Fortezza Superdimensionale Macross o per gli amici semplicemente Macross, ha avuto un impatto incredibile nella cultura pop, dal mondo del mecha design, a videogiochi e cinema. Persino Top Gun con protagonista Tom Cruise strizza l'occhio ad alcune scene presenti nell'anime, senza contare come Ace Combat ne sia un figlio praticamente diretto.
I meriti di Macross vanno al di là del semplice successo commerciale, uno dei casi in cui il numero di episodi previsti invece di essere tagliato (come avvenne per Mobile Suit Gundam) venne aumentato, passando da 26 a 36. Ovviamente, anche Lynn Minmay ha avuto il suo spazio, una delle prime idol non umane ad aver successo e che rese celebre la sua doppiatrice Mari Iijima, divenuta una star in campo musicale.
Potremmo scrivere pagine e pagine su Macross ma per evitare di tediarvi e approfittando dell'arrivo in quel di Lucca di Shoji Kawamori, soffermiamoci sul mecha design e alle scelte che hanno portato questa serie ad avere non solo un enorme successo ma anche una grossa influenza nel successivo sviluppo di nuovi prodotti.
Ci troviamo agli inizi degli anni ottanta e Mobile Suit Gundam ha appena cambiato le carte in tavola. Dopo decenni di cosiddetti Super Robot, il Gundam dava il via a un nuovo concetto: il robot come macchina, con regole precise su costruzione, fisica e tecnologia contestuale alla narrazione. Quest'ultimo punto è di fondamentale importanza perché prima di arrivare al modello finito occorre creare prima un contesto, una serie di regole in grado di creare un background preciso a ciò che si vuole raccontare: che tipo di tecnologia viene usata? E la fonte di energia? Il mondo raccontato e pacifico o no? Quanto ci si può spingere con l'immaginazione? E così via fino a quando la fase di brainstorming finisce in un cumulo di fogli sparsi qua e là.
È da qui che partono i primi bozzetti, costruiti sulla base di quanto immaginato. Può certamente capitare che uno influenzi l'altro, che magari un'idea avuta su un personaggio o su un mezzo possa in qualche modo cambiare alcuni elementi del contesto attorno a loro e nel caso di Macross, è avvenuto più o meno questo.
Per capire bene il perché si sia arrivato ai Valkyrie, i robot trasformabili della serie, dobbiamo fare un passo indietro e conoscere le prime ambizioni di Kawamori. Sin da piccolo, si è appassionato di ingegneria e aerospazio per cui, quando ebbe l'opportunità di lavorare al mecha design di Capitan Harlock unì l'utile al dilettevole. Shoji Kawamori capì infatti che in questo settore, quello dell'animazione, poteva dare vita a tutte le sue idee, sfociate poi in Macross.
I primi schizzi ideati per puro gioco, sfruttando soprattutto la passione per Gundam (avendo nel frattempo fondato un fan club chiamato Gunsight One) furono utilizzati come base per creare qualcosa di nuovo, un concetto intravisto in Gundam ma che poteva essere ulteriormente esplorato. L'unione delle sue passioni diede vita al VF-1 Valkyrie, uno dei robot più iconici dell'animazione. L'ispirazione è palese: il Grumman F-14 Tomcat, caccia divenuto famoso soprattutto per il film Top Gun, ha la particolarità di avere ali a geometria variabile che gli permette di avere ottime prestazioni a ogni velocità di crociera. Per certi verti, è un aereo trasformabile e chi meglio di lui per fargli fare un salto ulteriore!? Il nome utilizzato invece, deriva da un bombardiere sperimentale: il North American XB-70 Valkyrie in grado di superare la velocità Mach 3, fantascienza per gli anni sessanta.
Il design del VF-1 Valkyrie influenzerà pesantemente quello dello Z Gundam ma mentre nello spazio ci si può prendere delle libertà aerodinamiche, nell'atmosfera la situazione è un po' più complessa. Non basta semplicemente disegnare un aereo che si trasforma: come detto poc'anzi, nella sfera del real robot, il tutto deve essere verosimile e in questo caso, il design del caccia deve sposarsi con le componenti necessarie alla trasformazione in robot. Questi elementi in più non devono ostacolare il flusso d'aria in grado di creare la portanza necessaria per mantenere in aria il caccia ma nello stesso tempo, bisogna realizzare una trasformazione di facile comprensione per gli spettatori e una cabina di pilotaggio adatta in tutte le condizioni. Già solo questo basta per far comprendere la complessità della cosa. Ma per rendere ancora tutto più difficile, c'è un'altra questione: queste creazioni devono essere animate. Per cui, il design originale deve essere ridotto in qualche modo ai minimi termini, per permettere agli animatori di non impazzire e tenere il massimo controllo sulle varie parti singole del soggetto. È per questo che l'avvento della CGI è stato un bene per i designer, perché l'idea originale, ultra dettagliata ha più possibilità di essere messa in campo.
Tutti problemi da superare ma in Macross, si son fatte le cose per bene, perché come raccontato sia nella serie principale sia in Macross Zero (il prequel), la questione aereo trasformabile non era certo di facile costruzione. L'aver recuperato tecnologia aliena da quella che poi sarebbe diventata la SDF-1 Macross aveva sicuramente dato una mano, ma c'erano diversi limiti da superare. Il primo prototipo VF-0 Phoenix seppe dimostrare che tutto ciò era fattibile, superando i problemi aerodinamici citati poc'anzi. Ed è bello vedere come sia nel mondo reale sia nel mondo di fantasia, si cerchi di superare gli stessi identici problemi.
La trasformazione in sé del VF-1 Valkyrie diede infatti parecchi grattacapi a Kawamori. Analizzando un modellino di un F-14, cercava di capire dove e come posizionare le varie parti del robot, arrivando a pensare inizialmente di congiungere le braccia per formare il muso del caccia. Tuttavia, non risultava molto elegante e così cercò nuove soluzioni. Si accorse che tra i due post-bruciatori (che divennero le gambe) c'era un po' di spazio vuoto, il posto perfetto per piegare quegli arti in mondo omogeneo. Si decise anche, fortunatamente per il pilota, di coprire il cockpit con un'armatura, visto che sarebbe diventata una delle parti più esposte del robot.
Un perfetto esempio della massima dell'architetto Louis Henry Sullivan “la forma segue la funzione”, dove lo stile e le esigenze di progettazione (design) si fondono alla perfezione. Il VF-1 Valkyrie è infatti uno dei massimi esponenti del mecha design, una geniale semplicità che si è un po' persa negli anni successivi, in cui spesso lo stile prevale su tutto.
Stranamente però, all'azienda che produceva i giocattoli, Takatoku , non piacque. I caccia non vendevano e non era visto di buon occhio qualcosa in grado di trasformarsi, forse troppo complicato per un bambino. All'epoca, il merchandising aveva un impatto incredibile sui prodotti destinati alla TV e al cinema: in mancanza di internet, di cellulari e di un globalizzazione ancora da concretizzarsi, molto passava dai modellini o dai giocattoli per cui, il rifiuto di Takatoku di investire sul progetto Macross rischiava seriamente di mandare tutto a monte. Anche qui Kawamori mise del suo: il miglior modo di mostrare le capacità di un prodotto è quello di vederlo in funzione ed è così che il designer commissionò la creazione di un prototipo funzionante del modellino VF-1 Valkyrie, trasformabile in tutte e tre le sue fasi. Inutile dire come questa volta, Takatoku se ne innamorò.
Ma come tre fasi? Oltre al caccia e al robot, esisteva un'altra trasformazione? Esatto, ed è la prima che si vede nel primo episodio di Macross: la modalità GERWALK. Acronimo che sta per Ground Effective Reinforcement of Winged Armament with Locomotive Knee-joint, questa trasformazione era una via di mezzo tra le due modalità principali, idea venuta in mente durante una vacanza in montagna di Kawamori. Osservando i vari sciatori e la loro classica posa, immaginò un robot curvato in avanti, simile a un uccello. Di fatti, le articolazioni delle “ginocchia” del Valkyrie sono piegate al contrario ed è da questa modalità che partì tutto il progetto. Il GERWALK è appunto la prima vera idea del VF-1, elaborata poi successivamente in quella che conosciamo, il robot umanoide che subirà tante variazioni nelle serie successive.
Tutto questo parte dalla capacità di Shoji Kawamori nel vedere ciò che ci circonda con una prospettiva diversa, anche se anche in questo caso, la prima versione di questo progetto, venne sonoramente bocciata. In fin dei conti è il destino di tutti coloro che lavorano prima di tutto con la fantasia, una serie infinita di fallimenti fino a trovare la quadra perfetta. E quando la si trova, spesso si cambia il mondo.
Il VF-1 Valkyrie è un capolavoro ma come ben sappiamo, Shoji Kawamori ha ideato ben di più, dal Gundam Zephyranthes al Nirvash di Eureka Seven, senza dimenticare il suo contributo nella realizzazione dell'ASF-X Shinden II, uno dei caccia più iconici della serie Ace Combat, citato per chiudere un po' il cerchio su un percorso impressionante, fatto di idee e colpi di genio.
I meriti di Macross vanno al di là del semplice successo commerciale, uno dei casi in cui il numero di episodi previsti invece di essere tagliato (come avvenne per Mobile Suit Gundam) venne aumentato, passando da 26 a 36. Ovviamente, anche Lynn Minmay ha avuto il suo spazio, una delle prime idol non umane ad aver successo e che rese celebre la sua doppiatrice Mari Iijima, divenuta una star in campo musicale.
Potremmo scrivere pagine e pagine su Macross ma per evitare di tediarvi e approfittando dell'arrivo in quel di Lucca di Shoji Kawamori, soffermiamoci sul mecha design e alle scelte che hanno portato questa serie ad avere non solo un enorme successo ma anche una grossa influenza nel successivo sviluppo di nuovi prodotti.
Ci troviamo agli inizi degli anni ottanta e Mobile Suit Gundam ha appena cambiato le carte in tavola. Dopo decenni di cosiddetti Super Robot, il Gundam dava il via a un nuovo concetto: il robot come macchina, con regole precise su costruzione, fisica e tecnologia contestuale alla narrazione. Quest'ultimo punto è di fondamentale importanza perché prima di arrivare al modello finito occorre creare prima un contesto, una serie di regole in grado di creare un background preciso a ciò che si vuole raccontare: che tipo di tecnologia viene usata? E la fonte di energia? Il mondo raccontato e pacifico o no? Quanto ci si può spingere con l'immaginazione? E così via fino a quando la fase di brainstorming finisce in un cumulo di fogli sparsi qua e là.
È da qui che partono i primi bozzetti, costruiti sulla base di quanto immaginato. Può certamente capitare che uno influenzi l'altro, che magari un'idea avuta su un personaggio o su un mezzo possa in qualche modo cambiare alcuni elementi del contesto attorno a loro e nel caso di Macross, è avvenuto più o meno questo.
Per capire bene il perché si sia arrivato ai Valkyrie, i robot trasformabili della serie, dobbiamo fare un passo indietro e conoscere le prime ambizioni di Kawamori. Sin da piccolo, si è appassionato di ingegneria e aerospazio per cui, quando ebbe l'opportunità di lavorare al mecha design di Capitan Harlock unì l'utile al dilettevole. Shoji Kawamori capì infatti che in questo settore, quello dell'animazione, poteva dare vita a tutte le sue idee, sfociate poi in Macross.
I primi schizzi ideati per puro gioco, sfruttando soprattutto la passione per Gundam (avendo nel frattempo fondato un fan club chiamato Gunsight One) furono utilizzati come base per creare qualcosa di nuovo, un concetto intravisto in Gundam ma che poteva essere ulteriormente esplorato. L'unione delle sue passioni diede vita al VF-1 Valkyrie, uno dei robot più iconici dell'animazione. L'ispirazione è palese: il Grumman F-14 Tomcat, caccia divenuto famoso soprattutto per il film Top Gun, ha la particolarità di avere ali a geometria variabile che gli permette di avere ottime prestazioni a ogni velocità di crociera. Per certi verti, è un aereo trasformabile e chi meglio di lui per fargli fare un salto ulteriore!? Il nome utilizzato invece, deriva da un bombardiere sperimentale: il North American XB-70 Valkyrie in grado di superare la velocità Mach 3, fantascienza per gli anni sessanta.
Il design del VF-1 Valkyrie influenzerà pesantemente quello dello Z Gundam ma mentre nello spazio ci si può prendere delle libertà aerodinamiche, nell'atmosfera la situazione è un po' più complessa. Non basta semplicemente disegnare un aereo che si trasforma: come detto poc'anzi, nella sfera del real robot, il tutto deve essere verosimile e in questo caso, il design del caccia deve sposarsi con le componenti necessarie alla trasformazione in robot. Questi elementi in più non devono ostacolare il flusso d'aria in grado di creare la portanza necessaria per mantenere in aria il caccia ma nello stesso tempo, bisogna realizzare una trasformazione di facile comprensione per gli spettatori e una cabina di pilotaggio adatta in tutte le condizioni. Già solo questo basta per far comprendere la complessità della cosa. Ma per rendere ancora tutto più difficile, c'è un'altra questione: queste creazioni devono essere animate. Per cui, il design originale deve essere ridotto in qualche modo ai minimi termini, per permettere agli animatori di non impazzire e tenere il massimo controllo sulle varie parti singole del soggetto. È per questo che l'avvento della CGI è stato un bene per i designer, perché l'idea originale, ultra dettagliata ha più possibilità di essere messa in campo.
Tutti problemi da superare ma in Macross, si son fatte le cose per bene, perché come raccontato sia nella serie principale sia in Macross Zero (il prequel), la questione aereo trasformabile non era certo di facile costruzione. L'aver recuperato tecnologia aliena da quella che poi sarebbe diventata la SDF-1 Macross aveva sicuramente dato una mano, ma c'erano diversi limiti da superare. Il primo prototipo VF-0 Phoenix seppe dimostrare che tutto ciò era fattibile, superando i problemi aerodinamici citati poc'anzi. Ed è bello vedere come sia nel mondo reale sia nel mondo di fantasia, si cerchi di superare gli stessi identici problemi.
La trasformazione in sé del VF-1 Valkyrie diede infatti parecchi grattacapi a Kawamori. Analizzando un modellino di un F-14, cercava di capire dove e come posizionare le varie parti del robot, arrivando a pensare inizialmente di congiungere le braccia per formare il muso del caccia. Tuttavia, non risultava molto elegante e così cercò nuove soluzioni. Si accorse che tra i due post-bruciatori (che divennero le gambe) c'era un po' di spazio vuoto, il posto perfetto per piegare quegli arti in mondo omogeneo. Si decise anche, fortunatamente per il pilota, di coprire il cockpit con un'armatura, visto che sarebbe diventata una delle parti più esposte del robot.
Un perfetto esempio della massima dell'architetto Louis Henry Sullivan “la forma segue la funzione”, dove lo stile e le esigenze di progettazione (design) si fondono alla perfezione. Il VF-1 Valkyrie è infatti uno dei massimi esponenti del mecha design, una geniale semplicità che si è un po' persa negli anni successivi, in cui spesso lo stile prevale su tutto.
Stranamente però, all'azienda che produceva i giocattoli, Takatoku , non piacque. I caccia non vendevano e non era visto di buon occhio qualcosa in grado di trasformarsi, forse troppo complicato per un bambino. All'epoca, il merchandising aveva un impatto incredibile sui prodotti destinati alla TV e al cinema: in mancanza di internet, di cellulari e di un globalizzazione ancora da concretizzarsi, molto passava dai modellini o dai giocattoli per cui, il rifiuto di Takatoku di investire sul progetto Macross rischiava seriamente di mandare tutto a monte. Anche qui Kawamori mise del suo: il miglior modo di mostrare le capacità di un prodotto è quello di vederlo in funzione ed è così che il designer commissionò la creazione di un prototipo funzionante del modellino VF-1 Valkyrie, trasformabile in tutte e tre le sue fasi. Inutile dire come questa volta, Takatoku se ne innamorò.
Ma come tre fasi? Oltre al caccia e al robot, esisteva un'altra trasformazione? Esatto, ed è la prima che si vede nel primo episodio di Macross: la modalità GERWALK. Acronimo che sta per Ground Effective Reinforcement of Winged Armament with Locomotive Knee-joint, questa trasformazione era una via di mezzo tra le due modalità principali, idea venuta in mente durante una vacanza in montagna di Kawamori. Osservando i vari sciatori e la loro classica posa, immaginò un robot curvato in avanti, simile a un uccello. Di fatti, le articolazioni delle “ginocchia” del Valkyrie sono piegate al contrario ed è da questa modalità che partì tutto il progetto. Il GERWALK è appunto la prima vera idea del VF-1, elaborata poi successivamente in quella che conosciamo, il robot umanoide che subirà tante variazioni nelle serie successive.
Tutto questo parte dalla capacità di Shoji Kawamori nel vedere ciò che ci circonda con una prospettiva diversa, anche se anche in questo caso, la prima versione di questo progetto, venne sonoramente bocciata. In fin dei conti è il destino di tutti coloro che lavorano prima di tutto con la fantasia, una serie infinita di fallimenti fino a trovare la quadra perfetta. E quando la si trova, spesso si cambia il mondo.
Il VF-1 Valkyrie è un capolavoro ma come ben sappiamo, Shoji Kawamori ha ideato ben di più, dal Gundam Zephyranthes al Nirvash di Eureka Seven, senza dimenticare il suo contributo nella realizzazione dell'ASF-X Shinden II, uno dei caccia più iconici della serie Ace Combat, citato per chiudere un po' il cerchio su un percorso impressionante, fatto di idee e colpi di genio.
per fortuna ero troppo piccolo per capire i problemi dell'adattamento occidentale (anche aveva unito 3 anime differenti)
ma ho il magone ancora oggi quando ripenso alla sigla nelle buie e fredde sere invernali a casa...
Idem, ho anche io quelli della Yamato, ma ho anche il blu ray giapponese dello spettacolare film (peccato che Yamato non ha potuto portarlo in Italia grazie agli amichetti di "Harmony Gold" e della loro avidita') e probabilmente acquistero' anche l'edizione in 4K, sempre giapponese. Chissa' se Yamato fara' uscire Frontier, Zero e Delta ora che sono stati "liberati".
Non è un caso se sia stato citato, pur senza farne il nome, nell'Otaku no video come "lo stato dell'arte dell'animazione giapponese attuale".
La prima serie e il film riesco in un modo o nell'altro ad apprezzarli per le innovazioni estetiche, tutto quello che è venuto dopo è un po' sempre la stessa cosa ripetuta all'infinito e senza particolari variazioni. Ma più che altro, Macross mi infastidisce proprio per i concetti che vuole portare avanti, lo trovo fondamentalmente diseducativo.
È stata la serie "per fan di anime fatta da fan di anime", che pensavano (gli autori questi, quindi Kawamori e Studio Nue) che gli otaku equivalessero alla nuova umanità teorizzata dai sociologi del tempo e rappresentata in Conan (Conan, appunto) e Gundam (i newtype). Insomma, otaku = esseri superiori.
Ed ecco che la serie diventa un modo per glorificare il loro mondo, addirittura sfruttando questa sottocultura (li ricordiamo i tempi dei manga pedopornografici diventati "mainstream" grazie alla moda del lolicon?) come deus ex machina narrativo per erigere un ponte di pace tra terrestri e alieni cattivi.
Il messaggio che lolicon, merchandising otaku e feticci vari rappresentino il più alto valore artistico terrestre capace di superare le barriere dell'incomunicabilità fra terrestri e alieni mi destabilizza alquanto.
Come un pochino mi repelle l'idea che Kawamori mascheri con anime fintamente d'autore i suoi complottismi (anche questi, tipicamente figli dell'essere lui stesso un otaku) contro le multinazionali farmaceutiche in Arjuna.
Decisamente, rispetto per il grandissimo mecha designer che è. Ma basta. Non c'è altro motivo per me di esaltarlo.
"ma proprio in Macross tutto quello che hai elencato ce lo vedi solo se vuoi vedercelo."
Da questa tua affermazione ritengo che proprio non hai capito niente dei concetti della serie e che ignori o sottovaluti il background storico di chi ha creato queste storie e di cosa pensavano.
Mai sentito il concetto "Figli dell'Anime Shin Seiki Sengen"? O di "Seconda Generazione di Registi Anime"?
Troppo facile buttarla su "Macross parla dei problemi di comunicazione" tralasciando di spiegare qual è il modo in cui, nella finzione del mondo immaginario di cui parla, li supera: il lolicon, le idol e il merchandising otaku. Facessero così in Ucraina!
"Non vedo poi come questo discorso centri con l'articolo"
Un articolo che parla di Macross e di Kawamori.
Dove altro vuoi che scriva le mie osservazioni, in un articolo sulle Pretty Cure?
Ho specificato che Kawamori è un grandissimo mecha designer (attinente alla notizia), ma che non mi piace in altre cose. E ho spiegato quali.
Infatti Macross Plus è molto leggero nei temi trattati... Sul "baraccone parodistico autocitazionista" nemmeno voglio entrarci. L'articolo è riferito al design del VF1 Valkyrie. È giusto rispettare le opinioni altrui, ma qui si stanno mettendo assieme argomenti che c'entrano poco l'uno con l'altro. Buona giornata.
Tutto l'interesse sta appunto nei citazionismi e nello splendore grafico e tecnico (fuorché 7, fatto con due soldi). E, se si è otaku, nell'eterna riproposizione delle stesse cose.
Ci sono sempre e questioni "serie" (ovviamente, la guerra, la mancanza di comunicazione, l'incognita delle intelligenze artificiali e dello sviluppo incontrollato delle tecnologie, le meccaniche dello show business), ma tutto è sempre affrontato con piglio leggero e superficiale, buttando il sasso e nascondendo la mano, poco interessato a scavare davvero a fondo e più interessato a sfogarsi in battaglie strafighe.
Buona giornata anche a te.
Credo che in questo tu abbia descritto circa il 99% degli anime degli ultimi 30 anni.
Del resto il 99% degli anime degli ultimi trent'anni sono figli del successo otaku di Evangelion che è stato, televisivamente parlando, il punto di arrivo e di massima gloria della seconda generazione di registi nata appunto con Macross.
Tutto torna.
Ma se la seconda generazione è nata e ha raggiunto l'apice tra il 1982 e il 1996 ora che siamo nel 2024 immagino ci sia una terza e forse una quarta generazione di registi.
L'animazione televisiva per un pubblico universale è praticamente sparita o quasi, salvo rari casi che sono eccezioni che confermano la regola. Quindi sì, si può definirla Terza Generazione ma alla fine sono solo registi vecchi o nuovi che portano avanti, adattandosi ai tempi correnti, le idee della seconda generazione, quella che vede come destinatari degli anime gli appassionati di anime (identificati negli otaku) e non più il grande pubblico.
Macross è ovviamente uno dei più grandi feticci in assoluto, insieme a Eva e a Gundam.
Almeno fino a un decennio fa i più grandi successi sono stati i manga di target shonen pubblicati su Jump, Magazine, Sunday ecc. ecc. le cose da otaku non hanno mai avuto quel volume di vendite e neanche i rating TV non hanno mai dominato tranne alcuni casi.
Lo dice la storia One Piece che raggiunge 4 milioni di tiratura oppure Detective Conan che faceva 20+% rating a fine anni Novanta i prodotti otaku neanche con il binocolo...
Quello che voglio dire i prodotti più generalisti erano nettamente in vantaggio su quelli otaku.
Oggi la situazione è diversa veramente diversa perché domina lo streaming e il Giappone si trova in un terribile inverno demografico.
bhè sai com'è le aziende producono e devono vendere i prodotti.
Se il 90% vuole il prodotto X è da idioti fare gli "intellettualmente elevati che si discostano dalla massa" e fare il prodotto Y che guardano in 2.
Mica sto dando giudizi di valore, sto solo riassumendo fatti.
Il trend mi fa schifo e semplicemente ho smesso di seguire anime recenti, liberissimi gli altri di divertirsi ancora.
Le cose sono via via cambiate già da metà anni Novanta con l'abolizione dei Meisaku ☹️ ma solo post 2010 il mercato Otaku ha preso il sopravvento ☹️.
Io non mi diverto più da tanto tempo ☹️ ormai vedo solo tre tipi di anime 1. Anime del passato, 2. Anime tratti dai manga shonen, 3. Anime con caratteristiche e valori del passato.
Ormai seguo poco o nulla di quello che producono oggi.
Assolutamente mi tengo lontanissimo dalla mentalità otaku preferendo il mondo dei manga e anime generalisti.
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