Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi esploriamo il mondo del fantastico con uno sguardo a titoli quali La rivoluzione di Utena, Magic Knight Rayearth (manga by CLAMP) e Hoshi O ou Kodomo (ultimo film di Makoto Shinkai).
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Oggi esploriamo il mondo del fantastico con uno sguardo a titoli quali La rivoluzione di Utena, Magic Knight Rayearth (manga by CLAMP) e Hoshi O ou Kodomo (ultimo film di Makoto Shinkai).
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
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La rivoluzione di Utena
10.0/10
Verso il finire degli anni '90, in particolare tra il '95 e il '97, si è assistito a un fiorire di opere dalla grandissima caratura e dal valore artistico che ancora ad oggi non penso siano stati eguagliati in splendore. Immagino che ricordiate anche voi il ben noto "Neon Genesis Evangelion", considerato tra gli anime più innovativi e sperimentali della sua epoca, o anche "Ghost in the Shell" di Mamoru Oshii, che ha portato l'animazione a vette di incredibile lirismo visivo con il suo complesso e metafisico simbolismo. Ebbene, tra le varie opere magne di questo periodo va collocata, a pieno e meritato titolo, anche "La rivoluzione di Utena".
Difficile esprimere un giudizio su un'opera tanto complessa: si tratta di una serie che non ho certo la presunzione di aver compreso nella sua totalità, merita anzi di essere attentamente meditata e rivista con attenzione più di una volta. Fare altrimenti significherebbe ignorare deliberatamente l'incredibile portata allegorico-simbolica che costituisce "l'esprit", la "raison d'etre" della serie stessa, essendo Utena portatrice di temi che si connotano per una complessità e profondità notevoli. Questi devono per forza di cose essere desunti attraverso l'indagine ermeneutica dello spettatore; ovverosia non vi è altro possibile approccio a Utena se non l'interpretazione e la rielaborazione soggettiva. Non saranno certo la trama o l'evolversi delle vicende a reggere il lume chiarificatore nel mezzo dell'oscurità, anzi, più si procede più si farà forte la connotazione meramente simbolica del tutto fino alla completa astrazione da qualsivoglia punto di riferimento.
Qui sta la difficoltà nell'apprezzare tale titolo, il cui target si restringe inevitabilmente solo ai pochi che avranno l'ardire di mettere da parte lo scetticismo che il regime profondamente ermetico e bizzarro della serie potrebbe suscitare, e di avere il coraggio di vedere oltre il loro naso.
Ciò premesso, veniamo al dunque: cos'è Utena? Non penso sia possibile rispondere in modo univoco a questa domanda, ma ritengo che non si commetta peccato nel classificarla come una bellissima fiaba. Una fiaba dotata di una sensibilità decisamente post-moderna, in cui gli archetipi propri del genere vengono rivisitati e stravolti, capovolti e ribaltati, estraniati dal loro significato primigenio e riadattati per essere usati come potenti medium comunicativi. Il principe, la principessa, la strega, la rosa, la spada, il castello: sono tutti simboli, più o meno chiari, più o meno legati fra di loro, ad essi si aggiungono altri simboli archetipici, quali la macchina, la torre, l'ascensore, andando a comporre un intricato insieme di allegorie estremamente raffinato e complesso.
Le tematiche toccate nel corso dei trentanove episodi sono innumerevoli e si incentrano soprattutto attorno alla sfera sessuale e sentimentale, oltre che a quella gnoseologica. Pacifici gli elementi che accennano altresì alla virilità dell'uomo, come ad esempio la torre o la macchina, o anche al cuore e i sentimenti, spesso simboleggiati con la rosa. Si noti infatti che le scene e le frasi con le rose stanno sempre a indicare i momenti di forte tensione emotiva o batticuore dei personaggi, e non a caso i duellisti indossano le rose appuntate al petto in corrispondenza del loro cuore, la cui distruzione porta alla sconfitta. La spada invece assume più il significato di volontà, di spirito, essa è lo strumento con cui si combattono i duelli e si difendono il proprio orgoglio e desideri. Il tutto è condito con diversi siparietti o scene del tutto assurdi o molto simbolici, come ad esempio il teatrino delle ombre, le scene del consiglio studentesco o le puntate riguardo Nanami. Difficile ma non impossibile riconoscerne il valore allegorico e artistico, sebbene spesso risultino del tutto incomprensibili o autoreferenziali. In effetti, alle volte, il simbolismo di Utena sfocia nel nonsense più puro fino a prendersi apparentemente in giro da solo. Non fatico ad ammettere che molto probabilmente l'eccesso di questi elementi sia in molti casi fine a se stesso, anche se, avendo a che fare con il genio di Ikuhara, non si avrà mai la certezza di cosa abbia un senso e cosa invece no, come del resto vi sarà sempre il dubbio se l'intera serie sia un guscio vuoto o uno dei migliori anime mai creati. Io propendo per la seconda ipotesi. D'altronde l'autore stesso non ha mai lasciato dichiarazioni volte allo spiegare la sua opera, e alle domande ha sempre risposto con provocazioni venate di intelligente follia. Il fascino di Utena risiede proprio in questo suo ermetismo, funziona come uno specchio in cui ognuno si riflette in modo differente.
La cosa più interessante da considerare, tuttavia, è l'insieme di personaggi che danno vita alla serie. Essi sono definiti con sconvolgente profondità e ciascuno corrisponde, in ultima analisi, a un archetipo: ognuno si muove mirando a un proprio ideale, che alla fine è il medesimo per tutti, ma che ognuno percepisce in modo diverso, il "potere dei miracoli", il "potere di rivoluzionare il mondo", "L'eternità". Ognuno guarda alla propria esistenza e, trovandola miserabile, necessita di aspirare a qualcosa di elevato, l'ideale degli ideali, il principe, il castello, la felicità eterna. Ma la realtà è che non è mai esistito alcun principe, alcun castello, alcun ideale, essi sono pure illusioni che esistono soltanto all'interno della nostra mente e di cui ci autoconvinciamo. La realtà è un luogo desolato e privo di scopo, il sepolcro di ogni sogno e di ogni ideale, così come il mondo che ci costruiamo attorno è il sepolcro di noi stessi. L'amore, l'amicizia, ogni valore in cui crediamo sono solo valori in cui in realtà abbiamo bisogno di credere, poiché non possiamo accettare impotenti un'esistenza priva di scopo e colma di dolore.
Concetto che d'altronde traspare dalle parole stesse di Akio: "A marvelous planitarium, don't you think? With it, I can project fairytale illusions onto the walls and show the innocent their dreams. A shadow play for those who desperately wish for something eternal, for the power of miracles... but no place exists above this room."
La visione lascia così l'amaro in bocca: rivoluzionare il proprio mondo significa diventare consapevoli dello scarto che si presenta tra ideale e reale, accorgersi della caducità di ogni attribuzione di valore. Una consapevolezza che ci potrebbe distruggere e alla quale possiamo resistere solo con la nostra volontà, poiché non potremo più rinchiuderci in quel mondo dove siamo al sicuro, in cui noi siamo principi o principesse, "il mondo delle fiabe", che nello scontrarsi con la realtà si è costretti ad abbandonare per sempre.
Difficile esprimere un giudizio su un'opera tanto complessa: si tratta di una serie che non ho certo la presunzione di aver compreso nella sua totalità, merita anzi di essere attentamente meditata e rivista con attenzione più di una volta. Fare altrimenti significherebbe ignorare deliberatamente l'incredibile portata allegorico-simbolica che costituisce "l'esprit", la "raison d'etre" della serie stessa, essendo Utena portatrice di temi che si connotano per una complessità e profondità notevoli. Questi devono per forza di cose essere desunti attraverso l'indagine ermeneutica dello spettatore; ovverosia non vi è altro possibile approccio a Utena se non l'interpretazione e la rielaborazione soggettiva. Non saranno certo la trama o l'evolversi delle vicende a reggere il lume chiarificatore nel mezzo dell'oscurità, anzi, più si procede più si farà forte la connotazione meramente simbolica del tutto fino alla completa astrazione da qualsivoglia punto di riferimento.
Qui sta la difficoltà nell'apprezzare tale titolo, il cui target si restringe inevitabilmente solo ai pochi che avranno l'ardire di mettere da parte lo scetticismo che il regime profondamente ermetico e bizzarro della serie potrebbe suscitare, e di avere il coraggio di vedere oltre il loro naso.
Ciò premesso, veniamo al dunque: cos'è Utena? Non penso sia possibile rispondere in modo univoco a questa domanda, ma ritengo che non si commetta peccato nel classificarla come una bellissima fiaba. Una fiaba dotata di una sensibilità decisamente post-moderna, in cui gli archetipi propri del genere vengono rivisitati e stravolti, capovolti e ribaltati, estraniati dal loro significato primigenio e riadattati per essere usati come potenti medium comunicativi. Il principe, la principessa, la strega, la rosa, la spada, il castello: sono tutti simboli, più o meno chiari, più o meno legati fra di loro, ad essi si aggiungono altri simboli archetipici, quali la macchina, la torre, l'ascensore, andando a comporre un intricato insieme di allegorie estremamente raffinato e complesso.
Le tematiche toccate nel corso dei trentanove episodi sono innumerevoli e si incentrano soprattutto attorno alla sfera sessuale e sentimentale, oltre che a quella gnoseologica. Pacifici gli elementi che accennano altresì alla virilità dell'uomo, come ad esempio la torre o la macchina, o anche al cuore e i sentimenti, spesso simboleggiati con la rosa. Si noti infatti che le scene e le frasi con le rose stanno sempre a indicare i momenti di forte tensione emotiva o batticuore dei personaggi, e non a caso i duellisti indossano le rose appuntate al petto in corrispondenza del loro cuore, la cui distruzione porta alla sconfitta. La spada invece assume più il significato di volontà, di spirito, essa è lo strumento con cui si combattono i duelli e si difendono il proprio orgoglio e desideri. Il tutto è condito con diversi siparietti o scene del tutto assurdi o molto simbolici, come ad esempio il teatrino delle ombre, le scene del consiglio studentesco o le puntate riguardo Nanami. Difficile ma non impossibile riconoscerne il valore allegorico e artistico, sebbene spesso risultino del tutto incomprensibili o autoreferenziali. In effetti, alle volte, il simbolismo di Utena sfocia nel nonsense più puro fino a prendersi apparentemente in giro da solo. Non fatico ad ammettere che molto probabilmente l'eccesso di questi elementi sia in molti casi fine a se stesso, anche se, avendo a che fare con il genio di Ikuhara, non si avrà mai la certezza di cosa abbia un senso e cosa invece no, come del resto vi sarà sempre il dubbio se l'intera serie sia un guscio vuoto o uno dei migliori anime mai creati. Io propendo per la seconda ipotesi. D'altronde l'autore stesso non ha mai lasciato dichiarazioni volte allo spiegare la sua opera, e alle domande ha sempre risposto con provocazioni venate di intelligente follia. Il fascino di Utena risiede proprio in questo suo ermetismo, funziona come uno specchio in cui ognuno si riflette in modo differente.
La cosa più interessante da considerare, tuttavia, è l'insieme di personaggi che danno vita alla serie. Essi sono definiti con sconvolgente profondità e ciascuno corrisponde, in ultima analisi, a un archetipo: ognuno si muove mirando a un proprio ideale, che alla fine è il medesimo per tutti, ma che ognuno percepisce in modo diverso, il "potere dei miracoli", il "potere di rivoluzionare il mondo", "L'eternità". Ognuno guarda alla propria esistenza e, trovandola miserabile, necessita di aspirare a qualcosa di elevato, l'ideale degli ideali, il principe, il castello, la felicità eterna. Ma la realtà è che non è mai esistito alcun principe, alcun castello, alcun ideale, essi sono pure illusioni che esistono soltanto all'interno della nostra mente e di cui ci autoconvinciamo. La realtà è un luogo desolato e privo di scopo, il sepolcro di ogni sogno e di ogni ideale, così come il mondo che ci costruiamo attorno è il sepolcro di noi stessi. L'amore, l'amicizia, ogni valore in cui crediamo sono solo valori in cui in realtà abbiamo bisogno di credere, poiché non possiamo accettare impotenti un'esistenza priva di scopo e colma di dolore.
Concetto che d'altronde traspare dalle parole stesse di Akio: "A marvelous planitarium, don't you think? With it, I can project fairytale illusions onto the walls and show the innocent their dreams. A shadow play for those who desperately wish for something eternal, for the power of miracles... but no place exists above this room."
La visione lascia così l'amaro in bocca: rivoluzionare il proprio mondo significa diventare consapevoli dello scarto che si presenta tra ideale e reale, accorgersi della caducità di ogni attribuzione di valore. Una consapevolezza che ci potrebbe distruggere e alla quale possiamo resistere solo con la nostra volontà, poiché non potremo più rinchiuderci in quel mondo dove siamo al sicuro, in cui noi siamo principi o principesse, "il mondo delle fiabe", che nello scontrarsi con la realtà si è costretti ad abbandonare per sempre.
Magic Knight Rayearth
8.0/10
C'era una volta una bambina come tante altre che amava guardare i cartoni animati trasmessi al pomeriggio in tv: fra questi c'era "Una porta socchiusa ai confini del sole", storia di tre ragazze delle superiori, Luce, Marina e Anemone, dotate di poteri magici e armi per sconfiggere il male che affligge il mondo fantastico di Sefiro.
Passarono molti anni, la bambina divenne un'adulta e scoprì che la serie che le piaceva tanto aveva tutt'altro nome e raccontava tutt'altre vicende, complice la forbice censoria di quegli anni lontani. Decise così di rimediare alla mistificazione recuperando il manga da cui la storia aveva avuto inizio.
"Magic Knight Rayearth " racconta in realtà la storia di tre studentesse delle medie che si incontrano per la prima volta sulla Tokyo Tower, dove avvertono il richiamo di una bella principessa. Subito dopo Hikaru, Umi e Fuu - questi i loro veri nomi - vengono trasportate loro malgrado sul mondo magico di Cefiro dove "la volontà è la forza", e da lì dovranno destreggiarsi tra il desiderio di tornare a casa e quello di impersonare i Cavalieri Magici della leggenda. Quel che segue è un'avventura fantasy arricchita da trasformazioni in stile majokko e combattimenti su mecha, un azzardato ibrido di generi che a conti fatti funziona. Nonostante i numerosi siparietti comici tra personaggi "chibizzati" e i continui ammiccamenti ironici ai giochi di ruolo giapponesi, la storia si fa progressivamente più cupa e adulta fino allo spiazzante colpo di scena finale.
"MKR" è soprattutto il racconto di formazione di tre ragazzine qualunque strappate dal dolce conforto del loro rifugio domestico. La dolce e sensibile Hikaru, l'irruente e viziata Umi e la mite e ingenua Fuu impareranno durante l'avventuroso viaggio a conoscersi e a volersi bene in un processo del tutto naturale. Più che Cefiro - raccontato spesso, mostrato quasi mai - nel corso dei tre volumi il lettore si trova a esplorare il mondo interiore delle tre protagoniste, con attenzione particolare al loro processo di responsabilizzazione. La brevità dell'opera non tragga in inganno, la trama si svolge senza fastidiosi scossoni e si porta dietro solo pochi punti oscuri di scarsa rilevanza.
I disegni sono in puro stile CLAMP, con corpi estremamente slanciati e visi spigolosi ma molto femminili. Rispetto a "Card Captor Sakura" è stata adoperata una linea di confine più netta e forti campiture di nero, mentre è stato trascurato l'uso dei retini. Mokona, qui alla sua prima apparizione, è più morbido e "sofficioso" che mai.
In conclusione, l'adulta ex-girellara consiglia quest'opera a qualsiasi amante degli shoujo anni '90, delle CLAMP e dei fantasy capaci di suscitare meraviglia. Se non rientrate in queste categorie sfidate i vostri limiti e saggiate un'opera sempiterna, sarà difficile restarne delusi.
Passarono molti anni, la bambina divenne un'adulta e scoprì che la serie che le piaceva tanto aveva tutt'altro nome e raccontava tutt'altre vicende, complice la forbice censoria di quegli anni lontani. Decise così di rimediare alla mistificazione recuperando il manga da cui la storia aveva avuto inizio.
"Magic Knight Rayearth " racconta in realtà la storia di tre studentesse delle medie che si incontrano per la prima volta sulla Tokyo Tower, dove avvertono il richiamo di una bella principessa. Subito dopo Hikaru, Umi e Fuu - questi i loro veri nomi - vengono trasportate loro malgrado sul mondo magico di Cefiro dove "la volontà è la forza", e da lì dovranno destreggiarsi tra il desiderio di tornare a casa e quello di impersonare i Cavalieri Magici della leggenda. Quel che segue è un'avventura fantasy arricchita da trasformazioni in stile majokko e combattimenti su mecha, un azzardato ibrido di generi che a conti fatti funziona. Nonostante i numerosi siparietti comici tra personaggi "chibizzati" e i continui ammiccamenti ironici ai giochi di ruolo giapponesi, la storia si fa progressivamente più cupa e adulta fino allo spiazzante colpo di scena finale.
"MKR" è soprattutto il racconto di formazione di tre ragazzine qualunque strappate dal dolce conforto del loro rifugio domestico. La dolce e sensibile Hikaru, l'irruente e viziata Umi e la mite e ingenua Fuu impareranno durante l'avventuroso viaggio a conoscersi e a volersi bene in un processo del tutto naturale. Più che Cefiro - raccontato spesso, mostrato quasi mai - nel corso dei tre volumi il lettore si trova a esplorare il mondo interiore delle tre protagoniste, con attenzione particolare al loro processo di responsabilizzazione. La brevità dell'opera non tragga in inganno, la trama si svolge senza fastidiosi scossoni e si porta dietro solo pochi punti oscuri di scarsa rilevanza.
I disegni sono in puro stile CLAMP, con corpi estremamente slanciati e visi spigolosi ma molto femminili. Rispetto a "Card Captor Sakura" è stata adoperata una linea di confine più netta e forti campiture di nero, mentre è stato trascurato l'uso dei retini. Mokona, qui alla sua prima apparizione, è più morbido e "sofficioso" che mai.
In conclusione, l'adulta ex-girellara consiglia quest'opera a qualsiasi amante degli shoujo anni '90, delle CLAMP e dei fantasy capaci di suscitare meraviglia. Se non rientrate in queste categorie sfidate i vostri limiti e saggiate un'opera sempiterna, sarà difficile restarne delusi.
Trama: Asuna, la piccola protagonista, ha l'abitudine di salire su una roccia e da lì, grazie a una strana radio che sfrutta una sorta di diodo/cristallo, captare vari suoni; un giorno capta una musica bellissima, che non si sa da dove provenga e che, nonostante i suoi successivi tentativi nel succedersi delle stagioni, non capterà più. A questo punto fa la comparsa un misterioso personaggio, un ragazzo di nome Shun che salva Asuna da un altrettanto misterioso mostro, e che dice di provenire da Agartha e di essere venuto sulla Terra per vedere le stelle e per incontrare una persona (presumibilmente Asuna); basta poco e Asuna si innamora di questo ragazzo. Purtroppo il ragazzo scomparirà, lasciando Asuna nello sconcerto. Nel frattempo, nella scuola della ragazza arriva un nuovo professore, Mr Morisaki, che, in una delle sue prime lezioni, narra il mito di Hizanami e Hizanagi - simile al nostro di Orfeo ed Euridice -, e in particolare narra di questo luogo mitologico conosciuto in tutto il mondo con diversi nomi: Ade, Agartha, Shambhala. Ovviamente Asuna rimane stupita nel sentire il nome di Agharta, e si avvicinerà al professore, che si dimostrerà essere un appartenente a una organizzazione militare il cui scopo è proprio quello di penetrare in Agartha, luogo che si dice sia pieno di ricchezze e in cui risiedono conoscenze sconosciute all'umanità, tra cui quella di riportare in vita i morti. Lo scopo personale di Mr Morisaki è infatti quello di riportare in vita l'amata moglie. Asuna e Mr Morisaki riusciranno a entrare in Agartha, intraprendendo un lungo viaggio fino a Finis Terra, luogo in cui si possono incontrare gli Dei per esprimere un desiderio: ovviamente il desiderio di Mr Morisaki è quello di riportare in vita la moglie... e quello di Asuna? Ritrovare Shun? La ragazza stessa non sa perché si sia addentrata in Agartha, e per lei questo sarà un viaggio di formazione. Lungo il cammino i due affronteranno varie peripezie, a volte aiutati e a volte osteggiati dal fratello di Shun, Shin.
Questa in breve la trama.
Il film di Shinkai è, per certi versi, una rivisitazione del mito di Orfeo e Euridice, e il tema ultimo è il rapporto dell'uomo con la morte, l'affrontare una perdita, l'elaborazione del lutto. E' questo che farà Asuna lungo il viaggio. Tema decisamente forte e per certi versi molto triste: infatti il film, anche nel finale, è intriso di questa tristezza. Memorabile la canzone finale: "Hello Goodbye & Hello", tristezza mista a speranza.
Lato tecnico
Shinkai non si smentisce. La cura dei fondali è maniacale, i colori sono vividi, la luce è intensa, e ogni cosa è dunque perfetta. Il limite forse di Shinkai è che a volte c'è una sorta di sfasamento tra la perfezione dei fondali e la semplicità dei personaggi (è un po' lo stesso effetto che mi fanno i film in CG: personaggi in due dimensioni, semplici, e tutto il resto troppo tecnico): i personaggi sono troppo "approssimativi", "semplici", stilisticamente parlando, rispetto a tutto ciò che gli sta attorno. Il character design infatti ricorda un po' la morbidezza dello studio Ghibli. E non solo il character design. E qui arriva il punto dolente: purtroppo lungo la visione del film ho avuto una serie di déjà-vu riguardanti lo studio Ghibli, su tutti "Mononoke Hime" e "Laputa".
Shinkai è considerato l'erede di Miyazaki - un grande onore, dunque - e non ho capito francamente se in questo film certe "visioni" Ghibli siano volute o meno: Shinkai, sentendosi definire l'erede di Miyazaki, ha voluto per certi versi onorare questo paragone facendo volutamente un film simile alle opere di Miyazaki, o è rimasto schiacciato da tale paragone tanto da sentirsi in obbligo di somigliare al maestro? Quanto la somiglianza con lo studio Ghibli è voluta (una sorta di omaggio, dunque) o quanto è inconscia/forzata? Nel primo caso, qualora si tratti di un omaggio a Miyazaki, è una cosa positiva, ma se invece Shinaki sente il paragone come un peso che lo spinge a fare opere stile Ghibli, allora è un male: non perché ci sia qualcosa di male a sfornare prodotti stile-Ghibli, che personalmente adoro, quanto perché spero che Shinkai non perda la sua peculiare identità, che ha dimostrato con il capolavoro che è "Byousoku 5 centimeters".
Un altro aspetto negativo è la sensazione che la trama si sia lasciata dietro qualcosa: non vengono approfonditi certi misteri, in particolare il personaggio di Shun e il suo legame con la ragazza rimane solo sullo sfondo, o così ha scelto il regista in quanto Shun è solo propedeutico al viaggio che Asuna deve compiere. Fatto sta che si sente un qualcosa che manca: certi aspetti fondamentali della storia, certe rilevazioni, vengono solo sfiorati.
Complessivamente il mio voto è 9 perché si tratta di un film notevole, sia dal punto di vista della tematica affrontata sia dal lato tecnico. Non mi sento di dare un 10 perché in alcuni punti la trama è un po' debole, e ho avuto troppi déjà-vu delle opere dello studio Ghibli. Ma magari è solo una mia sensazione, per cui sarò curiosa di leggere altre recensioni in merito.
Questa in breve la trama.
Il film di Shinkai è, per certi versi, una rivisitazione del mito di Orfeo e Euridice, e il tema ultimo è il rapporto dell'uomo con la morte, l'affrontare una perdita, l'elaborazione del lutto. E' questo che farà Asuna lungo il viaggio. Tema decisamente forte e per certi versi molto triste: infatti il film, anche nel finale, è intriso di questa tristezza. Memorabile la canzone finale: "Hello Goodbye & Hello", tristezza mista a speranza.
Lato tecnico
Shinkai non si smentisce. La cura dei fondali è maniacale, i colori sono vividi, la luce è intensa, e ogni cosa è dunque perfetta. Il limite forse di Shinkai è che a volte c'è una sorta di sfasamento tra la perfezione dei fondali e la semplicità dei personaggi (è un po' lo stesso effetto che mi fanno i film in CG: personaggi in due dimensioni, semplici, e tutto il resto troppo tecnico): i personaggi sono troppo "approssimativi", "semplici", stilisticamente parlando, rispetto a tutto ciò che gli sta attorno. Il character design infatti ricorda un po' la morbidezza dello studio Ghibli. E non solo il character design. E qui arriva il punto dolente: purtroppo lungo la visione del film ho avuto una serie di déjà-vu riguardanti lo studio Ghibli, su tutti "Mononoke Hime" e "Laputa".
Shinkai è considerato l'erede di Miyazaki - un grande onore, dunque - e non ho capito francamente se in questo film certe "visioni" Ghibli siano volute o meno: Shinkai, sentendosi definire l'erede di Miyazaki, ha voluto per certi versi onorare questo paragone facendo volutamente un film simile alle opere di Miyazaki, o è rimasto schiacciato da tale paragone tanto da sentirsi in obbligo di somigliare al maestro? Quanto la somiglianza con lo studio Ghibli è voluta (una sorta di omaggio, dunque) o quanto è inconscia/forzata? Nel primo caso, qualora si tratti di un omaggio a Miyazaki, è una cosa positiva, ma se invece Shinaki sente il paragone come un peso che lo spinge a fare opere stile Ghibli, allora è un male: non perché ci sia qualcosa di male a sfornare prodotti stile-Ghibli, che personalmente adoro, quanto perché spero che Shinkai non perda la sua peculiare identità, che ha dimostrato con il capolavoro che è "Byousoku 5 centimeters".
Un altro aspetto negativo è la sensazione che la trama si sia lasciata dietro qualcosa: non vengono approfonditi certi misteri, in particolare il personaggio di Shun e il suo legame con la ragazza rimane solo sullo sfondo, o così ha scelto il regista in quanto Shun è solo propedeutico al viaggio che Asuna deve compiere. Fatto sta che si sente un qualcosa che manca: certi aspetti fondamentali della storia, certe rilevazioni, vengono solo sfiorati.
Complessivamente il mio voto è 9 perché si tratta di un film notevole, sia dal punto di vista della tematica affrontata sia dal lato tecnico. Non mi sento di dare un 10 perché in alcuni punti la trama è un po' debole, e ho avuto troppi déjà-vu delle opere dello studio Ghibli. Ma magari è solo una mia sensazione, per cui sarò curiosa di leggere altre recensioni in merito.
E' uno dei miei anime preferiti, nella top 5 assolutamente.
Le altre due opere prese in esame non m'ispirano affatto.
Rayearth ho apprezzato discretamente la versione animata ma il manga non m'interessa.
Che i maya siano d'accordo o meno, ho deciso (adesso) che Utena sarà la serie "Vintage" (lo sò è ridicolo, ma non è certo una new entry) che cercherò di vedere nel 2012.
Rayearth l'ho letto, sia la prima che la seconda serie, nella vecchia edizione star. E' un manga carino, ma giusto quello.
Il film di Shinkai lo devo vedere, ma prima devo guardare anche le sue altre produzione nell'ordine di uscita, ma in futuro lo guarderò sicuramente.
Rayearth invece mi interessa molto (parlo del manga) ma non ho ancora trovato una buona proposta d'usato, visto che non ho voglia di comprarmi le 2 serie deluxate in fumetteria...
L'ultima opera mi ispira... ci penso sopra
PS: onizuka, mi stai diventando come Limbes ??
Sono triste per Hoshi o Ou Kodomo...dove cavolo lo posso trovare??...io voglio vederlo T.T
Utena lo consiglio pero' guardatelo dal punto di vista della protagonista e non in terza persona
Sono d'accordo con te.
Del resto è un modo "elegante" per dire "chi non l'apprezza non capisce un tubo".
Onizuka purtroppo non è nuovo a questo tipo di esternazioni anche e soprattutto quando si discuteva assieme di qualche opera. E' un modo di fare che personalmente condanno duramente. Se tutti facessimo così il dialogo diverrebbe uno scontro tra muri e nel peggiore dei casi si arriva alle offese personali (velate o meno che siano). Il suo modo di esprimersi e le sue capacità di analisi sono entrambi ottimi. A prescindere dall'essere concordi o meno col suo pensiero è innegabile che ci sappia fare. I suoi testi stanno diventando anche troppo articolati (per i miei gusti). Sono quasi paragonabili a quelli di Limbes... e spero di non offendere nessuno con questo paragone. Vorrebbe essere un complimento per entrambi in vero.
Ma uscite come quella in esame sono senz'altro una sua pecca.
Sia che vengano utilizzate in una recensione sia in altri contesti.
Ne parlammo già assieme in passato. Ma è il suo modo di fare e non è neanche frutto di "malizia". Ma può dare una cattiva impressione.
Rayearth è, come dico sempre, una delle poche opere delle Clamp a mio avviso realmente valide. E' una bella avventura che parte in maniera scanzonata e termina con un finale maturo e impressionante. Nel mezzo, tante avventure, tanto sentimento e dei disegni spettacolari. Da leggere anche la seconda serie ad esso complementare.
Il film di Shinkai da fuori non sembra suo ma dello studio Ghibli, e questo è un bene. Potrei guardarlo.
La rivoluzione di Utena, del quale ho sempre sentito parlare in maniera positiva. In quanto pietra miliare dell'animazione, è mio dovere visionarlo almeno una volta; e lo farò al più presto.
Hoshi o Ou Kodomo è un'opera sublime, delicata e composta. Vivamente consigliata a chi ama il genio d'élite di Shinkai e il mondo che è stato in grado di creare, e vivamente sconsigliata a chi non ama titoli raffinati e non per tutti i palati.
Magic Knight Rayearth è abbastanza penoso, a mio parere.
Tanto di cappello a Onizuka, recensione stupenda.
Meitei, è stato proprio quest'aspetto che ha fatto perdere tutto il fascino a Rayearth. D'altronde all'epoca il suo scopo fu raggiunto: allietare un pubblico giovane. Come scrive Kary: "C'era una volta una bambina come tante altre che amava guardare i cartoni animati trasmessi al pomeriggio in tv". Ritornare di nuovo una ragazzina con gli occhi pieni di illusioni sulla bontà infinita del mondo è l'unico modo per apprezzare il manga/anime. Recentemente ho riletto MKR da donna e sinceramente è soltanto una bella favoletta, ma molto retorica - parlo della prima serie, perché la seconda perde anche il fascino della fiaba.
Sarà lo stesso motivo per cui Madoka Magica non mi ha affatto entusiasmato.
Sarà anche forte, ma è la verità
Tornando alla recensione, Io credo che sia una questione di gender; mi spiego:
Rayearth e Madoka hanno come protagoniste delle ragazzine che inizialmente vengono catapultate in un mondo estraneo, "istruite" da un personaggio fidato e fatte combattere per una causa a cui loro non appartiene. Con l'avanzare della storia ci troviamo in una spirale di causa-effetto che trova come antagonista il solo e unico sistema in grado di garantire la sopravvivenza dell' umanità. Questo crea una sorta di Pathos sia con le protagoniste, incolpevoli nelle loro azioni, quanto con i villains di facciata, costretti ad agire secondo il ruolo affibiatogli dal SISTEMA.
Dicevo gender proprio perché questa empatia avviene mediante una personalità che ne "idealizza" un' altra. Essendo maschio non posso capire come si possa sentire una ragazzina in situazioni difficili, posso solo immaginare una fragilità maggiore, un desiderio d'aiuto non esaudito.
Un po' come avviene per la Trilogia Millennium di quel furbo che era Stieg Larsson. Giocare sulle perversioni e debolezze che solo un uomo potrebbe concepire e, in casi estremi, mettere in pratica.
Comunque, venendo a noi: io ti ho sollevato un altro problema. Il meccanismo di cui ti parli non è errato, è proprio ciò che caratterizza queste opere, ma quando entra in azione mi diventa insopportabile, proprio perché, concentrandosi inevitabilmente sul pathos delle povere ragazzine costrette a svolgere una missione gravosa, sfora nella retorica. Retorica su quant'è bello il mondo, sul nemico che ha sempre una motivazione per uccidere, ma che in fondo è buono e caro anche lui, su quanto sia importante salvare la Terra per vedere sorgere il sole ancora una volta, sulle grandi eroine che con la loro infinita bontà finiscono per salvare un mondo esente esso stesso da ogni sorta di egoismo, di prevaricazione, di violenza se non nella concrezione del nemico incarnato dal sistema stesso.
Direi che il quadro rappresentato non è di grande realismo, e che forse opere come Rayearth o Madoka Magica - al di là del contenitore in cui sono fruite -, proprio per il loro aspetto didascalico spiccato, facciano più presa su un pubblico di ragazzine che di donne belle cresciute. Queste ultime magari per esperienza hanno già saggiato altre opere dove di violenza nuda e cruda, senza antitesi tra personaggi totalmente buoni e personaggi totalmente cattivi - come d'altronde avviene nel mondo reale - ce n'è a bizzeffe.
L' ultimo di Shinkai dovrò vederlo,anche se ho sentito che non è all' altezza dei lavori precedenti.
Madoka non ha come target le bambine, nella maniera piu' assoluta! Te lo posso assicurare
Comunque rimane uno dei migliori anime degli anni 90 ^^
No, proprio il contrario
Ho visto Madoka: è vero che non ha come target le bambine, si annoierebbero a morte a sorbirsi per 3/4 di episodio le ciance di Madoka e della sua amichetta XD E fa fede la fascia oraria in cui è stato trasmesso in Giappone. Però ti posso assicurare che il target a cui si rivolge è un'arma a doppio taglio: buona parte del pubblico maturo cui è destinato potrebbe sancire il suo infantilismo e la retorica di cui è pieno. A mio avviso sarebbe stato un'opera più adatta alle ragazze "teen".
Mi permetto nel frattempo di elargire qualche consiglio sparso per chi voglia addentrarsi nei funambolismi simbolici di Utena, per non parlare dei suoi simbolismi funambolici. Dicevo? Ah sì, Utena è un progetto nato per esser grande sotto ogni punto di vista e per aggredire e far suo ogni tipo di medium audio-visivo. La storia 'ufficiale' sarebbe quella della serie TV, fidatevi, è così. Quindi il novello spettatore farebbe bene a cominciare proprio dalla suddetta serie, per poi buttarsi a pesce sul lungometraggio e, se rimarrà folgorato, proseguire col manga.
I tre volumetti del manga delle CLAMP qui recensito sono un bel ricordo, ma preferisco la serie animata, in cui si fa un uso migliore degli spazi narrativi e c'è uno sviluppo di alcuni personaggi che li rende più accattivanti. Ovviamente sarà vostra cura mettere le zampine sulla versione subbata con doppiaggio originale, non vorrete mica patire le pene dell'inferno con l'ennesimo scempio merdaset, no?
Come sempre, plauso ai tre recensori.
P.S. Catulla puzza.
P.P.S. Catulla che parla male di Madoka Magica puzza anche di più.
Né più né meno di te che parli male di SM XD
Sarei tentato dal consiglio di Onizuka ma 39 episodi mi spaventano un pochino.
Più probabile da parte mia un approccio al film di Shinkai, un nome che ricorre spesso in rubrica con opinioni contrastanti, motivo in più per dargli un'occhiata...
Prima di leggere il manga di Utena guardatevi l'anime, lo stesso discorso vale per il film.
Troppo tardi...
a dire il vero, prima di questa rubrica avevo sì sentito parlare della serie tv o meglio grazie alle vecchie riviste di JM sapevo esisteva anche se non me ne ricordavo più, ma sono entrato prima in possesso di quei 2 manga (il volume unico della dynit e il primo di 5 della serie della Starcomics) e purtroppo non mi hanno fatto una bella impressione... se solo la serie venisse messa in tv allora sì gli darei una seconda possibilità.
Per il film di Shinkai mi sto già prodigando per recuperarlo, anche se sarà un godimento solo per gli occhi a quanto dite... ^^
La tua osservazione è legittima ed interessante, l'ha fatta a suo tempo anche micheles, e sicuramente non si può dire scorretta. In fin dei conti il finale di utena è interpretabile, per quanto mi riguarda l'ho sentito decisamente cinico, infatti:
ATTEZIONE SPOILER
Utena alla fine non diventa un principe, è costretta a confrontarsi con l'impossibilità del realizzarsi del suo ideale, nel momento in cui ne prende coscienza (della illusorietà degli ideali) rivoluziona il suo mondo ed esce nel mondo esterno. In altre parole la rivoluzione l'ho interpretata come il disincanto, il prendere coscienza dello scarto tra realtà ed ideale. E' pur vero che alla fine Anthy è liberata, ma la sua è una liberazione dalle illusioni in cui l'accademia si crogiola inconsapevolmente, verso una realtà di cui non si sa nulla, per questo le sembra radiosa, a confronto della prigione che era l'accademia. E' un finale falsamente positivo, poichè sebbene si lasci ad intendere che sia possibile trovare qualcosa in cui credere viene asserito con forza che, comunque, qualsiasi cosa in cui si creda essa sarà sempre, infine, un'illusione.
Questa idea è ancora più forte nel film, che però si rivela leggermente diverso in quanto, nel finale, si coglie una sorta di nietzscheana volontà di potenza nelle due figure di Utena e Anthy che scelgono la propria strada, facendo a meno di tutti i valori falsi dell'accademia per crearsene di propri, seppur consapevoli che ovunque andranno vi saranno "i confini del mondo". FINE SPOILER
Ovviamente si può interpretare in modi molto diversi, questo è il mio^^
Ti ringrazio del commento interessante che hai fatto^^
@Kuma
Potresti farmi esempi?? Difficilmente potrei immaginare qualcosa di più metafisico di utena.
Riguardo a MKR: è vero, si tratta di un manga con tanta retorica e clichè del genere, ma che riesce a risollevarsi grazie a una narrazione leggera che scivola sul meta-fantasy (ovvero, le ragazze sono pienamente coscienti di far parte di un gdr e cercano di applicarne le regole per sopravvivere) E ho trovato la virata violentemente drammatica del finale a dir poco geniale, proprio perchè inaspettata.
Purtroppo non ho riscontrato altrettanti pregi sul seguito, di cui ho letto finora il primo volume: lì sì che i patemi delle ragazze prendevano il sopravvento sugli eventi narrati in maniera fastidiosa, pecca condivisa purtroppo da quel buon lavoro che è Madoka Magica.
Rinnovo i miei complimenti a onizuka per la sua recensione di Utena e tengo un occhio su quell'opera di Shikai che mi ero lasciata sfuggire. Ma perchè, poi, continuare a paragonarlo a Miyazaki? Per quel che ho visto di suo finora mi pare che i due autori non abbiano niente in comune :/
Oggi non ho tempo di vederlo, ma ci darò un occhio quanto prima, forse già domani, visto che i primissimi minuti mi hanno attirato moltissimo a continuarlo subito (ma oggi ho poco tempo): colori spettacolari e fondali molto ben realizzati!!!
Speriamo la trama non lasci a desiderare troppo però!!
L'anime di Utena non l'ho visto, ma il manga è stata una piacevole lettura da 8.
Il manga di Rayearth merita un 6 e mezzo e posso dire che ho un ricordo più piacevole dell'anime il quale è stato come dire, più "gustoso". Infatti credo che la pecca del manga sia proprio questa il suo essere troppo "concentrato", nel senso che le Clamp avrebbero potuto allungare un pò la storia per renderla più fluida e affascinante con qualche rifinitura o "fronzolo" narrativo e tecnico che non avrebbe guastato.
Infine Hoshi o ou kodomo non lo conosco, ma la recensione mi attira troppo che l'ho inserito in lista subito!!!
Splendide recensioni di tutti, complimenti!!!
D'accordo invece con l'8 per Rayearth.
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