Con un oceano di titoli usciti negli ultimi anni e con un bacino di utenza sempre maggiore, il mercato dei videogiochi è in uno dei suoi momenti più floridi di sempre e in questo riscoperto periodo d'oro ci sono tre "nuovi generi" in particolare che hanno e stanno dominando: i gatcha (tipo Genshin Impact), i soulslike (come Elden Ring) e i roguelike (simili a The Binding of Isaac). Darkest Dungeon II non è certamente un gatcha, ma è un roguelike con le atmosfere tetre tipiche dei soulslike. Premesso che pontificare sui generi è piuttosto sterile, le etichette sono un ottimo modo per capire cosa aspettarsi e Red Hook con i suoi due Darkest Dungeon sapeva bene che tipo di esperienza voleva offrire ai giocatori.
Soulslike e roguelike condividono il concetto di ripetizione, ma se in un Demon's Souls il giocatore ripeterà lo stesso percorso più volte fino ad imparare a memoria dove sono i nemici e come sconfiggerli in modo efficiente, in un Roguebook il percorso e le variabili cambiano ad ogni sessione così che il giocatore abbia sempre un nuovo scenario da affrontare, facendo tesoro delle esperienze pregresse per decidere di volta in volta il modo per lui più efficace per gestire la situazione. Dopo il successo del primo capitolo e del secondo su Pc, Red Hook porta finalmente Darkest Dungeon II su console per un'esperienza emozionante che racchiude in sé la genuina paura di chi si avvicina per la prima volta ad un Dark Souls unita al tocco strategico e azzardato che i veterani dei più oscuri sotterranei-roguelike hanno imparato a gestire e apprezzare, il tutto per un macabro ciclo di disperazione e speranza.
Non Aspettarti di riuscire nell'impresa al primo colpo. Vedrai eroi soccombere, fallimenti susseguirsi uno dopo l'altro e il tuo impeto vacillare. Fatti coraggio. Non Demordere. Avanza senza indugio nella penombra sconfinata e affronta le tue paure.
Queste sono le prime parole che il giocatore leggerà in Darkest Dungeon II, un monito di ciò che attenderà chi si imbarcherà nel tortuoso viaggio verso l'antro più oscuro, la radice di ogni male... il Darkest Dungeon.
Il mondo è in ginocchio davanti alla follia che tempo addietro, nel primo capitolo, sembrava limitato ai tetri sotterranei e che ora invece infesta ogni dove, portando l'umanità sull'orlo dell'estinzione. Una compagnia di quattro eroi è l'ultimo barlume di speranza in un regno che ha smesso di credere nel domani e l'unico modo per porre fine all'incubo è imbarcarsi in un pericoloso viaggio per raggiungere l'antro più oscuro della montagna più lontana e sgominare qualsiasi cosa si trovi al suo interno.
Come nel precedente Darkest Dungeon, una voce fuoricampo commenta gli eventi, fornisce il contesto e narra con poca convinzione gli eventi che hanno portato alla situazione disperata. Il rapporto allievo-maestro tra il protagonista e il narratore rende la storia leggeremente più intrigante, ma l'interesse cala commento dopo commento perché la narrazione non prosegue davvero. Detto questo, la storia non è certamente il punto forte di Darkest Dungeon II; come da tradizione per i roguelike è il gameplay la punta di diamante e a questo proposito il titolo del gioco potrebbe risultare in un certo senso fuorviante perché più che nel dungeon il focus è posto sul viaggio per raggiungerlo e la ripetizione di quest'ultimo più e più volte.
Ad ogni inizio il giocatore assemblerà il proprio gruppo di quattro personaggi tra le varie classi disponibili e sbloccabili, avanzando area dopo area fino al raggiungimento della montagna. Ogni area è costellata di biforcazioni che portano ad eventi preimpostati semi-casuali per una serie di tappe diverse ad ogni sessione che renderanno l'epopea della compagnia più o meno difficile. Che si tratti di battaglie da vincere o di rifugiati da aiutare (o derubare...) ogni evento arricchirà il giocatore con risorse e oggetti, ma soprattutto contribuirà a delineare il rapporto tra i membri del gruppo portando alla nascita di legami più o meno forti, positivi o negativi che siano. I rapporti influenzano una abilità casuale per eroe, abilità che quando eseguita conferirà bonus positivi o negativi a seconda del tipo di relazione.
La meccanica dei rapporti è fondamentale per l'avanzamento nelle fasi più avanzate, ma sebbene un gruppo affiatato possa effettivamente fare la differenza tra sopravvivenza e morte, gli elementi in gioco sono diversi e strategia e assetto sono comunque cruciali nel proseguimento dell'avventura. A propisito di meccaniche cardine, gli eroi di Darkest Dungeon non hanno solo i punti vita, ma una barra di stress che aumenta e (più raramente) diminuisce in base ad attacchi e situazioni dentro e fuori dalla battaglia. Arrivare a zero punti vita porta il personaggio nello stato di "punto di morte" dove ad ogni nuovo attacco subito questi potrebbe perdere la vita o incrementare il proprio stress, rendendo il decesso sempre più probabile. Quando la barra dello stress è al massimo, il personaggio può avere una crisi di nervi e vedere la propria vita ridotta al minimo oppure, molto raramente, mostrare una salda determinazione e recupera tutti i pv.
Notare che "trarre il massimo dalle avversità" non è solo una frase ad effetto, ma è di fatto la massima di Darkest Dungeon perché anche il più lineare e tranquillo dei viaggi nasconderà sempre difficoltà toste da gestire. Il bello del gioco è il mix tra quanto è effettivamente sotto il controllo del giocatore e quanto no: l'incontrollabile e la casualità rendono ogni sessione emozionante ed epica. Ad ogni fine sessione, sia essa completa o prematura, il giocatore ottiene le candele della speranza, ovvero la valuta da spendere per sbloccare bonus e oggetti che aiuteranno i viaggi successivi, come da tradizione nei roguelike. Nuovi personaggi, nuovi oggetti per i personaggi o per la diligenza sono tutti elementi che, una volta sbloccati, il giocatore potrà trovare nei viaggi successivi, rendendo di fatto possibile completare le spedizioni nelle fasi più avanzate.
Darkest Dungeon II offre una direzione artistica perfattemente in linea con le atmosfere del gioco, uno stile tetro e oscuro che vede eroi disperati e nemici inquietanti muoversi in ambienti post-apocalittici. La colonna sonora enfatizza l'oscurità che permea situazioni e ambientazioni, ma è fin troppo poco varia e poco incisiva finendo per risultare più fastidiosa che non efficace. Rispetto al precedente capitolo, i personaggi sono ora modelli 3D e non più sprite 2D, un cambio comprensibile vista la più economica gestione dei primi rispetto ai secondi, ma leggermente meno belli da vedere sebbene ad un primo sguardo superficiale si potrebbe non notare il passaggio grafico. Le aree esplorabili, inedite nel precedente capitolo, sono spoglie e non particolarmente accattivanti, aspetti che si fanno più pesanti sessione dopo sessione. Pecca non indifferente considerato il tipo di gioco.
Menzione d'onore al DLC The Binding Blade compreso nella Oblivion Edition o acquistabile singolarmente che si inserisce alla perfezione nel loop di gioco inserendo fin da subito un nuovo personaggio nel roster più uno da sbloccare superando diversi step di una quest secondaria. La Duellante, disponibile da subito, ha uno stile estremamente dinamico che permette al party di variare la propria formazione con relativa semplicità, un livello di strategia da non sottovalutare perché ogni abilità ha un suo range e non sempre le retrovie sono un posto sicuro. Il secondo persoanggio di The Binding Blade è il Crociato, un potente cavaliere con un'ottima resistenza e un set di abilità capaci di infliggere danni importanti in aggiunta a buff per i compagni e debuff per i nemici, ma soprattutto... come si può resistere al fascino del soldato in armatura che (forse involontariamente) ricorda il leggendario protagonista di Demon's Souls?
Gioco testato su Playstation 5.
Soulslike e roguelike condividono il concetto di ripetizione, ma se in un Demon's Souls il giocatore ripeterà lo stesso percorso più volte fino ad imparare a memoria dove sono i nemici e come sconfiggerli in modo efficiente, in un Roguebook il percorso e le variabili cambiano ad ogni sessione così che il giocatore abbia sempre un nuovo scenario da affrontare, facendo tesoro delle esperienze pregresse per decidere di volta in volta il modo per lui più efficace per gestire la situazione. Dopo il successo del primo capitolo e del secondo su Pc, Red Hook porta finalmente Darkest Dungeon II su console per un'esperienza emozionante che racchiude in sé la genuina paura di chi si avvicina per la prima volta ad un Dark Souls unita al tocco strategico e azzardato che i veterani dei più oscuri sotterranei-roguelike hanno imparato a gestire e apprezzare, il tutto per un macabro ciclo di disperazione e speranza.
Trarre il massimo dalle avversità: questo è Darkest Dungeon.
Non Aspettarti di riuscire nell'impresa al primo colpo. Vedrai eroi soccombere, fallimenti susseguirsi uno dopo l'altro e il tuo impeto vacillare. Fatti coraggio. Non Demordere. Avanza senza indugio nella penombra sconfinata e affronta le tue paure.
Queste sono le prime parole che il giocatore leggerà in Darkest Dungeon II, un monito di ciò che attenderà chi si imbarcherà nel tortuoso viaggio verso l'antro più oscuro, la radice di ogni male... il Darkest Dungeon.
Il mondo è in ginocchio davanti alla follia che tempo addietro, nel primo capitolo, sembrava limitato ai tetri sotterranei e che ora invece infesta ogni dove, portando l'umanità sull'orlo dell'estinzione. Una compagnia di quattro eroi è l'ultimo barlume di speranza in un regno che ha smesso di credere nel domani e l'unico modo per porre fine all'incubo è imbarcarsi in un pericoloso viaggio per raggiungere l'antro più oscuro della montagna più lontana e sgominare qualsiasi cosa si trovi al suo interno.
Come nel precedente Darkest Dungeon, una voce fuoricampo commenta gli eventi, fornisce il contesto e narra con poca convinzione gli eventi che hanno portato alla situazione disperata. Il rapporto allievo-maestro tra il protagonista e il narratore rende la storia leggeremente più intrigante, ma l'interesse cala commento dopo commento perché la narrazione non prosegue davvero. Detto questo, la storia non è certamente il punto forte di Darkest Dungeon II; come da tradizione per i roguelike è il gameplay la punta di diamante e a questo proposito il titolo del gioco potrebbe risultare in un certo senso fuorviante perché più che nel dungeon il focus è posto sul viaggio per raggiungerlo e la ripetizione di quest'ultimo più e più volte.
Ad ogni inizio il giocatore assemblerà il proprio gruppo di quattro personaggi tra le varie classi disponibili e sbloccabili, avanzando area dopo area fino al raggiungimento della montagna. Ogni area è costellata di biforcazioni che portano ad eventi preimpostati semi-casuali per una serie di tappe diverse ad ogni sessione che renderanno l'epopea della compagnia più o meno difficile. Che si tratti di battaglie da vincere o di rifugiati da aiutare (o derubare...) ogni evento arricchirà il giocatore con risorse e oggetti, ma soprattutto contribuirà a delineare il rapporto tra i membri del gruppo portando alla nascita di legami più o meno forti, positivi o negativi che siano. I rapporti influenzano una abilità casuale per eroe, abilità che quando eseguita conferirà bonus positivi o negativi a seconda del tipo di relazione.
La meccanica dei rapporti è fondamentale per l'avanzamento nelle fasi più avanzate, ma sebbene un gruppo affiatato possa effettivamente fare la differenza tra sopravvivenza e morte, gli elementi in gioco sono diversi e strategia e assetto sono comunque cruciali nel proseguimento dell'avventura. A propisito di meccaniche cardine, gli eroi di Darkest Dungeon non hanno solo i punti vita, ma una barra di stress che aumenta e (più raramente) diminuisce in base ad attacchi e situazioni dentro e fuori dalla battaglia. Arrivare a zero punti vita porta il personaggio nello stato di "punto di morte" dove ad ogni nuovo attacco subito questi potrebbe perdere la vita o incrementare il proprio stress, rendendo il decesso sempre più probabile. Quando la barra dello stress è al massimo, il personaggio può avere una crisi di nervi e vedere la propria vita ridotta al minimo oppure, molto raramente, mostrare una salda determinazione e recupera tutti i pv.
Notare che "trarre il massimo dalle avversità" non è solo una frase ad effetto, ma è di fatto la massima di Darkest Dungeon perché anche il più lineare e tranquillo dei viaggi nasconderà sempre difficoltà toste da gestire. Il bello del gioco è il mix tra quanto è effettivamente sotto il controllo del giocatore e quanto no: l'incontrollabile e la casualità rendono ogni sessione emozionante ed epica. Ad ogni fine sessione, sia essa completa o prematura, il giocatore ottiene le candele della speranza, ovvero la valuta da spendere per sbloccare bonus e oggetti che aiuteranno i viaggi successivi, come da tradizione nei roguelike. Nuovi personaggi, nuovi oggetti per i personaggi o per la diligenza sono tutti elementi che, una volta sbloccati, il giocatore potrà trovare nei viaggi successivi, rendendo di fatto possibile completare le spedizioni nelle fasi più avanzate.
Darkest Dungeon II offre una direzione artistica perfattemente in linea con le atmosfere del gioco, uno stile tetro e oscuro che vede eroi disperati e nemici inquietanti muoversi in ambienti post-apocalittici. La colonna sonora enfatizza l'oscurità che permea situazioni e ambientazioni, ma è fin troppo poco varia e poco incisiva finendo per risultare più fastidiosa che non efficace. Rispetto al precedente capitolo, i personaggi sono ora modelli 3D e non più sprite 2D, un cambio comprensibile vista la più economica gestione dei primi rispetto ai secondi, ma leggermente meno belli da vedere sebbene ad un primo sguardo superficiale si potrebbe non notare il passaggio grafico. Le aree esplorabili, inedite nel precedente capitolo, sono spoglie e non particolarmente accattivanti, aspetti che si fanno più pesanti sessione dopo sessione. Pecca non indifferente considerato il tipo di gioco.
Menzione d'onore al DLC The Binding Blade compreso nella Oblivion Edition o acquistabile singolarmente che si inserisce alla perfezione nel loop di gioco inserendo fin da subito un nuovo personaggio nel roster più uno da sbloccare superando diversi step di una quest secondaria. La Duellante, disponibile da subito, ha uno stile estremamente dinamico che permette al party di variare la propria formazione con relativa semplicità, un livello di strategia da non sottovalutare perché ogni abilità ha un suo range e non sempre le retrovie sono un posto sicuro. Il secondo persoanggio di The Binding Blade è il Crociato, un potente cavaliere con un'ottima resistenza e un set di abilità capaci di infliggere danni importanti in aggiunta a buff per i compagni e debuff per i nemici, ma soprattutto... come si può resistere al fascino del soldato in armatura che (forse involontariamente) ricorda il leggendario protagonista di Demon's Souls?
GIUDIZIO FINALE
Premesso che la ripetitività è un elemento imprescindibile in un roguelike, la componente casuale dentro e fuori dagli scontri in Darkest Dungeon II rende le sessioni intriganti anche quando ci si fissa sugli stessi eroi. Il tetro viaggio va ripetuto più e più volte, portando il giocatore nel vortice di follia e disperazione in cui il mondo imperversa e sebbene sulla carta le differenze non siano poi così marcate dato il non esagerato numero di nemici e abilità, il sistema di gioco è così funzionale da cattura ugualmente il giocatore, spingendolo a ripetere più e più volte il tutto per sgominare fino all'ultima aberrazione. Per concludere, Darkest Dungeon II è un titolo dalla forte personalità, forse non più così efficace data la quantità di titoli del genere dalle atmosfere oscure, ma decisamente consigliato ai fan del genere o a chi vuole avvicinarsici per la prima volta.
Gioco testato su Playstation 5.
Pro
- Battle system strategico e ricco di buone idee
- Stile grafico perfettamente in linea con le atmosfere e le meccaniche
- Dinamiche di gioco originali ed efficaci
- Le backstory dei personaggi sono interessanti
Contro
- Storia non pervenuta
- Qualche evento in più non avrebbe guastato
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