The King of Eden riprende la storia dall’enjambement di Eden of the East e le si riallaccia con un’apocope, giocando con l’introduzione in medias res, espediente già utilizzato per la serie. La corrispondenza nei modi dei due incipit è uno dei tanti paralleli con la produzione tv, della quale il film è un’ανάλογον, nel bene e nel male.
Kamiyama infatti riconferma i suoi τόποι e le sue lacune. È capace di dare sostanza al discorso socio-politico intavolato dalla fabula; ha un approccio personale alle problematiche d’attualità a lui tanto care. Ma non sa gestire ciò che scrive. Kamiyama si ridimostra sceneggiatore e regista ancora bisognoso di una guida senza la quale si perde, perdendo il punto delle sue creazioni.
L’ex collaboratore di Oshii ha sempre palesato più o meno grandi difficoltà nella strutturazione e nella conduzione del racconto. Opera quasi euedrale, eccetto per il passo falso della conclusione, Seirei no Moribito sembrava l’ultimo gradino verso la maturità di un Kamiyama che invece, nel suo più recente progetto, è tornato a smarrire il bandolo della narrazione.
Così The King of Eden gira per troppe strade e la sempre spaesata Saki sembra metaforizzare in sé un film disorientato, quasi una prosopopea dei problemi del lungometraggio. Non è un principe evanescente – re dell’aria e forse a causa di ciò impalpabile – a reindirizzare il percorso, non sono le comparse vecchie e nuove a guidare l’intreccio che pare andare per conto proprio ripercorrendo vie già battute.
Kamiyama infatti riconferma i suoi τόποι e le sue lacune. È capace di dare sostanza al discorso socio-politico intavolato dalla fabula; ha un approccio personale alle problematiche d’attualità a lui tanto care. Ma non sa gestire ciò che scrive. Kamiyama si ridimostra sceneggiatore e regista ancora bisognoso di una guida senza la quale si perde, perdendo il punto delle sue creazioni.
L’ex collaboratore di Oshii ha sempre palesato più o meno grandi difficoltà nella strutturazione e nella conduzione del racconto. Opera quasi euedrale, eccetto per il passo falso della conclusione, Seirei no Moribito sembrava l’ultimo gradino verso la maturità di un Kamiyama che invece, nel suo più recente progetto, è tornato a smarrire il bandolo della narrazione.
Così The King of Eden gira per troppe strade e la sempre spaesata Saki sembra metaforizzare in sé un film disorientato, quasi una prosopopea dei problemi del lungometraggio. Non è un principe evanescente – re dell’aria e forse a causa di ciò impalpabile – a reindirizzare il percorso, non sono le comparse vecchie e nuove a guidare l’intreccio che pare andare per conto proprio ripercorrendo vie già battute.
Con la sua grafica garbata – anche troppo – e con toni mai sopra le righe, The King of Eden avanza con stile verso il nuovo enjambement, inconcludente quanto la serie e più dispersivo nella propria durata minore. Mentre, per sua stessa ammissione, il primo Stand Alone Complex era stato un disegno preparatorio e il 2nd GIG l’affresco compiuto, qui Kamiyama non lima le mancanze seriali sfruttando l’esperienza acquisita con i primi 11 episodi di Eden of the East. A riconferma che l’evoluzione del secondo S.A.C. era dovuta al maestro e non all’ex ‘allievo di grandi speranze’, che si spera non resti tale in aeternitate. E che, del suo prediletto e pluri-citato J.D. Salinger, dovrebbe studiare attentamente Franny e Zooey.
Ho citato quella parte per fare capire che se non parli in greco ("Io, dall'alto della mia maggiore sapienza, contengo il mio linguaggio") allora non sei un "povero zotico analfabeta", ma semplicemente uno che ignora il greco ("il mio linguaggio che altrimenti tu, [...], non saresti capace di comprendere"). Parlare in greco ti rende solo più erudito. L'unica parte rivolta verso di te è "Libero di utilizzarlo così come io sono libero di non capirlo.". Che non è per nulla offensiva, anzi. Io la recensione non la boccio in toto (ed anche se continuo a ripetermi, continuo a trovarla anacronistica), ma avrei preferito delle note a piè pagina. Sull'ignoranza: il greco e il latino sono lingue morte. Trovo accettabile che vi sia dell'ignoranza in merito. Io farei studiare l'inglese piuttosto (così da cercare d'unire ancor più i popoli europei).
Riguardo la tua posizione: avevo capito che era avversa al "virgolettato", ma era proprio il "virgolettato" che mi dava problemi (poiché se assumi quello allora io, che quando parlo di tecnologia mi contengo, dovrei lasciar intendere, tra le righe, : "Io, dall'alto della mia maggiore sapienza, contengo il mio linguaggio che altrimenti tu, povero zotico analfabeta, non saresti capace di comprendere". Oltre ad essere offensivo è anche falso. Qualsiasi erudito/professore/premio nobel/esperto è costretto "ad abbassarsi"; pensi davvero che lascino intendere questo... "tra le righe"?).
Darà che per me la cosa appare innaturale, dato che ho l'abitudine di scrivere a getto, esattamente come lo direi a parole... non mi sento insomma in dovere di caricare troppo i miei discorsi per farli sembrare chissà che.
Nel mezzo sta la mediocrità? La mediocrità sta negli atteggiamenti e di sicuro nessuno dovrebbe invocarla per delle semplici recensioni sugli anime (vedi perchè dico che bisogna prendersi meno sul serio?). Per il resto per me, una frase di questo genere (e me l'aspettavo purtroppo, poichè rispondono così quasi tutti quelli che vogliono darsi un tono) è veramente incommentabile...
Io non ho mai criticato la recensione in quanto a complessità o qualità di scrittura.
Semplicemente sono persuaso che vi siano luoghi ove è preferibile scrivere in un certo modo, usando un tal registro, senza frignare d'autocensura imposta dal popolo bruto.
Come sempre, credo si tratti di buon senso e misura.
Al contrario, alcuni degli ultimi commenti di Limbes m'hanno lasciato piuttosto desolato tanto sembrano suffragare le critiche più che smontarle.
Magari riflettere un attimo prima di stendere un testo ti sembra innaturale, ma è un buon modo per evitare obbrobri linguistici. Magari poi, prima di venire a sindacare la mia scrittura, impara come si scrive in modo corretto. E impara anche a rispettare l'altrui libertà, perché, come diceva Oscar Wilde: "Egoismo non è fare ciò che si vuole, ma pretendere che gli altri facciano ciò che noi vogliamo".
PS
Illidor, io non sentirei minate le mie facoltà intellettuali se durante un discorso tu sciorinassi le tue nozioni molto tecniche sulla tecnologia. Non ho ancora capito qual è il vostro dramma. E trovo molto tristi alcune tue affermazioni.
Ebbene, ecco il mio "dramma": quando si scrive un articolo c'è bisogno di avere ben presente dove questo andrà pubblicato e di conseguenza calibrarne il linguaggio tecnico.
Tutto qui, come vedi, almeno da parte mia non ci sono assalti alla libertà di chi scrive né tanto meno critiche ai contenuti o alla qualità dell'italiano adoperato.
Buon senso, caso mai.
Saluti
Accetto obiezioni sul merito dell'analisi, ma non su quello dello stile. A maggior ragione se chi le avanza pretende l'omologazione a una scrittura spicciola, dettata dalla foga, e non dalla correttezza e dalla ricerca.
Riguardo all'osservazione sul buon senso, ci stavo riflettendo pure io e ti dirò, in tutta franchezza, non pensavo si potesse scatenare un tale putiferio per due misere parole.
La nostra discussione su Bay la ricordo bene (non a caso l'ho citata scherzosamente qualche commento più su).
Diciamo che temevo di essere finito nel mucchio e ho voluto puntualizzare la mia opinione che, ripeto, non vuole scalfire lo stile della recensione ma l'uso di termini tecnici in un contesto non consono.
Alla fin fine, l'unica mia perplessità è l'uso di alcune parole non leggibili (in senso letterale) in un testo che vorrebbe esporre limpidamente (non banalmente, s'intende) un parere.
Tutto qui.
Infatti, nelle tue precedenti recensioni non ho mai avuto nulla da dire nella forma, no?
Alla prossima
Per quanto mi riguarda concordo con il messaggio n°77 di epicuro.
Riguardo al parlare di una materia in cui si è esperti: è come se un medico anziché spiegarti semplicemente cos'hai usasse il linguaggio proprio della medicina per spiegarti il tuo problema. E questo è improponibile.
Riguardo la "tristezza" di alcune affermazioni: al più posso provare a chiarire i punti che ti suscitano ciò, ma dubito sia di farti cambiare idea che di cambiarla.
p.s. Ilidor (con una sola "L")
Ilidor, direi che il paragone non è propriamente calzante. Il medico ha a che fare con la vita delle persone, qui stiamo parlando di lettura, e neanche di lettura obbligatoria. Se Limbes non parla chiaro per alcuni utenti, nessuno ne paga gravi conseguenze. Un medico deve essere limpido, è il suo lavoro.
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