Sono rare le occasioni in cui ci si può ritrovare faccia a faccia con una colonna dell'animazione giapponese: il NipPop 2017 ce ne ha offerta una, e noi l'abbiamo voluta cogliere al volo, ecco, dunque, l'intervista a Hiroaki Inoue, ex membro di Tezuka Production e co-fondatore dello studio Gainax, ora membro dello studio A.I.C..
Intervista a Hiroaki Inoue
AnimeClick: Possiamo dire che lei ha vissuto dall'interno (non solo come addetto ai lavori ma anche come appassionato) la nascita ed evoluzione di tutta la sottocultura otaku. Ci può raccontare come è cambiata nel tempo la figura dell'otaku?
Hirohaki Inoue: La parola "otaku" ha cominciato ad essere diffusa a partire dalla metà degli anni '70 del '900, e per quanto riguarda il suo significato, soprattutto all'inizio, aveva un'accezione negativa e discriminante.
Inizialmente non era facile categorizzare in un solo gruppo ciò che poteva essere otaku. Si tendeva a generalizzare e fare di tutta l'erba un fascio; mettere insieme persone non comprese dal resto della società.
Tuttavia, a partire dalla seconda metà degli anni '80, fino agli anni '90, assistiamo a un nuovo fenomeno di otaku: la parola comincia ad essere diffusa e diventa quasi un business anche all'interno della società giapponese.
Anche le persone che inizialmente criticavano la parola "otaku", trovandola discriminante, con gli anni hanno cominciato a definirsi otaku loro stessi: salaryman, uomini d'affari, i loro capi o superiori si sono definiti tali.
Se nel periodo iniziale la parola "otaku" era riferita solo ad appassionati di anime, manga, videogiochi e in generale un tipo d'intrattenimento, negli ultimi anni si assiste a un cambiamento dell'uso della parola che si estende anche ad ambiti come gli alimentari e il collezionismo: ad esempio, un appassionato di macchine fotografiche si può autodefinire un "otaku" di macchine fotografiche.
Inoltre anche all'estero la parola si sviluppa, utilizzata in campi che differiscono ancora dal collezionismo o da passioni più maniacali: ad esempio, persone che lavorano nel campo del design e della moda, si sono autodefiniti "otaku".
Non si può dare, quindi, una definizione univoca del termine. Abbiamo diversi tipi di otaku.
AC: Lei è passato dalla Tezuka Production a quella che potremmo definire la compagnia otaku per antonomasia, la Gainax, per poi cambiare nuovamente passando all'A.I.C. Ci può raccontare similitudini e differenze tra queste tre realtà?
Inoue: Come saprete, la Tezuka Production nasce dall'esigenza di Osamu Tezuka di trasporre in formato anime i manga creati da lui; di conseguenza, credo che sia opportuno ritenerla come un'azienda individuale da questo punto di vista. E lo staff della Tezuka Production si è formato esclusivamente per esigenza del suo creatore.
Avete ragione, la Gainax si può definire la compagnia otaku per antonomasia; non nasco come un otaku di anime, come si potrebbe pensare, ma come un otaku di fantascienza sin da quando frequentavo le suole medie. Ho creato la Gainax insieme ad altre persone appassionate di fantascienza, e il punto di partenza di questa compagnia è proprio questo, anche se poi si è orientata verso anime e videogiochi.
Nasce, dunque, come un'azienda amatoriale, dalla nostra passione; o almeno così posso dire finché ci sono rimasto.
Invece, per quel che riguarda la A.I.C., posso dire che nasce negli anni '80 quando la produzione delle serie televisive era al centro della produzione degli anime, e proprio di questo si occupava.
Nasce con l'intento di proteggere l'originalità delle serie televisive, che non fossero trasposizioni di manga o romanzi, ma storie originali; anche se le aziende che producono anime, ovviamente, nascevano tradizionalmente con la creazione di serie televisive al cui interno c'erano pubblicità e altri sponsor.
La A.I.C. fu fondata per produrre direttamente OAV (prima in VHS, poi in DVD e in Blu-ray) senza creare un merchandising come quello dei gadget, che consegue la creazione di una serie.
A.I.C. È una delle poche aziende, all'interno del mondo dell'animazione giapponese, che si occupa di creare storie e trasporle in anime. E ve ne sono poche altre di aziende simili, che producono storie da zero: come ad esempio Sunrise con Gundam.
Ognuna delle tre aziende citate ha le sue caratteristiche e differenze, si può quindi dire che la Tezuka Production nasce come azienda individuale per necessità di Osamu Tezuka; la Gainax ha la particolarità di nascere come azienda amatoriale, senza professionisti al suo interno; e A.I.C. La annoveriamo tra le aziende che hanno creato storie originali.
Per quel che riguarda la mia esperienza, questi tre sono proprio i punti di forza di queste tre aziende.
AC: Lei svolge un ruolo, quello del produttore, che non sempre gli appassionati riescono ad inquadrare. Ci può spiegare in cosa consiste il lavoro del produttore di anime, quali sono le sue mansioni e i compiti e in che modo influisce sul risultato finale?
Inoue: è difficile riassumere in poche parole il ruolo di un produttore di anime, perché il suo ruolo cambia in base all'anime da produrre. Nel caso della mia ultima produzione, Tenchi Muyo, il mio ruolo è quello di raccogliere tutte le altre parti della produzione.
In altri casi (non posso però citare i titoli perché non sono ancora stati annunciati ufficialmente) mi sono occupato della raccolta dei fondi.
Altre volte ancora mi trovo a fare de consulete per il creatore dell'anime, parlare con lui sulla direzione stessa, quale sarà il suo pubblico e dare consigli come fa l'editor con un romanzo.
Quindi, per quanto io mi possa definire con una parola, "produttore", non c'è una visione precisa di questo ruolo, e altri produttori saranno sicuramente d'accordo con me.
AC: Le compagnie giapponesi sembrano sempre avere difficoltà a pubblicizzare i loro prodotti in Occidente, per menefreghismo e per una diversa cultura pubblicitaria rispetto alla nostra. In tal senso, l'intenzione di colossi come Netflix a produrre anime direttamente cosa potrebbe significare per il futuro dell'animazione giapponese?
Inoue: Mi rendo conto che può sembrare un muro, la verità è che per quanto riguarda le aziende giapponesi, queste si occupano della realizzazione di una serie fino alla sua trasmissione in Giappone. All'interno dello staff non ci sono persone che hanno contatti con l'estero, quindi anche qualora ci fosse l'intenzione da parte loro di sponsorizzare l'anime all'estero, senza contatti è molto difficile.
Probabilmente si può parlare anche di una piccola percentuale di disinteresse, ma non perché le nostre produzioni non sono interessanti, ma perché se arrivano richieste dall'estero, non arrivano da distributori, ma da produttori cinematografici o emittenti televisive che però si occupano per la maggior parte delle vendite.
AC: Nel suo curriculum vi sono serie televisive, OVA e brevi special per l'home video fino addirittura a film cinematografici di registi importanti come Katsuhiro Otomo e Satoshi Kon. Cosa cambia nel realizzare opere di tipologie così differenti?
Inoue: Per quanto mi riguarda, se devo produrre un film, una serie, un video musicale o un corto, non mi cambia molto. Quel che cambia è se mi diverto oppure no a creare quel prodotto.
Voglio lavorare con lo stesso entusiasmo che ha una persona che va a una fiera o a un parco divertimenti.
Per quanto riguarda la collaborazione con Otomo e Kon, ho deciso di lavorare con loro proprio perché mi divertivo.
Ovviamente non ho lavorato solo con loro, anche con altri registi famosi, e l'ho sempre fatto per divertimento personale. Ho diversi bei ricordi con i diversi registi con cui ho lavorato.
Intervista a Hiroaki Inoue
AnimeClick: Possiamo dire che lei ha vissuto dall'interno (non solo come addetto ai lavori ma anche come appassionato) la nascita ed evoluzione di tutta la sottocultura otaku. Ci può raccontare come è cambiata nel tempo la figura dell'otaku?
Hirohaki Inoue: La parola "otaku" ha cominciato ad essere diffusa a partire dalla metà degli anni '70 del '900, e per quanto riguarda il suo significato, soprattutto all'inizio, aveva un'accezione negativa e discriminante.
Inizialmente non era facile categorizzare in un solo gruppo ciò che poteva essere otaku. Si tendeva a generalizzare e fare di tutta l'erba un fascio; mettere insieme persone non comprese dal resto della società.
Tuttavia, a partire dalla seconda metà degli anni '80, fino agli anni '90, assistiamo a un nuovo fenomeno di otaku: la parola comincia ad essere diffusa e diventa quasi un business anche all'interno della società giapponese.
Anche le persone che inizialmente criticavano la parola "otaku", trovandola discriminante, con gli anni hanno cominciato a definirsi otaku loro stessi: salaryman, uomini d'affari, i loro capi o superiori si sono definiti tali.
Se nel periodo iniziale la parola "otaku" era riferita solo ad appassionati di anime, manga, videogiochi e in generale un tipo d'intrattenimento, negli ultimi anni si assiste a un cambiamento dell'uso della parola che si estende anche ad ambiti come gli alimentari e il collezionismo: ad esempio, un appassionato di macchine fotografiche si può autodefinire un "otaku" di macchine fotografiche.
Inoltre anche all'estero la parola si sviluppa, utilizzata in campi che differiscono ancora dal collezionismo o da passioni più maniacali: ad esempio, persone che lavorano nel campo del design e della moda, si sono autodefiniti "otaku".
Non si può dare, quindi, una definizione univoca del termine. Abbiamo diversi tipi di otaku.
AC: Lei è passato dalla Tezuka Production a quella che potremmo definire la compagnia otaku per antonomasia, la Gainax, per poi cambiare nuovamente passando all'A.I.C. Ci può raccontare similitudini e differenze tra queste tre realtà?
Inoue: Come saprete, la Tezuka Production nasce dall'esigenza di Osamu Tezuka di trasporre in formato anime i manga creati da lui; di conseguenza, credo che sia opportuno ritenerla come un'azienda individuale da questo punto di vista. E lo staff della Tezuka Production si è formato esclusivamente per esigenza del suo creatore.
Avete ragione, la Gainax si può definire la compagnia otaku per antonomasia; non nasco come un otaku di anime, come si potrebbe pensare, ma come un otaku di fantascienza sin da quando frequentavo le suole medie. Ho creato la Gainax insieme ad altre persone appassionate di fantascienza, e il punto di partenza di questa compagnia è proprio questo, anche se poi si è orientata verso anime e videogiochi.
Nasce, dunque, come un'azienda amatoriale, dalla nostra passione; o almeno così posso dire finché ci sono rimasto.
Invece, per quel che riguarda la A.I.C., posso dire che nasce negli anni '80 quando la produzione delle serie televisive era al centro della produzione degli anime, e proprio di questo si occupava.
Nasce con l'intento di proteggere l'originalità delle serie televisive, che non fossero trasposizioni di manga o romanzi, ma storie originali; anche se le aziende che producono anime, ovviamente, nascevano tradizionalmente con la creazione di serie televisive al cui interno c'erano pubblicità e altri sponsor.
La A.I.C. fu fondata per produrre direttamente OAV (prima in VHS, poi in DVD e in Blu-ray) senza creare un merchandising come quello dei gadget, che consegue la creazione di una serie.
A.I.C. È una delle poche aziende, all'interno del mondo dell'animazione giapponese, che si occupa di creare storie e trasporle in anime. E ve ne sono poche altre di aziende simili, che producono storie da zero: come ad esempio Sunrise con Gundam.
Ognuna delle tre aziende citate ha le sue caratteristiche e differenze, si può quindi dire che la Tezuka Production nasce come azienda individuale per necessità di Osamu Tezuka; la Gainax ha la particolarità di nascere come azienda amatoriale, senza professionisti al suo interno; e A.I.C. La annoveriamo tra le aziende che hanno creato storie originali.
Per quel che riguarda la mia esperienza, questi tre sono proprio i punti di forza di queste tre aziende.
AC: Lei svolge un ruolo, quello del produttore, che non sempre gli appassionati riescono ad inquadrare. Ci può spiegare in cosa consiste il lavoro del produttore di anime, quali sono le sue mansioni e i compiti e in che modo influisce sul risultato finale?
Inoue: è difficile riassumere in poche parole il ruolo di un produttore di anime, perché il suo ruolo cambia in base all'anime da produrre. Nel caso della mia ultima produzione, Tenchi Muyo, il mio ruolo è quello di raccogliere tutte le altre parti della produzione.
In altri casi (non posso però citare i titoli perché non sono ancora stati annunciati ufficialmente) mi sono occupato della raccolta dei fondi.
Altre volte ancora mi trovo a fare de consulete per il creatore dell'anime, parlare con lui sulla direzione stessa, quale sarà il suo pubblico e dare consigli come fa l'editor con un romanzo.
Quindi, per quanto io mi possa definire con una parola, "produttore", non c'è una visione precisa di questo ruolo, e altri produttori saranno sicuramente d'accordo con me.
AC: Le compagnie giapponesi sembrano sempre avere difficoltà a pubblicizzare i loro prodotti in Occidente, per menefreghismo e per una diversa cultura pubblicitaria rispetto alla nostra. In tal senso, l'intenzione di colossi come Netflix a produrre anime direttamente cosa potrebbe significare per il futuro dell'animazione giapponese?
Inoue: Mi rendo conto che può sembrare un muro, la verità è che per quanto riguarda le aziende giapponesi, queste si occupano della realizzazione di una serie fino alla sua trasmissione in Giappone. All'interno dello staff non ci sono persone che hanno contatti con l'estero, quindi anche qualora ci fosse l'intenzione da parte loro di sponsorizzare l'anime all'estero, senza contatti è molto difficile.
Probabilmente si può parlare anche di una piccola percentuale di disinteresse, ma non perché le nostre produzioni non sono interessanti, ma perché se arrivano richieste dall'estero, non arrivano da distributori, ma da produttori cinematografici o emittenti televisive che però si occupano per la maggior parte delle vendite.
AC: Nel suo curriculum vi sono serie televisive, OVA e brevi special per l'home video fino addirittura a film cinematografici di registi importanti come Katsuhiro Otomo e Satoshi Kon. Cosa cambia nel realizzare opere di tipologie così differenti?
Inoue: Per quanto mi riguarda, se devo produrre un film, una serie, un video musicale o un corto, non mi cambia molto. Quel che cambia è se mi diverto oppure no a creare quel prodotto.
Voglio lavorare con lo stesso entusiasmo che ha una persona che va a una fiera o a un parco divertimenti.
Per quanto riguarda la collaborazione con Otomo e Kon, ho deciso di lavorare con loro proprio perché mi divertivo.
Ovviamente non ho lavorato solo con loro, anche con altri registi famosi, e l'ho sempre fatto per divertimento personale. Ho diversi bei ricordi con i diversi registi con cui ho lavorato.
È bello sentire che si sia dedicato a certi progetti perché innanzitutto lo divertissero, specialmente se viene detto da un produttore. Oggigiorno saranno pochi i produttori che non pensino esclusivamente in prospettiva di un guadagno.
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