Nuovo appuntamento con la rubrica dedicata alle recensioni su anime e manga, realizzate degli utenti di AnimeClick.it.
Se volete farne parte anche voi... rimboccatevi le maniche e recensite!

Ricordiamo che questa rubrica non vuole essere un modo per giudicare in maniera perentoria i titoli in esame, ma un semplice contesto in cui proporre delle analisi che forniscano, indipendentemente dal loro voto finale, spunti interessanti per la nascita di discussioni, si auspica, costruttive per l'utenza.

Per saperne di più continuate a leggere.

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Onestamente? Non dico che non avrei dato un centesimo a questa serie (già il fatto che è stato lo studio MAPPA ad occuparsene è motivo di certezze in più), ma mi ha sorpresa, soprattutto perché è riuscita a farmi riconsiderare la danza classica che prima reputavo bella, ma incapace di emozionarmi. La verità è che avevo visto davvero ben poco della danza, quindi più che il fatto che è stato l'anime a farmela rivalutare, direi piuttosto che la serie mi ha dato spinta per andare ad informarmi meglio sull'argomento, riscoprendolo e constatando che, in realtà, è molto più di quanto avessi mai immaginato!

Ho deciso di dare a "Dance Dance Danseur" una votazione così alta non tanto per la storia (che comunque è stata molto piacevole), ma soprattutto per le emozioni che mi ha regalato e per avermi fatto scoprire il magico mondo della danza classica! Un mondo maggiormente legato alla sfera femminile (se dovessimo pensare ad una persona che fa balletto, l'immagine che piomba in testa quasi a tutti per prima è quella di una ballerina in tutù e non di un ballerino, no?), ma che qui vede come protagonista un ragazzino, Junpei, il quale percepisce (e sa che la stragrande maggioranza delle persone percepisce) la danza come poco virile e la cosa lo porta, alla morte del padre, a cercare di essere più mascolino, proprio per coprire il vuoto lasciato dal genitore, e quindi ad abbandonare l’idea di diventare un ballerino.

In un certo senso, dunque, il pregiudizio vede un uomo che danza automaticamente più femminile, ma non per questo, secondo Junpei, meno bravo e bello da vedere rispetto ad una ballerina. È qui che entra in gioco Luou, un ballerino dal passato a dir poco difficile, che con la sua eccezionale bravura riesce a diventare il rivale (in danza e in amore) perfetto per Junpei, nonostante egli all'inizio sia attratto dalla danza nella sua sfera emozionale, più che in quella teorica. Quest'ultima sta davvero stretta al nostro protagonista, il quale vede tutte le regole come un freno alla sua voglia di danzare liberamente. Solo più tardi capirà che anche la teoria è una parte essenziale della danza e conoscerla rende la stessa esperienza di ballo ancor più emozionante.

Ma la danza non esisterebbe se ad accompagnarla non ci fosse anche la musica. Sono pochi secondi, ma quando Junpei danza col sottofondo di “Rosie” dei The Roosters nel secondo episodio mi sono venuti i brividi, poiché è stato un ballo improvvisato, dettato dalle emozioni e per questo incredibilmente bello, anche perché quello che ci viene fatto ascoltare non è un pezzo classico che riconduciamo alla danza.
È una scena che non rimanda così tanto dalla danza classica, quanto più ad una danza delle emozioni, quella che chiunque di noi è in grado di fare. Chi, quando è felice, non ha voglia di ballare? Mentre è in camera da solo, ad esempio.

Ma la musica che più di tutte ci accompagna in questi episodi è quella de “Il lago dei cigni”, il capolavoro di Tchaikovsky, le cui note permeano nel racconto e si legano alle vicende dei personaggi, primi fra tutti il triangolo Junpei-Miyako-Luou. Le scene in cui possiamo udire i pezzi del magistrale compositore russo sono le migliori, sia dal punto di vista visivo(-uditivo, ovviamente) che di trama.

Sì, come si è potuto notare, questa recensione è stata estremamente soggettiva e si è concentrata di più sugli aspetti emotivi che non tecnici dell’opera, ma è proprio questo il bello, poiché riuscire a seguire degli episodi e far caso più alle emozioni che ti danno e non al fatto che “Oh, in questa scena le animazioni non scorrono proprio fluide” o “Il character design non è dei migliori” o ancora “Ci sono fin troppi buchi di trama qui” significa che la serie è quella giusta ed è da vedere. Ovviamente non intendo sminuire tutti questi altri aspetti, che comunque in "Dance Dance Danseur" sono ad un livello medio-alto, quindi anche chi è sicuro di detestare la danza classica e cerca solo un’opera fatta bene sarà soddisfatto.

Se dovessi cercare dei problemi nell'opera, direi al massimo che la trama stessa presenta delle forzature e a volte fatica a dare spiegazioni laddove ce ne sarebbe bisogno (soprattutto verso la fine), ma forse è qualcosa che potrebbe risolversi conoscendo il continuo della storia (al momento non ancora animato e che io ancora non ho letto).

In conclusione: è da vedere? Sì, e lo consiglio davvero a tutti, anche a chi non ama la danza, poiché forse potreste scoprire che, in realtà, non è così male!

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Ammetto di non aver mai avuto un debole particolare per gli anime "sportivi", anche se nell'ultimo anno ho visto dei veri e propri blockbuster come "Kuroko's Basket", "Haikyuu!!", "Aoashi", "Welcome to the Ballroom"; mentre da "ragazzo" mi ero infervorato per "Holly & Benji" ("Captain Tsubasa") e i vari anime sulla pallavolo femminile (da "Mimì" a "Mila e Shiro"), tanto per fare solo alcuni esempi.
Tuttavia, dopo averli anche divorati con la smania di conoscere l'esito degli eventi, non mi hanno mai convinto a rivederli o ad osannarli come dei capolavori...

Da quello che ho potuto intendere, "Yuri!!! On Ice" dalla sua pubblicazione nel 2016 ha creato un "seguito" notevole di commenti entusiastici mai sopiti, tanto che basta che esca "ciclicamente" qualche notizia sul prequel della serie dedicato al personaggio più "particolare", Victor Nikiforov, che il "fuoco" sotto l'apparente brace spenta si riattizzi in un attimo...
Dopo la visione, non posso che confermare che si tratti di un'opera un po' più sfaccettata dei classici "spokon" di successo, anche se "Yuri!!! On Ice" denota anche una certa "furbizia" nel saper captare e carpire il successo rispetto ad altri anime molto più monotoni e forse anche scontati.

Sulla trama piuttosto lineare credo che sia stato scritto tutto, pertanto non mi dilungo a ripetere quanto già ben scritto da altri recensori e nella sinossi del sito, anche per non 'spoilerare'.
L'originalità, a mio modesto avviso, sta nell'inversione del solito cliché degli "spokon": il protagonista Yuri Katsuki non è il classico ragazzino che, magari non consapevole del suo talento, inizia il lungo percorso per affermarsi a suon di sacrifici disumani e "supplizi di Tantalo" nel pattinaggio artistico su ghiaccio. In questo anime si racconta di un atleta giapponese ormai affermato che sembra aver imboccato il viale del tramonto per, probabilmente, mancanza di motivazione a causa degli insuccessi raccolti. Il pluricampione Victor Nikiforov, un atleta russo che ha mietuto successi peggio di Eddie Merckx nel ciclismo (ndr: nel senso della capacità di vincere quasi tutte le competizioni cui partecipava), una sorta di "chosen one" fin dall'adolescenza, decide di prendersi un anno sabbatico e di allenare proprio il demotivato Yuri...
Scritta così, potrebbe sembrare, mutatis mutandis (e spero che non si gridi allo scandalo con tanto di insulti per il sottoscritto), un po' la trama della saga di "Rocky", quando il pugile, un po' imborghesito dai soldi e dal successo, perde la corona mondiale conquistata a suon di sacrifici contro Apollo Creed, ma proprio il campione uscente lo aiuta a superare il momento di crisi e a motivare Rocky a riprendersi il titolo nella rivincita.
E così, la star del pattinaggio artistico mondiale, il bellissimo e invidiatissimo Victor, di punto in bianco fa una scelta fuori da ogni logica all'apice del successo conquistato per anni, per mettersi al servizio di un atleta che sembra non aver più nulla da dire sul ghiaccio... il perché non è illustrato chiaramente nei dodici episodi, ma solo "adombrato" e lasciato alla libera interpretazione dello spettatore... e non credo che si possa rispondere perché Yuri Katsuki da ubriaco alla festa della manifestazione più importante lo abbia chiesto proprio a Victor o perché semplicemente Victor ha visto il filmato sui social media in cui Yuri riproduce la coreografia della sua ultima esibizione vittoriosa.
E così inizia un percorso, a dire il vero un po' "rushato", in cui Yuri Katsuki ritorna sulla cresta dell'onda in un percorso un po' diverso dal solito "spokon": al posto dei soliti allenamenti "alla giapponese" fatti di esercizi massacranti e psicologia di addestramento reclute tipo "Full Metal Jacket", Victor assurge al ruolo di mentore e mecenate/benefattore, che ricostruisce la testa e l'animo di Yuri adottando delle tecniche più sottili e motivazionali che mirano a tirar fuori il meglio della persona, perché fanno leva su emozioni, sentimenti e sensazioni che, favoriti dal tipo di sport trattato (basato sull'eleganza, la leggiadria, la bellezza dei gesti e delle figure, ad es.), sono finalizzati a far "uscire" il meglio di quello che ha dentro il destinatario del trattamento in termine di sensibilità e maturità d'animo.
Un percorso che ho definito prima un po' "furbo", perché nell'anime i personaggi vengono in un certo senso messi "a nudo", mostrandone le fragilità e l'umanità in un modo del tutto originale, tanto che il rapporto che si instaura tra Victor e Yuri sembra proprio "romantico", ma viene lasciato nell'ambiguità e quindi al libero giudizio dello spettatore.

Questo "living on the edge" sentimentale rappresenta a mio avviso sia il punto di forza sia quello di debolezza dell'anime: il fascino magnetico di Victor contrapposto a quello acerbo e insicuro di Yuri e le loro manifestazioni di stima reciproca che sconfinano spesso in una inequivocabile complicità che va oltre la mera amicizia, ma che non conclude, tiene lo spettatore in un costante stato di dubbio, lasciandolo fantasticare...
Il tutto, mixato sapientemente alla indubbia qualità tecnica, grafica e musicale della descrizione delle esibizioni e delle gare (vero pezzo forte dell'anime), crea dodici episodi che tengono incollato allo schermo, facendo riflettere sulla profondità del rapporto che si è instaurato tra loro due ma anche con l'outsider Yuri Plisetsky, l'altro atleta russo che dovrebbe raccogliere la pesante eredità lasciata dal fuoriclasse Victor.
Ho scritto che la descrizione del rapporto tra l'allenatore e l'atleta è anche un po' il suo limite: la voluta indeterminatezza sembra "fuori luogo", perché fa scadere i loro momenti di complicità e interazione fisica in qualcosa di "astratto" e poco credibile, spesso anche forzato, perché emerge all'improvviso dal nulla, al pari di tanti anime sulla difficoltà di esprimere i propri sentimenti alla persona amata e desiderata, banalizzando i due personaggi, che dimostrano in più frangenti di mostrarsi reciprocamente le proprie debolezze.
Guarda caso, gli esercizi e le coreografie che Victor ha ideato per i due Yuri sono dedicati all'amore agapico e a quello erotico, e sceglie che il tema dell'amore agapico sia appannaggio di Yuri Plisetsky (una sorta di finto teppista tanto tsundere) e quello erotico di Yuri Katsuki (il classico ragazzo nipponico incapace di manifestare ed esternare i propri sentimenti, cadendo nell'oblio di sé stesso)... tutto ben congegnato, tanto da far centro pieno con entrambi.
E così, l'impressione che ho provato è quella che si tratti di un anime che "lancia il sasso e nasconda la mano", senza il coraggio di fare "outing", come se il rapporto tra i due non dovesse emergere.
Sugli altri personaggi stenderei un po' un velo pietoso: i familiari e amici di Yuri Katsuki sono delle simpatiche macchiette di contorno, mentre i concorrenti in gara sono un po' troppo caratterizzati alla solita maniera degli spokon, e solo in rari casi si vedono alcuni che tendono a solidarizzare e condividere le preoccupazioni di gara tra loro... D'altro canto, la brevità della serie non poteva fare miracoli, atteso l'ampio (e forse eccessivo) spazio dato alle gare e alle singole esibizioni.

Resta comunque un anime che mi è piaciuto e di cui consiglio la visione, al netto delle osservazioni sopra evidenziate: e mi sta bene anche che l'anime venga interpretato come una sorta di inno ai rapporti umani profondi, all'amore agapico come dono di sé per l'altro, al sentimento disinteressato e al sacrificio di sé per l'altro...

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«Kageki Shōjo!!» è un anime tratto da un manga scritto e disegnato da Kumiko Saiki, che riesce a portare con efficacia, ironia e intelligenza il mondo del teatro sullo schermo.

Ai Narada è una ex idol molto famosa dal carattere apparentemente freddo, sembra che nulla le importi. Iscritta all'accademia Kouka, una scuola femminile d’élite dove è molto difficile accedervi, non è interessata a fare amicizia, eppure sin dal primo giorno l’incontro con Sarasa Watanabe, una ragazza molto esuberante e allegra, la scuoterà dal profondo.

Dietro all'accademia Kouka, dove si perfeziona canto, danza e recitazione, portando le ragazze sul palcoscenico, si nasconde il nome di una compagnia teatrale realmente esistente, la Takarazuka Revue. Per quanto riguarda le similitudini basti pensare che, oltre a essere una compagnia esclusivamente femminile, uno dei loro più grandi successi è la messa in scena de “Le rose di Versailles” di Riyoko Ikeda, opera che sogna di interpretare Sarasa Watanabe.

In un anime che racconta di una compagnia teatrale sono i protagonisti a fare la differenza: le loro storie, le loro realtà, le loro difficoltà riusciranno facilmente a creare la giusta empatia con lo spettatore. Sarasa Watanabe è una ragazza che soffre dei limiti imposti alle ragazze giapponesi. Da piccola interpretava personaggi nel teatro kabuki, ma soffre scoprendo che, crescendo, deve abbandonare quella strada. Il divieto fu imposto dallo shogun Tokugawa Iemitsu nel 1629, per salvaguardare la moralità pubblica. Il divieto fu poi eliminato durante il restauro Meiji, ma le consuetudini sono dure a morire, soprattutto nella mentalità giapponese; a conti fatti l’unico divieto rimasto è quello mentale, il più difficile da superare. Come se non bastasse, la ragazza sogna di interpretare ruoli otokoyaku, ovvero maschili, quasi come vendicarsi del passato.

Ai Narada nasconde un passato doloroso che viene mostrato con cura negli episodi: una delle cose più interessanti della serie è la sua crescita caratteriale, più di tutte ha bisogno di questo ambiente, di quell'amica, di un’amica. Per chi ha sofferto, per chi si sente tradito o abbandonato dagli altri la parola amicizia acquista un significato molto profondo, la sua sofferenza viene resa magnificamente.
Fra gli altri personaggi, degna di nota è la simpatica Ayako Yamada, alle prese con una problematica molto comune nell'ambiente. Le giovani possono contare su vari docenti molto preparati, fra cui spicca Mamoru Andō, franco, schietto: può sembrare crudele, ma, come spesso ripeteranno, vivono in un ambiente duro. Tutti i personaggi sono ben caratterizzati.
L’anime non segue soltanto competizioni e problemi personali, riesce anche a divertire grazie soprattutto alla diversità caratteriale fra le due protagoniste. Situazioni normali diventano fantasiose e spumeggianti grazie all'innocenza estrema di Watanabe.

Le animazioni sono a cura dello studio Pine Jam (che in precedenza, fra gli altri, ha curato "Gleipnir"), sono fluide, non eccezionali ma adeguate al contesto; i colori sono tenui, fra cui spicca un arcobaleno dai mille colori chiamato Watanabe.

Le doppiatrici rendono bene i loro personaggi, benché in passato abbiano interpretato soprattutto ruoli marginali. Yumiri Hanamori, che presta la voce a Ai Narata, aveva doppiato in precedenza Aiko in "Glepnir" e Kon in "Kemono Jihen". L'opening è l'allegra "Hoshi no Orchestra" di saji, mentre l'ending "Hoshi no Tabibito" è cantata dalle doppiatrici della due protagoniste della serie (Sayaka Senbongi e Yumiri Hanamori).

Il manga, al momento in cui scrivo, è in prosecuzione; dopo una prima parte veloce conclusasi in due volumi, si è deciso di proseguire nella storia. La parte animata riprende la parte iniziale, che risulta la più veloce della storia, terminando al momento giusto. Alcune ipotetiche relazioni non vengono approfondite come dovrebbero, lasciando giusto un leggero retrogusto amaro alla fine della visione, che rimane molto piacevole.

Si consiglia la visione a chiunque cerchi una storia divertente e interessante, con spunti e riflessioni profonde.