Il governo giapponese sta per varare un'iniziativa indirizzata ai lavoratori stranieri impegnati in campi pertinenti al noto progetto "Cool Japan", in particolare l'animazione, che merita la massima attenzione, anche se alcuni suoi risvolti devono essere attentamente valutati.
Gran parte di coloro i quali amano l'animazione giapponese sognano almeno una volta nella vita, di andare a vivere e lavorare in Giappone, per quanto si sia oggi maggiormente consapevoli delle difficoltà che questo può comportare. Il Giappone può essere un posto davvero duro dove vivere e lavorare, molto diverso da ciò che si vede negli anime.
L'Ufficio giapponese per l'immigrazione ha annunciato di voler modificare, entro breve tempo, i propri regolamenti in maniera tale da permettere agli stranieri che operano nel campo dell'animazione di ottenere il diritto di residenza permanente in Giappone, dopo un solo anno di lavoro.
Non si tratta di un'iniziativa isolata. Ricordiamo come già nel 2016 il governo di Shinzo Abe avesse deciso di istituire delle "aree strategiche speciali" in cui la disciplina dei visti per i lavoratori stranieri sarebbe stata allentata. All'inizio di quest'anno l'Ufficio per l'immigrazione aveva annunciato una svolta più generale delle proprie normative adottando un sistema di punteggio preferenziale per favorire l'immigrazione di professionisti stranieri altamente qualificati, che lavorassero in tre specifici campi (ricerca accademica avanzata, attività tecnico/specialistiche avanzate e attività avanzate di gestione aziendale), che per la legislazione precedente avrebbero dovuto attendere almeno 5 anni prima di poter ottenere un permesso di residenza permanente. Ora bastano solo 12 mesi. Dal prossimo anno l'Ufficio immigrazione intende estendere queste nuove disposizioni anche ai professionisti impegnati nel campo dell'animazione, alla moda ed anche ad altri settori dell'economia legati alla cultura pop.
L'obiettivo primario del programma è quello di promuovere e diffondere la cultura giapponese all'estero attraverso gli sforzi degli stranieri residenti in Giappone.
Occorre però fare alcune necessarie considerazioni.
Innanzitutto, anche in base alle nuove regole, prima di poter ottenere la residenza permanente come "risorse umane utili ai fini del progetto Cool Japan", così è stato definito da qualcuno il progetto, occorre pur sempre lavorare almeno per un anno in Giappone, all'interno di uno studio di animazione, nell'ambito della moda etc. Ed è risaputo che non è facilissimo entrare in questi ambiti (potremmo citare qui l'esempio del bando dello Studio Ghibli, aperto anche a lavoratori stranieri, anche senza grande esperienza ma che devono, tassativamente, conoscere bene il giapponese). In altre parole, nessuno creda di partire alla ventura per il "lontano Cipangu": sarà opportuno, per tutti, avere un vero progetto di vita e lavoro.
In secondo luogo, sebbene nelle informazioni rilasciate dall'ufficio per l'immigrazione ci siano tante belle parole, il nucleo essenziale della nuova normativa sul punteggio preferenziale gira attorno al concetto di "professionalità altamente qualificate". Occorre essere chiarissimi: il governo giapponese non concederà la residenza a qualunque fan dell'animazione desideroso di andare in giro per Akihabara a scattare foto e girare video.
I valutatori dell'Ufficio immigrazione faranno un lavoro di scrematura molto attento sui candidati considerando con attenzione il titolo di studio e gli anni di esperienza nei vari campi: per ciascun ambito vi sarà un determinato punteggio. La scala per ottenere i migliori punteggi sarà ripida e scivolosa. Molte persone potrebbero avere difficoltà pratiche a raggiungere almeno il livello dei 70 punti che consentiranno, ma solo dopo tre anni di permanenza, di ottenere la residenza. Ancora più difficile arrivare ai magici 80 punti, che permettono di accedere al visto di residenza permanente in un solo anno. Un elemento molto importante nella valutazione sarà il reddito annuale dei singoli. I candidati dovranno dimostrare di poter metter insieme, grazie alle proprie capacità, ed alle potenzialità del proprio settore: un reddito annuo di almeno 25 milioni di yen (225.000 dollari USA), equivarrà a 40 punti, e quindi non sarà sufficiente da solo a raggiungere la soglia.
Considerando i salari degli animatori nipponici, ed i costi della vita in Giappone, abbiamo qualche dubbio che questa strada sarà facilmente percorribile dalla gran parte di quei "professionisti stranieri" a cui si vuole rivolgere il governo giapponese, salvo che non siano davvero fortemente motivati e con un progetto di vita particolarmente accurato.
Fonte consultata:
Rocketnews
Gran parte di coloro i quali amano l'animazione giapponese sognano almeno una volta nella vita, di andare a vivere e lavorare in Giappone, per quanto si sia oggi maggiormente consapevoli delle difficoltà che questo può comportare. Il Giappone può essere un posto davvero duro dove vivere e lavorare, molto diverso da ciò che si vede negli anime.
L'Ufficio giapponese per l'immigrazione ha annunciato di voler modificare, entro breve tempo, i propri regolamenti in maniera tale da permettere agli stranieri che operano nel campo dell'animazione di ottenere il diritto di residenza permanente in Giappone, dopo un solo anno di lavoro.
Non si tratta di un'iniziativa isolata. Ricordiamo come già nel 2016 il governo di Shinzo Abe avesse deciso di istituire delle "aree strategiche speciali" in cui la disciplina dei visti per i lavoratori stranieri sarebbe stata allentata. All'inizio di quest'anno l'Ufficio per l'immigrazione aveva annunciato una svolta più generale delle proprie normative adottando un sistema di punteggio preferenziale per favorire l'immigrazione di professionisti stranieri altamente qualificati, che lavorassero in tre specifici campi (ricerca accademica avanzata, attività tecnico/specialistiche avanzate e attività avanzate di gestione aziendale), che per la legislazione precedente avrebbero dovuto attendere almeno 5 anni prima di poter ottenere un permesso di residenza permanente. Ora bastano solo 12 mesi. Dal prossimo anno l'Ufficio immigrazione intende estendere queste nuove disposizioni anche ai professionisti impegnati nel campo dell'animazione, alla moda ed anche ad altri settori dell'economia legati alla cultura pop.
L'obiettivo primario del programma è quello di promuovere e diffondere la cultura giapponese all'estero attraverso gli sforzi degli stranieri residenti in Giappone.
Occorre però fare alcune necessarie considerazioni.
Innanzitutto, anche in base alle nuove regole, prima di poter ottenere la residenza permanente come "risorse umane utili ai fini del progetto Cool Japan", così è stato definito da qualcuno il progetto, occorre pur sempre lavorare almeno per un anno in Giappone, all'interno di uno studio di animazione, nell'ambito della moda etc. Ed è risaputo che non è facilissimo entrare in questi ambiti (potremmo citare qui l'esempio del bando dello Studio Ghibli, aperto anche a lavoratori stranieri, anche senza grande esperienza ma che devono, tassativamente, conoscere bene il giapponese). In altre parole, nessuno creda di partire alla ventura per il "lontano Cipangu": sarà opportuno, per tutti, avere un vero progetto di vita e lavoro.
In secondo luogo, sebbene nelle informazioni rilasciate dall'ufficio per l'immigrazione ci siano tante belle parole, il nucleo essenziale della nuova normativa sul punteggio preferenziale gira attorno al concetto di "professionalità altamente qualificate". Occorre essere chiarissimi: il governo giapponese non concederà la residenza a qualunque fan dell'animazione desideroso di andare in giro per Akihabara a scattare foto e girare video.
I valutatori dell'Ufficio immigrazione faranno un lavoro di scrematura molto attento sui candidati considerando con attenzione il titolo di studio e gli anni di esperienza nei vari campi: per ciascun ambito vi sarà un determinato punteggio. La scala per ottenere i migliori punteggi sarà ripida e scivolosa. Molte persone potrebbero avere difficoltà pratiche a raggiungere almeno il livello dei 70 punti che consentiranno, ma solo dopo tre anni di permanenza, di ottenere la residenza. Ancora più difficile arrivare ai magici 80 punti, che permettono di accedere al visto di residenza permanente in un solo anno. Un elemento molto importante nella valutazione sarà il reddito annuale dei singoli. I candidati dovranno dimostrare di poter metter insieme, grazie alle proprie capacità, ed alle potenzialità del proprio settore: un reddito annuo di almeno 25 milioni di yen (225.000 dollari USA), equivarrà a 40 punti, e quindi non sarà sufficiente da solo a raggiungere la soglia.
Considerando i salari degli animatori nipponici, ed i costi della vita in Giappone, abbiamo qualche dubbio che questa strada sarà facilmente percorribile dalla gran parte di quei "professionisti stranieri" a cui si vuole rivolgere il governo giapponese, salvo che non siano davvero fortemente motivati e con un progetto di vita particolarmente accurato.
Fonte consultata:
Rocketnews
io ho il forte timore che se il governo cambiasse qualcosa sulle ore lavorative... sul carico e tutto il resto... l'economia del paese potrebbe anche crollare... temo che ormai l'economia del paese... sia troppo simbionte del metodo lavorativo attuale (non conosco nessun altro paese dove ci sono così tanti "morti per lavoro") che ci vorrebbe un esperto di economia di lv ultra per riuscire a generare una transizione che non genera crisi...
Mi pare ragionevole che non vogliano aprire troppo i confini, altrimenti verrebbero inondati da un fiume umano (milioni di cinesi già pronti con o senza la valigia di cartone) senza precedenti...
La questione è un po' più complessa di così: da un lato ci si trova di fronte ad una crisi del mercato interno: sono passati i tempi in cui i giapponesi compravano dvd e laser disc a nastro delle loro serie preferite, dall'altro nemmeno i proventi provenienti dalla vendita dei diritti in altri paesi basta per andare in pari. Insomma, brutto da dire, ma se pagassero "il giusto" forse molti anime non verrebbero nemmeno prodotti...
Parlano tutti di crisi del settore... ma vendendo le uscite di questo inverno, primavera ed estate ci sono una marea di titoli... producono qualsiasi m***a, nel vero senso della parola... Onara Gorō, Unko-san...
Potrebbero iniziare a pagare il giusto facendo meno serie ed alzando così la qualità. Non è saturando il mercato e schiavizzando i dipendenti che si risolleveranno.
Beh, anche se alzassero la qualità non è detto che aumenterebbero le vendite, sicché...
One Punch man, My hero Accademia, Yuri on Ice, Attacco dei Giganti ( più o meno) hanno dimostrato che quando c'è un programma serio portato avanti con una buona qualità i risultati arrivando. Invece la strategia di produrre ogni anno centinaia di anime tutti uguali di infima qualità sta mostrando tutti i propri limiti. Meglio pochi ma buoni poi al massimo attorniato ai successi fai uscire qualche anime clone a basso costo, ma non duecentomila.
Che vengano prodotti un sacco di anime inutili ogni anno è sicuro, il problema è se poi magari sono proprio questi anime che riescono a tenere a galla molti studi!
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