Uno dei "falsi miti" che circonda gli appassionati di anime e manga è quello della scuola giapponese come luogo fatto di avventure, amori e divertimento. Molti titoli fortunatamente ci portano con i piedi per terra, raccontandoci il delicato periodo dell'adolescenza per quello che realmente è in Giappone. Un periodo duro, fatto di tanto studio e dedizione al sacrificio secondo un più che secolare spirito giapponese che non manca di stringere nella sua morsa anche le giovani menti di oggi. E poi c'è una delle piaghe maggiori all'interno del sistema scolastico giapponese, ovvero il bullismo. Se da sempre i più forti fisicamente all'interno della scuola hanno sopraffatto i più deboli, ora, nell'era di internet, degli smartphone e dei social network, chiunque si senta frustrato può sfogarsi, denigrando e svilendo gli altri.
Se l'aggressione fisica della vittima è più frequente da parte dei maschi, l'aggressione relazionale è invece più diffusa fra le ragazze, ma non per questo meno deleteria: si isola la vittima, attraverso pettegolezzi infamanti, esclusioni dai gruppi e il rifiuto di rivolgerle la parola. Questo mina la sicurezza di sé in un'età tanto difficile quanto quella adolescenziale. Aggiungiamo poi che in una società come quella giapponese ove il gruppo è più importante del singolo ed è fondamentale avere un proprio posto all'interno di quel gruppo, qualunque forma di maltrattamento che mina questo tipo di relazione è fonte di angoscia e può avere un effetto catastrofico.
Cosa succede quindi a quelle giovani menti che subiscono queste ritorsioni? Che meccanismo di autodifesa scatta in loro? Tendono a sparire, a chiudersi in se stessi, il più delle volte nelle loro case o addirittura nelle loro stanze. Andare a scuola è un calvario che non si riesce più ad affrontare, nonostante l'aiuto terapeutico di professionisti. Spesso serve a poco anche andare in luoghi dove poter continuare gli studi, dei veri e propri centri di sostegno per chi ha problemi di questo tipo. La scuola ormai è vista come un luogo di totale afflizione e il solo pensare di tornarci genera in questi ragazzi un crollo psicologico. Non si tratta più di paura, ma di un vero e proprio malessere anche fisico.
Da queste premesse parte il romanzo Kagami no Kojou di Mizuki Tsujimura, pubblicato in Giappone nel 2017 (e giunto da noi grazie a DeA Planeta nel 2019), che ha poi dato vita ad una trasposizione manga, pubblicata in Italia da Dynit Manga e al lungometraggio animato di cui parleremo qui, Il Castello Invisibile, che arriverà nelle sale italiane grazie a Plaion - Anime Factory come proiezione speciale, dall'11 al 13 settembre prossimi.
A tredici anni Kokoro, la protagonista di questa storia, trascorre le giornate nella sua stanza, affidando al brusio della televisione il compito di attutire i pensieri e i rumori della vita fuori. Da quando le cose a scuola si sono fatte troppo difficili, è così che ha deciso di rispondere al disagio e al dolore. Scomparendo.
La sua vita cambia quando, attraversando lo specchio della propria camera, la ragazza si ritrova in un magico castello in compagnia di sei suoi coetanei. Il gruppo è stato riunito da una misteriosa ragazzina il cui volto è celato da una maschera di lupo, che ha in serbo per loro un gioco: nel castello è nascosta una chiave e chiunque la troverà potrà esaudire il suo più grande desiderio.
I bambini avranno quasi un anno per cercarlo, ma potranno farlo solo tra le 9:00 e le 17:00. Se la chiave viene trovata e un desiderio esaudito, dimenticheranno i loro ricordi sia del luogo che l'uno dell'altro.
Il film ha la fortuna di ereditare una storia che ha già positivamente impressionato tutti coloro che hanno avuto la possibilità di conoscerla. Il romanzo ha infatti vinto il Japan Booksellers’ Award nel 2018, è stato in cima alla lista dei più venduti della rivista Da Vinci nel 2017, e, sempre nello stesso anno, ha vinto il King’s Brunch Book Prize. Il manga, disegnato con sapiente eleganza da Tomo Taketomi, ha fatto numerosi proseliti anche nel nostro staff, sempre molto esigente.
La premessa narrativa è abbastanza semplice, eppure, soprattutto per la denuncia sociale che questa storia tenta di fare, pur con la delicatezza di una fiaba, il film merita senza ombra di dubbio uno sguardo critico e una chance dello spettatore al cinema.
Spettatore che viene calato da subito nel disagio della protagonista e quindi, anche se lo sviluppo della storia poi tenderà a far sembrare tutto divertente e magico, attraverso vari momenti particolari egli respirerà un'atmosfera carica d’ansia e di ambiguità. È ovvio che i sette protagonisti vivano, in maniera più o meno evidente, gli stessi problemi, ma non si capisce perché siano stati scelti e coinvolti in questa strana caccia al tesoro, l’unica cosa certa è la loro voglia di cercare un posto che li faccia sentire protetti, al sicuro.
Il gruppo quindi sembrerà dedicare più tempo a trovare forza l’uno nell’altro che a esprimere un singolo desiderio che possa risolvere tutti i loro problemi a casa. Ci sono però tanti aspetti ambigui che pian piano saranno svelati e ci faranno capire che non tutto è come sembra. I misteri saranno quindi svelati poco per volta, mettendo tutti i ragazzi davanti a uno specchio meno fiabesco, quello capace di mostrare i propri demoni interiori.
Il difficile compito di prendere il timone di questa trasposizione è stato affidato dallo studio di animazione A-1 Pictures a Keiichi Hara, già regista di titoli come Colorful e Miss Hokusai. Hara decide di affidarsi a uno staff che conosce bene, a partire da Miho Maruo, sceneggiatrice che ha già collaborato con lui per i film Miss Hokusai e The Wonderland. Keigo Sasaki (Blue Exorcist, ERASED) si occupa sia della direzione generale delle animazioni che del character design. Harumi Fuuki, che ha composto le musiche dei precedenti film di Hara, torna a ricoprire lo stesso ruolo.
Riuscire a riportare in un lungometraggio, anche se di quasi due ore, lo spirito del romanzo originale, non era facile. Questa storia, in tutte le sue incarnazioni, esplora l’incertezza adolescenziale e il desiderio di un posto a cui appartenere, lottando con l’incapacità di esprimere adeguatamente i propri sentimenti. Siamo di fronte ad un grande omaggio alle fiabe europee (Hans Christian Andersen e i fratelli Grimm) ma anche alle vicende di Alice di Lewis Carrol, capace di creare un intreccio che avvince ed emoziona, fino a portarti ad una commozione consapevole e voluta.
Detto questo e facendo il paragone con il manga, che abbiamo letto in diversi, bisogna sottolineare due grandi dfferenze. La prima è quella che riguarda il lato grafico: il manga è molto curato e ha uno stile suo piuttosto riconoscibile. Si concentra molto sulle espressioni facciali dei personaggi rendendo appieno i loro sentimenti e le loro inquietudini. Le scenografie soprattutto nel finale sono molto più semplici rispetto al film, perché il manga si concentra principalmente sulle storie individuali dei personaggi. E qui entra in scena il secondo aspetto: nel manga ogni ragazzo del gruppo ha la sua storia, che viene raccontata in maniera più approfondita, dando così il giusto tempo al lettore per capirne le motivazioni e le emozioni. Si affrontano temi come il bullismo e l'isolamento sociale in modo adeguato, calando così profondamente il lettore nelle ansie e nelle paure provate dai ragazzi, cosa che per ovvi motivi di tempo nel film si perde in buona parte.
Graficamente il film è piuttosto gradevole, soprattutto per quanto riguarda ambientazioni e sfondi, anche se sulla parte più importante, verso il finale del film, a mio avviso la CG usata mal si amalgama con il resto delle animazioni. Dal punto di vista musicale, la OST fa il suo onesto lavoro di accompagnamento della storia ma una menzione speciale va alla canzone "Merry-Go-Round", eseguita da Yūri, che si ascolta durante i titoli di coda del film e che dona un epilogo davvero emotivo e coinvolgente alla pellicola.
Se l'aggressione fisica della vittima è più frequente da parte dei maschi, l'aggressione relazionale è invece più diffusa fra le ragazze, ma non per questo meno deleteria: si isola la vittima, attraverso pettegolezzi infamanti, esclusioni dai gruppi e il rifiuto di rivolgerle la parola. Questo mina la sicurezza di sé in un'età tanto difficile quanto quella adolescenziale. Aggiungiamo poi che in una società come quella giapponese ove il gruppo è più importante del singolo ed è fondamentale avere un proprio posto all'interno di quel gruppo, qualunque forma di maltrattamento che mina questo tipo di relazione è fonte di angoscia e può avere un effetto catastrofico.
Cosa succede quindi a quelle giovani menti che subiscono queste ritorsioni? Che meccanismo di autodifesa scatta in loro? Tendono a sparire, a chiudersi in se stessi, il più delle volte nelle loro case o addirittura nelle loro stanze. Andare a scuola è un calvario che non si riesce più ad affrontare, nonostante l'aiuto terapeutico di professionisti. Spesso serve a poco anche andare in luoghi dove poter continuare gli studi, dei veri e propri centri di sostegno per chi ha problemi di questo tipo. La scuola ormai è vista come un luogo di totale afflizione e il solo pensare di tornarci genera in questi ragazzi un crollo psicologico. Non si tratta più di paura, ma di un vero e proprio malessere anche fisico.
Da queste premesse parte il romanzo Kagami no Kojou di Mizuki Tsujimura, pubblicato in Giappone nel 2017 (e giunto da noi grazie a DeA Planeta nel 2019), che ha poi dato vita ad una trasposizione manga, pubblicata in Italia da Dynit Manga e al lungometraggio animato di cui parleremo qui, Il Castello Invisibile, che arriverà nelle sale italiane grazie a Plaion - Anime Factory come proiezione speciale, dall'11 al 13 settembre prossimi.
A tredici anni Kokoro, la protagonista di questa storia, trascorre le giornate nella sua stanza, affidando al brusio della televisione il compito di attutire i pensieri e i rumori della vita fuori. Da quando le cose a scuola si sono fatte troppo difficili, è così che ha deciso di rispondere al disagio e al dolore. Scomparendo.
La sua vita cambia quando, attraversando lo specchio della propria camera, la ragazza si ritrova in un magico castello in compagnia di sei suoi coetanei. Il gruppo è stato riunito da una misteriosa ragazzina il cui volto è celato da una maschera di lupo, che ha in serbo per loro un gioco: nel castello è nascosta una chiave e chiunque la troverà potrà esaudire il suo più grande desiderio.
I bambini avranno quasi un anno per cercarlo, ma potranno farlo solo tra le 9:00 e le 17:00. Se la chiave viene trovata e un desiderio esaudito, dimenticheranno i loro ricordi sia del luogo che l'uno dell'altro.
Il film ha la fortuna di ereditare una storia che ha già positivamente impressionato tutti coloro che hanno avuto la possibilità di conoscerla. Il romanzo ha infatti vinto il Japan Booksellers’ Award nel 2018, è stato in cima alla lista dei più venduti della rivista Da Vinci nel 2017, e, sempre nello stesso anno, ha vinto il King’s Brunch Book Prize. Il manga, disegnato con sapiente eleganza da Tomo Taketomi, ha fatto numerosi proseliti anche nel nostro staff, sempre molto esigente.
La premessa narrativa è abbastanza semplice, eppure, soprattutto per la denuncia sociale che questa storia tenta di fare, pur con la delicatezza di una fiaba, il film merita senza ombra di dubbio uno sguardo critico e una chance dello spettatore al cinema.
Spettatore che viene calato da subito nel disagio della protagonista e quindi, anche se lo sviluppo della storia poi tenderà a far sembrare tutto divertente e magico, attraverso vari momenti particolari egli respirerà un'atmosfera carica d’ansia e di ambiguità. È ovvio che i sette protagonisti vivano, in maniera più o meno evidente, gli stessi problemi, ma non si capisce perché siano stati scelti e coinvolti in questa strana caccia al tesoro, l’unica cosa certa è la loro voglia di cercare un posto che li faccia sentire protetti, al sicuro.
Il gruppo quindi sembrerà dedicare più tempo a trovare forza l’uno nell’altro che a esprimere un singolo desiderio che possa risolvere tutti i loro problemi a casa. Ci sono però tanti aspetti ambigui che pian piano saranno svelati e ci faranno capire che non tutto è come sembra. I misteri saranno quindi svelati poco per volta, mettendo tutti i ragazzi davanti a uno specchio meno fiabesco, quello capace di mostrare i propri demoni interiori.
Il difficile compito di prendere il timone di questa trasposizione è stato affidato dallo studio di animazione A-1 Pictures a Keiichi Hara, già regista di titoli come Colorful e Miss Hokusai. Hara decide di affidarsi a uno staff che conosce bene, a partire da Miho Maruo, sceneggiatrice che ha già collaborato con lui per i film Miss Hokusai e The Wonderland. Keigo Sasaki (Blue Exorcist, ERASED) si occupa sia della direzione generale delle animazioni che del character design. Harumi Fuuki, che ha composto le musiche dei precedenti film di Hara, torna a ricoprire lo stesso ruolo.
Riuscire a riportare in un lungometraggio, anche se di quasi due ore, lo spirito del romanzo originale, non era facile. Questa storia, in tutte le sue incarnazioni, esplora l’incertezza adolescenziale e il desiderio di un posto a cui appartenere, lottando con l’incapacità di esprimere adeguatamente i propri sentimenti. Siamo di fronte ad un grande omaggio alle fiabe europee (Hans Christian Andersen e i fratelli Grimm) ma anche alle vicende di Alice di Lewis Carrol, capace di creare un intreccio che avvince ed emoziona, fino a portarti ad una commozione consapevole e voluta.
Detto questo e facendo il paragone con il manga, che abbiamo letto in diversi, bisogna sottolineare due grandi dfferenze. La prima è quella che riguarda il lato grafico: il manga è molto curato e ha uno stile suo piuttosto riconoscibile. Si concentra molto sulle espressioni facciali dei personaggi rendendo appieno i loro sentimenti e le loro inquietudini. Le scenografie soprattutto nel finale sono molto più semplici rispetto al film, perché il manga si concentra principalmente sulle storie individuali dei personaggi. E qui entra in scena il secondo aspetto: nel manga ogni ragazzo del gruppo ha la sua storia, che viene raccontata in maniera più approfondita, dando così il giusto tempo al lettore per capirne le motivazioni e le emozioni. Si affrontano temi come il bullismo e l'isolamento sociale in modo adeguato, calando così profondamente il lettore nelle ansie e nelle paure provate dai ragazzi, cosa che per ovvi motivi di tempo nel film si perde in buona parte.
Graficamente il film è piuttosto gradevole, soprattutto per quanto riguarda ambientazioni e sfondi, anche se sulla parte più importante, verso il finale del film, a mio avviso la CG usata mal si amalgama con il resto delle animazioni. Dal punto di vista musicale, la OST fa il suo onesto lavoro di accompagnamento della storia ma una menzione speciale va alla canzone "Merry-Go-Round", eseguita da Yūri, che si ascolta durante i titoli di coda del film e che dona un epilogo davvero emotivo e coinvolgente alla pellicola.
Il castello invisibile può essere quindi un ottimo entry level per il romanzo originale o il manga, a patto che si sia disposti a uscire da una certa comfort zone, non farsi ingannare dalla copertina simil fiaba e a entrare in un luogo dove il confine tra malinconia e sconforto è sottile. Un film con un messaggio importante su un problema di non facile soluzione e anzi lasciandoci con più di qualche domanda. Gli adulti riusciranno a svolgere il loro compito di ausilio ai più giovani dando loro un’ancora di salvezza quando hanno più bisogno di aiuto e assicurandosi che sappiano che esiste? Possono questi ragazzi traumatizzati aiutarsi a vicenda riconquistando la fiducia necessaria per avere successo nel mondo (troppo spesso ingiusto) in cui tutti viviamo?
Da genitore non posso rimanere insensibile ad un messaggio tanto potente.
Da genitore non posso rimanere insensibile ad un messaggio tanto potente.
Pro
- Le tematiche
- Gli sfondi
- La canzone "Merry-Go-Round", eseguita da Yūri
Contro
- CGI non sempre perfetta
- Il film velocizza e semplifica certe parti del manga e del romanzo
Sarei curioso dì sapere se la situazione nelle scuole giapponesi è così grave e diffusa come si vede in alcune opere… e anche com’è nelle scuole italiane in realtà…
Penso di averne avuto un esempio nell'ultimo film di Sword Art Online... purtroppo A-1 Pictures è a corto di personale dai tempi di Alicization e la cosa si nota.
Beh se il film mi piacerà comprerò il manga dove, da quel che ho capito, troverò molte più scene d'approfondimento dei personaggi. Ci sono abituato. Anche i manga di progetti nati come film (tipo Summer Wars o Weathering With You) han sempre avuto delle scene extra.
Non so il Giappone ma nelle scuole italiane è un disastro. Anche perché negli ultimi tempi si è diffusa la moda dei genitori che non solo non puniscono i figli bulli ma gli proteggono pure. Quante volte si è sentito nei telegiornali dei genitori che aggrediscono gli insegnanti? E vogliamo parlare dell'aumento increscioso delle baby gang e degli episodi di stupri tra minorenni? Solo in questi giorni si parla di tipo tre casi! Tre casi di cui si parla in TV, chissà quanti altri si verificano senza che ci giunga notizia... altro che gioventù bruciata...
Penso che in Giappone un problema serio è l'assenza di sufficiente supporto dei genitori ai figli. Da quel che ho osservato, nelle case giapponesi i genitori (soprattutto i padri) sono spesso assenti nella vita dei figli perché troppo presi dal lavoro per occuparsi di loro. Non è solo uno stereotipo degli anime drammatici.
Anche se film così di solito preferisco guardarmeli con calma casa.
Il manga ad oggi è una mia grande mancanza purtroppo, pur con mia grande curiosità e pur se mi è stato raccomandato in mille modi, sigh... le tematiche mi interessano molto, quindi oltre al manga vorrei recuperarmi anche il romanzo prima o poi.
Di certo quando erano uscite le prime notizie sull'adattamento per il cinema mi sono brillati gli occhi a vederne le belle animazioni e la colonna sonora. E poi, beh, con Merry-go-round è stato amore a primo ascolto, e non ho ancora smesso di ascoltarla in loop giorno dopo giorno. Ho persino avuto l'onore di poterla scegliere e cantare al karaoke qualche settimana fa, ne sono stata felicissima ♥
fatti forza può succedere un miracolo!
Che lo veda o meno, resto dell'idea di voler recuperare il romanzo.
Sperando che arrivi su qualche piattaforma, rimango nella speranza di riuscire a vederlo
Beh Ironic l'ha visto e ne parla bene. Condivido il suo pensiero, Le tematiche sono interessanti e gli sfondi emozionanti, ma potresti anche trovarlo noioso, nel caso non fosse il tuo genere. Il manga credo sia anche migliore, nel finale mi pare ci sia una piccola ma importante differenza, ma anche sapendolo non vedo l'ora di andare al cinema a vederlo.
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