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3.5/10
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In un futuro distopico in cui ogni aspetto comportamentale, persino il linguaggio, è disciplinato da un governo che si erge a guida morale, in un Paese psicologicamente schiavo (e complice) del sistema, strangolato da regole inflessibili, trova la propria collocazione "Shimoseka", anime che, azzardando analogie con il conformismo etico imperante in Giappone, costruisce il suo manifesto artistico su una pungente satira alle moderne storture sociali. Tra le allettanti premesse abbiamo infatti una marcata dicotomia: da una parte, l'anelito alla libertà, un ideale per cui combattere, dall'altra, la sicurezza infusa da un tradizionalismo conservatore e annessi privilegi da difendere.
Chi sfiderà lo status quo sarà dunque un terrorista o un eroe? Questione di punti di vista.

Un concept notevole, che, con la giusta dose di dissacrante ironia, avrebbe potuto veicolare riflessioni di una certa portata culturale, nonché stigmatizzare tra le righe le incongruenze etiche del Giappone contemporaneo. Ma non è il caso di "Shimoseka", purtroppo: gli elementi della S.O.X., la protagonista brigata per la libera diffusione della sessualità, riescono a banalizzare questa idea in pochi secondi.
Riflettendoci a freddo, è probabilmente ozioso pretendere risvolti di una certa profondità in prodotti di questo calibro: alla resa dei conti, ci ritroviamo infatti davanti una dozzinale commedia ecchi, senza di certo ambizioni eversive. Un'opera, tra l'altro, di infimo valore, dove non è più l'umorismo a dar vigore al messaggio, ma il messaggio ad essere prostituito e svilito a mero pretesto per dar vita a una grossolana comicità.
La modesta caratura di questo prodotto è riscontrabile principalmente nella caratterizzazione dei personaggi, che, invece di catalizzare su di sé la critica sociale che vorrebbero patrocinare, elevandosi a bandiera di una rivoluzione, sono ahimè figure sciatte e contraddittorie, non di rado squallide marchette nei confronti di un ipotetico pubblico. Basti pensare alla straripante Ayame, anima della S.O.X. e indefessa dispensatrice di volgarità, che, per accondiscendere alle aspettative di otaku/acquirenti di action figure, da eroina dissidente si trasforma all'occasione in pudica verginella. Oppure all'infoiata ma pur sempre liliale Anna, il cui precipitare in una spirale di ninfomania non è supportato da alcuna considerazione sugli effetti deleteri della repressione sessuale, ma è solo una scusa per sdoganare scene ai limiti del pornografico.

Il lenocinio perpetrato dalla produzione mostra però subito il fianco: lo shock per l'iniziale e sovrabbondante dose di oscenità esaurisce in un paio di episodi il suo effetto sorpresa, e il successivo, rabberciato tentativo di imbastire una trama non basta a mettere la stampella a una già claudicante sceneggiatura. La mancanza di idee si fa cronica nel finale, quando, pur di rinverdire l'interesse scemato, si fa largo uso di espedienti pescati a piene mani dai più scontati cliché del genere: la lolita fallocefala e il feticista di intimo sono esempi paradigmatici di questa disarmante insipienza registica.

Il livello tecnico dell'anime si attesta su una generale mediocrità, con animazioni non certo esaltanti ma un buon character design; aleggia tuttavia perenne una diffusa sensazione di trascuratezza. Il comparto sonoro non è certo memorabile.

A che pro dunque prendere in considerazione la visione di "Shimoseka"? Non è satira, non ha una trama solida e non fa ridere, a meno che siate cultori di una comicità spiccia stile "La dottoressa ci sta col colonnello" - senza offesa per Lino Banfi e Alvaro Vitali, decisamente più godibili. È solo un ecchi malriuscito che, in modo imbarazzante, tenta di darsi un tono.
Bocciato senza appello.