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    7.0/10
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    "Kill la Kill" è la testimonianza della coscienza che l'animazione contemporanea ha di sé, del proprio avvilimento e della sua implacabile condanna: dileggiando l'animazione d'oggi spasimante verso la sempre più banale ed estenuata perfezione tecnica ne strappa crudelmente la patina che questa falsifica per autentica genialità, e così "Kill la Kill" getta lo sguardo sull'abisso ora scoperto che si spalanca nel cuore dell'animazione, tanto oscuro1 [ continua a leggere]
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    Una parola risulta efficacemente calzante nel sussumere sotto di sé tutta l'abissale vuotezza della quarta trasposizione animata dei lavori letterari di Nisio Isin, e questa è "vanagloria".
    Sopra alle rovine di un'animazione a tal punto dimentica della propria destinazione in seno all'arte da doversi limitare, al massimo delle proprie capacità, ad imitare (giacchè non è in grado di produrre) lo sperimentalismo in un'effimera ombra, un altro capi1 [ continua a leggere]

    7.0/10
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    Due anni fa vedeva la luce un curioso episodio autoconclusivo, una produzione di nome "Kyousogiga", un'esuberante arcobaleno d'euforia che seguiva la baraonda della piccola Koto per le strade della Kyoto dietro allo specchio. Stupenda, travolgente, incomprensibile, questo quanto poteva dirsi di quella scarsa mezzora di colori, eppure già lì si trovava in nuce tutto ciò che "Kyousogiga" sarebbe diventato.
    L'anno successivo venivano aggiunti a tut1 [ continua a leggere]
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    Piacevolissima e inattesa speranza nel desolante panorama dell'animazione contemporanea, "Uchōten Kazoku" nasce dalla talentuosa penna del già celebre Tomihiko Morimi, scrittore di "Yojōhan Shinwa Taikei", poi trasposto nell'eccentrico e brillante "The Tatami Galaxy".
    Vi sono rare opere che sanno evocare la quotidianità, col tedio che l'attraversa e le sue piccole soddisfazioni, e "Uchōten Kazoku" ci riesce, con squisita delicatezza e dolce mali1 [ continua a leggere]
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    Scherzoso ma non troppo, "Gatchaman Crowds" entra in scena con una buffa piroetta, inattesa ma carica di una confusa miscellanea di reminiscenze. Inizia così una danza che non lascerà mai leggere quale sarà il suo prossimo passo, un superbo caleidoscopio di colori che all'intercalare di "Hajime-ssu" affascinerà lo spettatore e lo ingannerà attraverso il suo intreccio.
    Inutile e banale sollevare la questione sull'immenso e diretto rimando evocato1 [ continua a leggere]
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    Cinico idillio bucolico tinto delicatamente d'umorismo nero, "Jinrui wa Suitai Shimashita" è una di quelle rare opere d'animazione che riesce in maniera straordinariamente piacevole a non parlare di niente.
    Delicata tanto nei toni quanto nei colori, la serie si muove per brevi accenni e desiste sin da subito dal prendersi seriamente, giocando con antifrastica ironia già tra il catastrofico titolo e la distesa rilassatezza della narrazione. Ciono1 [ continua a leggere]
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    "Kimochi warui", citando la celeberrima sentenza a chiusura di ciò che già tradiva l'allontanamento dalla felice contingenza che fu l'"Evangelion" del '95-96, in ciò si potrebbe concentrare l'estenuata baraonda di pallide emozioni che sorgono nel visionare l'agonizzante trascinamento di un titolo tanto fulgido quanto controverso, impenetrabile ai più, anzitutto al suo padre artistico.
    Prima d'equivocare, non è risentimento a muovere le parole di1 [ continua a leggere]
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    Un nome noto, inciso a chiare lettere nel firmamento della fumettistica e dell'animazione orientali, la maestosa eco di Arsenio Lupin III risulta sempre chiara e limpida, pur dopo decadi, il formarsi di sempre nuove generazioni di spettatori e i cambiamenti nei gusti estetici.
    Ciò che ci si trova ora a valutare non è una prosecuzione in continuità con lo spirito delle ultime opere degli anni '80 dedicate al celeberrimo ladro, s'avvicina ben più1 [ continua a leggere]
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    Se si volesse rinominare la morbosità, non si dovrebbe vagare oltre, il titolo dell'opera in questione le calzerebbe a pennello. "Nisemonogatari", seconda trasposizione della collana di romanzi di Nishio Ishin dedicata alle vicende di Araragi Koyomi, lavoro che non posso che valutare a metà o, con un po' più di magnanimità, poco più. D'altronde che valore artistico potrei fornire all'ossessivo trastullo che l'ostentata tensione sessuale di gran1 [ continua a leggere]
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    Trasposizione dell'originale opera letteraria di Morimi Tomihiko, "Yojō-Han Shinwa Taikei" (ossia "le cronache mitologiche dei quattro tatami e mezzo") scaturisce dall'eccentrico genio di Yuasa Masaaki. Tale lavoro emerge sin dai suoi primi vagiti scenici denotando un gradevolissimo sperimentalismo grafico, coadiuvato da una sceneggiatura insolita, letteralmente logorroica, incalzante e spezzata. A tale positività s'aggiunge una meno lodevole ma1 [ continua a leggere]
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    Eccolo infine giungere nuovamente, Kunihiko Ikuhara ha fatto ritorno al mondo dell'animazione. Dopo aver donato al mondo "Shōjo Kakumei Utena" con le relative trasposizioni, scomparve dalle scene, salvo riapparire sporadicamente per svolgere incarichi minori. Tale dipartita non poteva che rammaricare profondamente coloro che avevano intuito e apprezzato il grande valore del suo genio artistico, di colui che per primo aveva creato una serie este1 [ continua a leggere]
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    Si dice che ogni volta si vedano degli uccelli volare nel cielo si senta il bisogno d'intraprendere un viaggio, ma il viaggio non sarà un semplice errare senza meta, ma la scoperta del mondo, in particolare quello interiore, una ricerca della conoscenza e di se stessi.
    Tale è il viaggio di Kino, un peregrinare verso l'animo umano e il suo dolore, un capolavoro di tenera malinconia e disincantato cinismo, una sfida di ermeneutica filosofica che c1 [ continua a leggere]