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Attenzione: la recensione contiene spoiler!

Attraverso una rappresentazione distopica della società, Matsumoto crea un' opera paragonabile ai colossal di fantascienza degli anni '70: un treno che viaggia nel cosmo, sfidando le teorie della relatività, ed approdando, in ogni puntata (autoconclusiva), in un pianeta che vive una realtà differente... su tutti i pianeti si riscontra però un elemento comune: la "moda" della meccanizzazione degli esseri umani, che si fanno trasformare in Cyborg, per poter vivere in eterno.

La cibernetica sconfigge l'umanità, rendendo obsoleto il concetto di "esseri mortali"... essere meccanizzati per poter acquistare dignità, vivendo in eterno, e questo scopo è ardentemente presente nel ragazzo protagonista, che proprio per questo intraprende il viaggio sul treno, diretto verso il pianeta dove anche i più poveri possono essere meccanizzati, ma un po' alla volta, egli comprenderà l'aberrazione e la speculazione immane che sorregge il tutto, compresa la stessa compagnia delle ferrovie galattiche. Un'aberrazione paranazista e innaturale il considerare dignitosi soltanto gli esseri meccanici, un concetto che emergerà nella frase: "è bello essere umani e mortali!" Frase che finalmente pronuncia Tetsuro (Masai) nell'ultima puntata, orgoglioso, nell'ultimo viaggio alla scoperta di se stesso, di essere giunto alla verità, comprendendo anche il vero messaggio lasciatogli dalla madre, una "umana" brutalmente uccisa per "divertimento" nella prima puntata, dal "conte meccanico". E proprio la "madre" è la colonna portante dell' opera: Maetel (Maisha) è in un certo senso la mamma "sostitutiva", che accompagna il ragazzo, seppur anche lei succube del sistema sorretto da un'altra madre: la sua, ma in questo caso un personaggio malvagio, più malvagio di tutti i loschi figuri che incontra Tetsuro durante il viaggio in tutti gli strani pianeti, perché è proprio la madre di Maetel che ha creato questa aberrante "moda" di diventare esseri meccanici: esseri che non hanno più scopo, inebetiti da una vita senza fine. E gli strani mondi e personaggi che incontrerà durante il suo viaggio accumuleranno poco alla volta incertezze all'obiettivo di Tetsuro di farsi meccanizzare, anche se sarà l'ultimo viaggio a far crollare definitivamente ogni dubbio: il ragazzo ha attraversato un viaggio formativo ed è adesso adulto, ha una convinzione finalmente propria e non più succube della "moda": in un certo senso è il percorso formativo che compie ogni persona, tra esitazioni, confronti e scontri coi propri simili... in particolare, qui gli incontri di Tetsuro sono spesso con donne sole, alienate, talora malvagie, che hanno meccanizzato il loro corpo, e sono ora ridotte come fantasmi, e s'illudono di tornare a riassaporare la vita umana impossessandosi del ragazzo, ma all'ultimo lo lasciano andare, perché il loro gesto era dettato soltanto da un'immensa disperazione. La stessa Maetel, alla fine, è simile a loro: l'affetto per il ragazzo è solido, ma anche lui rappresenta una fuga da una vita distrutta, seppur in questo caso per colpa non della meccanizzazione, ma per colpa di una madre malvagia... l'analisi introspettiva tocca alti livelli: il sogno dell'abbandono della realtà mortale che si rivela un incubo, e la realtà mortale che viceversa si riscopre come un sogno perduto. Quest'opera è un "mostro sacro" !