Il colosso dell'intrattenimento streaming, Netflix, è uno dei portabandiera di questo genere di intrattenimento e, date le sue enormi potenzialità economiche, si può permettere il lusso di avere le licenze dei titoli più famosi e reinventarle/sfruttarle nel medium più adatto. Ecco quindi che l'animazione torna a farla da padrona anche con i capisaldi del cinema di intrattenimento made in USA. D'altronde non è niente di nuovo sul fronte del puro intrattenimento casalingo, infatti negli anni 80 era possibile vedere le serie animate di franchise popolarissimi come Rambo o Star Trek. Oggi si può fare ancora meglio sulla scia dei vari accordi che la grande N rossa ha stipulato con diversi e importanti studi di animazione giapponesi. Unire la qualità e l'esperienza nipponica con il prodotto popolare e di cassetta americano, anche questa non è una novità, ma riproporlo nel 2024, con un pubblico diverso e anche più esigente, può essere davvero una sfida.
Ed eccoci quindi a Terminator Zero, serie di 8 episodi disponibili sul portale streaming a pagamento dal 29 agosto, che cerca di portare nuova linfa a un franchise che, personalmente, avrei visto bene chiudere con il secondo film del 1991. Questo non perchè la storia portata inizialmente sullo schermo da James Cameron, regista che sa perfettamente come creare dei super blockbuster, non avesse potenziale, ma perchè questo poi è stato letteralmente sciupato dai successivi 4 film che, tra salti temporali, reboot e reset della storia, hanno completamente perso il bandolo della matassa. Una perdita di interesse che ha purtroppo trascinato con sè anche una serie televisiva (Terminator: The Sarah Connor Chronicles del 2008) che a me piaceva tanto e che purtroppo, dopo un iniziale successo, è finita nel dimenticatoio e cancellata.
Come rinverdire quindi i fasti di un franchise che con il primo film del 1984 e il suo seguito diretto del '91, hanno fatto la storia del cinema, portando Arnold Schwarzenegger e James Cameron nell'empireo di Hollywood e restando nell'immaginario collettivo per la musica iconica e gli effetti speciale all'avanguardia per l'epoca?
La serie animata affronta tutte queste sfide con un mix di novità, senza scordarsi però l'effetto nostalgia (su cui campa tutto questo genere di operazioni) e quanto ha reso appunto popolari queste pellicole. Per avvicinarsi al nuovo pubblico della Generazione Z prova a modernizzare l'estetica del mondo di Terminator ispirandosi a ciò che ora è più popolare sotto la bandiera a stelle e strisce, ovvero agli anime.
La storia stessa abbandona i lidi americani e, dalle familiari strade di Los Angeles, si giunge alla foschia illuminata al neon della Tokyo degli anni '90. La decisione del creatore e showrunner della serie Mattson Tomlin rivitalizza il nucleo stesso della serie anziché limitarsi a rinnovarne lo scenario. Il timone della regia è tutto giapponese, affidato all'esperto Masashi Kudo, per anni character design e a volte direttore delle animazioni per il franchise di Bleach, insieme a buona parte del lavoro di animazioni che viene affidato al rodato studio Production I.G.
"La nostra serie è leggermente diversa da qualsiasi altra cosa sia stata fatta per questo franchise, va in una direzione leggermente diversa, e quindi speriamo che i vecchi fan saranno ricettivi alle sfide che stiamo affrontando" ha detto Kudo in un'intervista all'Anime NYC di quest'anno.
Ed è vero, la serie riporta in vita Skynet e i suoi minacciosi scagnozzi metallici ma senza i personaggi che di solito associamo a questa storia, niente Connor o Reese o Sarah, niente cyborg con occhiali da sole e le fattezze rassicuranti dell'ex governatore della California. Terminator Zero infonde nuova vita al franchise rimanendo incentrato sul concetto di famiglia ma ponendo allo spettatore una riflessione piuttosto interessante: dopo tutto vale così tanto la pena di salvare l'umanità?
La serie parte insomma da un classico iper sfruttato: il salto nel tempo di una soldatessa con alcuni legami che scopriremo essere poi nel passato che deve raggiungere, ovvero il giorno prima che Skynet acquisisca consapevolezza di sé e lanci guerra all'umanità. Qui Malcolm Lee è tormentato da anni da visioni di un futuro apocalittico e ha dedicato la sua vita a prevenire Skynet e l'inevitabile giorno del giudizio. Ha creato un'IA di nome Kokoro che, come il suo significato giapponese, si divide in tre forme colorate, che rappresentano mente, corpo e spirito. Ma a differenza della missione di Skynet di distruggere l'umanità, vedendola come una minaccia per se stessa, Kokoro, che è stata creata per salvarla, sta decidendo se essere o meno l'arma salvifica per cui è sta creata.
Il cuore pulsante della narrazione diventa quindi una conversazione inquietante e lungimirante che ci riporta alla nostra stretta attualità fatta di timore e paura verso una IA sempre più preponderante nella vita di tutti i giorni. In terminator Zero è già così avanzata da potersi porre dilemmi morali e mettere sotto scacco, se solo lo volesse, un'umanità in cui trova davvero pochi spunti di effettiva e meritoria salvezza.
Questa scelta narrativa è sicuramente molto interessante ma purtroppo viene in parte sprecata da una sceneggiatura dalla scrittura piuttosto lenta, soprattutto nella prima parte, e molto americana nello svolgimento da show medio di intrattenimento. Nonostante l'assenza di Sarah o John Connor, Tomlin si accontenta di una narrazione che si svolge come un film di Terminator standard, non riuscendo a fornire una svolta inventiva a una formula prevedibile fino alla seconda metà, fallendo, a mio avviso, nel suo ambizioso traguardo di voler emulare un titolo davvero rivoluzionario come The Animatrix .
Dal punto di vista puramente estetico questo titolo rimane allineato per i toni violenti alle sue controparti cinematografiche ma esibendo uno stile visivo sorprendente, che ci riporta a godere efficacemente degli inquietanti design cibernetici di Stan Winston e Cameron, questa volta inseriti in un paesaggio cinematografico 2D. Non solo, un cenno a parte merita l'ottimo lavoro svolto sui fondali, in grado di catapultare lo spettatore negli orrori raccapriccianti del futuro comandato da SkyNet ma anche di ricreare il mondo pre cellulari e social del Giappone degli anni '90.
Un appunto negativo dal punto di vista tecnico mi è stato fatto notare da una mia amica che ha lavorato nel campo dell'animazione (Eva Villa), ovvero l'uso errato del rim. Questo effetto si concentra principalmente sul creare un sottile bordo luminoso lungo i contorni dei personaggi, aggiungendo una dimensione di profondità e separazione tra il soggetto e lo sfondo. Qui è stato usato in maniera errata, si nota, ottenendo un effetto disturbante con linee violacee che circondano i vari protagonisti come fosse un'aura. Molto probabilmente errori non corretti dal fatto che non c'è stato il tempo materiale per farlo ma che denota anche in questo caso come queste produzioni, anche se ricche di risorse, sono ancora lontane dal top dell'animazione giapponese.
La serie non ha doppiaggio in italiano.
Pro
- Le animazioni nelle scene di azione
- I fondali
- La ricerca di tematiche più profonde
- Le atmosfere tipiche dei vecchi film
Contro
- Sceneggiatura non all'altezza delle animazioni
- Alcuni errori tecnici evidenti
Concordo in pieno e poi ero innamorato della robotta
Per carità, non mi lamento delle terminatrix viste anche negli altri contesti , ma si capiva che la serie sfruttava molto meglio il concept in generale. Poi hanno chiuso bottega (senza neanche una puntata di chiusura che lasciasse meno amaro in bocca) e vieni con me se vuoi piangere.
Certi passaggi di sceneggiatura ricordano gli ultimi 2 film.
La serietv The Sarah Connor Chronicles rimane la migliore produzione di Terminator dopo i 2 di Cameron.
Salvation è buono solo su concept, quella rappresentazione del mondo delle macchine è decisamente soft rispetto a quel mondo ormai al collasso che vediamo nelle brevi scene dei 2 di Cameron
No no no no NO spe... my daemon sta chilometri sopra terminator zero.
E questo nonostante una grafica abominevole.
la robottona porta sfiga ogni volta chiudono le serie quando diventa personaggio principale
Quali? Se c'è qualcosa di simile lo voglio vedere.
Non dire Pokémon per favore.
Rabbrividisco se penso a DanDadan fatto come sono state doppiate alcune serie anime su Netflix. Magari esce un ottimo prodotto come Blu Eye Samurai ma non me sarei così sicuro
Del doppiaggio o meno non mi è importato molto, andava bene anche così, benché in effetti abbia sopreso anche me la mancanza per quel genere di prodotto.
Questa è una cosa che ovviamente si intuiva già, con tutti i casini che hanno fatto nei vari sequel e spin-off che andavano in contrasto tra loro, ma ora finalmente hanno detto che tutto quello che abbiamo visto negli altri film è successo in altre linee temporali.
Comunque la trama era abbastanza telefonata, molte cose si capivano subito.
I bordi colorati comunque sono una scelta stilistica, non un errore.
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