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8.0/10
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“Space Dandy” è un anime di ventisei episodi di durata canonica del 2016, per la regia generale di Shingo Natsume e supervisionato da Shinichirō Watanabe. Prodotto dallo studio Bones, è disponibile in streaming in Italia grazie a VVVVID.

La serie segue le avventure dell’equipaggio di cacciatori d’alieni della nave spaziale Aloha Oe, capitanato da Space Dandy. Non UN, non LO, egli si chiama semplicemente Dandy, e, come ci verrà ricordato dalla voce narrante e dagli eventi mostrati su schermo, il nostro protagonista è dandy solo di nome. Nella sua prima apparizione, lo vediamo intento a difendere il valore di un posteriore femminile ben modellato contro quello delle mammelle, troppo inflazionate, al suo robot aiutante/aspirapolvere/navigatore QT, il quale, per tutta risposta, non può che rivolgergli sguardi dubbiosi e confusi.
I due viaggiano per l’universo in cerca di forme di vita extraterrestri particolarmente rare che, se registrate presso un apposito ufficio, possono fruttar loro laute ricompense. Proprio per questa loro attività, prenderanno a bordo un alieno felino che, a causa della loro incapacità di comprenderne il vero nome, diventerà semplicemente Meow.
La vicenda prosegue così, tra una fallimentare cattura e una visita al BooBies più vicino, mentre i protagonisti sono inconsapevolmente braccati dalle forze al soldo del minaccioso impero Gogol.

Nonostante il concetto di una nave di “cacciatori di taglie” che solca il vuoto di un immenso e multietnico universo rimandi istantaneamente a “Cowboy Bebop” (anch'esso diretto da Shinichirō Watanabe), i punti di contatto tra le due opere sono generalmente trascurabili. Dandy ricorda, più del malinconico Spike Spiegel, lo sweeper Ryo Saeba di “City Hunter” (meno l’abilità nel combattimento corpo a corpo e con la pistola): entrambi amano le donne, hanno una mente tendenzialmente perversa e emergono come piuttosto pigri, almeno finché qualcuno non stuzzica i loro istinti primordiali.
Ciuffo impomatato, gergo da teppista e atteggiamento spavaldo, Dandy è una figura apparentemente povera di sfaccettature, al di là del cafone dal cuore tenero e pieno di risorse. Eppure, in svariati episodi, egli vien fuori come più riflessivo ed enigmatico, una forma di vita misteriosa dalle sconfinate potenzialità, nonché degno simbolo di una serie eclettica e allucinata.
Anche i suoi compagni non sono da meno: nonostante mantengano nella maggior parte dei casi delle caratteristiche di base molto nette, QT e Meow, grazie ad appositi episodi loro dedicati, risultano realistici e umani (per quanto robot e alieno, rispettivamente). Leggermente meno intriganti gli altri comprimari principali per i quali, ad eccezione di qualche inaspettato colpo di scena, avrei preferito personalità meno convenzionali e più sovversive, specialmente considerando il contesto. Più convincenti i personaggi di passaggio, adeguatamente bizzarri.

Pop e tamarro fino al midollo, “Space Dandy” è un anime la cui forza sembra risiedere nella frenesia delle varie scene, in una comicità iperbolica e nel marcato citazionismo (che spazia dagli anime ai film, di fantascienza e non), ma che non ha paura di presentare episodi dal ritmo decisamente più pacato e contemplativo, in cui ogni attore dà il meglio di sé, e tematiche anche impegnative, sempre diverse e attuali. Nonostante ogni episodio sia collegato ai precedenti e ai successivi dall'esile filo dei tentativi di cattura di Dandy da parte dell’impero Gogol, a sorprendere è la natura estremamente stand-alone degli stessi, al punto che persino il termine autoconclusivo risulta eufemistico: raramente eventi passati vengono citati, quasi non fossero mai esistiti, e spesso non vi è una vera risoluzione delle avventure dell’equipaggio della Aloha Oe, lasciate in sospeso, mentre nella puntata successiva prende il via una nuova storia.
Questa mancanza di continuità, che nega un’omogeneità narrativa alla serie e ne rende lo scorrimento meno fluido, si sposa però alla perfezione con la volontà dell’ispirata direzione artistica di affidare numerosi episodi a diversi registi e di realizzarli con stili differenti, che vanno a modificare radicalmente la fisionomia dei personaggi e la grafica generale di “Space Dandy”, al punto che, più che un unico anime, sembra la proiezione di un concorso per cortometraggi animati indipendenti, ognuno con il proprio peculiare comparto visivo e sonoro e genere d'appartenenza. Toni psichedelici, cupi, surreali, estremizzazione dei contrasti, ricorso alla grafite o all'impressionismo esasperato, sfondi in CG o in animazione tradizionale, ambientazioni dettagliate o approssimative... Sono innumerevoli le sperimentazioni effettuate (con successo) nel corso della serie, che si manifesta come un’autentica meraviglia per gli occhi. Lo stesso dicasi per il character design: curato, gradevole e proporzionato, il suo tratto viene frequentemente sconvolto per adeguarsi al diverso stile grafico del relativo episodio. Strabiliante la gigantesca varietà di forme di vita aliene rappresentate, tutte ben distinte le une dalle altre. Sono presenti anche alcuni cali, ovviamente, ma sono riconducibili alla tipologia di disegno “ufficiale”, più che a quella rimaneggiata per fini artistici.
Ottime anche le animazioni, tendenzialmente fluide e iperdinamiche.
Impossibile non menzionare la musica, ugualmente eclettica ed estroversa, che si avvale di due azzeccate sigle di apertura e chiusura, capaci di catturare perfettamente lo spirito dell’opera, e che spazia tra svariati generi, dal pop al funky, dal jazz alle sonorità tropicali, con malinconiche ballate rock e ritmati pezzi dance e techno, lasciandosi influenzare dal sound occidentale, oltre che nipponico. Il doppiaggio giapponese è appropriatamente espressivo e coinvolgente.

“Space Dandy”, in conclusione, può deludere chiunque sia in cerca di un erede spirituale di “Cowboy Bebop”, con cui condivide alcune vaghe premesse iniziali e la natura episodica, ma da cui non ha certamente tratto lo spessore emotivo e l’approfondita caratterizzazione dei personaggi, in grado di far perdonare l’esistenza di puntate non legate alla trama principale. Nondimeno, la serie non cerca nemmeno tale confronto, ma esprime la propria indipendenza in una continua esplosione cromatica e in una narrazione volutamente folle e parodistica, ma che non disdegna la trattazione di argomenti più seri. Bello da guardare e da ascoltare.