A seguito dell'emanazione del XVIII emendamento, il 16 gennaio 1920 negli Stati Uniti entrò in vigore il proibizionismo: da quel momento fino al 1933 la produzione e la vendita di bevande alcoliche nel paese a stelle e strisce venne considerata un'attività illegale. Ma, come spesso accade, quando qualcosa diventa "proibito" finisce fatalmente per aumentare ancora di più il suo fascino presso quella parte della popolazione che, per natura, è poco incline ai moralismi; e così le principali associazioni criminali americane poterono sfruttare il proibizionismo per creare un nuovo mercato clandestino che garantì loro, in quegli anni, profitti altissimi.
Ma non voglio tediare ulteriormente il lettore: immagino che, almeno per sommi capi, questa storia la conosciate tutti benissimo. Quello che però in pochi conoscono è una strana tradizione in vigore presso i componenti delle varie famiglie mafiose italiane trapiantate in America in occasione della nascita di un figlio: a quei tempi una prole numerosa era segno di prosperità e la prosperità, a quei tempi, era il risultato della vendita clandestina di alcolici. Ma allora perché non celebrare assieme le due cose? Nacque così l'usanza secondo cui il padre di famiglia dovesse passare il giorno del battesimo del suo discendente completamente ubriaco. Purtroppo però questi finiva puntualmente per presentarsi completamente "ciucco" all'altare e, cosa più grave, finiva per dimenticare il nome scelto per il bambino; così quando arrivava il momento di comunicarlo al prete si sparavano parole a casaccio. Ed ecco spiegato il perché in quegli anni nomi come Testa, Granchio, Cerotto, Serpente, Strega o Frate erano all'ordine del giorno. Tra questi mancava ancora "Petaloso" ma d'altronde questo termine è entrato a far parte della lingua italiana solo da poco per cui nisba.
Scherzi a parte, ho voluto affrontare la questione dei nomi in 91 days già nella premessa un po' per sottolineare l'importanza della cosa ed un po' per liberarmi subito del problema. A mio parere, infatti, se si sceglie di fare un film o un anime sulla mafia italiana la scelta dei nomi dei vari personaggi è importante e non può essere risolta prendendo un vocabolario della nostra lingua e scegliendo termini a caso. Chi non conosce l'italiano probabilmente non ci farà troppo caso; ma ciò non può essere considerata come una giustificazione per due motivi: il primo è che questa recensione è diretta ad un pubblico italiano, e per chi capisce la nostra lingua i doppi sensi che nascono nei dialoghi sono troppi e finiscono per rovinare completamente l'atmosfera. Eviterò di fare esempi in questa sede ma nei miei commenti agli episodi ho pensato di evidenziare quelli che ho trovato più buffi e chi è interessato alla cosa può andare a leggerseli lì. In secondo luogo in tutti i film dello stesso tipo la scelta dei nomi è sempre molto accurata, anche se non si tratta di una produzione italiana. Questa attenzione non è casuale o inutile: pensate che la fama cinematografica di don Vito Corleone sarebbe stata la stessa se si fosse chiamato don Vito Orco oppure don Cerotto Corleone?
91 Days nasce come anime originale prodotto dallo studio Shuka da un soggetto di Taku Kishimoto; la regia è di Hiro Kaburagi.
Dopo aver assistito, in tenera età, alla strage della sua famiglia ad opera di tre uomini bendati, Angelo Ragusa vive da anni in funzione del suo desiderio di vendetta. La possibilità di realizzarla si concretizza quando il giovane riceve una lettera anonima in cui vengono indicati come autori degli omicidi Vincent Vanetti, capo dell'omonimo clan, suo figlio Nero ed un affiliato alla famiglia, tale Vanno Clemente. Adottando il falso nome di Bruno Avilio e con l'aiuto del suo amico d'infanzia Corteo, Angelo riuscirà ad infiltrarsi nei ranghi della famiglia mafiosa dei Vanetti e ad ottenere la fiducia dei capi; e una volta all'interno del clan non gli resterà che attendere il momento più opportuno per realizzare il suo piano.
Al di là della questione dei nomi devo dire che, in tutta franchezza, questo anime non mi ha entusiasmato molto. Si tratta senz'altro di una buona storia ma i continui alti e bassi non gli consentono di fare quel salto di qualità che in molti, invece, si aspettavano.
In primo luogo l'evoluzione degli eventi è lentissimo: sono troppi gli episodi in cui non succede sostanzialmente nulla e che poi cercano di recuperare la declinante attenzione dello spettatore attraverso una serie di colpi di scena sul finale. Credo che si sarebbe ottenuto un effetto migliore se si fosse deciso di farne un film piuttosto che una serie di dodici episodi: tutte le parti che fungono solo da "riempitivo" non sarebbero state più necessarie, ci sarebbero stati meno tempi morti e la sua visione sarebbe stata meno frustrante.
In secondo luogo pur essendo un anime su "Cosa Nostra", 91 days non sembra riuscire a riprodurne adeguatamente i tratti caratteristici, e ciò sia a livello di mentalità che a livello di azione: i Vanetti più che una famiglia mafiosa sembrano un insieme di cani sciolti che prendono iniziative per conto proprio. Don Orco, poi, è pure peggio: una persona che fa uccidere il cuoco perché non ha gradito le lasagne non è un capoclan ma uno psicopatico mentecatto. Se analizziamo, poi, un altro degli elementi che generalmente caratterizzano questo genere e cioè le sparatorie, la situazione non migliora: si passa da momenti in puro stile "Galaga", in cui tutti sparano a casaccio senza sosta, a momenti di pura illogicità come quando si continua a sparare ad un bancone corazzato invece di aggirarlo, per poi ripararsi dietro un barile quando cominciano a piovere bottiglie (cosa inutile perché per definizione piovono "dall'alto" e non orizzontalmente).
I personaggi, infine, non hanno abbastanza carisma: Angelo è una mummia per i due terzi della durata dell'anime; Nero è un simpatico guascone ma è di una ingenuità sconcertante; Fango è tutto fuorché un mafioso. Corteo e Vincent Vanetti non sono pervenuti.
A salvare questo anime dalla bocciatura. invece, sono la sceneggiatura e la parte finale.
La sceneggiatura nel suo complesso regge: il principio "causa-effetto" viene sostanzialmente rispettato, ci sono poche trascurabili contraddizioni e nei momenti cruciali si fa sempre la scelta più logica, anche a rischio di diventare impopolari.
La parte finale, poi, è di altissimo livello e ripaga con gli interessi la fiducia dello spettatore che non ne ha interrotto la visione nonostante diversi episodi molto sottotono. I personaggi finalmente smettono di essere delle statue di marmo o delle improponibili macchiette ma prendono finalmente vita, rivelando la loro emotività nascosta ed una personalità tutt'altro che superficiale; lo scorrere degli eventi diventa più veloce ed appassiona davvero; la trama riesce ad esprimere appieno tutto il suo potenziale, tramortendo lo spettatore come un pugile che riesce a sferrare il pugno decisivo dopo un'attenta e curata preparazione. Lasciare, poi, al pubblico una serie di incognite risolvibili solo guardando e riguardando con attenzione le ultime scene è un tocco di classe che ho gradito moltissimo.
Il livello grafico raggiunto non mi ha entusiasmato molto; al contrario la colonna sonora è molto bella. In particolare la sigla iniziale, "Signal" di TK (l'inconfondibile voce di "Unravel", l'opening di Tokyo Ghoul) è un piccolo gioiellino; la sigla finale, invece è "Rain or shine" cantata da Elisa.
Ma non voglio tediare ulteriormente il lettore: immagino che, almeno per sommi capi, questa storia la conosciate tutti benissimo. Quello che però in pochi conoscono è una strana tradizione in vigore presso i componenti delle varie famiglie mafiose italiane trapiantate in America in occasione della nascita di un figlio: a quei tempi una prole numerosa era segno di prosperità e la prosperità, a quei tempi, era il risultato della vendita clandestina di alcolici. Ma allora perché non celebrare assieme le due cose? Nacque così l'usanza secondo cui il padre di famiglia dovesse passare il giorno del battesimo del suo discendente completamente ubriaco. Purtroppo però questi finiva puntualmente per presentarsi completamente "ciucco" all'altare e, cosa più grave, finiva per dimenticare il nome scelto per il bambino; così quando arrivava il momento di comunicarlo al prete si sparavano parole a casaccio. Ed ecco spiegato il perché in quegli anni nomi come Testa, Granchio, Cerotto, Serpente, Strega o Frate erano all'ordine del giorno. Tra questi mancava ancora "Petaloso" ma d'altronde questo termine è entrato a far parte della lingua italiana solo da poco per cui nisba.
Scherzi a parte, ho voluto affrontare la questione dei nomi in 91 days già nella premessa un po' per sottolineare l'importanza della cosa ed un po' per liberarmi subito del problema. A mio parere, infatti, se si sceglie di fare un film o un anime sulla mafia italiana la scelta dei nomi dei vari personaggi è importante e non può essere risolta prendendo un vocabolario della nostra lingua e scegliendo termini a caso. Chi non conosce l'italiano probabilmente non ci farà troppo caso; ma ciò non può essere considerata come una giustificazione per due motivi: il primo è che questa recensione è diretta ad un pubblico italiano, e per chi capisce la nostra lingua i doppi sensi che nascono nei dialoghi sono troppi e finiscono per rovinare completamente l'atmosfera. Eviterò di fare esempi in questa sede ma nei miei commenti agli episodi ho pensato di evidenziare quelli che ho trovato più buffi e chi è interessato alla cosa può andare a leggerseli lì. In secondo luogo in tutti i film dello stesso tipo la scelta dei nomi è sempre molto accurata, anche se non si tratta di una produzione italiana. Questa attenzione non è casuale o inutile: pensate che la fama cinematografica di don Vito Corleone sarebbe stata la stessa se si fosse chiamato don Vito Orco oppure don Cerotto Corleone?
91 Days nasce come anime originale prodotto dallo studio Shuka da un soggetto di Taku Kishimoto; la regia è di Hiro Kaburagi.
Dopo aver assistito, in tenera età, alla strage della sua famiglia ad opera di tre uomini bendati, Angelo Ragusa vive da anni in funzione del suo desiderio di vendetta. La possibilità di realizzarla si concretizza quando il giovane riceve una lettera anonima in cui vengono indicati come autori degli omicidi Vincent Vanetti, capo dell'omonimo clan, suo figlio Nero ed un affiliato alla famiglia, tale Vanno Clemente. Adottando il falso nome di Bruno Avilio e con l'aiuto del suo amico d'infanzia Corteo, Angelo riuscirà ad infiltrarsi nei ranghi della famiglia mafiosa dei Vanetti e ad ottenere la fiducia dei capi; e una volta all'interno del clan non gli resterà che attendere il momento più opportuno per realizzare il suo piano.
Al di là della questione dei nomi devo dire che, in tutta franchezza, questo anime non mi ha entusiasmato molto. Si tratta senz'altro di una buona storia ma i continui alti e bassi non gli consentono di fare quel salto di qualità che in molti, invece, si aspettavano.
In primo luogo l'evoluzione degli eventi è lentissimo: sono troppi gli episodi in cui non succede sostanzialmente nulla e che poi cercano di recuperare la declinante attenzione dello spettatore attraverso una serie di colpi di scena sul finale. Credo che si sarebbe ottenuto un effetto migliore se si fosse deciso di farne un film piuttosto che una serie di dodici episodi: tutte le parti che fungono solo da "riempitivo" non sarebbero state più necessarie, ci sarebbero stati meno tempi morti e la sua visione sarebbe stata meno frustrante.
In secondo luogo pur essendo un anime su "Cosa Nostra", 91 days non sembra riuscire a riprodurne adeguatamente i tratti caratteristici, e ciò sia a livello di mentalità che a livello di azione: i Vanetti più che una famiglia mafiosa sembrano un insieme di cani sciolti che prendono iniziative per conto proprio. Don Orco, poi, è pure peggio: una persona che fa uccidere il cuoco perché non ha gradito le lasagne non è un capoclan ma uno psicopatico mentecatto. Se analizziamo, poi, un altro degli elementi che generalmente caratterizzano questo genere e cioè le sparatorie, la situazione non migliora: si passa da momenti in puro stile "Galaga", in cui tutti sparano a casaccio senza sosta, a momenti di pura illogicità come quando si continua a sparare ad un bancone corazzato invece di aggirarlo, per poi ripararsi dietro un barile quando cominciano a piovere bottiglie (cosa inutile perché per definizione piovono "dall'alto" e non orizzontalmente).
I personaggi, infine, non hanno abbastanza carisma: Angelo è una mummia per i due terzi della durata dell'anime; Nero è un simpatico guascone ma è di una ingenuità sconcertante; Fango è tutto fuorché un mafioso. Corteo e Vincent Vanetti non sono pervenuti.
A salvare questo anime dalla bocciatura. invece, sono la sceneggiatura e la parte finale.
La sceneggiatura nel suo complesso regge: il principio "causa-effetto" viene sostanzialmente rispettato, ci sono poche trascurabili contraddizioni e nei momenti cruciali si fa sempre la scelta più logica, anche a rischio di diventare impopolari.
La parte finale, poi, è di altissimo livello e ripaga con gli interessi la fiducia dello spettatore che non ne ha interrotto la visione nonostante diversi episodi molto sottotono. I personaggi finalmente smettono di essere delle statue di marmo o delle improponibili macchiette ma prendono finalmente vita, rivelando la loro emotività nascosta ed una personalità tutt'altro che superficiale; lo scorrere degli eventi diventa più veloce ed appassiona davvero; la trama riesce ad esprimere appieno tutto il suo potenziale, tramortendo lo spettatore come un pugile che riesce a sferrare il pugno decisivo dopo un'attenta e curata preparazione. Lasciare, poi, al pubblico una serie di incognite risolvibili solo guardando e riguardando con attenzione le ultime scene è un tocco di classe che ho gradito moltissimo.
Il livello grafico raggiunto non mi ha entusiasmato molto; al contrario la colonna sonora è molto bella. In particolare la sigla iniziale, "Signal" di TK (l'inconfondibile voce di "Unravel", l'opening di Tokyo Ghoul) è un piccolo gioiellino; la sigla finale, invece è "Rain or shine" cantata da Elisa.
In sede di giudizio posso affermare che 91 Days non mi è affatto dispiaciuto; ma, a mio avviso, da qui a considerarlo come un'opera di prima fascia ce ne corre. Si tratta di un anime sicuramente godibile, con punte di grandissima qualità; ma preso complessivamente mi è sembrato un anime nella media, da valutare positivamente ma senza menzioni speciali.
Pro
- Sceneggiatura gradevole
- Parte finale di altissimo livello
- La colonna sonora è un piccolo gioiellino
Contro
- Che nomi di...
- Troppo lungo in relazione alla trama proposta
- E questi sarebbero dei mafiosi?
Scherzi a marte, è una serie che ho visto fino alla fine e chenel complesso non mi è dispiaciuta, nonostante la visione sia stata abbastanza apatica e piatta. Quindi... meh.
Aggiungiamoci un finale che proprio non mi è piaciuto e la delusione rimane ancora dopo mesi dalla conlcusione.
Bravo! Bella recensione.
Tuttavia la recensione mi preoccupa sinceramente, vedrò di procedere con aspettative più ribassate...
Praticamente bastava che fossero parole in italiano
Volevo vederlo, mi ispira, lo metterò nella mia lista infinita. Grazie per la recensione.
In tutta onesta' credevo che i toni usati sarebbero stati molto piu' crudi, invece nonostante l'ambientazione malavitosa, lo svolgimento degli eventi sembra sempre appannato da un velo di tutela verso lo spettatore (evidentemente il target era volutamente non adulto).
Sulla questione dei nomi invece, dopo anni di Reborn, jojo e compagnia cantante, ormai non ci faccio piu' caso.
In conclusione una serie da vedere se piace il genere, sicuramente si. Non grido al capolavoro (come in realta' ero pronto a fare alla fine della prima puntata...) soprattutto perche' la parte centrale e' davvero un riempitivo quasi a voler/dover capire quanto lunga tirarla in corso d'opera...e ci puo' anche stare...ma rispetto alla parte conclusiva m'e' parsa troppo lunga.
che poi a me il nome "nero vanetti" piaceva... >_>
Sui nomi, non ho nulla da aggiungere a quello che molti hanno detto prima di me: che orrore! XD La cosa che mi lascia perplessa è che i giapponesi conoscono i nomi italiani, perché ho visto varie serie anche con nomi normali. Mi è venuto il sospetto che abbiano usato nomi simili proprio per evitare possibili collegamenti a personaggi realmente esistiti, anche per caso.
Però comunque mi ispira curiosità e magari me la vedo. Certo, probabilmente non dovrò aspettarmi per ovvi motivi un' opera come lo sceneggiato "Joe Petrosino". XD
Penso tu abbia ragione. Ad esempio in uno dei primi episodi di "Detective Conan" un mafioso nostrano non si chiama mica con uno dei nomi di questa serie. XD
Quanta ragione in queste parole! Alcuni episodi centrali mi avevano fatto calare di molto l'entusiasmo, non al punto di voler interrompere ma la delusione per questa serie c'era, nel finale mi sono potuta ricredere e ne sono stata contenta.
Però nonostante l'ottimo finale non posso dimenticare i momenti di noia che comunque ho vissuto durante la visione, in definitiva trovo 91 days discreto ma speravo di più da questo anime.
Partendo dai nomi, ho trovato una cosa molto carina il fatto che ci fossero dei nomi italiano o italo-americani perché sapete, i nostri avi, la maggior parte sono emigrati in america agli inizi del secolo scorso, o meglio scrivo più preciso, agli inizi del 900. Se si deve giudicare un anime da un nome tanto vale andare a guardare i programmi " ma come ti vesti ", " Take me out" e simili. La sceneggiatura in quest'opera è un qualcosa di ottimo, quasi pazzesco, che lascia molto spazio alla riflessione psicologica e alle giuste caratterizzazioni dei personaggi. Vi aspettavate un gangster che uccideva a sangue freddo? Spietato? Con delle donne di bordello di fianco? No! Uccidete, provate a prendere una pistola, provate rancore. Le caratterizzazioni servono anche a questo. L'ossessione di Avilio che diventa sempre più attaccato alla sua vendetta a tal punto da vendere l'amicizia. I giochi di potere e i sotterfugi sono roba che esiste. Forse voi siete troppo attaccati a roba come " squadra anti-mafia", " romanzo criminale", "gomorra", per capire che c'è differenza tra realtà e finzione. Inoltre, personalmente dubito che negli anni 20/30 la Mafia si comportasse come quella attuale, d'altronde la droga non era ancora arrivata in circolazione se non l'oppio tramite la Cina e l'India e si ripiegava sull'alcol. Il proibizionismo è esistito e viene raccontato in maniera eccelsa in quest'ottima opera, tra le migliori del 2016 insieme a Rakugo, Mob 100 e Un marzo da leoni. Ma per voi uno storico psicologico non va bene, uno psicologico in sè non va bene! Ci vuole l'Hype, il cattivo che ride, crudele, magari senza caratterizzazione. Il protagonista che deve essere cazzuto e violento allo stesso tempo. Sofferenza, drammi, pressioni, rancori, sono roba che per voi non esiste in questo tipo di opera ma vi piace di più se succede come in TG, come in Shingeki. AH cavolo, quella di Eren per i giganti si che è una vera ossessione psicologica, mica Avilio che impazzisce, che diventa quasi una larva e che distrugge un'intera Famiglia dall'interno. No in quel caso Avilio è noioso perché non urla: ucciderò i Vanetti come una checca isterica davanti ad un negozio di Dolce & Gabbana. Voi signori miei non avete capito nè le caratterizzazioni e nè tantomeno la psicologia e il senso di quest'opera. Troppo lungo in relazione? 12 episodio per una durata di 91 giorni da quando Avilio riceve la lettera. Ah già, per voi bisognava mettere una bomba sotto casa dei Vanetti e fine dei giochi. D'altronde è tanto facile vendicarsi, perché perdere tempo così quando puoi diventare il braccio destro dell'Isis del 1928, solo che invece di Allah Akbar per voi Avilio avrebbe dovuto urlare Allah Ragusa! Giusto? Personalmente poi si sono mafiosi, lo sono di altri tempi. La celebrazione al Padrino, specialmente la scena dove Nero diventa il nuovo Don è un qualcosa di mitico e sensazionale e voi dite: "ma questi non sono mafiosi". Prima di parlare, guardatevi dei documentari sul proibizionismo, guardatevi documentari di Al Capone - boss di quell'epoca -, guardate oltre al padrino anche "Gli Intoccabili" ( non quello dei ragazzini, che probabilmente non riuscirete neanche a comprendere) dove c'è un giovanissimo Kevin Costner e se non erro il primo film di un certo Robert De Niro. Come direbbe lui: "Siete solo chiacchere e distintivo, chiacchere e distintivo!". La prossima volta prima di criticare un capolavoro, studiatevi le basi della sceneggiatura, studiatevi la storia dell'epoca, dove è ambientato e se veramente era così o comunque ci si avvicina al modello. Studiatevi le caratterizzazioni e consiglio anche la differenza tra mafiosi "veri" come in 91 Days e quelli farlocchi di Gangsta.
Ah chiudo con una pessima battuta, visto che avete citato TG: "Touka Touka lì, Touka Touka là"
A buon rendere.
mai sentito parlare di italo-americani? di italiani emigrati in america agli inizi del 900?
La questione dei nomi. Vocabolario o scelta mirata il discorso non cambia: non rendono. Magari per chi non ne capisce il significato la questione ha scarsa importanza; ma per chi le capisce diventa un problema perché dona alla narrazione un lato comico che non era stato voluto dall'autore. Frasi come "Volpe cattura la gallina" e simili non possono che rompere il clima drammatico che l'autore cercava di creare.
Quanto alla questione della lunghezza a mio avviso un film avrebbe reso meglio rispetto ad una serie di 12 episodi. Ma è una mia opinione personale.
Quanto a "e questi sarebbero mafiosi?" mi sa che nel dare il giudizio ho proprio preso a paragone i film che citavi Hachiman, ossia "il padrino" (a cui questo anime si ispira con tutta evidenza) e "gli intoccabili" (anche se quest'ultimo affronta il tema dal punto di vista della legge e sviluppa meno la mentalità delle famiglie mafiose, almeno rispetto al Padrino). Di "Squadra antimafia" non ho visto nemmeno un episodio in vita mia; ho visto invece Gomorra e sono d'accordo sul fatto che non ci "azzecca" niente. Ma ho già spiegato nella recensione perché la figura del mafioso dell'epoca viene disegnata male. E proprio leggendo quello che scrivi, in particolare quando parli dei metodi dell'ISIS, non capisco ad esempio come tu possa affermare che un personaggio come Fango possa essere considerato come un mafioso classico. Visto che stiamo facendo citazioni potremmo paragonarlo al Toni Montana di Scarface ma sinceramente mi sembrerebbe di fare un grosso torto ad Al Pacino. Ma sono punti di vista ovviamente^^
due sono le cose: o vuoi un'opera con solo un solo tipo di mafioso nella caratterizzazione ovvero il Nero o Orco di turno, o n vuoi tutti euforici. Fango è semplicemente un mafioso ribelle e particolare. Non esiste un solo tipo di mafioso, così come non esistono solo personaggi normali. Fango esce fuori dalla quotidianità dello stile sobrio dei mafiosi e lo esporta con una pazzia e violenza tutta sua. Ci sta in un confronto con le Famiglie avere quello come Fango pazzerello, avere quello come Ronaldo che sfrutta gli altri, quindi non credo che sia un male il fatto che Fango si comporti da cuoco psicopatico, anzi aggiunge un altro tipo di personaggio che è raro da trovare. Nella mia recensione ho paragonato Fango a Corteo, simili ma diversi tra loro per carattere eppure sono due facce della stessa medaglia. Ti invito a leggerla nel caso, comunque tornando al discorso. Gli anni 20/30 sono stati segnati dal proibizionismo e dall'inizio delle prime droghe diverse dall'oppio. Qui si è voluto puntare sul proibizionismo in parte leggera per dare spazio alla psicologia e alle caratterizzazioni dei personaggi come Avilio che cerca vendetta. Una vendetta lenta che ti logora dentro, attuata per far fuori non chi ha ucciso la famiglia ma tutti i componenti di quella stessa famiglia.
Sulla seconda parte del tuo messaggio non vedo quando ho affermato il contrario
Inizio OT
Gli Intoccabili è del 1986, De Niro ha iniziato la sua carriera nei primi anni 70, vincendo il suo primo Oscar come miglior attore non protagonista, per l'interpretazione del giovane Vito Corleone ne Il padrino - Parte II nel 1975 e qualche anno più tardi il secondo con Toro scatenato (1980). Quindi diciamo che in quel film era già uno dei pilastri di Hollywood....
Fine OT
Sempre per la cronaca, il personaggio di Fango starebbe a pennello in un anime di genere thriller su un killer seriale. Quello che ha fatto a Don Orco lo equipara con grande onore a un mostro del calibro di Hannibal Lecter. Ma ripeto lasciamo stare la mafia dov'è.
Ma in questo caso il problema non é il fatto che abbiano deciso di usare nomi italiani, ma proprio il tipo di nomi che hanno usato. Una persona può chiamarsi tranquillamente Angelo, ma non Fango o Cerotto come hanno fatto in questa serie.
Non vuole essere una specie di documentario sulla mafia come non lo è la gangster fiction alla occidentale cui si è ispirato, per di più non c'è altro anime, a parte il bellissimo Gungrave, che vi si sia avvicinato così tanto per trama, stile e atmosfere.
"Non c'è altro anime, a parte il bellissimo Gungrave, che vi si sia avvicinato così tanto per trama, stile e atmosfere"; questo può essere. Ma siamo ancora lontani da un qualcosa di veramente buono.
Se volete un capolavoro sul proibizionismo guardatevi Boardwalk empire ^^
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