La sinestesia è un fenomeno sensoriale-percettivo in cui determinati stimoli evocano sensazioni di natura diversa da quella normalmente sperimentata: è possibile, ad esempio, "vedere" un suono o "sentire" un colore. Esistono diverse tipologie di sinestesia, ciascuna delle quali combina la percezione di due o più sensi in uno. Ad esempio, esistono persone in grado di “sentire” il colore rosso o di “toccare” il suono di una sirena. Si tratta di un fenomeno estremamente raro: solo una percentuale tra il 2 e il 4% della popolazione è affetta da tale disturbo.
La condizione della sinestesia non è certamente tra le più esplorate tra cinema e letteratura, anzi, e questo rende piuttosto peculiare il nuovo film d'animazione di Naoko Yamada, The Colors Within (Kimi no Iro), arrivato da noi con il titolo I colori dell’Anima. Pur non essendo l'argomento centrale della pellicola, uno dei personaggi principali è proprio una persona che si trova a vivere con questa situazione, ma andiamo con ordine.
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I Colori dell'Anima ruota attorno ad una ragazza adolescente di nome Totsuko Higurashi, una studentessa introversa e sognatrice in una scuola cristiana per sole ragazze. C’è però una ragione dietro la sua eccentricità: Totsuko può vedere dei colori che nessun altro può percepire e che vanno oltre l'esperienza puramente sensoriale.
Ogni persona, infatti, si presenta ai suoi occhi circondata da colori specifici che le fanno capire se sia triste, felice o arrabbiata. Una dote molto particolare che fa di lei una ragazzina davvero tanto sensibile e sempre attenta a preoccuparsi dello stato d’animo delle persone che la circondano. Capacità che non è un fastidio o un disturbo per lei, anzi! Fa battere il suo cuore talmente forte da farla estraniare dalla realtà e vivere i suoi rapporti in funzione di questo che per lei è un vero e proprio “potere”.
Quando Totsuko incontra un'altra ragazza a scuola, la silenziosa Kimi, ne rimane affascinata dall'aura blu che emana. È così affascinata da questa scoperta che non riesce a pensare ad altro, e quando Kimi viene cacciata dalla scuola, Totsuko decide di andare a cercarla. Da qui si dipana una storia semplice, ma al contempo delicata, di crescita personale in salsa adolescenziale. Un po' il marchio di fabbrica della regista.
La Yamada ha infatti già dimostrato ampiamente di avere un talento nel cogliere la dinamica degli outsider adolescenti e nel raccontare le storie di giovani che non si uniformano al normale mood scolastico che li circonda, magari con il potere unificante della musica. Ricorderete infatti come, nel suo precedente film del 2018, Liz e l'uccellino azzurro, esplorava l'amicizia tra due studentesse dell'ultimo anno, membri dell'ensemble di ottoni della scuola. A mio avviso la sua opera più matura e riuscita.
Anche in questo contesto la musica è il fil rouge che unisce i personaggi di questa storia. Tre adolescenti giapponesi in cerca della loro strada e di qualcosa che non li faccia sentire fuori posto. Tre personalità diverse ma con le stesse paure, che riusciranno a crescere grazie all’amicizia che nasce quasi casualmente, grazie alla comune volontà di fondare una band. Totsuko trova infatti Kimi proprio nel momento in cui il goffo Rui palesa il suo interesse per la chitarra di lei. Incerti, balbettanti e paralizzati dall'ansia sociale, i tre giovani riescono in qualche modo a decidere di unirsi e formare (atto per loro totalmente rivoluzionario) una band. Ne seguono sgangherate ma esaltanti prove insieme sull’isola dove vive Rui, che portano i ragazzi a capire quale potente mezzo di espressione sia la musica.
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Dicevamo che ognuno dei tre ragazzi ha dei forti momenti di disagio e difficoltà a percepire quale sia esattamente il proprio posto nel mondo, al di là di ciò che gli viene imposto esternamente.
Totsuko deve affrontare il dilemma di essere profondamente devota ai precetti della Chiesa ma anche affascinata da intrattenimenti considerati piuttosto pagani. Nel frattempo, Kimi ha i suoi sogni, ma si sente intrappolata dalle aspettative della dolce nonna che l'ha cresciuta. Come Rui, che sta combattendo con l'idea che seguire i suoi desideri significhi lasciare l'isola in cui è cresciuto, abbandonando così, ai suoi occhi, sua madre ma anche una vita di solitudine.
Tre ragazzi che devono quindi affrontare le aspettative che altri hanno verso di loro, ma che non rappresentano davvero ciò che sentono e vogliono. Questo però possono farlo attraverso la band, mettendo le loro emozioni in forma di canzone ed imparando ad accettare i propri sentimenti e a comunicarli. Nel film, infatti,ogni personaggio principale compone una canzone originale che incarna il proprio spirito, ma nessuno ci riesce meglio di quella che alla fine si rivela il vero personaggio principale, ovvero Totsuko stessa. La sua canzone apparentemente stupidina, trabocca del suo modo onesto di relazionarsi con il mondo. I suoi testi mescolano felicemente i pianeti che sta studiando, la sua fede e il suo pranzo preferito come se fosse la cosa più naturale del mondo. E, tra tutte, sarà proprio la sua canzone a far scatenare l'intero pubblico nel concerto finale.
Sebbene Yamada eccella sempre, come dicevamo, in storie di personaggi realistici calati in realtà slice of life, in queste c’è quasi sempre un elemento drammatico, come La forma della voce, elemento drama che è deliberatamente assente in Kimi no Iro / The Colors Within. Non che i tre personaggi principali non siano in conflitto tra loro, o non attraversino una storia di auto-scoperta. Ciò che Yamada e la sua sceneggiatrice, Reiko Yoshida, hanno fatto con questo film è stato però eliminare tutti i classici personaggi cattivi e i momenti drammatici, onnipresenti in una storia di questo tipo. Mentre la maggior parte dei film dedica tempo alla tensione e al pathos per concludersi in un'esplosione di felicità e risoluzione, qui si fa quasi l'opposto, procedendo con pacatezza in un’ambientazione quasi fiabesca e priva di veri ostacoli (l’ambientazione cattolica poteva invece fornirne a iosa). Una decisione diversa, e piuttosto audace visto appunto i trend che hanno decretato il successo di certi titoli negli ultimi anni, ma che forse rende il film anche piuttosto lento.
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I colori in tutto questo hanno una loro importanza nello svolgimento della storia. Totsuko infatti non si limita ad assegnare colori casuali alle persone che vede, ma ne percepisce effettivamente il potenziale nascosto. È ciò che la attrae verso Kimi e Rui, insicuri di sé e di dove andranno. È ciò che la attrae verso Hiyoko, la suora giovane e gentile. Il suo amore, la sua gioia e la sua onestà aiutano ognuno di loro a realizzare ciò che davvero desiderano e, grazie alla musica e all'arte, sono in grado di mostrare il loro vero sé al mondo.
Guarda caso proprio all'inizio Totsuko si interroga su un colore che non riesce a percepire: il proprio. Colore (rosso) che non è mai stato nascosto allo spettatore, già dai poster promozionali, e Totsuko in un modo che si addice al personaggio, arriverà a percepirlo solo alla fine del suo percorso, quando avrà pienamente accettato la sua natura piuttosto unica.
In tutto questo, lo staff di Science SARU può dare libero sfogo alla propria creatività, approfittando dei momenti in cui la ragazza si lascia andare in questo caleidoscopio di colori, per far perdere lo spettatore in una dimensione onirica fatta di macchie aggiunte sullo schermo come pennellate su una tavolozza. Ciliegina sulla torta di un film che, dal punto di vista tecnico, sa appagare gli occhi e lo spirito dell'amante di animazione. Il tutto accompagnato dalle musiche di Kensuke Ushio, che ci sorprese già ai tempi di Space Dandy ma capace di esaltarci anche con opere più mainstream come Chainsaw Man e DAN DA DAN, al momento uno dei top nel proprio lavoro - Per quanto riguarda tutti gli aspetti tecnici e i dietro le quinte del film andate pure a questo articolo -
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La condizione della sinestesia non è certamente tra le più esplorate tra cinema e letteratura, anzi, e questo rende piuttosto peculiare il nuovo film d'animazione di Naoko Yamada, The Colors Within (Kimi no Iro), arrivato da noi con il titolo I colori dell’Anima. Pur non essendo l'argomento centrale della pellicola, uno dei personaggi principali è proprio una persona che si trova a vivere con questa situazione, ma andiamo con ordine.
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I Colori dell'Anima ruota attorno ad una ragazza adolescente di nome Totsuko Higurashi, una studentessa introversa e sognatrice in una scuola cristiana per sole ragazze. C’è però una ragione dietro la sua eccentricità: Totsuko può vedere dei colori che nessun altro può percepire e che vanno oltre l'esperienza puramente sensoriale.
Ogni persona, infatti, si presenta ai suoi occhi circondata da colori specifici che le fanno capire se sia triste, felice o arrabbiata. Una dote molto particolare che fa di lei una ragazzina davvero tanto sensibile e sempre attenta a preoccuparsi dello stato d’animo delle persone che la circondano. Capacità che non è un fastidio o un disturbo per lei, anzi! Fa battere il suo cuore talmente forte da farla estraniare dalla realtà e vivere i suoi rapporti in funzione di questo che per lei è un vero e proprio “potere”.
Quando Totsuko incontra un'altra ragazza a scuola, la silenziosa Kimi, ne rimane affascinata dall'aura blu che emana. È così affascinata da questa scoperta che non riesce a pensare ad altro, e quando Kimi viene cacciata dalla scuola, Totsuko decide di andare a cercarla. Da qui si dipana una storia semplice, ma al contempo delicata, di crescita personale in salsa adolescenziale. Un po' il marchio di fabbrica della regista.
La Yamada ha infatti già dimostrato ampiamente di avere un talento nel cogliere la dinamica degli outsider adolescenti e nel raccontare le storie di giovani che non si uniformano al normale mood scolastico che li circonda, magari con il potere unificante della musica. Ricorderete infatti come, nel suo precedente film del 2018, Liz e l'uccellino azzurro, esplorava l'amicizia tra due studentesse dell'ultimo anno, membri dell'ensemble di ottoni della scuola. A mio avviso la sua opera più matura e riuscita.
Anche in questo contesto la musica è il fil rouge che unisce i personaggi di questa storia. Tre adolescenti giapponesi in cerca della loro strada e di qualcosa che non li faccia sentire fuori posto. Tre personalità diverse ma con le stesse paure, che riusciranno a crescere grazie all’amicizia che nasce quasi casualmente, grazie alla comune volontà di fondare una band. Totsuko trova infatti Kimi proprio nel momento in cui il goffo Rui palesa il suo interesse per la chitarra di lei. Incerti, balbettanti e paralizzati dall'ansia sociale, i tre giovani riescono in qualche modo a decidere di unirsi e formare (atto per loro totalmente rivoluzionario) una band. Ne seguono sgangherate ma esaltanti prove insieme sull’isola dove vive Rui, che portano i ragazzi a capire quale potente mezzo di espressione sia la musica.
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Dicevamo che ognuno dei tre ragazzi ha dei forti momenti di disagio e difficoltà a percepire quale sia esattamente il proprio posto nel mondo, al di là di ciò che gli viene imposto esternamente.
Totsuko deve affrontare il dilemma di essere profondamente devota ai precetti della Chiesa ma anche affascinata da intrattenimenti considerati piuttosto pagani. Nel frattempo, Kimi ha i suoi sogni, ma si sente intrappolata dalle aspettative della dolce nonna che l'ha cresciuta. Come Rui, che sta combattendo con l'idea che seguire i suoi desideri significhi lasciare l'isola in cui è cresciuto, abbandonando così, ai suoi occhi, sua madre ma anche una vita di solitudine.
Tre ragazzi che devono quindi affrontare le aspettative che altri hanno verso di loro, ma che non rappresentano davvero ciò che sentono e vogliono. Questo però possono farlo attraverso la band, mettendo le loro emozioni in forma di canzone ed imparando ad accettare i propri sentimenti e a comunicarli. Nel film, infatti,ogni personaggio principale compone una canzone originale che incarna il proprio spirito, ma nessuno ci riesce meglio di quella che alla fine si rivela il vero personaggio principale, ovvero Totsuko stessa. La sua canzone apparentemente stupidina, trabocca del suo modo onesto di relazionarsi con il mondo. I suoi testi mescolano felicemente i pianeti che sta studiando, la sua fede e il suo pranzo preferito come se fosse la cosa più naturale del mondo. E, tra tutte, sarà proprio la sua canzone a far scatenare l'intero pubblico nel concerto finale.
Sebbene Yamada eccella sempre, come dicevamo, in storie di personaggi realistici calati in realtà slice of life, in queste c’è quasi sempre un elemento drammatico, come La forma della voce, elemento drama che è deliberatamente assente in Kimi no Iro / The Colors Within. Non che i tre personaggi principali non siano in conflitto tra loro, o non attraversino una storia di auto-scoperta. Ciò che Yamada e la sua sceneggiatrice, Reiko Yoshida, hanno fatto con questo film è stato però eliminare tutti i classici personaggi cattivi e i momenti drammatici, onnipresenti in una storia di questo tipo. Mentre la maggior parte dei film dedica tempo alla tensione e al pathos per concludersi in un'esplosione di felicità e risoluzione, qui si fa quasi l'opposto, procedendo con pacatezza in un’ambientazione quasi fiabesca e priva di veri ostacoli (l’ambientazione cattolica poteva invece fornirne a iosa). Una decisione diversa, e piuttosto audace visto appunto i trend che hanno decretato il successo di certi titoli negli ultimi anni, ma che forse rende il film anche piuttosto lento.
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I colori in tutto questo hanno una loro importanza nello svolgimento della storia. Totsuko infatti non si limita ad assegnare colori casuali alle persone che vede, ma ne percepisce effettivamente il potenziale nascosto. È ciò che la attrae verso Kimi e Rui, insicuri di sé e di dove andranno. È ciò che la attrae verso Hiyoko, la suora giovane e gentile. Il suo amore, la sua gioia e la sua onestà aiutano ognuno di loro a realizzare ciò che davvero desiderano e, grazie alla musica e all'arte, sono in grado di mostrare il loro vero sé al mondo.
Guarda caso proprio all'inizio Totsuko si interroga su un colore che non riesce a percepire: il proprio. Colore (rosso) che non è mai stato nascosto allo spettatore, già dai poster promozionali, e Totsuko in un modo che si addice al personaggio, arriverà a percepirlo solo alla fine del suo percorso, quando avrà pienamente accettato la sua natura piuttosto unica.
In tutto questo, lo staff di Science SARU può dare libero sfogo alla propria creatività, approfittando dei momenti in cui la ragazza si lascia andare in questo caleidoscopio di colori, per far perdere lo spettatore in una dimensione onirica fatta di macchie aggiunte sullo schermo come pennellate su una tavolozza. Ciliegina sulla torta di un film che, dal punto di vista tecnico, sa appagare gli occhi e lo spirito dell'amante di animazione. Il tutto accompagnato dalle musiche di Kensuke Ushio, che ci sorprese già ai tempi di Space Dandy ma capace di esaltarci anche con opere più mainstream come Chainsaw Man e DAN DA DAN, al momento uno dei top nel proprio lavoro - Per quanto riguarda tutti gli aspetti tecnici e i dietro le quinte del film andate pure a questo articolo -
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Non ci sono tanti spiegoni o dialoghi memorabili in questo film. Molto di ciò che conta non viene detto ad alta voce. Eppure i sentimenti dei tre protagonisti riescono d essere percepiti lo stesso dallo spettatore, come le macchie di colore che vede Tatsuko. Sentimenti che, indipendentemente da qualsiasi passo falso o delusione, emergono forte e chiaro nella musica. Sono canzoni? O inni? In entrambi i casi, nel concerto culminante, la regista riesce a chiudere la propria storia e i patimenti dei suoi giovani protagonisti lasciando che sia la musica a parlare e regalandoci un finale davvero bello, che rimette in pace lo spettatore anche con certi momenti lenti e meno riusciti della storia.
Il 24, 25 e 26 febbraio il film arriverà arriva anche nei cinema italiani grazie ad grazie ad Anime Factory.
Il 24, 25 e 26 febbraio il film arriverà arriva anche nei cinema italiani grazie ad grazie ad Anime Factory.
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Pro
- Viene trattato un disturbo piuttosto insolito
- L'aspetto tecnico
- Le musiche
Contro
- Il film potrebbe risultare lento
Grazie per il resoconto!
Se leggi bene la recensione spiego quali potrebbero essere i problemi per un pubblico non preparato alla visione. Oggi questo tipo di storie hanno sempre una componente drama accentuata mentre qui no. Cosa voluta per il tipo di storia che si racconta ma per un determinato tipo di pubblico è indubbio possa anche risultare lento e noiosetto. Infatti in sala si era equamente divisi sul proprio giudizio
Valuterò se andare...
p.s. nei CONTRO c'è una X ma accanto non c'è scritto niente
Da quel che vedo almeno negli Uci lo proietteranno anche sub ita
ah è vero, grazie! nella lista dei cinema sul sito di animefactory non l'hanno scritto
https://www.animefactory.it/i-colori-dellanima-the-colors-within/
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