo non immagina locuste o scarafaggi, ma proprio formiche, animali cooperativi per antonomasia.
Perché quindici anni sono troppi, cosi tanti da “Far aumentare le rughe persino al ritratto sul quadro”. Costretto a mangiare a tutti i pasti ravioli fritti, ad inalare gas soporiferi e a subire continui trattamenti ipnotici e sperimentali, “il vecchio ragazzo” scava ogni giorno la parete di quella stanza, fino a riscoprire la pioggia da un piccolo foro sul muro che scrosciando gli bagna le dita notificandogli che il regolamento dei conti è vicino, cosi come scava nel substrato delle sue reminiscenze per tentare di comprendere il motivo della sua detenzione. Forse, proprio quella che per lui fu soltanto una goccia di pioggia in un mare di ricordi, per qualcun altro potrebbe essere stata una furiosa tempesta distruttiva.
“Un granello di sabbia ed una roccia nell’acqua affondano allo stesso modo”.
Park Chan-wook si districa tra i bui sobborghi sud-coreani e le innevate distese neozelandesi , confezionando un film dall’estetica invidiabile grazie ad una regia figlia di una padronanza tipica di chi si diletta con la macchina da presa, cosi virtuosa da sbaragliare la concorrenza a Cannes 2004, conquistando il premio speciale della giuria, capitanata proprio da Quentin Tarantino.
“Old boy”, grazie sopratutto alla semantica poetica ed evocativa del suo autore, sbalordì tutti, contribuendo ad assottigliare lo scetticismo occidentale verso il cinema d’oriente.
La fotografia, incredibilmente pulita e curata nei minimi dettagli, incornicia perfettamente il sardanapalesco quadro di Chan-wook in tutte le sue eccentriche fattezze. La pronunciata predominanza di colori scuri accentua (se mai ce ne fosse bisogno) la decadenza intimista dell’opera.
“La libertà è solo una prigione un po’ piu grande”.
Presto lo scoprirà anche Dae-su, ormai invischiato in un meccanismo malato, una vendetta per contrappasso analogico dantesco di cui capirà essere vittima inerme, un gioco del gatto e del topo da cui sembra impossibile uscire senza perdere il senno.
“La domanda non è perché ti ho imprigionato, ma perché ti ho lasciato scappare”.
Il regista di Seoul realizza un film altamente interpretativo, capace di ammaliare con le sue metafore talmente composite ma allo stesso tempo uniformi da incastrarsi perfettamente in un unico puzzle. Una pellicola dispotica ma anche esegetica, un’opera tanto delicata nelle sue allegorie quanto violenta nei suoi risvolti, un ossimoro, come nel nome “Old boy”. Dae-su è il ragazzo divenuto vecchio a causa della prigionia ma anche il vecchio costretto a tornare ragazzo per cercare di scovare il motivo della sua reclusione. Chan-wook scava nei lati più oscuri insiti in ogni uomo, mostrandoci l’amore sporco, immorale, incestuoso, fittizio in tutti i suoi artefatti da una prospettiva a tratti nichilista ad altri sorprendentemente illusa . “Sebbene io sappia di essere peggio di una bestia non crede che abbia anche io il diritto di vivere?”.
Un cinema che non ambisce al pragmatismo e che lunge dal mero realismo, preferendo l’eccentricità al disincanto, esplicativo in tal senso l’incredibile e utopistico piano sequenza del combattimento sul corridoio. Questo non giustifica la forzatura di alcune vicende, tuttavia fa si che stonino meno di quanto farebbero in un prodotto dalla natura dissimile.
Da segnalare l’egregia interpretazione di Choi Min-sik, che veste in modo esemplare i panni del protagonista, toccando il suo apice recitativo nella scena in cui con una feralità animalesca divora un polpo vivo con tanto di burrascosi tentacoli che gli si agitano in bocca.
“Old boy” compone insieme al precedente “Mr. Vendetta” ed al successivo “Lady Vendetta” la trilogia della vendetta di Chan-wook, e, seppur l’indubbia valenza degli altri due prodotti, la storia di Dae-su è sicuramente il fiore all’occhiello del trittico, consacrandosi prepotentemente come una delle migliori pellicole del ventunesimo secolo. Park prende ciò che di buono ha il manga (plot e ritmo in primis) e lo modella alle funzionalità di una storia iperbolicamente violenta tanto nelle forma quanto nei contenuti (se vogliamo ancor più scomodanti) riuscendo nell’arduo compito di “stravolgere” l’opera originale innalzandone all’ennesima potenza il valore complessivo, marcando il tutto con una regia machiavellica e allucinata. L’attenzione dello spettatore non scema mai, merito soprattutto di una sceneggiatura intessuta in modo pressoché impeccabile, del perfetto contrasto tra immagini e musiche e dei risvolti sempre più angoscianti che non fanno che accrescere il climax di fotogramma in fotogramma. Il finale, vero e proprio tallone d’Achille dell’opera prima, risulta a dir poco sbalorditivo, grazie ad un inedito e geniale espediente narrativo, che finalmente, senza troppi fronzoli, giustifica il folle sentimento di ritorsione dell’antagonista. E quando tutto sembra svelato il regista con un colpo di rara maestria ci sbatte in faccia una rivelazione ancor più sconcertante, tra le più agghiaccianti che orecchio umano possa udire, facendo sprofondare spettatore e protagonista nel più buio degli oblii.
“Old boy” è il raro esempio di come un’opera derivativa possa trasformare ed elevare l’originale grazie all’indomito coraggio di un autore sovversivo; un film struggente che affonda i suoi denti marci nell’animo dello spettatore senza risparmiargli nulla, dipanandosi tra voice-over, flashback e mirabolanti piano sequenza.
Chi è il mostro?
Voto: 9
Nella Nouvelle Vague coreana, insieme a Kim ki-duk, Park Chan-wook risalta indubbiamente come figura di spicco, grazie ad una cifra stilistica tutta sua capace di reinventare la settima arte nonostante le palesi contaminazioni del cinema europeo ed americano (Tarantino su tutti). Non a caso proprio il regista di “Pulp fiction”, esterrefatto da questo gioiellino, ha definito “Old boy” il film che avrebbe sempre voluto fare.
La storia è ispirata all’omonimo manga di Marginal e racconta le vicende di Dae-su, un alcolista donnaiolo un po' farfallone che inizia a prendere la vita sul serio solo quando, apparentemente senza un perché, viene imprigionato per 15 anni dentro la fatiscente stanza di un grattacielo. Costretto ad abbandonare moglie e figlia piccola (la moglie verrà assassinata poco dopo la reclusione facendo cadere su di lui i sospetti dei familiari) Dae-su trascorrerà la prigionia allenando duramente il suo fisico, covando un odio smisurato verso l’uomo che l’ha rinchiuso, a cui non riesce a dare un volto, odio pronto a strabordare ed esplodere in un’efferata vendetta una volta fuori da quella stanza. L’inesorabile solitudine è in parte ovattata da un vecchio televisore sempre acceso, che quantomeno permette a Dae-su di tenere il conto dei giorni, salvo poi sfociare in disturbanti allucinazione kafkiane: le formiche che il protagonista vede agitarsi vorticosamente nelle sue carni rappresentano perfettamente il contrasto che intercorre tra l’eusocialità dell’animale e la solitudine di Dae-su, (contrasto che rivedremo anche nell’esegesi finale) l’uomo non immagina locuste o scarafaggi, ma proprio formiche, animali cooperativi per antonomasia.
Perché quindici anni sono troppi, cosi tanti da “Far aumentare le rughe persino al ritratto sul quadro”. Costretto a mangiare a tutti i pasti ravioli fritti, ad inalare gas soporiferi e a subire continui trattamenti ipnotici e sperimentali, “il vecchio ragazzo” scava ogni giorno la parete di quella stanza, fino a riscoprire la pioggia da un piccolo foro sul muro che scrosciando gli bagna le dita notificandogli che il regolamento dei conti è vicino, cosi come scava nel substrato delle sue reminiscenze per tentare di comprendere il motivo della sua detenzione. Forse, proprio quella che per lui fu soltanto una goccia di pioggia in un mare di ricordi, per qualcun altro potrebbe essere stata una furiosa tempesta distruttiva.
“Un granello di sabbia ed una roccia nell’acqua affondano allo stesso modo”.
Park Chan-wook si districa tra i bui sobborghi sud-coreani e le innevate distese neozelandesi , confezionando un film dall’estetica invidiabile grazie ad una regia figlia di una padronanza tipica di chi si diletta con la macchina da presa, cosi virtuosa da sbaragliare la concorrenza a Cannes 2004, conquistando il premio speciale della giuria, capitanata proprio da Quentin Tarantino.
“Old boy”, grazie sopratutto alla semantica poetica ed evocativa del suo autore, sbalordì tutti, contribuendo ad assottigliare lo scetticismo occidentale verso il cinema d’oriente.
La fotografia, incredibilmente pulita e curata nei minimi dettagli, incornicia perfettamente il sardanapalesco quadro di Chan-wook in tutte le sue eccentriche fattezze. La pronunciata predominanza di colori scuri accentua (se mai ce ne fosse bisogno) la decadenza intimista dell’opera.
“La libertà è solo una prigione un po’ piu grande”.
Presto lo scoprirà anche Dae-su, ormai invischiato in un meccanismo malato, una vendetta per contrappasso analogico dantesco di cui capirà essere vittima inerme, un gioco del gatto e del topo da cui sembra impossibile uscire senza perdere il senno.
“La domanda non è perché ti ho imprigionato, ma perché ti ho lasciato scappare”.
Il regista di Seoul realizza un film altamente interpretativo, capace di ammaliare con le sue metafore talmente composite ma allo stesso tempo uniformi da incastrarsi perfettamente in un unico puzzle. Una pellicola dispotica ma anche esegetica, un’opera tanto delicata nelle sue allegorie quanto violenta nei suoi risvolti, un ossimoro, come nel nome “Old boy”. Dae-su è il ragazzo divenuto vecchio a causa della prigionia ma anche il vecchio costretto a tornare ragazzo per cercare di scovare il motivo della sua reclusione. Chan-wook scava nei lati più oscuri insiti in ogni uomo, mostrandoci l’amore sporco, immorale, incestuoso, fittizio in tutti i suoi artefatti da una prospettiva a tratti nichilista ad altri sorprendentemente illusa . “Sebbene io sappia di essere peggio di una bestia non crede che abbia anche io il diritto di vivere?”.
Un cinema che non ambisce al pragmatismo e che lunge dal mero realismo, preferendo l’eccentricità al disincanto, esplicativo in tal senso l’incredibile e utopistico piano sequenza del combattimento sul corridoio. Questo non giustifica la forzatura di alcune vicende, tuttavia fa si che stonino meno di quanto farebbero in un prodotto dalla natura dissimile.
Da segnalare l’egregia interpretazione di Choi Min-sik, che veste in modo esemplare i panni del protagonista, toccando il suo apice recitativo nella scena in cui con una feralità animalesca divora un polpo vivo con tanto di burrascosi tentacoli che gli si agitano in bocca.
“Old boy” compone insieme al precedente “Mr. Vendetta” ed al successivo “Lady Vendetta” la trilogia della vendetta di Chan-wook, e, seppur l’indubbia valenza degli altri due prodotti, la storia di Dae-su è sicuramente il fiore all’occhiello del trittico, consacrandosi prepotentemente come una delle migliori pellicole del ventunesimo secolo. Park prende ciò che di buono ha il manga (plot e ritmo in primis) e lo modella alle funzionalità di una storia iperbolicamente violenta tanto nelle forma quanto nei contenuti (se vogliamo ancor più scomodanti) riuscendo nell’arduo compito di “stravolgere” l’opera originale innalzandone all’ennesima potenza il valore complessivo, marcando il tutto con una regia machiavellica e allucinata. L’attenzione dello spettatore non scema mai, merito soprattutto di una sceneggiatura intessuta in modo pressoché impeccabile, del perfetto contrasto tra immagini e musiche e dei risvolti sempre più angoscianti che non fanno che accrescere il climax di fotogramma in fotogramma. Il finale, vero e proprio tallone d’Achille dell’opera prima, risulta a dir poco sbalorditivo, grazie ad un inedito e geniale espediente narrativo, che finalmente, senza troppi fronzoli, giustifica il folle sentimento di ritorsione dell’antagonista. E quando tutto sembra svelato il regista con un colpo di rara maestria ci sbatte in faccia una rivelazione ancor più sconcertante, tra le più agghiaccianti che orecchio umano possa udire, facendo sprofondare spettatore e protagonista nel più buio degli oblii.
“Old boy” è il raro esempio di come un’opera derivativa possa trasformare ed elevare l’originale grazie all’indomito coraggio di un autore sovversivo; un film struggente che affonda i suoi denti marci nell’animo dello spettatore senza risparmiargli nulla, dipanandosi tra voice-over, flashback e mirabolanti piano sequenza.
Chi è il mostro?
Voto: 9
Chi è il vero cattivo di questa storia? Chi è la vittima e chi è il carnefice? Chi è in diritto (se così si può dire) di chiedere vendetta e chi invece deve rassegnarsi a subirla?
Old boy è un film che parte da un idea di base molto semplice, il biblico "occhio per occhio, dente per dente", ma che riesce a confondere grazie alla sua superba arte narrativa attraverso cui distrae lo spettatore da domande che invece avrebbe dovuto porsi subito. L'uso ripetuto di scene fatte di una violenza sadica, con scene spesso così raccapriccianti da spingere a chiudere gli occhi e con tanto, tanto sangue, è solo uno degli espedienti usati in questo lavoro di distrazione dello spettatore; ci si aspetta, così, di assistere ad un film in cui, come in un videogame, il protagonista fa a pezzi chiunque incontri sulla sulla sua strada fino a raggiungere il sospirato boss finale per capire finalmente il motivo di tanto rancore. Ma così facendo, si perde di vista il gioco delle parti e quando si realizza qual è la verità si rimane a bocca aperta per quanto fosse semplice nel contenuto seppur ingegnosa per i mezzi utilizzati.
Dae-su è all'apparenza una persona qualunque, seppur piuttosto bizzarra; sembra, così, inspiegabile il fatto che possa essere stato rapito e rinchiuso in una cella per ben quindici anni. Una volta liberato, il suo primo obiettivo sarà quello di dare un senso a quei quindici anni di prigionia: cosa poteva mai aver fatto e chi poteva mai avercela con lui a tal punto da mettere in piedi tutto questo? Comincerà quindi una lunga indagine sul suo passato che lo porterà a scoprire il fantasma che si portava sulle spalle da molti anni. E ad un finale davvero inaspettato.
Premiato a Cannes nel 2004, Old boy merita davvero tutte le lodi che avevo udito da chi l'aveva già visto. Parte di una trilogia che comprende anche "Lady Vendetta" e "Mr Vendetta", questo film mette in evidenza le grandi potenzialità del cinema coreano, caratterizzato da ambientazioni decisamente "splatter" ma anche molto profondo ed ingegnoso.
Se non siete delle persone facilmente impressionabili dovete assolutamente dare una possibilità a questo film: ripagherà la vostra fiducia con gli interessi. Personalmente sono rimasto davvero soddisfatto di come sia riuscito a farmi sentire come un perfetto stupido per il non essere stato in grado di intuire dei processi mentali davvero elementari; ma è proprio questo ciò che cerco in un film di questo tipo.
Old boy è un film che parte da un idea di base molto semplice, il biblico "occhio per occhio, dente per dente", ma che riesce a confondere grazie alla sua superba arte narrativa attraverso cui distrae lo spettatore da domande che invece avrebbe dovuto porsi subito. L'uso ripetuto di scene fatte di una violenza sadica, con scene spesso così raccapriccianti da spingere a chiudere gli occhi e con tanto, tanto sangue, è solo uno degli espedienti usati in questo lavoro di distrazione dello spettatore; ci si aspetta, così, di assistere ad un film in cui, come in un videogame, il protagonista fa a pezzi chiunque incontri sulla sulla sua strada fino a raggiungere il sospirato boss finale per capire finalmente il motivo di tanto rancore. Ma così facendo, si perde di vista il gioco delle parti e quando si realizza qual è la verità si rimane a bocca aperta per quanto fosse semplice nel contenuto seppur ingegnosa per i mezzi utilizzati.
Dae-su è all'apparenza una persona qualunque, seppur piuttosto bizzarra; sembra, così, inspiegabile il fatto che possa essere stato rapito e rinchiuso in una cella per ben quindici anni. Una volta liberato, il suo primo obiettivo sarà quello di dare un senso a quei quindici anni di prigionia: cosa poteva mai aver fatto e chi poteva mai avercela con lui a tal punto da mettere in piedi tutto questo? Comincerà quindi una lunga indagine sul suo passato che lo porterà a scoprire il fantasma che si portava sulle spalle da molti anni. E ad un finale davvero inaspettato.
Premiato a Cannes nel 2004, Old boy merita davvero tutte le lodi che avevo udito da chi l'aveva già visto. Parte di una trilogia che comprende anche "Lady Vendetta" e "Mr Vendetta", questo film mette in evidenza le grandi potenzialità del cinema coreano, caratterizzato da ambientazioni decisamente "splatter" ma anche molto profondo ed ingegnoso.
Se non siete delle persone facilmente impressionabili dovete assolutamente dare una possibilità a questo film: ripagherà la vostra fiducia con gli interessi. Personalmente sono rimasto davvero soddisfatto di come sia riuscito a farmi sentire come un perfetto stupido per il non essere stato in grado di intuire dei processi mentali davvero elementari; ma è proprio questo ciò che cerco in un film di questo tipo.
Immaginate di venire rinchiusi in un appartamento per quindici anni. Avete una televisione, un bagnetto, tutto è pulito e ordinato ed ogni giorno qualcuno che non vedete vi porta del cibo e vi addormenta con del gas alla sera. Un giorno venite inaspettatamente liberati e vi ritrovate all'ultimo piano di un grattacielo. Quale sarebbe la prima domanda che vi fareste? Quelle che di Dae-su, protagonista di "Old Boy", sono state: "Chi è stato? E perché l'ha fatto?".
Comincia così un thriller mozzafiato in cui fino all'ultimo lo spettatore resta con il fiato sospeso, cercando di scoprire l'inestricabile mistero che si cela dietro una storia così strana.
"Old Boy" è indubbiamente un capolavoro. Non ci sono altre parole per descriverlo. Innanzitutto per la trama, originalissima e costruita magistralmente, con una serie di rocamboleschi colpi di scena sul finale che lasciano lo spettatore assolutamente a bocca aperta.
Ma anche per la qualità degli attori, tutti perfetti e credibilissimi nei loro ruoli. Una carica di espressività, una mimica, un savoir-faire davvero meravigliosi. Tra parentesi, c'è da dire che la versione italiana si caratterizza per un ottimo doppiaggio che rende al meglio le capacità recitative dei protagonisti.
Altro asso nella manica del film consiste sicuramente nelle musiche, perfette nel sottolineare alcuni momenti particolarmente tragici ed immaginifici, cui fa da contraltare una fotografia veramente eccezionale.
Infine, c'è il messaggio finale di questa seconda opera della "Trilogia della Vendetta " (gli altri due titoli sono, nell'ordine, "Mr. Vendetta" e "Lady Vendetta") del regista sudcoreano Park Chan-wook. Perché siamo tutti capaci di dire che la vendetta non serve e che porta solo ulteriore sofferenze; il difficile è esprimerlo, in una maniera non banale, né buonista, come riesce ottimamente a fare questo nostro "Old Boy".
Insomma, questo film va visto da chiunque apprezzi un prodotto intellettualmente stimolante. Tanto più che, a mio avviso, è riuscito a superare nettamente il suo omonimo cartaceo da cui è tratto.
Comincia così un thriller mozzafiato in cui fino all'ultimo lo spettatore resta con il fiato sospeso, cercando di scoprire l'inestricabile mistero che si cela dietro una storia così strana.
"Old Boy" è indubbiamente un capolavoro. Non ci sono altre parole per descriverlo. Innanzitutto per la trama, originalissima e costruita magistralmente, con una serie di rocamboleschi colpi di scena sul finale che lasciano lo spettatore assolutamente a bocca aperta.
Ma anche per la qualità degli attori, tutti perfetti e credibilissimi nei loro ruoli. Una carica di espressività, una mimica, un savoir-faire davvero meravigliosi. Tra parentesi, c'è da dire che la versione italiana si caratterizza per un ottimo doppiaggio che rende al meglio le capacità recitative dei protagonisti.
Altro asso nella manica del film consiste sicuramente nelle musiche, perfette nel sottolineare alcuni momenti particolarmente tragici ed immaginifici, cui fa da contraltare una fotografia veramente eccezionale.
Infine, c'è il messaggio finale di questa seconda opera della "Trilogia della Vendetta " (gli altri due titoli sono, nell'ordine, "Mr. Vendetta" e "Lady Vendetta") del regista sudcoreano Park Chan-wook. Perché siamo tutti capaci di dire che la vendetta non serve e che porta solo ulteriore sofferenze; il difficile è esprimerlo, in una maniera non banale, né buonista, come riesce ottimamente a fare questo nostro "Old Boy".
Insomma, questo film va visto da chiunque apprezzi un prodotto intellettualmente stimolante. Tanto più che, a mio avviso, è riuscito a superare nettamente il suo omonimo cartaceo da cui è tratto.
Oh Dae-su è un uomo di 30 anni che spesso si mette nei guai a causa di qualche sbronza o qualche atteggiamento poco responsabile, tuttavia essendo marito e padre di una bambina non arriva a far mancare nulla alla sua famiglia. Una sera del 1988, dopo l'ennesima sbronza che lo porta in un commissariato, viene tirato fuori dal suo fidato amico No Joo-Hwan e poco dopo scompare improvvisamente. Dae-su è stato infatti rapito e portato in un monolocale dove rimarrà imprigionato per ben 15 anni. Dopo essere stato liberato inaspettatamente, il protagonista cercherà di capire cosa ha fatto a chi per essere stato punito fino a questo punto. Pian piano scoprirà che dietro tutto questo c'è la figura di Lee Woo-Ji e verrà a conoscenza di terribili verità che sconvolgeranno il suo animo distruggendo completamente la sua mente.
Questa è la trama di "Oldboy", un film del 2003 tra i più acclamati del cinema coreano. La mente che ha dato vita al film è quella del regista Park Chan-wook, che inserisce questo lungometraggio nella Trilogia della Vendetta, che comprende anche "Mr. Vendetta" e "Lady Vendetta", un trittico che espone il tema della vendetta in tutta la sua più atroce crudeltà. "Oldboy" è infatti un film difficile da digerire per l'enorme violenza psicologica che il protagonista è costretto a subire, portandolo alla disperazione più vera e completa, sconvolgendo lo spettatore come se avesse subìto in prima persona i drammi di Dae-su, e non è un caso che proprio Quentin Tarantino in persona abbia definito questa pellicola "il film che avrei voluto fare io".
Non ci sono dubbi sul fatto che "Oldboy" sia un grandissimo thriller, realizzato in maniera impeccabile, che riesce a far gelare il sangue agli spettatori che vedranno con i loro occhi la realizzazione di uno dei più atroci piani vendicativi della storia del cinema. Quella descritta nel film è infatti una vendetta distruttiva studiata nei minimi dettagli e perfetta per distruggere completamente una persona con il più profondo odio. Park Chan-wook crea un'opera perfetta, che nel suo genere tocca vette notevoli e regala tutto ciò che un amante dei thriller più estremi desidera.
I meriti comunque non vanno soltanto a Park Chan-wook, ma anche al suo ottimo cast, che offre interpretazioni davvero significative, su tutte quelle del protagonista interpretato da Choi Min-sik, che riesce a trasmettere tutta la disperazione del suo personaggio in maniera ottimale.
Che dire in conclusione? Se siete fragili state alla larga da questo film, che è in grado di sconvolgere e lasciare un segno profondo nell'animo di chi lo vede: personalmente non mi sento uno spettatore fragile, ma devo ammettere per primo che la pesantezza di certi concetti non passa di certo inosservata. Amanti dei thriller, invece, fatevi avanti e aggiungete questo titolo con orgoglio alla vostra agghiacciante collezione.
Questa è la trama di "Oldboy", un film del 2003 tra i più acclamati del cinema coreano. La mente che ha dato vita al film è quella del regista Park Chan-wook, che inserisce questo lungometraggio nella Trilogia della Vendetta, che comprende anche "Mr. Vendetta" e "Lady Vendetta", un trittico che espone il tema della vendetta in tutta la sua più atroce crudeltà. "Oldboy" è infatti un film difficile da digerire per l'enorme violenza psicologica che il protagonista è costretto a subire, portandolo alla disperazione più vera e completa, sconvolgendo lo spettatore come se avesse subìto in prima persona i drammi di Dae-su, e non è un caso che proprio Quentin Tarantino in persona abbia definito questa pellicola "il film che avrei voluto fare io".
Non ci sono dubbi sul fatto che "Oldboy" sia un grandissimo thriller, realizzato in maniera impeccabile, che riesce a far gelare il sangue agli spettatori che vedranno con i loro occhi la realizzazione di uno dei più atroci piani vendicativi della storia del cinema. Quella descritta nel film è infatti una vendetta distruttiva studiata nei minimi dettagli e perfetta per distruggere completamente una persona con il più profondo odio. Park Chan-wook crea un'opera perfetta, che nel suo genere tocca vette notevoli e regala tutto ciò che un amante dei thriller più estremi desidera.
I meriti comunque non vanno soltanto a Park Chan-wook, ma anche al suo ottimo cast, che offre interpretazioni davvero significative, su tutte quelle del protagonista interpretato da Choi Min-sik, che riesce a trasmettere tutta la disperazione del suo personaggio in maniera ottimale.
Che dire in conclusione? Se siete fragili state alla larga da questo film, che è in grado di sconvolgere e lasciare un segno profondo nell'animo di chi lo vede: personalmente non mi sento uno spettatore fragile, ma devo ammettere per primo che la pesantezza di certi concetti non passa di certo inosservata. Amanti dei thriller, invece, fatevi avanti e aggiungete questo titolo con orgoglio alla vostra agghiacciante collezione.
L'arte della vendetta
Destinata all'appiattimento della canonizzazione e del manierismo, la cinematografia sud coreana vive all'inizio del millennio un periodo di fulgore con il lancio sulla ribalta internazionale di talenti destinati a futura memoria, fra i quali Kim Ki-Duk, Kwank Jae-Young e Park Chan-Wook. Quest'ultimo raggiunge il grande successo con il suo "Ciclo della Vendetta", un trittico che si apre nel 1999 con "Mr. Vendetta", prosegue nel 2003 con "Old boy" e si chiude nel 2005 con "Lady Vendetta".
Gioiello nero vincitore del Gran premio della giuria al Festival di Cannes nel 2004, "Old boy" narra la storia di Dae-su, imprigionato per 15 anni senza un apparente perché, e della sua implacabile sete di vendetta. Una volta libero non dovrà attendere molto per la resa dei conti perché il suo carnefice è ancora in agguato e non ha ancora chiuso la partita. L'amata Mi-do, appena conosciuta, lo affiancherà alla volta della rivincita e dell'oscuro motivo della sua lunga e sconvolgente prigionia.
Mélo efferato e crudele, edipico e kafkiano, il film trae il soggetto dall'omonimo manga di Tsuchiya Garon e Nobuaki Minegishi, ma già dalle prime sequenze il regista dimostra autonomia e personalità da vendere, con la sua cupa visionarietà iniettata di sadismo e un intreccio sorprendente e imprevedibile. A differenza di altri maestri contemporanei del noir, intenti a gestire macchinose strategie filmiche, Park Chan-Wook mette in scena una pellicola al contempo intimista e spettacolare che, con il suo incedere crudo e inesorabile, si fa strada a colpi di martello nel cuore dello spettatore.
L'eccelsa fotografia sfoggia un sopraffino gusto per l'inquadratura e per le giustapposizioni cromatiche, e completa idealmente il quadro dal punto di vista squisitamente visivo.
La colonna sonora rifiuta ogni possibile ammiccamento contemporaneo e, rifugiandosi in eleganti partiture classiche, crea una persuasione dolce e ipnotica che unita alla durezza delle immagini produce un contrasto irresistibile, un incubo lucido, un viaggio tormentato nel buio più pesto della mente e nei tabù ancestrali più inconfessabili.
"Sorridi e il mondo sorriderà con te. Piangi e piangerai da solo."
Destinata all'appiattimento della canonizzazione e del manierismo, la cinematografia sud coreana vive all'inizio del millennio un periodo di fulgore con il lancio sulla ribalta internazionale di talenti destinati a futura memoria, fra i quali Kim Ki-Duk, Kwank Jae-Young e Park Chan-Wook. Quest'ultimo raggiunge il grande successo con il suo "Ciclo della Vendetta", un trittico che si apre nel 1999 con "Mr. Vendetta", prosegue nel 2003 con "Old boy" e si chiude nel 2005 con "Lady Vendetta".
Gioiello nero vincitore del Gran premio della giuria al Festival di Cannes nel 2004, "Old boy" narra la storia di Dae-su, imprigionato per 15 anni senza un apparente perché, e della sua implacabile sete di vendetta. Una volta libero non dovrà attendere molto per la resa dei conti perché il suo carnefice è ancora in agguato e non ha ancora chiuso la partita. L'amata Mi-do, appena conosciuta, lo affiancherà alla volta della rivincita e dell'oscuro motivo della sua lunga e sconvolgente prigionia.
Mélo efferato e crudele, edipico e kafkiano, il film trae il soggetto dall'omonimo manga di Tsuchiya Garon e Nobuaki Minegishi, ma già dalle prime sequenze il regista dimostra autonomia e personalità da vendere, con la sua cupa visionarietà iniettata di sadismo e un intreccio sorprendente e imprevedibile. A differenza di altri maestri contemporanei del noir, intenti a gestire macchinose strategie filmiche, Park Chan-Wook mette in scena una pellicola al contempo intimista e spettacolare che, con il suo incedere crudo e inesorabile, si fa strada a colpi di martello nel cuore dello spettatore.
L'eccelsa fotografia sfoggia un sopraffino gusto per l'inquadratura e per le giustapposizioni cromatiche, e completa idealmente il quadro dal punto di vista squisitamente visivo.
La colonna sonora rifiuta ogni possibile ammiccamento contemporaneo e, rifugiandosi in eleganti partiture classiche, crea una persuasione dolce e ipnotica che unita alla durezza delle immagini produce un contrasto irresistibile, un incubo lucido, un viaggio tormentato nel buio più pesto della mente e nei tabù ancestrali più inconfessabili.
"Sorridi e il mondo sorriderà con te. Piangi e piangerai da solo."
E' curioso che questo film sia stato aggiunto in un sito di anime, ma non me ne stupisco dato che lo stile iperbolico orientale ne fa il miglior esempio di live action, o meglio film, tratto da un manga. Più che di anime io mi intendo di cinema in generale e vi posso assicurare, da egregio esperto, che si tratta di uno dei più grandi capolavori del ventunesimo secolo. Questo è il secondo capitolo di una trilogia "della Vendetta", diretta dal coreano Park Chan-Wook, iniziata con "Mr. Vendetta" e terminata con "Lady Vendetta". E' sì il migliore della trilogia per la compattezza, per la capacità di spiazzare lo spettatore, per la tecnica e le interpretazioni.
"Old Boy" parla di Dae-Su, povero ubriacone che viene chiuso in una cella per quindici anni senza apparente motivo. Dopo il tempo citato viene liberato e comincia la sua indagine per scoprire chi l'ha rinchiuso e perché. Un torto genera torto e un piccolo errore nella nostra gioventù può segnare a vita noi e gli altri. C'è un fondo di forte democrazia e molto cinismo nel film, e non sono certo gli espedienti narrativi eticamente violenti a spaesare, quanto più la generosità con cui fioccano. Non c'è scelta, ma solo un legame di sangue come quello della vendetta o della famiglia a indurci ad azioni sconsiderate. Il colpo di scena per quanto prevedibile, lascia sconcertati e il finale con l'assoluzione del protagonista è perfetto.
Conclusione: "Old Boy" è uno dei capolavori più pazzi della storia del cinema, che incede violentemente fino a un finale teneramente assurdo e stomachevole. E Tarantino apprezza spaventato perché e rimasto indietro... Altro che "Pulp Fiction"!
"Old Boy" parla di Dae-Su, povero ubriacone che viene chiuso in una cella per quindici anni senza apparente motivo. Dopo il tempo citato viene liberato e comincia la sua indagine per scoprire chi l'ha rinchiuso e perché. Un torto genera torto e un piccolo errore nella nostra gioventù può segnare a vita noi e gli altri. C'è un fondo di forte democrazia e molto cinismo nel film, e non sono certo gli espedienti narrativi eticamente violenti a spaesare, quanto più la generosità con cui fioccano. Non c'è scelta, ma solo un legame di sangue come quello della vendetta o della famiglia a indurci ad azioni sconsiderate. Il colpo di scena per quanto prevedibile, lascia sconcertati e il finale con l'assoluzione del protagonista è perfetto.
Conclusione: "Old Boy" è uno dei capolavori più pazzi della storia del cinema, che incede violentemente fino a un finale teneramente assurdo e stomachevole. E Tarantino apprezza spaventato perché e rimasto indietro... Altro che "Pulp Fiction"!
"Old Boy"... Cosa si può dire di tale film? Partiamo dal fatto che la pellicola è nettamente migliore del manga, non che esso sia brutto, ma la trama e soprattutto il finale rendono il live uno dei più grandi capolavori del cinema moderno.
La trama parla di un uomo di nome Dae-su che viene rapito e rinchiuso per quindici anni senza nessun motivo. Dopo essere stato liberato, Dae-su ha sete di vendetta, ma quello che lo aspetta è un vortice di sangue che lo porterà a una terribile conclusione. Diretto da Park Chan-wook, regista dei superbi "Sympathy of Mr.Vengeance" e "Lady Vengeance" che insieme a "Old Boy" formano la Trilogia della Vendetta, questo film ha dalla sua una trama ben delineata con dialoghi lenti, stupendi, intensi, una fotografia basilare, ma molto dettagliata, con una recitazione di altissimo livello, sopra tutti Min-sik Choi, probabilmente uno dei migliori attori coreani al mondo. Da vedere, sempre con lui, "Saw the Devil", "Lady Vengeance" e "Chihwaseon". Soprattutto questa pellicola dalla sua ha una regia che dirige alla perfezione ogni scena, dalle scene più drammatiche e crude a quelle più veloci e intense. Insomma, chi ha amato il manga lo amerà, sennò pure di più, mentre per chi ama il cinema e anche per chi non ha letto il manga questo film è assolutamente da vedere senza se e senza ma. Se Tarantino ha detto che "Old Boy" è "il film che ho sempre voluto girare" ci sarà pure un motivo.
La trama parla di un uomo di nome Dae-su che viene rapito e rinchiuso per quindici anni senza nessun motivo. Dopo essere stato liberato, Dae-su ha sete di vendetta, ma quello che lo aspetta è un vortice di sangue che lo porterà a una terribile conclusione. Diretto da Park Chan-wook, regista dei superbi "Sympathy of Mr.Vengeance" e "Lady Vengeance" che insieme a "Old Boy" formano la Trilogia della Vendetta, questo film ha dalla sua una trama ben delineata con dialoghi lenti, stupendi, intensi, una fotografia basilare, ma molto dettagliata, con una recitazione di altissimo livello, sopra tutti Min-sik Choi, probabilmente uno dei migliori attori coreani al mondo. Da vedere, sempre con lui, "Saw the Devil", "Lady Vengeance" e "Chihwaseon". Soprattutto questa pellicola dalla sua ha una regia che dirige alla perfezione ogni scena, dalle scene più drammatiche e crude a quelle più veloci e intense. Insomma, chi ha amato il manga lo amerà, sennò pure di più, mentre per chi ama il cinema e anche per chi non ha letto il manga questo film è assolutamente da vedere senza se e senza ma. Se Tarantino ha detto che "Old Boy" è "il film che ho sempre voluto girare" ci sarà pure un motivo.