Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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"Sarusuberi: Miss Hokusai" è un film anime uscito nella primavera del 2015, che, visto su consiglio di alcuni amici, si è scoperto essere un'opera molto suggestiva, ambientata negli anni intorno al 1830 nell'antica Tokyo dell'era Edo. L'anime è tratto dal manga del 1983 di Hinako Sugiura, saggista ed esperta di usi e costumi dell'epoca Edo oltre che mangaka.
Il film animato vede alla regia Keiichi Hara e ha vinto diversi riconoscimenti, ponendosi come una delle produzioni di punta dell'animazione giapponese. Dello stesso regista ho visto anche "Colorful", film anime del 2010 di cui ho avuto modo di apprezzare sia la trama sia lo stile narrativo e registico: Hara si è dimostrato nuovamente molto bravo e abile a rendere i dialoghi e i momenti di silenzio e interazione tra i personaggi.
E il soggetto narrato in "Miss Hokusai" si presta bene al suo stile: il film narra una parte della vita di Ô-Ei, figlia di secondo letto del pittore Katsushika Hokusai durante il periodo degli anni '30 del secolo XIX, e ne esce un quadro di una donna dal grande talento artistico ma anche dal grande spirito autonomo e dalla personalità forte e indipendente.
Grazie all'anime mi sono documentato un pochino sulla vita di Ô-Ei e ho avuto modo di scoprire che ha collaborato con il padre, producendo diverse opere che poi sono state diffuse sotto il nome del genitore.
Della vita di Ô-Ei non sono riuscito ad ottenere molte informazioni. Dovrebbe essere nata quando Hokusai (1760-1849) aveva trentasette anni e altri figli, tra i quali la pittrice Otetsu, morta in giovane età. Lei ha comunque rappresentato la vera erede artistica del pittore.
Ô-Ei si sposò con un mercante, Minamizawa Tomei, e studiò arte presso il pittore Tsutsumi Torin. Ma dopo poco tempo divorziò dal marito. E così tornò a vivere con il padre Hokusai, collaborando con lui nella sua arte, e iniziò a produrre anche opere proprie. E, mutatis mutandis, il film animato sembrerebbe proprio documentare questa fase della sua vita, ma, data la giovane età del personaggio del film, si potrebbe anche ipotizzare che il film consideri la Ô-Ei prima del matrimonio.
In ogni caso, dopo il divorzio, Ô-Ei visse con il padre e lo accudì nella sua vecchiaia fino alla sua morte.
Sembra che Ô-Ei condividesse con Hokusai una vita quotidiana alquanto disordinata, dove l’interesse per l'arte escludesse ogni altra preoccupazione per la vita di tutti i giorni; pertanto, piuttosto che provvedere anche alla pulizia e manutenzione dell’abitazione, Ô-Ei e Hokusai erano soliti trasferirsi periodicamente di casa, dedicandosi completamente al loro lavoro.
Tale circostanza appare anche nel film, dove si vede che vivono in una casa disordinata e piena di fogli e bozzetti di scarto dei loro disegni, lasciando lo spettatore un po' perplesso su come vivessero e sullo spreco di una risorsa che credo al tempo non fosse proprio alla portata di tutti...
Entrambi gli artisti seguivano lo stile ukiyo-e, ossia della "pittura della vita che passa, del mondo fluttuante" che si diffuse tra il XVII e la fine del XIX secolo, e aprì il Giappone agli influssi occidentali, ma di questo stile e delle loro opere c'è solo un accenno in un breve passaggio un po' metaforico del film, di quella che è l'opera più famosa di Hokusai, l' "Onda di Kanagawa". Era una forma d'arte meno solenne di quella in voga all'epoca, che era più elitaria, trattando scene di vita quotidiana con soggetti più comuni.
Ô-Ei ha prodotto molte opere sia a sua firma sia per il padre, a soggetto di creature mitologiche e ritratti di donne, con uno stile più dinamico rispetto a quello tradizionale giapponese, con forme stilizzate e colori uniformi. Dopo la morte del padre Ô-Ei visse la sua vecchiaia in solitudine in un quartiere di Edo (Tokyo), guadagnandosi da vivere vendendo i suoi quadri. Si ipotizza che il suo decesso sia databile nel 1866.
La storia di Ô-Ei è stata ripresa da Hinako Sugiura che, tra il 1983 e il 1987, l'ha trasposta nel manga "Sarusuberi" ("Mirto crespo"), in cui Ô-Ei viene descritta come uno spirito libero e creativo, che vive all'ombra della celebrità del padre.
Da ultimo, nel 2015, abbiamo il film in recensione, in cui il personaggio viene raccontato come una donna giovane e a suo modo affascinante: riservata ma anche disinvolta nel lavoro, molto affettuosa nei confronti della sorellina quanto insofferente alle convenzioni sociali e all'ingombrante padre.
In questa ricostruzione del regista Keiichi Hara, ispirata anche al fumetto della Sugiura, Ô-Ei sembra avere un rapporto di amore e odio nei confronti del padre, che appare un personaggio piuttosto atarassico, tanto grande come artista ma umanamente molto semplice, umile e (in apparenza...) incapace di accettare la cecità di un’altra figlia, Onao, che non va mai a trovare.
Di sicuro la visione del film va inquadrata nell'ottica della società giapponese del tempo, dei ruoli familiari e sociali e del prevalente maschilismo. Dal film emerge la personalità della pittrice anche nel suo non essere una donna "tradizionale" dedita alla famiglia e alla cura del marito, dei figli e della casa, che esterna il suo talento all'ombra del padre, vivendo un po' in modo indipendente, libero (parzialmente...) dalle convenzioni della società dell'epoca.
Ma esce anche l'immagine di una donna sensibile, molto affezionata alla sorellina "sfortunata" di cui cerca di prendersi cura, dedicandole quanto possibile del suo tempo. Proprio le scene in cui le due sorelle sono assieme, interagendo più con i gesti e i silenzi piuttosto che con i dialoghi, rappresentano il punto forte dell'anime. Tale caratteristica sembra essere un "marchio di fabbrica" del regista Keiichi Hara, avendo già visto "Colourful" del 2010: particolarmente poetiche le scene del ponte, della gita in barca e soprattutto del momento del gioco nella neve. Scene che dimostrano la grande abilità di Hara nel descrivere momenti "slice of life", rendendoli oltremodo delicati, dolci e capaci di trasmettere allo spettatore le sensazioni della protagonista nel momento in cui si compiace della felicità della sorellina.
Hara è riuscito anche a trasmettere l'essenza dello spirito "libero" di Ô-Ei: non sono casuali le scene in cui va a "sperimentare" un bordello maschile, per capire come dare un tocco di sensualità alle sue opere, essendo tacciata di non conoscere l'amore fisico perché non ancora fidanzata/sposata...
Sempre sul tema dell'originalità e indipendenza della pittrice, credo che si possano spiegare in senso metaforico anche l'opening e l'ending del film, piuttosto rockeggianti e molto in contrasto con l'ambientazione dell'opera.
Per il resto, Hara è riuscito a utilizzare l'arte e le vicende di Ô-Ei per rappresentare quel periodo storico della prima metà del XIX sec. del Giappone secondo la visione dell'arte fluttuante, utilizzando le rappresentazioni figurative tipiche di quel movimento artistico: le illustrazioni sulla natura come i fiori, gli insetti, i demoni e mostriciattoli del folklore, le illustrazioni erotiche, i ritratti femminili come quelli delle cortigiane, i paraventi, ecc.
Anche i continui richiami all'aldilà sono molto impregnati delle concezioni tipiche del periodo. E ho trovato molto suggestiva una scena particolare, che non svelo, che dimostra che comunque il maestro Hokusai era molto affezionato anche alla figlia più piccola...
"Miss Hokusai" è sicuramente una piccola e imprescindibile gemma dell'animazione giapponese: forse è un po' "episodico" e non ben amalgamato e fluido negli eventi descritti e può sembrare ad uno sguardo superficiale lento e contemplativo. Ma la sua visione è decisamente consigliata a chi ha già avuto modo di apprezzare le opere precedenti di Hara.
Il film animato vede alla regia Keiichi Hara e ha vinto diversi riconoscimenti, ponendosi come una delle produzioni di punta dell'animazione giapponese. Dello stesso regista ho visto anche "Colorful", film anime del 2010 di cui ho avuto modo di apprezzare sia la trama sia lo stile narrativo e registico: Hara si è dimostrato nuovamente molto bravo e abile a rendere i dialoghi e i momenti di silenzio e interazione tra i personaggi.
E il soggetto narrato in "Miss Hokusai" si presta bene al suo stile: il film narra una parte della vita di Ô-Ei, figlia di secondo letto del pittore Katsushika Hokusai durante il periodo degli anni '30 del secolo XIX, e ne esce un quadro di una donna dal grande talento artistico ma anche dal grande spirito autonomo e dalla personalità forte e indipendente.
Grazie all'anime mi sono documentato un pochino sulla vita di Ô-Ei e ho avuto modo di scoprire che ha collaborato con il padre, producendo diverse opere che poi sono state diffuse sotto il nome del genitore.
Della vita di Ô-Ei non sono riuscito ad ottenere molte informazioni. Dovrebbe essere nata quando Hokusai (1760-1849) aveva trentasette anni e altri figli, tra i quali la pittrice Otetsu, morta in giovane età. Lei ha comunque rappresentato la vera erede artistica del pittore.
Ô-Ei si sposò con un mercante, Minamizawa Tomei, e studiò arte presso il pittore Tsutsumi Torin. Ma dopo poco tempo divorziò dal marito. E così tornò a vivere con il padre Hokusai, collaborando con lui nella sua arte, e iniziò a produrre anche opere proprie. E, mutatis mutandis, il film animato sembrerebbe proprio documentare questa fase della sua vita, ma, data la giovane età del personaggio del film, si potrebbe anche ipotizzare che il film consideri la Ô-Ei prima del matrimonio.
In ogni caso, dopo il divorzio, Ô-Ei visse con il padre e lo accudì nella sua vecchiaia fino alla sua morte.
Sembra che Ô-Ei condividesse con Hokusai una vita quotidiana alquanto disordinata, dove l’interesse per l'arte escludesse ogni altra preoccupazione per la vita di tutti i giorni; pertanto, piuttosto che provvedere anche alla pulizia e manutenzione dell’abitazione, Ô-Ei e Hokusai erano soliti trasferirsi periodicamente di casa, dedicandosi completamente al loro lavoro.
Tale circostanza appare anche nel film, dove si vede che vivono in una casa disordinata e piena di fogli e bozzetti di scarto dei loro disegni, lasciando lo spettatore un po' perplesso su come vivessero e sullo spreco di una risorsa che credo al tempo non fosse proprio alla portata di tutti...
Entrambi gli artisti seguivano lo stile ukiyo-e, ossia della "pittura della vita che passa, del mondo fluttuante" che si diffuse tra il XVII e la fine del XIX secolo, e aprì il Giappone agli influssi occidentali, ma di questo stile e delle loro opere c'è solo un accenno in un breve passaggio un po' metaforico del film, di quella che è l'opera più famosa di Hokusai, l' "Onda di Kanagawa". Era una forma d'arte meno solenne di quella in voga all'epoca, che era più elitaria, trattando scene di vita quotidiana con soggetti più comuni.
Ô-Ei ha prodotto molte opere sia a sua firma sia per il padre, a soggetto di creature mitologiche e ritratti di donne, con uno stile più dinamico rispetto a quello tradizionale giapponese, con forme stilizzate e colori uniformi. Dopo la morte del padre Ô-Ei visse la sua vecchiaia in solitudine in un quartiere di Edo (Tokyo), guadagnandosi da vivere vendendo i suoi quadri. Si ipotizza che il suo decesso sia databile nel 1866.
La storia di Ô-Ei è stata ripresa da Hinako Sugiura che, tra il 1983 e il 1987, l'ha trasposta nel manga "Sarusuberi" ("Mirto crespo"), in cui Ô-Ei viene descritta come uno spirito libero e creativo, che vive all'ombra della celebrità del padre.
Da ultimo, nel 2015, abbiamo il film in recensione, in cui il personaggio viene raccontato come una donna giovane e a suo modo affascinante: riservata ma anche disinvolta nel lavoro, molto affettuosa nei confronti della sorellina quanto insofferente alle convenzioni sociali e all'ingombrante padre.
In questa ricostruzione del regista Keiichi Hara, ispirata anche al fumetto della Sugiura, Ô-Ei sembra avere un rapporto di amore e odio nei confronti del padre, che appare un personaggio piuttosto atarassico, tanto grande come artista ma umanamente molto semplice, umile e (in apparenza...) incapace di accettare la cecità di un’altra figlia, Onao, che non va mai a trovare.
Di sicuro la visione del film va inquadrata nell'ottica della società giapponese del tempo, dei ruoli familiari e sociali e del prevalente maschilismo. Dal film emerge la personalità della pittrice anche nel suo non essere una donna "tradizionale" dedita alla famiglia e alla cura del marito, dei figli e della casa, che esterna il suo talento all'ombra del padre, vivendo un po' in modo indipendente, libero (parzialmente...) dalle convenzioni della società dell'epoca.
Ma esce anche l'immagine di una donna sensibile, molto affezionata alla sorellina "sfortunata" di cui cerca di prendersi cura, dedicandole quanto possibile del suo tempo. Proprio le scene in cui le due sorelle sono assieme, interagendo più con i gesti e i silenzi piuttosto che con i dialoghi, rappresentano il punto forte dell'anime. Tale caratteristica sembra essere un "marchio di fabbrica" del regista Keiichi Hara, avendo già visto "Colourful" del 2010: particolarmente poetiche le scene del ponte, della gita in barca e soprattutto del momento del gioco nella neve. Scene che dimostrano la grande abilità di Hara nel descrivere momenti "slice of life", rendendoli oltremodo delicati, dolci e capaci di trasmettere allo spettatore le sensazioni della protagonista nel momento in cui si compiace della felicità della sorellina.
Hara è riuscito anche a trasmettere l'essenza dello spirito "libero" di Ô-Ei: non sono casuali le scene in cui va a "sperimentare" un bordello maschile, per capire come dare un tocco di sensualità alle sue opere, essendo tacciata di non conoscere l'amore fisico perché non ancora fidanzata/sposata...
Sempre sul tema dell'originalità e indipendenza della pittrice, credo che si possano spiegare in senso metaforico anche l'opening e l'ending del film, piuttosto rockeggianti e molto in contrasto con l'ambientazione dell'opera.
Per il resto, Hara è riuscito a utilizzare l'arte e le vicende di Ô-Ei per rappresentare quel periodo storico della prima metà del XIX sec. del Giappone secondo la visione dell'arte fluttuante, utilizzando le rappresentazioni figurative tipiche di quel movimento artistico: le illustrazioni sulla natura come i fiori, gli insetti, i demoni e mostriciattoli del folklore, le illustrazioni erotiche, i ritratti femminili come quelli delle cortigiane, i paraventi, ecc.
Anche i continui richiami all'aldilà sono molto impregnati delle concezioni tipiche del periodo. E ho trovato molto suggestiva una scena particolare, che non svelo, che dimostra che comunque il maestro Hokusai era molto affezionato anche alla figlia più piccola...
"Miss Hokusai" è sicuramente una piccola e imprescindibile gemma dell'animazione giapponese: forse è un po' "episodico" e non ben amalgamato e fluido negli eventi descritti e può sembrare ad uno sguardo superficiale lento e contemplativo. Ma la sua visione è decisamente consigliata a chi ha già avuto modo di apprezzare le opere precedenti di Hara.
Recensione di Irene Tempesta
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Difficilmente un manga lungo 49 volumi mantiene un fascino e un carisma tale da indurre il lettore a rimanere entusiasta per tutta la lunghezza della serie. Ma "Glass no Kamen", conosciuto in Italia come "Il grande sogno di Maya" ha una bellezza unica e 49 volumi sembrano essere pure pochi!
Il che è pazzesco per me, più volte mi sono sorpresa nel dirmi "questo è il miglior volume di tutta l'opera" per poi essere smentita un paio di volumi dopo. Parliamo di un'opera titanica, che ha assorbito più di 30 anni di lavoro, e merita tutti gli elogi che gli sono stati rivolti, nonostante non sia esente da difetti.
La trama parte con premesse molto semplici, ma più si prosegue più la trama si fa minuziosa, nessun personaggio è casuale, le varie trame che si intrecciano vengono portate avanti con precisione e cura del dettaglio.
Quest'opera è chiaramente stata scritta con molta dedizione, passione, al limite della maniacalità (si pensa che l'autrice, non contenta di certe scene, le riprese e le riscrisse daccapo dopo esser state pubblicate ) motivo che rende questa trama stupefacente, nonostante l'inquietante lunghezza non si avverte mai la stanchezza, a livello narrativo la qualità è sempre molto alta e il livello di coinvolgimento emotivo aumenta col proseguo dei volumi.
Nonostante sia un manga scritto dal 1976 la trama risulta attuale anche oggi ed è godibilissima da un pubblico giovane (il manga è targato shojo) ma, va precisato, anche da un pubblico adulto, io lo iniziai a 35 anni e lo trovai bellissimo, perché parla di una ragazza che si fa strada nel mondo dello spettacolo sognando di diventare una attrice con le sue forze e con non poche difficoltà.
Il manga è nato negli anni 70 dunque e la grafica è figlia di quel tempo, molto semplice, imparagonabile agli standard odierni, il tratto dell'autrice Suzue Miuchi si modifica nel tempo ma non così tanto, a me è piaciuto comunque.
Suzue Miuchi si è presa lunghi periodi per andare avanti con la trama rendendo l'opera tutt'ora in corso, questo ha generato inevitabilmente critiche, ma la sua precisione e meticolosità ha dato i suoi frutti: la trama, nonostante la sua lunghezza, non cade mai nel banale, le vicende legate alla carriera artistica di Maya sono ben bilanciate con i suoi eventi personali legati anche a una serie di personaggi interessanti e ben caratterizzati; l'introspezione psicologica dei quattro protagonisti principali è ben approfondita e vi sono numerosi colpi di scena che l'autrice posiziona ottimamente per stravolgere la trama e dare nuova linfa alla narrazione che, essendo legata soprattutto alla carriera teatrale di Maya , rischierebbe di sembrare ripetitiva.
Trama:
Maya è una ragazza molto semplice e umile, cresciuta orfana di padre in una situazione economica precaria, viveva in un piccolo ristorante cinese dove aiutava nelle consegne a domicilio la madre, anch'essa cameriera dello stesso ristorante. La madre rimproverava spesso Maya perché trascurava il lavoro assorta davanti alla tv e al cinema, dicendole che era un'incapace buona a nulla.
Goffa, impacciata, timida, non particolarmente bella, al primo sguardo Maya sembra una ragazza banale e anonima, ma quando è sul palco si trasforma.
La sua passione immensa per la recitazione la porta, dopo aver incontrato la signora Chigusa Tsukikage, a fuggire di casa per inseguire il suo grande sogno ed entrare nella compagnia Tsukikage per imparare a recitare.
Una cosa strabiliante è stata vedere la capacità di Maya, soprattutto nei primi volumi, di saper sorridere e trovare la forza di rialzarsi anche quando ha perso tutto, questo perché lei ha sempre vissuto una vita molto umile in ristrettezze economiche, sa cosa vuol dire tirar fuori la positività anche nei contesti più pesanti, rialzarsi e lottare, la sua forza e lealtà sono lodevoli e inchiodano il lettore alle pagine.
La vita di questa minuta ma spontanea e coraggiosa ragazza verrà stravolta da tanti eventi nel corso del manga. L'affascinante e carismatico presidente della Daito Art Production Masumi Hayami, di 11 anni più vecchio di lei, rimane incantato da Maya sul palco e da allora diventerà il suo ammiratore segreto e la sosterrà in ogni spettacolo mandandole delle rose scarlatte, ma non solo, l'aiuterà anche negli studi pagando le rette scolastiche, aiutandola nella preparazione di uno spettacolo, agendo sempre nell'ombra diventando importantissimo per lei... per me è stato un personaggio interessantissimo: cinico e affarista senza scrupoli sul lavoro (tratta come merce chiunque lavori nel mondo dello spettacolo), ma ricco di fragilità nel privato, il suo amore per Maya crescerà piano piano, elegante, ricco, manipolatore sul lavoro, così diverso da Maya semplice come l'acqua.
Il legame tra i due è una delle trame avvincenti di quest'opera, in bilico tra odio e amore, tra disprezzo e ammirazione.
L'opera teatrale "La Dea Scarlatta" domina tutto il manga, questo capolavoro scomparso da anni, interpretato solo da Chigusa Tsukikage (che ne detiene i diritti) e che riporterà sul palco solo alle sue condizioni, fin dal primo volume e per tutta la serie coinvolgerà e influenzerà le vite dei quattro principali protagonisti, Maya, Hayami, Tsukikage e Ayumi.
È una lettura bellissima per chi è affascinato dal teatro e dal cinema ed è curioso di sapere i vari retroscena, cosa succede dietro le quinte, come può essere l'esordio per una aspirante attrice, come bisogna calarsi in un ruolo, l'importanza di avere una maestra e figura di riferimento che ti guidi all'inizio, la sfida, la fatica, il sacrificio e l'eccitazione di interpretare molti ruoli diversi, l'obbiettivo di migliorarsi come attrice, la tensione nei provini, la passione intensa per la recitazione fino a diventare ragion di vita, le cattiverie e i colpi bassi fatti dietro le quinte dagli invidiosi, colleghi e fan di altri attori; la sana rivalità con una bella attrice coetanea, ma figlia d'arte, Ayumi Himekawa, talentuosa, ricca e generosa... queste ed altre sono le tematiche affrontate con cura dall'autrice, visibilmente appassionata del mondo del teatro e dello spettacolo, mostrando al lettore come funziona questo mondo complesso e affascinante, frutto sicuramente di un attenta ricerca sul campo.
Suzue Miuchi si era presa tutto il tempo per narrare col suo metodo, a scapito dei lettori e di una continuità nella serializzazione dell'opera; il voler dare molto spazio ai dettagli, l'essere scrupolosi e accurati a livello narrativo... la ripetitività di certe scene legate alle prove di una piéce teatrale per mostrarti cosa significhi provare con fatica una parte, ti immerge in quel mondo.
Il risultato parla da solo: "Il grande sogno di Maya" è un manga di alta qualità, e per molti aspetti sublime, opera che rispecchia la meticolosità e bravura del talento raro di Suzue Miuchi!
Vidi prima l'anime datato del 1984 in 23 episodi in 4 dvd totali (gratuitamente grazie alla biblioteca) che ripercorrono i primi 10 volumi del manga, senza troppe aspettative.
Consiglio assolutamente anche la visione della serie animata, se non si conoscere quest'opera e si cercasse un primo approccio, confermo che è fedelissima alla controparte cartacea.
L'anime dunque mi piacque più di quanto mi aspettassi e mi portò ad acquistare l'unica serie manga per ora pubblicata in italia, ciò dopo lunghi mesi di riflessioni perché - e qui devo aprire una dolorosa parentesi- la serie edita da Star Comics non solo conta ben 49 volumi, tutt'ora in corso in patria, ma è stata abbandonata ormai 10 anni fa senza mai essere portata a termine dall'autrice!
Inoltre quest'edizione ormai datata pubblicata nel 2001 è di mediocre qualità, non sono state fatte ristampe, sul mercato attualmente ha molti volumi esauriti e solo grazie al mercato dell'usato si può sperare di acquistarla completa, ma a caro prezzo!
Sarebbe cosa buona se la Star Comics ne facesse un'edizione più aggiornata, ma da un lato capisco anche il perché di questa rinuncia: perché investire soldi su una serie abbandonata da più di 10 anni dall'autrice (ormai settantenne) e che forse non vedrà mai la conclusione?
Il che mette molta tristezza perché gli ultimi volumi mostrano chiaramente che ormai siamo nell'arco narrativo finale, secondo me mancherebbero pochi volumi alla conclusione.
Ma la speranza è l'ultima a morire.
Nonostante queste premesse, il manga "La maschera di Vetro - Il grande sogno di Maya" è talmente affascinante e coinvolgente che non rimpiango assolutamente nulla e anzi!
come molti altri lettori, invito chiunque a recuperare questa lettura, scoprirete di avere davanti una bellissima perla rara!
Se cercate una lettura di qualità acquistatelo, ne vale davvero la pena!
Il che è pazzesco per me, più volte mi sono sorpresa nel dirmi "questo è il miglior volume di tutta l'opera" per poi essere smentita un paio di volumi dopo. Parliamo di un'opera titanica, che ha assorbito più di 30 anni di lavoro, e merita tutti gli elogi che gli sono stati rivolti, nonostante non sia esente da difetti.
La trama parte con premesse molto semplici, ma più si prosegue più la trama si fa minuziosa, nessun personaggio è casuale, le varie trame che si intrecciano vengono portate avanti con precisione e cura del dettaglio.
Quest'opera è chiaramente stata scritta con molta dedizione, passione, al limite della maniacalità (si pensa che l'autrice, non contenta di certe scene, le riprese e le riscrisse daccapo dopo esser state pubblicate ) motivo che rende questa trama stupefacente, nonostante l'inquietante lunghezza non si avverte mai la stanchezza, a livello narrativo la qualità è sempre molto alta e il livello di coinvolgimento emotivo aumenta col proseguo dei volumi.
Nonostante sia un manga scritto dal 1976 la trama risulta attuale anche oggi ed è godibilissima da un pubblico giovane (il manga è targato shojo) ma, va precisato, anche da un pubblico adulto, io lo iniziai a 35 anni e lo trovai bellissimo, perché parla di una ragazza che si fa strada nel mondo dello spettacolo sognando di diventare una attrice con le sue forze e con non poche difficoltà.
Il manga è nato negli anni 70 dunque e la grafica è figlia di quel tempo, molto semplice, imparagonabile agli standard odierni, il tratto dell'autrice Suzue Miuchi si modifica nel tempo ma non così tanto, a me è piaciuto comunque.
Suzue Miuchi si è presa lunghi periodi per andare avanti con la trama rendendo l'opera tutt'ora in corso, questo ha generato inevitabilmente critiche, ma la sua precisione e meticolosità ha dato i suoi frutti: la trama, nonostante la sua lunghezza, non cade mai nel banale, le vicende legate alla carriera artistica di Maya sono ben bilanciate con i suoi eventi personali legati anche a una serie di personaggi interessanti e ben caratterizzati; l'introspezione psicologica dei quattro protagonisti principali è ben approfondita e vi sono numerosi colpi di scena che l'autrice posiziona ottimamente per stravolgere la trama e dare nuova linfa alla narrazione che, essendo legata soprattutto alla carriera teatrale di Maya , rischierebbe di sembrare ripetitiva.
Trama:
Maya è una ragazza molto semplice e umile, cresciuta orfana di padre in una situazione economica precaria, viveva in un piccolo ristorante cinese dove aiutava nelle consegne a domicilio la madre, anch'essa cameriera dello stesso ristorante. La madre rimproverava spesso Maya perché trascurava il lavoro assorta davanti alla tv e al cinema, dicendole che era un'incapace buona a nulla.
Goffa, impacciata, timida, non particolarmente bella, al primo sguardo Maya sembra una ragazza banale e anonima, ma quando è sul palco si trasforma.
La sua passione immensa per la recitazione la porta, dopo aver incontrato la signora Chigusa Tsukikage, a fuggire di casa per inseguire il suo grande sogno ed entrare nella compagnia Tsukikage per imparare a recitare.
Una cosa strabiliante è stata vedere la capacità di Maya, soprattutto nei primi volumi, di saper sorridere e trovare la forza di rialzarsi anche quando ha perso tutto, questo perché lei ha sempre vissuto una vita molto umile in ristrettezze economiche, sa cosa vuol dire tirar fuori la positività anche nei contesti più pesanti, rialzarsi e lottare, la sua forza e lealtà sono lodevoli e inchiodano il lettore alle pagine.
La vita di questa minuta ma spontanea e coraggiosa ragazza verrà stravolta da tanti eventi nel corso del manga. L'affascinante e carismatico presidente della Daito Art Production Masumi Hayami, di 11 anni più vecchio di lei, rimane incantato da Maya sul palco e da allora diventerà il suo ammiratore segreto e la sosterrà in ogni spettacolo mandandole delle rose scarlatte, ma non solo, l'aiuterà anche negli studi pagando le rette scolastiche, aiutandola nella preparazione di uno spettacolo, agendo sempre nell'ombra diventando importantissimo per lei... per me è stato un personaggio interessantissimo: cinico e affarista senza scrupoli sul lavoro (tratta come merce chiunque lavori nel mondo dello spettacolo), ma ricco di fragilità nel privato, il suo amore per Maya crescerà piano piano, elegante, ricco, manipolatore sul lavoro, così diverso da Maya semplice come l'acqua.
Il legame tra i due è una delle trame avvincenti di quest'opera, in bilico tra odio e amore, tra disprezzo e ammirazione.
L'opera teatrale "La Dea Scarlatta" domina tutto il manga, questo capolavoro scomparso da anni, interpretato solo da Chigusa Tsukikage (che ne detiene i diritti) e che riporterà sul palco solo alle sue condizioni, fin dal primo volume e per tutta la serie coinvolgerà e influenzerà le vite dei quattro principali protagonisti, Maya, Hayami, Tsukikage e Ayumi.
È una lettura bellissima per chi è affascinato dal teatro e dal cinema ed è curioso di sapere i vari retroscena, cosa succede dietro le quinte, come può essere l'esordio per una aspirante attrice, come bisogna calarsi in un ruolo, l'importanza di avere una maestra e figura di riferimento che ti guidi all'inizio, la sfida, la fatica, il sacrificio e l'eccitazione di interpretare molti ruoli diversi, l'obbiettivo di migliorarsi come attrice, la tensione nei provini, la passione intensa per la recitazione fino a diventare ragion di vita, le cattiverie e i colpi bassi fatti dietro le quinte dagli invidiosi, colleghi e fan di altri attori; la sana rivalità con una bella attrice coetanea, ma figlia d'arte, Ayumi Himekawa, talentuosa, ricca e generosa... queste ed altre sono le tematiche affrontate con cura dall'autrice, visibilmente appassionata del mondo del teatro e dello spettacolo, mostrando al lettore come funziona questo mondo complesso e affascinante, frutto sicuramente di un attenta ricerca sul campo.
Suzue Miuchi si era presa tutto il tempo per narrare col suo metodo, a scapito dei lettori e di una continuità nella serializzazione dell'opera; il voler dare molto spazio ai dettagli, l'essere scrupolosi e accurati a livello narrativo... la ripetitività di certe scene legate alle prove di una piéce teatrale per mostrarti cosa significhi provare con fatica una parte, ti immerge in quel mondo.
Il risultato parla da solo: "Il grande sogno di Maya" è un manga di alta qualità, e per molti aspetti sublime, opera che rispecchia la meticolosità e bravura del talento raro di Suzue Miuchi!
Vidi prima l'anime datato del 1984 in 23 episodi in 4 dvd totali (gratuitamente grazie alla biblioteca) che ripercorrono i primi 10 volumi del manga, senza troppe aspettative.
Consiglio assolutamente anche la visione della serie animata, se non si conoscere quest'opera e si cercasse un primo approccio, confermo che è fedelissima alla controparte cartacea.
L'anime dunque mi piacque più di quanto mi aspettassi e mi portò ad acquistare l'unica serie manga per ora pubblicata in italia, ciò dopo lunghi mesi di riflessioni perché - e qui devo aprire una dolorosa parentesi- la serie edita da Star Comics non solo conta ben 49 volumi, tutt'ora in corso in patria, ma è stata abbandonata ormai 10 anni fa senza mai essere portata a termine dall'autrice!
Inoltre quest'edizione ormai datata pubblicata nel 2001 è di mediocre qualità, non sono state fatte ristampe, sul mercato attualmente ha molti volumi esauriti e solo grazie al mercato dell'usato si può sperare di acquistarla completa, ma a caro prezzo!
Sarebbe cosa buona se la Star Comics ne facesse un'edizione più aggiornata, ma da un lato capisco anche il perché di questa rinuncia: perché investire soldi su una serie abbandonata da più di 10 anni dall'autrice (ormai settantenne) e che forse non vedrà mai la conclusione?
Il che mette molta tristezza perché gli ultimi volumi mostrano chiaramente che ormai siamo nell'arco narrativo finale, secondo me mancherebbero pochi volumi alla conclusione.
Ma la speranza è l'ultima a morire.
Nonostante queste premesse, il manga "La maschera di Vetro - Il grande sogno di Maya" è talmente affascinante e coinvolgente che non rimpiango assolutamente nulla e anzi!
come molti altri lettori, invito chiunque a recuperare questa lettura, scoprirete di avere davanti una bellissima perla rara!
Se cercate una lettura di qualità acquistatelo, ne vale davvero la pena!
Julie, rosa di bosco
4.5/10
Oggi le serie anime autoconclusive di dodici o tredici episodi sono una cosa assolutamente normale; nel 1979, anno in cui "Nobara no Julie" andò in onda in Giappone, costituivano piuttosto un'eccezione.
La vicenda si apre con Julie Braun, ragazza tirolese figlia di contadini uccisi da una bomba sganciata a caso da un aereo nemico (cosa che difficilmente sarebbe potuta avvenire, in quanto l'attuale Tirolo austriaco non fu mai zona di guerra nella Prima Guerra Mondiale), che si trasferisce a Vienna, dove lo zio lavora in una vetreria. Le velleità artistiche di quest'ultimo si scontrano però con la linea che il proprietario vorrebbe dare all'azienda, improntata più al profitto immediato che alla qualità della produzione. Per gran parte delle puntate sarà proprio questo uno dei temi conduttori, assieme alle difficoltà di ambientazione di Julie nella nuova scuola e alla scoperta del talento della giovane ragazza per la musica.
La breve durata della serie non permette di farsi un'idea a tutto tondo del carattere di tutti i personaggi e delle motivazioni che li muovono. Inoltre, certe soluzioni narrative appaiono poco plausibili nella Vienna del 1919, una tra tutte il fatto che Alan, rampollo dell'alta borghesia per il quale Julie nutre un interesse sentimentale, frequenti la stessa scuola media dei ragazzi delle classi subalterne. Potrebbe essere un segnale di un'insufficiente documentazione da parte dei creatori della serie, come anche il fatto che i nomi di vari personaggi non suonino affatto come la lingua di Goethe (a partire da quello della protagonista).
Negli episodi, e specialmente nei primi, sono presenti dei brevi inserti dal vivo di taglio documentaristico, soprattutto quando si citano dei luoghi di Vienna o delle caratteristiche tipiche del Tirolo: viene da chiedersi se siano stati inseriti per finalità didattico-didascaliche (per mostrare ai giovani telespettatori giapponesi qualcosa di autenticamente austriaco) oppure solo per risparmiare disegni e animazioni.
Il comparto tecnico, in effetti, appare realizzato in economia: le fisionomie dei personaggi sembrano prese in prestito da altre serie di quel periodo (ad esempio, la maestra di scuola di Julie è una sosia della signorina Rottenmeier di "Heidi"). La colonna sonora, al contrario, rappresenta un motivo d'interesse, poiché è composta in gran parte da brani classici di autori austriaci, tra i quali spiccano diversi "Lieder" di Franz Schubert; è però straniante sentirli eseguire in giapponese, essendo rimasti in questa lingua anche nella versione italiana.
La vicenda si apre con Julie Braun, ragazza tirolese figlia di contadini uccisi da una bomba sganciata a caso da un aereo nemico (cosa che difficilmente sarebbe potuta avvenire, in quanto l'attuale Tirolo austriaco non fu mai zona di guerra nella Prima Guerra Mondiale), che si trasferisce a Vienna, dove lo zio lavora in una vetreria. Le velleità artistiche di quest'ultimo si scontrano però con la linea che il proprietario vorrebbe dare all'azienda, improntata più al profitto immediato che alla qualità della produzione. Per gran parte delle puntate sarà proprio questo uno dei temi conduttori, assieme alle difficoltà di ambientazione di Julie nella nuova scuola e alla scoperta del talento della giovane ragazza per la musica.
La breve durata della serie non permette di farsi un'idea a tutto tondo del carattere di tutti i personaggi e delle motivazioni che li muovono. Inoltre, certe soluzioni narrative appaiono poco plausibili nella Vienna del 1919, una tra tutte il fatto che Alan, rampollo dell'alta borghesia per il quale Julie nutre un interesse sentimentale, frequenti la stessa scuola media dei ragazzi delle classi subalterne. Potrebbe essere un segnale di un'insufficiente documentazione da parte dei creatori della serie, come anche il fatto che i nomi di vari personaggi non suonino affatto come la lingua di Goethe (a partire da quello della protagonista).
Negli episodi, e specialmente nei primi, sono presenti dei brevi inserti dal vivo di taglio documentaristico, soprattutto quando si citano dei luoghi di Vienna o delle caratteristiche tipiche del Tirolo: viene da chiedersi se siano stati inseriti per finalità didattico-didascaliche (per mostrare ai giovani telespettatori giapponesi qualcosa di autenticamente austriaco) oppure solo per risparmiare disegni e animazioni.
Il comparto tecnico, in effetti, appare realizzato in economia: le fisionomie dei personaggi sembrano prese in prestito da altre serie di quel periodo (ad esempio, la maestra di scuola di Julie è una sosia della signorina Rottenmeier di "Heidi"). La colonna sonora, al contrario, rappresenta un motivo d'interesse, poiché è composta in gran parte da brani classici di autori austriaci, tra i quali spiccano diversi "Lieder" di Franz Schubert; è però straniante sentirli eseguire in giapponese, essendo rimasti in questa lingua anche nella versione italiana.
Di Il grande sogno di Maya non conosco il manga ma ho visto l'anime. La prima volta che lo vidi ero troppo piccolo e non fui in grado di apprezzarlo a dovere, cosa che invece ho fatto da giovane adulto.
La storia e il comparto visuale di Miss Hokusai mi sembrano molto interessanti; proverò a recuperarlo durante le prossime festività di Natale.
Esiste anche un anime del 2008 - circa una quarantina di puntate - che porta la storia un po' più avanti, ma non la conclude ovviamente, che merita una visione.
Miss Hokusai, mi riprometto sempre di vederlo, prima o poi. L'altro titolo non lo conosco.
Julie lo vidi tanti anni fa, nel filone non uno dei migliori… diciamo che non lascia nulla…
Il grande sogno di Maya non l’avevo preso all’epoca, per quanto possa essere bello mi rifiuto di recuperarlo se la cara Miuchi non si decide a finirlo… cosa che secondo me non farà mai…
Grazie mille
Per il Grande sogno di Maya, và precisato che l'autrice Suzue Miuchi ha sempre ufficilamente dichiarato che intende completare il manga e vorrebbe davvero con il cuore consegnare il finale ai lettori il più presto possibile, parole sue. Ma c'è un impedimento che tuttora è un mistero per i lettori e lei non ha mai voluto svelarlo.
L'idea che mi sono fatta io è che , dopo 30 anni sullo stesso manga, semplicemente si è stancata di fare la mangaka e ha voluto dedicarsi a un lavoro diverso, cosa che, nei fatti è successo: lavora da 10 anni come consulente teatrale per altre opere, e anche per opere sue (ha curato "la dea scarlatta" come spettacolo teatrale e anche uno spettacolo legato a Maya scritto da lei per il teatro, e replicato più volte), inoltre ha aperto 10 anni fa (proprio quando questo manga si è interrotto) una piccola scuola di recitazione e cura la compagnia teatrale che esce da questa scuola con degli spettacoli.
Quindi ho dubbi sul fatto che voglia proseguire con il manga, anche perchè ha già una certa età e probabilmente non vuole tornare al lavoro di mangaka........ tuttavia in Giappone gli editori sono molto disponibili, sicuramente, se lei volesse, potrebbero darle un team di disegnatori che si occuperebbe della grafica lasciandole solo il compito della parte scritta della storia. L'editore giapponese che ha pubblicato Maya negli anni 70 ora è fallito, perciò il manga al momento non è sotto nessuna casa editrice giapponese..... Ripeto, lei ha sempre dichiarato ufficialmente che vuole portare a termine il manga. Vedremo in futuro.... mah! boh!
comunque, io lo consiglio davvero a chiunque.
Anch'io l'ho letto pur sapendo che non era concluso, ma per me è stata una lettura fantastica, non rimpiango nulla, anzi.
lo ripeto: è una piccola perla rara.
Sulla parte finale del tuo commento non sei l’unica a pensarla così, che la cosa più importante magari sia il viaggio che fai leggendo la storia più che il finale in se… io personalmente considero il finale un elemento molto importante, diciamo in misura uguale a:
- personaggi
- ambientazione
- svolgimento della trama
- e in caso dei manga anche disegni
Quindi un opera che so già non ha il finale la evito, quantomeno il manga che è comunque un investimento economico importante, ad esempio in questo caso parliamo sempre di 49 volumi… magari guardo l’anime perché quello è gratis, ma dando priorità ad altre serie.
Però come detto è un mio gusto personale, ci sta che altri la vedano diversamente.
Sul resto, le dichiarazione dell’autrice sul volerlo terminare, in questi casi faccio finta di niente, perché tutte le volte che ci troviamo con opere in situazioni simili, che ci siano dietro motivi seri come la salute dell’autore, hxh e nana, motivi più stupidi, Maya o bastard, o cos’è proprio inventate, X o guyver (ho preso sempre esempi a caso famosi, ci sono tanti altri titoli), si leggono sempre le stesse dichiarazioni, e personalmente mi sembrano una presa in giro.
Per me semplicemente non sanno come concludere l’opera, perché fare un finale degno non è così semplice, e più l’opera è famosa più le aspettative sono alte… altrimenti i modi per concludere ci sarebbero sempre, ad esempio come hai detto tu far realizzare ad altri i disegni occupandosi solo della storia, magari dando poi un’occhiata alle tavole prima dell’uscita per far realizzare correzioni… non dimentichiamo che i mangka più famosi spesso creano negli anni un gruppo fisso di assistenti che già si occupa di parte del lavoro, se non addirittura uno studio proprio… basta vedere gli ultimi capitoli di berserk, restando solo al lato grafico si nota una grande differenza nei capitoli realizzati dopo la morte di Miura?
Capisco benissimo il tuo punto di vista e lo condivido.
Di solito anch'io nel 95% dei casi leggo solo se un opera è conclusa.
Per Maya diciamo che mi ha fregato l'anime, che ho visto gratis...... peccato che poi col tempo il mio pensiero tornava a questa storia con curiosità .
Continuavo a pensare "chissà come procede la storia? cosa succede dopo a quel personaggio??" e questo costante pensiero mi ha indotto a compare comunque il manga dopo MESI (e dico mesi perchè guardando i prezzi che tirano per questa serie ti passa la voglia di acquistarlo) .
Quindi per me Maya è diciamo una delle poche eccezioni.
una Rarità se penso che in questo caso specifico il manga mi piace tantissimo anche se incompleto.
Perchè il finale per me è un tassello molto importante.
Diciamo che, prendendo l'esempio di Miura e Berserk, se c'è la volontà di completare un opera allora il metodo si trova. Ma ogni caso è diverso..... siamo in molti a non credere alle parole degli autori stessi se le loro opere restano ferme da anni..... è naturale.
Ho pensato anche che potrebbe essere completata da altri, dopo la sua morte, e che lei abbia lasciato direttive in merito... vedremo, certamente non leggeremo un finale a breve disegnato da lei, troppo impegnata in altre cose.
Mi ripeto, il fatto che si sia stancata non è giustificabile… togliamoci un attimo gli occhi da fan, questi autori sono diventati famosi per due motivi: in primis ovviamente per merito della loro bravura, ma anche per tutte le persone innamorate delle loro opere che li hanno supportati… e allora penso che la gente un finale a opere che hanno seguito per tanti anni, e su cui hanno anche speso denaro, se lo meritino.
O almeno che gli autori siano onesti nel dire che sono bloccati e non sanno come concludere, invece che inventare scuse, alcune assurde tipo le clamp con X, e dire che il finale ci sarà… così intanto fai uscire altre versioni e merchandise vario continuando a mungerli.
È un discorso generale il mio, non solo per i manga, pensiamo ad esempio a Martin e il trono di spade…
Giustifico parzialmente solo chi ha problemi di salute, ma anche li volendo, se il finale ce l’hai, le possibilità ci sono: far disegnare agli assistenti, scrivere un romanzo, o lasciare il finale alla serie animata ad esempio…
Un vero peccato, anche perché a mio avviso l'autrice avrebbe potuto concludere la storia molto prima, per esempio nella valle dei susini, ma poi ha aggiunto ulteriori complicazioni (evitabilissime!) che hanno allungato la storia all'inverosimile, dando spunto per una prosecuzione ancora lunga. Ma c'è un'altra cosa ancora più grave: in uno degli ultimi volumi
E poi c'è un'altra questione: qualche post più su è stata sottolineata l'originalità della storia... per molti aspetti è vero, ma il voler allungare troppo il brodo ha comportato anche una ripetitività di alcune situazioni, dato che le due rivali, Maya ed Ayumi, si trovano non una, non due, ma tre volte ad interpretare lo stesso ruolo a spettacoli alterni per stabilire chi è l'interprete migliore!!! Il primo è Take Kurabe, il secondo è Anna dei miracoli (suvvia, credo di poterlo dire, si tratta dei primi volumi, visti anche nel vecchio anime) ed il terzo... non lo dico per non spoilerare.
In ogni caso, come voce frequentemente fuori dal coro, non me la sento di giustificare troppo queste lungaggini. Stiamo parlando non di 20, ma di 50 anni con una storia che si prospetta ancora lunga, ma ci rendiamo conto? A meno che non vi siano motivi di salute (ed allora ovviamente tutto cambia) mi viene da pensare che sia solo una questione di scarsa serietà, alla faccia dei mangaka sempre pressati dagli autori, e da lettrice assidua dei 49 volumi mi sento abbastanza presa in giro (e se non avessi mai iniziato il manga non tenterei mai di recuperarlo prima dell'annuncio della fine in patria, per quanto meritevole)!
D'altra parte temo che le dichiarazioni di tempo fa, di voler creare un finale non troppo banale, abbia complicato ulteriormente la situazione, perché da un lato il 99% delle lettrici si aspettano un certo finale per due personaggi, dall'altro lei dovrà essere originale per non smentire se stessa. Il che vuol dire altre lungaggini, altre possibili incongruenze ed il rischio ancora maggiore di non vedere mai conclusa la storia. Proprio per questo io mi sono creata un mio finale, anche se non credo che piacerà molto a quel 99%!
Intendiamoci, non la giustifico affatto, anche io credo che l'autrice abbia cercato molte scuse, e onestamente la giudico poco seria e poco onesta verso i suoi lettori, che aspettano da anni un finale; a detta sua, il finale lo ha in mente da tempo, ma intanto si impegna in mille altre cose, e campa sul marketing legato alla sua opera senza concluderla mai... insomma, non mi sento di prendere sul serio le sue dichiarazioni, prendo atto di quello che potrebbe essere la realtà, che sa solo lei.
Spiace che un manga simile resti inconcluso, ma non mi faccio più illusioni; lessi i volumi circa una decina d'anni fa, mi ero da poco accostata alla storia e non conoscevo tutti i retroscena di un travaglio simile. Ho sperato per un po' che la pubblicazione potesse riprendere, ma ho capito che era inutile, così ho deciso di mettermi il cuore in pace. Al momento, Il grande sogno di Maya, è l'unica serie incompleta che conservo, - e conserverò perchè non riuscirei a staccarmene - ma ho promesso a me stessa, che non seguirò mai più una storia che non viene portata a termine, nel bene o nel male.
Concordo abbastanza col tuo ragionamento.
nel caso di Miuchi secondo me il finale non c'è!
se quello non è stato inventato, come si può come hai proposto tu, farlo disegnare agli assistenti, scrivere un romanzo o lasciare il finale alla serie animata??
qui secondo me la Miuchi ha una idea abbastanza nitida del finale, perchè avendo letto il manga si capisce che ci inoltriamo nell'arco finale ormai e ci si fa una idea come lettore su come potrebbe finire.
Ma secondo me Miuchi non riesce a completare il finale come vorrebbe, non ci riesce secondo me.
e questo porta ovviamente a escludere tutte le possibilità di completare l'opera sotto tutte le forme che tu giustamente hai proposto.
Almeno questo è un mio parere, in base alle dichiarazioni dell'autrice e ai fatti.
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