Alzi la mano chi, da fan dell'opera, non ha sempre voluto un adattamento fedele del manga di Go Nagai, Devilman?
 
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Non lo è stato certamente il titolo animato anni 70, nato in contemporanea all'opera cartacea ma destinato da subito a un target di giovanissimi, quelli che stavano crescendo a pane e robottoni creati dalla fantasia dello stesso fumettista. Non ci sono riusciti gli oav, o meglio ci sono riusciti solo in parte visto che non hanno portato la storia alla sua conclusione, lasciando l'amaro in bocca su quello che potevano essere e non sono stati del tutto.
Pubblicato su Weekly Shōnen Magazine di Kōdansha dall'11 giugno 1972 al 24 giugno 1973 e raccolto in cinque tankōbon, Devilman è ad oggi, a detta anche di persone molto più competenti di me (e ci vuole poco), non solo un pezzo di storia del manga ma una parte fondamentale del patrimonio del fumetto mondiale! Una storia che cela una forte critica alla società giapponese ma anche all'essere umano che sicuramente fu rivoluzionaria per l'epoca e degno proseguo a La scuola senza Pudore, altro manga di rottura di Nagai.


La storia delle trasposizioni anime per questo titolo è stata sempre travagliata e non poteva passare inosservato quindi questo Devilman Crybaby, realizzato dal giovane studio Science Saru, cofondato dal regista Masaaki Yuasa e da Eunyoung Choi. Trampolino di lancio di questo studio e del regista tra i più sperimentali dell'intero Giappone, questo titolo da pochi giorni è disponibile in tutto il globo grazie al portale Netflix che si è anche impegnato in più doppiaggi, compreso quello italiano (a me non particolarmente piaciuto tra l'altro)
 


Nella generale operazione di rilancio e modernizzazione dei titoli nagaiani (non si può non citare il recente Mazinga Z Infinity), grande era l'attesa per questo titolo Netflix. L'iconico personaggio, la fama mondiale del manga, il lavoro unito di un regista tra i più sperimentali dell'animazione giapponese e di uno sceneggiatore più volte discusso dal fandom (quasi sempre in negativo) come Ichiro Okouchi (Code Geass), tutto questo ha generato in me una morbosa curiosità, tanto che non sono riuscito ad aspettare e me lo sono visto tutto di fila, in mezza giornata.

Cosa ho visto esattamente? 10 puntate di puro Devilman, tutta la trama nella sua interezza ma senza sconti a scene di sesso e violenza in puro stile del manga originale. Il tutto riportato ai giorni nostri, con tablet, cellulari e chat...tutti i marchingegni moderni che non servono a nulla contro la solitudine e l'incapacità dell'uomo di evitare l'autodistruzione, 50 anni fa come oggi. Una scelta rischiosa ma che trasuda amore per questo titolo, con un giusto e dosato restyling del character design di demoni e personaggi umani per renderli più attuali.
A leggere i primi commenti in giro per la rete questa sventagliata di modernità (condita anche di personaggi secondari come gruppi di giovani rapper e giornalisti senza scrupoli, personaggi che non sempre sembrano funzionare ad essere onesti) sicuramente non piace ai puristi ma quello che davvero, e c'era da aspettarselo, ha fatto storcere i nasi dell'utente medio di Netflix (e non solo) è il personalissimo stile animato che il regista imprime a questo titolo.
 

C'era da aspettarselo, perché  tradire quello che è stato il suo biglietto da visita fino ad oggi?
Mio personalissimo pensiero: non solo Yuasa non ha tradito Nagai, e i molti omaggi che costellano la serie ne sono l'evidenza, ma ad oggi questo stile psichedelico e a tratti onirico sono, a mio avviso, il modo migliore per interpretare un manga del genere portandolo nel nuovo millennio. Il caleidoscopio di colori in scene come il sabba sono fantastiche, pura rappresentazione dell'estraniamento umano e della lascivia come unica via di fuga. Certo, stiamo parlando di qualcosa che non mira a piacere a tutti ma a fornire delle emozioni. L'impatto visivo e anche quello musicale almeno per me è molto azzeccato. Il giovane (classe "83) Kensuke Ushio sulle musiche  è stato ancora una volta perfetto (dopo le ost di Ping Pong e La forma della voce) miscelando con cura momenti di pathos ad altri più drammatici.
Modernità dicevamo, ma non ci si scorda neanche della serie animata storica!
Il Devilman verde fa spesso capolino ovunque tra poster, YouTube e altri cameo molto divertenti ("Devilman, quello della tv?") mentre il sangue dei demoni è giallo, esattamente come nel titolo degli anni 70.
 
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Il Devilman di Netflix è progettato da Kiyotaka Oshiyama, che i più ricercati di noi hanno già conosciuto alla regia di un'altra opera molto sperimentale come Flip Flappers del 2016. Il suo ricercato gusto progettuale è però ancora sconosciuto ai più, con le sue forme rotonde che hanno affascinato lo stesso Yuasa per il quale ha trovato un curioso equilibrio tra la sensualità e il terrore che incutono i demoni.
E la storia? Come dicevo è quella del manga per la sua interezza, certo in alcuni punti se ne discosta specie nell'aspetto adolescenzial- sportivo, ma tutto rimanendo fermo ai concetti base del fumetto storico. La violenza c'è ma è funzionale e, diciamolo, non cede al sadismo e a certe esagerazioni che per me erano prettamente da fumetto. Non mancano però le scene forti ma anche quelle umane. I personaggi in questo mi piacciono molto, specie i Devilman che non mancano mai di mostrare il loro cuore e i loro sentimenti pur nell'immane mostruosità che è loro capitata, Akira in particolare ma anche gli altri. I personaggi principali hanno tutti una loro crescita, un loro percorso da fare. Certo in 10 puntate non si poteva approfondire di più a livello psicologico, di certo forse l'algido Ryo meritava qualche passaggio in più visto il ruolo finale che ha e anche dall'iconica arpia Selene mi aspettavo di più , ma davvero è cercare il pelo nell'uovo.


 
Devilman Crybaby insomma l'ho finito in una volata. A me è piaciuto molto, finalmente il manga di Nagai ha visto un adattamento fedele (non lo era di certo quello pupazzoso vintage e i due oav non hanno mai visto conclusione).
E' un Devilman moderno fatto nello stile di uno dei più sperimentali dei registi giapponesi. L'italiano medio, il non appassionato insomma, che non conosce The Tatami Galaxy e similia (gioiellini ma nicchia purtroppo) rimarrà spiazzato dai disegni, in particolar modo i trenta/quarantenni rimasti a Mazinga e Ken il Guerriero.
Ma è davvero un buon adattamento in chiave moderna, coraggioso e con ottime musiche e trovo ancor più azzeccata (come hanno detto altri) la psichedelia del regista su momenti particolarmente concitati.
Non sarà un capolavoro, ma resta comunque una serie valida e solidissima in tutto.
E' un momento storico importante per diversi studi e registi giapponesi, si esce dalla nicchia e si dimostra che l'animazione giapponese è anche animazioni e regia come quella di Yuasa (sempre premiata ma mai arrivata davvero al grande pubblico)...non piace? Amen ...andate a dire che i cartoni giapponesi sono pornografia come facevano altri signori 40 anni fa ...ce ne faremo una ragione...
Devilman è tornato e il suo messaggio, ieri come oggi, ci arriva dritto come un pugno allo stomaco!