Kenshin, Samurai Vagabondo
C'è un canovaccio nello Shonen d'azione e avventura al quale ogni autore dovrà sempre attenersi, e le "regole" del genere specifico per il target sono ancor più stringenti quando si tratta di pubblicare su Weekly Shonen Jump di Shueisha, a partire dal motto "Amicizia, Fatica, Vittoria".
Eppure è nelle sottili differenze nel trattare la maturazione di un protagonista attorniato da numerosi comprimari che rendono spesso il racconto corale, nella trovata o ritrovata maturità, nell'evoluzione, nella scoperta di sè, nei rimandi e nelle citazioni della tradizione precedente che ogni grande autore di Jump innova e rinnova la cultura dello Shonen d'azione.
Nel 1994 Nobuhiro Watsuki è sostanzialmente un esordiente, se non sconosciuto, eppure la "forza" di un'opera straordinaria come Rurouni Kenshin lo imporrà rapidamente come classico e autore di punta, tanto che ancora oggi compare nelle Top dei migliori manga di sempre.
Serializzato tra il 2 settembre 1994 e il 4 novembre 1999, poi raccolto in 28 volumi, questo classico corona gli anni '90 e traghetta lo Shonen d'azione nel nuovo millennio.
L'ambientazione tradizionale del Giappone che si affaccia sull'era Meiji coglie e rielabora personaggi storici in un caleidoscopio di comprimari spesso ben più caratterizzati dello stesso protagonista, l'ex hitokiri Himura Battosai, ma l'estro dell'autore non manca di inserire, in questo contesto così...giapponese, citazioni dalla sua passione per il fumetto supereroistico americano, dagli X-men a Spawn, creando una commistione del tutto originale.
L'ex assassino, che ora si fa chiamare Himura Kenshin, ha rinunciato ad uccidere, costringendosi all'uso di una sakabato, una katana a lama invertita che non può uccidere, e dedicando la sua esistenza a proteggere i deboli e ad evitare che nel nuovo mondo si debba ancora combattere e morire.
Ci sono due archi narrativi principali, che approssimativamente dividono il manga a metà: l'arco di Kyoto, dedicato alla lotta contro il successore al ruolo di hitokiri Shishio Makoto che occupa i volumi dal 7 al 18, e l'arco di Jinchu, volumi dal 18 al 28, più cupo, dove il passato dell'ex assassino riemerge a perseguitarlo e chiedergli il conto dei suoi crimini.
Scontri epici, un eroe straordinario esempio di ritrovata virtù, un finale che non delude, insomma un'opera sostanzialmente impeccabile che non può mancare tra le letture di ogni appassionato di Shonen.
L'autore è ritornato più volte sull'opera con dei seguiti, purtroppo inediti in Italia e spesso difficilmente reperibili al di fuori del Giappone
Eppure è nelle sottili differenze nel trattare la maturazione di un protagonista attorniato da numerosi comprimari che rendono spesso il racconto corale, nella trovata o ritrovata maturità, nell'evoluzione, nella scoperta di sè, nei rimandi e nelle citazioni della tradizione precedente che ogni grande autore di Jump innova e rinnova la cultura dello Shonen d'azione.
Nel 1994 Nobuhiro Watsuki è sostanzialmente un esordiente, se non sconosciuto, eppure la "forza" di un'opera straordinaria come Rurouni Kenshin lo imporrà rapidamente come classico e autore di punta, tanto che ancora oggi compare nelle Top dei migliori manga di sempre.
Serializzato tra il 2 settembre 1994 e il 4 novembre 1999, poi raccolto in 28 volumi, questo classico corona gli anni '90 e traghetta lo Shonen d'azione nel nuovo millennio.
L'ambientazione tradizionale del Giappone che si affaccia sull'era Meiji coglie e rielabora personaggi storici in un caleidoscopio di comprimari spesso ben più caratterizzati dello stesso protagonista, l'ex hitokiri Himura Battosai, ma l'estro dell'autore non manca di inserire, in questo contesto così...giapponese, citazioni dalla sua passione per il fumetto supereroistico americano, dagli X-men a Spawn, creando una commistione del tutto originale.
L'ex assassino, che ora si fa chiamare Himura Kenshin, ha rinunciato ad uccidere, costringendosi all'uso di una sakabato, una katana a lama invertita che non può uccidere, e dedicando la sua esistenza a proteggere i deboli e ad evitare che nel nuovo mondo si debba ancora combattere e morire.
Ci sono due archi narrativi principali, che approssimativamente dividono il manga a metà: l'arco di Kyoto, dedicato alla lotta contro il successore al ruolo di hitokiri Shishio Makoto che occupa i volumi dal 7 al 18, e l'arco di Jinchu, volumi dal 18 al 28, più cupo, dove il passato dell'ex assassino riemerge a perseguitarlo e chiedergli il conto dei suoi crimini.
Scontri epici, un eroe straordinario esempio di ritrovata virtù, un finale che non delude, insomma un'opera sostanzialmente impeccabile che non può mancare tra le letture di ogni appassionato di Shonen.
L'autore è ritornato più volte sull'opera con dei seguiti, purtroppo inediti in Italia e spesso difficilmente reperibili al di fuori del Giappone
Il mio primo approccio con il fumetto Rurouni Kenshin fu su una rivista della Star chiamata Express, che è passata alla storia solo per il fatto di essere associata al settimanale giapponese Shonen Jump della Shueisha.
Quasi tutti i fumetti erano interessanti (fra gli altri ricordo One Piece…) tranne un paio, appunto Rurouni Kenshin e I’s di Masakazu Katsura di cui però ricordo i bei disegni.
Cosa c’era che non andava in Kenshin samurai vagabondo all’epoca? Leggendo tutti i volumi d’un fiato adesso l’ho capito: all’epoca leggevo i noiosi interventi dell’autore a fine di ogni episodio in cui chiecchierava con i lettori di cose noiose tipo ciò che lo ispirava nella creazione dei personaggi: ma impiegava troppe parole.
Dunque consiglio a chi non piacciono le chiacchiere inutili di non leggere i suoi talks.
Passiamo ora all’opera in sé che è una storia di samurai in salsa battle shonen dove l’autore parte basandosi su avvenimenti effettivamente avvenuti e personaggi realmente esistiti (primi 6 – 7 volumi) per poi passare alla pura fantasia delle saghe di Kyoto e di Enishi in cui i nemici combattono anche con armi strane, poteri quasi sovrannaturali e possiedono forze inumane.
Insomma si parte dal semi realistico al quasi fantascientifico ma tutto ciò ti viene fatto digerire dalla capacita di Nobuhiro Watsuki di creare combattimenti e personaggi interessanti e la capacità senz’altro non inferiore di non accanirsi col creare sempre nuove sagre finché non si fosse stufato il pubblico: ad un certo punto anche la storia più bella deve finire.
Probabilmente pensava di avere tante altre storie da narrare ma non avendo nessuna di esse un successo travolgente come Kenshin (che ricordiamo è stato LA colonna portante di Jump nella seconda metà degli anni ‘90) alla fine ha creato un sequel (l’arco di Hokkaido) che è apprezzato dallo zoccolo duro dei fan del Samurai Vagabondo e da altri ma non come l’originale… qualcuno invece ha abbandonato la lettura di questo autore per uno scandalo relativo alla sua vita privata da cui è uscito indenne penalmente ma che potrebbe aver danneggiato sul lato dell’immagine (sembrerebbe collezionasse materiale pedo-pornografico)
Ma le opere vanno considerate aldilà degli autori e quest’opera si merita un 8 ½ , ma lo sconsiglio a chi cerca un opera sui samurai più calate nella realtà: in quel caso fra le opere che ho letto consiglio Lone Wolf & Cub, Samurai Executioner, L’Immortale o Vagabond.
Quasi tutti i fumetti erano interessanti (fra gli altri ricordo One Piece…) tranne un paio, appunto Rurouni Kenshin e I’s di Masakazu Katsura di cui però ricordo i bei disegni.
Cosa c’era che non andava in Kenshin samurai vagabondo all’epoca? Leggendo tutti i volumi d’un fiato adesso l’ho capito: all’epoca leggevo i noiosi interventi dell’autore a fine di ogni episodio in cui chiecchierava con i lettori di cose noiose tipo ciò che lo ispirava nella creazione dei personaggi: ma impiegava troppe parole.
Dunque consiglio a chi non piacciono le chiacchiere inutili di non leggere i suoi talks.
Passiamo ora all’opera in sé che è una storia di samurai in salsa battle shonen dove l’autore parte basandosi su avvenimenti effettivamente avvenuti e personaggi realmente esistiti (primi 6 – 7 volumi) per poi passare alla pura fantasia delle saghe di Kyoto e di Enishi in cui i nemici combattono anche con armi strane, poteri quasi sovrannaturali e possiedono forze inumane.
Insomma si parte dal semi realistico al quasi fantascientifico ma tutto ciò ti viene fatto digerire dalla capacita di Nobuhiro Watsuki di creare combattimenti e personaggi interessanti e la capacità senz’altro non inferiore di non accanirsi col creare sempre nuove sagre finché non si fosse stufato il pubblico: ad un certo punto anche la storia più bella deve finire.
Probabilmente pensava di avere tante altre storie da narrare ma non avendo nessuna di esse un successo travolgente come Kenshin (che ricordiamo è stato LA colonna portante di Jump nella seconda metà degli anni ‘90) alla fine ha creato un sequel (l’arco di Hokkaido) che è apprezzato dallo zoccolo duro dei fan del Samurai Vagabondo e da altri ma non come l’originale… qualcuno invece ha abbandonato la lettura di questo autore per uno scandalo relativo alla sua vita privata da cui è uscito indenne penalmente ma che potrebbe aver danneggiato sul lato dell’immagine (sembrerebbe collezionasse materiale pedo-pornografico)
Ma le opere vanno considerate aldilà degli autori e quest’opera si merita un 8 ½ , ma lo sconsiglio a chi cerca un opera sui samurai più calate nella realtà: in quel caso fra le opere che ho letto consiglio Lone Wolf & Cub, Samurai Executioner, L’Immortale o Vagabond.
"La spada è un arma pericolosa e il Kenjutsu è una tecnica assassina, questa è la verità. La signorina Kaoru dice solo cose stupide e melense, d'altra parte, chi non ha mai ammazzato nessuno con la spada non può capire. Tuttavia devo ammettere di preferire le stupidaggini melense che dice la signorina Kaoru alla verità.”
A metà del XIX secolo, dopo secoli di chiusura verso l’esterno, il Giappone sotto forte pressione di Inghilterra e Stati Uniti, iniziò ad aprirsi al mondo occidentale, nel mentre all’interno del paese si succedevano le rivolte per fare cadere lo Shogunato.
In questo periodo di cruente battaglie, dove i samurai ambiziosi la facevano da padrone, se ne distinse uno in particolare: Battosai Himura. Battaglie dopo battaglie, il suo nome divenne leggenda e fu la sua spada intrisa di sangue a dar vita alla Restaurazione Meiji. Dopo l’insediamento dell’ imperatore il giovane Samurai, scomparve e non se ne seppe più nulla. Infatti abbandonò il nome Battosai e inizio a vagabondare per il paese, con una Katana a lama invertita, sotto il nome di Kenshin.
Questa è solo la prefazione di Kenshin Samurai Vagabondo, manga scritto da Nobuhiro Watsuki e pubblicato da Shonen Jump dal settembre del 1994 al novembre del 1999.
Nel recensire quest’ opera vorrei partire da una premessa, se quello che cercate in un opera sono una trama ricca di misteri e plot twist, Kenshin potrebbe essere un opera che non fa per voi.
Tuttavia se quello che cercate è una storia di vendetta, di un difficile percorso di redenzione, di battaglie sanguinose e di una parabola che parla della vita, della morte e dei loro significati, mostrando il percorso intrapreso dal Samurai Vagabondo, nella sua ricerca di una vita priva di violenza, cosa messa costantemente a dura prova, allora è l’opera che fa per voi.
Il punto forte dell’opera sono sicuramente i personaggi, oltre il percorso che caratterizzerà il protagonista (in cui pian piano scopriremo il suo passato e il perché della sua scelta di redenzione) anche gli altri personaggi principali, avranno il loro sviluppo, verranno mostrate le loro storie e le loro motivazioni. Dicasi lo stesso per molti dei villain principali, verranno mossi da ben oltre dai banali desideri materiali, riuscendo a comprendere la loro vere motivazioni e la loro visione idealistica del mondo.
Tuttavia rendere grazia solo ai personaggi, svaluterebbe il lavoro fatto dall’autore nel trasporre in un'opera di finzione l’ambientazione, la geopolitica e i personaggi (Kenshin, come molti altri presenti nel manga, è stato creato prendendo spunto da un personaggio realmente esistito) di un periodo storico molto importante nella storia giapponese e molti eventi narrati lungo i tre archi principali della storia (anche se il primo arco, della durata di 7 volumi e per lo più e formato da mini saghe) sono in buona parte presi da avvenimenti realmente accaduti, romanzati in maniera eccellente.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, tolte le scene di azione, sempre un po' confusionarie, lo stile di Watsuki è pulito, ed il tratto parecchio originale per l’epoca, ispirò mangaka che diverranno famosi negli anni successivi, tra cui i suoi assistenti dell’epoca Hiroyuki Takei (Shaman King) e Eiichiro Oda (One Piece)
In conclusione parliamo a mio avviso di uno dei migliori shonen mai creati, ricco di temi molto profondi trattati superbamente (come la redenzione, la solitudine, l’amore ecc…) con un protagonista molto particolare ma avente una storia e uno sviluppo che ho a dir poco adorato e in generale, con un cast di personaggi di altissimo livello ( i due villain principali sono fantastici).
Alcuni volumi sono davvero fantastici, quello riguardante il flashback su Kenshin poi, è uno dei più belli ed emozionanti che io abbia mai letto (tra l’altro riadattato in modo fenomenale negli OAV "Kenshin Memorie del Passato") oltre un finale di tutto rispetto. Gli unici difetti che mi impediscono di dare 10 all’opera sono i primi 5-6 volumi (che corrispondono comunque ad un quinto dell’opera) che sono per lo più introduttivi e per alcuni combattimenti che non ho apprezzato troppo, anche se altri davvero molto belli.
A metà del XIX secolo, dopo secoli di chiusura verso l’esterno, il Giappone sotto forte pressione di Inghilterra e Stati Uniti, iniziò ad aprirsi al mondo occidentale, nel mentre all’interno del paese si succedevano le rivolte per fare cadere lo Shogunato.
In questo periodo di cruente battaglie, dove i samurai ambiziosi la facevano da padrone, se ne distinse uno in particolare: Battosai Himura. Battaglie dopo battaglie, il suo nome divenne leggenda e fu la sua spada intrisa di sangue a dar vita alla Restaurazione Meiji. Dopo l’insediamento dell’ imperatore il giovane Samurai, scomparve e non se ne seppe più nulla. Infatti abbandonò il nome Battosai e inizio a vagabondare per il paese, con una Katana a lama invertita, sotto il nome di Kenshin.
Questa è solo la prefazione di Kenshin Samurai Vagabondo, manga scritto da Nobuhiro Watsuki e pubblicato da Shonen Jump dal settembre del 1994 al novembre del 1999.
Nel recensire quest’ opera vorrei partire da una premessa, se quello che cercate in un opera sono una trama ricca di misteri e plot twist, Kenshin potrebbe essere un opera che non fa per voi.
Tuttavia se quello che cercate è una storia di vendetta, di un difficile percorso di redenzione, di battaglie sanguinose e di una parabola che parla della vita, della morte e dei loro significati, mostrando il percorso intrapreso dal Samurai Vagabondo, nella sua ricerca di una vita priva di violenza, cosa messa costantemente a dura prova, allora è l’opera che fa per voi.
Il punto forte dell’opera sono sicuramente i personaggi, oltre il percorso che caratterizzerà il protagonista (in cui pian piano scopriremo il suo passato e il perché della sua scelta di redenzione) anche gli altri personaggi principali, avranno il loro sviluppo, verranno mostrate le loro storie e le loro motivazioni. Dicasi lo stesso per molti dei villain principali, verranno mossi da ben oltre dai banali desideri materiali, riuscendo a comprendere la loro vere motivazioni e la loro visione idealistica del mondo.
Tuttavia rendere grazia solo ai personaggi, svaluterebbe il lavoro fatto dall’autore nel trasporre in un'opera di finzione l’ambientazione, la geopolitica e i personaggi (Kenshin, come molti altri presenti nel manga, è stato creato prendendo spunto da un personaggio realmente esistito) di un periodo storico molto importante nella storia giapponese e molti eventi narrati lungo i tre archi principali della storia (anche se il primo arco, della durata di 7 volumi e per lo più e formato da mini saghe) sono in buona parte presi da avvenimenti realmente accaduti, romanzati in maniera eccellente.
Per quanto riguarda il comparto tecnico, tolte le scene di azione, sempre un po' confusionarie, lo stile di Watsuki è pulito, ed il tratto parecchio originale per l’epoca, ispirò mangaka che diverranno famosi negli anni successivi, tra cui i suoi assistenti dell’epoca Hiroyuki Takei (Shaman King) e Eiichiro Oda (One Piece)
In conclusione parliamo a mio avviso di uno dei migliori shonen mai creati, ricco di temi molto profondi trattati superbamente (come la redenzione, la solitudine, l’amore ecc…) con un protagonista molto particolare ma avente una storia e uno sviluppo che ho a dir poco adorato e in generale, con un cast di personaggi di altissimo livello ( i due villain principali sono fantastici).
Alcuni volumi sono davvero fantastici, quello riguardante il flashback su Kenshin poi, è uno dei più belli ed emozionanti che io abbia mai letto (tra l’altro riadattato in modo fenomenale negli OAV "Kenshin Memorie del Passato") oltre un finale di tutto rispetto. Gli unici difetti che mi impediscono di dare 10 all’opera sono i primi 5-6 volumi (che corrispondono comunque ad un quinto dell’opera) che sono per lo più introduttivi e per alcuni combattimenti che non ho apprezzato troppo, anche se altri davvero molto belli.
*Attenzione, contiene leggeri spoiler*
Delusione, ecco come potrei riassumere, in una parola, la mia esperienza con Kenshin.
Partito con aspettative molto alte, date sia dagli OAV che dal passaparola di molti, che lo indicavano come uno dei capisaldi degli shonen anni 90. Per me non potrebbe essere più distante.
Via il dente via il dolore, al contrario di molti ritengo che Kenshin non abbia assolutamente catturato il fascino del Giappone nell'epoca dei Samurai, il fatto che i protagonisti usino delle katane e si professino tali non trasforma automaticamente un opera in qualcosa che non è. Chiaro, non mi aspettavo un manga storico, ma aldilà della "shonenosità" del tutto, questo è feudale tanto quanto One Piece è un manga sui pirati che imperversavano trecento anni fa nel mare dei Caraibi, anche perchè la sospensione di incredulità si scioglie in circa 3 capitoli, quando arriva gente con Gatling, Cannoni a mano, braccia robotiche, corpi di fuoco e altre amenità, necessarie (?).
La storia si può suddividere in 3 parti:
Introduzione
Arco di KyotoShishio
Arco del Juichi
L'introduzione dura 6 volumi ed è veramente pesantissima, su quasi 60 capitoli ne abbiamo 35 di letteralmente nulla, in quelli che funzionano oltre agli archi che presentano i comprimi abbiamo un mini arco, che introdurrà personaggi molto importanti, piagato però da un finale ridicolo in cui dei personaggi molto marginali morirano nella maniera più idiota e insensata possibile, giusto per dare quel tocco di drammatico, che poi sparirà totalmente per 15 volumi o quasi.
Voto 4.5
Arco di Shishio, finalmente la trama inizia, classico arco da shonen, cosa avrebbe di epocale non ne ho idea, scorre via che è un piacere e aldilà di alcune pecche introduce pg interessanti e ben caratterizzati tra antagonisti e protagonisti. A metà arco i nemici "fuggiranno" nel loro nascondiglio e organizzeranno una serie di scontri uno contro uno, con i personaggi che combatteranno con nemici a loro affini. Mentre altri combatteranno, sempre uno contro uno, nella città. Ad ogni modo i combattimenti sono soddisfacenti, tolto quello di Yahiko e di Kaoru, e i nemici hanno ottime backstory, che aiutano a caratterizzarli meglio.
Voto 8
Arco del Juichi, o della presa in giro, come lo chiamo io.
Quest'arco poteva essere veramente epocale, una presa di coscienza verso la totale staticità e semplicità delle parti precedenti del manga, e degli altri shonen medi, da cui non fa nulla per discostarsi.
L'inizio è fantastico e contiene la parte migliore di tutto il manga, con l'introduzione di Enishi e i ricordi di Battosai, trasposti quest'ultimi in un eccezionale mini serie di OVA.
Poi finalmente la svolta, la classica battaglia, ma con un finale a sorpresa, anche se non privo di forzature grossolane, Kenshin quasi sconfitto ed uno dei comprimari morto. Potevano imbastire un arco basato sulla vendetta in cui Kenshin tornava ad uccidere, visto che nel manga, voglio ricordarlo, muoiono forse 5 persone, nessuna uccisa da Kenshin , neanche quelli che fino a 2 minuti prima avevano quasi ucciso lui e tutti i suoi conoscenti, ma invece sceglie la strada più facile e "resuscita" il personaggio ucciso (e non è la prima volta visto che Sato sarebbe morto contro Shishio, eppure è di nuovo vivo, però una volta ci può anche stare visto che è un pg di contorno, ma due..), e mette la pietra tombale sul manga, perchè gli ultimi 5 volumi sono dei filleroni paurosi, in cui introduce personaggi privi di qualunque backstory, con un design che definire scialbo è un complimento, giusto per fare durare di più un manga che, onestamente, avrebbe potuto finire prima.
Voto 7
I personaggi, tolto in parte Kenshin e i primi tre antagonisti, cioè Sato, Aoshi e Shishio, sono sviluppati male, o non sono sviluppati affati, in special modo Yahiko e Kaoru, inutili e mai veramente significativi, se non in negativo. Uno resta l'eterno bambino, l'altra da essere la maestra di un dojo diventa la più classica delle damsel in distress.
Il più grande difetto di Kenshin però è il buonismo e la prevedibilità, che permeano tutto il manga ed ogni incontro. Facendoti perdere qualsiasi coinvolgimento o pathos che si potrebbe provare durante duelli, che alla fine, dovrebbero essere all'ultimo sangue. Kenshin e i suoi compari sono come delle macchine invicibili, vengono sconfitti una volta in 28 volumi, due personaggi muoiono e resuscitano, i nemici vengono convertiti a suon di predicozzi e in fondo in fondo sono tutti buoni.
Questo fatto sinceramente, mi impedisce di affezionarmi ai personaggi e alla storia come vorrei, perchè è tutto già scritto, non posso dispiacermi o provare ansia per un personaggio quando muore o perde un duello quando l'esito sarà sempre reso nullo dopo 2 capitoli.
Queste cose possono funzionare una volta, o due, ma il manga è tutto così, un concentrato di clichè e bontà che anche su Shonen Jump è raro vedere. Ed è questo che trattiene i personaggi dallo svilupparsi e dal crearsi delle identità proprie, dall'inizio alla fine non cambiano, restando delle macchiette relegate nell'ombra.
Delusione, ecco come potrei riassumere, in una parola, la mia esperienza con Kenshin.
Partito con aspettative molto alte, date sia dagli OAV che dal passaparola di molti, che lo indicavano come uno dei capisaldi degli shonen anni 90. Per me non potrebbe essere più distante.
Via il dente via il dolore, al contrario di molti ritengo che Kenshin non abbia assolutamente catturato il fascino del Giappone nell'epoca dei Samurai, il fatto che i protagonisti usino delle katane e si professino tali non trasforma automaticamente un opera in qualcosa che non è. Chiaro, non mi aspettavo un manga storico, ma aldilà della "shonenosità" del tutto, questo è feudale tanto quanto One Piece è un manga sui pirati che imperversavano trecento anni fa nel mare dei Caraibi, anche perchè la sospensione di incredulità si scioglie in circa 3 capitoli, quando arriva gente con Gatling, Cannoni a mano, braccia robotiche, corpi di fuoco e altre amenità, necessarie (?).
La storia si può suddividere in 3 parti:
Introduzione
Arco di KyotoShishio
Arco del Juichi
L'introduzione dura 6 volumi ed è veramente pesantissima, su quasi 60 capitoli ne abbiamo 35 di letteralmente nulla, in quelli che funzionano oltre agli archi che presentano i comprimi abbiamo un mini arco, che introdurrà personaggi molto importanti, piagato però da un finale ridicolo in cui dei personaggi molto marginali morirano nella maniera più idiota e insensata possibile, giusto per dare quel tocco di drammatico, che poi sparirà totalmente per 15 volumi o quasi.
Voto 4.5
Arco di Shishio, finalmente la trama inizia, classico arco da shonen, cosa avrebbe di epocale non ne ho idea, scorre via che è un piacere e aldilà di alcune pecche introduce pg interessanti e ben caratterizzati tra antagonisti e protagonisti. A metà arco i nemici "fuggiranno" nel loro nascondiglio e organizzeranno una serie di scontri uno contro uno, con i personaggi che combatteranno con nemici a loro affini. Mentre altri combatteranno, sempre uno contro uno, nella città. Ad ogni modo i combattimenti sono soddisfacenti, tolto quello di Yahiko e di Kaoru, e i nemici hanno ottime backstory, che aiutano a caratterizzarli meglio.
Voto 8
Arco del Juichi, o della presa in giro, come lo chiamo io.
Quest'arco poteva essere veramente epocale, una presa di coscienza verso la totale staticità e semplicità delle parti precedenti del manga, e degli altri shonen medi, da cui non fa nulla per discostarsi.
L'inizio è fantastico e contiene la parte migliore di tutto il manga, con l'introduzione di Enishi e i ricordi di Battosai, trasposti quest'ultimi in un eccezionale mini serie di OVA.
Poi finalmente la svolta, la classica battaglia, ma con un finale a sorpresa, anche se non privo di forzature grossolane, Kenshin quasi sconfitto ed uno dei comprimari morto. Potevano imbastire un arco basato sulla vendetta in cui Kenshin tornava ad uccidere, visto che nel manga, voglio ricordarlo, muoiono forse 5 persone, nessuna uccisa da Kenshin , neanche quelli che fino a 2 minuti prima avevano quasi ucciso lui e tutti i suoi conoscenti, ma invece sceglie la strada più facile e "resuscita" il personaggio ucciso (e non è la prima volta visto che Sato sarebbe morto contro Shishio, eppure è di nuovo vivo, però una volta ci può anche stare visto che è un pg di contorno, ma due..), e mette la pietra tombale sul manga, perchè gli ultimi 5 volumi sono dei filleroni paurosi, in cui introduce personaggi privi di qualunque backstory, con un design che definire scialbo è un complimento, giusto per fare durare di più un manga che, onestamente, avrebbe potuto finire prima.
Voto 7
I personaggi, tolto in parte Kenshin e i primi tre antagonisti, cioè Sato, Aoshi e Shishio, sono sviluppati male, o non sono sviluppati affati, in special modo Yahiko e Kaoru, inutili e mai veramente significativi, se non in negativo. Uno resta l'eterno bambino, l'altra da essere la maestra di un dojo diventa la più classica delle damsel in distress.
Il più grande difetto di Kenshin però è il buonismo e la prevedibilità, che permeano tutto il manga ed ogni incontro. Facendoti perdere qualsiasi coinvolgimento o pathos che si potrebbe provare durante duelli, che alla fine, dovrebbero essere all'ultimo sangue. Kenshin e i suoi compari sono come delle macchine invicibili, vengono sconfitti una volta in 28 volumi, due personaggi muoiono e resuscitano, i nemici vengono convertiti a suon di predicozzi e in fondo in fondo sono tutti buoni.
Questo fatto sinceramente, mi impedisce di affezionarmi ai personaggi e alla storia come vorrei, perchè è tutto già scritto, non posso dispiacermi o provare ansia per un personaggio quando muore o perde un duello quando l'esito sarà sempre reso nullo dopo 2 capitoli.
Queste cose possono funzionare una volta, o due, ma il manga è tutto così, un concentrato di clichè e bontà che anche su Shonen Jump è raro vedere. Ed è questo che trattiene i personaggi dallo svilupparsi e dal crearsi delle identità proprie, dall'inizio alla fine non cambiano, restando delle macchiette relegate nell'ombra.
Probabilmente non esiste altro manga che mi abbia fatto innamorare a prima vista come questo. Quando ho avuto tra le mani il primo volume, non sono stata in grado di staccare gli occhi dalle pagine, una dietro l'altra, sino a quando non sono giunta alla quarta di copertina. E' la storia - ancorché rivisitata in chiave shonen - di uno dei passaggi storici più critici di tutto il Giappone, se non il più traumatico in assoluto. In Europa i cambiamenti epocali erano da sempre all'ordine del giorno, ma dopo aver affrontato secoli e secoli di furiose battaglie per terre e per mari, e avvicendamenti di re e regine per la conquista del potere, si stagliava l'incombere di un'inarrestabile rivoluzione industriale, già in atto. Nel mentre, il Giappone arrivava sostanzialmente incolume a tutto questo. E ignavo, perché chiuso alle influenze esterne da altrettante ere.
E poi, in un soffio, tutto cambia e la nave nera dell'Europa è ancorata al porto, in evidente attesa: come non soccombere alla prepotenza dell'Occidente?
Il manga si avvia dieci anni dopo la restaurazione Meiji, nel 1878, quando tutto sembra lentamente ma inesorabilmente convogliare verso l'Illuminazione portata dall'Occidente.
Rurouni Kenshin è un viaggio nel tempo che Nobuhiro Watsuki è stato abile a saper rendere all'interno dell'apparente semplicità di uno shounen rivolto ad adolescenti ma accessibile anche a un pubblico più adulto. Non si pone quindi l'utopistico obiettivo di assurgere a manuale storico sui fatti accaduti, e tuttavia è capace di far riflettere, rabbrividire e sorridere. Ci si può concentrare puramente sul lato avventuroso della storia, oppure lo si può leggere con sguardo più critico, coadiuvati in tal senso dall'ampio apparato di note e focus che l'autore stesso inserisce a fine capitolo, in merito alla creazione e alla contestualizzazione dei suoi personaggi assieme a figure realmente esistite. Oppure, molto più semplicemente, ci si può lasciare trasportare da questo malinconico sfondo storico e dai suoi carismatici protagonisti, grazie anche al dipanarsi di eventi via via più incalzanti e ad una resa lentamente più introspettiva, drammatica e romantica.
Kenshin è un incrociare di lame, di valori perduti e ritrovati o impossibili da lasciarsi del tutto alle spalle, di forti legami sorti ove un tempo sarebbero stati impensabili ed, infine, di scelte ambiziose o controcorrenti. Si narra al contempo il punto di vista dei vincitori e dei vinti, senza lasciare indietro quello della gente comune che nulla ha potuto chiedersi o sperare, se non adeguarsi alle scelte politiche imposte dai vertici del comando.
Forse anche in questo molteplice profilo giace la magia della spada a lama invertita del protagonista simbolo della storia assieme alla cicatrice a forma di croce: qualcosa che è, e al tempo stesso non è. Qualcosa che resta, e qualcosa che nasce. Un'opera così ben meriterebbe di essere rispolverata, magari per tramite della bellissima riedizione in Kanzenban recentemente proposta in patria.
E poi, in un soffio, tutto cambia e la nave nera dell'Europa è ancorata al porto, in evidente attesa: come non soccombere alla prepotenza dell'Occidente?
Il manga si avvia dieci anni dopo la restaurazione Meiji, nel 1878, quando tutto sembra lentamente ma inesorabilmente convogliare verso l'Illuminazione portata dall'Occidente.
Rurouni Kenshin è un viaggio nel tempo che Nobuhiro Watsuki è stato abile a saper rendere all'interno dell'apparente semplicità di uno shounen rivolto ad adolescenti ma accessibile anche a un pubblico più adulto. Non si pone quindi l'utopistico obiettivo di assurgere a manuale storico sui fatti accaduti, e tuttavia è capace di far riflettere, rabbrividire e sorridere. Ci si può concentrare puramente sul lato avventuroso della storia, oppure lo si può leggere con sguardo più critico, coadiuvati in tal senso dall'ampio apparato di note e focus che l'autore stesso inserisce a fine capitolo, in merito alla creazione e alla contestualizzazione dei suoi personaggi assieme a figure realmente esistite. Oppure, molto più semplicemente, ci si può lasciare trasportare da questo malinconico sfondo storico e dai suoi carismatici protagonisti, grazie anche al dipanarsi di eventi via via più incalzanti e ad una resa lentamente più introspettiva, drammatica e romantica.
Kenshin è un incrociare di lame, di valori perduti e ritrovati o impossibili da lasciarsi del tutto alle spalle, di forti legami sorti ove un tempo sarebbero stati impensabili ed, infine, di scelte ambiziose o controcorrenti. Si narra al contempo il punto di vista dei vincitori e dei vinti, senza lasciare indietro quello della gente comune che nulla ha potuto chiedersi o sperare, se non adeguarsi alle scelte politiche imposte dai vertici del comando.
Forse anche in questo molteplice profilo giace la magia della spada a lama invertita del protagonista simbolo della storia assieme alla cicatrice a forma di croce: qualcosa che è, e al tempo stesso non è. Qualcosa che resta, e qualcosa che nasce. Un'opera così ben meriterebbe di essere rispolverata, magari per tramite della bellissima riedizione in Kanzenban recentemente proposta in patria.
Il perché il manga di Kenshin abbia avuto più successo di molti altri Shounen onestamente non sono mai riuscito a comprenderlo. L'opera di Nobuhiro Watsuki ha probabilmente scelto il momento giusto per essere editata con la Shueisha in madrepatria che in Italia ad opera di Star Comics.
Kenshin ha una trama semplice e lineare, che porta il lettore indietro nel tempo, verso la fine del 1800, epoca Meiji. Battosai Himura è uno spietato assassino che dopo un lungo periodo di vagabondaggio torna in città con una nuova identità, quella di Kenshin. Il fulvo samurai vagabondo ha con se una katana a lama invertita, ossia un'arma che non è più in grado di uccidere nessuno. Kenshin diventato ostile ai combattimenti cercherà di far fede alla promessa avuta con se stesso ovvero quella di non assassinare più nemmeno i nemici, ma presto dovrà fare delle scelte.
Il punto cardine dell'opera sta proprio in questa introspezione del protagonista, oltre che alla sua presenza scenica che attira il lettore e ne fa un personaggio destinato a durare nel tempo. Il suo essere interiore è in continuo sviluppo e il malessere psicologico a volte è molto accennato e sicuramente non guasta. Purtroppo però tutto attorno a Kenshin si vede poco, o meglio si vede solo a sufficienza, nessun altro personaggio è degno di nota e nemmeno a livello antagonistico ci sono punti favorevoli. Il manga parte come un manga Shounen ma con diversi accenni storici ma le citazioni, i dettagli e le spiegazioni sul periodo in cui si svolge, in brevissimo tempo svaniscono dando strada allo Shounen vero e proprio costellato di combattimenti e situazioni praticamente fantascientifiche che cozzano con le ambientazioni. Come già affermato la scrittura è originale ma molto molto semplice, una classica storia della bella da salvare e, ripetendomi, se non fosse per il protagonista carismatico non mi avrebbe granché attirato.
Il disegno è buono, non va ovviamente paragonato agli Shounen attuali ma è in perfetta linea con il tratto degli anni '90.
Anche l'edizione Star Comics pare abbia sottolineato la semplicità del manga con la sua edizione. Standard e pulita, bianca sulla costina, così da renderla quasi banale in esposizione ma con delle belle immagini in copertina.
Tirando le somme, il manga è da semplice sufficienza con un voto in più per il personaggio di Kenshin.
Kenshin ha una trama semplice e lineare, che porta il lettore indietro nel tempo, verso la fine del 1800, epoca Meiji. Battosai Himura è uno spietato assassino che dopo un lungo periodo di vagabondaggio torna in città con una nuova identità, quella di Kenshin. Il fulvo samurai vagabondo ha con se una katana a lama invertita, ossia un'arma che non è più in grado di uccidere nessuno. Kenshin diventato ostile ai combattimenti cercherà di far fede alla promessa avuta con se stesso ovvero quella di non assassinare più nemmeno i nemici, ma presto dovrà fare delle scelte.
Il punto cardine dell'opera sta proprio in questa introspezione del protagonista, oltre che alla sua presenza scenica che attira il lettore e ne fa un personaggio destinato a durare nel tempo. Il suo essere interiore è in continuo sviluppo e il malessere psicologico a volte è molto accennato e sicuramente non guasta. Purtroppo però tutto attorno a Kenshin si vede poco, o meglio si vede solo a sufficienza, nessun altro personaggio è degno di nota e nemmeno a livello antagonistico ci sono punti favorevoli. Il manga parte come un manga Shounen ma con diversi accenni storici ma le citazioni, i dettagli e le spiegazioni sul periodo in cui si svolge, in brevissimo tempo svaniscono dando strada allo Shounen vero e proprio costellato di combattimenti e situazioni praticamente fantascientifiche che cozzano con le ambientazioni. Come già affermato la scrittura è originale ma molto molto semplice, una classica storia della bella da salvare e, ripetendomi, se non fosse per il protagonista carismatico non mi avrebbe granché attirato.
Il disegno è buono, non va ovviamente paragonato agli Shounen attuali ma è in perfetta linea con il tratto degli anni '90.
Anche l'edizione Star Comics pare abbia sottolineato la semplicità del manga con la sua edizione. Standard e pulita, bianca sulla costina, così da renderla quasi banale in esposizione ma con delle belle immagini in copertina.
Tirando le somme, il manga è da semplice sufficienza con un voto in più per il personaggio di Kenshin.
Spettacolare, comico, violento, crudo, storico, insomma Rurouni Kenshin ha tutte le carte in regola per entrare di diritto tra le migliori opere del periodo. Kenshin Himura è un ex assassino della fine dello Shogunato, al servizio della rivolta, che contribuì all'inizio dell'era Meiji e che era così forte e pericoloso da diventare leggenda con il nome di Battosai. Il Kenshin all'inizio della nostra storia invece è un semplice samurai vagabondo che girovaga per il Giappone con la sua spada a lama invertita (con la quale non può più uccidere nessuno, per un suo voto fatto alla fine della guerra) per aiutare le persone in difficoltà. Arrivato a Tokyo, Kenshin fa la conoscenza della signorina Kaoru che lo accoglie in città con una bastonata in fronte. Questo a causa degli omicidi di un assassino durante la notte, che si presenta con il nome di Battosai e dichiara di provenire dalla palestra di appartenenza di Kaoru. Di conseguenza la giovane spadaccina dà la caccia all'assassino per riabilitare il nome della palestra lasciatagli dal padre defunto e dimostrare come questo Battosai non sia altro che un millantatore. E trovandosi di fronte a Kenshin, un samurai con addosso una spada, lo assale pensando che egli sia il Battosai infamatore. Per assurdo in realtà incontra proprio il vero Battosai, anche se inizialmente non lo capisce. Spuntato fuori anche il falso Battosai, è Kenshin a salvarla da morte certa schivando l'assalto del falso Battosai e successivamente per ringraziarlo e scusarsi di averlo assalito, Kaoru lo ospita nella sua palestra, palesando di essere molto attratta dal ragazzo dai capelli rossicci. La notte successiva Kaoru si ritrova di fronte il falso Battosai, insieme al fratello (che fino a quel momento si era spacciato per un domestico e amico di Kaoru) che la feriscono e la costringono a firmare l'atto di cessione della palestra, vero obiettivo del falso Battosai (che con i suoi omicidi e il nome leggendario dell'assassino, aveva fatto allontanare tutti i membri ed allievi della palestra proprio per perseguire tale scopo). Ma spunta Kenshin che si rivela essere il vero Battosai e mostra per la prima volta la sua espressione feroce, rivelando un istinto omicida spaventoso e in un istante stende tutti gli aggressori con la sua tecnica Batto (da cui deriva il suo soprannome, Battosai. Consiste nel rinfoderare la spada e estrarla successivamente al momento dell'affondo, ottenendo una velocità superiore al normale) ma non uccide nessuno grazie alla sua lama invertita che gli permette di combattere senza il timore di ferire mortalmente qualcuno, riuscendo al massimo a spezzargli le ossa. Battosai sconfigge anche il suo imitatore e salva Kaoru, strappando il contratto fatto firmare con la forza alla ragazza, salvando la palestra e scusandosi di non avergli rivelato prima chi fosse in realtà. Ma quando Kenshin fa per andarsene, Kaoru lo ferma e gli chiede di restare per aiutarla a rimettere in sesto la palestra, dichiarando di non star chiedendo a Battosai di rimanere ma al samurai vagabondo. Kenshin alla fine accetta e così inizia la nuova vita per il Ronin e per la giovane spadaccina. Un particolare davvero da apprezzare del manga sono i disegni e le espressioni, è incredibile come i disegnatori riescano facilmente a passare da momenti di quiete in cui i volti, gli occhi e in generale il disegno è semplice e rilassato a veri e propri exploit in cui vedono sguardi da veri assassini, espressioni da brivido e momenti in cui la suspence e la tensione è palpabile, il tutto mescolato benissimo senza rendere innaturale il passaggio tra il serioso e lo scherzoso e vice versa. Un plauso va anche ai dialoghi, semplici o complessi che siano, mai fini a se stessi e degni di nota. Anche ad alcuni personaggi vanno date delle note di merito enormi, uno su tutti è il cattivo della prima parte del manga, Makoto Shishio. Carismatico come pochi, costruito in un modo impeccabile e dalla forza smisurata senza apparire il classico cattivo forzatamente più forte del buono per classiche ragioni. Infatti Shishio non è un classico cattivo, come non lo è quasi nessuno dei cattivi presenti nel manga (di questo parlerò più avanti perché è un altro punto di vista che rende imperdibile il manga) ma è l'erede del ruolo di Battosai, il suo successore come assassino ombra. Infatti durante la guerra contro lo Shogunato, i comandanti chiedono a Kenshin di lasciare il suo ruolo di assassino ombra (ovvero killer che agiva dietro le quinte senza mai mostrarsi, uccidendo vari bersagli su ordine) per diventare l'assassino di prima linea, cioè colui che combatteva contro la shinsengumi (anch'essa descritta in modo perfetto nel manga) per coprire la ritirata oppure per tenere impegnati i loro samurai più forti. Il ruolo di assassino ombra va quindi a Shishio, che si rivela molto più forte di Battosai stesso, con enorme timore dei comandati e futuri membri del governo Meiji, che proprio per questo organizzeranno l'omicidio di Shishio sia per timore della sua forza che per liberarsi di un personaggio scomodo (avendo eliminato su loro ordine, tantissimi bersagli, per il governo Meiji, Shishio rappresentava un pericolo enorme a causa delle informazioni in suo possesso). L'agguato sembra riuscire, Shishio viene colpito alla fronte e viene bruciato vivo ma malgrado questo riesce a sopravvivere e ad organizzare la sua vendetta contro il governo, con l'obiettivo di instaurare un suo regime dove sarebbe valsa solo la legge della giungla (i forti vivono e i deboli muoiono, frase che lo stesso Shishio ripeterà continuamente per tutto il manga). Anche nello scontro finale tra i due, la forza di Shishio si rivelerà palesemente superiore a quella di Kenshin.
Il manga come detto, non ha veri cattivi e veri buoni salvo rare eccezioni. La caratteristica principale di quest'opera è il trovarsi perfettamente dentro un ambito storico reale senza diventare fasulla e senza svariare sul tema o cambiare dei fatti realmente accaduti. Ed è proprio per questo che i cattivi che compariranno nell'opera non saranno cattivi sbucati dal nulla ma conseguenze dirette della guerra dello shogunato e dell'operato non sempre pulito del governo Meiji. E' il caso di Jinne Udo, un altro assassino che si scontrerà con Kenshin e rivelerà in punto di morte proprio al Ronin di come anche in quell'epoca come prima, il governo stesso utilizzi gli assassini per risolvere problemi spinosi e che le sue azioni omicide non erano di sua iniziativa ma su preciso ordine sotto pagamento. Anche i cattivi successivi, come i sottoposti di Shishio, le dieci spade, saranno una conseguenza di azioni del governo Meiji e dell'operato durante la guerra. Al contrario di molte altre opere dove i governi del momento che richiedono aiuto ai protagonisti, vengono presentati come i buoni del caso, in questo caso non avviene, lo stesso Kenshin rimprovererà il governo per le sue azioni e lotteranno contro Shishio solamente perché il suo ideale di regime sarebbe significato condanna a morte certa per milioni di innocenti. La trama non è quella classica della cappa e della spada, ogni personaggio ad eccezione di quelli troppo giovani, ha un suo lato oscuro, un suo rancore e un suo istinto omicida che lo fa perseguire nel suo scopo e combattere ancora e ancora. Da apprezzare particolarmente anche diverse spiegazioni riguardanti l'uso della spada, l'uso di alcune tecniche (sebbene molto alla buona) e anche di avvenimenti storici riportati nel manga, compresi i più cruenti e controversi. Kenshin è un manga molto controverso, a dispetto del vero finale classicamente con il lieto fine, nella battaglia vera, quella al di fuori degli interessi personali, l'impressione finale che darà anche l'autore è che non sarà il bene a vincere alla fine e che lo stesso governo Meiji non abbia migliorato la vita del paese più di quanto non avesse fatto lo Shogunato. E alla fine il grande Battosai Kenshin, pur con tutta la sua incredibile forza, la sua bontà d'animo e il suo altruismo, si rivela nient'altro che una semplice goccia nell'oceano, incapace di cambiare veramente il mondo come invece tanti altri protagonisti riescono a fare alla fine delle proprie avventure. Un tocco di crudele realismo finale a un opera che davvero merita di essere letta dall'inizio alla fine.
Il manga come detto, non ha veri cattivi e veri buoni salvo rare eccezioni. La caratteristica principale di quest'opera è il trovarsi perfettamente dentro un ambito storico reale senza diventare fasulla e senza svariare sul tema o cambiare dei fatti realmente accaduti. Ed è proprio per questo che i cattivi che compariranno nell'opera non saranno cattivi sbucati dal nulla ma conseguenze dirette della guerra dello shogunato e dell'operato non sempre pulito del governo Meiji. E' il caso di Jinne Udo, un altro assassino che si scontrerà con Kenshin e rivelerà in punto di morte proprio al Ronin di come anche in quell'epoca come prima, il governo stesso utilizzi gli assassini per risolvere problemi spinosi e che le sue azioni omicide non erano di sua iniziativa ma su preciso ordine sotto pagamento. Anche i cattivi successivi, come i sottoposti di Shishio, le dieci spade, saranno una conseguenza di azioni del governo Meiji e dell'operato durante la guerra. Al contrario di molte altre opere dove i governi del momento che richiedono aiuto ai protagonisti, vengono presentati come i buoni del caso, in questo caso non avviene, lo stesso Kenshin rimprovererà il governo per le sue azioni e lotteranno contro Shishio solamente perché il suo ideale di regime sarebbe significato condanna a morte certa per milioni di innocenti. La trama non è quella classica della cappa e della spada, ogni personaggio ad eccezione di quelli troppo giovani, ha un suo lato oscuro, un suo rancore e un suo istinto omicida che lo fa perseguire nel suo scopo e combattere ancora e ancora. Da apprezzare particolarmente anche diverse spiegazioni riguardanti l'uso della spada, l'uso di alcune tecniche (sebbene molto alla buona) e anche di avvenimenti storici riportati nel manga, compresi i più cruenti e controversi. Kenshin è un manga molto controverso, a dispetto del vero finale classicamente con il lieto fine, nella battaglia vera, quella al di fuori degli interessi personali, l'impressione finale che darà anche l'autore è che non sarà il bene a vincere alla fine e che lo stesso governo Meiji non abbia migliorato la vita del paese più di quanto non avesse fatto lo Shogunato. E alla fine il grande Battosai Kenshin, pur con tutta la sua incredibile forza, la sua bontà d'animo e il suo altruismo, si rivela nient'altro che una semplice goccia nell'oceano, incapace di cambiare veramente il mondo come invece tanti altri protagonisti riescono a fare alla fine delle proprie avventure. Un tocco di crudele realismo finale a un opera che davvero merita di essere letta dall'inizio alla fine.
Ruroni Kenshin è la dimostrazione di come, a volte, il mondo dei manga e quello dei videogiochi siano di ispirazione l'uno all'altro.
Nel mondo dei videogiochi l'uscita di un titolo come "Street Fighter 2", nel 1991, ha inaugurato un genere video ludico molto diffuso anche attualmente. Molte software house, da lì in poi, hanno creato le loro saghe di picchiaduro ad incontri. Nel 1993, la già famosa SNK, creò la serie di Samurai Shodown/Spirits.
Per farla breve la trama di "Kenshin, Smaurai vagabondo" è come quella di uno di quei videogiochi usciti in quegli anni, Un sacco di personaggi: ad ogni volume salta fuori un nemico nuovo, prontamente sconfitto dal protagonista, che a quel punto o diventa suo amico, o sparisce o muore. Come nei picchiaduro ad incontri ogni personaggio ha alle storie una semplice storia che viene raccontata velocemente per giustificare la sua scesa in campo.
Alcuni personaggi sono più ricorrenti di altri e un po' alla volta vanno a costituire il team che affiancherà il protagonista e di conseguenza la loro storia sarà più approfondita. I personaggi sono veramente tanti e l'autore è stato comunque bravo a trovare sempre soluzioni originali per far saltar fuori personaggi sempre diversi, con armi e colpi speciali diversi non nascondendo, se si leggevano le note dell'autore a fine volume, di essersi ispirato ad elementi di diverso tipo: dal personaggio di Venom di Spiderman, al costume di Gambit degli X-Men o ai colpi dei personaggi del videgioco "Samurai Shodown". Alcuni magari si somigliano un po' troppo tra loro:è il caso del Ninja Aoshi Shinomori, che praticamente ha lo stesso viso del Maestro Sijuro Hiko.
La storia è ambientata nell'era Meiji, anni in cui non era più permesso portare spade. Il protagonista è Kenshin Himura, un samurai dalla corporatura esile e dall'aria gentile, che però ha un passato fatto di violenza, cosa che gli ha fatto decidere di non voler più uccidere nessuno, tanto da andarsene in giro con una strana spada a lama invertita. Nel corso della storia, un po' alla volta, verrà raccontato tutto il suo passato, spiegando bene al lettore chi e cosa hanno portato Kenshin ad essere quello che è.
La trama è molto semplice, quasi scontata, molti personaggi hanno analogie con molti altri personaggi di altri manga, ma nonostante tutto io l'ho trovata una storia divertente, con tanta azione e diverse gag spassose.
Forse non è un manga che può piacere a tutti: se non si cerca una lettura "leggera" passate pure oltre, altrimenti correte il rischio di divertirvi. Agli appassionati di videogiochi piacerà senz'altro.
Nel mondo dei videogiochi l'uscita di un titolo come "Street Fighter 2", nel 1991, ha inaugurato un genere video ludico molto diffuso anche attualmente. Molte software house, da lì in poi, hanno creato le loro saghe di picchiaduro ad incontri. Nel 1993, la già famosa SNK, creò la serie di Samurai Shodown/Spirits.
Per farla breve la trama di "Kenshin, Smaurai vagabondo" è come quella di uno di quei videogiochi usciti in quegli anni, Un sacco di personaggi: ad ogni volume salta fuori un nemico nuovo, prontamente sconfitto dal protagonista, che a quel punto o diventa suo amico, o sparisce o muore. Come nei picchiaduro ad incontri ogni personaggio ha alle storie una semplice storia che viene raccontata velocemente per giustificare la sua scesa in campo.
Alcuni personaggi sono più ricorrenti di altri e un po' alla volta vanno a costituire il team che affiancherà il protagonista e di conseguenza la loro storia sarà più approfondita. I personaggi sono veramente tanti e l'autore è stato comunque bravo a trovare sempre soluzioni originali per far saltar fuori personaggi sempre diversi, con armi e colpi speciali diversi non nascondendo, se si leggevano le note dell'autore a fine volume, di essersi ispirato ad elementi di diverso tipo: dal personaggio di Venom di Spiderman, al costume di Gambit degli X-Men o ai colpi dei personaggi del videgioco "Samurai Shodown". Alcuni magari si somigliano un po' troppo tra loro:è il caso del Ninja Aoshi Shinomori, che praticamente ha lo stesso viso del Maestro Sijuro Hiko.
La storia è ambientata nell'era Meiji, anni in cui non era più permesso portare spade. Il protagonista è Kenshin Himura, un samurai dalla corporatura esile e dall'aria gentile, che però ha un passato fatto di violenza, cosa che gli ha fatto decidere di non voler più uccidere nessuno, tanto da andarsene in giro con una strana spada a lama invertita. Nel corso della storia, un po' alla volta, verrà raccontato tutto il suo passato, spiegando bene al lettore chi e cosa hanno portato Kenshin ad essere quello che è.
La trama è molto semplice, quasi scontata, molti personaggi hanno analogie con molti altri personaggi di altri manga, ma nonostante tutto io l'ho trovata una storia divertente, con tanta azione e diverse gag spassose.
Forse non è un manga che può piacere a tutti: se non si cerca una lettura "leggera" passate pure oltre, altrimenti correte il rischio di divertirvi. Agli appassionati di videogiochi piacerà senz'altro.
XIX secolo, era Meiji (1968-1912). Il Giappone vive il più importante periodo della sua storia, segnato da cambiamenti radicali della società, ancora feudale, aperture dei rapporti con le altre nazioni dopo secoli di isolamento e infine uno straordinario progresso industriale. Un'era di transizione che conferisce all'imperatore tutti i poteri precedentemente in mano agli Shogun, si chiude così l'era dei Samurai.
Durante la rivoluzione che porterà a questo cambiamento, anni prima, un giovane samurai con il nome di Battōsai Himura faceva strage di coloro che si opponevano al nuovo governo.
Noto per la sua spietatezza e la sua abilità con la spada, esso sparì con il finire della rivoluzione diventando così un Ronin, ovvero un samurai vagabondo senza padrone. Ricompare anni dopo con il nome di Kenshin, porta con se una katana con lama invertita e si ritrova ad aiutare la giovane Kaoru Kamiya, proprietaria di un dojo, ma ben presto dovrà fare i conti con il suo scomodo passato.
Rurōni Kenshin è alto shonen, tra i migliori degli anni '90 - se non il migliore -, l'esordiente Nobuhiro Watsuki ("sensei" di un certo Eiichiro Oda, oltre che di Hiroyuki Takei) crea una splendida storia di combattimenti senza rinunciare a forti emozioni, romanticismo e storie parallele, con un ritmo calzante che difficilmente annoia.
Numerosissime le citazioni storiche, e la Star Comics è stata fenomenale ad arricchire i primi volumi di note e approfondimenti su quest'epoca tanto controversa quanto piena di sfumature e di indubbio fascino.
L'affresco di personaggi è enorme e variegato, impossibile non apprezzare almeno un paio di loro, sia buoni con il divertente teppista Sanosuke Sagara, la buffa kunoichi Misao Makimachi, sia i cattivi con le "dieci spade" e il loro diabolico e carismatico leader, Makoto Shishio. Non è un caso se il capitolo di Kyoto che va dal volume 8 al 18 sia in assoluto il migliore, mentre il successivo, il capitolo del "Jinchu", nonostante vanti la parte più toccante di tutta la storia (il lungo flashback di Kenshin e la sua tormentata storia con Tomoe) pecca sul fronte dei combattimenti e sia alleati che nemici sono qui trattati in modo più superficiale, oltre al fatto che Enishi perde il confronto con Shishio in quanto a carisma.
Nulla di grave comunque per quella che è una scorrevole serie di 28 volumi, vivacizzati anche dai numerosi "free talk" di Watsuki, dove il giovane mangaka ammette apertamente tutte le sue passioni e le sue influenze, in particolare videogiochi e action figures, alcuni personaggi sembrano infatti ispirarsi ai picchiaduro SNK, come Samurai Spirits o King of Fighters, dei quale è un grande fan.
Splendido poi il suo tratto, non esistono due personaggi simili fra loro (suvvia a parte i 4 gemelli cattivi sul finale, creati per lo più per tenere impegnati i personaggi di contorno), i disegni catturano subito e lo stile migliora notevolmente con il passare dei volumi, Watsuki dimostra di saper gestire bene sia le fasi di battaglie, con alcune tavole davvero eccezionali (il volume 17 per me è manuale di shonen moderno, molti mangaka oggi dovrebbero prendere ispirazione da esso), sia i momenti più romantici, con i personaggi che dimostrano grande forza espressiva, Kaoru su tutti.
Consigliato quindi a tutti, ai lettori di ieri quanto a quelli di oggi, Kenshin è la dimostrazione di come si possa fare un grande shonen senza contare unicamente su infiniti combattimenti e power-up, con una bellissima miscela di divertimento fracassone, dialoghi geniali, personaggi mai banali, momenti epici e citazioni storiche.
Ottimo, semplicemente.
Durante la rivoluzione che porterà a questo cambiamento, anni prima, un giovane samurai con il nome di Battōsai Himura faceva strage di coloro che si opponevano al nuovo governo.
Noto per la sua spietatezza e la sua abilità con la spada, esso sparì con il finire della rivoluzione diventando così un Ronin, ovvero un samurai vagabondo senza padrone. Ricompare anni dopo con il nome di Kenshin, porta con se una katana con lama invertita e si ritrova ad aiutare la giovane Kaoru Kamiya, proprietaria di un dojo, ma ben presto dovrà fare i conti con il suo scomodo passato.
Rurōni Kenshin è alto shonen, tra i migliori degli anni '90 - se non il migliore -, l'esordiente Nobuhiro Watsuki ("sensei" di un certo Eiichiro Oda, oltre che di Hiroyuki Takei) crea una splendida storia di combattimenti senza rinunciare a forti emozioni, romanticismo e storie parallele, con un ritmo calzante che difficilmente annoia.
Numerosissime le citazioni storiche, e la Star Comics è stata fenomenale ad arricchire i primi volumi di note e approfondimenti su quest'epoca tanto controversa quanto piena di sfumature e di indubbio fascino.
L'affresco di personaggi è enorme e variegato, impossibile non apprezzare almeno un paio di loro, sia buoni con il divertente teppista Sanosuke Sagara, la buffa kunoichi Misao Makimachi, sia i cattivi con le "dieci spade" e il loro diabolico e carismatico leader, Makoto Shishio. Non è un caso se il capitolo di Kyoto che va dal volume 8 al 18 sia in assoluto il migliore, mentre il successivo, il capitolo del "Jinchu", nonostante vanti la parte più toccante di tutta la storia (il lungo flashback di Kenshin e la sua tormentata storia con Tomoe) pecca sul fronte dei combattimenti e sia alleati che nemici sono qui trattati in modo più superficiale, oltre al fatto che Enishi perde il confronto con Shishio in quanto a carisma.
Nulla di grave comunque per quella che è una scorrevole serie di 28 volumi, vivacizzati anche dai numerosi "free talk" di Watsuki, dove il giovane mangaka ammette apertamente tutte le sue passioni e le sue influenze, in particolare videogiochi e action figures, alcuni personaggi sembrano infatti ispirarsi ai picchiaduro SNK, come Samurai Spirits o King of Fighters, dei quale è un grande fan.
Splendido poi il suo tratto, non esistono due personaggi simili fra loro (suvvia a parte i 4 gemelli cattivi sul finale, creati per lo più per tenere impegnati i personaggi di contorno), i disegni catturano subito e lo stile migliora notevolmente con il passare dei volumi, Watsuki dimostra di saper gestire bene sia le fasi di battaglie, con alcune tavole davvero eccezionali (il volume 17 per me è manuale di shonen moderno, molti mangaka oggi dovrebbero prendere ispirazione da esso), sia i momenti più romantici, con i personaggi che dimostrano grande forza espressiva, Kaoru su tutti.
Consigliato quindi a tutti, ai lettori di ieri quanto a quelli di oggi, Kenshin è la dimostrazione di come si possa fare un grande shonen senza contare unicamente su infiniti combattimenti e power-up, con una bellissima miscela di divertimento fracassone, dialoghi geniali, personaggi mai banali, momenti epici e citazioni storiche.
Ottimo, semplicemente.
Rurouni Kenshin è uno di quei pochissimi manga che hanno saputo colpirmi, emozionarmi e commuovermi, oltre che ad esaltarmi quando opportuno.
Inizialmente iniziai a leggerlo perché immaginavo che il contesto storico in cui si svolge la storia portasse con sé il solito bagaglio di contenuti sull'onore del samurai e sulle battaglia per il popolo, ma oltre al magistrale uso che l'autore fa di questo affascinante periodo storico, in questo manga c'è molto di più: già da subito si intuisce infatti la grande cura all'aspetto psicologico dei personaggi, alla loro crescita e alla loro maturazione. Se però inizialmente il tutto sembra un po' marginale, avremo modo di ricrederci dopo la prima metà del manga, quando l'autore riesce a dare il meglio di se catapultando questa opera nell'olimpo dei manga.
Perché sì, gli ultimi 10-15 volumi di Kenshin, a mio avviso, non temono alcun tipo di rivale sotto tutti i punti di vista.
Kenshin samurai vagabondo, questo il titolo italiano, si basa sul cammino di redenzione di Kenshin Himura, spadaccino formidabile ed ex assassino per conto dei samurai ambiziosi di Kyoto, fautori della fine del periodo Bakumatsu e della restaurazione Meiji, che una volta creata la nuova epoca al caro prezzo di migliaia di vite umane, decide di diventare un "rurouni", ovvero un samurai vagabondo senza fissa dimora, usando la sua spada a lama invertita per aiutare i più deboli promettendosi però di non uccidere mai più nessuno.
Ovviamente questa scelta porta ad un sacco di contraddizioni evidenti, sia col presente che col passato, e sembra solamente un drastico quanto banale palliativo che il protagonista si prefigge, ma l'autore avrà modo di illustrarci come invece dietro a questa scelta ci sia una vita tormentata, piena di riflessioni e ragionamenti. Varie situazioni si presenteranno infatti davanti a Kenshin: alcune lo porteranno a riflettere sul significato della sua scelta e a porsi delle domande su quello che è giusto o sbagliato, altre lo porteranno a cercare disperatamente la strada per espiare le proprie colpe e i propri peccati, insinuando nella sua testa anche la possibilità che, per un assassino come lui, non ci sia assolutamente modo per potersi redimere.
Leggete il manga e verificate voi stessi se le risposte che il nostro Himura troverà dopo anni di tormento saranno soddisfacenti o meno.
Ragazzo puro dalla personalità limpida e senza macchia, Kenshin pagherà proprio questo suo lato sentimentale in un epoca che proprio non si presta a persone come lui, troppo deboli mentalmente per non cadere nell'errore di caricarsi sulle proprie spalle il compito di cambiare le cose, negando i propri desideri e la propria felicità in nome di quell'utopia chiamata pace.
Rimasto orfano in tenera età, Shinta (questo il suo vero nome) verrà successivamente salvato da quello che sarà poi il suo maestro di spada, che gli insegnerà i segreti della scuola Mitsurugi Hiten, micidiale tecnica omicida creata per difendere il prossimo. Ci troviamo quindi davanti all'ennesima contraddizione: come può una tecnica omicida essere creata per difendere il prossimo? Anche a questa domanda, probabilmente, la risposta è da cercare dentro se stessi. Contravvenendo però agli ordini del suo maestro, Kenshin userà la sua spada non per difendere il prossimo a breve termine, ma per uccidere tutti i rappresentanti dell'attuale epoca malsana in nome di un futuro di pace, diventando così l'assassino Battosai. Solo una donna, che avrà un impatto devastante nella sua vita, riuscirà per la prima volta a smuoverlo da questa sua ideologia contorta, quando ormai la situazione risulterà già pesantemente compromessa, e all'assassino Battosai non resterà altro che portare a termine il suo compito nel dolore.
Non abbiamo però solo Kenshin in questo manga: ci sono infatti altri personaggi fondamentali che ruoteranno attorno al protagonista, ognuno di questi caratterizzato in maniera divina. Da sottolineare anche l'attenzione dedicata ai personaggi femminili (cosa non sempre scontata in uno shonen), spesso veri artefici dell'evoluzione psicologica del protagonista.
Nobuhiro Watsuki è stato molto bravo nel costruire un set base di personaggi non troppo vasto, creandosi quindi le basi per poterli poi caratterizzare bene e in profondità, non cadendo quindi nella tentazione di creare un esercito di "soldatini cool" senza personalità.
In verità Watsuki nella tentazione un po' ci cade, ma lo fa solamente coi cattivi secondari: sua abitudine infatti è quella di mettere dietro al cattivo di riferimento, un gruppo di "tirapiedi" dalle personalità più svariate e strambe (a tratti quasi assurde), che però spesso e volentieri risultano avere pochissimo spessore, cadendo nel dimenticatoio una volta eliminati. Forse però non è nemmeno sbagliato così, anche perché probabilmente tutto questo porta a concentrare l'hype sul boss, su cui le attese sono sempre ben riposte visto che in due casi su due Watsuki fa centro, creando dei personaggi veramente validi dal punto di vista morale e psicologico, cattivi sì, ma per delle ragioni che volendo potrebbero anche essere condivise nelle idee, non ovviamente nei metodi.
La cosa che colpisce è che, nel bene o nel male, ogni personaggi "vive", cresce e matura delle esperienze che lo porteranno a nuovi ragionamenti e a nuove convinzioni, a volte negando e a volte facendo evolvere le precedenti. C'è chi, addirittura, per tutto il manga cerca la propria dimensione, trovandola solo alla fine, chi invece cerca il suo futuro e chi ha ancora da chiudere i conti col passato.
Da questo punto di vista, direi 10 e lode per l'autore, anche se, devo essere sincero, all'inizio io stesso avevo scambiato molte di queste stupende personalità con facili e banali stereotipi. L'importante è non fermarsi al primo impatto perché la macchina chiamata "Rurouni Kenshin" è un diesel che per carburare necessita di un po' di tempo.
Passando ora ad analizzare la struttura della storia, possiamo sintetizzare dicendo che il manga dopo i soliti primi volumi introduttivi formati da storielle autoconclusive molto gradevoli, è strutturato in due saghe principali legate fra loro solo da alcuni elementi, che avranno però modo entrambe di ricollegarsi al passato di Kenshin.
La prima si basa sul tentativo di conquista del Giappone di un ex assassino, al pari del nostro protagonista, insoddisfatto dalla restaurazione e dalla nuova epoca Meiji che a suo avviso non ha portato altro che un aumento della corruzione. Essendo stato uno dei fautori di questa restaurazione, il nostro Kenshin Himura non potrà far altro che occuparsi della faccenda, nonostante nemmeno lui possa dirsi completamente soddisfatto dell'attuale epoca. A dividere i due, infatti, è solamente il modo con cui intendono affrontare il futuro, non l'insoddisfazione sul presente.
Saga ottima nella sua fase iniziale e finale, ma che balbetta e non poco nel suo svolgimento, regalandoci fasi noiose e anche un po' banali.
La seconda saga ci parla invece di una persona coinvolta negli omicidi passati dell'assassino Battosai, che si mette sulle sue tracce desiderosa di vendetta. È proprio in questa saga che finalmente ci verrà raccontato il passato di Kenshin, con rivelazioni e colpi di scena inaspettati che ci faranno capire meglio da cosa deriva il tormento di Himura.
Tutto molto semplice e lineare, direte voi, ma essendo organizzata in maniere semplice e coerente, ho trovato questa impalcatura veramente gradevole e adatta a caricarsi sulle spalle il bagaglio morale dei personaggi.
Ho apprezzato poi anche il fatto che, dopo soli 28 volumi e la possibilità di proseguire con altre saghe, l'autore abbia invece deciso di chiudere e di far terminare il cammino di redenzione di Kenshin nel punto più giusto possibile.
Un'ulteriore nota di merito all'autore e al suo manga, va attribuita alla scelta del contesto: il periodo Bakumatsu, così come è stato usata in questo manga, rende veramente l'idea e affascina non poco il lettore, che si trova così incuriosito da cose realmente accadute.
Bella l'idea di usare vari personaggi realmente esistiti e di rilevanza storica, affiancati a personaggi d'immaginazione, per creare una storia che avviene parallela all'evoluzione reale del Giappone di quegli anni.
Ovviamente so che non è stato Watsuki ad inventarselo, intendiamoci, ma proporre un manga a sfondo storico su una rivista come Shonen Jump richiede molto coraggio, e io apprezzo sempre autori di questo tipo.
Sul disegno, niente da dire a colui che è stato allievo di Takeshi Obata e ha fatto invece da sensei a Eichiro Oda (One Piece) e Hiroyuki Takei (Shaman King).
Il suo stile è abbastanza canonico, niente di eccezionalmente originale, ma è riuscito a fotografare perfettamente l'epoca dei samurai, arricchendo il manga.
Punto di forza delle sue tavole, sono sicuramente le inquadrature agli occhi, sempre di grande effetto nei momenti topici.
Una nota andrebbe poi fatta sui chara design: questo autore, nelle sue note, confessa spesso "candidamente" di ispirarsi a comics americani o ad altri manga, e a volte i risultati sono quasi "ridicoli" perché eterogenei con l'ambiente e l'epoca (c'è ad esempio un personaggio uguale ad Hulk, un altro con la maschera uguale al volto di Venom, elementi che coi samurai non hanno proprio niente a che fare).
Più che procurarmi fastidio, però, questa cosa mi ha sempre fatto sorridere: l'ho sempre vista, infatti, come un folle tentativo dell'autore di stupire a tutti i costi.
Ovviamente il discorso sarebbe stato diverso e molto più grave se fossero stati caratterizzati in questo modo i personaggi principali, ma finché sono i tirapiedi o personaggi secondari che appaiono giusto un paio di capitoli, trovo giusto non sottolineare troppo la cosa, nonostante sia convinto che Watsuki debba stare più attento a queste cose in futuro, come lui stesso ammette.
Per il resto, il chara design di questo manga risulta ottimo visto che, pur nella sua semplicità, l'autore riesce ad imprimere qualcosa di veramente unico e originale in ogni personaggio, come la cicatrice a "X" del protagonista, o le bende di Makoto Shishio, il cattivo della prima saga.
Finiamo l'analisi degli elementi fondamentali di questo manga, parlando dei combattimenti.
Sarò sincero, aspettavo Watsuki al varco: ero infatti sicuro che, alla lunga, far combattere i vari personaggi solamente con spada e armi reali potesse diventare scontato e noioso. Ok le tecniche speciali, ok i colpi ad effetto, ma prima o poi ero sicuro che si cadesse o nel banale o nell'assurdo con l'introduzione, chissà, di qualche potere strambo che avrebbe devastato la storicità e il realismo del manga. E invece No.
L'autore riesce invece a far diventare i combattimenti sempre più belli ed appassionanti, inserendo si qualche elemento improbabile come le spade infuocate o simili, ma rimanendo pur sempre nel campo del verosimile, cosa veramente difficile da fare in un manga dove si combatte tanto e spesso. Inoltre proprio le scene di combattimento riescono ad essere fra le più originali del manga, rapide e senza fronzoli, concluse poi sempre da colpi di genio e mai dal solito "sono buono, quindi l'ultimo mio colpo sarà più forte del tuo e non ti rialzerai più".
Questo, forse, è stato l'elemento a sorpresa che proprio non mi aspettavo da questo manga.
In chiusura, ci tengo però ad ammonire chi, valutando quest'opera, la bocci ritenendola poco originale: certo, dal punto di vista delle svolgimento Watsuki non inventa proprio nulla, sia chiaro, però a mio avviso fa evolvere lo schema classico degli shonen inserendo elementi maturi e psicologici e lavorando su un contesto storico realistico, approfondito e ricco di citazioni.
Un manga, a mio avviso, può essere un capolavoro anche così.
Consiglio quindi a tutti questo splendido manga, che purtroppo ha l'unico vero difetto di non essere sempre continuo: l'ultima saga è veramente perfetta, ma nella prima quindicina di volumi l'altalena tra spettacolo e noia mortale è frequente e ripetuta.
Ad essere sincero, pur avendola sempre trovata una lettura gradevole, se arrivato al volume 11-12 mi avessero detto che questo sarebbe diventato uno dei miei tre manga preferiti, non ci avrei mai creduto… e invece ora è proprio così!
Inizialmente iniziai a leggerlo perché immaginavo che il contesto storico in cui si svolge la storia portasse con sé il solito bagaglio di contenuti sull'onore del samurai e sulle battaglia per il popolo, ma oltre al magistrale uso che l'autore fa di questo affascinante periodo storico, in questo manga c'è molto di più: già da subito si intuisce infatti la grande cura all'aspetto psicologico dei personaggi, alla loro crescita e alla loro maturazione. Se però inizialmente il tutto sembra un po' marginale, avremo modo di ricrederci dopo la prima metà del manga, quando l'autore riesce a dare il meglio di se catapultando questa opera nell'olimpo dei manga.
Perché sì, gli ultimi 10-15 volumi di Kenshin, a mio avviso, non temono alcun tipo di rivale sotto tutti i punti di vista.
Kenshin samurai vagabondo, questo il titolo italiano, si basa sul cammino di redenzione di Kenshin Himura, spadaccino formidabile ed ex assassino per conto dei samurai ambiziosi di Kyoto, fautori della fine del periodo Bakumatsu e della restaurazione Meiji, che una volta creata la nuova epoca al caro prezzo di migliaia di vite umane, decide di diventare un "rurouni", ovvero un samurai vagabondo senza fissa dimora, usando la sua spada a lama invertita per aiutare i più deboli promettendosi però di non uccidere mai più nessuno.
Ovviamente questa scelta porta ad un sacco di contraddizioni evidenti, sia col presente che col passato, e sembra solamente un drastico quanto banale palliativo che il protagonista si prefigge, ma l'autore avrà modo di illustrarci come invece dietro a questa scelta ci sia una vita tormentata, piena di riflessioni e ragionamenti. Varie situazioni si presenteranno infatti davanti a Kenshin: alcune lo porteranno a riflettere sul significato della sua scelta e a porsi delle domande su quello che è giusto o sbagliato, altre lo porteranno a cercare disperatamente la strada per espiare le proprie colpe e i propri peccati, insinuando nella sua testa anche la possibilità che, per un assassino come lui, non ci sia assolutamente modo per potersi redimere.
Leggete il manga e verificate voi stessi se le risposte che il nostro Himura troverà dopo anni di tormento saranno soddisfacenti o meno.
Ragazzo puro dalla personalità limpida e senza macchia, Kenshin pagherà proprio questo suo lato sentimentale in un epoca che proprio non si presta a persone come lui, troppo deboli mentalmente per non cadere nell'errore di caricarsi sulle proprie spalle il compito di cambiare le cose, negando i propri desideri e la propria felicità in nome di quell'utopia chiamata pace.
Rimasto orfano in tenera età, Shinta (questo il suo vero nome) verrà successivamente salvato da quello che sarà poi il suo maestro di spada, che gli insegnerà i segreti della scuola Mitsurugi Hiten, micidiale tecnica omicida creata per difendere il prossimo. Ci troviamo quindi davanti all'ennesima contraddizione: come può una tecnica omicida essere creata per difendere il prossimo? Anche a questa domanda, probabilmente, la risposta è da cercare dentro se stessi. Contravvenendo però agli ordini del suo maestro, Kenshin userà la sua spada non per difendere il prossimo a breve termine, ma per uccidere tutti i rappresentanti dell'attuale epoca malsana in nome di un futuro di pace, diventando così l'assassino Battosai. Solo una donna, che avrà un impatto devastante nella sua vita, riuscirà per la prima volta a smuoverlo da questa sua ideologia contorta, quando ormai la situazione risulterà già pesantemente compromessa, e all'assassino Battosai non resterà altro che portare a termine il suo compito nel dolore.
Non abbiamo però solo Kenshin in questo manga: ci sono infatti altri personaggi fondamentali che ruoteranno attorno al protagonista, ognuno di questi caratterizzato in maniera divina. Da sottolineare anche l'attenzione dedicata ai personaggi femminili (cosa non sempre scontata in uno shonen), spesso veri artefici dell'evoluzione psicologica del protagonista.
Nobuhiro Watsuki è stato molto bravo nel costruire un set base di personaggi non troppo vasto, creandosi quindi le basi per poterli poi caratterizzare bene e in profondità, non cadendo quindi nella tentazione di creare un esercito di "soldatini cool" senza personalità.
In verità Watsuki nella tentazione un po' ci cade, ma lo fa solamente coi cattivi secondari: sua abitudine infatti è quella di mettere dietro al cattivo di riferimento, un gruppo di "tirapiedi" dalle personalità più svariate e strambe (a tratti quasi assurde), che però spesso e volentieri risultano avere pochissimo spessore, cadendo nel dimenticatoio una volta eliminati. Forse però non è nemmeno sbagliato così, anche perché probabilmente tutto questo porta a concentrare l'hype sul boss, su cui le attese sono sempre ben riposte visto che in due casi su due Watsuki fa centro, creando dei personaggi veramente validi dal punto di vista morale e psicologico, cattivi sì, ma per delle ragioni che volendo potrebbero anche essere condivise nelle idee, non ovviamente nei metodi.
La cosa che colpisce è che, nel bene o nel male, ogni personaggi "vive", cresce e matura delle esperienze che lo porteranno a nuovi ragionamenti e a nuove convinzioni, a volte negando e a volte facendo evolvere le precedenti. C'è chi, addirittura, per tutto il manga cerca la propria dimensione, trovandola solo alla fine, chi invece cerca il suo futuro e chi ha ancora da chiudere i conti col passato.
Da questo punto di vista, direi 10 e lode per l'autore, anche se, devo essere sincero, all'inizio io stesso avevo scambiato molte di queste stupende personalità con facili e banali stereotipi. L'importante è non fermarsi al primo impatto perché la macchina chiamata "Rurouni Kenshin" è un diesel che per carburare necessita di un po' di tempo.
Passando ora ad analizzare la struttura della storia, possiamo sintetizzare dicendo che il manga dopo i soliti primi volumi introduttivi formati da storielle autoconclusive molto gradevoli, è strutturato in due saghe principali legate fra loro solo da alcuni elementi, che avranno però modo entrambe di ricollegarsi al passato di Kenshin.
La prima si basa sul tentativo di conquista del Giappone di un ex assassino, al pari del nostro protagonista, insoddisfatto dalla restaurazione e dalla nuova epoca Meiji che a suo avviso non ha portato altro che un aumento della corruzione. Essendo stato uno dei fautori di questa restaurazione, il nostro Kenshin Himura non potrà far altro che occuparsi della faccenda, nonostante nemmeno lui possa dirsi completamente soddisfatto dell'attuale epoca. A dividere i due, infatti, è solamente il modo con cui intendono affrontare il futuro, non l'insoddisfazione sul presente.
Saga ottima nella sua fase iniziale e finale, ma che balbetta e non poco nel suo svolgimento, regalandoci fasi noiose e anche un po' banali.
La seconda saga ci parla invece di una persona coinvolta negli omicidi passati dell'assassino Battosai, che si mette sulle sue tracce desiderosa di vendetta. È proprio in questa saga che finalmente ci verrà raccontato il passato di Kenshin, con rivelazioni e colpi di scena inaspettati che ci faranno capire meglio da cosa deriva il tormento di Himura.
Tutto molto semplice e lineare, direte voi, ma essendo organizzata in maniere semplice e coerente, ho trovato questa impalcatura veramente gradevole e adatta a caricarsi sulle spalle il bagaglio morale dei personaggi.
Ho apprezzato poi anche il fatto che, dopo soli 28 volumi e la possibilità di proseguire con altre saghe, l'autore abbia invece deciso di chiudere e di far terminare il cammino di redenzione di Kenshin nel punto più giusto possibile.
Un'ulteriore nota di merito all'autore e al suo manga, va attribuita alla scelta del contesto: il periodo Bakumatsu, così come è stato usata in questo manga, rende veramente l'idea e affascina non poco il lettore, che si trova così incuriosito da cose realmente accadute.
Bella l'idea di usare vari personaggi realmente esistiti e di rilevanza storica, affiancati a personaggi d'immaginazione, per creare una storia che avviene parallela all'evoluzione reale del Giappone di quegli anni.
Ovviamente so che non è stato Watsuki ad inventarselo, intendiamoci, ma proporre un manga a sfondo storico su una rivista come Shonen Jump richiede molto coraggio, e io apprezzo sempre autori di questo tipo.
Sul disegno, niente da dire a colui che è stato allievo di Takeshi Obata e ha fatto invece da sensei a Eichiro Oda (One Piece) e Hiroyuki Takei (Shaman King).
Il suo stile è abbastanza canonico, niente di eccezionalmente originale, ma è riuscito a fotografare perfettamente l'epoca dei samurai, arricchendo il manga.
Punto di forza delle sue tavole, sono sicuramente le inquadrature agli occhi, sempre di grande effetto nei momenti topici.
Una nota andrebbe poi fatta sui chara design: questo autore, nelle sue note, confessa spesso "candidamente" di ispirarsi a comics americani o ad altri manga, e a volte i risultati sono quasi "ridicoli" perché eterogenei con l'ambiente e l'epoca (c'è ad esempio un personaggio uguale ad Hulk, un altro con la maschera uguale al volto di Venom, elementi che coi samurai non hanno proprio niente a che fare).
Più che procurarmi fastidio, però, questa cosa mi ha sempre fatto sorridere: l'ho sempre vista, infatti, come un folle tentativo dell'autore di stupire a tutti i costi.
Ovviamente il discorso sarebbe stato diverso e molto più grave se fossero stati caratterizzati in questo modo i personaggi principali, ma finché sono i tirapiedi o personaggi secondari che appaiono giusto un paio di capitoli, trovo giusto non sottolineare troppo la cosa, nonostante sia convinto che Watsuki debba stare più attento a queste cose in futuro, come lui stesso ammette.
Per il resto, il chara design di questo manga risulta ottimo visto che, pur nella sua semplicità, l'autore riesce ad imprimere qualcosa di veramente unico e originale in ogni personaggio, come la cicatrice a "X" del protagonista, o le bende di Makoto Shishio, il cattivo della prima saga.
Finiamo l'analisi degli elementi fondamentali di questo manga, parlando dei combattimenti.
Sarò sincero, aspettavo Watsuki al varco: ero infatti sicuro che, alla lunga, far combattere i vari personaggi solamente con spada e armi reali potesse diventare scontato e noioso. Ok le tecniche speciali, ok i colpi ad effetto, ma prima o poi ero sicuro che si cadesse o nel banale o nell'assurdo con l'introduzione, chissà, di qualche potere strambo che avrebbe devastato la storicità e il realismo del manga. E invece No.
L'autore riesce invece a far diventare i combattimenti sempre più belli ed appassionanti, inserendo si qualche elemento improbabile come le spade infuocate o simili, ma rimanendo pur sempre nel campo del verosimile, cosa veramente difficile da fare in un manga dove si combatte tanto e spesso. Inoltre proprio le scene di combattimento riescono ad essere fra le più originali del manga, rapide e senza fronzoli, concluse poi sempre da colpi di genio e mai dal solito "sono buono, quindi l'ultimo mio colpo sarà più forte del tuo e non ti rialzerai più".
Questo, forse, è stato l'elemento a sorpresa che proprio non mi aspettavo da questo manga.
In chiusura, ci tengo però ad ammonire chi, valutando quest'opera, la bocci ritenendola poco originale: certo, dal punto di vista delle svolgimento Watsuki non inventa proprio nulla, sia chiaro, però a mio avviso fa evolvere lo schema classico degli shonen inserendo elementi maturi e psicologici e lavorando su un contesto storico realistico, approfondito e ricco di citazioni.
Un manga, a mio avviso, può essere un capolavoro anche così.
Consiglio quindi a tutti questo splendido manga, che purtroppo ha l'unico vero difetto di non essere sempre continuo: l'ultima saga è veramente perfetta, ma nella prima quindicina di volumi l'altalena tra spettacolo e noia mortale è frequente e ripetuta.
Ad essere sincero, pur avendola sempre trovata una lettura gradevole, se arrivato al volume 11-12 mi avessero detto che questo sarebbe diventato uno dei miei tre manga preferiti, non ci avrei mai creduto… e invece ora è proprio così!
Kenshin, Samurai Vagabondo è a mio parere un capolavoro di manga; molto famoso e amato in patria, è uno di quei titoli in grado di farti emozionare a ogni tavola. La storia parla di Battosai Himura, il più grande samurai, l'uomo più forte del Giappone, che dopo esser stato uno degli artefici della nuova restaurazione Meiji, decide di vagabondare per espiare le sue colpe e cambia nome in Kenshin Himura, decidendo di non uccidere più nessuno. Questa opera è un grande capolavoro, uno shonen stupendo, mischia personaggi storici a personaggi inventati, combattimenti spettacolari, amore, odio, paura e anche una buona psicologia.
I primi volumi del manga sono i classici volumi di presentazione dei personaggi, ma con l'inizio della saga di Kyoto fino alla fine dell'opera, Kenshin diventa qualcosa di spettacolare ed a mio avviso entra di diritto tra i migliori manga di sempre.
Il disegno è semplice ma presenta sempre qualcosa di particolare e originale, i personaggi son ben caratterizzati e hanno una buona evoluzione psicologica nel corso dell'opera. Consiglio Kenshin a tutti, sono sicuro che vi sorprenderà e si farà spazio con prepotenza nel vostro cuore come già è accaduto con me, diventando uno dei miei manga preferiti in assoluto.
I primi volumi del manga sono i classici volumi di presentazione dei personaggi, ma con l'inizio della saga di Kyoto fino alla fine dell'opera, Kenshin diventa qualcosa di spettacolare ed a mio avviso entra di diritto tra i migliori manga di sempre.
Il disegno è semplice ma presenta sempre qualcosa di particolare e originale, i personaggi son ben caratterizzati e hanno una buona evoluzione psicologica nel corso dell'opera. Consiglio Kenshin a tutti, sono sicuro che vi sorprenderà e si farà spazio con prepotenza nel vostro cuore come già è accaduto con me, diventando uno dei miei manga preferiti in assoluto.
Manga a sfondo storico piacevolissimo da leggere e ottimamente disegnato dal maestro Watsuki. Il protagonista, Kenshin, non è il tipico eroe "poco utile", alla Seiya per intenderci, e la caratterizzazione è ben curata e profonda. Gli altri personaggi ed antagonisti del manga hanno ognuno un punto di forza e difficilmente si notano incongruenze o "eccessi". Il tratto dell'autore migliora di volume in volume e la storia è un climax, con le saghe ben intrecciate tra di loro e mai "riempite" da momenti inutili e noiosi in stile "allunghiamo la solfa" (vedere Inuyasha). Nel complesso uno dei miei manga preferiti sia per storia che per ambientazione e personaggi. L'intreccio non è eccelso o ricco di colpi di scena, ma è un manga di ambientazione storica basato sull'avventura e la lotta. Per me uno dei migliori manga degli anni '90.
Kenshin Samurai Vagabondo è - senza offesa per i fan - come un paio di scarpe usate. Sono vecchie, hanno la suola consumata, il tessuto comincia a deteriorarsi e magari non vanno neanche più di moda: ma sono ancora dannatamente comode. La scarpa si è adattata al piede, e vice versa, al punto che ormai sono una sola cosa. Si potrebbe comprare un paio di calzature nuove di zecca, ma... voi che cosa fareste? Buttereste le vecchie scarpe o ve le terreste fino alla loro rottura definitiva?
Perché ho paragonato Kenshin Samurai Vagabondo ad un paio di scarpe? Perché, ve lo dico subito, è una serie che non inventa nulla di nuovo, e che anzi nemmeno ci prova, proprio come le vecchie calzature comode di cui sopra. È lo stesso autore a dire chiaramente di non desiderare creare qualcosa di nuovo. Sono scelte che rispetto, ma non condivido. Trovo, personalmente, che sia invece uno dei difetti peggiori della serie, forse il più grave. In ventotto volumi sono concentrati con precisione millimetrica tutti i cliché preferiti dai manga d'azione: il cattivo ma con cuore, il nemico che diventa amico, la forza dell'amore e della volontà, il voler diventare più forti... Anche i più validi messaggi se ripetuti tante volte perdono di efficacia, e questi non fanno eccezione. Non è brutto leggere sapendo già dove andrà a parare l'autore prima ancora di leggere cosa succede? I combattimenti, in particolare, sono quelli che soffrono di più di questo atteggiamento. Già non condivido la scelta di far violare le più comuni leggi della fisica in mosse le une più forti delle altre (guardate che cosa fanno con così poche armi!), ma soprattutto sono tutti uguali. Difetto piuttosto grave, visto che i combattimenti dovrebbero essere il fulcro del manga.
A proposito di combattimenti: ma con chi si batte, Kenshin? Con un sacco di persone, ciascuno più sfortunato e disperato dell'altro. Pensate: il nostro protagonista si imbatte nel corso della serie con ben 30 antagonisti, ed per quasi tutti Nobuhiro Watsuki cerca di trovare delle ragioni per la loro cattiveria. Ammirevole, ma così nessuno è davvero ben caratterizzato. Tanti cattivi si dimenticano per la strada e le loro storie sembrano più stupide che tristi. Anche perché in genere basta un discorsetto stereotipato di Kenshin o dei suoi amici ed ecco che i cattivi di turno cambiano schieramento e si pentono: quando fino a due tavole prima erano convintissimi di essere nel giusto. Ma questa non è introspezione psicologica. Ma neanche quella dei buoni è, a mio parere, introspezione psicologica. I personaggi sono talmente tanti che nessuno, nemmeno il protagonista, riesce a spiccare sopra gli altri. Inoltre sono tutti degli stereotipi fatti e finiti: ogni possibile guizzo di originalità è eliminato senza pietà. Così abbiamo la donna che non fa altro che piagnucolare e amare il protagonista (nonostante questo personaggio, Kaoru, avesse ottime possibilità di sviluppo per la sua abilità con la spada), il ragazzo sfrontato ma con sani principi, il bambino più maturo per la sua età, colui che è per metà rivale e metà alleato, ecc. I personaggi sono l'ossatura di una serie, in qualsiasi manga. Se sono caratterizzati male, come si può pretendere di fare un'opera memorabile, che sopravvive al tempo?
So che a molti Kenshin Samurai Vagabondo è piaciuto e lo rispetto, ma (come già detto) non la penso affatto così. Mi dispiace essere così dura, anche perché è un'opera di esordio, ma sono parecchio delusa da questa serie. Onestamente vedo anche ben pochi margini di miglioramento da parte di Nobuhiro Watsuki, ed infatti so che le sue precedenti opere non sono state molto apprezzate. Forse proverò a leggerne una, chissà. Ma adesso sono solo delusa, nonostante queste scarpe siano vecchie ma, tutto sommato, comode.
Perché ho paragonato Kenshin Samurai Vagabondo ad un paio di scarpe? Perché, ve lo dico subito, è una serie che non inventa nulla di nuovo, e che anzi nemmeno ci prova, proprio come le vecchie calzature comode di cui sopra. È lo stesso autore a dire chiaramente di non desiderare creare qualcosa di nuovo. Sono scelte che rispetto, ma non condivido. Trovo, personalmente, che sia invece uno dei difetti peggiori della serie, forse il più grave. In ventotto volumi sono concentrati con precisione millimetrica tutti i cliché preferiti dai manga d'azione: il cattivo ma con cuore, il nemico che diventa amico, la forza dell'amore e della volontà, il voler diventare più forti... Anche i più validi messaggi se ripetuti tante volte perdono di efficacia, e questi non fanno eccezione. Non è brutto leggere sapendo già dove andrà a parare l'autore prima ancora di leggere cosa succede? I combattimenti, in particolare, sono quelli che soffrono di più di questo atteggiamento. Già non condivido la scelta di far violare le più comuni leggi della fisica in mosse le une più forti delle altre (guardate che cosa fanno con così poche armi!), ma soprattutto sono tutti uguali. Difetto piuttosto grave, visto che i combattimenti dovrebbero essere il fulcro del manga.
A proposito di combattimenti: ma con chi si batte, Kenshin? Con un sacco di persone, ciascuno più sfortunato e disperato dell'altro. Pensate: il nostro protagonista si imbatte nel corso della serie con ben 30 antagonisti, ed per quasi tutti Nobuhiro Watsuki cerca di trovare delle ragioni per la loro cattiveria. Ammirevole, ma così nessuno è davvero ben caratterizzato. Tanti cattivi si dimenticano per la strada e le loro storie sembrano più stupide che tristi. Anche perché in genere basta un discorsetto stereotipato di Kenshin o dei suoi amici ed ecco che i cattivi di turno cambiano schieramento e si pentono: quando fino a due tavole prima erano convintissimi di essere nel giusto. Ma questa non è introspezione psicologica. Ma neanche quella dei buoni è, a mio parere, introspezione psicologica. I personaggi sono talmente tanti che nessuno, nemmeno il protagonista, riesce a spiccare sopra gli altri. Inoltre sono tutti degli stereotipi fatti e finiti: ogni possibile guizzo di originalità è eliminato senza pietà. Così abbiamo la donna che non fa altro che piagnucolare e amare il protagonista (nonostante questo personaggio, Kaoru, avesse ottime possibilità di sviluppo per la sua abilità con la spada), il ragazzo sfrontato ma con sani principi, il bambino più maturo per la sua età, colui che è per metà rivale e metà alleato, ecc. I personaggi sono l'ossatura di una serie, in qualsiasi manga. Se sono caratterizzati male, come si può pretendere di fare un'opera memorabile, che sopravvive al tempo?
So che a molti Kenshin Samurai Vagabondo è piaciuto e lo rispetto, ma (come già detto) non la penso affatto così. Mi dispiace essere così dura, anche perché è un'opera di esordio, ma sono parecchio delusa da questa serie. Onestamente vedo anche ben pochi margini di miglioramento da parte di Nobuhiro Watsuki, ed infatti so che le sue precedenti opere non sono state molto apprezzate. Forse proverò a leggerne una, chissà. Ma adesso sono solo delusa, nonostante queste scarpe siano vecchie ma, tutto sommato, comode.
Kenshin è, senza ombra di dubbio, uno di quei manga indimenticabili che non possono mancare nella propria collezione personale, infatti in questo manga si mescolano alla perfezione i sentimenti di affetto, rabbia, giustizia, paura, coraggio, rispetto, più una nota di comicità che tiene il lettore incollato alla lettura sino all'ultima pagina. Per fortuna io lo comprai in blocco e lo lessi tutto d'un fiato, altrimenti avrei sofferto durante l'attesa del prossimo volume!
Il protagonista della storia è Kenshin, un samurai che, con la sua arte della spada, ha contribuito alla fine dell'epoca dello Shogunato per la nuova epoca Meiji. Tuttavia per fare ciò ha dovuto uccidere molte persone e quindi, in questa nuova epoca "di pace", ha promesso di non uccidere più nessuno, e si è messo a vagabondare con l'intenzione di aiutare le persone più deboli. A Tokyo fa la conoscenza di diverse persone che lo accompagneranno fino alla fine nelle sue battaglie contro i malvagi.
Tutti i personaggi del manga, non solo i protagonisti, sono ben caratterizzati ed alcuni di loro hanno una personalità talmente forte che arrivano persino ad oscurare il protagonista; penso, per esempio, a Makoto Shishio, un samurai ambizioso, deciso a conquistare il Giappone ed assumerne il comando perché insoddisfatto della nuova epoca Meiji e che, ovviamente, arriverà a scontrarsi con Kenshin e i suoi compagni.
I disegni sono veramente belli, specialmente le scene di combattimento con la spada; inoltre i forti ideali di giustizia in cui credono i protagonisti della storia ti coinvolgono a tal punto che arrivi a gioire con loro delle vittorie ottenute o a soffrire degli eventi negativi.
L'autore del manga, Watsuki, è stato allievo di Takeshi Obata, ed infatti, come il suo maestro, fa molto spesso uso del chiaro/scuro, con suggestivi sfondi neri.
Insomma, Kenshin è veramente un manga che merita di essere letto da tutti perché, come ho già detto, se è vero che è uno shonen, e quindi un manga principalmente di combattimento (con la spada), è anche vero che è permeato di altri sentimenti quali amore e amicizia, che legano la storia e la rendono assolutamente perfetta.
Il protagonista della storia è Kenshin, un samurai che, con la sua arte della spada, ha contribuito alla fine dell'epoca dello Shogunato per la nuova epoca Meiji. Tuttavia per fare ciò ha dovuto uccidere molte persone e quindi, in questa nuova epoca "di pace", ha promesso di non uccidere più nessuno, e si è messo a vagabondare con l'intenzione di aiutare le persone più deboli. A Tokyo fa la conoscenza di diverse persone che lo accompagneranno fino alla fine nelle sue battaglie contro i malvagi.
Tutti i personaggi del manga, non solo i protagonisti, sono ben caratterizzati ed alcuni di loro hanno una personalità talmente forte che arrivano persino ad oscurare il protagonista; penso, per esempio, a Makoto Shishio, un samurai ambizioso, deciso a conquistare il Giappone ed assumerne il comando perché insoddisfatto della nuova epoca Meiji e che, ovviamente, arriverà a scontrarsi con Kenshin e i suoi compagni.
I disegni sono veramente belli, specialmente le scene di combattimento con la spada; inoltre i forti ideali di giustizia in cui credono i protagonisti della storia ti coinvolgono a tal punto che arrivi a gioire con loro delle vittorie ottenute o a soffrire degli eventi negativi.
L'autore del manga, Watsuki, è stato allievo di Takeshi Obata, ed infatti, come il suo maestro, fa molto spesso uso del chiaro/scuro, con suggestivi sfondi neri.
Insomma, Kenshin è veramente un manga che merita di essere letto da tutti perché, come ho già detto, se è vero che è uno shonen, e quindi un manga principalmente di combattimento (con la spada), è anche vero che è permeato di altri sentimenti quali amore e amicizia, che legano la storia e la rendono assolutamente perfetta.
Kenshin è un manga davvero fantastico, un capolavoro shonen che ha avuto grande successo in patria, ma qui in Italia è poco conosciuto e poco pubblicizzato. La storia parla di Battosai, un assassino dell'epoca Edo che ha deciso di vagabondare per espiare i suoi peccati, cambiando nome in Kenshin Himura. Dopo 10 anni di vagabondaggio per il Giappone arriva a Tokyo, dove conosce Kaoru, grazie alla quale decide momentaneamente di abbandonare il suo vagabondaggio. Al gruppo si uniranno successivamente Sanosuke, Yahiko e molti altri personaggi.
Il tratto dell'autore è semplice ma molto bello, i personaggi sono ben caratterizzati, ma il vero punto forte del manga è la storia, che appassiona subito il lettore. Manga consigliatissimo, tutti lo dovrebbero leggere e apprezzare.
Il tratto dell'autore è semplice ma molto bello, i personaggi sono ben caratterizzati, ma il vero punto forte del manga è la storia, che appassiona subito il lettore. Manga consigliatissimo, tutti lo dovrebbero leggere e apprezzare.
Kenshin è assieme a Fushigi Yugi Special il mio manga preferito.
Sono da sempre appassionato della cultura dei Samurai, e ho letto molte opere a riguardo, e praticamente tutti i manga di Samurai usciti fin'ora. Nessuno di questi si può paragonare a Kenshin, in quanto nessun manga ha mai rappresentato così la realtà, la poesia e le sfumature di quel periodo. Kenshin è poesia allo stato puro, e nell'anime questa sensazione la si percepisce ancor di più, anche se non ho capito perchè non l'abbiano portato qui da noi, magari al posto di altre stupidaggini come quelle rane verdi...
La storia è molto profonda, i personaggi sono egregiamente caratterizzati e l'intreccio narrativo è pazzesco, specie negli ultimi numeri, che hanno in comune non poche cose coi primi. Una serie che raccomando a chiunque, perchè non solo è avvincente, ma insegna tante cose, sul rispetto, sul coraggio, sull'onore e sull'amore.
Sono da sempre appassionato della cultura dei Samurai, e ho letto molte opere a riguardo, e praticamente tutti i manga di Samurai usciti fin'ora. Nessuno di questi si può paragonare a Kenshin, in quanto nessun manga ha mai rappresentato così la realtà, la poesia e le sfumature di quel periodo. Kenshin è poesia allo stato puro, e nell'anime questa sensazione la si percepisce ancor di più, anche se non ho capito perchè non l'abbiano portato qui da noi, magari al posto di altre stupidaggini come quelle rane verdi...
La storia è molto profonda, i personaggi sono egregiamente caratterizzati e l'intreccio narrativo è pazzesco, specie negli ultimi numeri, che hanno in comune non poche cose coi primi. Una serie che raccomando a chiunque, perchè non solo è avvincente, ma insegna tante cose, sul rispetto, sul coraggio, sull'onore e sull'amore.
Kenshin, Samurai Vagabondo è un manga storico, che si basa su eventi del Giappone realmente avvenuti e, spesso, anche su personaggi realmente esistiti, come ci spiega il talentuoso autore Nobuhiro Watsuki all'interno del manga negli speciali dedicati ai nuovi personaggi, ogni volta che essi appaiono per la prima volta nella storia.
Il manga è strutturato come un normale shonen, sebbene molto spesso tocchi gli argomenti davvero molto in profondità, da risultare quindi anche seinen per certi aspetti.
La storia è ambientata all'inizio dell'epoca Meiji, epoca che il nostro caro Kenshin stesso, il samurai vagabondo, ha contribuito a forgiare a sue spese morali (per usare i suoi stessi termini).
All'inizio non c'è una vera e propria trama, ma essa prende vita solo dal 6°-7° volume, racchiudendo nei 28 volumi due saghe: quella di Shishio e quella di Enishi (ma non faccio spoiler).
La storia procede quindi con un ritmo medio-lento, ma questo è dovuto soprattutto al gran numero di combattimenti, che hanno sia un lato negativo che uno positivo: da una parte sono tutti completamente diversi, sempre con nuove idee, con una dinamica dei colpi e degli effetti assolutamente realistica, praticamente superbi; mentre dall'altra vanno sottolineate la pessima raffigurazione dei movimenti, che risultano spesso davvero incomprensibili. Poi c'è anche il fatto che alla lunga diventino abbastanza prevedibili, ma purtroppo questa è una caratteristica comune alla maggior parte degli shonen.
Vi consolo però dicendo che i difetti riscontrabili in quest'opera si fermano qui, per il resto lo considero un capolavoro a tutti gli effetti. Infatti ogni personaggio è rappresentato alla perfezione e con gran varietà, senza (o quasi) presentare soggetti stereotipati. Anche il pensiero e gli ideali dei nemici sono ideati egregiamente, tanto che spesso pongono lo stesso lettore a riflettere su chi sia realmente nel giusto o nel torto, ad esempio io condivido in gran parte le idee di Shishio. Inoltre il manga gode di uno dei protagonisti più carismatici e avvincenti di sempre, se non proprio IL migliore.
Insomma proseguendo con la storia ci sono molte situazioni che faranno riflettere i personaggi, che si intrecceranno col loro passato, che li portano a prendere dure e decisive decisioni, a fare sacrifici...
Insomma questo e molto altro in questo manga stupendo che può essere considerato un'altra colonna portante degli shonen e non solo (ad esempio il protagonista Vash di Trigun è palesemente copiato a Kenshin, e anche la trama sembra molto ispirata alla saga di Shishio).
Da segnalare che l'anime si discosta dal manga dalla fine della saga di Shishio e prende quindi una strada tutta sua (che non ho ancora avuto l'opportunità di vedere).
Il voto finale è un 9 più che abbondante. Straconsigliato a tutti.
Il manga è strutturato come un normale shonen, sebbene molto spesso tocchi gli argomenti davvero molto in profondità, da risultare quindi anche seinen per certi aspetti.
La storia è ambientata all'inizio dell'epoca Meiji, epoca che il nostro caro Kenshin stesso, il samurai vagabondo, ha contribuito a forgiare a sue spese morali (per usare i suoi stessi termini).
All'inizio non c'è una vera e propria trama, ma essa prende vita solo dal 6°-7° volume, racchiudendo nei 28 volumi due saghe: quella di Shishio e quella di Enishi (ma non faccio spoiler).
La storia procede quindi con un ritmo medio-lento, ma questo è dovuto soprattutto al gran numero di combattimenti, che hanno sia un lato negativo che uno positivo: da una parte sono tutti completamente diversi, sempre con nuove idee, con una dinamica dei colpi e degli effetti assolutamente realistica, praticamente superbi; mentre dall'altra vanno sottolineate la pessima raffigurazione dei movimenti, che risultano spesso davvero incomprensibili. Poi c'è anche il fatto che alla lunga diventino abbastanza prevedibili, ma purtroppo questa è una caratteristica comune alla maggior parte degli shonen.
Vi consolo però dicendo che i difetti riscontrabili in quest'opera si fermano qui, per il resto lo considero un capolavoro a tutti gli effetti. Infatti ogni personaggio è rappresentato alla perfezione e con gran varietà, senza (o quasi) presentare soggetti stereotipati. Anche il pensiero e gli ideali dei nemici sono ideati egregiamente, tanto che spesso pongono lo stesso lettore a riflettere su chi sia realmente nel giusto o nel torto, ad esempio io condivido in gran parte le idee di Shishio. Inoltre il manga gode di uno dei protagonisti più carismatici e avvincenti di sempre, se non proprio IL migliore.
Insomma proseguendo con la storia ci sono molte situazioni che faranno riflettere i personaggi, che si intrecceranno col loro passato, che li portano a prendere dure e decisive decisioni, a fare sacrifici...
Insomma questo e molto altro in questo manga stupendo che può essere considerato un'altra colonna portante degli shonen e non solo (ad esempio il protagonista Vash di Trigun è palesemente copiato a Kenshin, e anche la trama sembra molto ispirata alla saga di Shishio).
Da segnalare che l'anime si discosta dal manga dalla fine della saga di Shishio e prende quindi una strada tutta sua (che non ho ancora avuto l'opportunità di vedere).
Il voto finale è un 9 più che abbondante. Straconsigliato a tutti.
Comprai Kenshin perchè non avevo nulla da leggere. A quel tempo ero solito comprare parecchi manga, soprattutto perchè la DC Comics non era ancora arrivata e non avevo altri interessi come il collezionare modellini. Inoltre mi ero dato la regola personale di non abbandonare le serie che avevo già iniziato.
Ad ogni modo, tornando alla recensione, mi ricordo che lessi i primi numeri con abbastanza indifferenza: il protagonista era interessante ma, vuoi il tratto del disegnatore o quella parte di trama, non mi prese interamente. Poi, per fortuna, si ebbe la svolta e la storia cambiò direzione e divenne, per me, più intrigante pur mantenendo degli alti e bassi.
Tecnicamente il disegno non spicca, il tratto è comune a molti altri e la storia poteva mantenersi più sul "reale" dato che il contesto storico in cui è ambientato, tuttavia c'è da ricordare che questo è comunque un manga d'azione e quindi qualche esagerazione è giusto che ci sia.
In conclusione non so se vale la pena consigliare questa storia, certo se trovaste la serie usata e a buon prezzo è da folli farsela scappare visto che alla fine dei conti, e dopo i primi volumetti, si lascia leggere ben volentieri...
Ad ogni modo, tornando alla recensione, mi ricordo che lessi i primi numeri con abbastanza indifferenza: il protagonista era interessante ma, vuoi il tratto del disegnatore o quella parte di trama, non mi prese interamente. Poi, per fortuna, si ebbe la svolta e la storia cambiò direzione e divenne, per me, più intrigante pur mantenendo degli alti e bassi.
Tecnicamente il disegno non spicca, il tratto è comune a molti altri e la storia poteva mantenersi più sul "reale" dato che il contesto storico in cui è ambientato, tuttavia c'è da ricordare che questo è comunque un manga d'azione e quindi qualche esagerazione è giusto che ci sia.
In conclusione non so se vale la pena consigliare questa storia, certo se trovaste la serie usata e a buon prezzo è da folli farsela scappare visto che alla fine dei conti, e dopo i primi volumetti, si lascia leggere ben volentieri...
Ricordo perfettamente il primo impatto avuto con Kenshin, stiamo parlando ormai di più di 10 anni fa, quando acquistai Express, una rivista-contenitore della Star Comics, che fra gli altri manga pubblicava Captain Tsubasa, One Piece e I"S (tutti titoli Shueisha). Ricordo che ai tempi, da adolescente svogliato, l'idea di leggermi una serie con sfondo storico e piena di note da leggere e dati di cui tener conto mi scoraggiò molto dall'approcciare ad un titolo simile... se non altro a livello teorico. Appena incrociato lo sguardo col sublime stile di Watsuki, non feci altro che godermi pagina dopo pagina il primo bellissimo capitolo, bramando l'attesa del mese successivo per sapere come esso continuava. La storia parla di sogni, speranze, disperazione, crescita, onore e rispetto, ma più di ogni altra cosa di redenzione ed amore. Il sentimento che anima la katana a lama invertita di Kenshin vi terrà col fiato sospeso, vi farà piangere, tifare, emozionare, gridare, arrabbiare, gioire per 28 volumi carichi di pathos ed azione, nonché una storyline approfondita piena di sottotrame e resa unica dai splendidi personaggi principali, i carismatici antagonisti e i comprimari, estremamente ben caratterizzati e delineati, che nel corso dell'opera subiranno una grossa evoluzione stilistica e di amplio riscontro narrativo, rendendo l'esperienza al lettore estremamente appagante, e non facendo risultare l'opera noiosa nonostante l'impegno profuso dall'autore che si dimostra dedito ad esaltare l'affascinante periodo storico e il mistico alone che ruota attorno al suo protagonista al fine di rendere questo shonen una pietra miliare di poesia e arte pura, racchiusa in poco meno di 30 volumi.
Se dovessi trovare una pecca a Kenshin, direi che l'unica sarebbe... che è finito! Il climax raggiunto dall'opera è talmente elevato che oltre non sarebbe certo potuto continuare, tuttavia è una di quelle serie che crea forte dipendenza e che riesce, oltre a rendere combattimenti mozzafiato e a personaggi fighissimi, ad esaltare e commuovere il lettore come tanti shonen d'oggi non riescono più. Consigliato a TUTTI.
Se dovessi trovare una pecca a Kenshin, direi che l'unica sarebbe... che è finito! Il climax raggiunto dall'opera è talmente elevato che oltre non sarebbe certo potuto continuare, tuttavia è una di quelle serie che crea forte dipendenza e che riesce, oltre a rendere combattimenti mozzafiato e a personaggi fighissimi, ad esaltare e commuovere il lettore come tanti shonen d'oggi non riescono più. Consigliato a TUTTI.
Un ottimo manga davvero, mischia personaggi finti con personaggi storicamenti esistiti. La trama coinvolge fin da subito e migliora dal volume 7 fino al 28; la fase di Kyoto dove Kenshin si batte contro Shishio è la migliore. I disegni sono dettagliati e puliti nel tratto, i personaggi sono ben strutturati ed il passato che li accomuna accresce l'interesse nei loro confronti. Kenshin, Saito, Hiko,e Shishio sono tra i migliori. Un manga da leggere subito.
Serie che quando uscì, secondo me ebbe molto successo. E secondo me se lo merita, mi dispiace che adesso sia messa un po' nel cassetto. Perché se lo merita? All'inizio, i primi tre volumi, sembra il solito manga per ragazzi, l'eroe contro nemici assurdi. Invece mescola fatti immaginari con eventi e personaggi realmente esistiti, senza storpiare quest'ultimi, integrandoli fra loro, tanto che Kenshin diventa reale; è un uomo non il solito dio della morte che alla fine ha armi assurde. Quindi la storia è scorrevole, dove vi sono sia momenti tragici, sia momenti comici. Il disegno è un po' grezzo, ma riesce a caratterizzare i personaggi sopratutto nelle scene di lotta. Io lo consiglio vivamente :P (una critica estetica sono le copertine che per l'Italia potevano essere curate un po' di più :D)
Rileggendolo adesso per alcuni caratteri si direbbe uno di quei classici manga scadenti dove ci sono i nemici con duecentonovantasette diverse tecniche speciali, sono mostri ecc... ma in realtà è un manga che a momenti è veramente profondo, ottimo lo spessore di alcuni personaggi che restano nel cuore... la cura di tutto migliora tantissimo da subito... all'inizio infatti non dice un granché ma più va avanti la storia diventa sempre meno scontata... veramente bello.
Mi sono letteralmente innamorata di questo manga perchè, oltre ad avere un personaggio principale stupendo, è comunque reale!
Ho apprezzato tantissimo l'ambientazione storica e consiglio a chiunque ami il Giappone dei samurai di leggerlo. Si imparano tantissime cose!
Kenshin è un personaggio fantastico e "umano", vale la pena di conoscerlo.
Ho apprezzato tantissimo l'ambientazione storica e consiglio a chiunque ami il Giappone dei samurai di leggerlo. Si imparano tantissime cose!
Kenshin è un personaggio fantastico e "umano", vale la pena di conoscerlo.
Manga d'azione basato sulla storia reale, narra le vicende del samurai Kenshin Himura, che dopo aver abbandonato il suo passato di assassino, diventa un vagabondo e si impegna a proteggere chi ha bisogno di aiuto. Con il procedere della storia al protagonista si uniscono vari personaggi che lo accompagneranno nelle sue avventure. La trama è ricca di azione e combattimenti, ma l'autore lascia spazio anche ai sentimenti, momenti di riflessione e comicità. Il disegno è piacevole, le scene di combattimento sono molto dinamiche. Se i primi volumi sono più semplici e ottimisti, a partire dal vol.7, quando si incentra su due episodi di maggior rilievo, la storia diventa leggermente più tragica ed eleborata, ma anche più appassionante. Essendo un manga per ragazzi, più volte ricade in un eccessivo buonismo, che lo rende a tratti un pò prevedibile, ma tutto sommato la storia è coinvolgente e i personaggi ben caratterizzati. Il giudizio finale comunque è più che positivo!
Ho solo poco spazio per descrivere il fumetto Kenshin, è la storia di un samurai ambizioso esistito realmente che dopo aver contribuito alla nascita di una nuova epoca cerca la via per espiare tutti i suoi crimini, vagabondando per 10 anni per tutto il giappone finchè qualcuno non avrà nuovamente bisogno di lui... troverà un luogo dove tornare, amici e una nuova persona d'amare che difenderà per sempre, conosciuto in passato come l'assassino Battosai, in questa storia è il samurai che per espiare le sue colpe difende le persone con una spada a lama invertita che proteggerà tutte le vite. Anche quelle dei nemici...
Le avventure dell'ex assassino Battosai (Himura Kenshin) sono ricche si suspance e di azione anche se non mancano i lunghi dialoghi tra una battaglia e l'altra .
I primi combattimenti sono un po' deludenti ma più si va avanti nell storia più diventano avvincenti, anche allenamenti hanno dell'incredibile ad esempio Sanosuke che per imparare il segreto del doppio colpo per poco non ci rimette la pelle (great Sanosuke).
Avrei sperato in un seguito di questo fumetto (chissa se il maestro Watsuki ci accontenterà prima o poi).
In definitiva i disegni sono abbastanza buoni e curati( anche se si poteva fare un po' meglio)
Ma il 10 l'ho assegnato perche la storia mi ha appassionato più di qualsiasi altro fumetto che ho letto....(avrebbe potuto deicare qualche pagina in più anche al mitico Seijuro Hiko).
I primi combattimenti sono un po' deludenti ma più si va avanti nell storia più diventano avvincenti, anche allenamenti hanno dell'incredibile ad esempio Sanosuke che per imparare il segreto del doppio colpo per poco non ci rimette la pelle (great Sanosuke).
Avrei sperato in un seguito di questo fumetto (chissa se il maestro Watsuki ci accontenterà prima o poi).
In definitiva i disegni sono abbastanza buoni e curati( anche se si poteva fare un po' meglio)
Ma il 10 l'ho assegnato perche la storia mi ha appassionato più di qualsiasi altro fumetto che ho letto....(avrebbe potuto deicare qualche pagina in più anche al mitico Seijuro Hiko).
Bel fumetto d'azione, nonostante si tratti dell'opera prima di Watsuki - cosa che si nota in parecchi passaggi della storia, in cui la scarsa esperienza dell'Autore si fa sentire. Chara design convenzionale, ma comunque ben riuscito: una sola annotazione: la storia fatica ad ingranare fino al 5-6 volumetto. Con la comparsa del leggendario Makoto Shishio, grande nemico di Kenshin, la storia decolla. Forse sarebbe stato meglio vedere più kendo e meno colpi speciali - ma è pur sempre un fumetto d'azione, pur se ad ambientazione storica. Ne esiste anche una serie TV appena più che discreta (cui manca però il Capitolo del Jinchu, forse il più bello), nonché un bellissimo (questo sì) film di 2 ore, recentemente trasmesso (edulcorato a causa dell'eccesso di violenza) da MTV.
Comunque, un manga da consigliare, e leggibile anche dai più piccoli.
Comunque, un manga da consigliare, e leggibile anche dai più piccoli.