Recensione
Ken il guerriero
10.0/10
Recensione di travellerkino
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Nel 1983 Tetsuo Hara e lo sceneggiatore Yoshiyuki Okamura, conosciuto con l'eloquente pseudonimo di Bronson, diedero vita grazie ad un insolito miscuglio di arti marziali e cyberpunk ad una delle serie più rappresentative degli anni '80. Qualche anno più tardi dal manga di Hara e Bronson venne tratta una mastodontica serie tv che nonostante qualche rimaneggiamento della trama originale ed una realizzazione tecnica piuttosto approssimativa seppe mantenere l'atmosfera del fumetto ed ebbe se non altro il merito di far conoscere le eroiche gesta dei maestri di Hokuto in tutto il mondo. Sebbene fosse stata relegata al solo circuito delle emittenti locali, la trasmissione di Ken il guerriero ebbe un effetto dirompente anche in Italia, riuscendo a riscuotere un enorme consenso di pubblico non solo tra i giovanissimi. Infatti non era poi così insolito vedere qualche adulto dare una sbirciata ogni tanto, anzi ricordo che mio padre, vedendo di sfuggita una puntata si lanciò addirittura in un dotto confronto con i logorroici Cavalieri dello Zodiaco dicendo: "Ahh questo sì che mi piace, mica come quegli altri che parlano sempre, questo spacca tutto e basta". In effetti il personaggio di Ken, fatto di sani ed incrollabili principi ma dall'animo sensibile e a volte crepuscolare, nel corso della serie splattera una foltissima schiera di punk e balordi di ogni tipo, scava falde acquifere a mani nude, abbatte carri armati a pugni e frantuma con disinvoltura tutto ciò che gli si para davanti, dimostrando di avere una forza davvero spropositata. Comunque, sarà per questa smisurata forza del protagonista, sarà per la massiccia presenza di frasi come: "Energia mentale uguale forza!" o "Morirà soffocato dal suo stesso sangue che sprizzerà fuori da tutto il suo corpo in tre lunghi giorni di lenta agonia, tre giorni per conoscere la leggenda della paura del grande re di Hokuto", sarà per le bizzarre citazioni di personaggi come Mr.T, Hulk Hogan o Schwarzenegger, ma Ken il guerriero riesce ad avere un notevole impatto sociale e ad entrare nell'immaginario collettivo come un'icona degli anni '80. Non a caso la frase: "Oh!Ma chi ti credi di essere? Bruce Lee?" dopo Ken venne sostituita con: "Oh!Ma chi ti credi di essere? Ken il guerriero?". Lo stesso T.Hara ha confessato più volte di aver puntato molto sul coinvolgimento emotivo, creando un personaggio come Ken sempre pronto a pareggiare i conti quasi seguendo una specie di legge del contrappasso, proprio per dare uno sfogo catartico al lettore.
Del resto anche nella serie TV quello che colpisce maggiormente è proprio il carisma dei personaggi, grandi guerrieri che non rinunciano mai a lottare anche quando il nemico è un destino crudele e spietato. Purtroppo le animazioni sono rigide e pasticciate, una vera e propria apoteosi del grezzume, anche il character non rende affatto giustizia al tratto preciso e particolareggiato di Hara, addirittura i lineamenti di uno stesso personaggio spesso cambiano radicalmente nel giro di poche scene, per non parlare del surreale concetto di proporzione ostentato dai key animators, basti pensare ai personaggi grandi come un palazzo di quattro piani che in pochi secondi diventano poco più alti di un uomo di media statura (nel manga poteva avere un senso ma nella serie è un espediente usato in maniera abbastanza gratuita).
La colonna sonora fatta di struggenti melodie hard rock e brani che sembrano usciti da un western di Sergio Leone invece è molto coinvolgente, tra l'altro anche qualche scelta registica rimanda leggermente ai western all'italiana, con quei ripetuti primi piani sugli sguardi infuocati dei personaggi.
Tuttavia a dispetto della carenza grafica, anche Hokuto no Ken si può tranquillamente annoverare tra i titoli che hanno fatto la storia degli anime, l'ultimo dei moicani che ha chiuso un'epoca in cui le serie non erano film in tredici episodi e a far vibrare gli animi erano soprattutto i sentimenti e non l'effetto surround dell'home theatre.
Del resto anche nella serie TV quello che colpisce maggiormente è proprio il carisma dei personaggi, grandi guerrieri che non rinunciano mai a lottare anche quando il nemico è un destino crudele e spietato. Purtroppo le animazioni sono rigide e pasticciate, una vera e propria apoteosi del grezzume, anche il character non rende affatto giustizia al tratto preciso e particolareggiato di Hara, addirittura i lineamenti di uno stesso personaggio spesso cambiano radicalmente nel giro di poche scene, per non parlare del surreale concetto di proporzione ostentato dai key animators, basti pensare ai personaggi grandi come un palazzo di quattro piani che in pochi secondi diventano poco più alti di un uomo di media statura (nel manga poteva avere un senso ma nella serie è un espediente usato in maniera abbastanza gratuita).
La colonna sonora fatta di struggenti melodie hard rock e brani che sembrano usciti da un western di Sergio Leone invece è molto coinvolgente, tra l'altro anche qualche scelta registica rimanda leggermente ai western all'italiana, con quei ripetuti primi piani sugli sguardi infuocati dei personaggi.
Tuttavia a dispetto della carenza grafica, anche Hokuto no Ken si può tranquillamente annoverare tra i titoli che hanno fatto la storia degli anime, l'ultimo dei moicani che ha chiuso un'epoca in cui le serie non erano film in tredici episodi e a far vibrare gli animi erano soprattutto i sentimenti e non l'effetto surround dell'home theatre.