Ken il guerriero - Le origini del mito
Un anime che, a differenza della serie originale, non lascia nessun ricordo di sé. Il voler parlare dello zio di Kenshiro, ambientando la serie in un contesto storico preciso (gli anni '30 di Shangai), è stato fatale. L'anime non è né carne né pesce, non fa ridere particolarmente, non è particolarmente documentato, non sono particolarmente curati i combattimenti. Insomma, è un assoluto niente, l'unica cosa buona sono i disegni, che riprendono il fumetto, ma persino l'animazione di questi in alcuni punti è scadente. In compenso le figure femminili sono graficamente interessanti.
Dare un giudizio a questa serie non è molto facile: se vista come un prodotto a se stante, senza collegarla all'opera principale, allora può essere considerata discreta. Paragonata alla serie originale, invece, il risultato è davvero disastroso.
Questa serie ha le fattezze di uno dei tanti film con la yazuka, in cui si vede ogni tanto qualche combattimento e nel mezzo c'è una storia d'amore. A livello qualitativo non sarebbe proprio male, se non fosse per il fatto che monotonia e staticità prendono il sopravvento subito dopo i primi episodi. Gli anime di Kenshiro ci hanno abituato a combattimenti estremi, duri e violenti, dove gli avversarsi non si danno mai un attimo di tregua, e non c'è un episodio in cui non si vedano botte da orbi. Al contrario, invece, in questa sorta di prequel, i combattimenti si contano sulle dita di una mano, e per giunta sono di una qualità che dire penosa è già un complimento: gli avversari stanno a fissarsi per ore, nel frattempo si alternano vari flashback, poi si cambia del tutto scena, e alcuni minuti dopo si torna di nuovo sui due combattenti, che ancora non si sono neanche sfiorati e continuano a parlare del più e del meno. Alla fine, dopo due-tre mosse, tra l'altro pessime, si è già concluso tutto. Inoltre, il Kenshiro che tutti conosciamo, era un uomo dalla forza sovrumana: basti pensare che sollevava lastre di roccia enormi, allargava sbarre a mani nude, fermava un treno in corsa con un solo dito, abbatteva interi eserciti nemici come se niente fosse, questi ultimi sempre formati da bestioni alti due metri e mezzo e armati fino ai denti, e non aveva paura nemmeno dei carri armati. In confronto, quello di questa serie (che sarebbe lo zio del Ken più famoso) è un pappa molle, che si fa problemi se il rivale ha in mano una "semplice" pistola, e non si sognerebbe mai di affrontare da solo un'intera gang nemica, nonostante siano dei moscerini in confronto ai "mostri" della vecchia serie. Purtroppo, anche gli avversari di punta, ovvero i membri delle scuole contrarie a Hokuto, sono delle nullità se paragonati ai vari Sauzer, Raul e Kaio, e questo è un difetto enorme per una serie che si rifà a uno dei miti più importanti della storia degli anime di arti marziali.
La trama non sarebbe malaccio, ma il problema è che non è per niente adatta alle vicende di Hokuto, così come l'ambientazione, troppo moderna, che appare quasi come una stonatura. Tra l'altro, ci sono diverse incongruenze che riguardano i veicoli: nella vecchia serie, ambientata dopo la guerra atomica, dove il mondo sembra essere tornato alla preistoria, abbiamo macchine sportive e motocross, mentre nel passato che qui ci viene mostrato, siamo ancora alle auto d'epoca. Sarebbe stato più credibile se avessero creato una sorta di ambientazione parallela, abbinabile alla vecchia serie, anzichè far credere che prima della guerra atomica, il mondo fosse come tutti lo conosciamo. In fondo si tratta del mondo di Kenshiro, e non per forza doveva essere come il nostro, anzi, credo proprio che sia un universo a parte, un po' come in Dragon Ball.
Forse l'unica nota positiva è la colonna sonora, curata da Marco D'Ambrosio, ma scordatevi capolavori tipo "Vincerò" de "Le bizzare avventure di JoJo", non ci si avvicina neanche lontanamente. Grafica e disegni sono più che ottimi, ma ciò non basta ad alzare il livello qualitativo, se questo è troppo basso negli altri campi.
Da grande fan di Kenshiro (è il mio idolo assoluto), sono rimasto davvero deluso. Non che mi aspettassi chissà cosa, visti gli ultimi pessimi prodotti che riguardano questa saga (specialmente la "Pentalogia"), ma mi aspettavo almeno di vedere un Ken diverso in senso positivo, e non un simile stravolgimento.
Serie consigliata solo per gli appassionati.
Questa serie ha le fattezze di uno dei tanti film con la yazuka, in cui si vede ogni tanto qualche combattimento e nel mezzo c'è una storia d'amore. A livello qualitativo non sarebbe proprio male, se non fosse per il fatto che monotonia e staticità prendono il sopravvento subito dopo i primi episodi. Gli anime di Kenshiro ci hanno abituato a combattimenti estremi, duri e violenti, dove gli avversarsi non si danno mai un attimo di tregua, e non c'è un episodio in cui non si vedano botte da orbi. Al contrario, invece, in questa sorta di prequel, i combattimenti si contano sulle dita di una mano, e per giunta sono di una qualità che dire penosa è già un complimento: gli avversari stanno a fissarsi per ore, nel frattempo si alternano vari flashback, poi si cambia del tutto scena, e alcuni minuti dopo si torna di nuovo sui due combattenti, che ancora non si sono neanche sfiorati e continuano a parlare del più e del meno. Alla fine, dopo due-tre mosse, tra l'altro pessime, si è già concluso tutto. Inoltre, il Kenshiro che tutti conosciamo, era un uomo dalla forza sovrumana: basti pensare che sollevava lastre di roccia enormi, allargava sbarre a mani nude, fermava un treno in corsa con un solo dito, abbatteva interi eserciti nemici come se niente fosse, questi ultimi sempre formati da bestioni alti due metri e mezzo e armati fino ai denti, e non aveva paura nemmeno dei carri armati. In confronto, quello di questa serie (che sarebbe lo zio del Ken più famoso) è un pappa molle, che si fa problemi se il rivale ha in mano una "semplice" pistola, e non si sognerebbe mai di affrontare da solo un'intera gang nemica, nonostante siano dei moscerini in confronto ai "mostri" della vecchia serie. Purtroppo, anche gli avversari di punta, ovvero i membri delle scuole contrarie a Hokuto, sono delle nullità se paragonati ai vari Sauzer, Raul e Kaio, e questo è un difetto enorme per una serie che si rifà a uno dei miti più importanti della storia degli anime di arti marziali.
La trama non sarebbe malaccio, ma il problema è che non è per niente adatta alle vicende di Hokuto, così come l'ambientazione, troppo moderna, che appare quasi come una stonatura. Tra l'altro, ci sono diverse incongruenze che riguardano i veicoli: nella vecchia serie, ambientata dopo la guerra atomica, dove il mondo sembra essere tornato alla preistoria, abbiamo macchine sportive e motocross, mentre nel passato che qui ci viene mostrato, siamo ancora alle auto d'epoca. Sarebbe stato più credibile se avessero creato una sorta di ambientazione parallela, abbinabile alla vecchia serie, anzichè far credere che prima della guerra atomica, il mondo fosse come tutti lo conosciamo. In fondo si tratta del mondo di Kenshiro, e non per forza doveva essere come il nostro, anzi, credo proprio che sia un universo a parte, un po' come in Dragon Ball.
Forse l'unica nota positiva è la colonna sonora, curata da Marco D'Ambrosio, ma scordatevi capolavori tipo "Vincerò" de "Le bizzare avventure di JoJo", non ci si avvicina neanche lontanamente. Grafica e disegni sono più che ottimi, ma ciò non basta ad alzare il livello qualitativo, se questo è troppo basso negli altri campi.
Da grande fan di Kenshiro (è il mio idolo assoluto), sono rimasto davvero deluso. Non che mi aspettassi chissà cosa, visti gli ultimi pessimi prodotti che riguardano questa saga (specialmente la "Pentalogia"), ma mi aspettavo almeno di vedere un Ken diverso in senso positivo, e non un simile stravolgimento.
Serie consigliata solo per gli appassionati.
Attenzione: la recensione contiene lievi spoiler
Nel 2001 Tetsuo Hara, il disegnatore della serie originale di Ken il guerriero, inaugura una nuova serie che narra le vicende prima della famosa bomba che ha devastato il mondo. Buronson però questa volta è stato coinvolto marginalmente e si nota immediatamente la differenza a livello narrativo e di caratterizzazione e viene il dubbio di cosa il disegnatore abbia veramente compreso della saga originale durante la lunga serializzazione. Rimane il fatto che, probabilmente per l'altisonante nome, la serie ha un discreto successo, tale da convincere l'americana North Star Pictures a produrne una serie animata, ed il solo fatto che in patria se lo siano lasciati sfuggire la dice lunga sulla qualità del prodotto.
Giappone: all'interno di un istituto scolastico c'è un professore dal fisico imponente ma dalla testa perennemente tra le nuvole, che finisce così per essere scherzato dagli stessi alunni. Sfruttando il suo fiuto riesce a scoprire senza problemi gli autori, ma allo stesso tempo imbarazza le studentesse e ogni tentativo di riparare la situazione peggiora il tutto, facendo capire come il personaggio sia incredibilmente tonto ed imbranato. Ma degli arrivi dalla Cina riportano i fantasmi del passato, allora il professore toglie gli occhiali ed accende la sigaretta per sistemare dei conti, ma come arrivare al punto d'incontro? Semplice, si terrorizza un superiore dando un pugno sopra il tetto della sua macchina e non ci si siede all'interno ma ci si mette in piedi sul tetto a braccia incrociate.
L'immagine che si va a creare rispecchia perfettamente la serie: la macchina con misure da Clown porta sopra un sosia di Kenshiro che fuma, ovvero un mezzo demenziale per portare allo spettatore una apparente copia della prima serie, ma con una punta di "tamarrosità" in più (la sigaretta).
Già dall'inizio si capisce che si tratta di un lavoro alquanto semplicistico e superficiale e la trama per molti episodi rimane fumosa, solo dopo si inizia ad intuire che il tutto sembra solo una storia di vendetta e lotta tra bande mafiose, e teoricamente era meglio non saperlo, anche per via dei nemici: quattro mafiosi con parti meccaniche che risultano piatti, demenziali e soprattutto con un'intelligenza inesistente, tanto da chiedersi come abbiano fatto a diventare capi di una organizzazione mafiosa che comanda tutta Shangai.
Il vero problema sono proprio i personaggi, l'eroe è ambiguo quando dichiara di non essere un assassino e poi non si fa remore nel torturare brutalmente gli avversari e in altre situazioni si prodiga in comportamenti inconcepibili, mentre gli altri "buoni" si alternano e dopo la loro presentazione finiscono relegati in secondo piano e lì rimangono. La vera nota dolente sono i nemici, che non hanno un perché. Il primo vero nemico è una scopiazzatura di Raoul mal riuscita, che rimane anonimo per buona parte e quando muore si rende conto di alcune cose, e qui si capisce come l'autore voglia emulare le dipartite della serie originale ma con scarso successo; poi entra in scena un nuovo nemico ancora più assurdo, già dalla sua prima apparizione in cui parla di viagra e si vede una "strana leva" alzarsi sotto l'accappatoio si intuisce quanto stupido possa essere, poi ogni sua presenza è accompagnata da miriadi di donne nude o quasi, in un occasione addirittura si alzerà di colpo con la ragazza sostenuta solo dal… avete capito. Ovviamente anche lui arriverà di punto in bianco ad un'illuminazione alquanto demenziale sulla sua personalità. I personaggi femminili invece nella prima serie erano sempre ruoli importanti che mostravano perfettamente l'idea di donna di Buronson, invece le poche presenti in questa serie fanno l'opposto. A parte Yuling, che apparentemente è morta, ci sono altre tre donne che appaiono, ma in modo superficiale e anche volgare, senza contare ovviamente i miliardi di seni e gambe che appaiono nella seconda parte.
Infine ci sono tantissime gag demenziali e pessimamente riuscite che stonano completamente con il tutto, sfruttando i personaggi assurdi che animano la storia, ad esempio il mafioso con mezzo volto robotico che camminando compie assurdi versi, quello senza spina dorsale che ogni tre per due cade in avanti e spara a chiunque per puro istinto… senza dimenticare la memorabile (?) scena dove la tensione tra due cattivi sfocia in un siparetto yaoi…
Risultano molto più divertenti invece le situazioni serie, perché si tratta di eventi talmente assurdi che è impossibile non ridere: dopo il siparietto di Kenshiro sopra la vettura si può vedere come ad un mafioso esploda la testa dentro la cabina di un camion ed il sangue imbratta completamente i vetri evitando tutto il resto e la reazione del guidatore è stranamente placida e si impegna a pulire il vetro con molta calma; oppure la decisione di pararsi davanti ad un getto di fiamme anziché spostare la persona da salvare, e poi rimanere sotto il getto di fiamme per una buona decina di minuti senza problemi prima di morire. Per non citare un mazzo di fiori usato come arma che ricopre l'intero pavimento di un locale con i petali. Anche personaggi apparentemente importanti si rendono protagonisti di scene deliranti, come il maestro di una scuola di Hokuto che si rende conto dopo sei anni che sua moglie era incinta prima di conoscerlo e sposarlo!
I combattimenti (solo 3 circa basati sulle tecniche di Hokuto) sono l'ultimo pugno nello stomaco del fan, perché sono lenti, piatti e si allungano per diversi episodi perché intervallati da infiniti dialoghi piatti e ripetitivi che narrano solo ovvietà (tranne nelle occasioni dove si prodigano in battute degne del peggior pulp anni '80), inoltre ci saranno numerose scene di violenza eccessiva e gratuita, contrastando completamente con la via del guerriero che dovrebbe essere seguita da Ken.
Nel bene (poco) e nel male (tanto) si arriva al finale, dove gli ultimi tre episodi sembrano staccarsi dallo stile visto nei precedenti e inaspettatamente ci sono un paio di colpi di scena, ma il tutto è velleitario e precipitoso, ed anche se da soli sono meglio di tutto il resto della serie purtroppo non valgono la visione dell'opera.
La regia statica e anonima è perfetta per le animazioni meccaniche e frammentarie. Subito dai primi momenti si avverte la scarsa qualità tecnica dell'opera e i disegni che ripropongono bene lo stile di Tetsuo Hara in maniera moderna sembrano essere una toppa marginale, ma ben presto anche i disegni si fanno notare per proporzioni errate e una fattura sbrigativa.
Oltre a tutto questo ci si mette anche il character design a peggiorare il tutto: il protagonista è la copia identica di Ken (d'accordo che è lo zio, ma addirittura uguale) e anche il fratellino è una versione in miniatura identica a Ken, poi c'è l'amico perennemente avvolto dalle bende con dei cerci intagliati per gli occhi e la bocca; non brillano per originalità nemmeno per i nemici che ricordano in primis Raoul e marginalmente altri nemici già visti in passato, mentre tutti gli altri personaggi hanno uno stile completamente diverso e spesso anonimo, se non sgradevole.
Infine le animazioni, ai minimi storici, regalano varie castronerie, come colpi di pistola che fanno apparire buchi all'improvviso su nemici che solo in un secondo momento sanguineranno, con fontane degne del peggior Tarantino.
Gli sfondi infine sono vuoti e ripetitivi e non sfruttano la buona ambientazione offerta.
La colonna sonora purtroppo offre alcune scelte interessanti ma è poco sfruttata e spesso non si sente nemmeno, troppo annoiati da quello che accade sullo schermo, forse si salva la sigla di apertura che può piacere per i ritmi dance.
L'edizione italiana della Yamato Video riprende bene lo stile dei personaggi, ovvero dialoghi piatti come i personaggi, difatti i doppiatori sembrano appena usciti da anestesia per l'inespressività che sono in grado di offrire, inoltre ci sono addirittura riciclaggi di voci su diversi personaggi, come se fossero tanti.
Le origini del mito non hanno nulla di tale, anzi, sono una trovata di dubbio gusto per attirare i fan della serie originale, che nonostante l'età vale mille volte di più di questa e l'unico motivo per seguirla è un profondo odio verso la stessa. Quindi non solo sarà inguardabile per l'inesistente fattura tecnica, per la storia noiosa e assurda come i personaggi demenziali, ma a tutti gli effetti è uno sputo in faccia alla vera storia di Ken il guerriero, ai suoi valori, ai personaggi indimenticabili e tutto ciò che rappresenta.
Nel 2001 Tetsuo Hara, il disegnatore della serie originale di Ken il guerriero, inaugura una nuova serie che narra le vicende prima della famosa bomba che ha devastato il mondo. Buronson però questa volta è stato coinvolto marginalmente e si nota immediatamente la differenza a livello narrativo e di caratterizzazione e viene il dubbio di cosa il disegnatore abbia veramente compreso della saga originale durante la lunga serializzazione. Rimane il fatto che, probabilmente per l'altisonante nome, la serie ha un discreto successo, tale da convincere l'americana North Star Pictures a produrne una serie animata, ed il solo fatto che in patria se lo siano lasciati sfuggire la dice lunga sulla qualità del prodotto.
Giappone: all'interno di un istituto scolastico c'è un professore dal fisico imponente ma dalla testa perennemente tra le nuvole, che finisce così per essere scherzato dagli stessi alunni. Sfruttando il suo fiuto riesce a scoprire senza problemi gli autori, ma allo stesso tempo imbarazza le studentesse e ogni tentativo di riparare la situazione peggiora il tutto, facendo capire come il personaggio sia incredibilmente tonto ed imbranato. Ma degli arrivi dalla Cina riportano i fantasmi del passato, allora il professore toglie gli occhiali ed accende la sigaretta per sistemare dei conti, ma come arrivare al punto d'incontro? Semplice, si terrorizza un superiore dando un pugno sopra il tetto della sua macchina e non ci si siede all'interno ma ci si mette in piedi sul tetto a braccia incrociate.
L'immagine che si va a creare rispecchia perfettamente la serie: la macchina con misure da Clown porta sopra un sosia di Kenshiro che fuma, ovvero un mezzo demenziale per portare allo spettatore una apparente copia della prima serie, ma con una punta di "tamarrosità" in più (la sigaretta).
Già dall'inizio si capisce che si tratta di un lavoro alquanto semplicistico e superficiale e la trama per molti episodi rimane fumosa, solo dopo si inizia ad intuire che il tutto sembra solo una storia di vendetta e lotta tra bande mafiose, e teoricamente era meglio non saperlo, anche per via dei nemici: quattro mafiosi con parti meccaniche che risultano piatti, demenziali e soprattutto con un'intelligenza inesistente, tanto da chiedersi come abbiano fatto a diventare capi di una organizzazione mafiosa che comanda tutta Shangai.
Il vero problema sono proprio i personaggi, l'eroe è ambiguo quando dichiara di non essere un assassino e poi non si fa remore nel torturare brutalmente gli avversari e in altre situazioni si prodiga in comportamenti inconcepibili, mentre gli altri "buoni" si alternano e dopo la loro presentazione finiscono relegati in secondo piano e lì rimangono. La vera nota dolente sono i nemici, che non hanno un perché. Il primo vero nemico è una scopiazzatura di Raoul mal riuscita, che rimane anonimo per buona parte e quando muore si rende conto di alcune cose, e qui si capisce come l'autore voglia emulare le dipartite della serie originale ma con scarso successo; poi entra in scena un nuovo nemico ancora più assurdo, già dalla sua prima apparizione in cui parla di viagra e si vede una "strana leva" alzarsi sotto l'accappatoio si intuisce quanto stupido possa essere, poi ogni sua presenza è accompagnata da miriadi di donne nude o quasi, in un occasione addirittura si alzerà di colpo con la ragazza sostenuta solo dal… avete capito. Ovviamente anche lui arriverà di punto in bianco ad un'illuminazione alquanto demenziale sulla sua personalità. I personaggi femminili invece nella prima serie erano sempre ruoli importanti che mostravano perfettamente l'idea di donna di Buronson, invece le poche presenti in questa serie fanno l'opposto. A parte Yuling, che apparentemente è morta, ci sono altre tre donne che appaiono, ma in modo superficiale e anche volgare, senza contare ovviamente i miliardi di seni e gambe che appaiono nella seconda parte.
Infine ci sono tantissime gag demenziali e pessimamente riuscite che stonano completamente con il tutto, sfruttando i personaggi assurdi che animano la storia, ad esempio il mafioso con mezzo volto robotico che camminando compie assurdi versi, quello senza spina dorsale che ogni tre per due cade in avanti e spara a chiunque per puro istinto… senza dimenticare la memorabile (?) scena dove la tensione tra due cattivi sfocia in un siparetto yaoi…
Risultano molto più divertenti invece le situazioni serie, perché si tratta di eventi talmente assurdi che è impossibile non ridere: dopo il siparietto di Kenshiro sopra la vettura si può vedere come ad un mafioso esploda la testa dentro la cabina di un camion ed il sangue imbratta completamente i vetri evitando tutto il resto e la reazione del guidatore è stranamente placida e si impegna a pulire il vetro con molta calma; oppure la decisione di pararsi davanti ad un getto di fiamme anziché spostare la persona da salvare, e poi rimanere sotto il getto di fiamme per una buona decina di minuti senza problemi prima di morire. Per non citare un mazzo di fiori usato come arma che ricopre l'intero pavimento di un locale con i petali. Anche personaggi apparentemente importanti si rendono protagonisti di scene deliranti, come il maestro di una scuola di Hokuto che si rende conto dopo sei anni che sua moglie era incinta prima di conoscerlo e sposarlo!
I combattimenti (solo 3 circa basati sulle tecniche di Hokuto) sono l'ultimo pugno nello stomaco del fan, perché sono lenti, piatti e si allungano per diversi episodi perché intervallati da infiniti dialoghi piatti e ripetitivi che narrano solo ovvietà (tranne nelle occasioni dove si prodigano in battute degne del peggior pulp anni '80), inoltre ci saranno numerose scene di violenza eccessiva e gratuita, contrastando completamente con la via del guerriero che dovrebbe essere seguita da Ken.
Nel bene (poco) e nel male (tanto) si arriva al finale, dove gli ultimi tre episodi sembrano staccarsi dallo stile visto nei precedenti e inaspettatamente ci sono un paio di colpi di scena, ma il tutto è velleitario e precipitoso, ed anche se da soli sono meglio di tutto il resto della serie purtroppo non valgono la visione dell'opera.
La regia statica e anonima è perfetta per le animazioni meccaniche e frammentarie. Subito dai primi momenti si avverte la scarsa qualità tecnica dell'opera e i disegni che ripropongono bene lo stile di Tetsuo Hara in maniera moderna sembrano essere una toppa marginale, ma ben presto anche i disegni si fanno notare per proporzioni errate e una fattura sbrigativa.
Oltre a tutto questo ci si mette anche il character design a peggiorare il tutto: il protagonista è la copia identica di Ken (d'accordo che è lo zio, ma addirittura uguale) e anche il fratellino è una versione in miniatura identica a Ken, poi c'è l'amico perennemente avvolto dalle bende con dei cerci intagliati per gli occhi e la bocca; non brillano per originalità nemmeno per i nemici che ricordano in primis Raoul e marginalmente altri nemici già visti in passato, mentre tutti gli altri personaggi hanno uno stile completamente diverso e spesso anonimo, se non sgradevole.
Infine le animazioni, ai minimi storici, regalano varie castronerie, come colpi di pistola che fanno apparire buchi all'improvviso su nemici che solo in un secondo momento sanguineranno, con fontane degne del peggior Tarantino.
Gli sfondi infine sono vuoti e ripetitivi e non sfruttano la buona ambientazione offerta.
La colonna sonora purtroppo offre alcune scelte interessanti ma è poco sfruttata e spesso non si sente nemmeno, troppo annoiati da quello che accade sullo schermo, forse si salva la sigla di apertura che può piacere per i ritmi dance.
L'edizione italiana della Yamato Video riprende bene lo stile dei personaggi, ovvero dialoghi piatti come i personaggi, difatti i doppiatori sembrano appena usciti da anestesia per l'inespressività che sono in grado di offrire, inoltre ci sono addirittura riciclaggi di voci su diversi personaggi, come se fossero tanti.
Le origini del mito non hanno nulla di tale, anzi, sono una trovata di dubbio gusto per attirare i fan della serie originale, che nonostante l'età vale mille volte di più di questa e l'unico motivo per seguirla è un profondo odio verso la stessa. Quindi non solo sarà inguardabile per l'inesistente fattura tecnica, per la storia noiosa e assurda come i personaggi demenziali, ma a tutti gli effetti è uno sputo in faccia alla vera storia di Ken il guerriero, ai suoi valori, ai personaggi indimenticabili e tutto ciò che rappresenta.
È una serie che parte svantaggiata perché non solo non era possibile eguagliare il mito di Hokuto no Ken, ma neanche avvicinarvisi soltanto. Vedere il gemello di Ken Shiro che fuma come un turco ed è vestito come Ranma all'inizio dà una pessima impressione, tra il ridicolo e il grottesco. Sarebbe stato meglio usare un diverso character design per il personaggio principale, che alla fine è solo il prozio del Ken che conosciamo tutti.
La storia fa acqua da tutte le parti ed è stata di nuovo stravolta: adesso salta fuori che l'Hokuto ha origini cinesi e ne esistono 3 versioni minori. L'olfatto "esagerato" del protagonista sfiora un po il ridicolo.
Complessivamente però dopo aver visto tutti gli episodi non posso dire di essere rimasto insoddisfatto. La storia, per quanto un po' clonata dalla serie anni '80, non è così terribile. Qualche buona sensazione si avverte: la vendetta, i sogni, le passioni, l'amore, qualche vago ricordo del mito affiora. Regalo un otto per alzare la media della valutazione per questa serie, che mi sembra esageratamente bassa soprattutto in confronto a tanta spazzatura sopravvalutata e meglio pubblicizzata.
La storia fa acqua da tutte le parti ed è stata di nuovo stravolta: adesso salta fuori che l'Hokuto ha origini cinesi e ne esistono 3 versioni minori. L'olfatto "esagerato" del protagonista sfiora un po il ridicolo.
Complessivamente però dopo aver visto tutti gli episodi non posso dire di essere rimasto insoddisfatto. La storia, per quanto un po' clonata dalla serie anni '80, non è così terribile. Qualche buona sensazione si avverte: la vendetta, i sogni, le passioni, l'amore, qualche vago ricordo del mito affiora. Regalo un otto per alzare la media della valutazione per questa serie, che mi sembra esageratamente bassa soprattutto in confronto a tanta spazzatura sopravvalutata e meglio pubblicizzata.
Kenshiro Kasumi, legittimo successore della scuola di arti marziali Hokuto, ritorna nella città che aveva lasciato, Shanghai, solo per apprendere una serie di brutte notizie. Il clan mafioso con quale collaborava, la Qing Bang, è infatti allo sbando. Il suo capo, Pang, è morto, e con lui è morta anche la sorella Yu Ling, la donna amata da Kenshiro. A spadroneggiare in città è il Fiore Scarlatto, banda criminale apparentemente debellata dallo stesso Kenshiro prima di partire dalla Cina ma invero sopravvissuta e ancor più agguerrita. Aiutato da vecchi e nuovi amici, il nostro eroe dovrà rimettere in piedi la vecchia band… il vecchio clan mafioso e far capire al Fior Scarlatto chi comanda una volta per tutte. Nel frattempo, però, si renderà conto che vi è un destino ben più grande scritto per lui, che lo porterà a incontrare diversi lottatori appartenenti alle varie diramazioni della scuola di Hokuto…
Questo Souten no Ken si presenta come diretto prequel di quel leggendario Hokuto no Ken che è storia dello shonen manga anni ’80, per opera degli stessi autori. A differenza del predecessore, però, non vi sono ipotetici futuri apocalittici colpiti da catastrofi nucleari né teppisti con motociclette e look da wrestlers americani. La storia è invece ambientata negli anni ’30, con la Seconda guerra mondiale alle porte, e in un setting ben definito, Shanghai. Souten no Ken si distacca dunque dal suo progenitore, diventando un omaggio ai B-movies d’azione di Hong Kong e mescolando la tematica delle arti marziali con faide tra clan mafiosi. Unico, debolissimo, punto di contatto fra passato e presente è la fugace presenza di tale Ramon Kasumi, fratellino minore-clone in versione baby del protagonista che, veniamo avvisati nei primi episodi, sarà in futuro noto come Ryuken, un personaggio che i fruitori della serie storica ben conoscono.
Lasciamoci da parte gran parte di ciò che avevamo nella serie originaria. Molto di ciò che c’era lì lo ritroveremo anche qui, in una neanche troppo velata riproposizione di ruoli da parte di alcuni personaggi, ma per il resto ci toccherà scordarci rivali carismatici come Raoh, intrallazzi familiari e, soprattutto, quei combattimenti così frenetici che caratterizzavano il primo Ken.
Souten no Ken è un’opera che ha uno sfondo storico molto accentuato e che si pone come omaggio ai B-movies nel raccontare faide tra clan mafiosi piuttosto che lotte fra marzialisti (che ci sono, ma si contano sulle dita di una mano, data anche la brevità della serie, e non sono poi così memorabili).
Del resto, Hokuto no Ken era uno shonen pubblicato su Jump e probabilmente aveva la necessità di stupire continuamente con combattimenti mirabolanti. Souten no Ken invece è un seinen diretto agli adulti che in gioventù amavano la serie storica, ed è normale che assuma toni più riflessivi e tranquilli, pur mantenendo tutte le esagerazioni in stile teste che esplodono al grido di “Tu sei già morto!” che caratterizzavano il primo Ken.
Souten no Ken, intendiamoci, non è noioso, né poco interessante. Anzi, questa atmosfera da B-movie è molto affascinante e, per quanto i personaggi non siano particolarmente memorabili, si seguono le loro vicende con un certo interesse.
Si diceva dei personaggi. Non sono personalità che lo spettatore ricorderà nei secoli dei secoli, in quanto molti di essi (il protagonista, Yu Ling) sono cloni “sbiaditi” di quelli già presenti nella serie storica e altri fanno semplicemente il loro lavoro senza diventare amici dello spettatore ma attenendosi a recitare, anche un po’ controvoglia, un copione che gli permetterà di portare il pane a casa. Non mancano comunque diversi momenti capaci di far scendere la lacrimuccia, opportunamente ben piazzati in giusti punti della storia.
Parlando dei personaggi, sorge però il primo problema. Se il gruppo dei buoni riesce a risultare più o meno gradevole senza eccellere, lo stesso non si può dire degli avversari, che fanno acqua, parecchia acqua. I capoccia della banda del Fiore Scarlatto sono un gruppo di mafiosi ognuno con una diversa malformazione o una parte del corpo sostituita da ingranaggi meccanici in seguito ad un primo combattimento con Kenshiro. Ognuno di questi personaggi, che già sono piuttosto sgradevoli graficamente, avrà diversi tic, fobie o manie (si va dall’intercalare “Aita!” al tirare fuori le pistole e sparare all’impazzata uccidendo chiunque sia nei dintorni per ogni motivo possibile e immaginabile, al farsi una trashissima parrucca d’acciaio che farà perdere l’equilibrio al personaggio ogni 2x3). Ok, è un omaggio ai B-movies dove non poteva mai mancare il gangster con la mano meccanica o la maschera sul volto, ma la rappresentazione di questo che fa Souten no Ken toglie ogni possibile spiraglio di credibilità e di temibilità a questi personaggi. I capoccia del Fiore Scarlatto non fanno paura allo spettatore nemmeno per un attimo, dato che le loro sciocche fobie e il loro aspetto di cattivo gusto li rendono protagonisti di numerosissime gags abbastanza ridicole e pacchiane, che non fanno ridere e mal si confanno al tono serio che dovrebbe avere la storia, rendendo i poveri mafiosi non dei terribili boss della mala ma dei pagliacci cyborg cui si ride dietro piuttosto che temerli.
Meglio non è andata agli altri due “big boss” della serie: un killer cattivissimo e temibile che si pente dopo un combattimento di pochissimi fotogrammi facendo così crollare tutta la sua già inesistente caratterizzazione e un idiota “che ragiona con la parte bassa del suo corpo” (cit.) ed è interessato unicamente a disporre di belle donne. Si è tentato un approfondimento psicologico di questo personaggio, ma, vuoi perché si era sul finale e la cosa è stata trattata piuttosto blandamente, vuoi perché considerati i trascorsi passati del personaggio non gli si dà alcuna credibilità anche se si scoprisse essere Dio in persona, il tutto non ha attecchito.
Non mancano poi, nel corso della vicenda, rivelazioni clamorose (ma già ampiamente deducibili dal lettore della serie originale perché ricalcate su altre in essa presenti) e l’inserimento di una sottotrama tanto, tanto cara all’autore Tetsuo Hara, che ce la ripropone qui dopo aver fallito, con Ryusei il temerario, di costruirvi sopra un manga intero: la costruzione di una nazione utopica, di un vero e proprio “Paradiso in Terra” dove tutti gli uomini che non trovano pace per via della guerra o di scelte politiche a loro avverse potranno starsene liberi e felici. Idea senza dubbio bella e in un certo senso coerente, visto il periodo storico in cui la storia è ambientata, ma rimane ancora una volta un’utopia, visto che al personaggio incaricato di realizzarla lo spettatore non dà alcun credito e che la cosa viene insabbiata e lasciata in sospeso, dal momento che il finale della storia si occupa unicamente di chiudere (in modo degno, va detto) la vicenda amorosa del nostro eroe, lasciandone insolute molte altre.
Non si tratta dunque, di una brutta storia. Si fa seguire ed è interessante, ma sarebbe uscita senza dubbio migliore se spuriata da tre quarti delle trashate che la compongono (come le idiozie dei membri del Fiore Scarlatto o le bruttissime gags in stile Onizuka vs Uchiyamada che ci vengono regalate nei primissimi episodi in cui Kenshiro si fa passare per un professore universitario giapponese). Inoltre, appunto, la storia si conclude lasciando un po’ insoddisfatti perché diversi suoi elementi non vengono poi approfonditi o chiusi.
A livello tecnico, i disegni e le animazioni non sono bruttissimi ma nemmeno troppo belli, anche se personalmente mi piace molto il tratto di Tetsuo Hara e dunque ho apprezzato questa serie animata che lo ricalca fedelmente. Il sonoro di accompagnamento agli episodi oscilla da melodie di stampo cinese molto ispirate a nenie anonime e ripetute di continuo, mentre le sigle sono abbastanza belle, soprattutto la coinvolgente sigla d’apertura ad opera di una brava Rina Aiuchi.
C’è tuttavia una grossa, gigantesca, nota dolente che riguarda questa serie, e questa è il doppiaggio italiano.
Se la versione giapponese, pur senza eccellere in maniera particolare, presenta dei grandi nomi come Aya Hisakawa, Masaru Ikeda, Issei Futamata, Ryuzaburo Otomo e Nobuaki Kakuda, la versione italiana è invece la fiera degli sconosciuti. Inspiegabilmente e stranamente doppiata a Roma per essere un prodotto Yamato, la versione italiana presenta moltissimi doppiatori alla loro prima esperienza o quasi, con voci piatte, anonime, sgradevolissime o riciclate per tutti i personaggi di contorno del caso. A salvarsi è unicamente la doppiatrice di Yu Ling, che, seppur esordiente, trovo abbia una voce davvero molto bella, oltre che adatta al personaggio.
Le interpretazioni sono poi davvero piatte, alcune al limite del macchiettistico, e non aiutano di certo a dar serietà a personaggi che già di loro sono ridicoli e di cattivo gusto. A questo bisogna aggiungere una pessima pronuncia dei nomi cinesi. Nella versione giapponese, nonostante l’ambientazione cinese, non figura alcun nome in questa lingua, ma sono tutti sostituiti da corrispettivi semantici giapponesi. Nella versione italiana i nomi cinesi sono stati ripristinati, ma letti senza alcun riguardo per le loro pronunce corrette e, cosa ancor peggiore, senza alcun riguardo dei nomi stessi, dato che i nomi di alcuni personaggi vengono pronunciati ora in un modo ora in un altro a seconda delle scene.
Souten no Ken, che poteva essere una bella storia, si è rivelato essere purtroppo una mezza delusione. L’ho seguito fino alla fine, perché era comunque scorrevole, ma il mix di una pessima versione italiana, di personaggi non troppo memorabili e di una storia stracolma di trashate davvero aldilà di ogni sopportazione (non sono contro il trash e gli omaggi ai B-movies: adoro Mad Bull 34, adoro il film di Mortal Kombat, ma qui si esagera!) me l’hanno fatto ben presto scadere.
In un certo senso segue il trend di un altro suo collega del Jump anni ’80, Ginga Nagareboshi Gin, anch’esso scaduto nel seguito Ginga Densetsu Weed per una combinazione di storia discutibile e pessima realizzazione tecnica. Tuttavia, se lì il pathos della storia reggeva la baracca, qui la storia è debole, molto debole.
Non è una storia che consiglierei. Né ai fans dell’originale Ken, che vedrebbero in un certo senso crollare il loro mito, né agli appassionati di storie di arti marziali piene di esagerazioni, che possono rivolgersi a qualcosa di meglio, come ad esempio Otoko Juku.
Questo Souten no Ken si presenta come diretto prequel di quel leggendario Hokuto no Ken che è storia dello shonen manga anni ’80, per opera degli stessi autori. A differenza del predecessore, però, non vi sono ipotetici futuri apocalittici colpiti da catastrofi nucleari né teppisti con motociclette e look da wrestlers americani. La storia è invece ambientata negli anni ’30, con la Seconda guerra mondiale alle porte, e in un setting ben definito, Shanghai. Souten no Ken si distacca dunque dal suo progenitore, diventando un omaggio ai B-movies d’azione di Hong Kong e mescolando la tematica delle arti marziali con faide tra clan mafiosi. Unico, debolissimo, punto di contatto fra passato e presente è la fugace presenza di tale Ramon Kasumi, fratellino minore-clone in versione baby del protagonista che, veniamo avvisati nei primi episodi, sarà in futuro noto come Ryuken, un personaggio che i fruitori della serie storica ben conoscono.
Lasciamoci da parte gran parte di ciò che avevamo nella serie originaria. Molto di ciò che c’era lì lo ritroveremo anche qui, in una neanche troppo velata riproposizione di ruoli da parte di alcuni personaggi, ma per il resto ci toccherà scordarci rivali carismatici come Raoh, intrallazzi familiari e, soprattutto, quei combattimenti così frenetici che caratterizzavano il primo Ken.
Souten no Ken è un’opera che ha uno sfondo storico molto accentuato e che si pone come omaggio ai B-movies nel raccontare faide tra clan mafiosi piuttosto che lotte fra marzialisti (che ci sono, ma si contano sulle dita di una mano, data anche la brevità della serie, e non sono poi così memorabili).
Del resto, Hokuto no Ken era uno shonen pubblicato su Jump e probabilmente aveva la necessità di stupire continuamente con combattimenti mirabolanti. Souten no Ken invece è un seinen diretto agli adulti che in gioventù amavano la serie storica, ed è normale che assuma toni più riflessivi e tranquilli, pur mantenendo tutte le esagerazioni in stile teste che esplodono al grido di “Tu sei già morto!” che caratterizzavano il primo Ken.
Souten no Ken, intendiamoci, non è noioso, né poco interessante. Anzi, questa atmosfera da B-movie è molto affascinante e, per quanto i personaggi non siano particolarmente memorabili, si seguono le loro vicende con un certo interesse.
Si diceva dei personaggi. Non sono personalità che lo spettatore ricorderà nei secoli dei secoli, in quanto molti di essi (il protagonista, Yu Ling) sono cloni “sbiaditi” di quelli già presenti nella serie storica e altri fanno semplicemente il loro lavoro senza diventare amici dello spettatore ma attenendosi a recitare, anche un po’ controvoglia, un copione che gli permetterà di portare il pane a casa. Non mancano comunque diversi momenti capaci di far scendere la lacrimuccia, opportunamente ben piazzati in giusti punti della storia.
Parlando dei personaggi, sorge però il primo problema. Se il gruppo dei buoni riesce a risultare più o meno gradevole senza eccellere, lo stesso non si può dire degli avversari, che fanno acqua, parecchia acqua. I capoccia della banda del Fiore Scarlatto sono un gruppo di mafiosi ognuno con una diversa malformazione o una parte del corpo sostituita da ingranaggi meccanici in seguito ad un primo combattimento con Kenshiro. Ognuno di questi personaggi, che già sono piuttosto sgradevoli graficamente, avrà diversi tic, fobie o manie (si va dall’intercalare “Aita!” al tirare fuori le pistole e sparare all’impazzata uccidendo chiunque sia nei dintorni per ogni motivo possibile e immaginabile, al farsi una trashissima parrucca d’acciaio che farà perdere l’equilibrio al personaggio ogni 2x3). Ok, è un omaggio ai B-movies dove non poteva mai mancare il gangster con la mano meccanica o la maschera sul volto, ma la rappresentazione di questo che fa Souten no Ken toglie ogni possibile spiraglio di credibilità e di temibilità a questi personaggi. I capoccia del Fiore Scarlatto non fanno paura allo spettatore nemmeno per un attimo, dato che le loro sciocche fobie e il loro aspetto di cattivo gusto li rendono protagonisti di numerosissime gags abbastanza ridicole e pacchiane, che non fanno ridere e mal si confanno al tono serio che dovrebbe avere la storia, rendendo i poveri mafiosi non dei terribili boss della mala ma dei pagliacci cyborg cui si ride dietro piuttosto che temerli.
Meglio non è andata agli altri due “big boss” della serie: un killer cattivissimo e temibile che si pente dopo un combattimento di pochissimi fotogrammi facendo così crollare tutta la sua già inesistente caratterizzazione e un idiota “che ragiona con la parte bassa del suo corpo” (cit.) ed è interessato unicamente a disporre di belle donne. Si è tentato un approfondimento psicologico di questo personaggio, ma, vuoi perché si era sul finale e la cosa è stata trattata piuttosto blandamente, vuoi perché considerati i trascorsi passati del personaggio non gli si dà alcuna credibilità anche se si scoprisse essere Dio in persona, il tutto non ha attecchito.
Non mancano poi, nel corso della vicenda, rivelazioni clamorose (ma già ampiamente deducibili dal lettore della serie originale perché ricalcate su altre in essa presenti) e l’inserimento di una sottotrama tanto, tanto cara all’autore Tetsuo Hara, che ce la ripropone qui dopo aver fallito, con Ryusei il temerario, di costruirvi sopra un manga intero: la costruzione di una nazione utopica, di un vero e proprio “Paradiso in Terra” dove tutti gli uomini che non trovano pace per via della guerra o di scelte politiche a loro avverse potranno starsene liberi e felici. Idea senza dubbio bella e in un certo senso coerente, visto il periodo storico in cui la storia è ambientata, ma rimane ancora una volta un’utopia, visto che al personaggio incaricato di realizzarla lo spettatore non dà alcun credito e che la cosa viene insabbiata e lasciata in sospeso, dal momento che il finale della storia si occupa unicamente di chiudere (in modo degno, va detto) la vicenda amorosa del nostro eroe, lasciandone insolute molte altre.
Non si tratta dunque, di una brutta storia. Si fa seguire ed è interessante, ma sarebbe uscita senza dubbio migliore se spuriata da tre quarti delle trashate che la compongono (come le idiozie dei membri del Fiore Scarlatto o le bruttissime gags in stile Onizuka vs Uchiyamada che ci vengono regalate nei primissimi episodi in cui Kenshiro si fa passare per un professore universitario giapponese). Inoltre, appunto, la storia si conclude lasciando un po’ insoddisfatti perché diversi suoi elementi non vengono poi approfonditi o chiusi.
A livello tecnico, i disegni e le animazioni non sono bruttissimi ma nemmeno troppo belli, anche se personalmente mi piace molto il tratto di Tetsuo Hara e dunque ho apprezzato questa serie animata che lo ricalca fedelmente. Il sonoro di accompagnamento agli episodi oscilla da melodie di stampo cinese molto ispirate a nenie anonime e ripetute di continuo, mentre le sigle sono abbastanza belle, soprattutto la coinvolgente sigla d’apertura ad opera di una brava Rina Aiuchi.
C’è tuttavia una grossa, gigantesca, nota dolente che riguarda questa serie, e questa è il doppiaggio italiano.
Se la versione giapponese, pur senza eccellere in maniera particolare, presenta dei grandi nomi come Aya Hisakawa, Masaru Ikeda, Issei Futamata, Ryuzaburo Otomo e Nobuaki Kakuda, la versione italiana è invece la fiera degli sconosciuti. Inspiegabilmente e stranamente doppiata a Roma per essere un prodotto Yamato, la versione italiana presenta moltissimi doppiatori alla loro prima esperienza o quasi, con voci piatte, anonime, sgradevolissime o riciclate per tutti i personaggi di contorno del caso. A salvarsi è unicamente la doppiatrice di Yu Ling, che, seppur esordiente, trovo abbia una voce davvero molto bella, oltre che adatta al personaggio.
Le interpretazioni sono poi davvero piatte, alcune al limite del macchiettistico, e non aiutano di certo a dar serietà a personaggi che già di loro sono ridicoli e di cattivo gusto. A questo bisogna aggiungere una pessima pronuncia dei nomi cinesi. Nella versione giapponese, nonostante l’ambientazione cinese, non figura alcun nome in questa lingua, ma sono tutti sostituiti da corrispettivi semantici giapponesi. Nella versione italiana i nomi cinesi sono stati ripristinati, ma letti senza alcun riguardo per le loro pronunce corrette e, cosa ancor peggiore, senza alcun riguardo dei nomi stessi, dato che i nomi di alcuni personaggi vengono pronunciati ora in un modo ora in un altro a seconda delle scene.
Souten no Ken, che poteva essere una bella storia, si è rivelato essere purtroppo una mezza delusione. L’ho seguito fino alla fine, perché era comunque scorrevole, ma il mix di una pessima versione italiana, di personaggi non troppo memorabili e di una storia stracolma di trashate davvero aldilà di ogni sopportazione (non sono contro il trash e gli omaggi ai B-movies: adoro Mad Bull 34, adoro il film di Mortal Kombat, ma qui si esagera!) me l’hanno fatto ben presto scadere.
In un certo senso segue il trend di un altro suo collega del Jump anni ’80, Ginga Nagareboshi Gin, anch’esso scaduto nel seguito Ginga Densetsu Weed per una combinazione di storia discutibile e pessima realizzazione tecnica. Tuttavia, se lì il pathos della storia reggeva la baracca, qui la storia è debole, molto debole.
Non è una storia che consiglierei. Né ai fans dell’originale Ken, che vedrebbero in un certo senso crollare il loro mito, né agli appassionati di storie di arti marziali piene di esagerazioni, che possono rivolgersi a qualcosa di meglio, come ad esempio Otoko Juku.
Personalmente ho letto il manga e poi mi sono guardato l'anime, francamente l'ho trovato deludente.
Sconsiglio vivamente a chi ha letto il manga di guradarlo perchè rimarrà decisamente confuso, la trama rispetto al manga viene rispettata quasi fedelmente fino agli ultimi 5 episodi e poi viene completamente stravolta.
Il disegno è decisamnte scarso, se non pessimo, vengono solo ben definiti i tratti per i personaggi principali, mentre per personaggi secondari o altri la qualità del tratto cala a picco. Discreta la scelta dei colori, buona la scelta del cast.
Se proprio non badate all'aspetto sel tratto e non avete letto il manga e volete farvi un'idea è un'occasione per vederlo, ma se avete letto il manga e siete abituati a vedere il pelo nell'uovo ve la sconsiglio vivamente la visione.
Sconsiglio vivamente a chi ha letto il manga di guradarlo perchè rimarrà decisamente confuso, la trama rispetto al manga viene rispettata quasi fedelmente fino agli ultimi 5 episodi e poi viene completamente stravolta.
Il disegno è decisamnte scarso, se non pessimo, vengono solo ben definiti i tratti per i personaggi principali, mentre per personaggi secondari o altri la qualità del tratto cala a picco. Discreta la scelta dei colori, buona la scelta del cast.
Se proprio non badate all'aspetto sel tratto e non avete letto il manga e volete farvi un'idea è un'occasione per vederlo, ma se avete letto il manga e siete abituati a vedere il pelo nell'uovo ve la sconsiglio vivamente la visione.
La storia di cui questo anime s'illude di essere il prologo è una vera e propria leggenda: la saga della scuola di hokuto.
Ken il guerriero, con i suoi pregi e i suoi difetti, è, forse, l'anime degli anni'80 per eccellenza e l'idea di svilupparne non un ulteriore proseguimento ma un prologo della serie (che finalmente chiarisse e appianasse alcune grossolane incongruenze) si potrebbe definire geniale. Souten no ken però, purtroppo, è un fallimento, una colossale boiata, non è neanche lontanamente all'altezza delle aspettative.
La storia è assolutamente banale, scontata e incoerente e , apparte il fatto che non vedo perchè la divina scuola di hokuto dovrebbe avere origini cinesi o perchè il suo successore dovrebbe essere chiamato "re dell'inferno", è penoso che questo antenato del Kenshiro vero, quello che conosciamo tutti, sia affiliato alla mafia cinese e manco in grado, una volta tornato dal suo esilio in giappone, di far fuori i 4 rimbecilliti scagnozzi del clan avverso e vendicare i suoi amici come si deve.
Questo successore della scuola di hokuto era poco più che un picchiatore da bar per di più, come se non bastasse, forse più famoso per il suo olfatto leggendario che per le sue capacità marziali. Ma cos'era un cane da tartufo?
Lasciando da parte la cosa più importante ovvero la trama, i disegni sono carini ma niente di particolare, le scene di combattimento decisamente brutte, ripetitive e spessissmo riciclate, le musiche anonime.
Questo anime è un fallimento su tutti i fronti, speravo arricchisse una saga cui sono molto affezionato ma ha fatto esattamente il contrario, non solo non vale assolutamente la pena spendere soldi per acquistare il dvd ma, semplicemente, scaricarlo sarebbe uno stupido spreco di corrente.
E' un peccato che un'idea per una volta un po' originale sia poi stata sviluppata in modo così penoso.
Ken il guerriero, con i suoi pregi e i suoi difetti, è, forse, l'anime degli anni'80 per eccellenza e l'idea di svilupparne non un ulteriore proseguimento ma un prologo della serie (che finalmente chiarisse e appianasse alcune grossolane incongruenze) si potrebbe definire geniale. Souten no ken però, purtroppo, è un fallimento, una colossale boiata, non è neanche lontanamente all'altezza delle aspettative.
La storia è assolutamente banale, scontata e incoerente e , apparte il fatto che non vedo perchè la divina scuola di hokuto dovrebbe avere origini cinesi o perchè il suo successore dovrebbe essere chiamato "re dell'inferno", è penoso che questo antenato del Kenshiro vero, quello che conosciamo tutti, sia affiliato alla mafia cinese e manco in grado, una volta tornato dal suo esilio in giappone, di far fuori i 4 rimbecilliti scagnozzi del clan avverso e vendicare i suoi amici come si deve.
Questo successore della scuola di hokuto era poco più che un picchiatore da bar per di più, come se non bastasse, forse più famoso per il suo olfatto leggendario che per le sue capacità marziali. Ma cos'era un cane da tartufo?
Lasciando da parte la cosa più importante ovvero la trama, i disegni sono carini ma niente di particolare, le scene di combattimento decisamente brutte, ripetitive e spessissmo riciclate, le musiche anonime.
Questo anime è un fallimento su tutti i fronti, speravo arricchisse una saga cui sono molto affezionato ma ha fatto esattamente il contrario, non solo non vale assolutamente la pena spendere soldi per acquistare il dvd ma, semplicemente, scaricarlo sarebbe uno stupido spreco di corrente.
E' un peccato che un'idea per una volta un po' originale sia poi stata sviluppata in modo così penoso.
Prima una precisazione, molti criticano questa serie perchè partono dal presupposto che sia un sequel di Hokuto no Ken credendo erroneamente che il personaggio sia lo stesso spostato in un altro contesto invece questo è un prequel ambientato negli anni 30 e con protagonista lo zio di Ken. Ecco costoro prima di parlare e sparare caxxate a vanvera dovrebbero informarsi. Per chi come me sta seguendo la serie manga ne avrà apprezzato la storia più che le le botte da orbi che si vedevano soprattutto negli altri ken. Ad ogni modo anche l'anime lo trovo di livello, certo avrei sperato qualcosa di meglio dal punto di vista realizzativo nelle animazioni ma per quanto concerne la fedeltà degli avenimenti e il character design posso dirmi soddisfatto. Un bel 8 lo prende tutto, certo il vecchio Ken aveva un spessore maggiore ma comunque anche questo è più che piacevole da leggere e guardare.