Pubblicato per la prima volta a episodi su Weekly Playboy nel 1973, Shurayukihime: Fukkatsu no Sho (edito in Italia con il titolo di Lady Snowblood: La rinascita) chiude il sipario sulle avventure di Yuki Kashima, giustiziera errabonda sulle strade del Giappone nell’era Meiji. Ideata da Kazuo Koike, la saga di Lady Snowblood si inserisce nella produzione dello sceneggiatore tra Kozure ōkami (Lupo solitario e il suo cucciolo) e I Ueo Boy, in un’ideale “trilogia della vendetta” che delinea la sua personale concezione dello shura, inteso come demone implacabile e vendicativo, ronin ombroso e solitario, dedito a un incrollabile codice etico e votato anima e corpo alla riscossa personale. Questo archetipo, che trova la sua fortuna in seno al movimento gekiga, si affianca al revival del dramma storico/cavalleresco (jidaigeki) portato in auge dalle serie tv in costume e dai manga di Sanpei Shirato. È in questo filone che fiorisce Lady Snowblood: La rinascita, racconto di bellezza e brutalità imperniato sulla figura di un’ambigua anti eroina.
Come suggerisce Paolo La Marca nella postfazione del volume, il personaggio di Yuki avrebbe una doppia matrice e si potrebbe far risalire da un lato alla figura della dokufu (donna malvagia e vendicativa), e dall’altro a quella del koroshiya (assassino), rifacendosi a una tradizione consolidata nel folklore e nella letteratura nipponica. Dunque la scrittura di Koike rielabora stilemi già collaudati per plasmare un personaggio iconico, potente e carismatico. Il compito di sublimarlo visivamente viene affidato alla prodigiosa mano di Kazuo Kamimura, mangaka e illustratore che all'epoca si era già fatto notare con un’opera dal taglio contemporaneo, Maria. È la genesi di un cult che con il tempo conquisterà un seguito sempre più folto di estimatori e ispirerà anche una trasposizione live action per la Toho.
Con un abile artificio narrativo, il prologo di Shurayukihime: Fukkatsu no Sho riprende il filo del discorso dove si era interrotto alla fine del primo ciclo di racconti. Dopo aver portato a compimento la sua vendetta ed essersi lasciata inghiottire dalle onde dell’oceano, Yuki, ormai alla deriva e priva di sensi, viene soccorsa da Kawase, un insegnate di ginnastica, grazie al quale trova ospitalità presso un collegio femminile. Qui la bianca signora intraprende un percorso di redenzione, con l’obbiettivo di insegnare alle nuove generazioni l'importanza di curare la salute del corpo e dello spirito. Ma non c’è pace per l’angelo della morte. Le sue letali abilità verranno risvegliate ancora una volta quando una milizia di ultranazionalisti, osteggiando le innovative didattiche teorizzate da Kawase e dalla sua collega Inokuchi, farà irruzione con la forza nell’istituto scolastico e il sangue tornerà a scorrere copioso...
Il background è quello tumultuoso, pieno di contraddizioni, dell’epoca Meiji. L’ambientazione è ricercata in maniera meticolosa, dalle periferie malfamate di Tokyo alle dimore più altolocate. Se il trittico iniziale rappresentava i luoghi simbolo dell’occidentalizzazione (come il Ryounkaku, l’avveniristica torre di dodici piani nel parco di Asakusa, o il mitico Rokumeikan, il sontuoso palazzo che ospitava i ricevimenti del bel mondo), il sequel prende una piega più seriosa e politicamente critica, romanzando personaggi storici, fra i quali: Genkuro Kawase e Akuri Inokuchi, due illuminati promotori della riforma scolastica; e Noe Ito, l’intellettuale anarchica che, con il suo compagno Sakae Osugi e il suo piccolo nipote, fu vittima dei soprusi del Kenpeitai nel tristemente famoso “incidente di Amakasu”. Quest’ultimo episodio è rievocato in una suggestiva scena di grande impatto, in cui il Sol Levante della bandiera nipponica si trasfigura in una lugubre metafora.
Le raffinate tavole di Kamimura impreziosiscono una sceneggiatura rigorosa e inesorabile. Mettendo da parte il registro erotico della prima serie, il disegnatore si concentra su un tono severo e dolente, con scene patetiche, cariche di tensione drammatica, alternate a sequenze cinematiche dal ritmo furibondo. Non mancano occasioni alla protagonista per sfoderare la sua sensualità come un’arma letale al pari della sua katana e non c’è capitolo in cui non si compia una più o meno eclatante carneficina.
La tecnica di disegno che si può ammirare in Lady Snowblood: La rinascita è da manuale, con lo sfoggio di quello stile peculiare che ha portato l’eco della fama di Kamimura fino ai giorni nostri e che, a dispetto degli anni, è ancora fresco e modernissimo. L’eleganza compositiva e la purezza del tratto, in netto contrasto con la durezza dei temi, si uniscono al sottile simbolismo, all’equilibrio dei chiaroscuri e alle coreografie degli scontri all’arma bianca. Nell’arco dei dieci capitoli emerge l’inventiva dell’esecutore in una sofisticata varietà di tecniche che spazia dal puntinato a diverse tipologie di tratteggio, dal dripping agli effetti eterei dell’aerografo.
Colpisce il modo in cui l’autore riesce a imprimere al contempo grazia e spietatezza al suo personaggio. Yuki non sorride mai e il suo sguardo ipnotico, carico di rancore, mette i brividi. La sua espressione glaciale e imperturbabile rimane tale anche quando è in preda al cieco furore e la sua tormentata personalità traspare dall’impeccabile studio sul character design. Di contro, la maggior parte degli uomini sono dipinti in modo grottesco, volutamente volgare, spesso deformati da un’animalesca aggressività, a sottolineare l’abiezione delle efferatezze messe in scena.
Non mi resta che consigliare la lettura di Lady Snowblood: La rinascita, in primis agli estimatori dei primi tre volumi dell’opera, che troveranno in quest’albo un degno corollario alle avventure dell'impavida Yuki; in secondo luogo ai fan della saga di Kill Bill, che qui avranno occasione di ammirare da vicino il suo prodromo; e infine a tutti i lettori curiosi che volessero avvicinarsi a un’epopea complessa, cupa e struggente, frutto della straordinaria alchimia creatasi fra due autori di classe cristallina e genuino talento.
Come suggerisce Paolo La Marca nella postfazione del volume, il personaggio di Yuki avrebbe una doppia matrice e si potrebbe far risalire da un lato alla figura della dokufu (donna malvagia e vendicativa), e dall’altro a quella del koroshiya (assassino), rifacendosi a una tradizione consolidata nel folklore e nella letteratura nipponica. Dunque la scrittura di Koike rielabora stilemi già collaudati per plasmare un personaggio iconico, potente e carismatico. Il compito di sublimarlo visivamente viene affidato alla prodigiosa mano di Kazuo Kamimura, mangaka e illustratore che all'epoca si era già fatto notare con un’opera dal taglio contemporaneo, Maria. È la genesi di un cult che con il tempo conquisterà un seguito sempre più folto di estimatori e ispirerà anche una trasposizione live action per la Toho.
Con un abile artificio narrativo, il prologo di Shurayukihime: Fukkatsu no Sho riprende il filo del discorso dove si era interrotto alla fine del primo ciclo di racconti. Dopo aver portato a compimento la sua vendetta ed essersi lasciata inghiottire dalle onde dell’oceano, Yuki, ormai alla deriva e priva di sensi, viene soccorsa da Kawase, un insegnate di ginnastica, grazie al quale trova ospitalità presso un collegio femminile. Qui la bianca signora intraprende un percorso di redenzione, con l’obbiettivo di insegnare alle nuove generazioni l'importanza di curare la salute del corpo e dello spirito. Ma non c’è pace per l’angelo della morte. Le sue letali abilità verranno risvegliate ancora una volta quando una milizia di ultranazionalisti, osteggiando le innovative didattiche teorizzate da Kawase e dalla sua collega Inokuchi, farà irruzione con la forza nell’istituto scolastico e il sangue tornerà a scorrere copioso...
Il background è quello tumultuoso, pieno di contraddizioni, dell’epoca Meiji. L’ambientazione è ricercata in maniera meticolosa, dalle periferie malfamate di Tokyo alle dimore più altolocate. Se il trittico iniziale rappresentava i luoghi simbolo dell’occidentalizzazione (come il Ryounkaku, l’avveniristica torre di dodici piani nel parco di Asakusa, o il mitico Rokumeikan, il sontuoso palazzo che ospitava i ricevimenti del bel mondo), il sequel prende una piega più seriosa e politicamente critica, romanzando personaggi storici, fra i quali: Genkuro Kawase e Akuri Inokuchi, due illuminati promotori della riforma scolastica; e Noe Ito, l’intellettuale anarchica che, con il suo compagno Sakae Osugi e il suo piccolo nipote, fu vittima dei soprusi del Kenpeitai nel tristemente famoso “incidente di Amakasu”. Quest’ultimo episodio è rievocato in una suggestiva scena di grande impatto, in cui il Sol Levante della bandiera nipponica si trasfigura in una lugubre metafora.
Le raffinate tavole di Kamimura impreziosiscono una sceneggiatura rigorosa e inesorabile. Mettendo da parte il registro erotico della prima serie, il disegnatore si concentra su un tono severo e dolente, con scene patetiche, cariche di tensione drammatica, alternate a sequenze cinematiche dal ritmo furibondo. Non mancano occasioni alla protagonista per sfoderare la sua sensualità come un’arma letale al pari della sua katana e non c’è capitolo in cui non si compia una più o meno eclatante carneficina.
La tecnica di disegno che si può ammirare in Lady Snowblood: La rinascita è da manuale, con lo sfoggio di quello stile peculiare che ha portato l’eco della fama di Kamimura fino ai giorni nostri e che, a dispetto degli anni, è ancora fresco e modernissimo. L’eleganza compositiva e la purezza del tratto, in netto contrasto con la durezza dei temi, si uniscono al sottile simbolismo, all’equilibrio dei chiaroscuri e alle coreografie degli scontri all’arma bianca. Nell’arco dei dieci capitoli emerge l’inventiva dell’esecutore in una sofisticata varietà di tecniche che spazia dal puntinato a diverse tipologie di tratteggio, dal dripping agli effetti eterei dell’aerografo.
Colpisce il modo in cui l’autore riesce a imprimere al contempo grazia e spietatezza al suo personaggio. Yuki non sorride mai e il suo sguardo ipnotico, carico di rancore, mette i brividi. La sua espressione glaciale e imperturbabile rimane tale anche quando è in preda al cieco furore e la sua tormentata personalità traspare dall’impeccabile studio sul character design. Di contro, la maggior parte degli uomini sono dipinti in modo grottesco, volutamente volgare, spesso deformati da un’animalesca aggressività, a sottolineare l’abiezione delle efferatezze messe in scena.
Non mi resta che consigliare la lettura di Lady Snowblood: La rinascita, in primis agli estimatori dei primi tre volumi dell’opera, che troveranno in quest’albo un degno corollario alle avventure dell'impavida Yuki; in secondo luogo ai fan della saga di Kill Bill, che qui avranno occasione di ammirare da vicino il suo prodromo; e infine a tutti i lettori curiosi che volessero avvicinarsi a un’epopea complessa, cupa e struggente, frutto della straordinaria alchimia creatasi fra due autori di classe cristallina e genuino talento.
La pubblicazione italiana, da parte di J-Pop Manga per la collana Hardboiled, consta di un unico volume di circa 600 pagine che si inserisce a complemento della trilogia Lady Snowbood dello stesso editore. Il libro, disponibile sul mercato al costo di 15,00€, si presenta in una veste editoriale piuttosto essenziale, con formato tascabile 12x17, rilegatura in brossura fresata e grammatura della carta con lievi trasparenze. Unico orpello la sovraccoperta a colori lucida/satinata. Da segnalare l’opera di curatela e traduzione di Paolo La Marca, professore di giapponese presso la facoltà di Lingue e Letteratura straniere dell’Università di Catania, le cui note a margine permettono di cogliere sfumature e rimandi storiografici all’epoca Meiji. In appendice un bel saggio dell’emerita prof.ssa Maria Teresa Orsi dal titolo "I favolosi anni Settanta".
Kazuo Koike nasce l’8 maggio del 1936 a Daisen, nella prefettura di Akita. Lavora come sceneggiatore presso la Saito Production, ma già dal 1970 si stacca dal gruppo per operare in completa autonomia. Nel 1972 inizia a collaborare con validi disegnatori del calibro di Seisaku Kano, Takeshi Kanda, Hiromi Yamasaki, Yu Koyama, e Satomi Koe. Durante gli anni Settanta realizza alcune delle sue opere più popolari come Kozure Okami (Il lupo solitario e il suo cucciolo), Shurayukihime (Lady Snowblood), e Goyokiba. Nel 1977 fonda la Koike Kazuo Gekiga Sonjuku, una scuola per aspiranti mangaka frequentata fra gli altri da Rumiko Takahashi, Tetsuo Hara e Takayuki Yamaguchi. Dal 2000 insegna all’università d’arte di Osaka. Nel 2004 vince il Premio Eisner alla carriera.
Kazuo Kamimura nasce il 7 marzo del 1940 a Yokosuka, cittadina della prefettura di Kanagawa. Nel 1962 si laurea in design presso l’università d’arte di Musashino e nello stesso anno viene assunto dalla Senkosha, rinomata agenzia pubblicitaria. Inizia a lavorare come illustratore, per poi fare il suo ingresso nel mondo del manga nel 1967 con Kawaiko Sayuri-chan no daraku (La degradazione della graziosa Sayuri). L’anno successivo è alle prese con Parada, la prima di una lunga serie di collaborazioni con lo sceneggiatore e amico Aku Yu. Dal 1968 inizia a realizzare opere per Weekly Manga Action e Young Comic, due tra le più popolari riviste dedicate al gekiga. Il grande successo di pubblico arriva nel 1971 con Maria e poi l’anno seguente con Shurayukihime (Lady Snowblood) e Dosei Jidai (L’età della convivenza).
Titolo | Prezzo | Casa editrice |
---|---|---|
Lady Snowblood: La rinascita | € 15.00 | JPOP |
Pro
- Disegni allo stato dell’arte
- Narrazione dal ritmo incalzante
- Personaggi profondi e carismatici
- Ambientazione storica dettagliata
- Scene d’azione dinamiche e spettacolari
- Ideologicamente impegnato
Contro
- In un paio di frangenti, le scene di nudo possono apparire forzate
Più che a questo fumetto però, sarei interessato All'Età della Convivenza che J-Pop continua a rimandare. Quello vorrei leggerlo assolutamente, visto che Storia di una Geisha mi è piaciuto un sacco.
Ho letto la prima serie, invece, molto bella e tipicamente in stile Koike (Lone Wolf and Cub è tutta un'altra cosa, ovviamente). Kamimura è stato assolutamente all'altezza, l'uomo giusto per rappresentare la spirale di morte e violenza che aveva in mente Koike.
Vorrei spezzare una lancia a favore delle molte scene erotiche presenti nel corso della storia (per Lady Snowblood): personalmente non le ho trovate superflue né gratuite (a parte, forse, un paio); il connubio Eros-morte e sesso-sangue-violenza ritorna frequentemente, come mi sembra, nella letteratura, nella mitologia, nella cinematografia ecc. In effetti, il tema mi interessa a tal punto che vorrei approfondirlo in tutti i suoi aspetti.
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