Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!
Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.
Per saperne di più continuate a leggere.
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Overlord
7.0/10
Recensione di Joey il Padrino
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Voglio fare una premessa: quando leggo la parola anime associata a MMORPG, non mi sento mai al sicuro. Questo preconcetto, insinuatosi nella mia mente dopo aver visionato svariate delusioni animate in cui la tematica fantasy veniva solo inserita come escamotage per mascherare storie che nulla avevano a che fare con quel genere, ha rischiato inizialmente di prendere il sopravvento pure con “Overlord”, serie animata del 2015 tratta da una serie di light novel pubblicate a partire dal 2012, scritte da Kugane Maruyama e illustrate da So-Bin. Per quanto concerne l’anime, invece, alla sceneggiatura abbiamo Yukie Sugawara e Naoyuki Ito (già precedentemente direttore di alcuni episodi speciali della celebre serie “One Piece”), ma è stata proprio la “certezza” Madhouse, studio di produzione del quale non ricordo nemmeno una serie che non mi sia piaciuta, a spingermi definitivamente, nel tardo 2017, alla visione di questa serie tanto discussa e apprezzata tra i fan del genere.
La trama ci catapulta fin dalle prime battute a Yggdrasil, realtà virtuale MMORPG che si trova in procinto della chiusura, dopo un lungo periodo di popolarità. Momonga, uno degli utenti più forti, ma che nella vita di tutti i giorni altri non è (come egli stesso si definisce) che un povero impiegato privo di ambizioni e interessi, esegue il login per l'ultima volta, ripensando, con nostalgia e dispiacere, a tutti i bei momenti passati con i suoi amici utenti. Il giocatore, però, tutto a un tratto scopre che il logout non è avvenuto, e ben presto si consapevolizza del fatto di esser egli stesso stato catapultato nel gioco sotto forma del suo personaggio (un arcilich mago), e che gli è preclusa qualsiasi possibilità di uscita. Dopo un’iniziale fase di preoccupazione, ben presto nota di essere diventato il leader supremo del regno di Nazarick, regno ideato e costruito da Momonga e dai suoi ex compagni, in altre parole il sogno di qualunque nerd fatto realtà, con cameriere carine, servitori potenti ma servili al tempo stesso, oggetti magici di massimo livello e una bandiera sventolante il suo nome. Da questo momento in poi inizieranno le imprese di Momonga, che indagherà, all’inizio cautamente, il mondo fantasy in cui è stato catapultato, notando fin da subito le somiglianze con il suo gioco preferito, salvo poi cominciare una lenta e inesorabile conquista del mondo, diventando alla fine egli stesso protagonista/antagonista. Ciò non vuol dire che il nostro impiegato perda la sua umanità, dal momento che buona parte delle sue ricerche saranno condotte con l’intenzione di ritrovare qualche altro “imprigionato” nel gioco e una potenziale via di fuga.
Già dai primi passi si può notare come l’anime si discosti enormemente da altre serie del suo genere, “Sword Art Online” su tutti: spariscono infatti le barre della vita dei personaggi, indice che il mondo non sia propriamente lo stesso del videogioco, ma su tutti la prima cosa che salta all’occhio è l’umanizzazione del gioco stesso, che finisce non per prefigurarsi come mondo trappola dal quale uscire, bensì finisce per mostrarsi come un’altra dimensione a tutti gli effetti, autonoma, autosufficiente e viva nelle sue dinamiche. Altra nota di merito che alza di molto la qualità della serie è senza dubbio il grande approfondimento che passo dopo passo viene dato alle ambientazioni incontrate dal protagonista, con spiegazioni, a momenti eccessive, non solo della struttura politico/economica del posto, ma anche approfondimenti sulle magie, sugli effetti degli oggetti magici, scatenati da un protagonista palesemente di un altro livello di potere rispetto agli umani e alle altre “creature inferiori”, così come del resto i suoi servitori, che nel corso della serie finiranno per massacrare eserciti di avventurieri che altro non potranno fare se non darsi alla fuga. Ciò tuttavia non vuol dire che “Overlord” sia noioso o scontato, vista l’enorme, quasi soverchiante, differenza di capacità tra Momonga e il suo esercito contro le altre fazioni, anzi: il fatto stesso che il protagonista-antagonista sia una sorta di deus ex-machina sul mondo calza a pennello con lo sviluppo dello stesso Momonga, un impiegato che nella vita di tutti i giorni vive schiacciato dal peso dei suoi superiori, e che nel gioco, in un’ottica vendicativa quasi “disturbata”, gode nell’imporre il suo potere sugli altri, con un’ipocrisia che lo rende un antieroe a tutti gli effetti. D’altro canto, è curioso osservare come lo stesso Momonga mostri più di una volta un momento di umanità, rappresentato dall’affetto che in fondo prova per i suoi servitori, quasi come una nota stonata, una debolezza, sotto la sua crudele armatura di arcilich mago. Ma in ciò non va vista una contraddizione, bensì il forte conflitto di un protagonista la cui umanità lo spinge a cercare una via di fuga dal gioco e a mostrare affetto per i suoi seguaci (ultimo ricordo della sua vita da giocatore), ma d’altro canto il rancore riservatogli nella vita di tutti giorni lo spinge invece ad abusare di quell’unico “potere” tanto sudato nelle sue lunghe ore di gaming, quasi come se volesse una sorta di rivincita sulla vera vita, spietata e ingiusta.
Per quanto riguarda gli altri personaggi, essi non risultano troppo caratterizzati dal punto di vista psicologico, ma la loro singolarità nell’aspetto e nei comportamenti li rendono lo stesso memorabili. Non si possono dimenticare infatti con tanta facilità l’innamorata (quasi al limite della perversione) demone Albedo (protagonista di alcune scene divertenti ecchi, mai comunque ingiustificate né talmente esuberanti da risultare fastidiose), la psicopatica vampira Shaltear o il possente Cocytus, tutti generali unici nel loro genere. Non mancano nemmeno personaggi spalla/comici, su tutti il Grande Re Savio del Bosco, creatura che più di una volta riuscirà a strappare risate, alleggerendo i momenti più pesanti della serie.
Per quanto riguarda il comparto audio, nulla da dire: calzante e a tema (seppur un po’ limitato). Sull’aspetto grafico, invece, ci sono alcune note dolenti, con fondali non troppo curati e soprattutto dettagli e linee di contorno dei personaggi non sempre ottimali. La opening credo sia una delle migliori del panorama anime degli ultimi dieci anni, ma anche la ending risulta eccezionale, seppur soffra il confronto con la sigla di apertura da top 5.
Concludendo, “Overlord” è una serie che strizza l’occhio al pubblico del MMORPG e ai fan del GDR con un’ambientazione epica e memorabile, con un protagonista e un cast d’impatto, e che con ‘tamarragine’ porta su schermo i sogni e desideri di tanti nerd, senza scadere però nel trash. Consigliatissimo, quasi un must watch, ai fan del genere, che apprezzeranno la pomposità dell’intera storia, che a tratti sfocerà nell’epica fantasy, ma lo suggerisco anche ai più scettici e ai neofiti, che potranno trovare in tredici episodi di mazzate e ambientazioni mozzafiato un piacevole passatempo per ammazzare la noia senza dover tenere troppo acceso il cervello.
La trama ci catapulta fin dalle prime battute a Yggdrasil, realtà virtuale MMORPG che si trova in procinto della chiusura, dopo un lungo periodo di popolarità. Momonga, uno degli utenti più forti, ma che nella vita di tutti i giorni altri non è (come egli stesso si definisce) che un povero impiegato privo di ambizioni e interessi, esegue il login per l'ultima volta, ripensando, con nostalgia e dispiacere, a tutti i bei momenti passati con i suoi amici utenti. Il giocatore, però, tutto a un tratto scopre che il logout non è avvenuto, e ben presto si consapevolizza del fatto di esser egli stesso stato catapultato nel gioco sotto forma del suo personaggio (un arcilich mago), e che gli è preclusa qualsiasi possibilità di uscita. Dopo un’iniziale fase di preoccupazione, ben presto nota di essere diventato il leader supremo del regno di Nazarick, regno ideato e costruito da Momonga e dai suoi ex compagni, in altre parole il sogno di qualunque nerd fatto realtà, con cameriere carine, servitori potenti ma servili al tempo stesso, oggetti magici di massimo livello e una bandiera sventolante il suo nome. Da questo momento in poi inizieranno le imprese di Momonga, che indagherà, all’inizio cautamente, il mondo fantasy in cui è stato catapultato, notando fin da subito le somiglianze con il suo gioco preferito, salvo poi cominciare una lenta e inesorabile conquista del mondo, diventando alla fine egli stesso protagonista/antagonista. Ciò non vuol dire che il nostro impiegato perda la sua umanità, dal momento che buona parte delle sue ricerche saranno condotte con l’intenzione di ritrovare qualche altro “imprigionato” nel gioco e una potenziale via di fuga.
Già dai primi passi si può notare come l’anime si discosti enormemente da altre serie del suo genere, “Sword Art Online” su tutti: spariscono infatti le barre della vita dei personaggi, indice che il mondo non sia propriamente lo stesso del videogioco, ma su tutti la prima cosa che salta all’occhio è l’umanizzazione del gioco stesso, che finisce non per prefigurarsi come mondo trappola dal quale uscire, bensì finisce per mostrarsi come un’altra dimensione a tutti gli effetti, autonoma, autosufficiente e viva nelle sue dinamiche. Altra nota di merito che alza di molto la qualità della serie è senza dubbio il grande approfondimento che passo dopo passo viene dato alle ambientazioni incontrate dal protagonista, con spiegazioni, a momenti eccessive, non solo della struttura politico/economica del posto, ma anche approfondimenti sulle magie, sugli effetti degli oggetti magici, scatenati da un protagonista palesemente di un altro livello di potere rispetto agli umani e alle altre “creature inferiori”, così come del resto i suoi servitori, che nel corso della serie finiranno per massacrare eserciti di avventurieri che altro non potranno fare se non darsi alla fuga. Ciò tuttavia non vuol dire che “Overlord” sia noioso o scontato, vista l’enorme, quasi soverchiante, differenza di capacità tra Momonga e il suo esercito contro le altre fazioni, anzi: il fatto stesso che il protagonista-antagonista sia una sorta di deus ex-machina sul mondo calza a pennello con lo sviluppo dello stesso Momonga, un impiegato che nella vita di tutti i giorni vive schiacciato dal peso dei suoi superiori, e che nel gioco, in un’ottica vendicativa quasi “disturbata”, gode nell’imporre il suo potere sugli altri, con un’ipocrisia che lo rende un antieroe a tutti gli effetti. D’altro canto, è curioso osservare come lo stesso Momonga mostri più di una volta un momento di umanità, rappresentato dall’affetto che in fondo prova per i suoi servitori, quasi come una nota stonata, una debolezza, sotto la sua crudele armatura di arcilich mago. Ma in ciò non va vista una contraddizione, bensì il forte conflitto di un protagonista la cui umanità lo spinge a cercare una via di fuga dal gioco e a mostrare affetto per i suoi seguaci (ultimo ricordo della sua vita da giocatore), ma d’altro canto il rancore riservatogli nella vita di tutti giorni lo spinge invece ad abusare di quell’unico “potere” tanto sudato nelle sue lunghe ore di gaming, quasi come se volesse una sorta di rivincita sulla vera vita, spietata e ingiusta.
Per quanto riguarda gli altri personaggi, essi non risultano troppo caratterizzati dal punto di vista psicologico, ma la loro singolarità nell’aspetto e nei comportamenti li rendono lo stesso memorabili. Non si possono dimenticare infatti con tanta facilità l’innamorata (quasi al limite della perversione) demone Albedo (protagonista di alcune scene divertenti ecchi, mai comunque ingiustificate né talmente esuberanti da risultare fastidiose), la psicopatica vampira Shaltear o il possente Cocytus, tutti generali unici nel loro genere. Non mancano nemmeno personaggi spalla/comici, su tutti il Grande Re Savio del Bosco, creatura che più di una volta riuscirà a strappare risate, alleggerendo i momenti più pesanti della serie.
Per quanto riguarda il comparto audio, nulla da dire: calzante e a tema (seppur un po’ limitato). Sull’aspetto grafico, invece, ci sono alcune note dolenti, con fondali non troppo curati e soprattutto dettagli e linee di contorno dei personaggi non sempre ottimali. La opening credo sia una delle migliori del panorama anime degli ultimi dieci anni, ma anche la ending risulta eccezionale, seppur soffra il confronto con la sigla di apertura da top 5.
Concludendo, “Overlord” è una serie che strizza l’occhio al pubblico del MMORPG e ai fan del GDR con un’ambientazione epica e memorabile, con un protagonista e un cast d’impatto, e che con ‘tamarragine’ porta su schermo i sogni e desideri di tanti nerd, senza scadere però nel trash. Consigliatissimo, quasi un must watch, ai fan del genere, che apprezzeranno la pomposità dell’intera storia, che a tratti sfocerà nell’epica fantasy, ma lo suggerisco anche ai più scettici e ai neofiti, che potranno trovare in tredici episodi di mazzate e ambientazioni mozzafiato un piacevole passatempo per ammazzare la noia senza dover tenere troppo acceso il cervello.
L’adolescenza è quella parte della vita in cui il mondo ti è contro, ti marca stretto e ti toglie il respiro, mentre le persone che ti circondano non riescono a capirti; l’adolescente è quindi combattuto tra la necessità di omologarsi alla società, rappresentata dai propri coetanei, e il volersi distinguere ed emergere dalla massa, due vie non sempre disgiunte che conducono ugualmente alla realizzazione dell’individuo. Diciamo pure che questo è il punto di partenza di “Aku no Hana”, un fumetto dal gusto autobiografico, un po’ di formazione, pesantemente psicologico e a tratti pure un po’ ermetico; la prima opera in cui Shuzo Oshimi abbia deciso di riversare tutto se stesso.
Quello che l’autore pone è il problema della <i>perversione</i>, intesa come aberrazione dal modello di individuo imposto dalla società, non necessariamente intesa dal punto di vista sessuale; un problema che l’autore esplica tramite il parallelismo tra l’individuo durante l’adolescenza e il poeta decadente nella società di metà Ottocento. Il protagonista, Takao Kasuga, è un pervertito per due motivi: perché rifugge la monotonia di una società dai valori scaduti e vacui attraverso la lettura e la poesia; per il furto della tuta di una compagna di classe, causa del tragico cambio di rotta della sua esistenza e punto di partenza della narrazione.
Proprio grazie alla lettura de “I fiori del male”, egli sovrappone l’idea di mondo decadente descritta dal poeta francese con quella della società che lo circonda; Takao vive nell’ossessione di essere un novello Baudelaire, un individuo dalla sensibilità spiccata che si erge, silenzioso, al di sopra della massa, proprio in virtù di essa, ma che dalla massa non viene accettato e riconosciuto. Il rapporto controverso con l’imperscrutabile Nakamura, sua ricattatrice, e con l’angelica e ingenua Saeki, lo porta tanto a un’estremizzazione di questo sentimento, quanto alla messa in dubbio del proprio ruolo, seguendo abbastanza fedelmente il percorso evolutivo della figura del poeta che Baudelaire impone nella propria raccolta più famosa. Takao si trova di fronte a tre problemi, fili conduttori dell’intera opera e tappe dell’evoluzione del personaggio: la scoperta dello <i>spleen</i> e il rapporto dell’individuo <i>perverso</i> nella società; la dicotomia tra purezza e dannazione, che si esplica nella contrapposizione di <i>donna angelo</i> e <i>femme fatale</i>, Saeki e Nakamura; il superamento dell’adolescenza e l’allontanamento da “I fiori del male”.
La suddivisione dell’opera, oltre che a livello narrativo, offre qualche spunto interessante anche sull’evoluzione del modo in cui l’autore si pone nei confronti della propria opera. Da un punto di vista concettuale, nella prima parte del fumetto, quella più strettamente legata all’opera di Baudelaire, viene posta particolare enfasi sul rapporto tra individuo e contesto in cui esso si trova; Oshimi attinge dichiaratamente dalla propria esperienza personale, fotografa i luoghi della propria infanzia e adolescenza, gli interni della sua vecchia scuola media, il fiume dove soleva trascorrere i pomeriggi in compagnia e via dicendo. L’attenzione, a questo punto della narrazione, è posta sì sui personaggi, disegnati con linee sottili e precise, molto arrotondate, ma anche sulla componente paesaggistica, riprodotta con attenzione e profondamente legata alle vicende e allo sviluppo delle personalità dei tre protagonisti. Takao, infatti, è mosso sostanzialmente dal desiderio trovare qualcosa che riempia la vacuità di quell’ambiente, che tenta di inglobarlo; sulla falsariga de “I fiori del male”, egli cerca dapprima rifugio nell’idealizzazione della bellezza e della purezza, rappresentate dalla figura di Saeki, ma ben presto realizza che l’immagine costruita attorno alla ragazza, si scontra terribilmente con la sua vera personalità. Saeki è ingenua, sottomessa fin da bambina alle regole che le sono state imposte e costretta a indossare la maschera della ragazza modello, tradendo le aspettative di Takao e finendo per ricercare ella stessa, proprio in Takao, la sostanza con cui riempire il guscio vuoto che sente di essere diventata.
Nakamura, al contrario, è sempre stata una <i>pervertita</i>. A causa di una situazione familiare complicata, la ragazza passa il tempo da sola a commiserarsi per la propria diversità e a fomentare il proprio odio verso la società dell’apparenza; quando viene a conoscenza del crimine di Takao – il furto della tuta di Saeki – è finalmente felice di aver trovato un’altra persona come lei, con la quale poter scappare verso un luogo diverso da quello soffocante in cui è costretta, con cui poter raggiungere <i>il mondo dall’altra parte</i>. Il ricatto di Nakamura, assieme alla presa di coscienza riguardo al proprio rapporto con Saeki, lo porta ad avvicinarsi alla prima e a compiere una serie di atti di ribellione verso i genitori, la scuola e la comunità cittadina in toto, senza tuttavia riuscire a raggiungere <i>l’altra parte</i> e a scappare dalla società, né tantomeno a trovare un posto all’interno di essa. Dilaniato quindi dall’incertezza e dal disgusto, Takao decide quindi di ripercorrere fino in fondo il percorso de “I fiori del male”, che con le ultime poesie individua nella morte il mezzo ultimo per raggiungere il tanto agognato <i>mondo dall’altra parte</i>.
L’avvicinamento al trasferimento della famiglia Kasuga, che segna l’inizio della seconda parte del racconto, è accompagnato da un cambio della psicologia del personaggio, che ha superato la fase di sovrapposizione alla figura di Baudelaire, ma che non riesce ancora a trovare scampo dalla città decadente che lo circonda. Da un punto di vista artistico, le linee iniziano a farsi più sinuose e i chiaroscuri più marcati; i retini utilizzati per le campiture lasciano progressivamente il posto al tratteggio e gli sfondi diventano via via più funzionali e meno iperrealistici. Di contro incrementa notevolmente l’espressività della scena, ora focalizzata esclusivamente sui personaggi. L’abbandono progressivo del dialogo, in favore della comunicazione per immagini, non inficia minimamente la trasmissione delle emozioni forti e delle sensazioni – vere protagoniste di questa parte del fumetto – dei personaggi, rappresentati tramite una fisiognomica precisa e dei primi piani terribilmente realistici, pur senza abbandonare la linea semplice e funzionale, tipica dello stile dell’autore. L’approssimazione nelle ombreggiature e il tratteggio esasperato degli ultimi capitoli, accompagnati da una regia ormai svincolata da ogni regola e canone preesistete, rappresentano l’apice della poetica visiva di Oshimi, un linguaggio che riesce a passare dal delicato al violento in un attimo, con una delicatezza e una naturalezza disarmanti, senza bisogno di parole a enfatizzare l’una o l’altra componente.
A differenza di altre opere fumettistiche giapponesi che hanno tentato in modo più o meno convinto di trattare la <i>perversione</i> dell’animo umano, trovo che “Aku no Hana” riesca a tenere sempre al centro della scena l’argomento principale, senza ricadere nella banalità e senza toccare ripetutamente la sfera sessuale, impresa ardua per un seinen, figuriamoci per uno shounen. Il fatto che l’autore studi in modo così dettagliato la scena e che conceda alla regia il ruolo principale nella veicolazione del messaggio della sua opera, è la chiave di volta del suo successo. La capacità di parlare per immagini permette una lettura rapida, immediata e molto intensa, nonostante alle volte, in un certo senso, questo si ritorca contro il lettore. Il rovescio della medaglia è infatti quello della scarsa longevità, non tanto della prima parte, in cui l’approfondimento psicologico dei personaggi e l’articolazione dell’intreccio godono di uno sviluppo praticamente perfetto, quanto della seconda. Se è vero che, come detto in precedenza, l’impoverimento della componente scritta a favore della dialettica dell’immagine arricchisca da un punto di vista artistico l’opera d Oshimi, è altrettanto vero che, in termini di tempo di lettura – per quanto meditativa essa possa essere – si riscontra un deficit importante. Sarebbe stato più interessante vedere un approfondimento maggiore del personaggio di Tokiwa e del suo rapporto con il protagonista, a sottolineare in modo più marcato il cambiamento scaturito dal superamento del Takao-simil-Baudelaire, in favore del vero Takao.
Rimpianti a parte, guardandolo nel suo insieme, “Aku no Hana” inizia come buon fumetto e cresce lentamente fino a diventare, nelgli ultimi volumi, un piccolo capolavoro, capace di coinvolgere, trasportare e far riflettere su tematiche delicate che, verosimilmente, hanno riguardato da vicino ogni adolescente, presente o passato.
Quello che l’autore pone è il problema della <i>perversione</i>, intesa come aberrazione dal modello di individuo imposto dalla società, non necessariamente intesa dal punto di vista sessuale; un problema che l’autore esplica tramite il parallelismo tra l’individuo durante l’adolescenza e il poeta decadente nella società di metà Ottocento. Il protagonista, Takao Kasuga, è un pervertito per due motivi: perché rifugge la monotonia di una società dai valori scaduti e vacui attraverso la lettura e la poesia; per il furto della tuta di una compagna di classe, causa del tragico cambio di rotta della sua esistenza e punto di partenza della narrazione.
Proprio grazie alla lettura de “I fiori del male”, egli sovrappone l’idea di mondo decadente descritta dal poeta francese con quella della società che lo circonda; Takao vive nell’ossessione di essere un novello Baudelaire, un individuo dalla sensibilità spiccata che si erge, silenzioso, al di sopra della massa, proprio in virtù di essa, ma che dalla massa non viene accettato e riconosciuto. Il rapporto controverso con l’imperscrutabile Nakamura, sua ricattatrice, e con l’angelica e ingenua Saeki, lo porta tanto a un’estremizzazione di questo sentimento, quanto alla messa in dubbio del proprio ruolo, seguendo abbastanza fedelmente il percorso evolutivo della figura del poeta che Baudelaire impone nella propria raccolta più famosa. Takao si trova di fronte a tre problemi, fili conduttori dell’intera opera e tappe dell’evoluzione del personaggio: la scoperta dello <i>spleen</i> e il rapporto dell’individuo <i>perverso</i> nella società; la dicotomia tra purezza e dannazione, che si esplica nella contrapposizione di <i>donna angelo</i> e <i>femme fatale</i>, Saeki e Nakamura; il superamento dell’adolescenza e l’allontanamento da “I fiori del male”.
La suddivisione dell’opera, oltre che a livello narrativo, offre qualche spunto interessante anche sull’evoluzione del modo in cui l’autore si pone nei confronti della propria opera. Da un punto di vista concettuale, nella prima parte del fumetto, quella più strettamente legata all’opera di Baudelaire, viene posta particolare enfasi sul rapporto tra individuo e contesto in cui esso si trova; Oshimi attinge dichiaratamente dalla propria esperienza personale, fotografa i luoghi della propria infanzia e adolescenza, gli interni della sua vecchia scuola media, il fiume dove soleva trascorrere i pomeriggi in compagnia e via dicendo. L’attenzione, a questo punto della narrazione, è posta sì sui personaggi, disegnati con linee sottili e precise, molto arrotondate, ma anche sulla componente paesaggistica, riprodotta con attenzione e profondamente legata alle vicende e allo sviluppo delle personalità dei tre protagonisti. Takao, infatti, è mosso sostanzialmente dal desiderio trovare qualcosa che riempia la vacuità di quell’ambiente, che tenta di inglobarlo; sulla falsariga de “I fiori del male”, egli cerca dapprima rifugio nell’idealizzazione della bellezza e della purezza, rappresentate dalla figura di Saeki, ma ben presto realizza che l’immagine costruita attorno alla ragazza, si scontra terribilmente con la sua vera personalità. Saeki è ingenua, sottomessa fin da bambina alle regole che le sono state imposte e costretta a indossare la maschera della ragazza modello, tradendo le aspettative di Takao e finendo per ricercare ella stessa, proprio in Takao, la sostanza con cui riempire il guscio vuoto che sente di essere diventata.
Nakamura, al contrario, è sempre stata una <i>pervertita</i>. A causa di una situazione familiare complicata, la ragazza passa il tempo da sola a commiserarsi per la propria diversità e a fomentare il proprio odio verso la società dell’apparenza; quando viene a conoscenza del crimine di Takao – il furto della tuta di Saeki – è finalmente felice di aver trovato un’altra persona come lei, con la quale poter scappare verso un luogo diverso da quello soffocante in cui è costretta, con cui poter raggiungere <i>il mondo dall’altra parte</i>. Il ricatto di Nakamura, assieme alla presa di coscienza riguardo al proprio rapporto con Saeki, lo porta ad avvicinarsi alla prima e a compiere una serie di atti di ribellione verso i genitori, la scuola e la comunità cittadina in toto, senza tuttavia riuscire a raggiungere <i>l’altra parte</i> e a scappare dalla società, né tantomeno a trovare un posto all’interno di essa. Dilaniato quindi dall’incertezza e dal disgusto, Takao decide quindi di ripercorrere fino in fondo il percorso de “I fiori del male”, che con le ultime poesie individua nella morte il mezzo ultimo per raggiungere il tanto agognato <i>mondo dall’altra parte</i>.
L’avvicinamento al trasferimento della famiglia Kasuga, che segna l’inizio della seconda parte del racconto, è accompagnato da un cambio della psicologia del personaggio, che ha superato la fase di sovrapposizione alla figura di Baudelaire, ma che non riesce ancora a trovare scampo dalla città decadente che lo circonda. Da un punto di vista artistico, le linee iniziano a farsi più sinuose e i chiaroscuri più marcati; i retini utilizzati per le campiture lasciano progressivamente il posto al tratteggio e gli sfondi diventano via via più funzionali e meno iperrealistici. Di contro incrementa notevolmente l’espressività della scena, ora focalizzata esclusivamente sui personaggi. L’abbandono progressivo del dialogo, in favore della comunicazione per immagini, non inficia minimamente la trasmissione delle emozioni forti e delle sensazioni – vere protagoniste di questa parte del fumetto – dei personaggi, rappresentati tramite una fisiognomica precisa e dei primi piani terribilmente realistici, pur senza abbandonare la linea semplice e funzionale, tipica dello stile dell’autore. L’approssimazione nelle ombreggiature e il tratteggio esasperato degli ultimi capitoli, accompagnati da una regia ormai svincolata da ogni regola e canone preesistete, rappresentano l’apice della poetica visiva di Oshimi, un linguaggio che riesce a passare dal delicato al violento in un attimo, con una delicatezza e una naturalezza disarmanti, senza bisogno di parole a enfatizzare l’una o l’altra componente.
A differenza di altre opere fumettistiche giapponesi che hanno tentato in modo più o meno convinto di trattare la <i>perversione</i> dell’animo umano, trovo che “Aku no Hana” riesca a tenere sempre al centro della scena l’argomento principale, senza ricadere nella banalità e senza toccare ripetutamente la sfera sessuale, impresa ardua per un seinen, figuriamoci per uno shounen. Il fatto che l’autore studi in modo così dettagliato la scena e che conceda alla regia il ruolo principale nella veicolazione del messaggio della sua opera, è la chiave di volta del suo successo. La capacità di parlare per immagini permette una lettura rapida, immediata e molto intensa, nonostante alle volte, in un certo senso, questo si ritorca contro il lettore. Il rovescio della medaglia è infatti quello della scarsa longevità, non tanto della prima parte, in cui l’approfondimento psicologico dei personaggi e l’articolazione dell’intreccio godono di uno sviluppo praticamente perfetto, quanto della seconda. Se è vero che, come detto in precedenza, l’impoverimento della componente scritta a favore della dialettica dell’immagine arricchisca da un punto di vista artistico l’opera d Oshimi, è altrettanto vero che, in termini di tempo di lettura – per quanto meditativa essa possa essere – si riscontra un deficit importante. Sarebbe stato più interessante vedere un approfondimento maggiore del personaggio di Tokiwa e del suo rapporto con il protagonista, a sottolineare in modo più marcato il cambiamento scaturito dal superamento del Takao-simil-Baudelaire, in favore del vero Takao.
Rimpianti a parte, guardandolo nel suo insieme, “Aku no Hana” inizia come buon fumetto e cresce lentamente fino a diventare, nelgli ultimi volumi, un piccolo capolavoro, capace di coinvolgere, trasportare e far riflettere su tematiche delicate che, verosimilmente, hanno riguardato da vicino ogni adolescente, presente o passato.
Welcome to the NHK (Novel)
9.0/10
Recensione di Turboo Stefo
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Hikikomori. Questo astruso termine di origine asiatica nasce come mezzo per identificare coloro che soffrono di particolari disagi psicologici che li portano ad avere comportamenti gravemente antisociali e alla reclusione, estraniandosi dal mondo intero. Questo fenomeno sociale è in continuo aumento, non solo nella terra del sol levante, e l'autore Tatsuhiko Takimoto decide di usare le sue esperienze di ex-hikikomori per poter raccontare con toni tragicomici la difficile vita di chi soffre di tali problemi.
I complotti sono spesso trovate false ed assurde con poche basi di fondamento, se non particolarmente assurde ed incredibili, spesso create da gente problematica per sopperire ai propri disagi mentali. Probabilmente tra queste ci saranno anche alcune rarissime eccezioni con basi solide, ma per ora Sato - un Hikikomori ventiquattrenne che ha interrotto gli studi e non lavora, sopravvivendo solo con i soldi mandati dai genitori - ha trovato l'unico vero complotto che piegherà il mondo: il complotto della NHK!
Dietro la sigla della TV pubblica si nasconde una realtà ben diversa: da anni propinano ai giovani gli anime ricchi di bei messaggi di speranza, ottimismo e "tante belle cose" che regalano falsi ideali. In questo modo, mentre si raggiunge l'età adulta, questi illusi ragazzi non sanno più come difendersi dal mondo e dalla difficoltà giornaliera nel perseguire la felicità, trasformandoli tutti in Hikikomori!
I primi capitoli sono inaspettatamente pesanti e visionari, con dialoghi astrusi e personaggi criptici che si dipanano tra argomenti pesanti quali l'uso di droghe leggere, i giochi erotici ed i lolicon. Anche la commedia che ha distinto le trasposizioni di questo libro è molto labile, spesso l'atmosfera tragicomica è palpabile ma non sempre efficace, però proseguendo la storia diventa sempre più intrigante e la commedia migliora, seppur di poco.
I personaggi, per quanto ricercati nella loro delirante follia, sono necessari per andare ad impattare con il più vasto pubblico possibile e dare figure nelle quali il lettore possa anche rispecchiarsi, e complessivamente possono anche vantare una discreta cura psicologica, soprattutto la dolce Misaki, che si rivelerà terribilmente umana nella sua fragilità e nel suo modo di ferire gli altri per valutare meglio se stessa.
Complessivamente, quindi, la storia migliora sotto ogni aspetto ad ogni capitolo, andando inoltre a regalare piccoli approfondimenti sempre più curati e profondi, riunendo tutte queste peculiarità nell'incredibile finale, eccezionalmente intenso ed emozionante.
L'inizio non è molto esaltante, oltre che confusionario per via della narrazione non proprio perfetta, ma continua a migliorare come in un vortice sempre più intenso e rapido che cattura sempre più il lettore, portandolo a porsi domande interessanti e accompagnandolo per la strada giusta da seguire per trovare le risposte a importanti domande, qualsiasi esse siano.
In tutti noi c'è un Hikikomori più o meno grande, che cerca di rifugiarsi in un mondo tutto suo dove poter fuggire dal dolore, dalla paura e dal futuro. E questa lettura, per quanto folle ed audace, può darci una mano importante.
I complotti sono spesso trovate false ed assurde con poche basi di fondamento, se non particolarmente assurde ed incredibili, spesso create da gente problematica per sopperire ai propri disagi mentali. Probabilmente tra queste ci saranno anche alcune rarissime eccezioni con basi solide, ma per ora Sato - un Hikikomori ventiquattrenne che ha interrotto gli studi e non lavora, sopravvivendo solo con i soldi mandati dai genitori - ha trovato l'unico vero complotto che piegherà il mondo: il complotto della NHK!
Dietro la sigla della TV pubblica si nasconde una realtà ben diversa: da anni propinano ai giovani gli anime ricchi di bei messaggi di speranza, ottimismo e "tante belle cose" che regalano falsi ideali. In questo modo, mentre si raggiunge l'età adulta, questi illusi ragazzi non sanno più come difendersi dal mondo e dalla difficoltà giornaliera nel perseguire la felicità, trasformandoli tutti in Hikikomori!
I primi capitoli sono inaspettatamente pesanti e visionari, con dialoghi astrusi e personaggi criptici che si dipanano tra argomenti pesanti quali l'uso di droghe leggere, i giochi erotici ed i lolicon. Anche la commedia che ha distinto le trasposizioni di questo libro è molto labile, spesso l'atmosfera tragicomica è palpabile ma non sempre efficace, però proseguendo la storia diventa sempre più intrigante e la commedia migliora, seppur di poco.
I personaggi, per quanto ricercati nella loro delirante follia, sono necessari per andare ad impattare con il più vasto pubblico possibile e dare figure nelle quali il lettore possa anche rispecchiarsi, e complessivamente possono anche vantare una discreta cura psicologica, soprattutto la dolce Misaki, che si rivelerà terribilmente umana nella sua fragilità e nel suo modo di ferire gli altri per valutare meglio se stessa.
Complessivamente, quindi, la storia migliora sotto ogni aspetto ad ogni capitolo, andando inoltre a regalare piccoli approfondimenti sempre più curati e profondi, riunendo tutte queste peculiarità nell'incredibile finale, eccezionalmente intenso ed emozionante.
L'inizio non è molto esaltante, oltre che confusionario per via della narrazione non proprio perfetta, ma continua a migliorare come in un vortice sempre più intenso e rapido che cattura sempre più il lettore, portandolo a porsi domande interessanti e accompagnandolo per la strada giusta da seguire per trovare le risposte a importanti domande, qualsiasi esse siano.
In tutti noi c'è un Hikikomori più o meno grande, che cerca di rifugiarsi in un mondo tutto suo dove poter fuggire dal dolore, dalla paura e dal futuro. E questa lettura, per quanto folle ed audace, può darci una mano importante.
Ho capito che Momonga/Ainz Ooal Gown e tutti i mostri della Cripta di Nazarick siano forti, il problema è che al momento sono TROPPO forti, finora non c’è mai stato veramente uno scontro ad armi pari degno di questo nome, tanto più che certi volumi non fanno progredire per niente la trama principale.
Poi, altra cosa che non capisco, a un certo punto praticamente chiunque su internet è andato in visibilio per la saga dei lucertoloni, anche qui a mio parere in modo inspiegabile……
Ripeto, l’anime non l’ho visto, ma sul lato manga Overlord arriva al massimo massimo alla sufficienza per quanto mi riguarda, almeno dal punto di vista dei fantasy/RPG della Jpop io ho trovato molti altri manga infinitamente più interessanti e infinitamente meno considerati (Dungeon Food, The Rising of the Shield Hero, l’Eroe è Morto……….perfino DanMachi, sotto un certo punto di vista).
I Fiori del Male l’ho letto e, anche qui, dopo i primissimi volumi veramente particolari e interessanti è scaduto terribilmente, con i personaggi che sono diventati sempre di più dei ragazzini schizzofrenici senza freni e……
L’unica lancia che spezzo a suo favore è l’edizione della Panini, che obiettivamente è molto ben curata, sia come volumetti fisici sia come traduzione/adattamento.
Di Welcome to the NHK ho sia visto l’anime che letto il manga (anche in questo caso mi manca la Novel
E per i miei gusti questo è maggiormente evidente sul finale finale, sia per l’uno che per l’altro: da una parte……
……e dall’altra……
Quindi si, complessivamente è un’opera che merita, penso solo che forse il 9 è un po’ troppo come voto, un 8 secondo me è già più equilibrato.
(P.S. chissà quanti pollici versi mi prenderò per questo commento
Pro in più della novel le due afterwords scritte dall'autore che integrano la storia con le sue esperienze personali da Hikikomori..
Infatti la loro superiorità è evidente sotto tutti i punti di vista verso chiunque si trovano davanti, ma da quanto si è intuito dall'anime più avanti potrebbe esserci qualcuno in grado di tenerli testa.
La saga degli uomini lucertola è piaciuta perché si è presa il suo tempo per esplorare questi esseri, la loro storia e usanze anziché non dargli nessun backgound riducendoli a misere macchiette come accade in altre opere.
Può non piacere come scelta (infatti molti non l'hanno digerita), ma personalmente l'ho apprezzata e stimo l'autore per questo approfondimento, i dettagli fanno la differenza.
Alla fine è una serie che fa del world building e la strategia i suoi punti di forza, chi si aspetta grandi combattimenti quando gli scontri sono brevi e tutti basati sulla tattica rimarrà deluso.
Io sono tra coloro che hanno apprezzato l' anime e che ha ripiegato sul manga quando ha scoperto che, purtroppo, la versione animata non vedrà mai una seconda stagione.
Le musiche, i ritmi lenti imposti (mentre per il manga sei tu lettore a decidere il ritmo di lettura), i visi, le espressioni catturate al rotoscopio davano all' anime quel pizzico di inquietudine in più che non sono riuscito a ritrovare leggendo l' opera originale.
Ripeto, io non ho visto l'anime ma sono a pari con l'edizione italiana del manga, e il fatto che "forse, un giorno, può darsi, chissà" compariranno nemici più forti non viene minimamente accennato.......ma comunque, a prescindere da questo, anche se fosse.......sono già usciti OTTO cavolo di numeri, in cui il canovaccio coi nemici é sempre quello ("Oh, forse questi sono for-..." *Momonga li distrugge schioccando le dita*), io posso capire per i primi due numeri, al massimo tre........ma non dopo otto, questo per me é prendere in giro il lettore, che senso ha guardare uno scontro se tanto più o meno sai già benissimo come andrà a finire??
Guarda, in linea generale sarei pure d'accordo con te, anche per me le grandi storie si vedono dalle piccole cose, dai dettagli più minuziosi e dalla caratterizzazione che l'autore riesce a dare anche ai personaggi più secondari, sono d'accordissimo.......però adesso diciamoci la verità: tu credi davvero che la saga dei lucertoloni abbia avuto successo tra i fan per questo motivo??
Per me la risposta é un'altra, agli appassionati é piaciuta la saga dei lucertoloni perché........beh, perché sono "lucertoloni": se al loro posto ci fossero stati esseri umani (o comunque creature simili, che so, nani o elfi) non avrebbe minimamente destato lo stesso interesse, ma neanche per sbaglio......e l'assurdo più di tutti é stato quando.....
Qui non é discorso di macchiette non macchiette, il discorso é che, in ogni caso, come saga lascia il tempo che trova rispetto alla trama principale, perché non porta avanti NULLA, é solo una digressione fatta dall'autore per il gusto di farla.....punto, non ci sono tante altre motivazioni.
Il massimo della strategia vista finora è Momonga che, nel dubbio su come affrontare un nemico, decide se usare un Item (di cui Nazarick é piena) al posto di un altro, e schiacciare il nemico in ogni caso........questo é il massimo mostrato finora; di strategia guerresca, incantesimi e formule magiche, tattica ecc. finora non ti ha mostrato quasi niente.
Sul World Building.......sarò ripetitivo, ma manga come Dungeon Food, The Rising of the Shield Hero, l'Eroe é Morto, o anche 7th Garden ecc. da questo punto di vista sono realizzati moooooooolto meglio di Overlord (e in molti meno numeri, soprattutto il primo che ho nominato); e questo solo per parlare di altri titoli Jpop, se dovessi nominare titoli fantasy Star Comics o Panini vincerebbero a mani basse contro Overlord......
Ma tanto io so già che i titoli che ho appena detto resteranno per lo più ignorati dagli amanti del genere, e il motivo é uno solo: non hanno l'anime a fare da traino, e dato che per i fan del giorno d'oggi l'anime viene prima di tutto, continueranno a restare nell'anonimato.
Comunque Matte88, la mia non vuole essere una critica ai gusti altrui eh, sia chiaro, io dico solo la mia e, al massimo, cerco di consigliare opere che ritengo meritevoli......se da come ho capito ti piace il genere e le storie approfondite, dai un'occhiata ai manga che ho nominato, in caso poi ne riparleremo
Per quanto fondamentalmente non mi trovi in disaccordo con il recensore, non credo che abbia focalizzato i punti giusti. Come il perenne tentativo di Sato di uscire dalla sua condizione, l'altalenanza tra la comodità di essere un hikkikomori, le difficoltà della vita reale ed il modo semplicistico con cui viene affrontata. I primi capitoli non possono non essere assurdi e allucinati, siccome servono per farci entrare nel mondo di un hikkikomori, capitoli tra l'altro scritti da uno che hikkikomori lo è stato.
Inoltre alla fine è scritto che il libro può darci una mano importante, ma non si capisce se per uscire dal nostro mondo personale o se per addentrarci ancora di più.
A parte questo, complimenti per la scelta.
Tutte opinioni personali, chiaramente. Scusate la prolissità.
I Fiori del Male non lo conoscevo, mi interessa molto e lo segno in wishlist come da leggere (bella la rece di Giac!).
Complimenti agli autori!
Io non ho visto né l'anime né il manga (perché le storie ambientate nei videogiochi mi fanno ribrezzo), ma sono d'accordo col tuo ragionamento: una serie in cui il protagonista è praticamente invulnerabile e distrugge con un colpo qualsiasi avversario per me non ha motivo di esistere. E questa è la stessa ragione per cui ho droppato One Punch Man (una delle cose più noiose che abbia mai visto, anche perché oltretutto non mi faceva neanche ridere).
In generale ti dico che il fatto che siano fortissimi è voluta come cosa e non necessariamente è un aspetto negativo. Prendi One Punch Man come esempio.
In ogni caso viene accennato più volte che ci possano essere dei rivali forti, ma non per questo devono incontrarli "subito".
Non ho letto il manga, forse è una di quelle trasposizioni novel --> manga che non è riuscita bene e che sopravvive solo per il successo della novel e dell'anime, o magari semplicemente non è un'opera che fa per te non saprei...
Per me la storia di Naofumi è iniziata molto bene ma si sta rovinando. Poi vabbè sono ancora lontani dalla conclusione (almeno il manga, non ho idea della novel) quindi ha ancora tempo per risollevarsi
Gurarda capisco cosa vuoi dire e posso provare a risponderti tuttavia io ho letto la Light Novel quindi non posso a meno di far il confronto (e visto l'anime sì), il manga non l'ho letto ma posso provare a fare un confronto con quanto tu riporti.
Nella Light Novel è confermato che ci sono nemici/avversari/altre entità forti tanto quanto Ainz, il fatto che non vengano mostrati è perfettamente giustificato: in guerra i due comandanti non vanno a fare un duello subito, prima si studiano, muovono le loro pedine e infine cercano di mettersi all'angolo... ovviamente nell'Anime tutto è molto accentato tolgono dialoghi su dialoghi e tantissime spiegazioni (ci sono ad esempio in più volumi solo 20 pagine di spiegazioni su come funzioni la gilda degli avventurieri e sulle regole da seguire, sui rapporti da tenere con le nazioni, rapporti col clero, mercenari e reietti....)
Overlord non si basa su combattimenti epici e combattuti, se cerchi questo puoi già abbandonarlo non li vedrai prima del volume 500, Overlord è Politica (tanta in futuro simil Game of Thores), Paura e Oppressione, Strategia
Da come mi pare che sia impostata la cosa (guardando un po' in giro) il Manga mi pare veramente una trasposizione dell'Anime... Se già dalla Light Novel all'Anime si perdeva un 20% dei dialoghi e un 60% di World Building (ovvio visto che se no un episodio dovrebbe durare 40 minuti di cui 20 solo di monologhi per spiegare); mi pare che dall'Anime al manga non vi sia molta differenza....
Un altra cosa, forse che è passata in sordina: nessuno in quel mondo è buono. Né Ainz, Né Albedo, né Demiurgo... (solo Sebas è "legale" ma non buono). Se dovranno uccidere perché non ci saranno vantaggi a tenere in vita lo faranno e si divertiranno nel farlo, ed è per questo che Overlord ha successo. Non più un eroe senza senso come protagonista, non più un Antieroe con la personalità di una macchietta e con l'intelligenza di una gallina che sotto sotto è buono.....
(per errori grammaticali e dimenticanze mi scuso ma ho dovuto scrivere sto papiro in 3 minuti scarsi)
La storia vuole che siano così proprio come accade in OPM (es. a caso), può non piacere ma è voluto.
La tua motivazione è sensata però non credo che porti avanti proprio nulla, ha fatto conquistare a Ainz un villaggio che potrebbe sempre servirgli e ha dispensato una lezione ai suoi sottoposti che non sono (quasi) in grado di pensare autonomamente.
Lo scontro con Shalltear può essere definito strategico (anche se come dici tu vengono usati dei trucchi), oppure quello diviso "in due parti" con Cocytus e i vari uomini lucertola o quello di Climb contro l'illusionista delle sei dita.
Dal prossimo arco narrativo so però che si dovrebbe fare sul serio, quindi lì si vedrà un po' più d'azione e strategia.
Infatti alla fine abbiamo parlato civilmente senza azzannarci (cosa rara di questi tempi) e ti ringrazio per lo scambio di opinioni e i vari consigli, vedrò di darci un'occhiata in futuro
Welcome to the NHK, ho visto sia l'anime che letto la novel della Jpop e preferisco quest'ultima, ritengo sia migliore dell'anime...
Mi manca invece I Fiori del Male che volevo recuperare ma leggendo i commenti pare sia esaurito, peccato...
"Ainz-sama! Ainz-sama! Ainz-sama!"
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