Le fiabe sono sempre state molto amate da tutti, non solo dai più piccoli. Sono storie che affondano le radici nella tradizione orale della vecchia Europa e rispecchiano in pieno le idee del Romanticismo: valorizzazione del patrimonio popolare, gusto per il sublime nella sua accezione più spaventosa e ineffabile, ricerca dell’elemento ancestrale e primigenio. Le prime edizioni delle fiabe, specie nella trascrizione dei fratelli Grimm (ripubblicate in versione integrale nel 2015 da Donzelli), sono crude e disturbanti, a dispetto di quelle tramandateci nelle edulcorate trasposizioni disneyane: cannibalismo, violenze e maltrattamenti di ogni genere gli conferiscono un’atmosfera degna dei migliori film horror.
Il retaggio primitivo delle fiabe continua ancora oggi ed è proprio a quel tipo di immaginario cupo che attinge Girl from the other side di Nagabe, serie in 8 volumi pubblicata da J-Pop Manga, che unisce misticismo e mistero, oscure creature e suggestivi scenari sospesi nel tempo, il tutto impreziosito da un elegante tratto grafico e da un evocativo bianco e nero da cinema espressionista.
Le parole della malinconica ballata di origine celtica “Siúil a Rún” che fa da sotto titolo al manga, confermano l’influenza occidentale della serie, rimandano alla partenza in guerra di una persona cara (si traducono grosso modo in "torna amore mio"), e fanno eco ai temi principali dell'opera di Nagabe narrando di morte e perdita dell’innocenza.
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Con questo folgorante prologo ha inizio Girl from the other side, un fumetto in cui il repertorio più misterioso e torbido della fiaba si dispiega agli occhi del lettore allo scopo non troppo velato di una seduzione immediata e irresistibile. Catturati dalle splendide illustrazioni e trascinati dalle maglie del racconto non possiamo che lasciarci trasportare nel mondo incantato di Nagabe. Un po’ come se parole e disegni fossero strumenti di precisione capaci di individuare i punti sensibili del nostro immaginario, per risvegliarne le memorie ancestrali, gli incubi sopiti e i desideri reconditi.
Una bella e una bestia, un castello e una selva oscura: poli opposti che costringono i nostri sensi a oscillare fra presenze contrastanti, disorientandoci nel gioco inevitabile dell’identificazione. Siamo chiamati alla sospensione dell’incredulità per osservare, al contempo, bosco e palazzo, orrore e candore, dentro e fuori, superficie e abisso. Diventiamo quindi lettori esploratori capaci respirare il clima di mondi contrapposti e apparentemente inconciliabili, sottolineati visivamente dal contrasto tra il bianco di Shiva e il nero del Maestro.
La contrapposizione fra bellezza e mostruosità dei protagonisti, fra le quali si stende una zona d’ombra gravida di segreti, ci offre una moderna variante sul tema de La Bella e la Bestia, dove Shiva/Bella riscatta la bruttezza del Maestro/Principe sottoponendosi con umiltà e pazienza a diverse prove che supera con successo, la più emblematica delle quali consiste proprio nel contatto fisico/bacio, con tutto il suo carico di significato sull’accettazione dell’altro, inteso come diverso da sé, e sulla necessità di abbattere i muri (reali o metaforici che siano), in nome di un sentimento universale.
Ma il confine tra luce e ombra è più sfumato e labile di quanto ci si aspetterebbe, e nel corso dei capitoli Nagabe sovverte gli schemi tipici della fiaba classica, scombinando le carte in tavola. Così il Maestro, più che un malvagio “uomo nero”, sembra incarnare un sentimento amorevole, quasi genitoriale, nel suo sforzo di educare Shiva, cercando di non mortificarne l’innocenza, e l’entrata in scena della nonna riconfigura gli archetipi del super classico Cappuccetto Rosso, qui riletto in una chiave tutta nuova, più malinconica e dark.
Il tono morale emerge dal secondo volume, quando si inizia a parlare esplicitamente di lotta tra il regno della luce e regno del buio, rappresentati dai due fronti del muro: da un lato, quello cupo e misterioso della foresta, si trovano gli esseri grotteschi, untori della maledizione oscura, guidati da una entità superiore chiamata Madre, che rimanda a un misticismo atavico, totemico e animista; dall'altro versante, la civiltà degli uomini “relegati”, inquisitori e depositari di una religiosità di ispirazione vagamente mariana. In questo insolito scenario ammantato di spiritualità l’autore fa calare un’atmosfera grave e rarefatta che ricorda certe rappresentazioni dei cosiddetti secoli bui, delle eresie e della Peste Nera.
Un fitto alone di mistero e un dolce senso di nostalgia accompagnano il lettore lungo il corso della serie. Pur mantenendo sempre alta la tensione, dosando suspense e colpi di scena, l’autore riesce a inserire momenti di giocosa tranquillità e calore familiare, nelle scene di vita domestica che punteggiano lo strano rapporto fra i due protagonisti: intermezzi leggeri e spensierati che alleviano l'atmosfera lugubre sottolineando l'amore e la capacità di Shiva di vivere l’attimo, con una sorta di potere curativo all’ossessione del Maestro per la maledizione.
Curiosa e solare, rispettosa di entrambi i mondi e devota al suo Maestro, Shiva incarna il candore e la spontaneità della fanciullezza. La vestaglia bianca è una luce che illumina il buio della foresta quasi come uno spettro, una figura eterea in contrasto con il suo corvino demone custode. La loro peculiare convivenza ci restituisce un insolito ritratto di famiglia da cui traspare una sorta di elaborazione del trauma legato alla scoperta della morte. L'autore riesce a essere molto severo con Shiva, nel corso dell’avventura la bambina affronta ripetutamente il pericolo, sotto forma di uomini relegati o di creature della notte, che vogliono catturarla o ucciderla, ma lei tende a vedere solo il bene in tutti gli esseri e rifiuta la crudeltà. Impedisce al Maestro di infierire su un estraneo quando questi tenta di rapirla e accetta con rassegnazione la sorte dell'anziana nonna colpita dalla maledizione.
Con le sue corna tortili e il suo bizzarro becco nerastro, il Maestro è un protagonista stranamente attraente, un mostro che incute timore e al contempo emana un senso di eleganza e raffinatezza. Tratti luciferini e brillanti occhi espressivi in uno stile che ricorda vagamente alcuni personaggi di Tim Burton (primo regista della scuola Disney a rilanciare l’estetica gothic/horror in chiave "dolce e simpatica").
Di solito compare alle spalle di Shiva quasi come un tristo mietitore che insegue una giovane anima, spesso reca con sé un libro o un cestino, altre volte una meno rassicurante scure. A parte alcuni frammentati ricordi, non sappiamo nulla del suo passato, annebbiato dal maleficio che gli ha fatto perdere la memoria. Non percepisce il gusto e l’olfatto, né il caldo o il freddo e si macera nel suo sventurato destino scavando tra vecchi documenti, passando le notti insonni proprio come un padre angustiato per il futuro di sua figlia.
I due si ritagliano qualche istante di ordinaria felicità quando Shiva organizza una cerimonia del tè o si fa preparare la sua torta preferita, e il Maestro finisce per abbracciare il suo stesso entusiasmo per le piccole cose e la sua stessa gioia di vivere, dimenticandosi per un po’ di quell’ansia esistenziale che lo accompagna nel suo esilio. La naturale gentilezza della bambina consentono al Maestro di guardare al mondo con occhi diversi e, nonostante la maledizione, egli riesce a ritrovare un senso nuovo alla sua condizione proprio nel dare a Shiva la possibilità di sperimentare il mondo che la circonda. La rigida separazione tra la luce e il buio trova quindi nella bambina un punto di incontro e di convivenza che va oltre il conflitto e la paura del contagio.
Gran parte del fascino di Girl from the other side è dovuto allo scenario, fatto di borghi e villaggi medievali, ma soprattutto di foresta, luogo archetipico in cui si annida il pericolo, imperscrutabile e angoscioso per eccellenza, qui diventa incombente personaggio, che può aiutare i due protagonisti in fuga o nascondere le insidie. Nagabe cura la messa in scena nei minimi dettagli, disegnando fondali e arredi che calano il lettore in un mondo altro, incantato e sospeso nel tempo, dove vecchi cottage e cattedrali gotiche condividono la scena con oggetti di un’altra epoca (ombrelli, servizi da tè), e l’armatura medievale dei soldati (elmi, scudi, cotte di maglia) stride con il vestiario del Maestro, agghindato di tutto punto come un autentico dandy nella sua sofisticata mise alla moda vittoriana.
Il ritmo lento e contemplativo è scandito dalle scene d’azione, fatta di assalti e duelli all’arma bianca, e la lettura scorre via tutta d’un fiato, incalzata dall’inesorabile svelarsi dei misteri. L'uso limitato della parola lascia spazio al disegno, evocativo ed eloquente. La poetica di Nagabe si esprime soprattutto nel tratto grafico e nella capacità di creare un mondo immaginifico dotato di regole proprie e non ha bisogno di lunghe colonne di testo.
In una storia così ricca di mescolanze e suggestioni, anche il tratto grafico sembra unire stili da tradizioni figurative diverse. Un controllato mix di tratteggio incrociato e retini modula il chiaroscuro in maniera netta. Agli esterni delle bianchissime radure innevate fanno da contrappunto gli interni notturni dominanti di nero, dove emerge il gusto per le lumeggiature che contribuiscono a stabilire l'umore tetro della serie. I personaggi, ritratti con eleganti tocchi di pennino, si muovono entro vedute pittoresche, in composizioni a pagina intera che ricordano molto le vecchie favole illustrate di un tempo.
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Talentuoso narratore e audace manipolatore di miti e leggende, Nagabe attinge a piene mani dall’antica tradizione fiabesca (con il suo portato di simboli, epoche, culture diverse) per catturare l’attenzione dei lettori con un sottile equilibrio fra attesa e sorpresa. Girl from the other side è un manga intrigante, delicatamente sinistro, che medita sottovoce sul tema della malattia e della morte. Dopotutto non c’è bisogno di complicate interpretazioni e improbabili chiavi di lettura per assaporare il senso di meraviglia che si para davanti agli occhi. È un riuscito esempio di fiaba moderna, dai toni cupi e nostalgici e dalla bellezza fugace, dove luce e oscurità giocano a rincorrersi nella migliore tradizione delle fiabe del passato.
Il retaggio primitivo delle fiabe continua ancora oggi ed è proprio a quel tipo di immaginario cupo che attinge Girl from the other side di Nagabe, serie in 8 volumi pubblicata da J-Pop Manga, che unisce misticismo e mistero, oscure creature e suggestivi scenari sospesi nel tempo, il tutto impreziosito da un elegante tratto grafico e da un evocativo bianco e nero da cinema espressionista.
Le parole della malinconica ballata di origine celtica “Siúil a Rún” che fa da sotto titolo al manga, confermano l’influenza occidentale della serie, rimandano alla partenza in guerra di una persona cara (si traducono grosso modo in "torna amore mio"), e fanno eco ai temi principali dell'opera di Nagabe narrando di morte e perdita dell’innocenza.
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Questa è la storia di Shiva, dolce bambina di bianco vestita, che vive in compagnia del Maestro in una vecchia casetta ai confini del mondo, dove due regni sono in perenne conflitto tra loro: nel regno “interno" ci sono città chiuse da impenetrabili cinte murarie, rifugi sicuri per gli esseri umani; nel regno “esterno", selvaggio e ostile, risiedono le creature del buio, dall'aspetto bizzarro e animalesco, il cui tocco può causare una tremenda metamorfosi. Ed è proprio a questa schiera maledetta che appartiene il Maestro, di aspetto mostruoso ma di animo gentile, il quale nutre un affetto sincero verso Shiva, stando bene attento a non sfiorarla, perché il solo contatto potrebbe riversare su di lei il terribile maleficio. Girovagando tra foreste tenebrose e laghi fatati, i due cominciano a prendersi cura l’un l’altra dando vita a un sodalizio che assomiglia molto a un legame familiare e che li spingerà alla ricerca di un posto tranquillo in cui vivere. Ma quando le forze dei due mondi opposti si scontreranno, Shiva e il Maestro rimarranno invischiati nel mezzo: riusciranno mai a vivere felici e contenti?
Con questo folgorante prologo ha inizio Girl from the other side, un fumetto in cui il repertorio più misterioso e torbido della fiaba si dispiega agli occhi del lettore allo scopo non troppo velato di una seduzione immediata e irresistibile. Catturati dalle splendide illustrazioni e trascinati dalle maglie del racconto non possiamo che lasciarci trasportare nel mondo incantato di Nagabe. Un po’ come se parole e disegni fossero strumenti di precisione capaci di individuare i punti sensibili del nostro immaginario, per risvegliarne le memorie ancestrali, gli incubi sopiti e i desideri reconditi.
Una bella e una bestia, un castello e una selva oscura: poli opposti che costringono i nostri sensi a oscillare fra presenze contrastanti, disorientandoci nel gioco inevitabile dell’identificazione. Siamo chiamati alla sospensione dell’incredulità per osservare, al contempo, bosco e palazzo, orrore e candore, dentro e fuori, superficie e abisso. Diventiamo quindi lettori esploratori capaci respirare il clima di mondi contrapposti e apparentemente inconciliabili, sottolineati visivamente dal contrasto tra il bianco di Shiva e il nero del Maestro.
La contrapposizione fra bellezza e mostruosità dei protagonisti, fra le quali si stende una zona d’ombra gravida di segreti, ci offre una moderna variante sul tema de La Bella e la Bestia, dove Shiva/Bella riscatta la bruttezza del Maestro/Principe sottoponendosi con umiltà e pazienza a diverse prove che supera con successo, la più emblematica delle quali consiste proprio nel contatto fisico/bacio, con tutto il suo carico di significato sull’accettazione dell’altro, inteso come diverso da sé, e sulla necessità di abbattere i muri (reali o metaforici che siano), in nome di un sentimento universale.
Cappuccetto Rosso e La Bella e la Bestia nelle incisioni ad acquaforte di Gustave Dorè e Beauge Bertall
Ma il confine tra luce e ombra è più sfumato e labile di quanto ci si aspetterebbe, e nel corso dei capitoli Nagabe sovverte gli schemi tipici della fiaba classica, scombinando le carte in tavola. Così il Maestro, più che un malvagio “uomo nero”, sembra incarnare un sentimento amorevole, quasi genitoriale, nel suo sforzo di educare Shiva, cercando di non mortificarne l’innocenza, e l’entrata in scena della nonna riconfigura gli archetipi del super classico Cappuccetto Rosso, qui riletto in una chiave tutta nuova, più malinconica e dark.
Il tono morale emerge dal secondo volume, quando si inizia a parlare esplicitamente di lotta tra il regno della luce e regno del buio, rappresentati dai due fronti del muro: da un lato, quello cupo e misterioso della foresta, si trovano gli esseri grotteschi, untori della maledizione oscura, guidati da una entità superiore chiamata Madre, che rimanda a un misticismo atavico, totemico e animista; dall'altro versante, la civiltà degli uomini “relegati”, inquisitori e depositari di una religiosità di ispirazione vagamente mariana. In questo insolito scenario ammantato di spiritualità l’autore fa calare un’atmosfera grave e rarefatta che ricorda certe rappresentazioni dei cosiddetti secoli bui, delle eresie e della Peste Nera.
Un fitto alone di mistero e un dolce senso di nostalgia accompagnano il lettore lungo il corso della serie. Pur mantenendo sempre alta la tensione, dosando suspense e colpi di scena, l’autore riesce a inserire momenti di giocosa tranquillità e calore familiare, nelle scene di vita domestica che punteggiano lo strano rapporto fra i due protagonisti: intermezzi leggeri e spensierati che alleviano l'atmosfera lugubre sottolineando l'amore e la capacità di Shiva di vivere l’attimo, con una sorta di potere curativo all’ossessione del Maestro per la maledizione.
Curiosa e solare, rispettosa di entrambi i mondi e devota al suo Maestro, Shiva incarna il candore e la spontaneità della fanciullezza. La vestaglia bianca è una luce che illumina il buio della foresta quasi come uno spettro, una figura eterea in contrasto con il suo corvino demone custode. La loro peculiare convivenza ci restituisce un insolito ritratto di famiglia da cui traspare una sorta di elaborazione del trauma legato alla scoperta della morte. L'autore riesce a essere molto severo con Shiva, nel corso dell’avventura la bambina affronta ripetutamente il pericolo, sotto forma di uomini relegati o di creature della notte, che vogliono catturarla o ucciderla, ma lei tende a vedere solo il bene in tutti gli esseri e rifiuta la crudeltà. Impedisce al Maestro di infierire su un estraneo quando questi tenta di rapirla e accetta con rassegnazione la sorte dell'anziana nonna colpita dalla maledizione.
Con le sue corna tortili e il suo bizzarro becco nerastro, il Maestro è un protagonista stranamente attraente, un mostro che incute timore e al contempo emana un senso di eleganza e raffinatezza. Tratti luciferini e brillanti occhi espressivi in uno stile che ricorda vagamente alcuni personaggi di Tim Burton (primo regista della scuola Disney a rilanciare l’estetica gothic/horror in chiave "dolce e simpatica").
Di solito compare alle spalle di Shiva quasi come un tristo mietitore che insegue una giovane anima, spesso reca con sé un libro o un cestino, altre volte una meno rassicurante scure. A parte alcuni frammentati ricordi, non sappiamo nulla del suo passato, annebbiato dal maleficio che gli ha fatto perdere la memoria. Non percepisce il gusto e l’olfatto, né il caldo o il freddo e si macera nel suo sventurato destino scavando tra vecchi documenti, passando le notti insonni proprio come un padre angustiato per il futuro di sua figlia.
I due si ritagliano qualche istante di ordinaria felicità quando Shiva organizza una cerimonia del tè o si fa preparare la sua torta preferita, e il Maestro finisce per abbracciare il suo stesso entusiasmo per le piccole cose e la sua stessa gioia di vivere, dimenticandosi per un po’ di quell’ansia esistenziale che lo accompagna nel suo esilio. La naturale gentilezza della bambina consentono al Maestro di guardare al mondo con occhi diversi e, nonostante la maledizione, egli riesce a ritrovare un senso nuovo alla sua condizione proprio nel dare a Shiva la possibilità di sperimentare il mondo che la circonda. La rigida separazione tra la luce e il buio trova quindi nella bambina un punto di incontro e di convivenza che va oltre il conflitto e la paura del contagio.
Gran parte del fascino di Girl from the other side è dovuto allo scenario, fatto di borghi e villaggi medievali, ma soprattutto di foresta, luogo archetipico in cui si annida il pericolo, imperscrutabile e angoscioso per eccellenza, qui diventa incombente personaggio, che può aiutare i due protagonisti in fuga o nascondere le insidie. Nagabe cura la messa in scena nei minimi dettagli, disegnando fondali e arredi che calano il lettore in un mondo altro, incantato e sospeso nel tempo, dove vecchi cottage e cattedrali gotiche condividono la scena con oggetti di un’altra epoca (ombrelli, servizi da tè), e l’armatura medievale dei soldati (elmi, scudi, cotte di maglia) stride con il vestiario del Maestro, agghindato di tutto punto come un autentico dandy nella sua sofisticata mise alla moda vittoriana.
Il ritmo lento e contemplativo è scandito dalle scene d’azione, fatta di assalti e duelli all’arma bianca, e la lettura scorre via tutta d’un fiato, incalzata dall’inesorabile svelarsi dei misteri. L'uso limitato della parola lascia spazio al disegno, evocativo ed eloquente. La poetica di Nagabe si esprime soprattutto nel tratto grafico e nella capacità di creare un mondo immaginifico dotato di regole proprie e non ha bisogno di lunghe colonne di testo.
In una storia così ricca di mescolanze e suggestioni, anche il tratto grafico sembra unire stili da tradizioni figurative diverse. Un controllato mix di tratteggio incrociato e retini modula il chiaroscuro in maniera netta. Agli esterni delle bianchissime radure innevate fanno da contrappunto gli interni notturni dominanti di nero, dove emerge il gusto per le lumeggiature che contribuiscono a stabilire l'umore tetro della serie. I personaggi, ritratti con eleganti tocchi di pennino, si muovono entro vedute pittoresche, in composizioni a pagina intera che ricordano molto le vecchie favole illustrate di un tempo.
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Gli otto volumetti in formato tascabile editi da J-Pop Manga sono comodi da maneggiare e la dimensione ridotta non sacrifica la fruizione delle tavole. Composti di un centinaio di pagine circa, rilegate in brossura fresata, con elegante sopracopertina a colori in linea con il design originale giapponese (mancano però le prime pagine a colori), costano 6,50€ cadauno, un giusto compromesso tra prezzo popolare e cura editoriale. La traduzione è affidata a Christine Minutoli, mentre in appendice di ogni volume le tavole disimpegnate dell’autore concedono ai fan alcuni retroscena autoironici sulla storia e sui personaggi.
Talentuoso narratore e audace manipolatore di miti e leggende, Nagabe attinge a piene mani dall’antica tradizione fiabesca (con il suo portato di simboli, epoche, culture diverse) per catturare l’attenzione dei lettori con un sottile equilibrio fra attesa e sorpresa. Girl from the other side è un manga intrigante, delicatamente sinistro, che medita sottovoce sul tema della malattia e della morte. Dopotutto non c’è bisogno di complicate interpretazioni e improbabili chiavi di lettura per assaporare il senso di meraviglia che si para davanti agli occhi. È un riuscito esempio di fiaba moderna, dai toni cupi e nostalgici e dalla bellezza fugace, dove luce e oscurità giocano a rincorrersi nella migliore tradizione delle fiabe del passato.
Titolo | Prezzo | Casa editrice |
---|---|---|
Girl from the Other Side 1 | € 6.50 | JPOP |
Girl from the Other Side 2 | € 6.50 | JPOP |
Girl from the Other Side 3 | € 6.50 | JPOP |
Girl from the Other Side 4 | € 6.50 | JPOP |
Girl from the Other Side 5 | € 6.50 | JPOP |
Girl from the Other Side 6 | € 6.50 | JPOP |
Girl from the Other Side 7 | € 6.50 | JPOP |
Girl from the Other Side 8 | € 6.50 | JPOP |
Girl from the Other Side 9 | € 6.50 | JPOP |
Girl from the Other Side 10 | € 6.50 | JPOP |
Girl from the Other Side 11 | € 6.50 | JPOP |
Pro
- Atmosfera cupa e rarefatta
- Meticoloso studio dei personaggi
- Evocativi scenari sospesi nel tempo
- Trama densa di suggestioni mistiche
- Storyboard e regia ben orchestrati
Contro
- Qualche anacronismo stridente
Ero in dubbio sull'acquisto, devo ammettere che mi richiamava molto The Ancient Magus Bride che mi ha delusa ed ho abbandonando l'acquisto. Anche questo è ancora in corso, senza sapere di quanti volumi consta l'opera e ciò mi lascia perplessa sull'acquisto.
Grazie della bella recensione, Bob! Mi è piaciuta molto l'analisi del rapporto tra questo manga e la fiaba tradizionale.
Non ho letto questo manga ma i riferimenti esposti mi potrebbero invogliare.
Avevo guardato il cortometraggio e l'avevo trovato gradevole, sul recupero della serie al momento aspetto, vedremo quando sarà terminata...
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