Che il mondo del lavoro giapponese non sia tutto rose e fiori si sa da tempo: il fatto che esista addirittura un termine specifico, cioè karoshi, per indicare la morte da troppo lavoro, la dice lunga. E quando il problema invade anche anime e manga, vuol dire che la punta dell'iceberg inizia ad essere fin troppo evidente.
In Zombie 100 il protagonista è così al limite che preferisce un'apocalisse zombie piuttosto che lavorare nella sua ditta, in Cells at work: BLACK le cellule lavorano in un ambiente "Black", ossia nei corpi di persone che bevono e mangiano troppo, non fanno attività fisica e subiscono alti livelli di stress.
Il termine black non è scelto a caso: con "black company" o "burakku kigyō" si indicano proprio quelle aziende che sfruttano i loro dipendenti in maniera sistematica e al limite della sopportazione umana.
Il termine black company è stato coniato all'inizio degli anni 2000 da giovani lavoratori dipendenti di compagnie IT (il settore dell'Information Tecnology), ma da allora è stato applicato a vari settori, soprattutto nell'ambito dei salaryman o colletti bianchi.
Pur variando nei particolari, di base una black company assume un gran numero di giovani dipendenti e li costringe a fare grandi quantità di straordinari senza retribuirli.
Le condizioni generali sono pessime e i lavoratori sono soggetti ad abusi verbali e atti di bullismo da parte dei loro superiori. Spesso, per evitare licenziamenti o denunce i capi minacciano i giovani dipendenti di gettare discredito su di loro rendendo di fatto impossibile trovare un secondo lavoro altrove.
Sono ditte che ovviamente raramente riconoscono i sindacati e la maggior parte dei loro dipendenti sono giovani con poche possibilità di carriera alternative e una conoscenza limitata dei loro diritti.
Si potrebbero suddividere le black company in tre grandi categorie: il tipo “usa e getta” che sfrutta i dipendenti con orari di lavoro lunghi e bassi salari; quella che assume decine di dipendenti ma poi licenzia tutti tranne quei pochi che vuole tenere veramente; quella che consente a molestie sessuali e ad altri abusi di poter prosperare senza controllo. Nonostante il fenomeno esista da parecchi anni, è in tempi relativamente recenti che ha iniziato ad essere al centro dell'attenzione mediatica.
Nel 2009 è uscito un film intitolato "A man On The Verge At a Black Company" basato su un popolare thread del forum del sito Web giapponese 2chan, e che racconta di un impiegato che lavora appunto per una di queste ditte.
Nel 2012 giornalisti, attivisti e professori universitari ha formato un comitato speciale per creare il "Black Company Award" in cui le persone avrebbero potuto votare "le società più malvagie dell'anno". Detta così potrebbe sembrare una burla, ma in realtà lo scopo era quello di dare voce ai problemi nascosti e permettere ai dipendenti vessati di far sapere a tutti quali fossero le compagnie più a rischio.
L'iniziativa ha avuto successo, tanto che non è rimasto un caso isolato ma si è trasformato in un appuntamento annuale. Ai vincitori viene consegnata una copia del dizionario del diritto del lavoro, ma finora nessuno ha accettato il premio.
Le caratteristiche che sono state prese in considerazione per stilare la classifica sono state:
- Registri pubblici effettivi su problemi professionali come lunghi tempi di lavoro, molestie sessuali o abuso di potere.
- Ore di lavoro lunghe e intense.
- Paga bassa.
- Difetti del sistema, come la mancanza di congedo per l'assistenza all'infanzia o il congedo di maternità.
- Ostilità ai sindacati.
- Discriminazione nei confronti dei lavoratori temporanei.
- Straordinari non retribuiti (e bugie sugli straordinari retribuiti negli annunci di lavoro).
Un esempio di classifica? Il primo anno queste sono state ritenute le peggiori fra le peggiori:
Watami Foodservice Co. ha ottenuto 21.899 voti, cioè il 72% del totale, seguita dalla Tohoku University (3.475 voti), Benesse Corporation (1.258 voti), Cross Company Inc (1.220 voti), Seino Transportation Co., Ltd (1.000 voti), Ohsho Food Service Corporation (744 voti), Sun Challenge Corporation ( 649 voti) e Tokyu Hands Inc (346 voti).
Da quando è stato istituito il premio la Watami, assieme alla Mitsubishi Electric Co., si è classificata prima per due anni consecutivi. D'altronde questa catena di ristoranti è stata coinvolta anche in un famoso caso di karoshi.
Nel 2008, Mina Mori, una dipendente di Watami, si è suicidata all'età di 26 anni, due mesi dopo essere entrata in azienda, dopo aver svolto 141 ore di straordinario in un mese. La donna lavorava regolarmente dalle 7:00 alle 24:00 quasi senza interruzioni. La sua famiglia ha presentato una denuncia allo Yokosuka Labor Standards Office per chiedere il riconoscimento del suicidio come correlato al lavoro.
Quando la loro richiesta è stata negata, hanno fatto appello all'Ufficio del lavoro della prefettura di Kanagawa, che ha invece riconosciuto lo stress correlato al lavoro come la causa del gesto della giovane. Solo nel dicembre 2015 Watami ha raggiunto un accordo extragiudiziale di 130 milioni di yen con la famiglia che ha anche ottenuto delle scuse ufficiali, fino ad allora negate da Miki Watanabe, fondatore della ditta.
La Watami è stata anche al centro di un'intervista fatta nel settembre 2013 dalla rivista Takarajima a un ex direttore di uno dei suoi ristoranti in cui veniva detto che Miki Watanabe avrebbe l'abitudine di inviare messaggi estremi ai lavoratori assieme alla busta paga, del tipo "Dovresti riflettere sulle tue vendite questo mese uccidendoti".
Inoltre quando Watanabe ha pubblicato il suo libro, il prezzo del volume è stato automaticamente detratto dallo stipendio, di fatto costringendo i dipendenti ad acquistarlo.
Quindi come difendersi da queste ditte? Il web può venire in aiuto, grazie anche alle iniziative dei singoli: Yoshiyuki Iwasa è un avvocato che ha creato una sorta di lista di controllo per scoprire se una società può essere definita black oppure no. La lista è composta da molte voci: leggendole, ci si può fare un'idea ben definita di quello che può succedere se ci si ritrova a lavorare al loro interno.
- Faccio gli straordinari,ma non vengono mai pagati.
- È normale fare più di 80 ore di straordinario al mese.
- Non ho pausa, o al massimo è di 10 minuti al giorno.
- Lavoro nei miei giorni liberi. In realtà, non sono nemmeno sicuro di quando siano i miei giorni liberi.
- Non esiste un sistema di permessi retribuiti o, se esiste, non mi è permesso usarlo.
- Non vengo mai rimborsato per le spese e devo sempre pagare di tasca mia.
- Non ci sono assicurazioni sociali, benefici o pensioni. Se le chiedessi, sarei vittima di bullismo.
- Se convertissi la mia paga mensile in una tariffa oraria equivalente, sarebbe inferiore al salario minimo.
- Indipendentemente da quante ore di straordinario io faccia, l'importo è fisso.
- L'azienda assume costantemente nuovi dipendenti.
- Il salario dichiarato è diverso dall'importo effettivamente pagato.
- Ci sono uno o più lavoratori che non possono venire in ufficio a causa di depressione psicotica o esaurimento nervoso.
- Sono così impegnato che spesso non riesco a dormire a sufficienza.
- Non ci sono regolamenti sindacali o aziendali.
- Alcuni dipendenti vengono promossi a una posizione amministrativa subito dopo essere entrati in azienda, ma per questo non è prevista alcuna remunerazione aggiuntiva.
- I dipendenti devono svolgere commissioni private per i loro datori di lavoro.
- C'è uno slogan che dice "lavora fino alla morte" sul muro dell'azienda.
- L'abuso di potere e le molestie sessuali sono molto comuni.
- Ogni volta che si verifica un incidente, la società cambia nome.
- Ci sono sessioni di formazione, che utilizzano ciò che può essere considerato il lavaggio del cervello o il nonnismo.
- Minacce come "Ti ucciderò" possono essere sentite comunemente in ufficio.
- La violenza è dilagante.
- Tutti i supervisori sono parenti dell'Amministratore Delegato.
- Non posso lasciare il lavoro perché altrimenti sarò minacciato di dover pagare i danni per aver smesso.
- L'età media dei dipendenti è veramente giovane.
- Il tasso di persone che lasciano il lavoro entro 3 anni è davvero alto.
Fonti consultate:
Tofugu
Tsunagu
In Zombie 100 il protagonista è così al limite che preferisce un'apocalisse zombie piuttosto che lavorare nella sua ditta, in Cells at work: BLACK le cellule lavorano in un ambiente "Black", ossia nei corpi di persone che bevono e mangiano troppo, non fanno attività fisica e subiscono alti livelli di stress.
Il termine black non è scelto a caso: con "black company" o "burakku kigyō" si indicano proprio quelle aziende che sfruttano i loro dipendenti in maniera sistematica e al limite della sopportazione umana.
Il termine black company è stato coniato all'inizio degli anni 2000 da giovani lavoratori dipendenti di compagnie IT (il settore dell'Information Tecnology), ma da allora è stato applicato a vari settori, soprattutto nell'ambito dei salaryman o colletti bianchi.
Pur variando nei particolari, di base una black company assume un gran numero di giovani dipendenti e li costringe a fare grandi quantità di straordinari senza retribuirli.
Le condizioni generali sono pessime e i lavoratori sono soggetti ad abusi verbali e atti di bullismo da parte dei loro superiori. Spesso, per evitare licenziamenti o denunce i capi minacciano i giovani dipendenti di gettare discredito su di loro rendendo di fatto impossibile trovare un secondo lavoro altrove.
Sono ditte che ovviamente raramente riconoscono i sindacati e la maggior parte dei loro dipendenti sono giovani con poche possibilità di carriera alternative e una conoscenza limitata dei loro diritti.
Si potrebbero suddividere le black company in tre grandi categorie: il tipo “usa e getta” che sfrutta i dipendenti con orari di lavoro lunghi e bassi salari; quella che assume decine di dipendenti ma poi licenzia tutti tranne quei pochi che vuole tenere veramente; quella che consente a molestie sessuali e ad altri abusi di poter prosperare senza controllo. Nonostante il fenomeno esista da parecchi anni, è in tempi relativamente recenti che ha iniziato ad essere al centro dell'attenzione mediatica.
Nel 2009 è uscito un film intitolato "A man On The Verge At a Black Company" basato su un popolare thread del forum del sito Web giapponese 2chan, e che racconta di un impiegato che lavora appunto per una di queste ditte.
Nel 2012 giornalisti, attivisti e professori universitari ha formato un comitato speciale per creare il "Black Company Award" in cui le persone avrebbero potuto votare "le società più malvagie dell'anno". Detta così potrebbe sembrare una burla, ma in realtà lo scopo era quello di dare voce ai problemi nascosti e permettere ai dipendenti vessati di far sapere a tutti quali fossero le compagnie più a rischio.
L'iniziativa ha avuto successo, tanto che non è rimasto un caso isolato ma si è trasformato in un appuntamento annuale. Ai vincitori viene consegnata una copia del dizionario del diritto del lavoro, ma finora nessuno ha accettato il premio.
Le caratteristiche che sono state prese in considerazione per stilare la classifica sono state:
- Registri pubblici effettivi su problemi professionali come lunghi tempi di lavoro, molestie sessuali o abuso di potere.
- Ore di lavoro lunghe e intense.
- Paga bassa.
- Difetti del sistema, come la mancanza di congedo per l'assistenza all'infanzia o il congedo di maternità.
- Ostilità ai sindacati.
- Discriminazione nei confronti dei lavoratori temporanei.
- Straordinari non retribuiti (e bugie sugli straordinari retribuiti negli annunci di lavoro).
Un esempio di classifica? Il primo anno queste sono state ritenute le peggiori fra le peggiori:
Watami Foodservice Co. ha ottenuto 21.899 voti, cioè il 72% del totale, seguita dalla Tohoku University (3.475 voti), Benesse Corporation (1.258 voti), Cross Company Inc (1.220 voti), Seino Transportation Co., Ltd (1.000 voti), Ohsho Food Service Corporation (744 voti), Sun Challenge Corporation ( 649 voti) e Tokyu Hands Inc (346 voti).
Da quando è stato istituito il premio la Watami, assieme alla Mitsubishi Electric Co., si è classificata prima per due anni consecutivi. D'altronde questa catena di ristoranti è stata coinvolta anche in un famoso caso di karoshi.
Nel 2008, Mina Mori, una dipendente di Watami, si è suicidata all'età di 26 anni, due mesi dopo essere entrata in azienda, dopo aver svolto 141 ore di straordinario in un mese. La donna lavorava regolarmente dalle 7:00 alle 24:00 quasi senza interruzioni. La sua famiglia ha presentato una denuncia allo Yokosuka Labor Standards Office per chiedere il riconoscimento del suicidio come correlato al lavoro.
Quando la loro richiesta è stata negata, hanno fatto appello all'Ufficio del lavoro della prefettura di Kanagawa, che ha invece riconosciuto lo stress correlato al lavoro come la causa del gesto della giovane. Solo nel dicembre 2015 Watami ha raggiunto un accordo extragiudiziale di 130 milioni di yen con la famiglia che ha anche ottenuto delle scuse ufficiali, fino ad allora negate da Miki Watanabe, fondatore della ditta.
La Watami è stata anche al centro di un'intervista fatta nel settembre 2013 dalla rivista Takarajima a un ex direttore di uno dei suoi ristoranti in cui veniva detto che Miki Watanabe avrebbe l'abitudine di inviare messaggi estremi ai lavoratori assieme alla busta paga, del tipo "Dovresti riflettere sulle tue vendite questo mese uccidendoti".
Inoltre quando Watanabe ha pubblicato il suo libro, il prezzo del volume è stato automaticamente detratto dallo stipendio, di fatto costringendo i dipendenti ad acquistarlo.
Quindi come difendersi da queste ditte? Il web può venire in aiuto, grazie anche alle iniziative dei singoli: Yoshiyuki Iwasa è un avvocato che ha creato una sorta di lista di controllo per scoprire se una società può essere definita black oppure no. La lista è composta da molte voci: leggendole, ci si può fare un'idea ben definita di quello che può succedere se ci si ritrova a lavorare al loro interno.
- Faccio gli straordinari,ma non vengono mai pagati.
- È normale fare più di 80 ore di straordinario al mese.
- Non ho pausa, o al massimo è di 10 minuti al giorno.
- Lavoro nei miei giorni liberi. In realtà, non sono nemmeno sicuro di quando siano i miei giorni liberi.
- Non esiste un sistema di permessi retribuiti o, se esiste, non mi è permesso usarlo.
- Non vengo mai rimborsato per le spese e devo sempre pagare di tasca mia.
- Non ci sono assicurazioni sociali, benefici o pensioni. Se le chiedessi, sarei vittima di bullismo.
- Se convertissi la mia paga mensile in una tariffa oraria equivalente, sarebbe inferiore al salario minimo.
- Indipendentemente da quante ore di straordinario io faccia, l'importo è fisso.
- L'azienda assume costantemente nuovi dipendenti.
- Il salario dichiarato è diverso dall'importo effettivamente pagato.
- Ci sono uno o più lavoratori che non possono venire in ufficio a causa di depressione psicotica o esaurimento nervoso.
- Sono così impegnato che spesso non riesco a dormire a sufficienza.
- Non ci sono regolamenti sindacali o aziendali.
- Alcuni dipendenti vengono promossi a una posizione amministrativa subito dopo essere entrati in azienda, ma per questo non è prevista alcuna remunerazione aggiuntiva.
- I dipendenti devono svolgere commissioni private per i loro datori di lavoro.
- C'è uno slogan che dice "lavora fino alla morte" sul muro dell'azienda.
- L'abuso di potere e le molestie sessuali sono molto comuni.
- Ogni volta che si verifica un incidente, la società cambia nome.
- Ci sono sessioni di formazione, che utilizzano ciò che può essere considerato il lavaggio del cervello o il nonnismo.
- Minacce come "Ti ucciderò" possono essere sentite comunemente in ufficio.
- La violenza è dilagante.
- Tutti i supervisori sono parenti dell'Amministratore Delegato.
- Non posso lasciare il lavoro perché altrimenti sarò minacciato di dover pagare i danni per aver smesso.
- L'età media dei dipendenti è veramente giovane.
- Il tasso di persone che lasciano il lavoro entro 3 anni è davvero alto.
Fonti consultate:
Tofugu
Tsunagu
Aggretsuko e Cells at Work! Black affrontano bene l'argomento.
Sono stato per qualche mese in Reply (azienda italiana di consulenza informatica che prende a sua volta consulenti da altre aziende)... ero l'unico che non faceva straordinari non pagati, per questo ero l'unico che veniva continuamente spostato di team e isolato... ma io non mi sono arreso, ho continuato a fare il mio normale orario, chiedendo il pagamento degli straordinari dovuti e recuperando le ore di straordinario forzato (una volta mi hanno sequestrato il pc per un'ora e mezza, il giorno dopo sono entrato un'ora e mezza dopo per farvi capire fino a che punto ho lottato). Poi nel settore sviluppo fortunatamente si trova, ho cercato e sono andato via... sono finito dalla padella alla padella diverse volte... ma alla fin fine sono riuscito a trovare un'azienda normale.
Tanti anni fa lavoravo per un azienda che mi minacciava di farmi lavorare sabato e domenica senza pagarmi, io gli dissi che entro ogni venerdì avrei finito tutto il lavoro ed è stato sempre così, mai fatto straordinari non pagati. Dopo qualche anno lasciai l'azienda. La cosa divertente è che dovevo istruire chi doveva prendere il mio posto...istruì non so quante persone in quei mesi... Vedendo come lavoravo nessuno ha accettato il lavoro.
Morale della favola puoi lottare per anni, ma non per sempre.
Già solo il fatto che sia previsto il concetto di morte sul lavoro, e che addirittura si auguri, dovrebbe far sorgere un minimo di punti interrogativi.
Poi se questo è il concetto di normalità, amen.
Da qui però bisogna partire per agire in maniera organizzata con dei sindacati in grado di contrastare questi comportamenti e scoraggiare altre aziende ad adottarli.
Uno dei più grandi problemi che vedo in certi gruppi di lavoro è accettare pratiche scorrette perché percepite come "il normale ordine delle cose"...
E adesso scusatemi... ma devo finire un lavoro per lunedì...
In Italia c'è qualcosa di simile. Quando un annuncio di lavoro promette impieghi mirabolanti anche a neodiplomati o pensionati che hanno fatto i calzolai per tutta la vita si può stare certi che il lavoro offerto è di vendita porta a porta, in nero, non retribuito e da svolgere in un paese non segnato nemmeno sulla cartine.
Il concetto del superlavoro (e della possibilissima morte causata da esso) è un problema serio, SERISSIMO, e mi fa specie che ci siano nazioni “democratiche” al mondo come il Giappone dove c’è gente che (letteralmente) vive e muore per lavorare mentre in Paesi ben più avveduti si sta pensando addirittura ad una riduzione dell’orario di lavoro quotidiano (come so si sta sperimentando in Finlandia da qualche tempo).
Quotone enorme come una casa, purtroppo la situazione del lavoro è orrenda anche in Italia (forse non ai livelli del Giappone ma non c’andiamo neanche lontanissimi), dove o lavoro non ce n’è proprio oppure chi ce l’ha è un eterno precario e deve faticare il triplo per compensare la mancanza (o l’incapacità) degli altri colleghi……
Per esperienza personale esco proprio in questi giorni da due doppi turni consecutivi (notturno più mattutino in trasferta) dopo aver dormito qualcosa come 4-5 ore in due giorni (gli “alti papaveri” hanno poi avuto la decenza di darmi un giorno libero, ma non era così scontato che me lo avrebbero dato).
Tutto ciò senza considerare le “minacce” quotidiane che vanno avanti da 4-5 mesi del tipo “O migliorate la produttività lavorativa o vi licenziamo!11!!1!” quando già io e colleghi ci spacchiamo la schiena ogni giorno in condizioni lavorative aberranti………
Crisi economica causata dal Covid? Miglioramento dei contratti? Solidarietà umana??
Macché, a chi interessa, per tutte le aziende vige sempre la stessa regola: profitto, profitto e profitto
Quello che voglio aggiungere è quando tutti questi sfruttamenti indossano la maschera di un bel sorriso luminoso e amichevole.
Era la mia prima esperienza di lavoro (non in Giappone, ma in Corea, giusto per informazione, un piccolo business molto ambizioso), sembrava tutto così felice, tutto così bello, tutti si amano, eppure...? C'è qualcosa che non quadra. Mi sono accorta di tutti i problemi e del carattere abusivo di quel posto di lavoro solo dopo essermene andata. Ho pensato davvero che ero io il problema.
Poi, lavorando in altri posti - bam! Che cambiamento!
Ora sono in una grande azienda, lo stress è enorme, ma non ho più colpi di lacrime o risate incontrollabili e non ho più problemi psicologici come una volta.
Voglio solo dire a tutti quelli che al momento stanno cercando lavoro, fate attenzione! E anche se al momento state vivendo una brutta esperienza, cercate di cambiare lavoro, ne vale la pena, davvero!
l'autore di SpongeBob per creare costui deve essersi ispirato a Miki Watanabe
Devi eseguire l'accesso per lasciare un commento.