Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Oggi variamo un po', con il film d'animazione occidentale Frozen, il telefilm americano Power Rangers Megaforce e l'anime Sakurasou no Pet na kanojo
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Oggi variamo un po', con il film d'animazione occidentale Frozen, il telefilm americano Power Rangers Megaforce e l'anime Sakurasou no Pet na kanojo
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
Frozen - Il regno di ghiaccio
10.0/10
L'idea che la Disney volesse nuovamente prendere in mano una fiaba tradizionale come spunto per un suo nuovo classico mi ha subito riempito di gioia, dal momento che i miei film disneyani preferiti sono proprio quelli tratti dalle fiabe, in particolare quelle al femminile: "Biancaneve", "La Bella addormentata nel bosco", "La Bella e la Bestia". La gioia si è un po' ridimensionata, prima dell'uscita del film, dopo aver saputo che in inglese - e disgraziatamente in italiano - il titolo sarebbe stato "Frozen" (e non "La regina delle nevi"), ma soprattutto è stato il trailer a darmi un'impressione davvero negativa. Mi son detto: «Ci risiamo! Ecco il solito film in 3D che punta tutto sulla comicità e sulla risata facile». Sono quindi andato al cinema senza grandi aspettative e, fortunatamente, ho trovato un'enorme sorpresa. Il trailer, infatti, è uno specchietto per le allodole, visti i tempi bui in cui naviga l'animazione occidentale: praticamente buona parte delle scene comiche (e graziose e necessarie per smorzare la tensione) presenti nel film è usata per il trailer, che non rispecchia decisamente il tono reale di "Frozen". Per caso su youtube ho visto che c'è anche un altro trailer (detto di Elsa, dal nome di una delle protagoniste), non tradotto in italiano, che, invece, presenta il film in tutta la sua affascinante veste. Fine premessa noiosa.
La storia ruota attorno a due sorelle, la maggiore Elsa, destinata a diventare regina del Regno di Arendelle, e la minore, Anna. Non si sa bene perché (non viene spiegato), ma Elsa nasce col potere di creare e manipolare il ghiaccio e questo, fin dalla sua infanzia, la costringerà a vivere in reclusione, temendo che gli altri possano scoprire il suo segreto. Quando la verità verrà alla luce, Elsa fuggirà dal regno e sua sorella Anna partirà alla sua ricerca. Il resto non si può anticipare!
La trama del film forse può apparire fin troppo rapida e scontata, ma personalmente non ritengo che questo sia un difetto, sia perché è una fiaba, sia perché di partenza il film dovrebbe essere alla portata di un pubblico di bambini. Detto questo, comunque, la storia è solida, ben costruita e molto affascinante. Come spesso capita nelle fiabe, ci sono dei momenti ellittici nella vicenda: come dicevo non si sa perché Elsa nasca con i poteri, né si capisce bene il passato di un personaggio, Kristoff. Ma questo non intacca la solidità dell'intreccio, che funziona comunque alla grande.
Il film ha davvero molti punti a suo vantaggio, in primo luogo le tematiche. Finalmente si torna a parlare di sentimenti e di valori, come nei migliori classici del Rinascimento Disney (penso in particolare a "La Bella e la Bestia"). Qui si tocca in particolare una tematica che, trasfigurata a seconda del vissuto di ciascuno spettatore, potrà toccare veramente una fascia ampia di persone: il tema del diverso. Elsa, infatti, dal momento che è la sola ad avere dei poteri magici (sarà chiamata con sprezzo 'strega'), di cui la gente ha paura, può benissimo rappresentare l'escluso della società di oggi. E la sua reazione è a sua volta quella di avere paura e di attaccare quando si sente minacciata. Altra conseguenza della sua situazione è quella di ritrovarsi in una difficile e dolorosa solitudine, che a un certo punto crederà essere la sola strada per raggiungere la felicità. Era veramente da tanto che la Disney non partoriva un personaggio così bello; forse il paragone è grosso, ma mi sento di accostarla alla Bestia.
Altro tema presente nel film è quello dell'amore e, finalmente, non nel solito 'classico' modo melenso, ovvero il grande amore della principessa e del principe. Se in "Come d'incanto" lo stereotipo dell'amore principesco veniva demolito a colpi di brillante ironia, qui lo sarà in maniera più drammatica, soprattutto perché a un certo punto sarà proprio l'altra protagonista, la principessa Anna, a rischiare di farne le spese. La conseguenza sarà quella di spostarsi con più decisione sulle altre sfaccettature dell'amore, che non necessariamente, per essere vero e profondo, deve essere quello tra un uomo e una donna.
Personaggi: ben delineati e caratterizzati.
Elsa, la Regina delle nevi, che è il fulcro principale della vicenda, pur essendo il personaggio meno attivo, è quello che commuove per la situazione in cui si viene a trovare suo malgrado. Nobile, sempre elegante, con una nota malinconica davvero suggestiva.
Anna, la sorella minore, è la vera protagonista in termini di presenza scenica. Simpatica, brillante, un po' ingenua, è un mix di caratteristiche che la renderanno un personaggio amato, anche perché è ben lungi dall'essere 'miss perfettina' (come le vecchie principesse Disney). Questo l'accomuna a molte di quelle eroine degli anime che hanno operato una rivoluzione dei personaggi negli anni Novanta (mi viene in mente Usagi in "Sailor Moon"). Tutto questo senza perdere in femminilità e in credibilità per un personaggio che ipoteticamente viene da un mondo fiabesco e regale.
Per quel che riguarda i caratteri maschili, troviamo il principe Hans e Kristoff, il boscaiolo. Il primo è delineato in maniera abbastanza tradizionale, ma sarà anche al centro di un grosso capovolgimento delle carte in tavola (che non sto a spiegare, perché sarebbe uno spoiler troppo grosso); il secondo è, invece, l'ideale personaggio maschile di una fiaba rivolta al pubblico moderno. Più belloccio che bello, simpatico ma non macchietta, protettivo quel che basta senza essere il cavaliere senza macchia e senza paura, con quel pizzico di grettezza, che lo rende più umano e meno stereotipato.
Assoluta rivelazione è stato il personaggio di Olaf, il pupazzo di neve. Dal trailer temevo che fosse la macchietta della storia, temevo fosse onnipresente e che avrebbe trasformato il film in una 'caciara' per far ridere gratuitamente piccini e grandi non troppo amanti del sentimento e della riflessione. Con mia grande sorpresa, ho scoperto di sbagliarmi. In primo luogo ha una presenza scenica notevole per la sua simpatia, ma limitata nei tempi. In secondo luogo ha una comicità molto dolce e davvero divertente, senza scadere nella grossolanità. Infine, non è solo una spalla o una macchietta, ma serve a rappresentare, in maniera trasfigurata, i sentimenti di Elsa e i suoi reali desideri («io amo i caldi abbracci»). Ci sono dei momenti in cui riesce a commuovere e subito dopo a farti sorridere grazie alla sua dolcezza. Sono sicuro che piacerà molto ai piccini (in maniera più superficiale) e spero ai grandi (ma non credo sia scontato che se ne capisca la profondità).
Dal punto di vista tecnico siamo di fronte a un grande dispiego di mezzi, che funziona in maniera veramente ineccepibile. Non sono un amante delle animazioni in 3D e sono convinto che i personaggi umani sarebbero stati bellissimi anche in 2D, ma qui devo dire che l'uso intelligente della CG era forse necessario. Scene come quella della costruzione del castello di ghiaccio sarebbero difficilmente immaginabili con un'altra tecnica, vista la resa così bella delle sfaccettature della neve e del ghiaccio e dei colori dell'aurora. Insomma, siamo di fronte a scenari splendidi e a personaggi che funzionano, trovando il giusto mezzo tra una resa realistica delle superfici e una stilizzazione fumettistica necessaria e ben congegnata (non so se sia una mia impressione, ma un qualcosa di derivazione giapponese ce la vedo nel chara design, soprattutto delle due principesse).
Le musiche sono molto belle e funzionano bene, anche se non sono memorabili (siamo insomma lontani da colonne sonore incredibili come quelle de "La Sirenetta" o de "La Bella e la Bestia"). Sicuramente la canzone più di impatto, sia per musica, sia per testo, sia per resa scenica, è quella di Elsa, "Let it go" (intitolata nella nostra edizione "All'alba sorgerò"). Credo che sia l'unica scena che entrerà effettivamente nella memoria per la sua bellezza complessiva. La musica è comunque molto presente, addirittura 'troppo' secondo alcune critiche. Essendo della generazione del Rinascimento Disney, sono stato contentissimo di trovare tanto spazio dedicato al canto, che rendono senza dubbio "Frozen" un film musicale in piena regola. L'influenza di Broadway c'è, soprattutto nella scena del confronto di Elsa e Anna al castello di ghiaccio (sovrapposizione delle voci e aumento dei toni in parallelo al crescendo della tensione tra le due).
Sono rimasto molto sorpreso anche dal doppiaggio italiano, che in partenza si preannunciava tragico per la presenza dei (giustamente) temutissimi 'talent', in questo caso due attrici uscite dal cast della soap-oper partenopea "Un posto al sole". La rivelazione è stata Serena Rossi, voce della principessa Anna: simpaticissima quando lo deve essere, capace di commuovere e di essere drammatica nei momenti più tristi. Ed è anche bravissima a cantare. Forse, da un punto di vista strettamente tecnico, possono esserci delle sbavature, ma vista la natura del personaggio, trovo che nel complesso aiutino a rendere più reale e umano il personaggio (esattamente come era stato con Tosca nel doppiaggio di "Anastasia", che aveva reso più vera e meno affettata della controparte pulitissima e noiosa di Meg Ryan in originale). Serena Autieri, invece, che doppia Elsa, risulta un po' più meccanica nella parte doppiata, pur riuscendo a essere convincente su un personaggio tutto sommato non espansivo (e raggiungendo tranquillamente una credibile drammaticità quando necessario). La sua rivelazione c'è stata, invece, nel canto. Una voce meravigliosa e potente, calda e regale come ci aspetta che sia la voce di una regina (la sua versione di "All'alba sorgerò" regala dei momenti veramente splendidi). E soprattutto riesce a cantare trasmettendo del sentimento, cosa non particolarmente scontata (molte coriste di formazione classica dei vecchi Disney hanno sempre offerto prove canore eccelse, ma spesso più di servizio che 'di cuore'). Invece, ascoltando la sua Elsa, ho avuto l'impressione che l'Autieri abbia cercato di trasmettere i sentimenti del personaggio anche col canto.
Sul resto del cast niente da dire, tutti perfetti, compresi i 'talent' (su Brignano non avevo timori, è un mattatore e recita a teatro, non poteva che doppiarlo bene Olaf).
Era da due decenni che la Disney non sfornava un film che mi piacesse veramente così tanto e non posso che ringraziarli. Sembra che si siano messi di impegno per infilarci dentro tutto quello che vorrei trovare in una fiaba. Il film sta piacendo a critica e pubblico e credo che si meriti dei degni riconoscimenti. So per certo, però, che non piacerà a tutto il pubblico, soprattutto quello maschile, perché sembra voler fare decisamente un passo indietro, riproponendo un cartone di impianto sentimentale e non comico. E il pubblico di oggi, purtroppo, trova noioso il sentimentalismo...
La storia ruota attorno a due sorelle, la maggiore Elsa, destinata a diventare regina del Regno di Arendelle, e la minore, Anna. Non si sa bene perché (non viene spiegato), ma Elsa nasce col potere di creare e manipolare il ghiaccio e questo, fin dalla sua infanzia, la costringerà a vivere in reclusione, temendo che gli altri possano scoprire il suo segreto. Quando la verità verrà alla luce, Elsa fuggirà dal regno e sua sorella Anna partirà alla sua ricerca. Il resto non si può anticipare!
La trama del film forse può apparire fin troppo rapida e scontata, ma personalmente non ritengo che questo sia un difetto, sia perché è una fiaba, sia perché di partenza il film dovrebbe essere alla portata di un pubblico di bambini. Detto questo, comunque, la storia è solida, ben costruita e molto affascinante. Come spesso capita nelle fiabe, ci sono dei momenti ellittici nella vicenda: come dicevo non si sa perché Elsa nasca con i poteri, né si capisce bene il passato di un personaggio, Kristoff. Ma questo non intacca la solidità dell'intreccio, che funziona comunque alla grande.
Il film ha davvero molti punti a suo vantaggio, in primo luogo le tematiche. Finalmente si torna a parlare di sentimenti e di valori, come nei migliori classici del Rinascimento Disney (penso in particolare a "La Bella e la Bestia"). Qui si tocca in particolare una tematica che, trasfigurata a seconda del vissuto di ciascuno spettatore, potrà toccare veramente una fascia ampia di persone: il tema del diverso. Elsa, infatti, dal momento che è la sola ad avere dei poteri magici (sarà chiamata con sprezzo 'strega'), di cui la gente ha paura, può benissimo rappresentare l'escluso della società di oggi. E la sua reazione è a sua volta quella di avere paura e di attaccare quando si sente minacciata. Altra conseguenza della sua situazione è quella di ritrovarsi in una difficile e dolorosa solitudine, che a un certo punto crederà essere la sola strada per raggiungere la felicità. Era veramente da tanto che la Disney non partoriva un personaggio così bello; forse il paragone è grosso, ma mi sento di accostarla alla Bestia.
Altro tema presente nel film è quello dell'amore e, finalmente, non nel solito 'classico' modo melenso, ovvero il grande amore della principessa e del principe. Se in "Come d'incanto" lo stereotipo dell'amore principesco veniva demolito a colpi di brillante ironia, qui lo sarà in maniera più drammatica, soprattutto perché a un certo punto sarà proprio l'altra protagonista, la principessa Anna, a rischiare di farne le spese. La conseguenza sarà quella di spostarsi con più decisione sulle altre sfaccettature dell'amore, che non necessariamente, per essere vero e profondo, deve essere quello tra un uomo e una donna.
Personaggi: ben delineati e caratterizzati.
Elsa, la Regina delle nevi, che è il fulcro principale della vicenda, pur essendo il personaggio meno attivo, è quello che commuove per la situazione in cui si viene a trovare suo malgrado. Nobile, sempre elegante, con una nota malinconica davvero suggestiva.
Anna, la sorella minore, è la vera protagonista in termini di presenza scenica. Simpatica, brillante, un po' ingenua, è un mix di caratteristiche che la renderanno un personaggio amato, anche perché è ben lungi dall'essere 'miss perfettina' (come le vecchie principesse Disney). Questo l'accomuna a molte di quelle eroine degli anime che hanno operato una rivoluzione dei personaggi negli anni Novanta (mi viene in mente Usagi in "Sailor Moon"). Tutto questo senza perdere in femminilità e in credibilità per un personaggio che ipoteticamente viene da un mondo fiabesco e regale.
Per quel che riguarda i caratteri maschili, troviamo il principe Hans e Kristoff, il boscaiolo. Il primo è delineato in maniera abbastanza tradizionale, ma sarà anche al centro di un grosso capovolgimento delle carte in tavola (che non sto a spiegare, perché sarebbe uno spoiler troppo grosso); il secondo è, invece, l'ideale personaggio maschile di una fiaba rivolta al pubblico moderno. Più belloccio che bello, simpatico ma non macchietta, protettivo quel che basta senza essere il cavaliere senza macchia e senza paura, con quel pizzico di grettezza, che lo rende più umano e meno stereotipato.
Assoluta rivelazione è stato il personaggio di Olaf, il pupazzo di neve. Dal trailer temevo che fosse la macchietta della storia, temevo fosse onnipresente e che avrebbe trasformato il film in una 'caciara' per far ridere gratuitamente piccini e grandi non troppo amanti del sentimento e della riflessione. Con mia grande sorpresa, ho scoperto di sbagliarmi. In primo luogo ha una presenza scenica notevole per la sua simpatia, ma limitata nei tempi. In secondo luogo ha una comicità molto dolce e davvero divertente, senza scadere nella grossolanità. Infine, non è solo una spalla o una macchietta, ma serve a rappresentare, in maniera trasfigurata, i sentimenti di Elsa e i suoi reali desideri («io amo i caldi abbracci»). Ci sono dei momenti in cui riesce a commuovere e subito dopo a farti sorridere grazie alla sua dolcezza. Sono sicuro che piacerà molto ai piccini (in maniera più superficiale) e spero ai grandi (ma non credo sia scontato che se ne capisca la profondità).
Dal punto di vista tecnico siamo di fronte a un grande dispiego di mezzi, che funziona in maniera veramente ineccepibile. Non sono un amante delle animazioni in 3D e sono convinto che i personaggi umani sarebbero stati bellissimi anche in 2D, ma qui devo dire che l'uso intelligente della CG era forse necessario. Scene come quella della costruzione del castello di ghiaccio sarebbero difficilmente immaginabili con un'altra tecnica, vista la resa così bella delle sfaccettature della neve e del ghiaccio e dei colori dell'aurora. Insomma, siamo di fronte a scenari splendidi e a personaggi che funzionano, trovando il giusto mezzo tra una resa realistica delle superfici e una stilizzazione fumettistica necessaria e ben congegnata (non so se sia una mia impressione, ma un qualcosa di derivazione giapponese ce la vedo nel chara design, soprattutto delle due principesse).
Le musiche sono molto belle e funzionano bene, anche se non sono memorabili (siamo insomma lontani da colonne sonore incredibili come quelle de "La Sirenetta" o de "La Bella e la Bestia"). Sicuramente la canzone più di impatto, sia per musica, sia per testo, sia per resa scenica, è quella di Elsa, "Let it go" (intitolata nella nostra edizione "All'alba sorgerò"). Credo che sia l'unica scena che entrerà effettivamente nella memoria per la sua bellezza complessiva. La musica è comunque molto presente, addirittura 'troppo' secondo alcune critiche. Essendo della generazione del Rinascimento Disney, sono stato contentissimo di trovare tanto spazio dedicato al canto, che rendono senza dubbio "Frozen" un film musicale in piena regola. L'influenza di Broadway c'è, soprattutto nella scena del confronto di Elsa e Anna al castello di ghiaccio (sovrapposizione delle voci e aumento dei toni in parallelo al crescendo della tensione tra le due).
Sono rimasto molto sorpreso anche dal doppiaggio italiano, che in partenza si preannunciava tragico per la presenza dei (giustamente) temutissimi 'talent', in questo caso due attrici uscite dal cast della soap-oper partenopea "Un posto al sole". La rivelazione è stata Serena Rossi, voce della principessa Anna: simpaticissima quando lo deve essere, capace di commuovere e di essere drammatica nei momenti più tristi. Ed è anche bravissima a cantare. Forse, da un punto di vista strettamente tecnico, possono esserci delle sbavature, ma vista la natura del personaggio, trovo che nel complesso aiutino a rendere più reale e umano il personaggio (esattamente come era stato con Tosca nel doppiaggio di "Anastasia", che aveva reso più vera e meno affettata della controparte pulitissima e noiosa di Meg Ryan in originale). Serena Autieri, invece, che doppia Elsa, risulta un po' più meccanica nella parte doppiata, pur riuscendo a essere convincente su un personaggio tutto sommato non espansivo (e raggiungendo tranquillamente una credibile drammaticità quando necessario). La sua rivelazione c'è stata, invece, nel canto. Una voce meravigliosa e potente, calda e regale come ci aspetta che sia la voce di una regina (la sua versione di "All'alba sorgerò" regala dei momenti veramente splendidi). E soprattutto riesce a cantare trasmettendo del sentimento, cosa non particolarmente scontata (molte coriste di formazione classica dei vecchi Disney hanno sempre offerto prove canore eccelse, ma spesso più di servizio che 'di cuore'). Invece, ascoltando la sua Elsa, ho avuto l'impressione che l'Autieri abbia cercato di trasmettere i sentimenti del personaggio anche col canto.
Sul resto del cast niente da dire, tutti perfetti, compresi i 'talent' (su Brignano non avevo timori, è un mattatore e recita a teatro, non poteva che doppiarlo bene Olaf).
Era da due decenni che la Disney non sfornava un film che mi piacesse veramente così tanto e non posso che ringraziarli. Sembra che si siano messi di impegno per infilarci dentro tutto quello che vorrei trovare in una fiaba. Il film sta piacendo a critica e pubblico e credo che si meriti dei degni riconoscimenti. So per certo, però, che non piacerà a tutto il pubblico, soprattutto quello maschile, perché sembra voler fare decisamente un passo indietro, riproponendo un cartone di impianto sentimentale e non comico. E il pubblico di oggi, purtroppo, trova noioso il sentimentalismo...
Power Rangers Megaforce
6.0/10
Correva l'anno 1993, quando il mondo venne incantato dai coloratissimi Power Rangers: adolescenti come tanti che potevano trasformarsi in supereroi dai poteri straordinari che guidavano bellissimi dinosauri robot per combattere le forze del male.
Sono passati vent'anni da quei primi Power Rangers, e la saga nel frattempo è continuata fra alterne fortune e vicende, continuando ad adattare con attori occidentali i telefilm giapponesi della saga Super Sentai.
Dinosauri, ninja, animali, viaggi nello spazio e nel tempo, samurai, poliziotti galattici, universi cyberpunk, magie, arti marziali, robot e supereroi di ogni forma e colore, mille e più avventure prodotte prima dalla Saban, poi dalla Disney e poi di nuovo dalla Saban che, vent'anni dopo, riappropriatasi dei diritti del brand che lei stessa aveva lanciato, ci regala una serie speciale dedicata al ventesimo anniversario dei suoi supereroi in costumi di spandex: Power Rangers Megaforce, adattamento del giapponese Tensou Sentai Goseiger trasmesso nel corso del 2013.
Una serie di tributo che comincia come una copia-carbone dell'originale.
Identica la trama, con una minaccia aliena alla Terra e un faccione soprannaturale con robottino scemo al seguito che investono cinque adolescenti del potere per diventare eroi.
Identici i colori-simbolo degli eroi, quel "rosso e giallo più rosa, nero e blu" che caratterizzava i primi cinque Power Rangers, così come assai simile se non identico in alcuni casi è l'accostamento dei colori e delle bestie che a loro corrispondono (ancora rosso/dragone, rosa/fenice e giallo/tigre).
Anche a livello caratteriale i nostri cinque protagonisti sono quasi del tutto identici ai loro illustri "antenati", e non mancano altri piccoli tocchi di classe come battute che dalla prima serie si ripetono, la presenza di una caffetteria gestita da un barista di nome Ernie o di una coppia di bulli che infastidiscono la vita scolastica dei protagonisti.
La trama di Power Rangers Megaforce è tutta qui: cinque ragazzi che combattono il male. Certo, l'incipit della serie ci fa presagire grandissime cose per il futuro, ma si tratta appunto del futuro, di cose che verranno eventualmente mostrate nel sequel Power Rangers Super Megaforce, la vera e propria serie dell'anniversario, di cui Megaforce è solo un antipasto dal sapore un po' scialbo.
Come già successo proprio alla prima serie, Megaforce non rispetta quasi nulla dell'originale giapponese su cui si basa, dal quale prende qualche episodio a casaccio, qualche scena di combattimento ridoppiata e basta.
Tensou Sentai Goseiger era una serie molto dolce, pregna di una grande spiritualità, di grandi messaggi, di avversari assai carismatici e dotata di una gran caratterizzazione dei personaggi.
I cinque protagonisti non avevano segreti, grazie al buon numero di episodi dedicati all'approfondimento dei loro caratteri e al forte legame che essi instauravano con personaggi secondari ricorrenti che riuscivano ad essere il perno di tutta la storia. Personaggi secondari ricorrenti che in Megaforce mancano praticamente del tutto, escludendo il barista Ernie e il professore dei ragazzi, che però compaiono poco e niente e solo per fare gags che vorrebbero far ridere e non ci riescono.
Sviluppandosi in soli venti episodi (più due special riassuntivi abbastanza inutili) contro i 50 di Goseiger, Megaforce non ha tempo da dedicare alla caratterizzazione dei personaggi, che vengono ricordati per una e una sola caratteristica: Gia è la bionda figa di legno della scuola, Jake gioca a calcio e le fila dietro senza cavare un ragno dal buco, Noah è un secchione che si veste al buio. Troy, il protagonista formale, è un bambolotto fighetto del tutto privo di carisma, di una storia personale, di qualsiasi cosa che possa caratterizzarlo come personaggio. Quello che dovrebbe spiccare di più (e in Goseiger il combattente rosso spiccava tantissimo) è invece il personaggio che meno viene calcolato nel corso della storia, sia da parte degli autori che dagli spettatori stessi, che non riescono a provare la benché minima empatia nei suoi confronti.
Si salva dalla mediocrità la sola Emma, la dolcissima e sensibile combattente rosa, ma solo perché, nel loro prendere episodi di Goseiger a casaccio da adattare, gli autori han ben pensato di prendere praticamente quasi solo quelli incentrati sulla combattente rosa Eri, corrispettivo dagli occhi a mandorla della dolce Emma.
Un altro personaggio che spicca (facile vincere quando caratterizzano solo te, eh?) è Robo Knight, personaggio esteticamente uguale ma abbastanza diverso dall'originale Gosei Knight (che, tanto per cominciare, non è un robot), che si rivela essere il fulcro di Megaforce, portando con sé la tematica del conflitto fra l'uomo e la macchina che verrà trattata praticamente lungo tutta la serie, con risultati anche un po' ripetitivi, ma anche coi suoi bei momenti, ogni tanto.
Per quanto riguarda i cattivi, il loro ruolo è stato completamente riscritto rispetto ai loro corrispettivi di Goseiger, che facevano parte di diverse fazioni mentre qui sono quasi tutti sotto lo stesso comando. Essendo poche puntate, i cattivi vanno e vengono senza che ci si riesca ad affezionare troppo, ad eccezione del solo Vrak, ricordato più per la persistenza (è il cattivo che in Goseiger ha più spazio) che per un carattere particolarmente incisivo.
Vent'anni di Power Rangers, vent'anni di serie che han presentato trame intricate, autoironiche, complesse, con ottimi personaggi e risvolti e attori di una certa bravura vengono praticamente annullate da questo Megaforce, che segue fedelmente lo schema della prima serie presentando una trama piatta e priva di particolari colpi di scena se non nelle ultimissime battute, dei personaggi abbastanza insulsi e una recitazione originale inascoltabile, ricca di spacconate, americanate, frasi trendy e gags slapstick che solo raramente fanno ridere (e se lo fanno è perché già la base dell'episodio giapponese era divertente).
Di contro, la grafica è molto buona, con un massiccio uso della computer grafica per creare i robot, i mostri e gli effetti dei combattimenti, rendendoli una gioia per gli occhi, ma questo è merito dei Giapponesi più che degli Americani. La colonna sonora non è pervenuta, eccezion fatta per la sigla che, ruffianamente, riprende quella della prima serie, ma in una versione assai meno bella.
Di base, la storia non sarebbe neppure male. Megaforce ha la sua mezza dozzina di episodi dove lo spettatore si emoziona pure a vedere i Rangers che difendono gli umani o che insegnano a Robo Knight ad apprezzarli o che gli mostrano di considerarlo un amico nonostante sia una macchina, i combattimenti (sia quelli in costume che quelli robotici) sono spettacolari e intrattengono il giusto. Tutto sommato la visione scorre liscia e tranquilla, ma servivano molti più episodi, molti più approfondimenti sui personaggi, molti più personaggi secondari di un certo spessore, una tematica di fondo che desse un senso al tutto.
La prima serie, che aveva una trama pressoché identica a questa, la sviluppava, però, in tre stagioni e un numero assai maggiore di puntate rispetto a queste stiminzite 20.
L'effetto era totalmente diverso. Anche se i personaggi erano simili, erano molto più sviluppati, si riusciva perfettamente a identificarsi nei loro caratteri e nei loro problemi.
La prima serie Power Rangers, seppur non perfetta, era il racconto di una generazione.
Eran gli anni '90, i personaggi portavano salopette, camicie da boscaioli, pantaloni larghissimi alla MC Hammer, top da ginnastica alla Cindy Crawford, giubbotti di pelle con le borchie, facevano arti marziali negli anni di Street Fighter e dei picchiaduro su cabinato, inscenavano intrallazzi amorosi fra un drink e l'altro negli anni di Bayside School e Beverly Hills e guidavano dei fighissimi robot a forma di dinosauri negli anni di Jurassic Park.
Troy e compagni, coi loro abiti anonimi, bruttini (l'accozzaglia di stili e colori del look di Noah mi perseguiterà per sempre) e sempre uguali in tutti gli episodi, chi rappresentano? Non hanno alcun segno distintivo, non hanno nulla che possa ricondurli alla generazione cui appartengono, non hanno un carattere, una storia, non hanno neppure un mentore degno di tale nome (Gosei, il gigantesco moai che li guida, si vede poco e niente, e Tensou, il robottino rubato a Corto Circuito con trent'anni di ritardo, non fa nemmeno ridere) o un legame particolare con i loro animali-simbolo.
Cos'è, insomma, Power Rangers Megaforce? E' una serie che, nel tentativo di arruffianarsi i vecchi fans con un sacco di citazioni ai primi Power Rangers, finisce per esserne soltanto l'ombra. Una serie che sì, tutto sommato si lascia guardare, e che sicuramente piacerà a un pubblico infantile, ma che vive troppo di rendita, campando sul nome Power Rangers e sulle altissime aspettative create per il sequel, tanto più che il finale di Megaforce è totalmente aperto (e perciò, dovendo valutarle come due serie separate, deludente). Megaforce ne ha la forma, prova a ricostruirlo, ma è fuori tempo, gli manca del tutto il fascino pioneristico della prima serie, che aveva i suoi difetti, ma a una serie d'esordio del 1993 li si perdona, a una serie come Megaforce, che ha sulle spalle vent'anni di Power Rangers e vent'anni di trame e personaggi gestiti molto meglio, no.
Gli spettacolari combattimenti in computer grafica non riescono a compensare la pochezza dei suoi personaggi, il modo irrispettoso con cui ha trattato l'originale giapponese e l'estenutante programmazione americana con lunghissime pause in attesa dei nuovi episodi di una storia che, però, non migliora mai, lasciandoci con soli 20 episodi di prologo per quella che, si spera, sarà un'avventura molto più epica e gradevole nel suo complesso.
"Rimandato a Settembre", insomma, nell'attesa di completare la storia di Troy e soci e vedere se il seguito donerà un senso nuovo a questa prima avventura piuttosto banale.
Da consigliare comunque ai bambini, a cui non interessa la caratterizzazione dei personaggi ma vogliono solo intrattenersi con eroi e robot fighi (e Megaforce ce li ha, il Sea Gosei Megazord dalle fattezze di un capitano pirata è meraviglioso!), e, ahinoi, anche ai fans sfegatati dei Power Rangers, che non possono perdersi questa tappa, visto che li condurrà ad un sequel che promette camei, ritorni, citazioni, omaggi e scintille per omaggiare i vent'anni della saga degli eroi in costumi di spandex.
Sono passati vent'anni da quei primi Power Rangers, e la saga nel frattempo è continuata fra alterne fortune e vicende, continuando ad adattare con attori occidentali i telefilm giapponesi della saga Super Sentai.
Dinosauri, ninja, animali, viaggi nello spazio e nel tempo, samurai, poliziotti galattici, universi cyberpunk, magie, arti marziali, robot e supereroi di ogni forma e colore, mille e più avventure prodotte prima dalla Saban, poi dalla Disney e poi di nuovo dalla Saban che, vent'anni dopo, riappropriatasi dei diritti del brand che lei stessa aveva lanciato, ci regala una serie speciale dedicata al ventesimo anniversario dei suoi supereroi in costumi di spandex: Power Rangers Megaforce, adattamento del giapponese Tensou Sentai Goseiger trasmesso nel corso del 2013.
Una serie di tributo che comincia come una copia-carbone dell'originale.
Identica la trama, con una minaccia aliena alla Terra e un faccione soprannaturale con robottino scemo al seguito che investono cinque adolescenti del potere per diventare eroi.
Identici i colori-simbolo degli eroi, quel "rosso e giallo più rosa, nero e blu" che caratterizzava i primi cinque Power Rangers, così come assai simile se non identico in alcuni casi è l'accostamento dei colori e delle bestie che a loro corrispondono (ancora rosso/dragone, rosa/fenice e giallo/tigre).
Anche a livello caratteriale i nostri cinque protagonisti sono quasi del tutto identici ai loro illustri "antenati", e non mancano altri piccoli tocchi di classe come battute che dalla prima serie si ripetono, la presenza di una caffetteria gestita da un barista di nome Ernie o di una coppia di bulli che infastidiscono la vita scolastica dei protagonisti.
La trama di Power Rangers Megaforce è tutta qui: cinque ragazzi che combattono il male. Certo, l'incipit della serie ci fa presagire grandissime cose per il futuro, ma si tratta appunto del futuro, di cose che verranno eventualmente mostrate nel sequel Power Rangers Super Megaforce, la vera e propria serie dell'anniversario, di cui Megaforce è solo un antipasto dal sapore un po' scialbo.
Come già successo proprio alla prima serie, Megaforce non rispetta quasi nulla dell'originale giapponese su cui si basa, dal quale prende qualche episodio a casaccio, qualche scena di combattimento ridoppiata e basta.
Tensou Sentai Goseiger era una serie molto dolce, pregna di una grande spiritualità, di grandi messaggi, di avversari assai carismatici e dotata di una gran caratterizzazione dei personaggi.
I cinque protagonisti non avevano segreti, grazie al buon numero di episodi dedicati all'approfondimento dei loro caratteri e al forte legame che essi instauravano con personaggi secondari ricorrenti che riuscivano ad essere il perno di tutta la storia. Personaggi secondari ricorrenti che in Megaforce mancano praticamente del tutto, escludendo il barista Ernie e il professore dei ragazzi, che però compaiono poco e niente e solo per fare gags che vorrebbero far ridere e non ci riescono.
Sviluppandosi in soli venti episodi (più due special riassuntivi abbastanza inutili) contro i 50 di Goseiger, Megaforce non ha tempo da dedicare alla caratterizzazione dei personaggi, che vengono ricordati per una e una sola caratteristica: Gia è la bionda figa di legno della scuola, Jake gioca a calcio e le fila dietro senza cavare un ragno dal buco, Noah è un secchione che si veste al buio. Troy, il protagonista formale, è un bambolotto fighetto del tutto privo di carisma, di una storia personale, di qualsiasi cosa che possa caratterizzarlo come personaggio. Quello che dovrebbe spiccare di più (e in Goseiger il combattente rosso spiccava tantissimo) è invece il personaggio che meno viene calcolato nel corso della storia, sia da parte degli autori che dagli spettatori stessi, che non riescono a provare la benché minima empatia nei suoi confronti.
Si salva dalla mediocrità la sola Emma, la dolcissima e sensibile combattente rosa, ma solo perché, nel loro prendere episodi di Goseiger a casaccio da adattare, gli autori han ben pensato di prendere praticamente quasi solo quelli incentrati sulla combattente rosa Eri, corrispettivo dagli occhi a mandorla della dolce Emma.
Un altro personaggio che spicca (facile vincere quando caratterizzano solo te, eh?) è Robo Knight, personaggio esteticamente uguale ma abbastanza diverso dall'originale Gosei Knight (che, tanto per cominciare, non è un robot), che si rivela essere il fulcro di Megaforce, portando con sé la tematica del conflitto fra l'uomo e la macchina che verrà trattata praticamente lungo tutta la serie, con risultati anche un po' ripetitivi, ma anche coi suoi bei momenti, ogni tanto.
Per quanto riguarda i cattivi, il loro ruolo è stato completamente riscritto rispetto ai loro corrispettivi di Goseiger, che facevano parte di diverse fazioni mentre qui sono quasi tutti sotto lo stesso comando. Essendo poche puntate, i cattivi vanno e vengono senza che ci si riesca ad affezionare troppo, ad eccezione del solo Vrak, ricordato più per la persistenza (è il cattivo che in Goseiger ha più spazio) che per un carattere particolarmente incisivo.
Vent'anni di Power Rangers, vent'anni di serie che han presentato trame intricate, autoironiche, complesse, con ottimi personaggi e risvolti e attori di una certa bravura vengono praticamente annullate da questo Megaforce, che segue fedelmente lo schema della prima serie presentando una trama piatta e priva di particolari colpi di scena se non nelle ultimissime battute, dei personaggi abbastanza insulsi e una recitazione originale inascoltabile, ricca di spacconate, americanate, frasi trendy e gags slapstick che solo raramente fanno ridere (e se lo fanno è perché già la base dell'episodio giapponese era divertente).
Di contro, la grafica è molto buona, con un massiccio uso della computer grafica per creare i robot, i mostri e gli effetti dei combattimenti, rendendoli una gioia per gli occhi, ma questo è merito dei Giapponesi più che degli Americani. La colonna sonora non è pervenuta, eccezion fatta per la sigla che, ruffianamente, riprende quella della prima serie, ma in una versione assai meno bella.
Di base, la storia non sarebbe neppure male. Megaforce ha la sua mezza dozzina di episodi dove lo spettatore si emoziona pure a vedere i Rangers che difendono gli umani o che insegnano a Robo Knight ad apprezzarli o che gli mostrano di considerarlo un amico nonostante sia una macchina, i combattimenti (sia quelli in costume che quelli robotici) sono spettacolari e intrattengono il giusto. Tutto sommato la visione scorre liscia e tranquilla, ma servivano molti più episodi, molti più approfondimenti sui personaggi, molti più personaggi secondari di un certo spessore, una tematica di fondo che desse un senso al tutto.
La prima serie, che aveva una trama pressoché identica a questa, la sviluppava, però, in tre stagioni e un numero assai maggiore di puntate rispetto a queste stiminzite 20.
L'effetto era totalmente diverso. Anche se i personaggi erano simili, erano molto più sviluppati, si riusciva perfettamente a identificarsi nei loro caratteri e nei loro problemi.
La prima serie Power Rangers, seppur non perfetta, era il racconto di una generazione.
Eran gli anni '90, i personaggi portavano salopette, camicie da boscaioli, pantaloni larghissimi alla MC Hammer, top da ginnastica alla Cindy Crawford, giubbotti di pelle con le borchie, facevano arti marziali negli anni di Street Fighter e dei picchiaduro su cabinato, inscenavano intrallazzi amorosi fra un drink e l'altro negli anni di Bayside School e Beverly Hills e guidavano dei fighissimi robot a forma di dinosauri negli anni di Jurassic Park.
Troy e compagni, coi loro abiti anonimi, bruttini (l'accozzaglia di stili e colori del look di Noah mi perseguiterà per sempre) e sempre uguali in tutti gli episodi, chi rappresentano? Non hanno alcun segno distintivo, non hanno nulla che possa ricondurli alla generazione cui appartengono, non hanno un carattere, una storia, non hanno neppure un mentore degno di tale nome (Gosei, il gigantesco moai che li guida, si vede poco e niente, e Tensou, il robottino rubato a Corto Circuito con trent'anni di ritardo, non fa nemmeno ridere) o un legame particolare con i loro animali-simbolo.
Cos'è, insomma, Power Rangers Megaforce? E' una serie che, nel tentativo di arruffianarsi i vecchi fans con un sacco di citazioni ai primi Power Rangers, finisce per esserne soltanto l'ombra. Una serie che sì, tutto sommato si lascia guardare, e che sicuramente piacerà a un pubblico infantile, ma che vive troppo di rendita, campando sul nome Power Rangers e sulle altissime aspettative create per il sequel, tanto più che il finale di Megaforce è totalmente aperto (e perciò, dovendo valutarle come due serie separate, deludente). Megaforce ne ha la forma, prova a ricostruirlo, ma è fuori tempo, gli manca del tutto il fascino pioneristico della prima serie, che aveva i suoi difetti, ma a una serie d'esordio del 1993 li si perdona, a una serie come Megaforce, che ha sulle spalle vent'anni di Power Rangers e vent'anni di trame e personaggi gestiti molto meglio, no.
Gli spettacolari combattimenti in computer grafica non riescono a compensare la pochezza dei suoi personaggi, il modo irrispettoso con cui ha trattato l'originale giapponese e l'estenutante programmazione americana con lunghissime pause in attesa dei nuovi episodi di una storia che, però, non migliora mai, lasciandoci con soli 20 episodi di prologo per quella che, si spera, sarà un'avventura molto più epica e gradevole nel suo complesso.
"Rimandato a Settembre", insomma, nell'attesa di completare la storia di Troy e soci e vedere se il seguito donerà un senso nuovo a questa prima avventura piuttosto banale.
Da consigliare comunque ai bambini, a cui non interessa la caratterizzazione dei personaggi ma vogliono solo intrattenersi con eroi e robot fighi (e Megaforce ce li ha, il Sea Gosei Megazord dalle fattezze di un capitano pirata è meraviglioso!), e, ahinoi, anche ai fans sfegatati dei Power Rangers, che non possono perdersi questa tappa, visto che li condurrà ad un sequel che promette camei, ritorni, citazioni, omaggi e scintille per omaggiare i vent'anni della saga degli eroi in costumi di spandex.
Sakurasou no Pet na Kanojo
8.0/10
Chi scegliere tra la disadattata mangaka geniale e la doppiatrice di anime tosta e dal cuore tenero?
Il talento è un dono piovuto dal cielo e molto spesso la genialità degli altri è uno stimolo per noi stessi: un incentivo a impegnarsi con volontà e ferrea determinazione, nel tentativo di trovare la nostra personale realizzazione. Tuttavia, nel nostro intimo, siamo normali esseri umani. E gli umani provano invidia, gelosia e 'sano' egoismo. Dopotutto si nasce soli e si muore altrettanto: l'alfa e l'omega dell'esistenza umana hanno una sola compagna, la solitudine. L'egoismo è dunque una parte di noi stessi con la quale si deve fare i conti tutti i giorni.
Ecco perché gli abitanti del Sakurasou, eccentrici come il loro dormitorio (e di conseguenza la serie di cui sono protagonisti), mi sono piaciuti quando hanno invidiato, fino a odiare, i propri compagni baciati dal dono di riuscire a realizzare i loro desideri senza quasi rendersene conto. La rivincita del duro lavoro, continuamente sbeffeggiato dalla sorte e dal giudizio altrui, che trova un minimo di soddisfazione nel rancore umano e naturale della gelosia. Certo, tutto poi si risolve - e, aggiungo io, 'giustamente' - per il meglio, poiché il talento dell'uomo o la donna geniale distrugge chi gli si avvicina troppo, ma non lo fa mica apposta...
"Sakurasou no Pet na Kanojo" è, oggettivamente, una bella serie moderna, capace di miscelare le capacità tecniche della nuova generazione dell'animazione all'intensità delle storie made in Japan. Il character dei personaggi è ben fatto e variegato, mentre il ritmo della serializzazione si mantiene sostenuto per buona parte degli episodi. Parliamo dunque di un prodotto di ottima fattura, dove anche il fanservice, utilizzato in dose massicce all'inizio (vedi il primo episodio), pian piano scema con l'emergere della trama effettiva, fino a diventare un contorno appetibile ma assolutamente non invadente (dalla metà della serie quasi scompare del tutto).
Ho individuato l'apice della serie nel fantastico episodio 21 che, da solo, riassume la chiave di lettura che ho provato a esporre all'inizio. Il finale, gli ultimi tre episodi, è invece completamente aperto (la serie ripercorre sei delle dodici light novel e mezzo realizzate da Kamoshida e Mizoguchi), virando verso il 'buono' (non mancano però spunti di indiscusso valore come la prima parte del discorso di Misaki Senpai durante la cerimonia del diploma).
In sostanza, ho particolarmente apprezzato il concept alla base della storia, soprattutto perché l'evoluzione animata lo ha reso quasi alla perfezione. Inoltre, una menzione d'onore va al tentativo di far percepire, anche se di sfuggita, il dietro le quinte di un'industria che ci regala sempre tante emozioni: l'entertainment nipponico costituito da anime, manga e videogame. I protagonisti sono infatti un'animatrice (nel senso di produttrice di anime), una mangaka, una doppiatrice di anime, uno sceneggiatore di anime, un programmatore e un aspirante produttore di videogame: la summa di chi lavora per noi appassionati. Ovviamente le singole figure professionali non sono state indagate fino in fondo, poiché la storia si concentra più sul lato slice of life/romantico delle relazioni tra i personaggi, uniti a modo loro dall'arte che si declina nelle loro specializzazioni (nell'anime è personificata dall'Accademia Suimei, ma ancor di più dal dormitorio Sakurasou).
Il talento è un dono piovuto dal cielo e molto spesso la genialità degli altri è uno stimolo per noi stessi: un incentivo a impegnarsi con volontà e ferrea determinazione, nel tentativo di trovare la nostra personale realizzazione. Tuttavia, nel nostro intimo, siamo normali esseri umani. E gli umani provano invidia, gelosia e 'sano' egoismo. Dopotutto si nasce soli e si muore altrettanto: l'alfa e l'omega dell'esistenza umana hanno una sola compagna, la solitudine. L'egoismo è dunque una parte di noi stessi con la quale si deve fare i conti tutti i giorni.
Ecco perché gli abitanti del Sakurasou, eccentrici come il loro dormitorio (e di conseguenza la serie di cui sono protagonisti), mi sono piaciuti quando hanno invidiato, fino a odiare, i propri compagni baciati dal dono di riuscire a realizzare i loro desideri senza quasi rendersene conto. La rivincita del duro lavoro, continuamente sbeffeggiato dalla sorte e dal giudizio altrui, che trova un minimo di soddisfazione nel rancore umano e naturale della gelosia. Certo, tutto poi si risolve - e, aggiungo io, 'giustamente' - per il meglio, poiché il talento dell'uomo o la donna geniale distrugge chi gli si avvicina troppo, ma non lo fa mica apposta...
"Sakurasou no Pet na Kanojo" è, oggettivamente, una bella serie moderna, capace di miscelare le capacità tecniche della nuova generazione dell'animazione all'intensità delle storie made in Japan. Il character dei personaggi è ben fatto e variegato, mentre il ritmo della serializzazione si mantiene sostenuto per buona parte degli episodi. Parliamo dunque di un prodotto di ottima fattura, dove anche il fanservice, utilizzato in dose massicce all'inizio (vedi il primo episodio), pian piano scema con l'emergere della trama effettiva, fino a diventare un contorno appetibile ma assolutamente non invadente (dalla metà della serie quasi scompare del tutto).
Ho individuato l'apice della serie nel fantastico episodio 21 che, da solo, riassume la chiave di lettura che ho provato a esporre all'inizio. Il finale, gli ultimi tre episodi, è invece completamente aperto (la serie ripercorre sei delle dodici light novel e mezzo realizzate da Kamoshida e Mizoguchi), virando verso il 'buono' (non mancano però spunti di indiscusso valore come la prima parte del discorso di Misaki Senpai durante la cerimonia del diploma).
In sostanza, ho particolarmente apprezzato il concept alla base della storia, soprattutto perché l'evoluzione animata lo ha reso quasi alla perfezione. Inoltre, una menzione d'onore va al tentativo di far percepire, anche se di sfuggita, il dietro le quinte di un'industria che ci regala sempre tante emozioni: l'entertainment nipponico costituito da anime, manga e videogame. I protagonisti sono infatti un'animatrice (nel senso di produttrice di anime), una mangaka, una doppiatrice di anime, uno sceneggiatore di anime, un programmatore e un aspirante produttore di videogame: la summa di chi lavora per noi appassionati. Ovviamente le singole figure professionali non sono state indagate fino in fondo, poiché la storia si concentra più sul lato slice of life/romantico delle relazioni tra i personaggi, uniti a modo loro dall'arte che si declina nelle loro specializzazioni (nell'anime è personificata dall'Accademia Suimei, ma ancor di più dal dormitorio Sakurasou).
Il film presenta una miriade di difetti, a cominciare dai dialoghi che sono veramente imbarazzanti per il 70%-80%, hanno uno spessore di un foglio A4 per intenderci, le canzoni per buona metà partono completamente a caso e senza che vi sia un reale motivazione (prendiamo Nightmare Before Christmas, Selick fu bravo perchè le canzoni partivano per via di una determinata situazione, come la festa all'inizio). Siccome i dialoghi facevano pena per lo più, non si poteva fare un musical al 100% a questo punto? Ah già i bimbetti poi non lo andavano a vedere...
I personaggi...togliamo Elsa che è veramente interessante, ben caratterizzata esprimendo alla perfezione il tema dell'indipendenza e del libro arbitrio, peccato che non sia la protagonista etc...gli altri sono imbarazzanti, Anna non regge la parte, colui che commercia il ghiaccio è imbarazzante e l'antagonista è una macchietta messa in fretta e furia perchè serviva un cattivo per forza, ma almeno pronuncia una battuta convincente che da un senso alla seconda metà di film. Olaf come gag fa piangere, non fa ridere per niente, le sue battute sono a misura di bambino di 3 anni e siccome la regia sbaglia tutti i tempi della battuta, quindi non si sorride neanche.
La regia è anonima, come in tanti film Disney dal 2000 in poi specialmente.
In sostanza ci salviamo gli ottimi primi 15 minuti, svariate canzoni (Let it Go in primis), una decostruzione del principe (ma niente di originale e di chissà che cosa, roba che si faceva da anni ed anni, la Disney ci arriva dopo più di 14 anni che l'approccio alla fiaba deve essere post-moderno nel 2014 e comunque sia Frozen, neanche è tale), il personaggio di Elsa e una discreta ambientazione.
In sostanza il solito filmetto Disney post-2000 che non si capisce come possa aver incassato 1,3 miliardi. In Giappone sta filando come un treno ed è ad oltre 200 milioni, è quasi certo il sorpasso negli incassi della Città incantata che si fermò a 230 milioni.
Dei candidai all'oscar mi retsano da vedere solo Si Alza il Vento ed Ernest e Celestine, tra i nominai ne ho visti la metà e tutti superiori non di poco a questo filmetto e se vogliamo restare in tema Giappone, Una Lettera per Momo che c'era tra i candidati, ci gioca a bocce con Frozen. Anche Monster University per dirla tutta con tutto che è un prequel è superiore a Frozen.
I Power Rangers non li guarderei nemmeno sotto tortura di tipo medievale.
Sakurasou ce l'ho in lista e in futuro me lo guarderò.
Sakurasou l'ho recuperato recentemente e mi è piaciuto un sacco, l'ho maratonato in un giorno e mezzo! Veramente delizioso per tematiche e personaggi, mi ha emozionato un sacco e mi sono innamorata di Misaki! A volte i toni sono stati un po' enfatici ed esasperati, ma in buona sostanza è stata una serie che mi ha dato molto a livello emotivo, mi ha fatto rivivere gli anni del liceo, cosa che adoro! ^^
Complimenti ai recensori!
Complimentoni per la recensione! Ho visto il film originale di Gokaiger come ti dissi e le sorprese e le citazioni non sono poche. Super Megaforce promette di essere una bella sorpresina per tutti noi sfegatati di Sentai ed affini.
Solo per Frozen? Direi che nessun film Disney merita il massimo dei voti. Forse solo Fantasia.
Voto che senza esitazioni darei a Sakurasou invece, che è di gran lunga il miglior anime del suo anno, e uno dei più belli che abbia visto di recente. E' un esempio di romcom/slice of life fatto bene, che ha delle tematiche di fondo non banali, e che ha tutti i personaggi ben caratterizzati. Tecnicamente senza sbavature, e anche il finale è adeguato (è la fine di un ciclo e l'inizio di uno nuovo, e per un'anime incentrato su un dormitorio scolastico è il finale più adeguato). E riesce a dipingere tutta la gamma di emozioni che la vita può offrire: felicità, amore, odio, invidia, ammirazione, fallimenti e successi... cosa che pochi altri sono riusciti a fare.
Va bene che i gusti son gusti ma dire che è una caciara mi sembra troppo.
E' stato carino ok, ma non lascia niente come altri film Disney/Pixar, senza contare che non c'è un vero e proprio cattivo.. .-.
Dei Power Rangers avevo visto a loro tempo le prime serie trasmesse da Mediaset quando ero bambino, ma non credo se le dovessi rivedere sarebbero invecchiate bene (effetto nostalgia a parte)...
Non credo di vedere questa nuova serie...
Sakurasou invece ho intenzione di vederlo prima o poi...
Complimenti ai 3 recensori ^^
Ora dopo 20 anni si nota che le cose non sono cambiate per nulla...questo MegaForce dalla descrizione è un vero disastro: ci avranno anche messo la bionda bellona nei panni di Yellow Ranger per evitare di essere nuovamente accusati di razzismo, ma come al solito la Saban prende solo gli episodi con la Pink Ranger e la Yellow Ranger è per l'ennesima volta un personaggio tappabuchi. Non si capirà mai la fissazione della Saban per la Ranger Rosa e l'astio nei confronti della Ranger Gialla, a questo punto la Saban sarà ben felice di adattare il prossimo Sentai dove manca del tutto la Ranger Gialla, ora c'è da chiedersi se il ruolo della sfigata nella prossima serie toccherà alla Ranger Viola.
Comunque disastroso come al solito questo nuovo Power Rangers, dagli stereotipi non esce.
Strano che il Ranger Rosso sia privo di tutto, cioè praticamente è solo un bel ragazzo ma per il resto come personaggio non ha nulla.
Ma che razza di serie è?
So che quel che sto per dire non piacerà ad alcuni, ma penso che la Disney ha sfornato in passato opere molto migliori di "Frozen". Poi questo è il mio personale giudizio.
Dare un 10 ad un film disney mi sembra eccessivo e troppo da fan boy
Esistono almeno 4/5 film Disney che meritano senza problemi il perfect score, a maggior ragione se presi per come sono, voti personali, trovo molto più da giappo-fanboy negarlo come alcuni commenti qui sopra. Poi vabé siamo in un sito dove si regalano 10 alla peggio spazzatura giapponese e poi si spara a zero se un film americano-cattivo-puzzolente-buu prende il massimo in una recensione scritta benissimo e che dimostra una certa cultura a riguardo, dato che cita più volte i Classici. Chiediamoci chi sono i veri fanboy.
Ah, Frozen non l'ho ancora visto.
Una recensione che riesce perfettamente a bilanciare l'aspetto del giudizio tecnico e di quello dato "col cuore" (che è importante, per non far sembrare la recensione una fredda e noiosa lista della spesa o pagina di Wikipedia) e che risulta davvero piacevole da leggere.
Quanto al voto, ognuno ha le sue percezioni e vede nelle cose che legge/guarda/gioca/ascolta un po' di sé. Nulla di male, quindi, se Frozen ha colpito così tanto il recensore al punto da spingerlo a dargli il voto massimo. L'ho fatto anch'io l'anno scorso con Ralph Spaccatutto, film che ho adorato visceralmente e che mi ha coinvolto e fatto piangere non poco, e lo rifarei (e rifarò) con almeno un'altra mezza dozzina di film Disney, primo fra tutti il mio amatissimo Il re leone, per cui il voto 10 sarebbe pure poco, a mio avviso
Personalmente, ho trovato Frozen un bel film. Ha qualche magagna nella sceneggiatura e sì, forse ha troppe canzoni che possono dar fastidio, ma è stato un film intelligente e soprattutto epico negli scenari, nelle musiche, nei personaggi e nelle atmosfere come pochi se ne son visti, da quando si è deciso che i film animati devono essere per forza tutti in computer grafica, quindi anche solo per questo credo sia giusto premiarlo.
Per quanto riguarda la mia recensione, ringrazio per i complimenti e non aggiungo più di quanto abbia già detto, il mio scritto dice già tutto.
A Veu dico solo che la Ranger viola di Kyoryuger è già sfigata di suo, quindi possono solo attenersi all'originale se non riuscire a migliorarla
Che i primi film Disney hanno fatto la storia dell'animazione sono d'accordissimo, ma questo non vuol dire che siano perfetti.
Forse l'unico a cui potrei dare 10 è Fantasia, ma darlo a Frozen è, secondo il mio punto di vista, nettamente errato e da esaltati.
E no, non sono Anti-Disney.
se è già sfigata di suo allora nella prossima serie dei power rangers la Ranger Viola sarà sfigata alla pari di come fanno con la Ranger Gialla. Migliorarla? La Saban??? Semmai la peggiora, basta vedere come fanno con la Ranger Gialla che la mettono sempre a ruoli tappabuchi per esaltare la Ranger Rosa e questa cosa la Saban la fa dalla primissima stagione! Non oso immaginare la boiata che salterà fuori con il prossimo film al cinema dove ripescheranno tutto il razzismo della primissima stagione. A questo punto la Saban farebbe bene a tagliare tutte le scene con il trio sfigato e mette solo Ranger Rosso, Ranger Rosa e Ranger Verde/Bianco così risolve il problema visto che alla Saban i Rangers Giallo, Nero e Blu non sono mai piaciuti.
Succo del discorso è: non stupitevi di trovarvi di fronte a certe recensioni su animeclick.
Grazie dell'attenzione,
au revoir, Monsieur Poisson
Svolgimento: di "Frozen" mi sono rimaste impresse tre cose: le due protagoniste, le canzoni, la fotografia. Il resto, boh. Questo per dire che non lo considero un capolavoro ma un film discreto, che pesca a piene mani dal cosiddetto "rinascimento" Disney, design in stile anime incluso. Se avessero voluto premiare l'innovazione avrebbero dato l'Oscar a "Ralph Spaccatutto" o al "Big hero 6" in dirittura d'arrivo, invece han voluto premiare la tradizione. Come se Disney=film con principesse, infatti l'hanno prima l'hanno dato a "Brave", gnegnegnè.
Kabutomaru, occhio a dire la Disney ci arriva dopo più di 14 anni che l'approccio alla fiaba deve essere post-moderno nel 2014 e comunque sia Frozen, neanche è tale
perchè prima abbiamo avuto l'orgogliosa Pocahontas, l'ambiziosa Tiana (una che vuole acquistare il ristorante con il sudore della fronte e rifiuta la preziosa dote del principe, no, per dire), Rapunzel che prende a padellate i nemici, ecc. L'amore "da fiaba" era già stato rivoltato con tantissima auto-ironia in "Enchanted-come d'incanto" e sempre in tema live abbiamo produzioni come "one upon a time" e "maleficent" che riscrivono le LORO fiabe con maggior realismo psicologico e crudezza. Frozen è l'ultima pietra posta su un cammino di anni e anni , che ha la sola colpa di riscuotere più consenso di altri film (Una lettera per momo sarà anche un film carino, ma fra due anni non se lo ricorderà più nessuno).
Conclusione: Faccio i miei complimenti a Antoine per la recensione. Però non sono d'accordo con la maggior parte delle sue affermazioni: Frozen a me ha lasciato freddina (ah ah) e sì che sono una sentimentalona.
Perchè, si premiano i film che saranno ricordati? Ford ha vinto 4 oscar e chi cacchio se lo ricorda...nessuno. La gente si ricorda più chi non ha vinto.
Comunque sia sbagli per due motivi :
1- Momo lo straccia per regia, costruzioni dei personaggi e fotografia.
2- Momo potrà anche non ricordarselo nessuno tra 2 anni, ma oggettivamente straccia Frozen, così come una marea di altri film che avevano portato in nomination.
Comunque sia, è una novità solo per la Disney, altre case di produzione come la Dreamworks, hanno distrutto la fiaba e il ruolo della principessa da anni ed anni, oramai lo stile Disney è vecchio ed obsoleto nel 2014 e con Frozen neanche hanno innovato chissà che cosa...timidi progressi e basta.
Timidi progressi da 1,3 miliardi di incassi, chi ha avuto ragione quindi?
Shrek fu un fuoco di paglia dato che dopo il buon successo dei primi 2 capitoli, crollò a picco con dei sequel disastrosi, e la stessa Dreamworks non riesce ad uscire da un periodo poco creativo.
Segnale che non si sente il bisogno di "distruggerle" le fiabe, che esistono da centinaia di anni, semmai di rinnovarle ai nostri tempi, questo si, e come dice Kary è un processo che Disney sta portando avanti non da ieri ma da almeno 25 anni.
Si valutano ancora i film in base agli incassi e non alla qualità artistica? Non avrei alcuna difficoltà nel prendere la metà delle pellicole sopra il miliardo e smontartele a livello artistico tranquillamente.
Grazie tante che ha incassato, è un film per famiglie e senza neanche tante pretese. Una famiglia è composta da 3-4 persone, quindi il gioco è fatto, senza contare il 3D e i mercati emergenti in Asia come Cina, Corea del sud etc...
"Shrek fu un fuoco di paglia dato che dopo il buon successo dei primi 2 capitoli"
Shrek fuoco di paglia? Ha sdoganato un filone ripreso e imitato da moltissimi altri film d'animazione. Altro che fuoco di paglia...è un film d'animazione che ha avuto un'influenza decisiva e ha creato un "genere", cosa che Frozen non ha fatto.
La gente non vuole dalla Disney l'innovazione, la maggior parte degli spettatori sono convinti che la Disney sia morta dopo il 1999 (taluni pensano anche dopo il 1994) e dai film Disney non vogliono che cloni della Sirenetta e della Bella e la bestia, conformi a quanto hanno visto e amato da bambini. Frozen è arrivato dritto dritto al cuore di questo tipo di pubblico (tutti gli altri, infatti, si sono lamentati delle canzoni, perché i film più recenti non le hanno e non ci sono abituati) usando un linguaggio a metà tra il classico (la storia fiabesca e il formato musical) e il moderno (la grafica 3D).
Come giustamente detto da Kary, però, Frozen (come ogni altra cosa) è il risultato di un percorso, fatto dalla Disney e anche dalle altre case d'animazione nel corso degli anni. Certo, però, che se l'idea della Dreamworks di "svecchiare le fiabe" è quella di fare un film ricco di volgarità e di trasformare i personaggi delle fiabe in trans o personaggi citazionistici, Frozen e il suo proporre una fiaba che sapientemente coniuga classico e moderno vale molto ma molto di più. La fiaba non va distrutta (che brutto termine), ma va narrata con altri mezzi mantenendone l'essenza, gli scopi e le caratteristiche.
Non a caso, il recente Once upon a time, che riscrive completamente fiabe e racconti di ogni genere dando a personaggi classici un ruolo e un carattere completamente nuovo, poi è sempre lì a ritornare,come si confà ad ogni fiaba, classica o moderna, che si rispetti, sul bacio del vero amore, sul lieto fine e sul principe che salva la principessa... che però, stavolta, è una criminale badass che sa cavarsela anche da sola, e l'innovazione sta qua, per quanto non nasca qui né in Disney (Pocahontas, Mulan, Jasmine, Esmeralda, la stessa Belle sono tutti personaggi femminili molto forti e indipendenti, solo che a differenza di Elsa non l'hanno mai messo nero su bianco) né nell'animazione in generale (Sailor Moon è il primo esempio che mi viene in mente, ma ce ne sono tanti).
Non mi pare di aver scritto una cosa del genere, ho solo esposto quale delle strategie ha funzionato meglio.
Shrek fuoco di paglia? Ha sdoganato un filone ripreso e imitato da moltissimi altri film d'animazione.
In bene o in peggio? Se i "figli" di Shrek sono i vari Shark Tale e schifezze varie ah beh, torno a vedermi Gli Aristogatti.
Appunto, ci stiamo chiedendo come abbia potuto perdere contro Brave.
"e l'idea della Dreamworks di "svecchiare le fiabe" è quella di fare un film ricco di volgarità e di trasformare i personaggi delle fiabe in trans o personaggi citazionistici"
La Dreamworks le decostruisce efficacemente. Ricchi di volgarità...ce li siamo visti i primi due Shrek ?
"Se i "figli" di Shrek sono i vari Shark Tale e schifezze varie ah beh, torno a vedermi Gli Aristogatti."
Shark Tale che c'entra con il filone di Shrek scusa ?
"(Pocahontas, Mulan, Jasmine, Esmeralda, la stessa Belle sono tutti personaggi femminili molto forti e indipendenti"
Peccato che vivano in funzione di un ipotetico principe azzurro quasi tutte quante.
"rozen è arrivato dritto dritto al cuore di questo tipo di pubblico (tutti gli altri, infatti, si sono lamentati delle canzoni, perché i film più recenti non le hanno e non ci sono abituati) usando un linguaggio a metà tra il classico (la storia fiabesca e il formato musical) e il moderno (la grafica 3D). "
Chi se ne è lamentato è perchè ha capito che è la solita favoletta della Disney, che non si sa perchè ha successo e che viene tacciata innovazione, quando la vera innovazione in america in campo d'animazione, la fanno attualmente la Pixar e in misura minore la Dreamworks. Se di innovazione si parla è solo innovazione interna alla Disney (ma dopo 14 anni era ora...).
Frozen ha dei personaggi macchiette (tranne Elsa), dei dialoghi al limite dell'imbarazzante e delle canzoni che partono a caso (ma questo è un problema che deriva da tempo) e una regia anonima.
Film pieni di rutti, fango, sporcizia, gags cretine, personaggi troppo sopra le righe e spesso di cattivo gusto (la sorella trans di Cenerentola per fare un esempio), citazioni pop sin troppo esplicite e fuori contesto (bello creare un mondo fiabesco di fantasia dove però si citano film e canzoni di quello reale e moderno). Il suo unico merito sta nell'aver ribaltato la concezione del cattivo, che non è più visto come il malvagio da sconfiggere ma come un personaggio protagonista che può provare dei buoni sentimenti ed esser lui l'eroe per una volta, ma a pochi mesi di distanza uscì un certo Monsters, Inc. che ha affrontato questo tema con molta più sobrietà, riuscendo a narrare una storia che puntasse anche a emozionare e far riflettere, oltre che a far ridere con tormentoni cretini. Anche lo stesso Ralph, che tratta lo stesso tema, lo trovo molto più bello, ma lì non sarei oggettivo perché mi han fatto un film ambientato nel mondo dei vecchi videogiochi e io ci sguazzo
"Peccato che vivano in funzione di un ipotetico principe azzurro quasi tutte quante."
Non direi. In Mulan il protagonista maschile si può tranquillamente escludere dalla narrazione e la protagonista femminile regge tranquillamente tutto il film da sola (e mentre Elsa se la sfigheggia da sola su un ghiacciaio, Mulan salva la Cina, scusate se è poco ), mentre ad Esmeralda frega poco dell'amore e la sua love story è un contentino messo lì negli ultimi due minuti del film per alleggerirne il tono. In Aladdin, Pocahontas e La bella e la bestia la storia d'amore è più preponderante, ma le protagoniste femminili non vivono in funzione dell'amore, di cui anzi se ne fregano a più riprese (Jasmine e Pocahontas non vogliono sposarsi su imposizione, Belle invece viene osteggiata e presa in giro dagli altri cittadini perché favorisce la cultura e l'intelligenza a una vita sentimentale banale e stereotipata).
Monster inc. non ha la potenza innovativa di uno Shrek e la sua forza non risiede certo in quello, ma fondamentalmente quel film presenta 4-5 chiavi di lettura almeno, il che lo rende superiore a Shrek.
Ralph meritava di vincere lui lo scorso anno, ma si è scelto non si sa perchè di premiare la Pixar.
Stessi creatori, stesse battute "adulte" (o presunte tali), stesse gag fulminee, stesse citazioni a go-go, stesso facial capture di attori che non fanno ridere? Altrimenti dimmi tu, quale sarebbe questa grande tradizione lasciataci da Shrek e i film a cui ne attingono, che io non li vedo già più.
E comunque su Frozen "a pelle" sarei anche d'accordo sul fatto che abbia inventato ben poco. Lo stesso rapporto tra sorelle, ovunque sbandierato per inedito nel mondo Disney, era già stato trattato in Lilo e Stitch, ma dato che Lilo e Stitch è post-Rinascimento e come dice Kotaro tutti ricordano solo La Sirenetta e Jasmine allora viene tacciata come tematica nuova.
Chi Jasmine? Quella che appena vede il tappeto volante butta all'aria tutte le convinzioni per mettersi con Aladdin? Ammazza che indipendenza ferrea.
"E comunque su Frozen "a pelle" sarei anche d'accordo sul fatto che abbia inventato ben poco. Lo stesso sbandierato rapporto tra sorelle, ovunque dato per inedito nel mondo Disney, era già stato trattato in Lilo e Stitch."
Il rapporto con le sorelle è buono il problema sono i dialoghi scadenti tra loro due (a questo punto si ritorna al problema, non era meglio un musical al 100%?), comunque sia, cercare un innovazione al giorno d'oggi è sempre più difficile, ed in effetti si chiede solo che film sia ben narrato, mentre Frozen fallisce sopratutto in questo. In sostanza, il film mi ha fregato alla grande (perchè se lo demolisco in parte è perchè c'ho speso i soldi per andarlo a vedere al cinema).
Per chi voleva sapere i capolavori della Disney...premettendo che Fantasia non l'ho visto, per quanto ho visto io in 70 anni ha fatto 4 capolavori :
- Biancaneve e i Sette Nani
- Alice nel Paese delle Meraviglie
- Il Re Leone
- Tarzan
Non comprendo chi dice che i classici Disney sono tutti allo stesso livello, perchè non è vera come affermazione.
Le battute di Shrek riguardano la sporcizia e la volgarità dell'orco (personaggi che puntavano su un umorismo scatologico si eran già visti, vedi Pumbaa), il suo rapporto conflittuale con l'asino petulante (il concetto della "strana coppia" che s'è sempre visto sin dai tempi di Stanlio e Ollio, si pensi in animazione/fumetto ad Asterix e Obelix giusto per fare due nomi), citazioni varie a cose della cultura pop contemporanea (che non sono nate qua, la Disney da sempre gli ha strizzato l'occhio, un titolo su tutti Hercules) e tormentoni scemi come gli occhi pucciosi del gatto con gli stivali, che personalmente non mi hanno affatto divertito né penso abbiano innovato chissà cosa, se non appunto l'aver dato il via a una serie di film animati cretinissimi ricchi di animali in 3D, gags e tormentoni cretini (penso a Madagascar e al suo aver riportato di moda una delle canzoni più brutte della dance anni '90).
"Chi Jasmine? Quella che appena vede il tappeto volante butta all'aria tutte le convinzioni per mettersi con Aladdin? Ammazza che indipendenza ferrea."
Le sue convinzioni si riassumono nella sua frase chiave "Io non sono un trofeo da vincere", ossia l'opporsi al matrimonio combinato scelto dal padre. Una volta che si trova lei l'innamorato non vedo dove sia il problema, o vogliamo mettere al bando l'amore nei film?
E comunque è un personaggio forte che fa la sua parte opponendosi in più modi a Jafar (anche nei vari seguiti), senza dipendere da Aladdin e aspettare che venga a salvarla. Non è mica Biancaneve, gli anni '30 sono passati da un pezzo, e negli anni '90 eran già stati fatti passi da gigante sulla caratterizzazione delle protagoniste femminili, anche se in molti non se ne rendono conto perché fanno di tutta l'erba Disney un fascio.
Se mai nessuno prima l'ha fatto in quel modo e in quella portata è innovativo e comunque sia lo colloca tra le pietre miliari. Possiamo stare a discutere se Shrek è capolavoro o no (io dico no), ma che abbia innovato aprendo alla decostruzione (cosa tipica del cinema post-moderno, andare contro tutti i canoni del cinema classico e moderno) sfrenata delle fiabe è fuori discussione, poi se vogliamo negarlo...
" i film Disney più di successo degli ultimi anni mostrano come invece il pubblico preferisca film più attinenti alla tradizione"
Se stiamo a veder i gusti del pubblico allora il panorama odierno sarebbe desolante. Un sacco di capolavori non hanno avuto il successo di pubblico al botteghino, quindi non sono bei film? La tradizione punta sul sicuro (e quindi a sto punto però le storia dovrebbero essere narrate bene, cosa che ripeto con Frozen non avviene), l'innovazione ti consente di essere ricordato per sempre.
Cosa non vera per i film Disney, che vengono premiati e ricordati se e solo se sono molto attinenti alla tradizione o al trend del momento.
Altrimenti oggi la gente parlerebbe in termini entusastici o anche solo parlerebbe di film che per la Disney sono stati atipici e sperimentali come Atlantis, Lilo e Stitch, La principessa e il ranocchio o Le follie dell'imperatore, e che invece non sono mai considerati da nessuno, dimenticati da tutti (anche un po' giustamente, nel caso di Atlantis ) e molti non li hanno addirittura mai visti
I film della Disney sono troppo immaturi, palesemente per bambini/famiglie, pieni di sentimentalismo buttato lì perché alle mamme piace e pieno di canzoni (neanche tanto belle) buttate lì perché ai bambini piacciono.
Per non parlare dei protagonisti, per la maggior parte stereotipati: si, nei classici c'era il principe azzurro (più stereotipo di così...), adesso abbiamo, magari, l'anti-principe, o il tizio tutt'altro che nobile, ma... alla fine non è anche quello uno stereotipo? Molti dicono: "Ah, ma non si comporta come un principe, allora è molto originale". Secondo me non è vero: attingere da un modello prefissato è uno stereotipo, ma se si capovolge il modello senza preoccuparsi di dare al personaggio una caratterizzazione decente non si va tanto lontani dallo stereotipo che si voleva evitare.
L'eccessivo tono bambinesco, poi, lo notavo già da piccolo, tant'è che né cartoni più moderni come Shrek (si, è della Dreamworks, ma vabbé, adesso non mi viene nessun nome di cartoni moderni della Disney), né i tanto elogiati Classici Disney mi sono mai piaciuti (è appunto per il tono più "maturo" che mi sono avvicinato all'animazione giapponese).
Per carità, alcuni film d'animazione americani mi sono piaciuti, chi più chi meno, ad esempio mi è piaciuto tantissimo Dragon's Trainer, della Dreamworks, così come da piccolo ho amato (e in parte amo tutt'ora) Monster's & Co. della Dinsey/Pixar, ma, tranne queste poche eccezioni, ho sempre preferito gli anime giapponesi.
Poi, ovviamente, è tutto un discorso fatto da uno "di parte", quindi prendetelo solo come un parere personale ^^
1- Momo lo straccia per regia, costruzioni dei personaggi e fotografia.
2- Momo potrà anche non ricordarselo nessuno tra 2 anni, ma oggettivamente straccia Frozen, così come una marea di altri film che avevano portato in nomination
non se lo ricorderà nessuno perchè è un film per famiglie così ordinario e con personaggi così stereotipati (la figlia ribelle che non vuol stare in campagna, la madre che soffre in silenzio, il trio comico e... chi altro?) da risultare anonimo. Roba che a confronto Hosoda è il Robespierre dell'animazione. Su regia e fotografia siam d'accordo, ma non sono condizioni sufficienti a rendere un film "oggettivamente" memorabile. Sullo stesso piano, il design dei personaggi di Frozen, la coreografia delle canzoni e certi scenari hanno avuto un impatto maggiore sul grande pubblico e solo gli incassi e la popolarità portano a vincere gli Awards.
attualmente nei Disney store funziona così:
bambini ->MonsterU, supereroi vari, Cars/Planes
bambine -> Violetta, Frozen, dottoressa peluche
Ho amato il personaggio di Elsa così come Let it go ed un altro paio di canzoni che mi hanno ricordato quando ero giovane con i vecchi film, ma per il resto boccio quasi tutto, dai personaggi (Anna l'ho trovata di un'irritante unico, una specie di Rapulzen-2 ma senza la giustificazione dato che non ho capito perché lei non potesse uscirsene dal palazzo, velo pietoso sul "cattivo"...) alla trama, che a volte sembrava avere un andamento schizzofrenico.
E sinceramente, da parte mia c'è anche un fattore delusione perché quando ho visto la clip di Let it Go ero piena d'entusiasmo. Elsa non mi ha deluso, anche se me la immaginavo diversa, il resto sì.
Resta tuttavia un film piacevole da guardare, e capisco anche perché abbia avuto successo (anche se non innova nulla e tutti i meriti che gli vengono dati erano già stati esplorati da film precedenti, anche della disney), però tra i 'nuovi film' ho decisamente preferito il molto più tradizionale e meno particolare Tangled, come personaggi e come unità di trama (e ha anche delle canzoni notevoli pure questo film).
@Peccato che vivano in funzione di un ipotetico principe azzurro quasi tutte quante
Oddei! XD Ma anche no! Al massimo s'innamorano, che è ben diverso dal vivere in funzione di qualcuno.
Mulan ha come scopo quello di salvare la vita al padre, e allo stesso tempo si affronta la tematica (molto sentita dai ragazzini, fra l'altro) di deludere le aspettative degli altri essendo se stessi. E' il principe che va dietro a lei e si fa salvare da lei!
Esmeralda non è la protagonista, quindi la sua storia è vista dagli occhi di Quasimodo, ma il suo interesse principale è quello di proteggere la sua gente (come si vede benissimo dalle canzoni) e pure lei se la cava da sola/aiuta il suo futuro moroso.
Jasmine, di nuovo, non è la protagonista, quindi il film è ovviamente concentrato più su Alladin, ma il fulcro focale del suo personaggio è quello di poter SCEGLIERE quando e con chi sposarsi, ed è questa la sua forza, che poi contraddistingue davvero al donna forte e indipendente: scegliere di testa propria.
Belle è il simbolo della donna intellettuale, che ama leggere. Quelle che vanno dietro al principe sono le squinze bionde della locanda.
Pocahontas si innamora di Smith, ma anche qui c'è il fondamento della scelta (lei rifiuta il matrimonio con il guerriero del villaggio) e la tematica principale è l'incontro fra le due culture, che non deve essere per forza di conflitto solo perché non si conosce (non per niente la canzone centrale del film è su questo argomento). Ed è lei che infine salva lui con la forza di questo argomento.
Francamente ridurre queste figure femminili a 'tipe che vanno dietro al principe' è oltremodo riduttivo. Va bene che adesso siamo in un periodo che sembra che se un personaggio femminile ha una storia d'amore o non spacca di botte il cattivo sia un personaggio costruito male, però, ecco, non è così (e comunque Mulan è così, quindi XD).
Le canzoni comunque le ho trovate belle
Sakurasou no Pet na Kanojo invece mi è piaciuto tantissimo *_* spero vivamente che questo anime arrivi anche in Italia, sarebbe magnifico ^^
Mucche alla Riscossa ha floppato perchè giustamente è uno dei peggiori film d'animazione post-2000, da piccolino mi piaceva molto, rivedendolo 2 anni fa, mi chiedevo quando fossi stupido da piccolo per essermi fatto piacere un prodotto del genere. Però è indubbio che la Disney post-2000 abbia partorito mediocrate come Koda Fratello Orso, Chitcken Little etc...
Il pianeta del tesoro ok, molto sottovalutato, floppò perchè non aveva le canzoni stile musical.
"non se lo ricorderà nessuno perchè è un film per famiglie così ordinario e con personaggi così stereotipati "
Ancora con sta storia che non se lo ricorderà nessuno!! Allora :
1- Dimostrami che questo film non se lo ricorderà nessuno.
2- Anche se tutti lo dimenticheranno, resta il fatto che è un grande film (cioè la qualità intrinseca va giudicata), quindi questa cosa film che non si ricorderà nessuno = film discreto...non si capisce.
3- E' un film all'antitesi per famiglie e ha un ritmo che ammazzerebbe chiunque abituato ai film odierni. Di solito più un film è lento più ci sono le possibilità che sia un ottimo film (di solito, perchè ci sono eccezioni).
" (la figlia ribelle che non vuol stare in campagna, la madre che soffre in silenzio, il trio comico e... chi altro?)"
Mamma mia come lo abbiamo banalizzato.
"Su regia e fotografia siam d'accordo, ma non sono condizioni sufficienti a rendere un film "oggettivamente" memorabile."
Vallo a dire a Quarto Potere. Oppure per prendere un film Giapponese a caso Violent Cop.
Comunque perchè stiamo a parlare di Momo ?
Comunque 1.3 miliardi...di cui 200 milioni nel solo Giappone ammazza.
Complimenti ai 3 recensori.
Sul voto non posso dire altro che approvo in pieno le affermazioni di Mikymate: se un'opera (film, serie, romanzo, videogioco...) ci emoziona alla follia sono disposto anche a passare sopra ad alcuni problemi tecnici o nella trama e si prende un voto alto.
La recensione di Sakurasou no Pet na kanojo capita a fagiolo, me lo guarderò a breve ed è una serie che mi ha sempre incuriosito molto perché mi sembra che riprenda miolti degli elementi che ho apprezzato in altre serie (Love Hina, Toradora! e To LOVE-Ru): non vedo l'ora di iniziare la visione!
Comunque è un anime piacevole, che strappa più di un sorriso e fa riflettere su un mondo del lavoro che per i giovani è ancora tutto da scoprire. Ma mai e poi mai oltre un 7 tirato.
comunque a chi sopra ha detto cose come... è un sto di anime e manga.. ha ragione, ma vorrei ricordare che su sto sito ci sta gente che scrive qua e allo stesso tempo da dei giappominkia alla gente che guarda gli anime...
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.