Anna dai capelli rossi
Tratto dall'omonimo romanzo di Lucy Maud Montgomery, "Anna dai capelli rossi" è parte di quella serie di anime facenti parti del World Masterpiece Theather.
La storia narra di due fratelli, Marilla e Matthew Cuthbert, che, non essendosi mai sposati, sono invecchiati insieme nella vecchia casa della loro famiglia, chiamata "tetto verde", Matthew però inizia ad avere una certa età e ha bisogno di un aiuto per il lavoro nei campi. Così, d'accordo con la sorella, decide di adottare un orfano perché possa aiutarlo nel lavoro. A causa di un errore burocratico, gli viene mandata una bambina di nome Anna. Inizialmente Marilla cerca di riportarla indietro, perché non saprebbero che farsene di una bambina, ma dopo aver conosciuto questa buffa bambina dai capelli rossi, che parla di continuo senza mai fermarsi, tanto sognatrice quanto bisognosa di affetto, decide comunque di tenerla con se. E' questo l'inizio della bellissima storia di Anna Shirley, ovvero Anna dai capelli rossi, capolavoro dell'animazione giapponese che vanta la meravigliosa regia e sceneggiatura di Isao Takahata.
Siamo lontani dai vecchi Mecha come dai moderni Battle Shonen, qui parliamo di un vero e proprio Slice of Life, dove la vita quotidiana della piccola città di Avonlea è padrona. Devo dirlo, Anna si distingue anche da altri Meisaku come "Remì" o "Marco dagli appennini alle Ande", che comunque mostravano molta più azione e dramma, soprattutto vedevamo i protagonisti viaggiare. Credo che questa sia un arma a doppio taglio, non a tutti può piacere un anime così tranquillo, non ci sono colpi di scena, momenti particolarmente eccitanti e proprio tutto incentrato sulla crescita di questa bambina, inizialmente molto chiacchierona, capricciosa e vanitosa, per poi diventare una ragazza matura. Credo che il punto di questa storia sia nelle piccole cose: il modo in cui Marilla e Anna, caratterialmente agli antipodi, interagiscono, come Anna interagisce con il mondo e con le altre persone, il suo modo di vedere e descrive quello che la circonda. Anna è una bambina vera, sicuramente più realistica di Pollyanna o Lovely Sara che paiono scese dal paradiso da quanto sono perfett. Anna è piena di difetti ed è bellissimo vedere come Marilla riesca ad affezionarsi a lei, nonostante sia caratterialmente tutto l'opposto: fredda, attaccata alla realtà e alle regole. Ad Anna serviva una famiglia come ai Cutbert serviva qualcosa che li facesse uscire dalla monotonia della loro vita. Alla fine della storia Anna sarà abbastanza matura da ricambiare Marilla per la sua generosità, quando ci sarà bisogno di aiuto.
Non è facile da spiegare ma è una storia molto semplice eppure "magica", per le atmosfere da sogno, i momenti in cui si vede il cambio delle stagioni, le scene oniriche e bucoliche di Avonlea che danno al tutto un non so che di "fiabesco" (ci sono dei momenti in cui si possono intravedere dei piccoli esseri simili a fate andare verso il cielo). Unico difetto è che ci sono dei momenti in cui diventa troppo lento, pure io in certi momenti ho provato noia in certi episodi centrali. Un quadro animato, che ti fa sognare ad occhi aperti e ti riporta alla semplicità e spensieratezza dell'infanzia.
Volete un consiglio? guardatelo in un momento in cui avete voglia di rilassarvi, magari con una bella tazza di tè, a me ha dato proprio questo effetto, di una storia da vedere in un momento di riposo, per tornare bambini come la protagonista.
La storia narra di due fratelli, Marilla e Matthew Cuthbert, che, non essendosi mai sposati, sono invecchiati insieme nella vecchia casa della loro famiglia, chiamata "tetto verde", Matthew però inizia ad avere una certa età e ha bisogno di un aiuto per il lavoro nei campi. Così, d'accordo con la sorella, decide di adottare un orfano perché possa aiutarlo nel lavoro. A causa di un errore burocratico, gli viene mandata una bambina di nome Anna. Inizialmente Marilla cerca di riportarla indietro, perché non saprebbero che farsene di una bambina, ma dopo aver conosciuto questa buffa bambina dai capelli rossi, che parla di continuo senza mai fermarsi, tanto sognatrice quanto bisognosa di affetto, decide comunque di tenerla con se. E' questo l'inizio della bellissima storia di Anna Shirley, ovvero Anna dai capelli rossi, capolavoro dell'animazione giapponese che vanta la meravigliosa regia e sceneggiatura di Isao Takahata.
Siamo lontani dai vecchi Mecha come dai moderni Battle Shonen, qui parliamo di un vero e proprio Slice of Life, dove la vita quotidiana della piccola città di Avonlea è padrona. Devo dirlo, Anna si distingue anche da altri Meisaku come "Remì" o "Marco dagli appennini alle Ande", che comunque mostravano molta più azione e dramma, soprattutto vedevamo i protagonisti viaggiare. Credo che questa sia un arma a doppio taglio, non a tutti può piacere un anime così tranquillo, non ci sono colpi di scena, momenti particolarmente eccitanti e proprio tutto incentrato sulla crescita di questa bambina, inizialmente molto chiacchierona, capricciosa e vanitosa, per poi diventare una ragazza matura. Credo che il punto di questa storia sia nelle piccole cose: il modo in cui Marilla e Anna, caratterialmente agli antipodi, interagiscono, come Anna interagisce con il mondo e con le altre persone, il suo modo di vedere e descrive quello che la circonda. Anna è una bambina vera, sicuramente più realistica di Pollyanna o Lovely Sara che paiono scese dal paradiso da quanto sono perfett. Anna è piena di difetti ed è bellissimo vedere come Marilla riesca ad affezionarsi a lei, nonostante sia caratterialmente tutto l'opposto: fredda, attaccata alla realtà e alle regole. Ad Anna serviva una famiglia come ai Cutbert serviva qualcosa che li facesse uscire dalla monotonia della loro vita. Alla fine della storia Anna sarà abbastanza matura da ricambiare Marilla per la sua generosità, quando ci sarà bisogno di aiuto.
Non è facile da spiegare ma è una storia molto semplice eppure "magica", per le atmosfere da sogno, i momenti in cui si vede il cambio delle stagioni, le scene oniriche e bucoliche di Avonlea che danno al tutto un non so che di "fiabesco" (ci sono dei momenti in cui si possono intravedere dei piccoli esseri simili a fate andare verso il cielo). Unico difetto è che ci sono dei momenti in cui diventa troppo lento, pure io in certi momenti ho provato noia in certi episodi centrali. Un quadro animato, che ti fa sognare ad occhi aperti e ti riporta alla semplicità e spensieratezza dell'infanzia.
Volete un consiglio? guardatelo in un momento in cui avete voglia di rilassarvi, magari con una bella tazza di tè, a me ha dato proprio questo effetto, di una storia da vedere in un momento di riposo, per tornare bambini come la protagonista.
Pietra miliare dell’animazione giapponese di tutti i tempi, e adattamento dell’omonimo romanzo per ragazzi della scrittrice canadese Lucy Maud Montgomery, “Anna dai capelli rossi” è una serie animata di 50 episodi diretta e sceneggiata da quel genio troppo scarsamente considerato di Isao Takahata e disegnata dal sensei Hayao Miyazaki, insieme fondatori del celebre Studio Ghibli. Trasmesso in Giappone a partire dalla fine degli anni ’70, più precisamente dal 1979, dalla Fuji Tv, l’anime arriva in Italia l’anno successivo e si impone sin da subito come cult assoluto. Prima di prenderne visione, per poi restarne folgorato, infatti, non so quante volte mi era capito di sentir nominare la famosa “Anna dai capelli rossi”, opera che è rimasta nel cuore di quanti hanno vissuto il periodo a cavallo tra l’inizio degli anni ’80 e la fine degli anni ’90.
XIX secolo. Anne Shirley, o forse sarebbe meglio dire Anna, una bambina magra e rossa di capelli, nasce a Bolingbroke nella Nuova Scozia, da Walter e Bertha Shirley, due docenti di liceo. Tre mesi dopo, entrambi i genitori della bambina muoiono di una malattia infettiva e Anna viene affidata alla signora Thomas, una vicina povera e con il marito alcolizzato. La bambina vive con la famiglia Thomas fino all'età di otto anni, quando il marito della donna muore improvvisamente. A questo punto, per Anna, non c'è più posto nella famiglia Thomas e viene quindi affidata alla signora Hammond, che vive con il marito e i suoi otto figli in una baracca in riva al fiume. La bambina accudisce anche i figli della signora Hammond, fino a che, con la morte del marito avvenuta due anni dopo, viene affidata all'orfanotrofio di Hopetown, dove rimane per quattro mesi.
Canada, Isola del Principe Edoardo, seconda metà del XIX secolo. Gli anziani fratelli Matthew e Marilla Cuthbert, rimasti scapoli, decidono di adottare un maschio orfano che li aiuti con il lavoro nei campi. Tuttavia, recatosi alla stazione per accogliere il nuovo membro della famiglia, Matthew si trova di fronte una chiacchierona ragazzina dai capelli rossi, Anna Shirley. A causa di un disguido, l'orfanotrofio ha, infatti, inviato una ragazza e non un ragazzo come richiesto; Matthew decide quindi di portare la piccola Anna alla propria casa e consultarsi con Marilla sul da farsi. Anna è una ragazzina dalla spiccata fantasia, che, ancora ignara dell'errore avvenuto, non riesce a contenere la gioia di aver abbandonato l'austerità dell'orfanotrofio per andare a vivere al Tetto Verde, la famosa casa dei Cuthbert, così chiamata per i suoi verdi abbaini. Dopo essersi confrontati, i due fratelli, anzi, Marilla si risolve di rimandare la bambina all’orfanotrofio, ma è ormai troppo tardi, perché Matthew si è già affezionato a quella bambina dallo sguardo così vispo. Questo è l’antefatto della nostra storia così dolce e commovente.
Non essendo abituato a opere di questo tipo, all’inizio ho fatto fatica a seguire “Anna dai capelli rossi”, tanto da pensare che l’opera non fosse adatta a me e che avrei fatto meglio a dedicarmi a ben altro. Per fortuna, la mia smania di non lasciare mai le cose a metà, in questo caso agli albori, ha avuto la meglio e ne sono stato ampiamente ripagato. In particolar modo, nel corso delle primissime puntate, facevo fatica a sopportare la parlantina di Anna e i suoi discorsi così profondi e tristi, atipici per una ragazzina della sua età. Questa impasse, però, è durata molto poco, perché alla loquacità di Anna ci si fa subito il callo e, soprattutto, si impara ad apprezzare la sua profondità di pensiero, la stessa che la porta ad usare troppo spesso dei paroloni che proprio non stanno bene in bocca ad una bambina di undici anni. In perfetto stile slice of life, l’opera racconta della crescita di Anna, passando per le vicissitudini e gli accadimenti della vita quotidiana, dal diverbio con la signora Lindt vicina di casa all’amicizia inscalfibile con Diana, raccontati con quella dolcezza tipica della penna e del genio di Isao Takahata. Gli episodi scorrono lentamente, ma senza mai annoiare. Anna inizia ad andare a scuola, impara a sbrigare le faccende di casa e vive, in un certo qual senso, le sue prime turbe amorose. In poche parole, Anna cresce e con lei, come direbbe un mio amico, anche lo spettatore. Anna è una ragazza a modo, intelligente e sveglia, dotata di un’ottima dialettica, per quanto un po’ pasticciona e combina-guai, come lo siamo stati tutti da bambini. Anna sa apprezzare le gioie semplici della vita, lo sbocciare di un fiore o la vista di un tramonto, per quanto non manchi, come tutte le bambine della sua età, di una buona dose di vanità. Anna è una bambina imperfetta, perché la perfezione è un concetto che non esiste, eppure, dall’alto della sua imperfezione, impartisce alcuni insegnamenti degni di riecheggiare nelle aule scolastiche e universitarie.
“Le cose che si sono desiderate da piccoli non conservano nemmeno la metà del loro fascino, quando si cresce e le si ottiene. Questo è il guaio maggiore di crescere".
"Io sono felice di essere Anna dal Tetto Verde con la mia collanina di perline, perché so che Matthew me l'ha regalata con tanto amore e per me vale più di tutti i gioielli dell'universo intero".
"Ora capisco che oltre al piacere della vittoria, c'è anche quello del tentativo in sé stesso".
"Nessuno potrà mai privarmi del diritto di vivere nella mia fantasia o di ritagliarmi uno spazio nel mondo dei sogni".
Con queste piccole perle di saggezza, che nascono sia dalla sua mentre brillante e acuta sia dall’esperienza maturata nel corso degli anni passati ad Avonlea al Tetto Verde, Anna ci insegna che, troppo spesso, capiamo l'importanza di una cosa soltanto quando non ce l'abbiamo più; ci insegna che un regalo semplice fatto con amore vale molto di più di uno appariscente ma fatto con disinteresse; ci insegna che, sì, vincere è bello, ma oltre a questo c’è anche il piacere della mera partecipazione; ci insegna che sognare non costa nulla e che non serve essere costantemente attaccati alla realtà, soprattutto se essa appare deludente e insoddisfacente, così come è stato per Anna, che la felicità l’ha conosciuta soltanto quando è arrivata al Tetto Verde, la casa dei suoi unici ed autentici genitori.
Matthew è un uomo buono e gentile, che ha più di qualche problema nel relazionarsi con il sesso opposto e, infatti, proprio come la sorella, non si è mai sposato. Le uniche donne che gli vanno a genio si contano sulle dita di una mano: Marilla stessa ed Anna, perché quella bambina dai capelli rossi e magra di corporatura, dotata di una fantasia inesauribile e una parlantina fuori dal comune, gli entra subito nel cuore, fatto di cui la sorella, almeno inizialmente, non riesce proprio a capacitarsi. Come si suol dire in questi casi, all’amor non si comanda, e quello che Matthew prova per Anna è amore paterno allo stato puro. Nonostante l’assenza di un legame di sangue diretto e il fatto che, molto probabilmente, gli doni maggiormente l’appellativo di zio, Matthew può essere, a conti fatti, considerato il padre amorevole che Anna non ha mai avuto. Così come fanno tutti i padri con le loro figlie, Matthew vizia la sua ragazza, facendole non di rado dei regali, e, soprattutto, non rimproverandole mai nulla. Non c’è stato un solo momento, nell’arco dell’intera serie, in cui Matthew non abbia parteggiato per Anna, quella bambina per cui, all’inizio, prova tanta compassione e di cui, col passare del tempo, sarà sempre più fiero.
“È stata la mia ragazza, è stata la mia ragazza di cui sono tanto orgoglioso”.
Fatta eccezione per Marilla, Matthew è sempre stato solo nella propria vita, che ha vissuto tenendosi costantemente in disparte, senza mai dare occasione alle pettegole del paese di parlare di sé. Matthew è sempre stato una comparsa, eppure, quando alla fine diviene protagonista, lo fa nel modo peggiore di tutti. In quel momento, ti ritrovi a piangere tutte le lacrime che hai in corpo, perché capisci che sarebbe stato meglio se Matthew avesse continuato ad essere un personaggio secondario e a vegliare amorevolmente, da dietro le quinte, su quella figlia che tanto lo aveva reso orgoglioso e felice.
Marilla è una donna a modo seppur un po’ burbera, anche lei rimasta scapola per motivi poco chiari. È proprio lei che, all’inizio, non vuole tenere a casa con sé Anna, questa ragazzina a cui rimprovera costantemente il suo eccessivo volare con la fantasia. Marilla è una donna d’altri tempi, molto, forse troppo attaccata alla realtà e che considera futili cose come un picnic al lago o una recita di classe. Per Marilla esistono solo due cose, lo studio e il lavoro, e questo esige da Anna quando la prende con sé al Tetto Verde. In quanto donna di casa, è a lei che spetta l’educazione della bambina, che all’inizio veramente non le va a genio. Marilla, proprio come il sottoscritto e più di qualunque altra cosa, non riesce a sopportare la parlantina di Anna e molto spesso si trova a rimproverarla per questo motivo, finendo col diventare una vera e propria maestra nello zittirla. Il tempo, però, passa e quelli che all’inizio sembravano dei difetti, cominciano a sembrare delle virtù a Marilla, che adesso guarda Anna con occhi diversi, quelli dell’amore. Marilla mette tutta sé stessa nell’educazione della bambina, a cui non fa mancare nulla. Le insegna a sbrigare le faccende di casa, a cucinare e a portarsi nei momenti di maggior serietà. L’amore serbato per anni in quel grembo che mai ha visto la luce di un figlio, Marilla lo riversa in Anna. L’amore, specialmente quello materno, cambia le persone e cambia anche la stoica Marilla, che non potrà più fare a meno della compagnia di quella bambina dai capelli rossi adottata per sbaglio e di cui, durante le sue assenze, sentirà una terribile mancanza. Anna è e sarà sempre devota a Marilla per averla accolta al Tetto Verde, ma allo stesso tempo Marilla sarà sempre grata ad Anna per aver cambiato in meglio la sua vita e per averle fatto capire cosa significa amare incondizionatamente, proprio come una madre fa con la propria figlia.
A questi che sono i tre grandi pilastri della storia, si aggiungono tutta una serie di comprimari di grande spessore: Diana, la migliore amica di Anna, una ragazza gentile e giudiziosa, a cui è difficile non affezionarsi subito; Gilbert, il belloccio della scuola, con cui Anna proprio non sembra voler andare d’accordo, anche se l’odio fa presto a trasformarsi in amore; la signora Lindt, compagna di pettegolezzi della buona Marilla, che in più di un’occasione ha da ridire su Anna; poi Ruby, Jane, Josie, la piccola Minnie May, la signora Allan, la signorina Stacy e potrei continuare ad elencarli tutti, perché tutti meriterebbero quanto meno una piccola menzione d’onore. Ma siccome mi sono dilungato già abbastanza, l’ultima menzione la lascio per il confortevole Tetto Verde, grande protagonista inanimato della nostra storia, il cui titolo originale, infatti, è “Anne of Green Gables”. Il Tetto Verde rappresenta per Anna il primo ed unico luogo che lei abbia mai potuto veramente chiamare casa. Al Tetto Verde, Anna vive una vita stabile e tranquilla, non più fatta di continui spostamenti e nuove adozioni. Al Tetto Verde, si consumano i momenti più stupendi e tristi dell’intera serie, fosse anche il semplice desinare la sera tutti insieme, Matthew, Marilla ed Anna, proprio come una vera famiglia. Non importa quale sia la circostanza, il Tetto Verde è lì, a fare da attento custode e ad aspettare sempre, in ogni momento, il ritorno della sua Anna, Anna del Tetto Verde.
Il panegirico è finito. Se non si fosse capito, considero “Anna dai Capelli Rossi” un autentico capolavoro, per quanto, forse, a 45 anni di distanza, meriterebbe un bel remake. Il comparto grafico, nonostante qualche incertezza, regge ancora il confronto con le opere uscite negli anni successivi, ma il doppiaggio esige una pulizia totale. Ho perso il conto delle volte in cui Matthew ha iniziato un discorso con “Ecco, veramente”, quasi come se fosse un maledetto meme. Nonostante ciò, “Anna dai Capelli Rossi” resta un’opera che non risente quasi per nulla del peso degli anni e che, onestamente, merita di essere vista più per i suoi contenuti, che per qualsiasi altra futile ragione. Mi duole dirlo, ma di capolavori così, oggigiorno, non se ne producono quasi più.
Grazie Takahata, per la perla di cui ci hai fatto dono.
XIX secolo. Anne Shirley, o forse sarebbe meglio dire Anna, una bambina magra e rossa di capelli, nasce a Bolingbroke nella Nuova Scozia, da Walter e Bertha Shirley, due docenti di liceo. Tre mesi dopo, entrambi i genitori della bambina muoiono di una malattia infettiva e Anna viene affidata alla signora Thomas, una vicina povera e con il marito alcolizzato. La bambina vive con la famiglia Thomas fino all'età di otto anni, quando il marito della donna muore improvvisamente. A questo punto, per Anna, non c'è più posto nella famiglia Thomas e viene quindi affidata alla signora Hammond, che vive con il marito e i suoi otto figli in una baracca in riva al fiume. La bambina accudisce anche i figli della signora Hammond, fino a che, con la morte del marito avvenuta due anni dopo, viene affidata all'orfanotrofio di Hopetown, dove rimane per quattro mesi.
Canada, Isola del Principe Edoardo, seconda metà del XIX secolo. Gli anziani fratelli Matthew e Marilla Cuthbert, rimasti scapoli, decidono di adottare un maschio orfano che li aiuti con il lavoro nei campi. Tuttavia, recatosi alla stazione per accogliere il nuovo membro della famiglia, Matthew si trova di fronte una chiacchierona ragazzina dai capelli rossi, Anna Shirley. A causa di un disguido, l'orfanotrofio ha, infatti, inviato una ragazza e non un ragazzo come richiesto; Matthew decide quindi di portare la piccola Anna alla propria casa e consultarsi con Marilla sul da farsi. Anna è una ragazzina dalla spiccata fantasia, che, ancora ignara dell'errore avvenuto, non riesce a contenere la gioia di aver abbandonato l'austerità dell'orfanotrofio per andare a vivere al Tetto Verde, la famosa casa dei Cuthbert, così chiamata per i suoi verdi abbaini. Dopo essersi confrontati, i due fratelli, anzi, Marilla si risolve di rimandare la bambina all’orfanotrofio, ma è ormai troppo tardi, perché Matthew si è già affezionato a quella bambina dallo sguardo così vispo. Questo è l’antefatto della nostra storia così dolce e commovente.
Non essendo abituato a opere di questo tipo, all’inizio ho fatto fatica a seguire “Anna dai capelli rossi”, tanto da pensare che l’opera non fosse adatta a me e che avrei fatto meglio a dedicarmi a ben altro. Per fortuna, la mia smania di non lasciare mai le cose a metà, in questo caso agli albori, ha avuto la meglio e ne sono stato ampiamente ripagato. In particolar modo, nel corso delle primissime puntate, facevo fatica a sopportare la parlantina di Anna e i suoi discorsi così profondi e tristi, atipici per una ragazzina della sua età. Questa impasse, però, è durata molto poco, perché alla loquacità di Anna ci si fa subito il callo e, soprattutto, si impara ad apprezzare la sua profondità di pensiero, la stessa che la porta ad usare troppo spesso dei paroloni che proprio non stanno bene in bocca ad una bambina di undici anni. In perfetto stile slice of life, l’opera racconta della crescita di Anna, passando per le vicissitudini e gli accadimenti della vita quotidiana, dal diverbio con la signora Lindt vicina di casa all’amicizia inscalfibile con Diana, raccontati con quella dolcezza tipica della penna e del genio di Isao Takahata. Gli episodi scorrono lentamente, ma senza mai annoiare. Anna inizia ad andare a scuola, impara a sbrigare le faccende di casa e vive, in un certo qual senso, le sue prime turbe amorose. In poche parole, Anna cresce e con lei, come direbbe un mio amico, anche lo spettatore. Anna è una ragazza a modo, intelligente e sveglia, dotata di un’ottima dialettica, per quanto un po’ pasticciona e combina-guai, come lo siamo stati tutti da bambini. Anna sa apprezzare le gioie semplici della vita, lo sbocciare di un fiore o la vista di un tramonto, per quanto non manchi, come tutte le bambine della sua età, di una buona dose di vanità. Anna è una bambina imperfetta, perché la perfezione è un concetto che non esiste, eppure, dall’alto della sua imperfezione, impartisce alcuni insegnamenti degni di riecheggiare nelle aule scolastiche e universitarie.
“Le cose che si sono desiderate da piccoli non conservano nemmeno la metà del loro fascino, quando si cresce e le si ottiene. Questo è il guaio maggiore di crescere".
"Io sono felice di essere Anna dal Tetto Verde con la mia collanina di perline, perché so che Matthew me l'ha regalata con tanto amore e per me vale più di tutti i gioielli dell'universo intero".
"Ora capisco che oltre al piacere della vittoria, c'è anche quello del tentativo in sé stesso".
"Nessuno potrà mai privarmi del diritto di vivere nella mia fantasia o di ritagliarmi uno spazio nel mondo dei sogni".
Con queste piccole perle di saggezza, che nascono sia dalla sua mentre brillante e acuta sia dall’esperienza maturata nel corso degli anni passati ad Avonlea al Tetto Verde, Anna ci insegna che, troppo spesso, capiamo l'importanza di una cosa soltanto quando non ce l'abbiamo più; ci insegna che un regalo semplice fatto con amore vale molto di più di uno appariscente ma fatto con disinteresse; ci insegna che, sì, vincere è bello, ma oltre a questo c’è anche il piacere della mera partecipazione; ci insegna che sognare non costa nulla e che non serve essere costantemente attaccati alla realtà, soprattutto se essa appare deludente e insoddisfacente, così come è stato per Anna, che la felicità l’ha conosciuta soltanto quando è arrivata al Tetto Verde, la casa dei suoi unici ed autentici genitori.
Matthew è un uomo buono e gentile, che ha più di qualche problema nel relazionarsi con il sesso opposto e, infatti, proprio come la sorella, non si è mai sposato. Le uniche donne che gli vanno a genio si contano sulle dita di una mano: Marilla stessa ed Anna, perché quella bambina dai capelli rossi e magra di corporatura, dotata di una fantasia inesauribile e una parlantina fuori dal comune, gli entra subito nel cuore, fatto di cui la sorella, almeno inizialmente, non riesce proprio a capacitarsi. Come si suol dire in questi casi, all’amor non si comanda, e quello che Matthew prova per Anna è amore paterno allo stato puro. Nonostante l’assenza di un legame di sangue diretto e il fatto che, molto probabilmente, gli doni maggiormente l’appellativo di zio, Matthew può essere, a conti fatti, considerato il padre amorevole che Anna non ha mai avuto. Così come fanno tutti i padri con le loro figlie, Matthew vizia la sua ragazza, facendole non di rado dei regali, e, soprattutto, non rimproverandole mai nulla. Non c’è stato un solo momento, nell’arco dell’intera serie, in cui Matthew non abbia parteggiato per Anna, quella bambina per cui, all’inizio, prova tanta compassione e di cui, col passare del tempo, sarà sempre più fiero.
“È stata la mia ragazza, è stata la mia ragazza di cui sono tanto orgoglioso”.
Fatta eccezione per Marilla, Matthew è sempre stato solo nella propria vita, che ha vissuto tenendosi costantemente in disparte, senza mai dare occasione alle pettegole del paese di parlare di sé. Matthew è sempre stato una comparsa, eppure, quando alla fine diviene protagonista, lo fa nel modo peggiore di tutti. In quel momento, ti ritrovi a piangere tutte le lacrime che hai in corpo, perché capisci che sarebbe stato meglio se Matthew avesse continuato ad essere un personaggio secondario e a vegliare amorevolmente, da dietro le quinte, su quella figlia che tanto lo aveva reso orgoglioso e felice.
Marilla è una donna a modo seppur un po’ burbera, anche lei rimasta scapola per motivi poco chiari. È proprio lei che, all’inizio, non vuole tenere a casa con sé Anna, questa ragazzina a cui rimprovera costantemente il suo eccessivo volare con la fantasia. Marilla è una donna d’altri tempi, molto, forse troppo attaccata alla realtà e che considera futili cose come un picnic al lago o una recita di classe. Per Marilla esistono solo due cose, lo studio e il lavoro, e questo esige da Anna quando la prende con sé al Tetto Verde. In quanto donna di casa, è a lei che spetta l’educazione della bambina, che all’inizio veramente non le va a genio. Marilla, proprio come il sottoscritto e più di qualunque altra cosa, non riesce a sopportare la parlantina di Anna e molto spesso si trova a rimproverarla per questo motivo, finendo col diventare una vera e propria maestra nello zittirla. Il tempo, però, passa e quelli che all’inizio sembravano dei difetti, cominciano a sembrare delle virtù a Marilla, che adesso guarda Anna con occhi diversi, quelli dell’amore. Marilla mette tutta sé stessa nell’educazione della bambina, a cui non fa mancare nulla. Le insegna a sbrigare le faccende di casa, a cucinare e a portarsi nei momenti di maggior serietà. L’amore serbato per anni in quel grembo che mai ha visto la luce di un figlio, Marilla lo riversa in Anna. L’amore, specialmente quello materno, cambia le persone e cambia anche la stoica Marilla, che non potrà più fare a meno della compagnia di quella bambina dai capelli rossi adottata per sbaglio e di cui, durante le sue assenze, sentirà una terribile mancanza. Anna è e sarà sempre devota a Marilla per averla accolta al Tetto Verde, ma allo stesso tempo Marilla sarà sempre grata ad Anna per aver cambiato in meglio la sua vita e per averle fatto capire cosa significa amare incondizionatamente, proprio come una madre fa con la propria figlia.
A questi che sono i tre grandi pilastri della storia, si aggiungono tutta una serie di comprimari di grande spessore: Diana, la migliore amica di Anna, una ragazza gentile e giudiziosa, a cui è difficile non affezionarsi subito; Gilbert, il belloccio della scuola, con cui Anna proprio non sembra voler andare d’accordo, anche se l’odio fa presto a trasformarsi in amore; la signora Lindt, compagna di pettegolezzi della buona Marilla, che in più di un’occasione ha da ridire su Anna; poi Ruby, Jane, Josie, la piccola Minnie May, la signora Allan, la signorina Stacy e potrei continuare ad elencarli tutti, perché tutti meriterebbero quanto meno una piccola menzione d’onore. Ma siccome mi sono dilungato già abbastanza, l’ultima menzione la lascio per il confortevole Tetto Verde, grande protagonista inanimato della nostra storia, il cui titolo originale, infatti, è “Anne of Green Gables”. Il Tetto Verde rappresenta per Anna il primo ed unico luogo che lei abbia mai potuto veramente chiamare casa. Al Tetto Verde, Anna vive una vita stabile e tranquilla, non più fatta di continui spostamenti e nuove adozioni. Al Tetto Verde, si consumano i momenti più stupendi e tristi dell’intera serie, fosse anche il semplice desinare la sera tutti insieme, Matthew, Marilla ed Anna, proprio come una vera famiglia. Non importa quale sia la circostanza, il Tetto Verde è lì, a fare da attento custode e ad aspettare sempre, in ogni momento, il ritorno della sua Anna, Anna del Tetto Verde.
Il panegirico è finito. Se non si fosse capito, considero “Anna dai Capelli Rossi” un autentico capolavoro, per quanto, forse, a 45 anni di distanza, meriterebbe un bel remake. Il comparto grafico, nonostante qualche incertezza, regge ancora il confronto con le opere uscite negli anni successivi, ma il doppiaggio esige una pulizia totale. Ho perso il conto delle volte in cui Matthew ha iniziato un discorso con “Ecco, veramente”, quasi come se fosse un maledetto meme. Nonostante ciò, “Anna dai Capelli Rossi” resta un’opera che non risente quasi per nulla del peso degli anni e che, onestamente, merita di essere vista più per i suoi contenuti, che per qualsiasi altra futile ragione. Mi duole dirlo, ma di capolavori così, oggigiorno, non se ne producono quasi più.
Grazie Takahata, per la perla di cui ci hai fatto dono.
Rurale, gioviale, nostalgico.
Io non mi aspettavo proprio che una serie tratta da un romanzo, storicamente considerato per un pubblico femminile, facesse commuovere anche me. Mi devo preoccupare?
La serie in questione è stata realizzata negli anni '70 dal maestro Isao Takahata e segue in modo quasi maniacale il soggetto dell'omonimo libro da cui è tratta, scritto nei primi del '900 da Lucy M. Montgomery.
Ma di questo non ti importa nulla.
Ti importa che, per quanto Anna parli e parli, non riesci mai a non volerle bene; ti importa di quello che succede sotto il tetto verde, in quella splendida cornice che è l'isola del principe Edorardo. Ti importa che ad un certo punto Anna non parla più. La vedi cambiare, la vedi crescere, in modo progressivo e silenzioso, perché è cosi che si cresce, e tutto d'un tratto capisci che questa è la cosa più naturale del mondo.
Anna ama la vita, ed è grata a qualsiasi cosa le dia gioia, sia essa un fiore, un pensiero giocoso o una persona a cui voler bene. Una vita senza queste semplici cose, che senso ha altrimenti?
Anna Shirley, Anna di Marilla e Matthew e del tetto verde, Cordelia; perfino chiamata cosi Anna ti sarebbe entrata nel cuore per ricordarti sempre queste regole, fondamentali quanto impalpabili.
La protagonista assoluta è Anna, ovviamente, ma che dire di tutti gli altri personaggi? Diana, Gilbert, Ruby, Jane, tutte come se fossero amiche tue. Matthew, che ogni volta se la ride sotto i baffi quando Anna raggiunge un risultato, E quell'abbraccio tra Marilla ed Anna che in realtà comprende anche te, tu che la storia la segui da un fottutissimo schermo.
Anna dai capelli rossi è una serie che ho amato e basta. Anche io, come molti, la conoscevo già dall'infanzia, ma credo mai mi pentirò di averla ripresa in mano.
Un affresco bellissimo di una storia commovente e malinconica, piena di tutto quello spettro emotivo che concerne un racconto di formazione.
Ed ancora, Anna ed i suoi spiriti affini, le ninfee, il suo sminuire la borghesia, la bellezza dell'essere tristi, i suoi catastrofici capelli tinti, i suoi tre vestiti e quello ricevuto da Matthew con le maniche a sbuffo, la sua testardaggine, il terrore dipinto negli occhi di perdere la famiglia Cuthbert, quei fiori che diventano cosi preziosi, quelle lacrime, che non arrivano mai.
Il solo scrivere e ricordare questi episodi mi commuove ancora; come il vecchio Matthew quando incontra Anna alla stazione.
Matthew sì, che aveva capito tutto.
P.S.: Se non si era colto, consiglio, anzi, invoglio la storia a chiunque ancora non l'abbia amata.
Io non mi aspettavo proprio che una serie tratta da un romanzo, storicamente considerato per un pubblico femminile, facesse commuovere anche me. Mi devo preoccupare?
La serie in questione è stata realizzata negli anni '70 dal maestro Isao Takahata e segue in modo quasi maniacale il soggetto dell'omonimo libro da cui è tratta, scritto nei primi del '900 da Lucy M. Montgomery.
Ma di questo non ti importa nulla.
Ti importa che, per quanto Anna parli e parli, non riesci mai a non volerle bene; ti importa di quello che succede sotto il tetto verde, in quella splendida cornice che è l'isola del principe Edorardo. Ti importa che ad un certo punto Anna non parla più. La vedi cambiare, la vedi crescere, in modo progressivo e silenzioso, perché è cosi che si cresce, e tutto d'un tratto capisci che questa è la cosa più naturale del mondo.
Anna ama la vita, ed è grata a qualsiasi cosa le dia gioia, sia essa un fiore, un pensiero giocoso o una persona a cui voler bene. Una vita senza queste semplici cose, che senso ha altrimenti?
Anna Shirley, Anna di Marilla e Matthew e del tetto verde, Cordelia; perfino chiamata cosi Anna ti sarebbe entrata nel cuore per ricordarti sempre queste regole, fondamentali quanto impalpabili.
La protagonista assoluta è Anna, ovviamente, ma che dire di tutti gli altri personaggi? Diana, Gilbert, Ruby, Jane, tutte come se fossero amiche tue. Matthew, che ogni volta se la ride sotto i baffi quando Anna raggiunge un risultato, E quell'abbraccio tra Marilla ed Anna che in realtà comprende anche te, tu che la storia la segui da un fottutissimo schermo.
Anna dai capelli rossi è una serie che ho amato e basta. Anche io, come molti, la conoscevo già dall'infanzia, ma credo mai mi pentirò di averla ripresa in mano.
Un affresco bellissimo di una storia commovente e malinconica, piena di tutto quello spettro emotivo che concerne un racconto di formazione.
Ed ancora, Anna ed i suoi spiriti affini, le ninfee, il suo sminuire la borghesia, la bellezza dell'essere tristi, i suoi catastrofici capelli tinti, i suoi tre vestiti e quello ricevuto da Matthew con le maniche a sbuffo, la sua testardaggine, il terrore dipinto negli occhi di perdere la famiglia Cuthbert, quei fiori che diventano cosi preziosi, quelle lacrime, che non arrivano mai.
Il solo scrivere e ricordare questi episodi mi commuove ancora; come il vecchio Matthew quando incontra Anna alla stazione.
Matthew sì, che aveva capito tutto.
P.S.: Se non si era colto, consiglio, anzi, invoglio la storia a chiunque ancora non l'abbia amata.
Qualora il vostro "coraggio" vi suggerisca di andare a rivangare un po' il passato alla ricerca di titoli vetusti (ed illustri), scoprirete quante opere siano finite nel dimenticatoio immeritatamente. "Akage no Anne" (conosciuto qui in Italia come "Anna dai capelli rossi"), purtroppo, non si salva da questo destino.
Per la regia di un relativamente giovane Takahata (che non ha bisogno di molte presentazioni), si decide di fare un adattamento animato di 50 episodi di quello che originariamente è un romanzo per ragazzi.
Matthew e Marilla sono due anziani fratelli che, non essendosi mai sposati, vivono insieme in una fattoria chiamata "tetto verde" ad Avonlea. Decidono di adottare un ragazzo per aiutare Matthew nei lavori pesanti nei campi. Per un equivoco dell'orfanotrofio, al posto di un ragazzo arriva Anna, una bambina molto eloquente, vivace e felice di aver trovato delle persone disposte ad adottarla. Decideranno infine di tenerla con loro nonostante l'equivoco e una ferrea e scettica Marilla.
"Anna dai capelli rossi" rappresenta a mio avviso il prototipo di anime anti-otaku per eccellenza, perché ha tutte le caratteristiche che farebbero allontanare qualunque persona che è attratta da cose come stereotipi e ritmi super frenetici a cui l'animazione odierna ci ha un po' abituati. Oggi come oggi, la generazione di persone che segue animazione attuale, in media, è abituata a maratonarsi gli anime da dodici episodi in un giorno e a spararsi più episodi di fila, cosa completamente sbagliata con molte serie di una volta e questa a maggior ragione. In media, difatti, ho notato che molte serie di una volta hanno dei ritmi molto più dilatati di quelle di oggi, vuoi perché comunque all'epoca erano fatti per essere visti episodio dopo episodio quando venivano trasmessi in TV, vuoi perché comunque lo stile era diverso, fatto sta che per alcuni questo è visto come un difetto, cosa che per me non è affatto vera, in quanto penso siano semplicemente due modi diversi di narrare.
Detto questo la prima cosa che colpisce lo spettatore è il carattere incredibilmente singolare di Anna, una ragazza piena di immaginazione che, vista la vita che il crudele destino le ha affibbiato, ha finito per rifugiarsi nella sua fervida immaginazione e nel diventare una sorta di "fanciullino" in cui vede lo stupore e la meraviglia anche nelle cose più piccole.
L'anime procede quindi come un susseguirsi di vita quotidiana episodio dopo episodio, con vari mesi che passano da un episodio all'altro con Anna che cresce e che pian piano diventa una donna e iniziando a capire cosa fare della propria vita e trovare la sua posizione nel mondo. Crescendo, infatti, si cambia e siamo costretti a fare delle rinunce anche pesanti, cose che Anna vivrà sulla propria pelle. E' infatti curioso notare come l'anime stesso, assieme ai personaggi, inizi a mutare spessore episodio dopo episodio in una maniera così naturale e genuina, praticamente unica, senza uno stacco vero e proprio, e il fatto che non ci siano dei veri e propri timeskip, ma è tutto molto graduale, rendendo il tutto ancora più realistico. Ed è proprio per questo motivo che non ha senso farsi le maratone di un anime di questo tipo, perché devi sentire la nostalgia, devi sentire il tempo che passa, i personaggi che crescono e il coinvolgimento non può venire altrimenti, per come la vedo io.
Si assiste ad un livello di caratterizzazione dei personaggi che dire sublime è dire poco: i personaggi riescono a rompere il muro dell'animazione e a diventare delle persone vere e proprie in carne ed ossa, in quanto non sono più dei personaggi che seguono una sceneggiatura, ma sono delle persone che stanno vivendo.
Guardatelo davvero perchè ne vale la pena, posso dire senza dubbio alcuno che si tratta di una delle migliori serie drammatiche (se non la migliore) che abbia mai visto.
L'apparato tecnico si dimostra un valore aggiunto di questo capolavoro che trova nei background e nella regia i suoi punti di forza più grandi. Animazioni abbastanza buone per gli anni anche se in alcuni casi lasciano un po' a desiderare in quanto poco definite e con dei disegni un po sproporzionati a tratti, ma è davvero una minuzia che viene letteralmente coperta da tutto il resto. Le musiche inoltre sono fantastiche, anche se non moltissime, e ci immergono in un ambientazione ottocentesca incredibilmente realistica e ben curata nel dettaglio, dai paesaggi agli interni.
Per la regia di un relativamente giovane Takahata (che non ha bisogno di molte presentazioni), si decide di fare un adattamento animato di 50 episodi di quello che originariamente è un romanzo per ragazzi.
Matthew e Marilla sono due anziani fratelli che, non essendosi mai sposati, vivono insieme in una fattoria chiamata "tetto verde" ad Avonlea. Decidono di adottare un ragazzo per aiutare Matthew nei lavori pesanti nei campi. Per un equivoco dell'orfanotrofio, al posto di un ragazzo arriva Anna, una bambina molto eloquente, vivace e felice di aver trovato delle persone disposte ad adottarla. Decideranno infine di tenerla con loro nonostante l'equivoco e una ferrea e scettica Marilla.
"Anna dai capelli rossi" rappresenta a mio avviso il prototipo di anime anti-otaku per eccellenza, perché ha tutte le caratteristiche che farebbero allontanare qualunque persona che è attratta da cose come stereotipi e ritmi super frenetici a cui l'animazione odierna ci ha un po' abituati. Oggi come oggi, la generazione di persone che segue animazione attuale, in media, è abituata a maratonarsi gli anime da dodici episodi in un giorno e a spararsi più episodi di fila, cosa completamente sbagliata con molte serie di una volta e questa a maggior ragione. In media, difatti, ho notato che molte serie di una volta hanno dei ritmi molto più dilatati di quelle di oggi, vuoi perché comunque all'epoca erano fatti per essere visti episodio dopo episodio quando venivano trasmessi in TV, vuoi perché comunque lo stile era diverso, fatto sta che per alcuni questo è visto come un difetto, cosa che per me non è affatto vera, in quanto penso siano semplicemente due modi diversi di narrare.
Detto questo la prima cosa che colpisce lo spettatore è il carattere incredibilmente singolare di Anna, una ragazza piena di immaginazione che, vista la vita che il crudele destino le ha affibbiato, ha finito per rifugiarsi nella sua fervida immaginazione e nel diventare una sorta di "fanciullino" in cui vede lo stupore e la meraviglia anche nelle cose più piccole.
L'anime procede quindi come un susseguirsi di vita quotidiana episodio dopo episodio, con vari mesi che passano da un episodio all'altro con Anna che cresce e che pian piano diventa una donna e iniziando a capire cosa fare della propria vita e trovare la sua posizione nel mondo. Crescendo, infatti, si cambia e siamo costretti a fare delle rinunce anche pesanti, cose che Anna vivrà sulla propria pelle. E' infatti curioso notare come l'anime stesso, assieme ai personaggi, inizi a mutare spessore episodio dopo episodio in una maniera così naturale e genuina, praticamente unica, senza uno stacco vero e proprio, e il fatto che non ci siano dei veri e propri timeskip, ma è tutto molto graduale, rendendo il tutto ancora più realistico. Ed è proprio per questo motivo che non ha senso farsi le maratone di un anime di questo tipo, perché devi sentire la nostalgia, devi sentire il tempo che passa, i personaggi che crescono e il coinvolgimento non può venire altrimenti, per come la vedo io.
Si assiste ad un livello di caratterizzazione dei personaggi che dire sublime è dire poco: i personaggi riescono a rompere il muro dell'animazione e a diventare delle persone vere e proprie in carne ed ossa, in quanto non sono più dei personaggi che seguono una sceneggiatura, ma sono delle persone che stanno vivendo.
Guardatelo davvero perchè ne vale la pena, posso dire senza dubbio alcuno che si tratta di una delle migliori serie drammatiche (se non la migliore) che abbia mai visto.
L'apparato tecnico si dimostra un valore aggiunto di questo capolavoro che trova nei background e nella regia i suoi punti di forza più grandi. Animazioni abbastanza buone per gli anni anche se in alcuni casi lasciano un po' a desiderare in quanto poco definite e con dei disegni un po sproporzionati a tratti, ma è davvero una minuzia che viene letteralmente coperta da tutto il resto. Le musiche inoltre sono fantastiche, anche se non moltissime, e ci immergono in un ambientazione ottocentesca incredibilmente realistica e ben curata nel dettaglio, dai paesaggi agli interni.
"Akage no Anne" è uno dei grandi capolavori del genere meisaku e dell'animazione giapponese in generale, ed è diretto da un Isao Takahata giunto all'apice della sua poetica. Il grande maestro dell'animazione giapponese, nonostante la scelta di mantenere nella sua opera una marcata fedeltà al romanzo di Lucy Maud Montgomery, arriva addirittura a migliorarlo, approfondendo determinati eventi resi in modo approssimativo dall'autrice; infondendo una grande espressività ai personaggi e a ciò che li circonda, per mezzo del suo caratteristico e personalissimo "sense of wonder" del quotidiano; rendendo il percorso di crescita della protagonista un affascinate viaggio alla scoperta di sé stessi e della propria posizione nel mondo.
La caratterizzazione di Anna è la prima cosa che colpisce lo spettatore: la sua personalità è indubbiamente quella di una poetessa: già nel suo delirante discorso iniziale con Matthew - un contadino introverso e misogino, il quale è andato a prenderla alla stazione al fine di presentarla all'austera sorella Marilla - traspare una grande immaginazione, un intelligenza molto sottile, una spiccata sensibilità. Mentre parla con fare molto eloquente al vecchio taciturno, la bambina attribuisce a ogni magnifico elemento dello scenario delle campagne di Avolnea un nome romantico e sostanziale, proprio come se vivesse in un sogno; durante il viaggio in calesse i suoi occhi sgranati sono colmi di stupore e di meraviglia per la vita. "Il Lago dalle Acque Splendenti", "Il Bosco degli Innamorati", gli spiritelli degli alberi e delle piante, i quali svolazzano, si posano su di lei e l'accarezzano; ed ecco che Takahata imprime nel suo primo grande capolavoro tutta la sua passione per lo shintoismo, plasmandola con intensi e leggeri tocchi di poesia, riuscendo a trasmettere allo spettatore le stesse meravigliose sensazioni di Anna.
Una volta giunta al "Tetto Verde", la fattoria di Matthew e Marilla, la piccola orfana verrà accolta con freddezza dall'austera proprietaria, la quale si aspettava un maschio in grado di aiutare Matthew nel pesante lavoro agricolo. Ma in poco tempo anche la fredda donna di casa, allo stesso modo di Matthew, si affezionerà alla bambina. Deciderà di tenerla con sé, di mandarla a scuola e di crescerla come una figlia. E' proprio così che ha inizio il grande viaggio di formazione di Anna, con tutti i mutamenti e i traguardi ad esso annessi: dalla nascita del sincero rapporto di amicizia con la piccola e dolce Diana alla ricerca del compromesso tra la realtà adulta e la fanciullesca fantasia, sino all'inevitabile arrivo della grande decisione finale, che simboleggerà l'effettiva maturazione della protagonista.
In "Akage no Anne" i personaggi, i paesaggi, le sensazioni e i dialoghi sono resi in modo magistrale. Il coinvolgimento è immediato, e ogni singolo elemento, anche il più banale, contribuisce a creare il mood unico dell'opera. Tutto s'incastra con grande precisione, formando un intenso mosaico il quale, una volta terminato, lascia un grande vuoto dietro di sé. I comprimari, allo stesso modo di Anna, sono studiati minuziosamente nei dettagli e nelle psicologie: si assiste al livello più alto di caratterizzazione dei personaggi possibile in un anime, ovvero quello in cui pare ch'essi prendano vita, incuranti della finzione intrinseca propria del mezzo animato nel quale si muovono.
I giochi di Anna con la sua amica del cuore Diana, nel suggestivo bosco di campagna; le gaie corse nei campi in fiore; il ciondolare sull'altalena in riva al lago, osservando i suggestivi colori del tramonto; i pesanti giorni di studio, coadiuvati dall'atmosfera frizzante della scuola e dall'accesa rivalità con Gilbert Blythe, ragazzo che ha attirato su di sé l'amore/odio di Anna, da una parte seducendola con il suo talento e dall'altra ferendola nel suo smisurato orgoglio. Ed ecco che numerose vicende quotidiane apparentemente banali s'incrociano tra loro, s'influenzano, risuonano nella quiete dando origine all'agrodolce vita della protagonista; anzi, della vita in sé stessa: quella cosa preziosa in cui sono fondamentali l'autoaccettazione della propria identità (il primo scoglio che Anna deve superare, giacché inizialmente non si apprezza e soffre per questo motivo), la crescita personale e gli affetti, i quali possono trascendere i legami di sangue e i meri interessi personali (il caso di Matthew e Marilla).
Le musiche di "Akage no Anne" s'integrano perfettamente con l'aspetto visuale dell'opera, e la sigla d'apertura originale giapponese rispecchia benissimo la personalità sognante e passionale del maestro Isao Takahata.
Una particolarità della serie è che essa è troppo breve: la qualità è così alta e le atmosfere sono così coinvolgenti che cinquanta puntate sono addirittura poche, e personalmente ne avrei gradite almeno il doppio, contando anche il fatto che nei successivi romanzi della Montgomery la storia di Anna continua, suppure con sviluppi abbastanza telefonati che non aggiungono nulla di essenziale alla dolce, preziosa e commovente serie animata.
La caratterizzazione di Anna è la prima cosa che colpisce lo spettatore: la sua personalità è indubbiamente quella di una poetessa: già nel suo delirante discorso iniziale con Matthew - un contadino introverso e misogino, il quale è andato a prenderla alla stazione al fine di presentarla all'austera sorella Marilla - traspare una grande immaginazione, un intelligenza molto sottile, una spiccata sensibilità. Mentre parla con fare molto eloquente al vecchio taciturno, la bambina attribuisce a ogni magnifico elemento dello scenario delle campagne di Avolnea un nome romantico e sostanziale, proprio come se vivesse in un sogno; durante il viaggio in calesse i suoi occhi sgranati sono colmi di stupore e di meraviglia per la vita. "Il Lago dalle Acque Splendenti", "Il Bosco degli Innamorati", gli spiritelli degli alberi e delle piante, i quali svolazzano, si posano su di lei e l'accarezzano; ed ecco che Takahata imprime nel suo primo grande capolavoro tutta la sua passione per lo shintoismo, plasmandola con intensi e leggeri tocchi di poesia, riuscendo a trasmettere allo spettatore le stesse meravigliose sensazioni di Anna.
Una volta giunta al "Tetto Verde", la fattoria di Matthew e Marilla, la piccola orfana verrà accolta con freddezza dall'austera proprietaria, la quale si aspettava un maschio in grado di aiutare Matthew nel pesante lavoro agricolo. Ma in poco tempo anche la fredda donna di casa, allo stesso modo di Matthew, si affezionerà alla bambina. Deciderà di tenerla con sé, di mandarla a scuola e di crescerla come una figlia. E' proprio così che ha inizio il grande viaggio di formazione di Anna, con tutti i mutamenti e i traguardi ad esso annessi: dalla nascita del sincero rapporto di amicizia con la piccola e dolce Diana alla ricerca del compromesso tra la realtà adulta e la fanciullesca fantasia, sino all'inevitabile arrivo della grande decisione finale, che simboleggerà l'effettiva maturazione della protagonista.
In "Akage no Anne" i personaggi, i paesaggi, le sensazioni e i dialoghi sono resi in modo magistrale. Il coinvolgimento è immediato, e ogni singolo elemento, anche il più banale, contribuisce a creare il mood unico dell'opera. Tutto s'incastra con grande precisione, formando un intenso mosaico il quale, una volta terminato, lascia un grande vuoto dietro di sé. I comprimari, allo stesso modo di Anna, sono studiati minuziosamente nei dettagli e nelle psicologie: si assiste al livello più alto di caratterizzazione dei personaggi possibile in un anime, ovvero quello in cui pare ch'essi prendano vita, incuranti della finzione intrinseca propria del mezzo animato nel quale si muovono.
I giochi di Anna con la sua amica del cuore Diana, nel suggestivo bosco di campagna; le gaie corse nei campi in fiore; il ciondolare sull'altalena in riva al lago, osservando i suggestivi colori del tramonto; i pesanti giorni di studio, coadiuvati dall'atmosfera frizzante della scuola e dall'accesa rivalità con Gilbert Blythe, ragazzo che ha attirato su di sé l'amore/odio di Anna, da una parte seducendola con il suo talento e dall'altra ferendola nel suo smisurato orgoglio. Ed ecco che numerose vicende quotidiane apparentemente banali s'incrociano tra loro, s'influenzano, risuonano nella quiete dando origine all'agrodolce vita della protagonista; anzi, della vita in sé stessa: quella cosa preziosa in cui sono fondamentali l'autoaccettazione della propria identità (il primo scoglio che Anna deve superare, giacché inizialmente non si apprezza e soffre per questo motivo), la crescita personale e gli affetti, i quali possono trascendere i legami di sangue e i meri interessi personali (il caso di Matthew e Marilla).
Le musiche di "Akage no Anne" s'integrano perfettamente con l'aspetto visuale dell'opera, e la sigla d'apertura originale giapponese rispecchia benissimo la personalità sognante e passionale del maestro Isao Takahata.
Una particolarità della serie è che essa è troppo breve: la qualità è così alta e le atmosfere sono così coinvolgenti che cinquanta puntate sono addirittura poche, e personalmente ne avrei gradite almeno il doppio, contando anche il fatto che nei successivi romanzi della Montgomery la storia di Anna continua, suppure con sviluppi abbastanza telefonati che non aggiungono nulla di essenziale alla dolce, preziosa e commovente serie animata.
I "bruttissimi" capelli rossi di Anna Shirley, simili a un cespuglio, non sono certo il fulcro di questo meraviglioso anime, ma rappresentano bene la vanità femminile, ed è uno dei ricordi più simpatici che posso avere di questa serie animata.
Ovviamente quando ho visto per la prima volta "Akage no Anne" ignoravo il nome giapponese, ignoravo che fosse giapponese, e che il regista fosse Isao Takahata, anche perché non leggevo mai i titoli di testa o di coda, impegnato come ero a canticchiare l'orecchiabile e delicata canzone d'apertura.
Poi si cresce, si fa quello che l'anime racconta, e ci si ritrova a guardare l'intera serie prima di andare a lavoro, o la sera, dopo averla registrata, e a godere della sua modernità, dei suoi disegni, delle musiche, di un doppiaggio davvero ben fatto e completo, con tutto quello che questo può voler dire in un anime che ha, occhio e croce, la mia età.
Così ci si immerge di nuovo in quella crescita interiore, esteriore, morale e fisica, che la protagonista, sognatrice di difficile paragone quanto realizzatrice dei propri sogni, vive durante tutti il ciclo di questa bella e fedele trasposizione del romanzo di Lucy Maud Montgomery. Una trasposizione in cui gli occhi della piccola Anna crescono in un mondo disegnato con leggerezza, là dove i ciliegi in fiore danno il benvenuto alla Casa dal Tetto Verde, e la natura contempla e segue ogni avventura che la nostra eroina potrà vivere o sognare.
Il tutto per tratteggiare il complesso carattere di una ragazzina che cresce, che matura, che vive le emozioni di una donna dell'epoca, e che al tempo stesso emerge dalla massa, in un risveglio femminista mai eccessivo e sempre consapevole. Un "vero" femminismo che non mira a dimostrare l'uguaglianza dei due sessi, ma a sottolineare le differenze, i pregi e i difetti dell'uno e dell'altro, giungendo alla fine alla consapevolezza che sia l'uno sia l'altra possono giungere allo stesso livello pur partendo da diversi punti.
Le immagini mai sfociano nella volgarità, nell'eccesso, mai si scade nella monotonia o nel banale, lasciando la vita scorrere davanti allo schermo in quel susseguirsi d'emozioni e pensieri tipici d'un epoca ancora non del tutto industrializzata e, permettetemi, più a misura d'uomo (o donna…), in cui il tempo fa da accompagnatore alla vita, e non da limitatore.
In questo contesto il mondo di Avonlea si estranea dalla realtà moderna, e trasporta in una sorta di mondo parallelo rurale e delizioso, quanto estraneo a chi, come me all'epoca, viveva in appartamento.
La fantasia, la voglia di riscossa, la grande intelligenza legata al grandissimo orgoglio, fanno di Anna un personaggio complesso, chiacchierone, gioviale, grata alla vita della vita, infinitamente in debito con le persone che l'hanno adottata e che la tratteranno sempre più come una figlia, fino a comprendere come una semplice bambina abbia totalmente cambiato la loro vita. E' un tornado, Anna, di quelli che lasciano dietro non macerie ma fiori, il cui modo di vivere cambierà la realtà che ha intorno, e in cui i sogni si realizzeranno, lottando, crescendo, incantando.
"Anna dai capelli rossi" è un anime da vedere, che mi ha commosso, e che continua a commuovermi anche ora che mi sono accinto, a distanza di tempo, a recensirlo.
Ovviamente quando ho visto per la prima volta "Akage no Anne" ignoravo il nome giapponese, ignoravo che fosse giapponese, e che il regista fosse Isao Takahata, anche perché non leggevo mai i titoli di testa o di coda, impegnato come ero a canticchiare l'orecchiabile e delicata canzone d'apertura.
Poi si cresce, si fa quello che l'anime racconta, e ci si ritrova a guardare l'intera serie prima di andare a lavoro, o la sera, dopo averla registrata, e a godere della sua modernità, dei suoi disegni, delle musiche, di un doppiaggio davvero ben fatto e completo, con tutto quello che questo può voler dire in un anime che ha, occhio e croce, la mia età.
Così ci si immerge di nuovo in quella crescita interiore, esteriore, morale e fisica, che la protagonista, sognatrice di difficile paragone quanto realizzatrice dei propri sogni, vive durante tutti il ciclo di questa bella e fedele trasposizione del romanzo di Lucy Maud Montgomery. Una trasposizione in cui gli occhi della piccola Anna crescono in un mondo disegnato con leggerezza, là dove i ciliegi in fiore danno il benvenuto alla Casa dal Tetto Verde, e la natura contempla e segue ogni avventura che la nostra eroina potrà vivere o sognare.
Il tutto per tratteggiare il complesso carattere di una ragazzina che cresce, che matura, che vive le emozioni di una donna dell'epoca, e che al tempo stesso emerge dalla massa, in un risveglio femminista mai eccessivo e sempre consapevole. Un "vero" femminismo che non mira a dimostrare l'uguaglianza dei due sessi, ma a sottolineare le differenze, i pregi e i difetti dell'uno e dell'altro, giungendo alla fine alla consapevolezza che sia l'uno sia l'altra possono giungere allo stesso livello pur partendo da diversi punti.
Le immagini mai sfociano nella volgarità, nell'eccesso, mai si scade nella monotonia o nel banale, lasciando la vita scorrere davanti allo schermo in quel susseguirsi d'emozioni e pensieri tipici d'un epoca ancora non del tutto industrializzata e, permettetemi, più a misura d'uomo (o donna…), in cui il tempo fa da accompagnatore alla vita, e non da limitatore.
In questo contesto il mondo di Avonlea si estranea dalla realtà moderna, e trasporta in una sorta di mondo parallelo rurale e delizioso, quanto estraneo a chi, come me all'epoca, viveva in appartamento.
La fantasia, la voglia di riscossa, la grande intelligenza legata al grandissimo orgoglio, fanno di Anna un personaggio complesso, chiacchierone, gioviale, grata alla vita della vita, infinitamente in debito con le persone che l'hanno adottata e che la tratteranno sempre più come una figlia, fino a comprendere come una semplice bambina abbia totalmente cambiato la loro vita. E' un tornado, Anna, di quelli che lasciano dietro non macerie ma fiori, il cui modo di vivere cambierà la realtà che ha intorno, e in cui i sogni si realizzeranno, lottando, crescendo, incantando.
"Anna dai capelli rossi" è un anime da vedere, che mi ha commosso, e che continua a commuovermi anche ora che mi sono accinto, a distanza di tempo, a recensirlo.
Un'opera, un anime in questo caso, non ha necessariamente bisogno di robottoni di 50 metri che se le danno di santa ragione, di tizi che sparano urla e raggi gamma dalle mani o di ambientazioni scolastiche in cui tutto è bello e buono e magari con un albero di ciliegi dotato di perenne caduta di petali per essere eccezionale. 'Anna dai capelli rossi' non possiede d'altronde nessuna delle particolarità sopracitate, eppure lo reputo più deprimente di qualsiasi altra opera da me visionata, ma andiamo con ordine.
La storia proviene da un libro di Lucy M. Montgomery risalente al 1908 e tratta di una bambina orfana di nome Anna che va a vivere nella casa di due coniugi anziani ed economicamente non proprio agiati. Le vicende che verranno a crearsi si svolgeranno nella più tranquilla e relativa quotidianità fino al raggiungimento dell'età adulta da parte della piccola Anna. In fin dei conti si potrebbe quasi definire uno slice of life con elementi drammatici e sentimentali.
Passiamo dunque alle particolarità: l'anime per intero, visto con gli occhi di un bambino, è di una noia letale. Mantenere la concentrazione e la calma durante la visione di questa serie di 50 episodi è uno sforzo titanico, non esagero. Ora in molti si chiederanno ovviamente "Se ti annoiava cosi tanto perché lo ha visionato?", e io rispondo, per la stessa motivazione per la quale mi sono trovato costretto a visionare molti altri anime. Perché sulla tv statale non veniva trasmesso altro, e ora che ci penso sarebbe stato meglio leggermi un libro o fare una passeggiata, ma ero piccolo al tempo.
La serie ha suscitato in me, nonostante la giovane età al tempo, un forte stato depressivo e sconfortante. Visionare un anime dalle sfaccettature cosi drammatiche e in alcuni frangenti troppo esasperate come lo è 'Anna dai capelli rossi' è stato per me quasi un trauma. Avrei voglia di fare del sarcasmo in questa recensione, ma l'opera recensita stessa me lo impedisce! Il finale, che ovviamente non svelerò, è un calcio nei gioielli di famiglia.
E' un anime degli anni '80 quindi a prescindere tecnicamente non bisogna aspettarsi effetti speciali o disegni iperrealistici. Gli sfondi bisogna ammettere che non sono affatto male, mentre il tratto dei personaggi lascia un po' a desiderare ma, ricordandone l'anno di distribuzione, non intendo soffermarmici troppo. Il comparto audio è poco invasivo e relativamente leggero, mentre il doppiaggio risulta decisamente buono.
Per concludere, 'Anna dai capelli rossi' a me non ha lasciato niente di buono, non ho per niente un bel ricordo di quest'anime, mi deprimeva, mi annoiava, mi angosciava e irritava. Un po' ovunque si leggono tanti bei paroloni su questa serie definita come una perla dell'animazione o come un'opera imperdibile, e sono certo di risultare fuori dal coro, ma le minoranze persistono in relazione a ogni opera e questa non fa eccezione.
La storia proviene da un libro di Lucy M. Montgomery risalente al 1908 e tratta di una bambina orfana di nome Anna che va a vivere nella casa di due coniugi anziani ed economicamente non proprio agiati. Le vicende che verranno a crearsi si svolgeranno nella più tranquilla e relativa quotidianità fino al raggiungimento dell'età adulta da parte della piccola Anna. In fin dei conti si potrebbe quasi definire uno slice of life con elementi drammatici e sentimentali.
Passiamo dunque alle particolarità: l'anime per intero, visto con gli occhi di un bambino, è di una noia letale. Mantenere la concentrazione e la calma durante la visione di questa serie di 50 episodi è uno sforzo titanico, non esagero. Ora in molti si chiederanno ovviamente "Se ti annoiava cosi tanto perché lo ha visionato?", e io rispondo, per la stessa motivazione per la quale mi sono trovato costretto a visionare molti altri anime. Perché sulla tv statale non veniva trasmesso altro, e ora che ci penso sarebbe stato meglio leggermi un libro o fare una passeggiata, ma ero piccolo al tempo.
La serie ha suscitato in me, nonostante la giovane età al tempo, un forte stato depressivo e sconfortante. Visionare un anime dalle sfaccettature cosi drammatiche e in alcuni frangenti troppo esasperate come lo è 'Anna dai capelli rossi' è stato per me quasi un trauma. Avrei voglia di fare del sarcasmo in questa recensione, ma l'opera recensita stessa me lo impedisce! Il finale, che ovviamente non svelerò, è un calcio nei gioielli di famiglia.
E' un anime degli anni '80 quindi a prescindere tecnicamente non bisogna aspettarsi effetti speciali o disegni iperrealistici. Gli sfondi bisogna ammettere che non sono affatto male, mentre il tratto dei personaggi lascia un po' a desiderare ma, ricordandone l'anno di distribuzione, non intendo soffermarmici troppo. Il comparto audio è poco invasivo e relativamente leggero, mentre il doppiaggio risulta decisamente buono.
Per concludere, 'Anna dai capelli rossi' a me non ha lasciato niente di buono, non ho per niente un bel ricordo di quest'anime, mi deprimeva, mi annoiava, mi angosciava e irritava. Un po' ovunque si leggono tanti bei paroloni su questa serie definita come una perla dell'animazione o come un'opera imperdibile, e sono certo di risultare fuori dal coro, ma le minoranze persistono in relazione a ogni opera e questa non fa eccezione.
Anna dai capelli rossi è un meisaku del 1979 tratto dal primo romanzo, di cui porta lo stesso titolo, di una lunga saga scritta da Lucy Maud Montgomery.
La storia si svolge ad Avonlea, nell'isola di Prince Edward, in Canada. Matthew Cuthberth va alla stazione: lui e sua sorella Marilla, che vivono soli, non essendosi mai sposati, hanno deciso di adottare un bambino che possa aiutare lui, ormai anziano, nei lavori pesanti nei campi. Ma a causa di un equivoco invece del bambino richiesto arriva Anna, una bambina dai capelli rossi, magrolina e da una parlantina incredibile. Matthew prova subito una grande simpatia per Anna; al contrario Marilla, pur provando pena per lei, pare decisa a chiarire le loro vere esigenze e a rimandarla subito indietro. Tuttavia alla fine la sua umanità ha la meglio e acconsente anche lei a tenerla in casa, l'aiuterà nelle faccende, le impartirà un'educazione e la manderà a scuola.
Per Anna inizia una nuova vita e piano piano anche per Matthew e Marilla diventerà impossibile immaginare la loro vita senza di lei.
Ho sempre adorato quest'anime, ma ora che in incredibile ritardo sono finalmente riuscita a trovare il romanzo e lo sto leggendo, lo apprezzo ancora di più. Leggendo il romanzo rivedo esattamente l'anime, che è fedelissimo alla storia originale della Motgomery - almeno finora, sono arrivata a leggere fino al capitolo della recita scolastica di Natale. E' fedele in tutto e per tutto, eventi, caratterizzazione dei personaggi, forse cambia solo qualche piccolo dettaglio sui vestiti (per es. Anna entra in Chiesa per la prima volta con un abito a quadretti e non tutto nero).
Il doppiaggio mi piace molto, Anna è doppiata da Antonella Baldini, ma tutto il cast è perfetto. Per non parlare del bellissimo character design e dei fondali: stupendi.
D'altra parte la perfezione è ovvia considerando che questo anime è frutto del genio di Takahata e di Miyazaki, e Anna è uno dei miei meisaku preferiti, che rivedo volentieri ogni volta che è replicato. Voto 10 e lode.
La storia si svolge ad Avonlea, nell'isola di Prince Edward, in Canada. Matthew Cuthberth va alla stazione: lui e sua sorella Marilla, che vivono soli, non essendosi mai sposati, hanno deciso di adottare un bambino che possa aiutare lui, ormai anziano, nei lavori pesanti nei campi. Ma a causa di un equivoco invece del bambino richiesto arriva Anna, una bambina dai capelli rossi, magrolina e da una parlantina incredibile. Matthew prova subito una grande simpatia per Anna; al contrario Marilla, pur provando pena per lei, pare decisa a chiarire le loro vere esigenze e a rimandarla subito indietro. Tuttavia alla fine la sua umanità ha la meglio e acconsente anche lei a tenerla in casa, l'aiuterà nelle faccende, le impartirà un'educazione e la manderà a scuola.
Per Anna inizia una nuova vita e piano piano anche per Matthew e Marilla diventerà impossibile immaginare la loro vita senza di lei.
Ho sempre adorato quest'anime, ma ora che in incredibile ritardo sono finalmente riuscita a trovare il romanzo e lo sto leggendo, lo apprezzo ancora di più. Leggendo il romanzo rivedo esattamente l'anime, che è fedelissimo alla storia originale della Motgomery - almeno finora, sono arrivata a leggere fino al capitolo della recita scolastica di Natale. E' fedele in tutto e per tutto, eventi, caratterizzazione dei personaggi, forse cambia solo qualche piccolo dettaglio sui vestiti (per es. Anna entra in Chiesa per la prima volta con un abito a quadretti e non tutto nero).
Il doppiaggio mi piace molto, Anna è doppiata da Antonella Baldini, ma tutto il cast è perfetto. Per non parlare del bellissimo character design e dei fondali: stupendi.
D'altra parte la perfezione è ovvia considerando che questo anime è frutto del genio di Takahata e di Miyazaki, e Anna è uno dei miei meisaku preferiti, che rivedo volentieri ogni volta che è replicato. Voto 10 e lode.
Anna dai capelli rossi è un grande classico del genere meisaku che tutti conoscono. Ciò nonostante, io sono riuscito a vederlo solo l'anno scorso. Il motivo è che quando è stato trasmesso per la prima volta in TV, tanti e tanti anni fa, io ero in quella fase in cui dicevo "Bah, sono troppo grande per guardare questi cartoni da bambine!". All'epoca preferivo guardare i robottoni, "Anna" lo lasciavo vedere a mia madre e al mio fratellino minore. Adesso che sono cresciuto le cose sono cambiate. Mi sono ritrovato con una moglie appassionata di meisaku e così ultimamente ce ne siamo sciroppati una quantità, recuperando anche tutti quelli che avevo perso durante l'infanzia.
Devo dire che adesso ho rivalutato moltissimo il genere, che si presta a essere visto anche dagli adulti, certamente molto di più dei robottoni. In particolare "Anna dai capelli rossi" è un anime di eccezionale fattura, con disegni e animazioni ancora molto valide, anche dopo trent'anni. La trama e i personaggi poi sono perfetti e molto più adulti di quanto pensassi. Ammetterò che non mi aspettavo che fosse così triste e sono stato colto di sorpresa da vari avvenimenti tragici - leggi mi sono commosso e mi è pure scesa la lacrimuccia, accidenti! Il finale poi è stato del tutto sorprendente: sarebbe assolutamente impensabile con la mentalità di adesso.
È per questo che è importante continuare a vedere gli anime, e non solo, del passato, perché ci mettono davanti agli occhi i pregiudizi della nostra epoca. Per quanto anche adesso esistano degli anime tristi, i classici di trenta-quaranta anni fa per me sono imbattibili, con la morte che fa capolino quasi in ogni puntata. Sono anche curioso di vedere il nuovissimo prequel di Anna, trasmesso in TV poco tempo fa. Questi sono classici intramontabili ed è bene che vengano riproposti alle nuove generazioni.
Devo dire che adesso ho rivalutato moltissimo il genere, che si presta a essere visto anche dagli adulti, certamente molto di più dei robottoni. In particolare "Anna dai capelli rossi" è un anime di eccezionale fattura, con disegni e animazioni ancora molto valide, anche dopo trent'anni. La trama e i personaggi poi sono perfetti e molto più adulti di quanto pensassi. Ammetterò che non mi aspettavo che fosse così triste e sono stato colto di sorpresa da vari avvenimenti tragici - leggi mi sono commosso e mi è pure scesa la lacrimuccia, accidenti! Il finale poi è stato del tutto sorprendente: sarebbe assolutamente impensabile con la mentalità di adesso.
È per questo che è importante continuare a vedere gli anime, e non solo, del passato, perché ci mettono davanti agli occhi i pregiudizi della nostra epoca. Per quanto anche adesso esistano degli anime tristi, i classici di trenta-quaranta anni fa per me sono imbattibili, con la morte che fa capolino quasi in ogni puntata. Sono anche curioso di vedere il nuovissimo prequel di Anna, trasmesso in TV poco tempo fa. Questi sono classici intramontabili ed è bene che vengano riproposti alle nuove generazioni.
Credo che chiunque di noi da bambino abbia visto qualche episodio di Anna dai capelli rossi senza essere consapevole dello spessore dell'opera. Recentemente ho avuto l'occasione di potermi gustare tutte le puntate con calma e rimanere colpito dall'altissimo livello espressivo ed educativo della serie. A mio parere e' semplicemente un capolavoro e rientra a tutti gli effetti fra i migliori anime di tutti i tempi. A molti puo' sembrare eccessivo come giudizio, in fondo qui il tema trattato non e' una storia d'amore travolgente, ne' la salvezza della terra dall'attacco di forze crudeli, ne' intrighi politici o fantascientifici. Non c'e' neanche la presenza di scene di sangue, ne' violenza, ne' guerre, ne' robot o elementi fantasy o di tipo sovrannaturale. Tutta la storia ruota attorno alla figura di una bambina orfana di nome Anna che finisce per sbaglio nella casa dei signori Marilla e Matthew Cathbert che vivono abbastanza defilati nella casa chiamata Green Gables nel paese di Avonlea. Da qui in poi verranno narrate tutte le vicende fino alla fine della adolescenza con un ritmo lento ma non noioso, anzi che mantiene sempre viva l'attenzione.
La storia originale e' tratta dal libro di Lucy M. Montgomery, una scrittrice canadese che ha avuto molto successo anche con i seguiti. A dirigere la serie animata c'e' il grande Isao Takahata che porta tutta la sua poesia e la sua maturita' artistica; in piu' c'e' la presenza di Hayao Miyazaki che si occupa del layout dei primi quindici episodi. E non dimentichiamo anche Yoshifumi Kondô ( il futuro regista dello splendido Whisper of the heart dello Studio Ghibli) che ricopre il doppio ruolo di caracter design e di animation director. E non e' finita!
C'e' pure Yoshiyuki Tomino, il creatore della saga di Gundam, che si occupa dello storyboard di alcuni episodi. In definitiva dietro questa serie c'e' un vero cast stellare che ha segnato profondamente l'animazione in Giappone. Prodotta dalla mitica Nippon Animation questa serie rientra nel genere World Masterpiece Theater. Questa e' una linea di serie di animazione televisive della Nippon Animation iniziata nel 1974 che si basano su classici della letteratura per bambini. Questo anime rientra anche nel filone dei romanzi di formazione, infatti il carattere educativo della serie e' spiccato e intelligente ed ad altissimi livelli. All'inizio Anna sarà una bambina dolce, curiosa, socievole, fantasiosa, sempre in cerca di guai; poi lentamente assistiamo alla sua crescita fisica, caratteriale e psicologica fino a vederla ormai donna. Affrontera' i temi centrali della vita': l'amicizia con la sua vicina di casa Diana Berry, l'amore paterno di Matthiew Cuthbert, lo spirito di appartenenza alla comunità di Avonlea, la morte di una persona cara, la malattia e il suo sogno di poter diventare insegnante dando alla sua figura di donna uno spirito di emancipazione in anticipo sui tempi, e l'amore per la vita nonostante tutti gli ostacoli che si incontrerà.
La puntata conclusiva e' una piccola gemma, le frasi che Anna scrive nel suo diario sono un obiettivo che auguro di raggiungere a ognuno di noi. Questa serie non e' stata fatta con criteri commerciali dove conta il merchandising o dove i personaggi sono stereotipati o dove si estremizzano i "buoni" da un lato e i "cattivi" dall'altro, e' semplicemente una storia dove il protagonista potrebbe essere uno di noi. Quando qualcuno mi chiede quali sono le mie serie d'animazione preferite, Anna dai capelli rossi rientra sempre nella ristretta cerchia di anime imperdibili.
Una nota di merito per il doppiaggio italiano veramente riuscito alla perfezione in tutti i ruoli dei personaggi presenti nella serie compreso il narratore.
Un commento breve sulle musiche: sono molto belle e un po' tristi, a dire il vero sono un po' sacrificate nel doppiaggio italiano.
Consiglio, a chi piace, di comprarsi o il singolo cd in edizione economica TV Original BGM Collection: Anne Of Green Gables oppure il cofanetto con tutte le musiche ANNE OF GREEN GABLES - Omoide Ongaku Kan - Complete Edition.
La serie d'animazione e' pubblicata in Italia dalla Dolmen in 10 dvd con solo audio italiano, in sostanza in edizione spartana.
La storia originale e' tratta dal libro di Lucy M. Montgomery, una scrittrice canadese che ha avuto molto successo anche con i seguiti. A dirigere la serie animata c'e' il grande Isao Takahata che porta tutta la sua poesia e la sua maturita' artistica; in piu' c'e' la presenza di Hayao Miyazaki che si occupa del layout dei primi quindici episodi. E non dimentichiamo anche Yoshifumi Kondô ( il futuro regista dello splendido Whisper of the heart dello Studio Ghibli) che ricopre il doppio ruolo di caracter design e di animation director. E non e' finita!
C'e' pure Yoshiyuki Tomino, il creatore della saga di Gundam, che si occupa dello storyboard di alcuni episodi. In definitiva dietro questa serie c'e' un vero cast stellare che ha segnato profondamente l'animazione in Giappone. Prodotta dalla mitica Nippon Animation questa serie rientra nel genere World Masterpiece Theater. Questa e' una linea di serie di animazione televisive della Nippon Animation iniziata nel 1974 che si basano su classici della letteratura per bambini. Questo anime rientra anche nel filone dei romanzi di formazione, infatti il carattere educativo della serie e' spiccato e intelligente ed ad altissimi livelli. All'inizio Anna sarà una bambina dolce, curiosa, socievole, fantasiosa, sempre in cerca di guai; poi lentamente assistiamo alla sua crescita fisica, caratteriale e psicologica fino a vederla ormai donna. Affrontera' i temi centrali della vita': l'amicizia con la sua vicina di casa Diana Berry, l'amore paterno di Matthiew Cuthbert, lo spirito di appartenenza alla comunità di Avonlea, la morte di una persona cara, la malattia e il suo sogno di poter diventare insegnante dando alla sua figura di donna uno spirito di emancipazione in anticipo sui tempi, e l'amore per la vita nonostante tutti gli ostacoli che si incontrerà.
La puntata conclusiva e' una piccola gemma, le frasi che Anna scrive nel suo diario sono un obiettivo che auguro di raggiungere a ognuno di noi. Questa serie non e' stata fatta con criteri commerciali dove conta il merchandising o dove i personaggi sono stereotipati o dove si estremizzano i "buoni" da un lato e i "cattivi" dall'altro, e' semplicemente una storia dove il protagonista potrebbe essere uno di noi. Quando qualcuno mi chiede quali sono le mie serie d'animazione preferite, Anna dai capelli rossi rientra sempre nella ristretta cerchia di anime imperdibili.
Una nota di merito per il doppiaggio italiano veramente riuscito alla perfezione in tutti i ruoli dei personaggi presenti nella serie compreso il narratore.
Un commento breve sulle musiche: sono molto belle e un po' tristi, a dire il vero sono un po' sacrificate nel doppiaggio italiano.
Consiglio, a chi piace, di comprarsi o il singolo cd in edizione economica TV Original BGM Collection: Anne Of Green Gables oppure il cofanetto con tutte le musiche ANNE OF GREEN GABLES - Omoide Ongaku Kan - Complete Edition.
La serie d'animazione e' pubblicata in Italia dalla Dolmen in 10 dvd con solo audio italiano, in sostanza in edizione spartana.
<b>ATTENZIONE! CONTIENE SPOILER!</b>
E' sempre poco naturale, per un ragazzo, entrare in sintonia con un serie che si presuppone essere diretta a un target femminile. Se questo è quasi sempre vero per un pubblico infantile, non lo è altrettanto per un pubblico adolescenziale. Ed è qui che sta la differenza tra un capolavoro e una produzione commerciale. La seconda non riesce a sfondare i propri limiti, mostra a un pubblico predeterminato ciò che esso desidera, con tutti gli stereotipi e i luoghi comuni del caso per minimizzare i rischi. La prima, invece, rompe gli schemi, trascende il solo fattore economico per elevarsi e raggiungere quel ristretto spazio artistico che divide il prodotto dall'opera. E "Anna dai capelli rossi" è un'opera universale il cui valore rimarrà intatto per sempre. Capace di coinvolgere chiunque abbia un minimo di curiosità artistica e culturale, di maturità psicologica e di sensibilità.
L'immedesimazione poi è relativa, e riesce fino a un certo punto per uno spettatore maschile, come il sottoscritto. Ma, nonostante il naturale distacco, si riesce comunque a creare un legame empatico solidissimo con la protagonista e con i comprimari (a patto di guardarlo con lo spirito giusto, ovvio che a una visione distratta e annoiata questo non accade).
Da un punto di vista visivo l'anime mantiene fresca la sua qualità, che non sembra venire minimamente intaccata dagli anni. Le ambientazioni, i fondali sono un vero e proprio sogno a occhi aperti e ricreano un'atmosfera perennemente idilliaca, fin troppo invidiabile: bianchi viali delle delizie, laghi dalle acque splendenti, ma anche ville e stanze ottocentesche, sempre sobrie, spaziose ed eleganti al punto giusto. La regia non lesina sequenze di alto valore artistico, e questo già dalle prime puntate - magnifica ho trovato la scena del primo episodio con Matthew e Anna alla stazione, seduti a pochi passi di distanza, in silente attesa e inconsapevoli del disguido. E se la qualità tecnica è ineccepibile, il meglio deve ancora arrivare. E' l'introspezione psicologica dei personaggi a sorprendere più di tutto. Anna, Marilla e Matthew sono tra i personaggi meglio caratterizzati che abbia mai visto: sempre credibili nei loro atteggiamenti, mai banali o didascalici nei loro messaggi - espliciti e impliciti -, naturali nelle loro reazioni alle gioie e ai dolori della vita, nel loro umore variabile, nei loro sensi di colpa, e chi più ne ha più ne metta. Anche la radicale trasformazione psicologica di Anna, dal 37° episodio (ormai quindicenne), che, di primo acchito, può lasciare l'amaro in bocca, si dimostra una scelta coraggiosa e molto intelligente. Anna non condivide più le proprie riflessioni, i propri pensieri con nessuno, nemmeno con lo spettatore. Anna diventa padrona di se stessa. Ma la maturità di Anna, che può sembrare un semplice espediente, diventa tangibile in quei piccoli momenti di debolezza - quando, appena giunta a Charlettown, la sua determinazione crolla e, colpita da una forte nostalgia, ritrova la forza e il piacere di sfogarsi, di piangere come da bambina, anche se per qualche secondo - e di confusione - quando, dopo il decesso di Matthew, non riesce a versare lacrime, sente un senso di vuoto e di straniamento sconosciuto e doloroso che riempirà solo la notte successiva al funerale.
Si potrebbero elogiare altri aspetti di questa serie, come: la narrazione dai risvolti mai prevedibili (vedi Diana che non prosegue gli studi), l'incipit incalzante (Marilla che rifiuta l'adozione), il ripudio di sequenze pompose e strappalacrime (caratteristiche del genere) in favore di un clima più leggero, ma carico di pathos e pervaso di malinconia. Vedi la fine del club del racconto e l'anniversario del primo anno di permanenza di Anna in casa Cultbert. Serve altro? Nove.
E' sempre poco naturale, per un ragazzo, entrare in sintonia con un serie che si presuppone essere diretta a un target femminile. Se questo è quasi sempre vero per un pubblico infantile, non lo è altrettanto per un pubblico adolescenziale. Ed è qui che sta la differenza tra un capolavoro e una produzione commerciale. La seconda non riesce a sfondare i propri limiti, mostra a un pubblico predeterminato ciò che esso desidera, con tutti gli stereotipi e i luoghi comuni del caso per minimizzare i rischi. La prima, invece, rompe gli schemi, trascende il solo fattore economico per elevarsi e raggiungere quel ristretto spazio artistico che divide il prodotto dall'opera. E "Anna dai capelli rossi" è un'opera universale il cui valore rimarrà intatto per sempre. Capace di coinvolgere chiunque abbia un minimo di curiosità artistica e culturale, di maturità psicologica e di sensibilità.
L'immedesimazione poi è relativa, e riesce fino a un certo punto per uno spettatore maschile, come il sottoscritto. Ma, nonostante il naturale distacco, si riesce comunque a creare un legame empatico solidissimo con la protagonista e con i comprimari (a patto di guardarlo con lo spirito giusto, ovvio che a una visione distratta e annoiata questo non accade).
Da un punto di vista visivo l'anime mantiene fresca la sua qualità, che non sembra venire minimamente intaccata dagli anni. Le ambientazioni, i fondali sono un vero e proprio sogno a occhi aperti e ricreano un'atmosfera perennemente idilliaca, fin troppo invidiabile: bianchi viali delle delizie, laghi dalle acque splendenti, ma anche ville e stanze ottocentesche, sempre sobrie, spaziose ed eleganti al punto giusto. La regia non lesina sequenze di alto valore artistico, e questo già dalle prime puntate - magnifica ho trovato la scena del primo episodio con Matthew e Anna alla stazione, seduti a pochi passi di distanza, in silente attesa e inconsapevoli del disguido. E se la qualità tecnica è ineccepibile, il meglio deve ancora arrivare. E' l'introspezione psicologica dei personaggi a sorprendere più di tutto. Anna, Marilla e Matthew sono tra i personaggi meglio caratterizzati che abbia mai visto: sempre credibili nei loro atteggiamenti, mai banali o didascalici nei loro messaggi - espliciti e impliciti -, naturali nelle loro reazioni alle gioie e ai dolori della vita, nel loro umore variabile, nei loro sensi di colpa, e chi più ne ha più ne metta. Anche la radicale trasformazione psicologica di Anna, dal 37° episodio (ormai quindicenne), che, di primo acchito, può lasciare l'amaro in bocca, si dimostra una scelta coraggiosa e molto intelligente. Anna non condivide più le proprie riflessioni, i propri pensieri con nessuno, nemmeno con lo spettatore. Anna diventa padrona di se stessa. Ma la maturità di Anna, che può sembrare un semplice espediente, diventa tangibile in quei piccoli momenti di debolezza - quando, appena giunta a Charlettown, la sua determinazione crolla e, colpita da una forte nostalgia, ritrova la forza e il piacere di sfogarsi, di piangere come da bambina, anche se per qualche secondo - e di confusione - quando, dopo il decesso di Matthew, non riesce a versare lacrime, sente un senso di vuoto e di straniamento sconosciuto e doloroso che riempirà solo la notte successiva al funerale.
Si potrebbero elogiare altri aspetti di questa serie, come: la narrazione dai risvolti mai prevedibili (vedi Diana che non prosegue gli studi), l'incipit incalzante (Marilla che rifiuta l'adozione), il ripudio di sequenze pompose e strappalacrime (caratteristiche del genere) in favore di un clima più leggero, ma carico di pathos e pervaso di malinconia. Vedi la fine del club del racconto e l'anniversario del primo anno di permanenza di Anna in casa Cultbert. Serve altro? Nove.
Oltre a essere uno dei pezzi più preziosi della famosa collana della Nippon Animation, dedicata alla letteratura per ragazzi, Akage no Anne è anche una delle più fedeli trasposizioni televisive dell'omonimo romanzo di Lucy Maud Montgomery. Takahata è abilissimo nel mantenere intatta la struttura del racconto originale e si appropria con estrema naturalezza dei personaggi, rendendoli incredibilmente delineati e intensi. Ispirato da quell'ideale di animazione matura e realistica che diventerà la bandiera dello studio Ghibli, infonde il soffio vitale ai propri disegni, trasformandoli in una delicata poesia per immagini. La città di Avonlea prende vita come un bassorilievo investito dalla luce. Animata da colori caldi e avvolgenti esplode in tutta la sua vivacità nelle scene ambientate d'estate, per tornare a essere silenziosa e monotona in quelle invernali, quando è ricoperta dalla neve. Un po' come la tranquilla e ripetitiva vita dei fratelli Cuthbert, stravolta dall'arrivo ai Tetti Verdi di una bambina dai capelli rosso fuoco, magra e tutt'occhi, che ritorna a essere triste e malinconica quando Anna si trasferisce a Charlottetown per studiare.
Inoltre Takahata non si limita a impreziosire la serie con i suoi virtuosismi stilistici ma va ben oltre e, servendosi della psicologia articolata e complessa della protagonista, presenta una rilettura profondamente femminista e rivoluzionaria del romanzo. Anna non ha la passione per il bel canto, come la sua amica del cuore Diana, né tanto meno attende con impazienza l'arrivo dei quindici anni per potersi tirare su i capelli e attirare l'attenzione dei ragazzi. Al contrario, rinunciando anche alle piccole gioie dell'infanzia come un vestito con le maniche a sbuffo o un cappello nuovo, cerca nello studio l'occasione per ricompensare Marilla e Matthew del sacrificio che hanno compiuto accogliendola ai Tetti Verdi. La rivalità con l'altro sesso (Gilbert) prende il posto dei sogni a occhi aperti che da bambina le davano conforto nei momenti di solitudine. Così come l'amicizia con Diana rimpiazza l'eccentrico alter ego che si era creata, spingendola a rendere reali le proprie passioni e a trasformarsi, nel corso della storia, in Anna di Matthew e Marilla e dei Tetti Verdi e non in una qualsiasi Lady Cordelia Fitzgerald.
Anche le vicende sullo sfondo mettono in risalto l'attenzione per questi temi, come quando Marilla e la signora Lynde, un'insospettabile suffragetta, corrono in città per vedere il governatore o quando gli abitanti di Avonlea vengono a sapere che sarà una donna a sostituire il maestro presso la scuola del paese. Del resto non è difficile leggere tra le righe e rendersi conto di come Takahata e Miyazaki cercassero di portare sullo schermo gli ideali della loro generazione, capace di sognare un mondo diverso e di dare un nome nuovo e più romantico alle cose, esattamente come Anna, sempre pronta a trovare ovunque, anche nella quotidianità, Laghi dalle Acque Splendenti e Bianchi Viali delle Delizie.
Tuttavia il femminismo inconsapevole di Anna, così come quello della Montgomery, non diverrà mai radicale o intransigente e, ottenuto il giusto riconoscimento per i propri sforzi, ci sarà spazio persino per la riconciliazione con l'odiato Gilbert Blythe.
Inoltre Takahata non si limita a impreziosire la serie con i suoi virtuosismi stilistici ma va ben oltre e, servendosi della psicologia articolata e complessa della protagonista, presenta una rilettura profondamente femminista e rivoluzionaria del romanzo. Anna non ha la passione per il bel canto, come la sua amica del cuore Diana, né tanto meno attende con impazienza l'arrivo dei quindici anni per potersi tirare su i capelli e attirare l'attenzione dei ragazzi. Al contrario, rinunciando anche alle piccole gioie dell'infanzia come un vestito con le maniche a sbuffo o un cappello nuovo, cerca nello studio l'occasione per ricompensare Marilla e Matthew del sacrificio che hanno compiuto accogliendola ai Tetti Verdi. La rivalità con l'altro sesso (Gilbert) prende il posto dei sogni a occhi aperti che da bambina le davano conforto nei momenti di solitudine. Così come l'amicizia con Diana rimpiazza l'eccentrico alter ego che si era creata, spingendola a rendere reali le proprie passioni e a trasformarsi, nel corso della storia, in Anna di Matthew e Marilla e dei Tetti Verdi e non in una qualsiasi Lady Cordelia Fitzgerald.
Anche le vicende sullo sfondo mettono in risalto l'attenzione per questi temi, come quando Marilla e la signora Lynde, un'insospettabile suffragetta, corrono in città per vedere il governatore o quando gli abitanti di Avonlea vengono a sapere che sarà una donna a sostituire il maestro presso la scuola del paese. Del resto non è difficile leggere tra le righe e rendersi conto di come Takahata e Miyazaki cercassero di portare sullo schermo gli ideali della loro generazione, capace di sognare un mondo diverso e di dare un nome nuovo e più romantico alle cose, esattamente come Anna, sempre pronta a trovare ovunque, anche nella quotidianità, Laghi dalle Acque Splendenti e Bianchi Viali delle Delizie.
Tuttavia il femminismo inconsapevole di Anna, così come quello della Montgomery, non diverrà mai radicale o intransigente e, ottenuto il giusto riconoscimento per i propri sforzi, ci sarà spazio persino per la riconciliazione con l'odiato Gilbert Blythe.
<b>ATTENZIONE! CONTIENE SPOILER!</b>
Questo bellissimo anime è tratto dall'opera letteraria di Lucy Maud Montgomery e narra le vicende di un'orfanella di nome Anna Shirley nata da due professori liceali che sono morti a causa di una malattia infettiva. Ella si ritrova a dover convivere ed essere accudita da due signori, ormai "anzianotti", di nome Marilla e Matthew.
I primi momenti sono difficili, particolarmente con Marilla, ma in seguito i rapporti si fortificheranno con la formazione di una vera e propria famiglia, magari non di sangue, ma sicuramente di cuore. Anna troverà anche una carissima amica, di nome Diana Berry, ma anche un rivale. Il suo nome è Gilbert Blythe e tutto nasce da un soprannome che egli stesso affibbiò ad Anna: Pel di Carota, per via dei suoi capelli color rosso vivo.
Gli avvenimenti che accadono in quest'anime sono molti, dalle svariate tipologie, e ripercorrono la vita di Anna fino alla sua maturità come persona.
Personalmente l'evento che più mi è rimasto impresso è l'inaspettata morte di Matthew, venuto a mancare a causa di un infarto venutogli dopo aver letto sul giornale la notizia del fallimento della Banca di Avonlea, nella quale si trovavano tutti i suoi risparmi.
Da vedere per chi (mi meraviglio di voi!) non l'abbia mai visto.
Questo bellissimo anime è tratto dall'opera letteraria di Lucy Maud Montgomery e narra le vicende di un'orfanella di nome Anna Shirley nata da due professori liceali che sono morti a causa di una malattia infettiva. Ella si ritrova a dover convivere ed essere accudita da due signori, ormai "anzianotti", di nome Marilla e Matthew.
I primi momenti sono difficili, particolarmente con Marilla, ma in seguito i rapporti si fortificheranno con la formazione di una vera e propria famiglia, magari non di sangue, ma sicuramente di cuore. Anna troverà anche una carissima amica, di nome Diana Berry, ma anche un rivale. Il suo nome è Gilbert Blythe e tutto nasce da un soprannome che egli stesso affibbiò ad Anna: Pel di Carota, per via dei suoi capelli color rosso vivo.
Gli avvenimenti che accadono in quest'anime sono molti, dalle svariate tipologie, e ripercorrono la vita di Anna fino alla sua maturità come persona.
Personalmente l'evento che più mi è rimasto impresso è l'inaspettata morte di Matthew, venuto a mancare a causa di un infarto venutogli dopo aver letto sul giornale la notizia del fallimento della Banca di Avonlea, nella quale si trovavano tutti i suoi risparmi.
Da vedere per chi (mi meraviglio di voi!) non l'abbia mai visto.
Da ragazzino Anna mi stava alquanto antipatica devo ammettere e le preferivo Diana. Quando però ho rivisto la serie di recente dopo alcuni anni mi sono chiesto come e perchè diamine mi stesse antipatica!?! °_O Simpaticissima e spigliata, curiosona e per questo sempre in vena di domande, sognatrice ai occhi aperti, a volte un pò troppo sclerata... me ne sono "innamorato"! XD
La serie comunque è proprio bella. Di formazione e ben curata. Uno di quei racconti di vita, che, tra momenti ironici e altri tristi o intimisti, ti lasciano sempre qualcosa dentro e, come già scritto per Heidi, in grado di unire generazioni diverse! ^^
P.S. Ma alla fine Anna si sarà fidanzata con Gilbert? XD
La serie comunque è proprio bella. Di formazione e ben curata. Uno di quei racconti di vita, che, tra momenti ironici e altri tristi o intimisti, ti lasciano sempre qualcosa dentro e, come già scritto per Heidi, in grado di unire generazioni diverse! ^^
P.S. Ma alla fine Anna si sarà fidanzata con Gilbert? XD
<b>Attenzione: potrebbe contenere spoiler!</b>
Questa serie mi è rimasta nel cuore in modo particolare e nonostante la sua età ha conservato quel tocco e quel fascino che restano unici nel suo genere! La storia narra le vicende di una giovane fanciulla che, rimasta orfana, dovrà affrontare un'infanzia triste e difficile fin quando, per un malinteso verrà adottata da una coppia di fratelli. Anna dai capelli rossi è un cartone che racconta con semplicità e accuratezza l'importanza di affrontare la vita di tutti i giorni, imparando a conoscere se stessa e gli altri, e inoltre, a dare valore a piccole e grandi cose.
Il grande coraggio di Anna e il grande spirito di sacrificio che lei ha, la fanno arrivare a rinunciare all'università per stare accanto alla sua benefattrice e accudirla con tutto il suo amore. In tale circostanza, la serie non risparmia, come tante altre, il valore dell'amicizia da parte di coloro che cercano di aiutare Anna in qualsiasi momento della sua vita.
Una serie indimenticabile!
Questa serie mi è rimasta nel cuore in modo particolare e nonostante la sua età ha conservato quel tocco e quel fascino che restano unici nel suo genere! La storia narra le vicende di una giovane fanciulla che, rimasta orfana, dovrà affrontare un'infanzia triste e difficile fin quando, per un malinteso verrà adottata da una coppia di fratelli. Anna dai capelli rossi è un cartone che racconta con semplicità e accuratezza l'importanza di affrontare la vita di tutti i giorni, imparando a conoscere se stessa e gli altri, e inoltre, a dare valore a piccole e grandi cose.
Il grande coraggio di Anna e il grande spirito di sacrificio che lei ha, la fanno arrivare a rinunciare all'università per stare accanto alla sua benefattrice e accudirla con tutto il suo amore. In tale circostanza, la serie non risparmia, come tante altre, il valore dell'amicizia da parte di coloro che cercano di aiutare Anna in qualsiasi momento della sua vita.
Una serie indimenticabile!
Ci troviamo nel "lontano" 1979 quando dalla regia di Isao Takahata nasce da un romanzo della scrittrice canadese Lucy Maud Montgomery, l'anime che noi conosciamo con il nome di Anna dai capelli rossi. Credo che ognuno di noi abbia visto almeno qualche episodio di questa bella serie e ne sia rimasto affascinato. La storia è molto sentimentale, e andando avanti con gli episodi diviene alquanto drammatica, ma tutti gli episodi racchiudono una semplicità e una piacevolezza unica che riescono a far condividere interamente i sentimenti della nostra piccola protagonista e dei suoi parenti e amici.
La storia come detto tratta da un romanzo, parla di un'orfana che si trova per caso tra le cure di una famiglia: inizialmente i rapporti sono difficili, ma con l'andare avanti degli episodi si scopre la bontà di tutti i personaggi e il tutto prende una piega diversa, dalla visione fantasiosa della realtà di una piccola bambina, ad una piccola introspezione psicologica di una donna.
Devo dire che per essere un anime del 1979 la grafica non dispiace affatto, anzi risulta buona e non dà mai fastidio, i disegni sono curati e le animazioni buone, la colonna sonora è davvero molto adatta all'opera. Dall'altro lato bisogna però dire che ci sono degli episodi che possono risultare pesanti ed alcuni alquanto deprimenti.
Consiglio però la visione di quest'anime perchè è comunque un piccolo pezzo di storia e sarete aiutati alla visione dallo splendido doppiaggio italiano.
La storia come detto tratta da un romanzo, parla di un'orfana che si trova per caso tra le cure di una famiglia: inizialmente i rapporti sono difficili, ma con l'andare avanti degli episodi si scopre la bontà di tutti i personaggi e il tutto prende una piega diversa, dalla visione fantasiosa della realtà di una piccola bambina, ad una piccola introspezione psicologica di una donna.
Devo dire che per essere un anime del 1979 la grafica non dispiace affatto, anzi risulta buona e non dà mai fastidio, i disegni sono curati e le animazioni buone, la colonna sonora è davvero molto adatta all'opera. Dall'altro lato bisogna però dire che ci sono degli episodi che possono risultare pesanti ed alcuni alquanto deprimenti.
Consiglio però la visione di quest'anime perchè è comunque un piccolo pezzo di storia e sarete aiutati alla visione dallo splendido doppiaggio italiano.
L'opera di questo anime può essere considerata a tutti gli effetti una trasposizione dei vecchi film americani anni 50 dove faceva per la prima volta la comparsa del colore.
Si notano subito i tratti che ne caratterizzano il cartone con questo paragone ed è facile pensare nell'immediato che si tratti di un prodotto di eccellente fattura.
L'unica cosa che ho sempre odiato della serie è la sigla italiana composta dal maestro Vince Tempera (il maestro che alla Corrida di quest'anno ha preso il posto di Pregadio), in quanto la canzone è un vero e proprio plagio della più famosa Rivers of Babylon cantata da Bonney M. (i cantanti neri della canzone Like for you, ovvero quella dello spot delle patatine di Rocco Siffredi) .
Tornando all'anime, ha uno sviluppo narrativo e d'animazione mostruoso, incarna perfettamente l'opera della Montgomery sotto molti aspetti, mentre Tomino e Miyazaki hanno fatto una trasposizione davvero molto intensa, pur non essendosi occupati di tutti gli episodi.
Colori che ricordano molto l'ambientazione di quei tempi, ovvero il 19° secolo, laddove esistevano ancora famiglie in preda a problemi infiniti da cui era quasi impossibile uscirne.
La tenacia della protagonista però sarà un filo comunicante con tutti gli episodi che sembrano veramente legati tra loro con un filo rosso, dello stesso colore dei capelli e trecce di Anna.
Qui vengono affrontati temi molto importanti, quali l'essere orfani molto piccoli, la diversità, le divisioni sociali, le dannatissime caste, l'educazione di bambini in difficoltà, la solitudine, il rispetto degli anziani, la difficoltà negli studi quando si hanno pochi mezzi, l'adolescenza, l'eterna maledetta strozzinaggine e stronzaggine delle banche.
In pratica sono temi molto legati all'attualità nella realtà e conoscono le gioie solamente dopo un'interminabile serie di sofferenze, che temprano non poco il carattere e l'orgoglio della protagonista.
Ma l'opera vuole insegnare anche che nonostante le vicissitudini ed un avita non sempre felice, quando si hanno delle importanti occasioni da cogliere al volo sia nelle frequentazioni che nel lavoro bisogna assecondare lo spirito più che la ragione, perchè potrebbe poi essere una fonte di incomprensioni che peggiorerebbero anziché migliorare la vita di chi assume questo comportamento.
Non è una questione di cuore, stavolta, ma è una questione di limiti di orgoglio, che la protagonista rappresenta assai bene attraverso i suoi connotati durante tutta la storia.
Opera che va rivista più volte per apprezzarne questi valori così importanti, un vero pilastro dei classici dell'animazione, a parte la melassata e copiata sigla italiana, ovviamente, un vero pugno nell'occhio.
Si notano subito i tratti che ne caratterizzano il cartone con questo paragone ed è facile pensare nell'immediato che si tratti di un prodotto di eccellente fattura.
L'unica cosa che ho sempre odiato della serie è la sigla italiana composta dal maestro Vince Tempera (il maestro che alla Corrida di quest'anno ha preso il posto di Pregadio), in quanto la canzone è un vero e proprio plagio della più famosa Rivers of Babylon cantata da Bonney M. (i cantanti neri della canzone Like for you, ovvero quella dello spot delle patatine di Rocco Siffredi) .
Tornando all'anime, ha uno sviluppo narrativo e d'animazione mostruoso, incarna perfettamente l'opera della Montgomery sotto molti aspetti, mentre Tomino e Miyazaki hanno fatto una trasposizione davvero molto intensa, pur non essendosi occupati di tutti gli episodi.
Colori che ricordano molto l'ambientazione di quei tempi, ovvero il 19° secolo, laddove esistevano ancora famiglie in preda a problemi infiniti da cui era quasi impossibile uscirne.
La tenacia della protagonista però sarà un filo comunicante con tutti gli episodi che sembrano veramente legati tra loro con un filo rosso, dello stesso colore dei capelli e trecce di Anna.
Qui vengono affrontati temi molto importanti, quali l'essere orfani molto piccoli, la diversità, le divisioni sociali, le dannatissime caste, l'educazione di bambini in difficoltà, la solitudine, il rispetto degli anziani, la difficoltà negli studi quando si hanno pochi mezzi, l'adolescenza, l'eterna maledetta strozzinaggine e stronzaggine delle banche.
In pratica sono temi molto legati all'attualità nella realtà e conoscono le gioie solamente dopo un'interminabile serie di sofferenze, che temprano non poco il carattere e l'orgoglio della protagonista.
Ma l'opera vuole insegnare anche che nonostante le vicissitudini ed un avita non sempre felice, quando si hanno delle importanti occasioni da cogliere al volo sia nelle frequentazioni che nel lavoro bisogna assecondare lo spirito più che la ragione, perchè potrebbe poi essere una fonte di incomprensioni che peggiorerebbero anziché migliorare la vita di chi assume questo comportamento.
Non è una questione di cuore, stavolta, ma è una questione di limiti di orgoglio, che la protagonista rappresenta assai bene attraverso i suoi connotati durante tutta la storia.
Opera che va rivista più volte per apprezzarne questi valori così importanti, un vero pilastro dei classici dell'animazione, a parte la melassata e copiata sigla italiana, ovviamente, un vero pugno nell'occhio.
Dall’omonimo romanzo semiautobiografico di Lucy Maud Montgomery, arriva in Italia col titolo “Anna dai capelli rossi “il primo titolo del filone World Masterpiece Teather, del 1979. Creato dalla Nippon Animation per inaugurare il suo nuovo filone che sarà presto conosciuto come Meisaku e diretto da un brillante Isao Takahata.
Anche solo l’introduzione della trama comporterebbe un notevole svago narrativo. Anna dai capelli rossi è infatti uno dei meisaku dalla trama più lunga e fitta mai realizzati. Orfana, abbandonata, maltrattata, Anna è l’emblema del riscatto, della determinazione e del coraggio. La serie si può suddividere in tre grandi capitoli, quello dell’infanzia, dall’orfanatrofio alla casa dai tetti verdi ; quella della scuola, dove Anna impara ad amare gli studi e i suoi genitori adottivi (e viceversa) e quella della maturità, incentrata sull’ultimo anno di liceo e sui rapporti con l’eterno rivale Gilbert.
Durante lo scorrere degli eventi si assiste a una progressiva maturazione della nostra protagonista, davvero ben curata dagli sceneggiatori e che risalta subito allo spettatore. Anna in pochi anni (dagli 11 ai 16) attua la sua trasformazione emotiva e passa da bambina sognatrice, che si immerge in una fantasia astratta per sfuggire alle brutture che la circondano, in una donna dai saldi principi e dalla determinazione di ferro. Due i pilastri portanti che reggono il costrutto di questa maturazione : i fratelli Marilla e Matthew Cuthbert e l’insegnante di Anna, Stacy Muriel. A far da perno centrale alla leva che aziona la determinazione negli studi di Anna è però l’amico-rivale Gilbert, brillante studente con la quale Anna nutre un rapporto complesso e travagliato.
Va tuttavia detto che la trama presenta parecchi tratti inverosimili, che trascendono la realtà per quella che è. In primo luogo Anna è una bambina di 11 anni, abituata a una strenua povertà, dove baracche e alcolisti sono stati i suoi unici insegnamenti di vita, ed è piuttosto assurdo che si adatti alle buone maniere e alla compostezza che il rigore vittoriano imponevano in mezza giornata. Va anche detto che Anna, praticamente analfabeta, compie un ciclo completo di studi in 5 anni, arrivando a prendere la qualifica magistrale un anno prima del previsto con il massimo dei voti, sempre. Questi fatti, legati all’incredibile autostima che la ragazza nutre di se, la rendono piuttosto aliena e surreale. Purtroppo non ho letto il romanzo della Montgomery, quindi non saprei dire se siano mere pomposità e borie che la donna cerca di attribuire a se stessa o un interpretazione un po’ “eroica” della bambina da parte degli sceneggiatori nipponici.
È comunque importante sottolineare che “Anna dai capelli rossi” non è affatto un titolo da denigrare. A parte queste palesi incongruenze narrative la trama è molto intrigante e sempre ricca di colpi di scena. La sceneggiatura è ottima ed anche il key animation (Il meisaku sarà un po’ carente in questo campo negli anni successivi).
Il disegno è bello, come solo quello di Miyazaki sa essere, che non fa mistero di sparpagliare un po’ di Giappone qua la, come i vari ciliegi fioriti in Canada. Colori limpidi e netti, tratti un po’ spigolosi come erano norma quelli del maestro negli anni 70. “Anna dai capelli rossi” ha un grande merito, più che per l’opera in se, acquista un valore essenziale per quello che sarà il tratto grafico dei 18 anni successivi alla Nippon Animation. Una finitura già ben delineata in Heidi e Marco, ma che qua si compie e si finalizza.
Nel complesso un prodotto di grande impatto emotivo, un po’ esagerato nel personaggio della protagonista. Ed è forse questo estremismo che non la porta in auge tra i titoli del WMT, anche se l’opera in se non presenta pecche, la trama è spesso forzata, nonostante la morbidezza dell’adattamento nipponico. Il fine pedagogico infatti un po’ decade di fronte alla sempre perfetta Anna, un personaggio più simile a un santo che a un protagonista di un romanzo. Otto.
Anche solo l’introduzione della trama comporterebbe un notevole svago narrativo. Anna dai capelli rossi è infatti uno dei meisaku dalla trama più lunga e fitta mai realizzati. Orfana, abbandonata, maltrattata, Anna è l’emblema del riscatto, della determinazione e del coraggio. La serie si può suddividere in tre grandi capitoli, quello dell’infanzia, dall’orfanatrofio alla casa dai tetti verdi ; quella della scuola, dove Anna impara ad amare gli studi e i suoi genitori adottivi (e viceversa) e quella della maturità, incentrata sull’ultimo anno di liceo e sui rapporti con l’eterno rivale Gilbert.
Durante lo scorrere degli eventi si assiste a una progressiva maturazione della nostra protagonista, davvero ben curata dagli sceneggiatori e che risalta subito allo spettatore. Anna in pochi anni (dagli 11 ai 16) attua la sua trasformazione emotiva e passa da bambina sognatrice, che si immerge in una fantasia astratta per sfuggire alle brutture che la circondano, in una donna dai saldi principi e dalla determinazione di ferro. Due i pilastri portanti che reggono il costrutto di questa maturazione : i fratelli Marilla e Matthew Cuthbert e l’insegnante di Anna, Stacy Muriel. A far da perno centrale alla leva che aziona la determinazione negli studi di Anna è però l’amico-rivale Gilbert, brillante studente con la quale Anna nutre un rapporto complesso e travagliato.
Va tuttavia detto che la trama presenta parecchi tratti inverosimili, che trascendono la realtà per quella che è. In primo luogo Anna è una bambina di 11 anni, abituata a una strenua povertà, dove baracche e alcolisti sono stati i suoi unici insegnamenti di vita, ed è piuttosto assurdo che si adatti alle buone maniere e alla compostezza che il rigore vittoriano imponevano in mezza giornata. Va anche detto che Anna, praticamente analfabeta, compie un ciclo completo di studi in 5 anni, arrivando a prendere la qualifica magistrale un anno prima del previsto con il massimo dei voti, sempre. Questi fatti, legati all’incredibile autostima che la ragazza nutre di se, la rendono piuttosto aliena e surreale. Purtroppo non ho letto il romanzo della Montgomery, quindi non saprei dire se siano mere pomposità e borie che la donna cerca di attribuire a se stessa o un interpretazione un po’ “eroica” della bambina da parte degli sceneggiatori nipponici.
È comunque importante sottolineare che “Anna dai capelli rossi” non è affatto un titolo da denigrare. A parte queste palesi incongruenze narrative la trama è molto intrigante e sempre ricca di colpi di scena. La sceneggiatura è ottima ed anche il key animation (Il meisaku sarà un po’ carente in questo campo negli anni successivi).
Il disegno è bello, come solo quello di Miyazaki sa essere, che non fa mistero di sparpagliare un po’ di Giappone qua la, come i vari ciliegi fioriti in Canada. Colori limpidi e netti, tratti un po’ spigolosi come erano norma quelli del maestro negli anni 70. “Anna dai capelli rossi” ha un grande merito, più che per l’opera in se, acquista un valore essenziale per quello che sarà il tratto grafico dei 18 anni successivi alla Nippon Animation. Una finitura già ben delineata in Heidi e Marco, ma che qua si compie e si finalizza.
Nel complesso un prodotto di grande impatto emotivo, un po’ esagerato nel personaggio della protagonista. Ed è forse questo estremismo che non la porta in auge tra i titoli del WMT, anche se l’opera in se non presenta pecche, la trama è spesso forzata, nonostante la morbidezza dell’adattamento nipponico. Il fine pedagogico infatti un po’ decade di fronte alla sempre perfetta Anna, un personaggio più simile a un santo che a un protagonista di un romanzo. Otto.
E’ un anime sublime. Ogni puntata è incantevole (sembra di stare già in Paradiso). Nel personaggio principale traspare un ottimismo e una gioia di vivere fuori dal mondo. E’ il classico anime da far vedere ai propri figli fin dai primi anni d’età (6-8 anni direi anche 8-15 per i temi molto profondi che vengono trattati ma è un cartone che si può guardare benissimo anche a 40-50 anni, anzi molte cose si capiscono verso quest'età). La vera grandezza di Anna è che nonostante rimasta orfana, e con un passato non proprio felice, con la forza dell’immaginazione riesce a essere SEMPRE felice in ogni istante della sua vita e riesce ad essere SEMPRE gioiosa contemplando la natura (un esempio è quando ammira il viale alberato). In più fa tanti errori come quando dà del vino alla sua amica del cuore, credendo che fosse succo di lampone o quando prepara il dolce per il reverendo e sua moglie, ci mette il ricostituente al posto della vaniglia, però viene sempre amorevolmente perdonata, dalla onnipresente Marilla (è colei che l'ha adottata, e si è presa la responsabilità di educarla sia materialmente che spiritualmente). Profondissima la scena quando Anna invitata a casa della moglie del reverendo si sofferma su un quadro dove c’è Gesù che abbraccia i bambini intorno a lui, e c’è una ragazzina lontana dal gruppo sola soletta, si immagina che sia lei raffigurata nel quadro e che Gesù si avvicina e l’accarezza. Da notare che Anna spesso ha le mani giunte (appoggiate una sull’altra), la mia personale interpretazione è che le tiene così perché è un segno, di devozione, rispetto e amore verso il creatore. Notevole anche la crescita del personaggio. Prima è sempre sorridente, chiacchierona, vivace, poi verso i 15-17 anni si nota il suo cambiamento (anche il chara design cambia) meno sorridente, più profonda, più riflessiva, più educata negli atteggiamenti. E’ vero che il cartone animato è tratto da un romanzo di fine 1800 e quindi lo stile di vita era ben diverso da quello di oggi. Però l’educazione ha ancora delle basi fondamentali in una società ormai secolarizzata. Poi il charater design di Anna pur risalendo al 1979 (ben 30 anni!) è eccezionale perché molte delle espressioni gioiose, buffe e anche tristi sono state riprese pari - pari negli anime più recenti. Le ultime puntate sono molto commoventi e profonde. Soprattutto la penultima puntata dove Anna coraggiosamente rinuncia di frequentare l’università e decide invece di rimanere con Marilla (suo fratello Matthew è morto) a Avonlea dove insegnerà. E’ uscito da poco il prequel. Spero caldamente che la magia si ripeta un'altra volta, così anche le giovani generazioni potranno apprezzare l’atmosfera che si respira in questo cartone animato.
Essendo un'opera di Miyazaki e Takahata è quasi ovvio che ottenga un voto alto. Sarebbe un'opera da 10, se non fosse per l'animazione e la sceneggiatura datate. Escluso quindi solo qs. puntiglio, Anna dal Tetto verde è un'opera bellissima, adatta a chiunque abbia una certa maturità. Dati i suoi ritmi da commedia, è sconsigliato a chi ama l'azione o è troppo ragazzino/ragazzina. Basato sul romanzo di Lucy Maud Montgomery e ispirato alla storia vera dell'infanzia dell'autrice, quest'opera percorre la vita di Anna, a fine '800, ad Avonlea in canada. Vedrete Anna crescere e maturare dagli undici fin quasi a diciotto anni. La sua esistenza è narrata in maniera così viva e sensibile, da essere toccante, commovente in diversi punti. Vi affezionerete a questi personaggi e Vi dispiacerà lasciarli. Veramente un'opera bellissima da possedere per chiunque ami gli anime. Ripeto: è una commedia molto realista, con ritmi da commedia e storie da commedia. Consigliato quindi a persone mature e sensibili.
Questo sì che è un ottimo cartone, vecchio, ma di ottima qualità. il restauro ha giovato molto rendendo nitide le immagini. OK, è vero che è tratto da un libro del secolo scorso, ma è reso benissimo, scorrevole senza fastidiosi salti temporali, ma fluido. Si nota lo studio accurato che c'è dietro la serie! Long life to Heidi, Annette and Anne from Green Gables!
Col voto non mi sbilancio perché non ho visto tutti gli episodi, sennò credo darei un po' di più.
Col voto non mi sbilancio perché non ho visto tutti gli episodi, sennò credo darei un po' di più.
Se si vedessero più spesso serie di questa qualità il mondo vivrebbe meglio di come è ora. Non do il voto pieno perché non sono sicuro di averla vista per intero ma i ricordi che ne ho sono ottimi. Una trama ben scritta ed equilibrata, un cast di autori incredibile per l'epoca (e anche per oggi!) il tutto unito ad una realizzazione più che pregevole. Non credo che il tempo abbia intaccato particolarmente questo anime. Guardatelo senza riserve se volete vedere un esempio di come si costruisce una buona serie TV.
Rivederlo dopo tanti anni è stato incredibilmente commovente: delicato, realistico, introspettivo e coraggioso. Il commento di Maison 72 non è per nulla eccessivo, anzi, coglie alla perfezione lo spirito dell'opera. Se avessi un bimbo gli farei senza dubbio vedere questo anime, per aiutarlo a comprendere che dinnanzi alla miseria della realtà alle volte viene in soccorso la fantasia, senza tuttavia privare la persona della caparbietà per perseguire obiettivi concreti e raggiungibili. Guardatelo.