Il fumetto è per sua stessa natura un'arte di sottrazione e di sintesi. A differenza di quanto accade nel cinema, le vignette catturano e congelano solo pochi fotogrammi-chiave nella continuità dell’azione, ed è in questa sintesi che il fumettista mette in pratica la propria abilità narrativa. Si pensi a una striscia umoristica o alla scansione dinamica di una scena di combattimento: in questi due casi non c'è bisogno di ragionare troppo per interpretare le immagini, grazie alla capacità del fumettista di controllare e manipolare il ritmo dell’azione. Questa chiarezza compositiva viene spesso indicata come un criterio di qualità, anche se può essere vero anche il contrario. D’altro canto esiste infatti un tipo di fumetto, più affine alla letteratura, in grado di stimolare l’immaginazione del lettore fornendogli poche parole, pochi indizi figurativi, guidandolo così a colmare le lacune sia visivamente che narrativamente, a comprendere il tempo che passa tra una vignetta e l’altra, a capire i rapporti spaziali, il movimento, i suoni, le emozioni. In definitiva l’autore richiede l’apporto del lettore per spiccare un salto mentale che colleghi un'immagine all'altra, una tavola alla successiva, e questo non tanto a causa della mancanza di abilità del creatore, al contrario per un suo tentativo di raccontare una storia in modo diverso, nuovo.
Elegia in rosso di Seiichi Hayashi sembra procedere in questa direzione. Non delinea una trama ben precisa né ci svela ogni pensiero, ogni sentimento dei personaggi. Piuttosto usa l'allusione e la metafora per comunicare, lasciando che sia il lettore a trarre le conclusioni e a creare effetti narrativi ed emotivi. La scrittura ellittica forma un racconto diluito e frammentato, dalla trama flebile ed evanescente. Pubblicato per la prima volta a puntate su Garo tra il 1970 e il 1971, al termine di un decennio segnato da profonde trasformazioni politiche e culturali, Elegia in rosso è il manifesto del disagio di una generazione, un poema visivo di gusto underground, un condensato di pop art e sperimentazioni che ha aperto la strada a un’avanguardia di giovani artisti e a un nuovo modo di concepire il fumetto.
Ambientata durante la fine degli anni sessanta, la vicenda narra di una giovane coppia bohémien di Tokyo, Sachiko Yamaguchi e Ichiro Nishimoto, entrambi impiegati nel campo dell’animazione. Ichiro è insoddisfatto e vorrebbe creare un graphic novel tutto suo, mentre Sachiko lavora stancamente come intercalatrice, è coinvolta nei movimenti di sinistra e soffre le discriminazioni di una società tradizionalista e maschilista. Il loro sogno è un sereno rapporto di coppia, magari la formazione di una famiglia, ma la loro realtà quotidiana è fatta di egoismo, noia e incapacità di comunicare. Si tratta di due personaggi inquieti, malinconici, in fase di stallo di fronte alla responsabilità della crescita, sia essa professionale, sociale o morale. La loro storia d’amore, dal sapore intimista, è offuscata da una cappa di solitudine e insofferenza. Non c'è molto altro da dire sulla trama, ma va bene così perché Elegia in rosso parla di sentimenti esasperati, di umori viscerali, indaga fra le pieghe di una stagione della vita in cui si fanno i conti con le disillusioni.
A rendere interessante Elegia in rosso ci sono senz’altro gli aspetti formali, lo stile di disegno, i tagli di montaggio e l'immaginario poetico della quotidianità. Hayashi effettua molte scelte coraggiose sperimentando tecniche alternative di racconto che ancora oggi risultano attuali e innovative. Già dalle prime pagine l’autore ci offre una serie di vignette disorientanti e transizioni stridenti in cui affronta i temi che domineranno il resto della storia, puntando dritto verso il vuoto esistenziale dei protagonisti. La prima tavola è composta da una singola immagine, il busto molto contrastato di un uomo che sembra uscito da un volantino ciclostilato. Una stella brilla nel suo occhio mentre un’altra spunta fuori. Una didascalia di poche righe esprime una dichiarazione di poetica che anticipa la mancanza di unità narrativa:
Sono un uccello migratore, su una reggetta, in un sol grido la mia ombra vola. Oggi puoi trovarmi qui, domani altrove. Così è la mia vita infame, scritta di getto. La sacrifico per ogni tavola su cui lavorerò. Proprio come Okikusama, morta per niente.
Segue una scena surreale in cui Ichiro cammina al fianco di un personaggio dei cartoni animati senza testa che gli parla del suo lavoro di animatore. Non è determinante sapere se questo è un evento reale o immaginario, si potrebbe dire infatti che si tratta di una sorta di proiezione mentale di Ichiro, del furore che ribolle sotto la sua pelle di giovane arrabbiato.
L'immagine della stella è un motivo ricorrente nelle pagine del libro, forse un simbolo dei sogni irraggiungibili dei personaggi, forse un simbolo politico. La stella è sempre lontana, intoccabile, circondata dal buio, isolata come i due protagonisti. Altri motivi carichi di significati sono: i panni stesi ad asciugare (l’incombenza delle banali faccende della vita quotidiana sottolineano la definitiva caduta in terra dei sogni), i fulmini, i pali elettrici e i fiori di ciliegio, ultima icona residuo dell’arte classica giapponese che allude immancabilmente alla caducità della gioventù e della bellezza. Allo stesso modo, si nota che Sachiko e Ichiro sono sempre ritratti in modo da non poter distinguere pienamente il loro volti: di profilo, di tre quarti o di spalle all’osservatore, i loro sguardi sono sfuggenti, distanti, in una metafora visiva che accentua ulteriormente il senso di isolamento e incomunicabilità.
A tratti la lettura si fa estremamente opaca, ermetica, indecifrabile. Ci si chiede cosa stia succedendo, chi siano alcuni personaggi, come possa una pagina collegarsi a quella successiva? Il lettore viene costantemente messo alla prova ed è spesso lasciato solo a creare le proprie connessioni o semplicemente a "subire" il flusso della lettura, senza dover necessariamente individuare alcuna logica apparente. Esperimenti narrativi e tagli di montaggio sono stati un segno distintivo di registi come Godard e un esempio esplicito si trova in una sequenza di due pagine in cui le vignette di Sachiko e Ichiro sono interconnesse a riquadri contenenti un’unica frase ripetuta a cantilena come un disco rotto.
Il disegno è scabro, essenziale, semplice, e si scontra con la complessità dei messaggi, quanto mai attuali a più quarant’anni di distanza. Gli sfondi sono asciutti, spogli di qualsiasi orpello decorativo, descrivono uno spazio anonimo in cui sopravvivono pochissimi elementi ordinari: un futon, un tavolo da disegno, una stufa, oggetti di uso comune. I personaggi si inseriscono in questo quadro rarefatto con il loro contorno lineare e stilizzato. Spesso è difficile distinguerne la fisionomia e l’uso di copie fotostatiche alternate ai disegni complica ulteriormente la normale fruizione. Come fantasmi surrealisti, sovente si riducono a oscure silhouette dagli sguardi vuoti e inespressivi. Al contempo l’uso di un bianco e nero piatto e contrastato si unisce al grande senso della composizione e all’eleganza del tratto minimale. La tavola di Sachiko in ginocchio davanti allo specchio ne è un esempio evocativo. L’autore dissemina il racconto di questi quadri estemporanei ricorrenti, caratterizzati da piccole differenze a cui il lettore deve prestare molta attenzione.
Nel corso della lettura ci sono tavole che vanno anche oltre il non comune stile visivo del libro. In un’immagine particolarmente ambigua, la coppia è disegnata con un tratteggio duro e una linea più spessa del solito. La posa erotica è plastica, esprime un ardore violento in cui il groviglio dei corpi trasforma l’amplesso in una lotta selvaggia. La divagazione stilistica rafforza l’intensità emotiva della scena. Hayashi esagera di proposito il senso di pathos e lo spleen dei suoi personaggi. Un paio di volte si ripete in una sequenza quasi identica in cui, attraverso quattro vignette orizzontali, Ichiro fugge in preda alla disperazione attraverso la pagina. Queste immagini risultano eccessivamente melodrammatiche specie dopo l’ennesima ripetizione.
Le ripetizioni e le connessioni tra vignette alternate forniscono un valido esempio del concetto che il teorico del fumetto Thierry Groensteen definisce tressage (tessitura), donano alla storia nel suo complesso una liquidità narrativa che trascende dal classico andamento lineare e fanno di Elegia in rosso un autentico romanzo disegnato. Tutti questi elementi formali costringono il lettore ad osservare da vicino, a soffermarsi, a riflettere, a ritornare sulle tavole per coglierne i dettagli, a interpretare il fumetto in modo più sottile e coinvolgente per un'esperienza di lettura insolita ed emozionante.
Elegia in rosso di Seiichi Hayashi sembra procedere in questa direzione. Non delinea una trama ben precisa né ci svela ogni pensiero, ogni sentimento dei personaggi. Piuttosto usa l'allusione e la metafora per comunicare, lasciando che sia il lettore a trarre le conclusioni e a creare effetti narrativi ed emotivi. La scrittura ellittica forma un racconto diluito e frammentato, dalla trama flebile ed evanescente. Pubblicato per la prima volta a puntate su Garo tra il 1970 e il 1971, al termine di un decennio segnato da profonde trasformazioni politiche e culturali, Elegia in rosso è il manifesto del disagio di una generazione, un poema visivo di gusto underground, un condensato di pop art e sperimentazioni che ha aperto la strada a un’avanguardia di giovani artisti e a un nuovo modo di concepire il fumetto.
Ambientata durante la fine degli anni sessanta, la vicenda narra di una giovane coppia bohémien di Tokyo, Sachiko Yamaguchi e Ichiro Nishimoto, entrambi impiegati nel campo dell’animazione. Ichiro è insoddisfatto e vorrebbe creare un graphic novel tutto suo, mentre Sachiko lavora stancamente come intercalatrice, è coinvolta nei movimenti di sinistra e soffre le discriminazioni di una società tradizionalista e maschilista. Il loro sogno è un sereno rapporto di coppia, magari la formazione di una famiglia, ma la loro realtà quotidiana è fatta di egoismo, noia e incapacità di comunicare. Si tratta di due personaggi inquieti, malinconici, in fase di stallo di fronte alla responsabilità della crescita, sia essa professionale, sociale o morale. La loro storia d’amore, dal sapore intimista, è offuscata da una cappa di solitudine e insofferenza. Non c'è molto altro da dire sulla trama, ma va bene così perché Elegia in rosso parla di sentimenti esasperati, di umori viscerali, indaga fra le pieghe di una stagione della vita in cui si fanno i conti con le disillusioni.
A rendere interessante Elegia in rosso ci sono senz’altro gli aspetti formali, lo stile di disegno, i tagli di montaggio e l'immaginario poetico della quotidianità. Hayashi effettua molte scelte coraggiose sperimentando tecniche alternative di racconto che ancora oggi risultano attuali e innovative. Già dalle prime pagine l’autore ci offre una serie di vignette disorientanti e transizioni stridenti in cui affronta i temi che domineranno il resto della storia, puntando dritto verso il vuoto esistenziale dei protagonisti. La prima tavola è composta da una singola immagine, il busto molto contrastato di un uomo che sembra uscito da un volantino ciclostilato. Una stella brilla nel suo occhio mentre un’altra spunta fuori. Una didascalia di poche righe esprime una dichiarazione di poetica che anticipa la mancanza di unità narrativa:
Sono un uccello migratore, su una reggetta, in un sol grido la mia ombra vola. Oggi puoi trovarmi qui, domani altrove. Così è la mia vita infame, scritta di getto. La sacrifico per ogni tavola su cui lavorerò. Proprio come Okikusama, morta per niente.
Segue una scena surreale in cui Ichiro cammina al fianco di un personaggio dei cartoni animati senza testa che gli parla del suo lavoro di animatore. Non è determinante sapere se questo è un evento reale o immaginario, si potrebbe dire infatti che si tratta di una sorta di proiezione mentale di Ichiro, del furore che ribolle sotto la sua pelle di giovane arrabbiato.
L'immagine della stella è un motivo ricorrente nelle pagine del libro, forse un simbolo dei sogni irraggiungibili dei personaggi, forse un simbolo politico. La stella è sempre lontana, intoccabile, circondata dal buio, isolata come i due protagonisti. Altri motivi carichi di significati sono: i panni stesi ad asciugare (l’incombenza delle banali faccende della vita quotidiana sottolineano la definitiva caduta in terra dei sogni), i fulmini, i pali elettrici e i fiori di ciliegio, ultima icona residuo dell’arte classica giapponese che allude immancabilmente alla caducità della gioventù e della bellezza. Allo stesso modo, si nota che Sachiko e Ichiro sono sempre ritratti in modo da non poter distinguere pienamente il loro volti: di profilo, di tre quarti o di spalle all’osservatore, i loro sguardi sono sfuggenti, distanti, in una metafora visiva che accentua ulteriormente il senso di isolamento e incomunicabilità.
A tratti la lettura si fa estremamente opaca, ermetica, indecifrabile. Ci si chiede cosa stia succedendo, chi siano alcuni personaggi, come possa una pagina collegarsi a quella successiva? Il lettore viene costantemente messo alla prova ed è spesso lasciato solo a creare le proprie connessioni o semplicemente a "subire" il flusso della lettura, senza dover necessariamente individuare alcuna logica apparente. Esperimenti narrativi e tagli di montaggio sono stati un segno distintivo di registi come Godard e un esempio esplicito si trova in una sequenza di due pagine in cui le vignette di Sachiko e Ichiro sono interconnesse a riquadri contenenti un’unica frase ripetuta a cantilena come un disco rotto.
Il disegno è scabro, essenziale, semplice, e si scontra con la complessità dei messaggi, quanto mai attuali a più quarant’anni di distanza. Gli sfondi sono asciutti, spogli di qualsiasi orpello decorativo, descrivono uno spazio anonimo in cui sopravvivono pochissimi elementi ordinari: un futon, un tavolo da disegno, una stufa, oggetti di uso comune. I personaggi si inseriscono in questo quadro rarefatto con il loro contorno lineare e stilizzato. Spesso è difficile distinguerne la fisionomia e l’uso di copie fotostatiche alternate ai disegni complica ulteriormente la normale fruizione. Come fantasmi surrealisti, sovente si riducono a oscure silhouette dagli sguardi vuoti e inespressivi. Al contempo l’uso di un bianco e nero piatto e contrastato si unisce al grande senso della composizione e all’eleganza del tratto minimale. La tavola di Sachiko in ginocchio davanti allo specchio ne è un esempio evocativo. L’autore dissemina il racconto di questi quadri estemporanei ricorrenti, caratterizzati da piccole differenze a cui il lettore deve prestare molta attenzione.
Nel corso della lettura ci sono tavole che vanno anche oltre il non comune stile visivo del libro. In un’immagine particolarmente ambigua, la coppia è disegnata con un tratteggio duro e una linea più spessa del solito. La posa erotica è plastica, esprime un ardore violento in cui il groviglio dei corpi trasforma l’amplesso in una lotta selvaggia. La divagazione stilistica rafforza l’intensità emotiva della scena. Hayashi esagera di proposito il senso di pathos e lo spleen dei suoi personaggi. Un paio di volte si ripete in una sequenza quasi identica in cui, attraverso quattro vignette orizzontali, Ichiro fugge in preda alla disperazione attraverso la pagina. Queste immagini risultano eccessivamente melodrammatiche specie dopo l’ennesima ripetizione.
Le ripetizioni e le connessioni tra vignette alternate forniscono un valido esempio del concetto che il teorico del fumetto Thierry Groensteen definisce tressage (tessitura), donano alla storia nel suo complesso una liquidità narrativa che trascende dal classico andamento lineare e fanno di Elegia in rosso un autentico romanzo disegnato. Tutti questi elementi formali costringono il lettore ad osservare da vicino, a soffermarsi, a riflettere, a ritornare sulle tavole per coglierne i dettagli, a interpretare il fumetto in modo più sottile e coinvolgente per un'esperienza di lettura insolita ed emozionante.
Elegia in rosso (Sekishoku ereji) è pubblicato dal 2016 in Italia da Fandango Libri nella collana Coconino Gekiga, diretta da Igort. Al costo di 18,50€, il volume di medio formato si presenta in un’edizione sobria ed elegante, rilegato in brossura con copertina a colori in cartoncino ruvido, titolo giapponese con vezzoso effetto traslucido, carta di grossa grammatura e ottima qualità di stampa. Il fumetto consta di 235 pagine ed è tradotto da Vincenzo Filosa. A parte le note di copertina, si sente la mancanza di una sezione redazionale di approfondimento scientifico o anche solo di introduzione che un’opera di tale portata storica avrebbe sicuramente meritato.
Seiichi Hayashi inizia la sua carriera nel campo dell'animazione nel 1962. Ha guidato l'avanguardia artistica del fumetto giapponese con i suoi racconti intrisi di lirismo e sperimentazione. Le sue illustrazioni hanno ispirato generazioni di artisti e maestri del calibro di Hayao Miyazaki. Le sue animazioni sono state proiettate al Museum of Modern Art di New York. I suoi lavori sono stati pubblicati in Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Elegia in rosso è il suo primo libro tradotto in lingua italiana. Hayashi vive e lavora nei pressi di Tokyo.
Pro
- Linguaggio sperimentale che dialoga col cinema
- Disegni stilisticamente ricercati
- Realistico affresco generazionale
- Storia d’amore intimista
- Lettura insolita ed emozionante
Contro
- Alcuni passaggi rimangono indecifrabili
Comunque ad una rapida sfogliata, ci vedo molta Nouvelle Vague… Godard sopratutto.
Il libro avevo intenzione di leggerlo da tempo, e quando mi avanzeranno un po' di soldi lo comprerò a occhi chiusi; sono interessato soprattutto al suo rapporto con il cinema, notando come sembri influenzato pure dalla nouvelle vague giapponese - oltre che da quella francese. Per entrambi il cinema non era un mezzo narrativo, bensì espressivo: la loro produzione di quegli anni infatti era coraggiosa e artistica, dipingeva le fasce sociali più deboli dall'interno con la differenza principale che i giapponesi prediligevano una forte carica anarchica e surrealista rispetto all'approccio più documentaristico dei francesi, il tutto sempre filtrato da un'incoerenza stilistica voluta. Tutti elementi che sono curioso di vedere come - e in che quantità - si riflettano nel manga.
Il prezzo è giusto, altro che fuori scala. Non puoi vendere a poco un fumetto del genere e sopratutto del 1970.
A livello collezionistico sì, ma secondo gli ideali del '68 sulla condivisione delle idee etc. una cosa così non dovrebbe accadere.
Chiaramente immaginando che il '68 non sia stato un enorme bluff sociale (sfociato solo in più diritti individuali, ma nulla di sociale).
Non è questione di collezionismo (che brutta parola, i fumetti i leggono, mica si collezionano), ma di bacino d'utenza e questo fumetto si rivolge a pochi… per lo meno al giorno d'oggi, ma immagino che pure nel 1970 Hayashi non si proponeva di fare chissà che vendite, visto pure la rivista dove lo pubblicava.
Se vuoi leggertelo gratis, o te lo fai prestare, oppure vai alla Feltrinelli e credo che lo trovi di sicuro e ti apparti nella sala lettura.
– la qualità di stampa non è impeccabile: il tratto dell'autore, per quanto semplice, risulta leggermente sgranato, e i retini sono impastati;
– ci sono diversi refusi e alcuni balloons sono vuoti.
Insomma, a prescindere dalla qualità della storia, la cura editoriale non è all'altezza (cosa rara, per la Coconino, che peraltro continuerò a sostenere).
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