Arriva il momento, nella vita di ogni lettore, in cui si è costretti a scontrarsi contro il Mostro con la M maiuscola: il blocco del lettore. Chiamiamolo burnout, diamo la colpa alla distrazione, alla stanchezza, al poco tempo; ogni tanto, però, l’unico vero problema sembra più essere una sorta di sensazione di “indigestione” che ci spinge a prendere una pausa. Non sarà che ho visto troppi anime ultimamente? Non avrò letto troppi manga? Il medium continua a essere quello che tanto amiamo, eppure fatichiamo a trovare qualcosa che ci sembri davvero “nuovo”, davvero fresco.
Ed ecco arrivare Ken Niimura.
José María Ken Niimura del Barrio, come avrete intuito dal nome, non è 100% giapponese. Anzi, è spagnolo di nascita: madre spagnola, padre giapponese, Ken fa parte dei “figli misti” a cui nel Sol Levante ci si riferisce con il termine “hafu”. Ma l’internazionalità di Ken non si ferma qui: un Erasmus a Bruxelles, un trasferimento a Parigi, uno a Montreal e infine a Tokyo; e, come se non bastasse, la creazione di un fumetto di incredibile successo (I Kill Giants), realizzato a quattro mani insieme all’affermato sceneggiatore americano Joe Kelly.
È proprio la crescita umana e artistica di Niimura a costituire quelle che sono, in qualche modo, le fondamenta per la sua prima opera pubblicata in Giappone: Henshin, volume unico pubblicato da Shogakukan nel 2014 e giunto ora a noi grazie alla nuova collana Aiken di Bao Publishing.
Il volume, 292 pagine, raccoglie 13 racconti autoconclusivi ma legati in qualche modo da un unico tema: la trasformazione, che dà anche titolo all’opera (“henshin”, in giapponese, significa appunto "trasformazione"). Ogni racconto contiene, infatti, una trasformazione di qualche tipo, dalla più evidente a quella apparentemente insignificante, da quella semplice e leggera a quella che nasconde una critica sociale. Il tutto viene scherzosamente raffigurato tramite uno stile, grafico quanto narrativo, che è indubbiamente il punto di maggior attrattiva del fumetto stesso.
Ken Niimura, forte delle innumerevoli contaminazioni e influenze accumulate nel corso della sua vita da cittadino del mondo, crea un particolarissimo connubio fra tecnica manga, fumetto occidentale e illustrazione. Il tratto è irregolare, istintivo, a tratti perfettamente sporco; i tipici retini giapponesi lasciano spazio alle campiture piatte, ai grigi pieni. Il lettore purista potrà forse storcere il naso, ma quello a cui siamo di fronte è senza dubbio uno stile fuori dai canoni, fresco e privo dei tanti cliché stilistici a cui spesso diventiamo assuefatti senza neanche accorgercene: Henshin, al contrario, prende quanto di buono c’è nel manga e lo fa brillare proprio grazie alla sua contaminazione.
Poco da dire sui racconti in sé: con una ventina di pagine a storia, qualsiasi commento risulterebbe uno spoiler imperdonabile. Quella che troviamo è però una grande varietà: dalla comicità pura e semplice al dolceamaro, dal fantastico più assurdo alle vicende autobiografiche dell’autore; il tutto raccontato con ironia e, allo stesso tempo, in modo a tratti sorprendentemente tagliente. Alcuni racconti, prevedibilmente, funzionano meno di altri: fra tutti a spiccare sono forse Niente più bugie, un poliziesco satirico particolarmente ben riuscito, ed Escursioni estive, un racconto imprevedibile che si svela al lettore pagina dopo pagina. Un dovuto cenno va anche ai racconti autobiografici, un piccolo e divertentissimo sguardo alla vita di un autore che sa prendersi in giro con leggerezza.
Nulla da dire sull’edizione Bao: buona la carta, ben bianca ma non di un bianco accecante, e gli inchiostri che non rimangono sulle dita nonostante l’uso estensivo di neri massicci fatto dall’autore. Ottima la rilegatura, la cui costina ha retto senza fare una piega (letteralmente!) le ripetute scansioni di alcune tavole che potete ammirare qui sotto. Particolare la scelta del font principale dei balloon, quasi “condensato” come si dice in gergo, sicuramente meno “manga” è più “fumetto” rispetto a quello a cui forse siamo abituati: l’effetto di quest’ultimo, inizialmente piuttosto strano, si affievolisce man mano che si prosegue nella lettura. Il volume, con sovracoperta opaca e dettagli lucidi, è più grande del normale formato tankōbon, risultando più vicino a quello delle edizioni kanzenban.
Ed ecco arrivare Ken Niimura.
José María Ken Niimura del Barrio, come avrete intuito dal nome, non è 100% giapponese. Anzi, è spagnolo di nascita: madre spagnola, padre giapponese, Ken fa parte dei “figli misti” a cui nel Sol Levante ci si riferisce con il termine “hafu”. Ma l’internazionalità di Ken non si ferma qui: un Erasmus a Bruxelles, un trasferimento a Parigi, uno a Montreal e infine a Tokyo; e, come se non bastasse, la creazione di un fumetto di incredibile successo (I Kill Giants), realizzato a quattro mani insieme all’affermato sceneggiatore americano Joe Kelly.
È proprio la crescita umana e artistica di Niimura a costituire quelle che sono, in qualche modo, le fondamenta per la sua prima opera pubblicata in Giappone: Henshin, volume unico pubblicato da Shogakukan nel 2014 e giunto ora a noi grazie alla nuova collana Aiken di Bao Publishing.
Il volume, 292 pagine, raccoglie 13 racconti autoconclusivi ma legati in qualche modo da un unico tema: la trasformazione, che dà anche titolo all’opera (“henshin”, in giapponese, significa appunto "trasformazione"). Ogni racconto contiene, infatti, una trasformazione di qualche tipo, dalla più evidente a quella apparentemente insignificante, da quella semplice e leggera a quella che nasconde una critica sociale. Il tutto viene scherzosamente raffigurato tramite uno stile, grafico quanto narrativo, che è indubbiamente il punto di maggior attrattiva del fumetto stesso.
Ken Niimura, forte delle innumerevoli contaminazioni e influenze accumulate nel corso della sua vita da cittadino del mondo, crea un particolarissimo connubio fra tecnica manga, fumetto occidentale e illustrazione. Il tratto è irregolare, istintivo, a tratti perfettamente sporco; i tipici retini giapponesi lasciano spazio alle campiture piatte, ai grigi pieni. Il lettore purista potrà forse storcere il naso, ma quello a cui siamo di fronte è senza dubbio uno stile fuori dai canoni, fresco e privo dei tanti cliché stilistici a cui spesso diventiamo assuefatti senza neanche accorgercene: Henshin, al contrario, prende quanto di buono c’è nel manga e lo fa brillare proprio grazie alla sua contaminazione.
Poco da dire sui racconti in sé: con una ventina di pagine a storia, qualsiasi commento risulterebbe uno spoiler imperdonabile. Quella che troviamo è però una grande varietà: dalla comicità pura e semplice al dolceamaro, dal fantastico più assurdo alle vicende autobiografiche dell’autore; il tutto raccontato con ironia e, allo stesso tempo, in modo a tratti sorprendentemente tagliente. Alcuni racconti, prevedibilmente, funzionano meno di altri: fra tutti a spiccare sono forse Niente più bugie, un poliziesco satirico particolarmente ben riuscito, ed Escursioni estive, un racconto imprevedibile che si svela al lettore pagina dopo pagina. Un dovuto cenno va anche ai racconti autobiografici, un piccolo e divertentissimo sguardo alla vita di un autore che sa prendersi in giro con leggerezza.
Nulla da dire sull’edizione Bao: buona la carta, ben bianca ma non di un bianco accecante, e gli inchiostri che non rimangono sulle dita nonostante l’uso estensivo di neri massicci fatto dall’autore. Ottima la rilegatura, la cui costina ha retto senza fare una piega (letteralmente!) le ripetute scansioni di alcune tavole che potete ammirare qui sotto. Particolare la scelta del font principale dei balloon, quasi “condensato” come si dice in gergo, sicuramente meno “manga” è più “fumetto” rispetto a quello a cui forse siamo abituati: l’effetto di quest’ultimo, inizialmente piuttosto strano, si affievolisce man mano che si prosegue nella lettura. Il volume, con sovracoperta opaca e dettagli lucidi, è più grande del normale formato tankōbon, risultando più vicino a quello delle edizioni kanzenban.
Henshin è un manga “ibrido”, fresco e libero da ogni schema. La lettura prosegue spedita, abituando in fretta anche l’occhio meno allenato al particolare stile grafico di Ken Niimura; anche la narrazione, spesso incentrata su spunti tipici del manga puramente giapponese, offre però alcuni punti di vista totalmente inaspettati. Il risultato è un fumetto originale, sicuramente imperfetto, ma che nella sua vivacità ci fa riscoprire la gioia della lettura e ci lascia con un solo pensiero: “Ah, ora ho proprio voglia di leggere manga. O un fumetto occidentale. O forse tutti e due.”
Pro
- Lo stile di Niimura è una ventata d'aria fresca...
- Alcuni racconti trattano i rispettivi temi da punti di vista soprendentemente nuovi...
- L'autore si rivela molto intelligente e allo stesso tempo dotato di una spiccata autoironia
- Il gatto fantasma
Contro
- ...ma può far storcere il naso ai puristi
- ...ma altri stentano a brillare davvero
- Il filo conduttore della "trasformazione" non è sempre facilmente riconoscibile
i contenuti sembrano altrettanto intriganti
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