Sin dalla sua prima apparizione nel 1994, il successo di Tekken, serie di picchiaduro creata da Namco (oggi Bandai Namco), è sempre stato inscindibilmente legato a quello della Playstation di Sony che l'ha sempre ospitata. Chiunque abbia in casa una Playstation, di qualsiasi numero, quasi sicuramente ha anche un gioco di Tekken, e, in particolare, se avete avuto la prima versione della Playstation, è altamente probabile che abbiate avuto anche Tekken 3, il capitolo più popolare della saga, uscito nel 1998, nel periodo di maggior boom della prima console Sony.
Se i due OAV usciti nel 1998 (pubblicati nel nostro paese da Dynamic Italia, l'attuale Dynit) avevano raccontato più o meno la storia dei primi due giochi, è proprio di Tekken 3 che si occupa Tekken: Bloodline, miniserie in sei puntate recentemente approdata su Netflix.
La serie è stata prodotta dallo Studio Hibari e dalla sua azienda sussidiaria Larx Entertainment. A cominciare dal regista Yoshikazu Miyao (Special A), la maggior parte dei nomi coinvolti nel progetto è giapponese, salvo la sceneggiatura, accreditata a Gavin Hignight. Bandai Namco e, naturalmente, lo storico produttore della serie di videogiochi Katsuhiro Harada, sono stati ampiamente coinvolti nel progetto.
La storia è molto fedele a quella originale di Tekken 3: il giovane Jin Kazama, dopo aver assistito alla morte della madre Jun per mano del misterioso demone Ogre, si reca dal nonno Heihachi Mishima in cerca d'aiuto e di un maestro, e viene da lui allenato in previsione del grande torneo di arti marziali da lui organizzato, che servirà come esca per attirare il demone. Ma la famiglia Mishima nasconde vari segreti e misteri, e le cose per Jin non saranno poi così semplici.
Ci sono diverse chicche e camei provenienti dai giochi più recenti, come ad esempio i personaggi di Leroy e Marduk, ma la storia di base è quella di Tekken 3.
Tekken: Bloodline ha più o meno gli stessi problemi che avevano i vecchi OAV e che hanno quasi tutti gli adattamenti di picchiaduro in solo uno o due film/OAV (come ad esempio il film animato dedicato a Street Fighter o gli OAV di Samurai Spirits e Fatal Fury). Non c'è lo spazio necessario per raccontare le vicende di numerosi personaggi, quindi ci si concentra unicamente sul protagonista, il suo avversario e un altro paio di personaggi secondari, mentre tutto il resto del cast è già fortunato se appare in scena più di due secondi. Tekken: Bloodline non fa eccezione. I Mishima sono raccontati splendidamente, sia per quanto riguarda Jin, giovane tormentato di facilissima presa sul pubblico, sia per quanto riguarda Heihachi, dotato di un fascino austero, viscido e maligno. La loro storia, il rapporto che intercorre tra loro, i loro caratteri, i misteri della loro famiglia sono raccontati in maniera chiara, approfondita e avvincente, essendo il fulcro di tutta la miniserie, e tengono incollati allo schermo con continue rivelazioni e colpi di scena in ogni episodio. La narrazione alterna battaglie, allenamenti, discorsi e rivelazioni e risulta sempre avvincente, salvo l'ultimo episodio che ha diversi momenti morti, dato che si esagera in maniera ridondante con flashback e scene/frasi ripetute dai precedenti.
Meno fortuna hanno avuto tutti gli altri personaggi: se Xiaoyu, Paul, Hwoarang, King e Leroy hanno avuto un po' più di spazio, se Nina e Julia hanno avuto l'onore di dire un paio di frasi (buttando lì però vari spunti che non vengono mai realmente approfonditi, come il ruolo del medaglione che lega Julia, sua madre, Heihachi e Ogre), i vari Anna, Kuma e Marduk compaiono soltanto sul tabellone dei partecipanti del torneo, ci sono numerosissimi grandi assenti (Eddy Gordo o il robot Jack, per fare un paio di nomi) e lo stesso boss finale Ogre sta lì e basta, senza quasi mai spiccicare parola o farsi notare troppo.
Salta immediatamente all'occhio la grafica, realizzata in cel-shading con tutti i pro e i contro che ciò comporta. Personalmente, è una scelta che mi lascia sempre un po' interdetto. A volte penso che, dato che vi piace così tanto usare la CGI, film del genere potevano essere realizzati con una computer grafica più realistica, simile a quella dei giochi (un po' come è stato fatto per il film Tekken: Blood Vengeance del 2011). Poi, però, penso anche che personaggi come questi sono anche poco realistici in alcuni casi e sono anche stati un po' concepiti come personaggi di un anime anni novanta, dunque una grafica 2D tradizionale come quella dei vecchi OAV gli avrebbe dato maggior giustizia.
Il character design degli illustratori Heart e Satoshi Yuri è altalenante. Alcuni personaggi, come ad esempio Heihachi, sono resi benissimo, altri sono un po' troppo squadrati e caricaturali, vedi Jin o praticamente tutti i personaggi femminili, a cui manca totalmente il sex appeal che un design più realistico come quello dei giochi gli ha sempre donato. La cel-shading fa sembrare, come spesso accade, i movimenti troppo plasticosi in certi casi, mentre in altri rende benissimo. In particolar modo, i combattimenti sono spettacolari e animati benissimo, merito anche del veterano Junichi Hayama, animatore storico che qui si è prestato come consulente per le arti marziali e le scene di combattimento, ricoprendo un ruolo simile a quello che aveva in un altro anime di lotta di qualche tempo fa, Tiger Mask W. Alla grafica, comunque, pian piano ci si abitua, si viene rapiti dai bei combattimenti e non si fa nemmeno caso alla computer grafica più di tanto a lungo andare.
Essendo una produzione per il mercato internazionale, realizzata in collaborazione con gli Stati Uniti e targata come "Originale Netflix", il noto portale di streaming offre doppiaggi in svariate lingue, ma quella targata come "lingua originale" è l'inglese, piuttosto che il giapponese, come già si capiva dai primi trailer che erano tutti doppiati in inglese.
La versione doppiata in italiano non è malvagia, ma paradossalmente molti doppiatori più esperti e diversi pezzi grossi come Claudio Moneta o Mario Zucca vengono usati per recitare solo brevi battute fuori campo invece che essere assegnati ai personaggi, a cui danno la voce invece doppiatori più giovani o meno noti. Il lavoro da loro svolto è comunque egregio, con l'unica esclusione del doppiatore di Heihachi, che riesce a dare al personaggio un tono molto mellifluo e maligno ma manca totalmente della possanza che ha sempre caratterizzato il patron del torneo, il quale ha storicamente sempre avuto vocioni possenti come quello di Daisuke Gouri o di Unsho Ishizuka.
Più interessante, invece, la versione doppiata in giapponese, che a mio avviso meriterebbe di essere accreditata come "audio originale" al posto di quella in inglese, dato che i doppiatori di praticamente tutti i personaggi sono gli stessi dei vari videogiochi, e sono tutti pezzi grossi del mondo del doppiaggio nipponico: Isshin Chiba (Jin), Mamiko Noto (Jun), Maaya Sakamoto (Xiaoyu), Toshiyuki Morikawa (Hwoarang), Hidenari Ugaki (Ganryu), Hochu Ohtsuka (Paul). L'unica new entry è, inevitabilmente, il doppiatore di Heihachi, dato che le sue storiche voci ci hanno via via lasciato. Qui è interpretato da Taiten Kusunoki, che è un po' più possente del doppiatore italiano, ma ancora, purtroppo, non raggiunge i livelli dei suoi predecessori.
Tekken: Bloodline è una miniserie senza infamia e senza lode, che non riesce, ovviamente, nell'arco limitato di soli sei episodi a raccontare di tutti i personaggi del gioco e rimane un po' fine a se stessa (speriamo che la storia venga proseguita con altre stagioni), ma rimane un piacevole divertissement di un paio d'ore, che intrattiene i neofiti di Tekken (come più o meno il sottoscritto, che ha sempre giocato ai vari giochi a spizzichi e bocconi) anche grazie a diversi racconti relativi al passato della famiglia Mishima, e sicuramente esalta i fan dei videogiochi con diversi camei e battaglie interessanti, ovviamente a patto che i vostri personaggi preferiti siano Heihachi e Jin, dato che gli altri sono solo tappezzeria. Non si discosta troppo da precedenti adattamenti di picchiaduro in singoli o pochi episodi, né riesce a raggiungere i fasti di Virtua Fighter, che a mio parere resta il top del genere, in quanto aveva a disposizione ben 35 episodi per approfondire l'intero cast ed è riuscito nel suo intento, cosa che altri adattamenti di picchiaduro, Tekken: Bloodline compreso, non sono mai riusciti a fare. Katsuhiro Harada, lo storico produttore della serie, apparentemente è rimasto contento del risultato, dato che sta continuando a pubblicizzare la miniserie su Twitter, al contrario di quanto accaduto con i film live action, che sono stati da lui ampiamente criticati sui social al tempo dell'uscita. Tekken: Bloodline non è nulla di particolarmente rivoluzionario, se negli anni novanta avete seguito i vari film o OAV tratti da Street Fighter e Fatal Fury, più o meno siamo lì, solo che stavolta sono in CGI e in streaming invece che in videocassetta. Forse 12 o 13 episodi invece di soli 6 avrebbero dato il tempo di approfondire maggiormente le storyline di qualche personaggio secondario, ma essendo una produzione per il web si sa che tendono a comprimere le storie in modo da poter realizzare meno puntate possibili, purtroppo.
Pro
- Bei combattimenti
- La storia della famiglia Mishima è ben narrata e appassionante
Contro
- La cel shading e il character design non sempre convincono
- I personaggi che non fanno parte dei Mishima non sono caratterizzati granché
- L'ultimo episodio ha un po' troppi flashback e ripetizioni di concetti già espressi
Non fa per me.
Vabbè, da quel che ho capito è il classico netflix “original” (ahah) super mediocre che finirà nel dimenticatoio (se non già) nel giro di due giorni.
Il cel shading di solito non mi piace, ma in questa seria mi è sembrato sia stato usato meglio del solito. Semmai ho apprezzato la costanza nell'usarlo sempre invece che sono nei combattimenti cosa che di solito per me è orribile perchè si vede lo stacco netto.
Avrei preferito più episodi per dare più spazio ai veri personaggi. E avrei anche voluto vedere più battute tra personaggi che già si conoscevano (es. king e paul).
Nel complesso un 7 secondo me se lo merita
Scelte stilistiche per differenziare ed "elevare" (?) il loro prodotto rispetto alla massa, ma il risultato finale è solo quello di sembrare ancora più innaturale.
peccato non sia finito dimenticato dopo 2 giorni Komi San che molto più mediocre per non dire pessimo, tanto ormai si valutato guardando solo le animazioni
critica che aggiungerei invece sono le ost molto deludenti per il brand di tekken qualche remix figo qua e la (sopratutto la ending di Hwoarang da tekken 5).
storia e personaggi per lo piu concordo penso solo che alla fine mettere il focus sui protagonisti sia il metodo migliore per adattare un picchiaduro trovo solo che hanno sbagliato titolo di tekken avrei preferito una serie su Kazuya Mishima (e quindi tekken 1+2) che ha piu personalita di Jin.
Nella recensione avete tralasciato forse la parte migliore ovvero le lotte dove oltre a fare un saggio uso di cgi e telecamera le mosse sono riproposte in modo perfetto dai giochi con tanto di hit effects anche un paio di ci citazioni agli stage qua e la
TLDR serie mid con tante cose belline per i fan ma oltre il 7 1/2 non può andare
Almeno a sto giro hanno coperto bene il rapporto fra Jun e Jin (era l'intenzione di base di tutto il progetto) considerato che non era mai stato fatto in 7 giochi e passa.
Se non continuano dopo quel cliffhanger si confermano i soliti codardi.
Per quello è bastata la serie OAV del '98 rimontata male dagli americani. :v
Gli ho dato 6, voto un pochettino pompato dall'effetto nostalgia.
il finale è proprio quello di tekken 3.
I combattimenti, oltre che spettacolari, sono molto fedeli al set di mosse di ogni personaggio. Era come giocare, ma con la grafica da anime!
La storia, per essere di soli 6 episodi, è curata il giusto. Con un numero così ristretto di puntate era ovvio che la storia dovesse girare solamente su Jin, Jun e la famiglia Mishima. Più di tanto non si poteva pretendere. Ben venga una "extended version", ma per ora, mi tengo volentieri questo. Sicuramente rende più giustizia al titolo rispetto alla serie OAV degli anni '90.
I flashback dell'ultimo episodio criticati nella recensione, secondo me, sono stati fondamentali per l'epilogo. Mettevano in luce il conflitto interiore di Jin nel suo momento clou. Da un lato gli insegnamenti pacifistici di sua madre, dall'altra gli insegnamenti "bellici" di suo nonno. E il ragazzo ha infine dovuto compiere una scelta, anche se manco più di tanto, visto che sembra quasi essere stata fatta, ma con riserva.
Ciò che non ho gradito (ma fino ad un certo punto, alla fine non mi ha dato molto fastidio) è l'aver rimpiazzato personaggi importanti come Lei Wulong con altri provenienti da giochi più recenti che non c'entravano niente. Stesso dicasi per il fatto che alcuni personaggi non avevano la stessa età che avevano in Tekken 3. Per dire, Paul Phoenix sembra abbia tipo 10 anni in più in questo anime, mentre Heihachi è stato rappresentato iper muscoloso e più simile a quello di Tekken 7, anche nel vestito.
Han cambiato un po' anche il finale, ma anche qui, va bene lo stesso.
In sintesi, io son rimasto soddisfatto. E sono anche curioso di sapere se Netflix vorrà spingersi oltre ordinando nuove serie su Tekken o si fermerà semplicemente qui, tributando il capitolo più famoso della saga, ossia, Tekken 3.
Diciamo pure che ci sono sequenze che sono proprio rese male graficamente, in alcuni punti sembra uno di quei video in cel shading fatti nei videogiochi di 10 anni fa 😶 il character design in cel shading funziona su alcuni personaggi, mentre su alcuni personaggi è davvero brutto.
Virtua Fighter, che praticamente dal nulla (il gioco una storia non l'aveva neanche nei manuali) tira fuori 35 episodi, è destinato a rimanere un caso isolato, specie di questi tempi con le serie che diventano sempre più brevi.
Certo l'assenza di Lei o Eddy Gordo è abbastanza inspiegabile.
Se faranno un sequel potrebbero accorpare le storie di Tekken 4 e 5, dato che il primo a parte il ritorno di Kazuya è praticamente inutile mentre il secondo ha nuovi personaggi più famosi (su tutti Asuka), ma non mi aspetto un aumento degli episodi, per il 4 potrebbero dedicarne anche uno solo.
Discorso analogo per quella di Rutger Hauer o il reparto legale di Cristina Aguilera.
Beh almeno loro sono stati pagati. Noi invece dobbiamo pagare per guardare 'sta roba! 😆
Non è obbligatorio guardarla. E se ho nt nn è certo per questo genere di contenuti
Fiuu, grazie al cielo che non è obbligatorio. Per un attimo temevo lo fosse!
Ma seriamente, con gli anime tratti da fighting games non c'è quasi mai una gioia, a parte qualche raro caso.
Mah non penso sia quello il problema, Lei non assomiglia più a Jackie Chan da almeno 20 anni e le altre ispirazioni, tolto Law, sono un po' forzate, tralasciando il fatto che almeno la metà dei personaggi sono ispirati a personaggi, fittizi (finanche palesi nel nome come Heihachi Edajima) o reali, come il nuovo Leroy che hanno inserito anzitempo in questa trasposizione prende paro paro le mosse da Ip Man, etc.
Poi nei (ben più redditizi) videogiochi continuano ad esistere, senza che nessuno vada da Harada a reclamare alcunché, quindi...
Più banalmente penso che abbiano fatto fuori personaggi ritenuti più stereotipati.
Ma lascia stare i nomi di JoJo, che lì è tutta un'altra storia...
Tipo:
- Julia con il costume del 7 che non fa appropriazione culturale
- Leroy da subito
- Paul senza nessun riferimento al suo passato da teppista
Quale appropriazione culturale? Julia è nativa americana per davvero, cresciuta in una riserva. Il cognome Chang le viene dalla madre adottiva, Michelle, presente nei primi due giochi, che è per metà cinese.
Boh, la sua bio dice che è stata abbandonata appena nata nella riserva dove viveva Michelle, poi se la sua etnia lo è o meno (cosa che non mi pare sia mai stata specificata tra l'altro, quindi non puoi neanche dire che non lo è) non interessa a nessuno. Se una persona è nata e cresciuta tra i nativi americani piuttosto che in Giappone o in Cina o Vattelapesca pur avendo radici etniche diverse, se vuole indossare un costume tipico del suo paese nessuno deve permettersi di fiatare, figurarsi poi un personaggio fittizio. Una precauzione inutile da parte di Netflix: i SJWs si sarebbero limitati all'unica cosa che sanno fare, ovvero frignare su Twitter e Tumblr.
Poi si sa che l' "appropriazione culturale" è un'invenzione dei woketards.
La parte da discorso da fan dell'arancione era completamente superflua.
Secondo te quindi disapprovare i SJWs da tastiera e le esagerazioni della cultura woke vuol dire essere fan di un idiota criminale... Complimenti per l'arguzia e l'apertura mentale.
E la mia personale fede politica è la non-politica (con una discreta dose di misantropia), FYI.
Usare "woketards" e "SJW" in quel tipo di contesto e non ironicamente di solito lascia intendere tutto ma potrei pure essermi sbagliato.
Infatti il mio tono era sarcastico. Le emoticon non sono messe lì per bellezza.
Però i SJWs da tastiera sono davvero così come li ho descritti, lol. E' per questo che sono soprannominati woketards, e non solo dai fans del parrucchino arancione.
Gli altri personaggi anche nei giochi sono messi per fare numero e tutte le loro ending non sono canoniche.
Alla fine mi aspettavo almeno una comparsata di Kazuya come hint per una seconda stagione, invece si sono fermati a quello che è il finale di Jin da Tekken 3.
La cosa strana è aver inserito personaggi come Marduk o Leroy, che in Tekken 3 non c'erano e non altri, ma sarà un discorso di popolarità.
Una nota su Netflix: i sottotitoli in tutte le lingue sono basati su quelli in inglese. Mettendo l'audio giapponese, che ha parecchie differenze, i sottotitoli vanno tutti fuori sync, e ci sono parecchie frasi non tradotte, perché in inglese e in italiano c'è silenzio in quelle scene mentre in giapponese parlano. Davvero pessimo.
Doppiaggio italiano da bocciare completamente.
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