Sorridi, piccola Anna
Ed eccomi qui oggi a recensire questo meisaku di "ultima generazione" che, purtroppo, secondo me non raggiunge gli standard a cui ci hanno abituati i prodotti del medesimo genere degli anni passati.
Il mio voto è piuttosto basso e, forse, se avessi scritto questa recensione tempo fa (ovvero ai tempi in cui guardavo la serie su Italia 1) lo sarebbe stato ancora di più. In verità, riguardando qualche puntata ho dovuto ammettere a me stessa che questo anime non è proprio così male come mi era sembrato la prima volta, anche se i punti che trovo positivi non bastano a convincermi a dargli un voto più alto. Vediamo perché.
Una cosa che mi chiedo, quando leggo recensioni e commenti su questo anime, è: "Ma certe cose le vedo solo io?" Seguivo la serie ogni giorno prima di andare a scuola, per cui mi immergevo profondamente in qualunque cosa mi distraesse da quella tortura che stava per portarmi via cinque preziosissime ore della mia vita. Nonostante questo, lo consider(av)o un cartone animato di cui potevamo benissimo fare a meno.
L'idea del prequel in realtà è buona. Da piccola guardavo volentieri "Anna dai capelli rossi", e un anime che mostrasse la vita durante i suoi primi anni ci voleva. Sì, se fosse stato realizzato come si deve.
Comunque qualche pregio, come ho detto prima, questo anime ce l'ha, a partire dalle animazioni e dai colori, che mettono in risalto determinate situazioni o personaggi (a cominciare dalla stessa Anna che con i suoi capelli rossi sprizza vitalità da tutti i pori, mentre i personaggi più negativi sono di solito dipinti con colori più cupi). Altro punto a favore è senza dubbio la capacità che gli "intrecci" (seppur semplici) hanno di tenere incollato lo spettatore alla visione, che nonostante tutto ha voglia di scoprire cosa il futuro riserverà alla protagonista.
Il problema è tutto il resto. L'unica parola che mi veniva in mente quando pensavo a "Sorridi, piccola Anna" era fastidio. La sigla è fastidiosa, la vocetta della protagonista è fastidiosa e fastidiosi sono i personaggi e i rapporti che mano a mano sviluppano con Anna. Diamine, anche Anna stessa riesce a risultare enormemente fastidiosa! Ma dov'è finita la ragazzina impacciata e gioviale della prima serie? Questa piccola Anna è una specie di parodia di un personaggio ben congegnato e gradevole.
Il difetto di alcuni meisaku (ma in questo risalta particolarmente) sta proprio nella scialba caratterizzazione dei bambini protagonisti principali delle vicende, che diventano solo un espediente per far vedere quanto la simpatia e l'allegria trionfino sempre sulla cattiveria e/o tristezza. Sinceramente un concetto simile non mi piaceva da bambina e non mi piace nemmeno oggi.
Belli i tempi in cui i ragazzini dei meisaku avevano ancora una loro personalità e, nonostante i problemi che erano costretti ad affrontare, mantenevano la loro dignità di esseri umani e maturavano durante la serie.
La piccola Anna è insipida quanto una minestra senza sale; anche se si cerca di darle un carattere, in realtà non ce l'ha. Il suo personaggio esiste in funzione degli altri: gli altri brutti e cattivi che, però, dopo aver assaporato un po' di bontà scontata, improvvisamente cambiano e diventano brave e simpatiche persone che dimenticano tutti gli errori commessi in precedenza nella loro vita, per quanto fossero gravi (alcolismo, maltrattamento, bullismo etc.).
Capisco che è un anime per bambini e debba essere condito di buoni sentimenti. Questo però non vuol dire che si debba prendere per i fondelli l'intelligenza dei più piccoli, propinandogli una morale da supermercato.
Sembra che tutti i personaggi di questo anime abbiano un odio smisurato nei confronti di Anna, odio che non ha alcuna ragione di esistere, tranne quella di mostrare come lei riesca a:
- cambiare l'opinione che i suddetti personaggi hanno di lei, anche se continua a comportarsi nello stesso identico modo di prima;
- rifugiarsi nel suo mondo di fantasia per sfuggire alla cattiveria (ingiustificata) di adulti e bambini.
Sinceramente, lo stereotipo della bambina perfetta, intelligente e colta (tra l'altro fuori luogo, visto che è cresciuta in mezzo a gente povera), perennemente felice e capace di far cambiare prospettiva anche al criminale peggiore sulla terra ha un po' stancato, e da un prodotto degli ultimi anni mi aspettavo qualcosa di diverso.
Lo so che dalla mia recensione sembro una vecchia petulante e cinica senza cuore. Niente di più errato.
Se adoro i meisaku è proprio perché le storie intrise di morale mi divertono e mi commuovono particolarmente. Questo però finché la morale non viene idealizzata a tal punto da renderla sciocca, scontata e poco convincente.
Il mio voto è piuttosto basso e, forse, se avessi scritto questa recensione tempo fa (ovvero ai tempi in cui guardavo la serie su Italia 1) lo sarebbe stato ancora di più. In verità, riguardando qualche puntata ho dovuto ammettere a me stessa che questo anime non è proprio così male come mi era sembrato la prima volta, anche se i punti che trovo positivi non bastano a convincermi a dargli un voto più alto. Vediamo perché.
Una cosa che mi chiedo, quando leggo recensioni e commenti su questo anime, è: "Ma certe cose le vedo solo io?" Seguivo la serie ogni giorno prima di andare a scuola, per cui mi immergevo profondamente in qualunque cosa mi distraesse da quella tortura che stava per portarmi via cinque preziosissime ore della mia vita. Nonostante questo, lo consider(av)o un cartone animato di cui potevamo benissimo fare a meno.
L'idea del prequel in realtà è buona. Da piccola guardavo volentieri "Anna dai capelli rossi", e un anime che mostrasse la vita durante i suoi primi anni ci voleva. Sì, se fosse stato realizzato come si deve.
Comunque qualche pregio, come ho detto prima, questo anime ce l'ha, a partire dalle animazioni e dai colori, che mettono in risalto determinate situazioni o personaggi (a cominciare dalla stessa Anna che con i suoi capelli rossi sprizza vitalità da tutti i pori, mentre i personaggi più negativi sono di solito dipinti con colori più cupi). Altro punto a favore è senza dubbio la capacità che gli "intrecci" (seppur semplici) hanno di tenere incollato lo spettatore alla visione, che nonostante tutto ha voglia di scoprire cosa il futuro riserverà alla protagonista.
Il problema è tutto il resto. L'unica parola che mi veniva in mente quando pensavo a "Sorridi, piccola Anna" era fastidio. La sigla è fastidiosa, la vocetta della protagonista è fastidiosa e fastidiosi sono i personaggi e i rapporti che mano a mano sviluppano con Anna. Diamine, anche Anna stessa riesce a risultare enormemente fastidiosa! Ma dov'è finita la ragazzina impacciata e gioviale della prima serie? Questa piccola Anna è una specie di parodia di un personaggio ben congegnato e gradevole.
Il difetto di alcuni meisaku (ma in questo risalta particolarmente) sta proprio nella scialba caratterizzazione dei bambini protagonisti principali delle vicende, che diventano solo un espediente per far vedere quanto la simpatia e l'allegria trionfino sempre sulla cattiveria e/o tristezza. Sinceramente un concetto simile non mi piaceva da bambina e non mi piace nemmeno oggi.
Belli i tempi in cui i ragazzini dei meisaku avevano ancora una loro personalità e, nonostante i problemi che erano costretti ad affrontare, mantenevano la loro dignità di esseri umani e maturavano durante la serie.
La piccola Anna è insipida quanto una minestra senza sale; anche se si cerca di darle un carattere, in realtà non ce l'ha. Il suo personaggio esiste in funzione degli altri: gli altri brutti e cattivi che, però, dopo aver assaporato un po' di bontà scontata, improvvisamente cambiano e diventano brave e simpatiche persone che dimenticano tutti gli errori commessi in precedenza nella loro vita, per quanto fossero gravi (alcolismo, maltrattamento, bullismo etc.).
Capisco che è un anime per bambini e debba essere condito di buoni sentimenti. Questo però non vuol dire che si debba prendere per i fondelli l'intelligenza dei più piccoli, propinandogli una morale da supermercato.
Sembra che tutti i personaggi di questo anime abbiano un odio smisurato nei confronti di Anna, odio che non ha alcuna ragione di esistere, tranne quella di mostrare come lei riesca a:
- cambiare l'opinione che i suddetti personaggi hanno di lei, anche se continua a comportarsi nello stesso identico modo di prima;
- rifugiarsi nel suo mondo di fantasia per sfuggire alla cattiveria (ingiustificata) di adulti e bambini.
Sinceramente, lo stereotipo della bambina perfetta, intelligente e colta (tra l'altro fuori luogo, visto che è cresciuta in mezzo a gente povera), perennemente felice e capace di far cambiare prospettiva anche al criminale peggiore sulla terra ha un po' stancato, e da un prodotto degli ultimi anni mi aspettavo qualcosa di diverso.
Lo so che dalla mia recensione sembro una vecchia petulante e cinica senza cuore. Niente di più errato.
Se adoro i meisaku è proprio perché le storie intrise di morale mi divertono e mi commuovono particolarmente. Questo però finché la morale non viene idealizzata a tal punto da renderla sciocca, scontata e poco convincente.
<i>Dio è nel suo cielo
Tutto va bene nel mondo
(Robert Browning)</i>
I versi di Browning ben si prestano a rendere con efficacia le sensazioni che la visione di Sorridi, piccola Anna (Konnichiwa Anne) regala allo spettatore; non a caso, sono parole che ritornano sovente durante la serie, realizzata nel 2009 da Nippon Animation per la regia di Katsuyoshi Yatabe, nonché ventiseiesimo capitolo del bel filone di anime relativi al World Masterpiece Theater.
Sono trascorsi esattamente trent'anni da quando lo Studio giapponese lancia Anna dai capelli Rossi (Akage no Anne), per la regia di Isao Takahata, dalla fortunata saga di romanzi su "Anna dai tetti verdi" della scrittrice Lucy Maud Montgomery; per celebrare la ricorrenza, Nippon Animation crea il prequel animato tratto dall'omonimo libro scritto da Budge Wilson con il consenso degli eredi della Montgomery, di prossima pubblicazione in Italia per Kappa Edizioni.
Sorridi, piccola Anna è stata trasmesso in chiaro su Italia 1 dal 25 ottobre scorso, per un totale di 39 episodi: ritroviamo per protagonista Anna "dai capelli rossi" Shirley, nella serie che parte con l'intento di narrare gli accadimenti nella vita della piccola Anna antecedenti a quelli della serie "principale", e che si riallaccia alle vicende del suo più famoso seguito proprio nel finale.
Alla morte dei suoi genitori, avvenuta quand'era ancora in fasce, Anna Shirley viene per lungo tempo "adottata" come bambinaia e tuttofare dalla povera famiglia di Bert e Joanna Thomas: sarà una scelta felice e infelice, che fornirà alla bambina impronte su cui plasmerà alcuni dei suoi futuri passi. Al tempo stesso, la vita con i Thomas non la preserverà da duri e inaspettati eventi, né dai radicali cambiamenti che inevitabilmente si troverà ad affrontare.
Lo spaccato che copre la maggior parte della serie riguarda il periodo che Anna trascorre con la famiglia Thomas. È il rapporto più "familiare" che Anna sperimenta durante la propria infanzia, sospesa tra una vita a tutti gli effetti spesa "in famiglia", senza però esserne mai riconosciuta parte integrante, per molto tempo. Allo stesso modo, proprio la lunga digressione del tempo vissuto da Anna presso i Thomas fornisce l'occasione per osservare la vita quotidiana di una famiglia, le cui azioni sono riflesso perfetto di tutta una serie di (dis)valori della società dell'epoca.
L'alcolista Bert non lesina pesanti schiaffi alla moglie, sia fisici che morali, mostrandosi in ogni caso del tutto incurante della gravidanza avanzata della donna e del carico di lavoro che lei assume su di sé per il bene della famiglia, volente o nolente; così, anche in un matrimonio nato per amore, Bert assume il ruolo del padre-padrone, che a modo suo ama la famiglia e i figli, ma nello stesso tempo non risparmia loro né urla, né lo scontento, nemmeno la violenza. Eppure Bert non è una cattiva persona, lo dimostra la particolare gentilezza che inaspettatamente riserva spesso ad Anna; semplicemente, sfornare figli senza mai smettere di lavorare era uno dei tanti obblighi delle mogli dell'epoca, già segnate dalla difficoltà di mandare avanti la casa in precarie condizioni di vita e di lavoro; oggi può far rabbrividire, ma atteggiamenti misogini di questo genere facevano tranquillamente parte della quotidianità di tante famiglie.
Nel mondo di cui Anna è parte si percepisce spesso un acuto senso di sfiducia generale: che qualunque sforzo si compia, non accadrà mai niente di buono nella propria vita. Eppure la piccola Anna riesce sempre a trovarsi il suo angolo e non le manca mai un sorriso, né una parola di conforto, anche nei confronti di chi non le risparmia alcuna fatica; la speranza non viene sola né gratuita, ed è anche grazie agli incontri con alcune persone che le cambieranno la vita, se Anna riesce a stare a galla anche nei momenti più difficili e donare, ancora, la parte migliore di sé. Ogni percorso di vita è costellato da conoscenze impreviste che spesso, come si suol dire, rappresentano le persone giuste al momento giusto, quelle che ci permettono di diventare davvero "grandi".
L'evoluzione del personaggio di Anna è tangibile di episodio in episodio, parallelamente alla sua crescita fisica: iniziamo così da una bimbetta chiacchierona e tenerissima, fino ad osservare in lei lo sviluppo di una maturità precoce, ma sempre più consapevole. Anna si fa grande, senza mai perdere un briciolo della curiosità che la contraddistingue; scandisce intelligenza in ogni cosa che dice e che compie, e ciò la rende un personaggio sicuramente atipico per l'epoca, tanto più ad oggi.
Il character design di Takayo Nishimura rimane abbastanza in linea con i precedenti Meisaku, richiamando lo stile semplice, morbido ed efficace del Miyazaki cui furono affidati i primi titoli del progetto, sebbene rimanga tuttavia qualitativamente incostante. Vi è una base comune di colorazioni più accese e contorni più nitidi; si percepisce nettamente un contrasto piuttosto marcato tra i contorni e le campiture nei personaggi rispetto alla profusione di toni pastello dedicata ai delicati sfondi di paesaggi acquerellati, minuziosi e splendidi.
In quasi tutti gli episodi si può notare come la regia si dilunghi per qualche attimo su panorami dai toni caldi dell'oro e dell'arancione, forse un rimando al mal sopportato colore dei capelli della protagonista: è un motivo ricorrente e ironico, perché sono immagini e colori che tolgono il fiato e rasserenano l'animo, laddove invece Anna non manca mai di ribadire quanto le sia sgradita la tinta arancione dei suoi capelli. Probabilmente non è un caso se queste immagini mancano solo nei climax della serie, che coincidono con i passaggi più grigi e rigidi dell'esistenza di Anna.
Per quanto riguarda il comparto audio, le musiche sono opera di Yasuharu Takanashi (Perfect Girl Evolution, Itazura na Kiss, Naruto Shippuden), Hiromi Mizutani (Perfect Girl Evolution) e Kenji Fujisawa Itaru; le melodie ricordano talvolta atmosfere folk che ben si adattano all'ambientazione della serie. Si accostano piacevolmente anche al bell'incipit di cornamusa della sigla italiana di Augusto Martelli, cantata da Cristina d'Avena.
Sul fronte del doppiaggio, è dolcemente trillante la voce giapponese di Rina Hidaka (Michiko in Michiko e Hatchin, Kohane in xxxHOLiC) nel ruolo di Anna; a mio avviso la doppiatrice italiana Valentina Pallavicino non è riuscita a rendere allo stesso modo la tenerezza della piccina, per contro è stata però in grado di assumere un timbro sempre più adeguato mano a mano che Anna si fa più grande e matura.
Tra le varie voci del doppiaggio italiano, è molto buona l'interpretazione della brava Dania Cericola nel ruolo di Joanna, severa ma con un timbro comunque materno, sicuramente migliore rispetto all'aspra interpretazione giapponese di Seiko Tamura; molto bella anche la resa del personaggio di Bert da parte di Claudio Moneta, e buone le restanti voci, sebbene personalmente io abbia trovato eccessivamente inespressiva la narrazione di Loredana Nicosia.
È inoltre da segnalare che una compagna di scuola di Anna porta la voce originale giapponese di Mitsuko Horie, una veterana nel campo del doppiaggio, e tantopiù in quello dei Meisaku: protagonista in Lalabel e in Kiss me Licia, ma soprattutto in Pollyanna, Papà Gambalunga, Dolce Piccola Remì (Ie naki no Remi), passando anche per Piccolo Lord e Lovely Sara, e prestando la voce in diverse sigle di apertura e chiusura giapponesi.
Rispetto all'illustre precursore, Sorridi, piccola Anna è, in conclusione, un titolo meno intimistico e poetico, e più narrativo. Non è Anna dai capelli rossi e non c'è Isao Takahata alla regia. È una differenza che si percepisce nettamente, perché sì, viene spontaneo immaginare un confronto tra i due.
Se entrambe le opere si attengono fedelmente, come è nella consuetudine dei Meisaku, nel riproporre l'atmosfera dei libri da cui hanno preso vita, può darsi che la differenza di stile si riconduca anche a questo. Non avendo letto nessuno dei romanzi, ciò rimane semplicemente una mia mera ipotesi e non posso confermarlo. Tuttavia, va detto anche che ciò non è comunque motivo per serbare un pregiudizio nei confronti di Sorridi, piccola Anna che è un Meisaku ben riuscito, un prodotto curato piacevole alla visione e di facile affezione. Ancora prima di accorgervene, avrete sempre davanti agli occhi i tanti luoghi dalla bellezza mozzafiato, riprodotti alla perfezione come in un quadro, in cui vive e cresce Anna; è un titolo perfetto per incominciare la giornata, al mattino prima di uscire di casa per i propri impegni, ma anche al rientro alla sera, per lasciarsi cullare dal candore e dall'intramontabile fascino di una certa bimbetta dai lunghi capelli rossi.
Tutto va bene nel mondo
(Robert Browning)</i>
I versi di Browning ben si prestano a rendere con efficacia le sensazioni che la visione di Sorridi, piccola Anna (Konnichiwa Anne) regala allo spettatore; non a caso, sono parole che ritornano sovente durante la serie, realizzata nel 2009 da Nippon Animation per la regia di Katsuyoshi Yatabe, nonché ventiseiesimo capitolo del bel filone di anime relativi al World Masterpiece Theater.
Sono trascorsi esattamente trent'anni da quando lo Studio giapponese lancia Anna dai capelli Rossi (Akage no Anne), per la regia di Isao Takahata, dalla fortunata saga di romanzi su "Anna dai tetti verdi" della scrittrice Lucy Maud Montgomery; per celebrare la ricorrenza, Nippon Animation crea il prequel animato tratto dall'omonimo libro scritto da Budge Wilson con il consenso degli eredi della Montgomery, di prossima pubblicazione in Italia per Kappa Edizioni.
Sorridi, piccola Anna è stata trasmesso in chiaro su Italia 1 dal 25 ottobre scorso, per un totale di 39 episodi: ritroviamo per protagonista Anna "dai capelli rossi" Shirley, nella serie che parte con l'intento di narrare gli accadimenti nella vita della piccola Anna antecedenti a quelli della serie "principale", e che si riallaccia alle vicende del suo più famoso seguito proprio nel finale.
Alla morte dei suoi genitori, avvenuta quand'era ancora in fasce, Anna Shirley viene per lungo tempo "adottata" come bambinaia e tuttofare dalla povera famiglia di Bert e Joanna Thomas: sarà una scelta felice e infelice, che fornirà alla bambina impronte su cui plasmerà alcuni dei suoi futuri passi. Al tempo stesso, la vita con i Thomas non la preserverà da duri e inaspettati eventi, né dai radicali cambiamenti che inevitabilmente si troverà ad affrontare.
Lo spaccato che copre la maggior parte della serie riguarda il periodo che Anna trascorre con la famiglia Thomas. È il rapporto più "familiare" che Anna sperimenta durante la propria infanzia, sospesa tra una vita a tutti gli effetti spesa "in famiglia", senza però esserne mai riconosciuta parte integrante, per molto tempo. Allo stesso modo, proprio la lunga digressione del tempo vissuto da Anna presso i Thomas fornisce l'occasione per osservare la vita quotidiana di una famiglia, le cui azioni sono riflesso perfetto di tutta una serie di (dis)valori della società dell'epoca.
L'alcolista Bert non lesina pesanti schiaffi alla moglie, sia fisici che morali, mostrandosi in ogni caso del tutto incurante della gravidanza avanzata della donna e del carico di lavoro che lei assume su di sé per il bene della famiglia, volente o nolente; così, anche in un matrimonio nato per amore, Bert assume il ruolo del padre-padrone, che a modo suo ama la famiglia e i figli, ma nello stesso tempo non risparmia loro né urla, né lo scontento, nemmeno la violenza. Eppure Bert non è una cattiva persona, lo dimostra la particolare gentilezza che inaspettatamente riserva spesso ad Anna; semplicemente, sfornare figli senza mai smettere di lavorare era uno dei tanti obblighi delle mogli dell'epoca, già segnate dalla difficoltà di mandare avanti la casa in precarie condizioni di vita e di lavoro; oggi può far rabbrividire, ma atteggiamenti misogini di questo genere facevano tranquillamente parte della quotidianità di tante famiglie.
Nel mondo di cui Anna è parte si percepisce spesso un acuto senso di sfiducia generale: che qualunque sforzo si compia, non accadrà mai niente di buono nella propria vita. Eppure la piccola Anna riesce sempre a trovarsi il suo angolo e non le manca mai un sorriso, né una parola di conforto, anche nei confronti di chi non le risparmia alcuna fatica; la speranza non viene sola né gratuita, ed è anche grazie agli incontri con alcune persone che le cambieranno la vita, se Anna riesce a stare a galla anche nei momenti più difficili e donare, ancora, la parte migliore di sé. Ogni percorso di vita è costellato da conoscenze impreviste che spesso, come si suol dire, rappresentano le persone giuste al momento giusto, quelle che ci permettono di diventare davvero "grandi".
L'evoluzione del personaggio di Anna è tangibile di episodio in episodio, parallelamente alla sua crescita fisica: iniziamo così da una bimbetta chiacchierona e tenerissima, fino ad osservare in lei lo sviluppo di una maturità precoce, ma sempre più consapevole. Anna si fa grande, senza mai perdere un briciolo della curiosità che la contraddistingue; scandisce intelligenza in ogni cosa che dice e che compie, e ciò la rende un personaggio sicuramente atipico per l'epoca, tanto più ad oggi.
Il character design di Takayo Nishimura rimane abbastanza in linea con i precedenti Meisaku, richiamando lo stile semplice, morbido ed efficace del Miyazaki cui furono affidati i primi titoli del progetto, sebbene rimanga tuttavia qualitativamente incostante. Vi è una base comune di colorazioni più accese e contorni più nitidi; si percepisce nettamente un contrasto piuttosto marcato tra i contorni e le campiture nei personaggi rispetto alla profusione di toni pastello dedicata ai delicati sfondi di paesaggi acquerellati, minuziosi e splendidi.
In quasi tutti gli episodi si può notare come la regia si dilunghi per qualche attimo su panorami dai toni caldi dell'oro e dell'arancione, forse un rimando al mal sopportato colore dei capelli della protagonista: è un motivo ricorrente e ironico, perché sono immagini e colori che tolgono il fiato e rasserenano l'animo, laddove invece Anna non manca mai di ribadire quanto le sia sgradita la tinta arancione dei suoi capelli. Probabilmente non è un caso se queste immagini mancano solo nei climax della serie, che coincidono con i passaggi più grigi e rigidi dell'esistenza di Anna.
Per quanto riguarda il comparto audio, le musiche sono opera di Yasuharu Takanashi (Perfect Girl Evolution, Itazura na Kiss, Naruto Shippuden), Hiromi Mizutani (Perfect Girl Evolution) e Kenji Fujisawa Itaru; le melodie ricordano talvolta atmosfere folk che ben si adattano all'ambientazione della serie. Si accostano piacevolmente anche al bell'incipit di cornamusa della sigla italiana di Augusto Martelli, cantata da Cristina d'Avena.
Sul fronte del doppiaggio, è dolcemente trillante la voce giapponese di Rina Hidaka (Michiko in Michiko e Hatchin, Kohane in xxxHOLiC) nel ruolo di Anna; a mio avviso la doppiatrice italiana Valentina Pallavicino non è riuscita a rendere allo stesso modo la tenerezza della piccina, per contro è stata però in grado di assumere un timbro sempre più adeguato mano a mano che Anna si fa più grande e matura.
Tra le varie voci del doppiaggio italiano, è molto buona l'interpretazione della brava Dania Cericola nel ruolo di Joanna, severa ma con un timbro comunque materno, sicuramente migliore rispetto all'aspra interpretazione giapponese di Seiko Tamura; molto bella anche la resa del personaggio di Bert da parte di Claudio Moneta, e buone le restanti voci, sebbene personalmente io abbia trovato eccessivamente inespressiva la narrazione di Loredana Nicosia.
È inoltre da segnalare che una compagna di scuola di Anna porta la voce originale giapponese di Mitsuko Horie, una veterana nel campo del doppiaggio, e tantopiù in quello dei Meisaku: protagonista in Lalabel e in Kiss me Licia, ma soprattutto in Pollyanna, Papà Gambalunga, Dolce Piccola Remì (Ie naki no Remi), passando anche per Piccolo Lord e Lovely Sara, e prestando la voce in diverse sigle di apertura e chiusura giapponesi.
Rispetto all'illustre precursore, Sorridi, piccola Anna è, in conclusione, un titolo meno intimistico e poetico, e più narrativo. Non è Anna dai capelli rossi e non c'è Isao Takahata alla regia. È una differenza che si percepisce nettamente, perché sì, viene spontaneo immaginare un confronto tra i due.
Se entrambe le opere si attengono fedelmente, come è nella consuetudine dei Meisaku, nel riproporre l'atmosfera dei libri da cui hanno preso vita, può darsi che la differenza di stile si riconduca anche a questo. Non avendo letto nessuno dei romanzi, ciò rimane semplicemente una mia mera ipotesi e non posso confermarlo. Tuttavia, va detto anche che ciò non è comunque motivo per serbare un pregiudizio nei confronti di Sorridi, piccola Anna che è un Meisaku ben riuscito, un prodotto curato piacevole alla visione e di facile affezione. Ancora prima di accorgervene, avrete sempre davanti agli occhi i tanti luoghi dalla bellezza mozzafiato, riprodotti alla perfezione come in un quadro, in cui vive e cresce Anna; è un titolo perfetto per incominciare la giornata, al mattino prima di uscire di casa per i propri impegni, ma anche al rientro alla sera, per lasciarsi cullare dal candore e dall'intramontabile fascino di una certa bimbetta dai lunghi capelli rossi.
Sorridi, piccola Anna è il prequel del famosissimo anime Anna dai capelli rossi, trasmesso per la prima volta ormai molti anni fa, che finisce esattamente nell'istante in cui quella serie iniziava, ovvero quando Anna sbarca all'isola di Prince Edward, dove, come tutti sappiamo, sarà adottata da Matthew e Marilla. In realtà il suo arrivo era dovuto ad un equivoco (i 2 fratelli volevano in realtà un maschio che aiutasse l'ormai anziano Matthew nel lavoro nei campi), così, mentre il fratello si lascia subito intenerire e si affeziona a lei, Marilla ci pensa a lungo prima ci accettarla in casa e prende la sua sofferta decisione anche in seguito al lungo racconto dei primi anni di vita di Anna, che la commuovono profondamente.
In questo nuovo anime, la cui messa in onda si è conclusa da pochissimo qui da noi, viene approfondito molto questo racconto, così conosciamo meglio la famiglia Thomas e la famiglia Hammond, che prima dei Curthbert (?) avevano accolto la piccola in casa propria. Il risultato, nonostante qualche incongruenza (per esempio, nel racconto di Anna il signor Thomas non ha tutti figli maschi come vediamo nel prequel, ed è la signora Hammond e non suo marito a portarla in casa propria), è ottimo, perfettamente in stile con tutti gli anime della World Masterpiece Theater: una storia che non è tutta rose e fiori ma che, soprattutto per questo, appare molto realistica e riesce ad appassionare anche senza poteri magici, colpi segreti o altri effetti speciali tipici degli anime più moderni. Una storia a volte anche piuttosto cruda, che mostra le difficoltà delle situazioni in cui Anna si trova coinvolta così come sono, senza stupidi tentativi di indorare la pillola. L'unica censura che credo di aver individuato è un traffico illegale di thé inserito al posto di spaccio di droga, ma è qualcosa di tollerabile che non sconvolge per niente la storia, come invece accadeva con le impietose censure tanto comuni negli anni '90, che davano spesso risultati incomprensibili e ridicoli. Questo perché Sorridi, piccola Anna è una storia che parla di una bambina, ma non è un prodotto per bambini (o almeno io non credo che i bambini dovrebbero vederlo senza la compagnia dei genitori): nulla di strano, semplicemente noi italiani dovremmo capire una volta per tutte che in Giappone il cartone animato non è un prodotto per bambini, ma è semplicemente una forma narrativa come può essere un romanzo, un film, una poesia, qualcosa che a seconda dei casi può essere indirizzata a varie età.
I personaggi sono molto approfonditi, e spesso bisogna aspettare diversi episodi prima di giudicarli. L'aspetto più positivo della loro complessa caratterizzazione è che quasi sempre nessuno risulta del tutto buono o del tutto cattivo, ciascuno presenta pregi e difetti di ogni essere umano: soprattutto gli adulti troppo spesso sono ben lontani dalla perfezione, e la stessa protagonista risulta in qualche occasione antipatica.
Come molte serie stile anni '70-'80 è strutturata in puntate e non in episodi, il che secondo me è molto positivo, anche se magari c'è più ansia, ogni giorno, di vedere il seguito.
Vivamente consigliato. Ovviamente il mio voto è 10.
In questo nuovo anime, la cui messa in onda si è conclusa da pochissimo qui da noi, viene approfondito molto questo racconto, così conosciamo meglio la famiglia Thomas e la famiglia Hammond, che prima dei Curthbert (?) avevano accolto la piccola in casa propria. Il risultato, nonostante qualche incongruenza (per esempio, nel racconto di Anna il signor Thomas non ha tutti figli maschi come vediamo nel prequel, ed è la signora Hammond e non suo marito a portarla in casa propria), è ottimo, perfettamente in stile con tutti gli anime della World Masterpiece Theater: una storia che non è tutta rose e fiori ma che, soprattutto per questo, appare molto realistica e riesce ad appassionare anche senza poteri magici, colpi segreti o altri effetti speciali tipici degli anime più moderni. Una storia a volte anche piuttosto cruda, che mostra le difficoltà delle situazioni in cui Anna si trova coinvolta così come sono, senza stupidi tentativi di indorare la pillola. L'unica censura che credo di aver individuato è un traffico illegale di thé inserito al posto di spaccio di droga, ma è qualcosa di tollerabile che non sconvolge per niente la storia, come invece accadeva con le impietose censure tanto comuni negli anni '90, che davano spesso risultati incomprensibili e ridicoli. Questo perché Sorridi, piccola Anna è una storia che parla di una bambina, ma non è un prodotto per bambini (o almeno io non credo che i bambini dovrebbero vederlo senza la compagnia dei genitori): nulla di strano, semplicemente noi italiani dovremmo capire una volta per tutte che in Giappone il cartone animato non è un prodotto per bambini, ma è semplicemente una forma narrativa come può essere un romanzo, un film, una poesia, qualcosa che a seconda dei casi può essere indirizzata a varie età.
I personaggi sono molto approfonditi, e spesso bisogna aspettare diversi episodi prima di giudicarli. L'aspetto più positivo della loro complessa caratterizzazione è che quasi sempre nessuno risulta del tutto buono o del tutto cattivo, ciascuno presenta pregi e difetti di ogni essere umano: soprattutto gli adulti troppo spesso sono ben lontani dalla perfezione, e la stessa protagonista risulta in qualche occasione antipatica.
Come molte serie stile anni '70-'80 è strutturata in puntate e non in episodi, il che secondo me è molto positivo, anche se magari c'è più ansia, ogni giorno, di vedere il seguito.
Vivamente consigliato. Ovviamente il mio voto è 10.
Si tratta di un prequel dell'anime tratto dalla novella per bambini: Anne of Green Gables di L. M. Montgomery. Il prequel è tratto dal libro di Budge Wilson: Before Green Gables. La storia descrive i primi anni di vita della bambina orfana Anne, prima dell'incontro con la famiglia adottiva descritta in Anne of Green Gables.
Nel 2008 è stato celebrato il 100° anniversario della novella originale Anne of Green Gables.
La storia è molto conosciuta in Giappone grazie alla traduzione ufficiale della novella e grazie alla trasposizione animata del 1979 diretta da Isao Takahata (futuro fondatore dello Studio Ghibli). In Italia è conosciuta con il nome di "Anna dai capelli rossi".
Sono rimasta molto colpita dal fatto che siano riusciti a mantenere lo stesso stile della serie classica, mantenendo così un file conduttore. Splendidi sfondi acquerellati, storia semplice e divertente sulle avventure di Anna.
Sono molto affezionata ad Anna che ho visto una infinità di volte, e non solo da piccolina...
Ho visto con piacere questi episodi e spero di poterne vedere al più presto altri.
Nel 2008 è stato celebrato il 100° anniversario della novella originale Anne of Green Gables.
La storia è molto conosciuta in Giappone grazie alla traduzione ufficiale della novella e grazie alla trasposizione animata del 1979 diretta da Isao Takahata (futuro fondatore dello Studio Ghibli). In Italia è conosciuta con il nome di "Anna dai capelli rossi".
Sono rimasta molto colpita dal fatto che siano riusciti a mantenere lo stesso stile della serie classica, mantenendo così un file conduttore. Splendidi sfondi acquerellati, storia semplice e divertente sulle avventure di Anna.
Sono molto affezionata ad Anna che ho visto una infinità di volte, e non solo da piccolina...
Ho visto con piacere questi episodi e spero di poterne vedere al più presto altri.