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Elenco delle lezioni precedenti:
LEZIONE N°21: I pronomi personali
Nella lingua Giapponese i pronomi non sono una parte del discorso a sé stante, ma sono considerati una sottoclasse dei sostantivi.
Sebbene abbiamo detto che nella lingua giapponese non esiste distinzione di genere e numero, i pronomi personali fanno eccezione presentano numerosissime forme per ciascuna persona, usate a seconda della familiarità e del sesso di chi parla.
Questo accade perché la lingua giapponese è strettamente correlata al contesto e ai rapporti che intercorrono tra le persone che colloquiano. Per cui il linguaggio può essere molto diverso se si sta parlando con un estraneo, un amico, un familiare, un capo o un collega di lavoro. Per quanto la scelta di un adeguato registro linguistico sia alla base di una corretta comunicazione, l'argomento risulta essere troppo complesso per essere trattato in un corso di base, per cui ne verranno fatti solo degli accenni quando sarà necessario. Questo però serve a capire il perché nelle tabelle successive troverete tanti vocaboli per esprimere lo stesso concetto.
Prima persona
Nella maggior parte dei casi è consigliabile usare il watashi. "Boku" e "Atashi" (usati rispettivamente dai ragazzi e dalle ragazze) sono molto usati quando si parla con amici e familiari, ma non si usano se si parla con qualcuno cui si deve portare rispetto (ad esempio uno studente con un insegnante). "Ore" invece è una forma molto colloquiale e sebbene si possa usare tra amici, potrebbe essere considerata maleducata.
Va comunque ricordato che molto spesso i pronomi personali vengono omessi proprio come in italiano. Così come è corretto e più naturale dire "vado a scuola" piuttosto che "Io vado a scuola", anche un giapponese dirà "gakkou he iku" piuttosto che "watashi wa gakkou he iku".
Seconda persona
Anche per la seconda persona vale il discorso fatto per la prima persona per cui "anata" si può utilizzare tranquillamente nel 90% dei casi. Esisterebbe anche una versione rispettosa, ma va tenuto conto che anche in giapponese spesso si preferisce rivolgersi alle persone dando del "lei" proprio come in italiano. Per questo uno studente non non si rivolgerà mai ad un insegnante con "anata" ma utilizzerà il nome più il suffico adeguato (ad esempio Tanaka-sensei).
Il "kimi" invece di solito viene usato dai ragazzi per riferirsi affettuosamente alla propria ragazza. Ma attenzione perché utilizzarlo con una ragazza appena conosciuta potrebbe essere preso come un eccesso di confidenza!
Se già "anata" è comunque sconsigliato in ambienti formali, "Omae" e "Anta", seppure possono essere usati tra amici, allo stesso modo di "ore" possono essere considerati maleducati.
"Temee" (più blando) e "Kisama" (più pesante), di solito sono usati dagli uomini e sono invece dei veri e proprio insulti.
Non vanno mai usati, anche se vi potrà capitare di incontrarli in un anime o in un manga.
Terza persona
I pronomi di terza persona vengono usati molto raramente. Di solito viene specificato il nome dell'interessato con il suffisso appropriato, oppure, se non si conosce, si usa "Ano Hito" o "Ano kata" (lett: "Quella Persona").
Kare e Kanojo, più che come pronomi personali, sono usati per indicare il fidanzato o la fidanzata.
Per "Aitsu" e "Yatsu" vale lo stesso discorso fatto prima. Sono utilizzabili in determinati contesti, ma possono facilmente risultare maleducati.
Pronomi riflessivi
L'unico pronome riflessivo valido per il maschile e il femminile è 自分 (jibun) che si può tradurre come sé, se stesso, me stesso, proprio a seconda del contesto. Al plurale diventa 自分たち (jibuntachi).
Suffissi
I suffissi onorifici giapponesi sono utilizzati ponendoli dopo il nome di una persona e attribuiscono il grado di confidenza o rispetto che si ha nei confronti della stessa. Non aggiungere il corretto suffisso può far apparire maleducati, ma occorre fare attenzione perché aggiungere un suffisso sbagliato può fare ancora più danni.
Tra i suffissi più famosi (ma ne esistono molti altri) ricordiamo:
Un altro modo per utilizzare i suffissi può essere quello di relazionare il sostantivo alla qualifica o al ruolo dell'individue all'interno del rapporto lavorativo, familiare, ecc...
Tra i più famosi ricordiamo:
Ma anche quelli relativi all'ambito familiare come:
Va notato che molti bambini utilizzano questi termini verso qualsiasi persona più grande anche al di fuori del contesto familiare, piuttosto che utilizzando il cognome seguito dal -san, basandosi sull'età "apparente" della persona in questione. Ad esempio, una donna adulta è probabile che venga chiamata "zia", un anziano "nonno" senza che esista una vera relazione di parentela e senza che questo venga considerato maleducato come potrebbe essere in italiano.
Approfondiremo più avanti i vocabili usati per riferirsi ai familiari, per ora vi basti notare come tali vocaboli possono essere utilizzati in forma di suffisso.
Elenco delle lezioni precedenti:
- Hiragagana 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9
- Katakana 1 - 2 - 3 - 4 - 5 - 6 - 7 - 8
- Esercitazione di riepilogo
- Introduzione alla lingua giapponese 1 - 2
LEZIONE N°21: I pronomi personali
Nella lingua Giapponese i pronomi non sono una parte del discorso a sé stante, ma sono considerati una sottoclasse dei sostantivi.
Sebbene abbiamo detto che nella lingua giapponese non esiste distinzione di genere e numero, i pronomi personali fanno eccezione presentano numerosissime forme per ciascuna persona, usate a seconda della familiarità e del sesso di chi parla.
Questo accade perché la lingua giapponese è strettamente correlata al contesto e ai rapporti che intercorrono tra le persone che colloquiano. Per cui il linguaggio può essere molto diverso se si sta parlando con un estraneo, un amico, un familiare, un capo o un collega di lavoro. Per quanto la scelta di un adeguato registro linguistico sia alla base di una corretta comunicazione, l'argomento risulta essere troppo complesso per essere trattato in un corso di base, per cui ne verranno fatti solo degli accenni quando sarà necessario. Questo però serve a capire il perché nelle tabelle successive troverete tanti vocaboli per esprimere lo stesso concetto.
Prima persona
Grado | Pronuncia | Kanji | Uso | Plurale |
Rispettoso | わたくし | 私 | わたくしども | |
Formale | わたし | 私 | わたしたち | |
Informale | ぼく | 僕 | parlante solo maschile | ぼくたち / ぼくら |
あたし | 私 | parlante solo femminile | あたしたち / あたしら | |
Colloquiale | おれ | 俺 | parlante solo maschile | おれら |
Nella maggior parte dei casi è consigliabile usare il watashi. "Boku" e "Atashi" (usati rispettivamente dai ragazzi e dalle ragazze) sono molto usati quando si parla con amici e familiari, ma non si usano se si parla con qualcuno cui si deve portare rispetto (ad esempio uno studente con un insegnante). "Ore" invece è una forma molto colloquiale e sebbene si possa usare tra amici, potrebbe essere considerata maleducata.
Va comunque ricordato che molto spesso i pronomi personali vengono omessi proprio come in italiano. Così come è corretto e più naturale dire "vado a scuola" piuttosto che "Io vado a scuola", anche un giapponese dirà "gakkou he iku" piuttosto che "watashi wa gakkou he iku".
Seconda persona
Grado | Pronuncia | Kanji | Uso | Plurale |
Formale | あなた | 貴方 | あなたたち / あなたがた | |
Confidenziale | きみ | 君 | parlante solo maschile | きみたち |
Informale | おまえ | お前 | parlante solo maschile | おまえたち |
あんた | 貴方 | parlante solo femminile | あんたたち | |
Volgare | てまえ | 手前 | ||
Molto volgare | きさま | 貴様 |
Anche per la seconda persona vale il discorso fatto per la prima persona per cui "anata" si può utilizzare tranquillamente nel 90% dei casi. Esisterebbe anche una versione rispettosa, ma va tenuto conto che anche in giapponese spesso si preferisce rivolgersi alle persone dando del "lei" proprio come in italiano. Per questo uno studente non non si rivolgerà mai ad un insegnante con "anata" ma utilizzerà il nome più il suffico adeguato (ad esempio Tanaka-sensei).
Il "kimi" invece di solito viene usato dai ragazzi per riferirsi affettuosamente alla propria ragazza. Ma attenzione perché utilizzarlo con una ragazza appena conosciuta potrebbe essere preso come un eccesso di confidenza!
Se già "anata" è comunque sconsigliato in ambienti formali, "Omae" e "Anta", seppure possono essere usati tra amici, allo stesso modo di "ore" possono essere considerati maleducati.
"Temee" (più blando) e "Kisama" (più pesante), di solito sono usati dagli uomini e sono invece dei veri e proprio insulti.
Non vanno mai usati, anche se vi potrà capitare di incontrarli in un anime o in un manga.
Terza persona
Grado | Pronuncia | Kanji | Uso | Plurale |
Rispettoso | あのかた | あの方 | あのかたがた | |
Formale / Informale | かれ | 彼 | riferito a lui | かれたち |
かのじょ | 彼女 | riferito a lei | かのじょたち | |
Colloquiale | やつ | 奴 | riferito a lui | やつら |
あいつ | 彼奴 | riferito a lei | あいつら |
I pronomi di terza persona vengono usati molto raramente. Di solito viene specificato il nome dell'interessato con il suffisso appropriato, oppure, se non si conosce, si usa "Ano Hito" o "Ano kata" (lett: "Quella Persona").
Kare e Kanojo, più che come pronomi personali, sono usati per indicare il fidanzato o la fidanzata.
Per "Aitsu" e "Yatsu" vale lo stesso discorso fatto prima. Sono utilizzabili in determinati contesti, ma possono facilmente risultare maleducati.
Pronomi riflessivi
L'unico pronome riflessivo valido per il maschile e il femminile è 自分 (jibun) che si può tradurre come sé, se stesso, me stesso, proprio a seconda del contesto. Al plurale diventa 自分たち (jibuntachi).
Suffissi
I suffissi onorifici giapponesi sono utilizzati ponendoli dopo il nome di una persona e attribuiscono il grado di confidenza o rispetto che si ha nei confronti della stessa. Non aggiungere il corretto suffisso può far apparire maleducati, ma occorre fare attenzione perché aggiungere un suffisso sbagliato può fare ancora più danni.
Tra i suffissi più famosi (ma ne esistono molti altri) ricordiamo:
- -san (さん): è utilizzato per indicare il rispetto nei confronti di qualcuno, come un collega di lavoro, un proprio superiore oppure uno sconosciuto a cui ci si rivolge in maniera educata, ma implica anche un certo distacco, per cui non va utilizzato con un amico.
- -sama (様): utilizzato per indicare il rispetto nei confronti di qualcuno che riveste un titolo importante o ha uno status particolarmente elevato, per esempio un primo ministro o un sacerdote, ma se utilizzato a sproposito può ingenerare nella persona che avete di fronte un senso di "presa in giro".
- -kun (君): uno dei suffissi più diffusi, utilizzato tra ragazzi e amici per indicare una certa forma di rispetto, o da un adulto verso una persona molto più giovane come segno di confidenza. Di solito è usato per i ragazzi, ma raramente può essere utilizzato anche per le ragazze.
- -chan (ちゃん): utilizzato come vezzeggiativo, propriamente verso i bambini. Tra adulti indica un certo grado di intimità con connotazioni meno strette fra ragazze, mentre fra ragazzo e ragazza non parenti è più probabile che indichi che vi sia un rapporto particolare fra i due (es. fidanzati o amici d'infanzia). Fra amici maschi invece può essere utilizzato in senso ironico, ma se usato a sproposito può essere molto maleducato. Infine viene utilizzato anche per gli animali domestici.
Un altro modo per utilizzare i suffissi può essere quello di relazionare il sostantivo alla qualifica o al ruolo dell'individue all'interno del rapporto lavorativo, familiare, ecc...
Tra i più famosi ricordiamo:
- -sensei (先生): traducibile come "professore" o "dottore"(ad esempio Tanaka-sensei, il professor Tanaka)
- -senpai (先輩): indica un compagno o collega più anziano o superiore di grado che merita considerazione e rispetto
- -kōhai (後輩): indica il compagno o collega più giovane, ma è meno utilizzato.
- -shachō (社長) idica il capo o il presidente (di un azienda, ufficio, ecc.)
Ma anche quelli relativi all'ambito familiare come:
- niisan e neesan: fratello maggiore e sorella maggiore (anche in senso affettuoso verso una parsona più grande di un altra famiglia). Per aumentare il senso di rispetto si può aggiungere una "o" all'inizio della parola (es. oniisan), mentre in famiglie di rango elevato e molto formali viene utilizzato oniisama e oneesama
- oniichan e oneechan: fratellino o sorellina o, sempre in senso affettuso, ad una persona più piccola di un'altra famiglia.
- ojisan e obasan: zio e zia.
- ojiisan e obaasan: nonno e nonna.
- otousan e okaasan: papà e mamma.
Va notato che molti bambini utilizzano questi termini verso qualsiasi persona più grande anche al di fuori del contesto familiare, piuttosto che utilizzando il cognome seguito dal -san, basandosi sull'età "apparente" della persona in questione. Ad esempio, una donna adulta è probabile che venga chiamata "zia", un anziano "nonno" senza che esista una vera relazione di parentela e senza che questo venga considerato maleducato come potrebbe essere in italiano.
Approfondiremo più avanti i vocabili usati per riferirsi ai familiari, per ora vi basti notare come tali vocaboli possono essere utilizzati in forma di suffisso.
Ottimo!
Questa lezione focalizzata all'apprendimento dei pronomi e di alcune forme onorifiche, però, almeno in molti suoi aspetti, ce l'ho già presente. Non conoscevo giusto qualche termine con cui si indicano i membri della famiglia e basta.
Che gli estranei vengano chiamati dai bambini come se fossero parte della famiglia lo sapevo. Difatti avevo avuto modo di constatarlo in <i>Holic</i> quando una bambina - forse Kohane - si rivolge a Watanuki chiamandolo "fratello".
Washi (prima persona singolare): indica grande importanza e superiorità rispetto ai presenti. Lo usa ad esempio Horo in Spice and Wolf (nella sua forma antica wacchi) per sottolineare di essere un essere superiore rispetto ai normali umani.
Onushi invece è una seconda persona singolare ed era usato sempre in segno di deferenza (ma ormai è in disuso).
Ware è sempre una versione formale della prima persona (al plurale wareware).
Oltre a queste ce ne sono un mare, ma alcune sono proprio in disuso, non serve a molto impararsele tutte.
-shi è intermedio tra san e sama. Si usa per alcune categorie professionali, un po' come il nostro "dottore".
Anche con i suffissi ce ne sono tantissimi (-dono, chin, -rin, -tan) ma non si finirebbe più. Soprattutto per chi non conosce la lingua è comunque meglio vedere quelli principali piuttosto che coprire casi molto rari.
Chi segue una qualsiasi serie incest lo sa bene xDD
Il consiglio migliore è: usate sempre quelli il cui livello di cortesia è a metà strada tra rispettoso (o onorifico) da riservare alle persone più anziane o più alte in grado e tra l'informale (che è un eufemismo a mio avviso, suonano piuttosto brutali) che potete riservarlo a chi vi sta antipatico / volete insultare XD
Confermo anch'io che Washi, onushi e ware (plurale : wareware) sono usati in contesti molto formali, ad esempio nei saggi, negli articoli di giornale, o comunque negli scritti. Non vengono mai usati nel linguaggio parlato se non in rare eccezioni, dove suonano come "antiquati" o arroganti.
Attenzione: una cosa che non dice la lezione ma che ci ripetono le sensei di continuo. MAI e ripeto MAI chiamare se stessi con un suffisso onorifico, suona anch'esso molto arrogante e superbo. "Watashi_sama", "Ore_sama" "Boku_sama" soprattutto...ma anche se si usa il "san" l'effetto è uguale.
Nè si aggiunge un suffisso onorifico al proprio nome quando ci si presenta. "Watashi wa Mario Rossi_san desu." = "Io sono il signor Mario Rossi". E' come se vi poneste ad un livello superiore a quello del vostro interlocutore, e in Giappone è quanto mai da evitare. Si tende piuttosto a mettere l'altro al di sopra di noi, usando i suffissi onorifici nei suoi confronti.
@hgaxf Se mia sorella minore mi chiamasse con il -chan la prenderei a sberle. Che è sta confidenza? -san o -sama!!
XD XD scherzo ovviamente
Comunque, il solo fatto che vi sia un numero così variegato di pronomi e suffissi sta a significare che i Giapponesi son persone alquanto educate e rispettose - poi non so se è così al 100% - .
Al pronome voi si preferisce minnasan.
Ore = io, detto dagli uomini adulti che si trovano tra amici non è volgare, non è maleducato, lo è quando si usa con estranei, superiori ecc.
Che io sappia washi (io) è usato dagli uomini anziani (secondo me questo pronome è nato dal watashi pronunciato senza T dagli anziani sdentati come il Ja al posto del Da )
Edit: effettivamente il dizionario giapponese conferma che washi è usato dagli uomini anziani in contesti non formali.
Per quanto riguarda ani/oniisan ane/oneesan e tutti gli altri modi di chiamare i proprio familiari e quelli degli altri credo che arriverà una lezione approfondita su questo argomento.
@SnowChild
Omae (Tu) è per riferisi agli amici maschi, come Ore (Io), giusto?
@Andromeda: "Warera", insieme a "Karera" io finora l'ho solamente trovato in testi scritti, ma ammetto di averlo appreso molto di recente (e sono al terzo anno...i pronomi personali da me si studiano un po' alla volta, man mano che si complicano anche la grammatica e i testi che affrontiamo). Ciò non significa che non possa comparire nel parlato, ma probabilmente a pronunciarlo è qualcuno di particolarmente colto o intellettuale, che si esprime usando termini più "elevati". Perchè per chi lo sentirà, darà senz'altro quest'impressione, piuttosto che quella che darebbe se avesse usato "Watashitachi" o "Karetachi" (che comunque è usato pochissimo, la terza persona è un'"invenzione" piuttosto recente, introdottasi nella lingua giapponese dal 1868 in poi, ossia da quando il Giappone ha riaperto i propri confini e ha avuto contatti con l'Occidente e le opere letterarie occidentali, dove la terza persona è molto usata. Prima non esisteva, o forse -e qui ammetto che non ne sono del tutto certa al 100% nemmeno io, sto ancora studiando in fondo- veniva esplicitata in altri modi).
@LTheFirst: quando lo si sente usare da qualche personaggio, ciò è segnale immediato di una personalità egocentrica, piena di sè, un po' superba anche, il più delle volte con effetto comico. Io ho in mente Lambo da Katekyoushi Hitman Reborn, che si autoproclama "Boku_sama" XDDD
io sapevo che in contesti non formali, Ore è il corrispondente più adulto di Boku, nel senso che i giovani (maschi) usano Boku e gli uomini a partire dalla trentina (ma anche ventenni) usano Ore, non mi dava l'idea di volgare. Mi è capitato di sentirlo anche in tv.
@LTheFirst
in dragon ball Z Vegeta si riferisce a se stesso sempre con Ore-sama, proprio perchè altezzoso e "pieno di se"
@Nekomajin e Snowchild: forse sono io che ho un senso dello humor storto, ma l'ore-sama mi pare estremamente comico.
Vegeta, un personaggio estramamente orgoglioso e altezzoso, è serissimo quando dice ore-sama, odia farsi prendere in giro, figurarsi se fa il comico
Non è che il personaggio che hai citato, quando dice "ore sama" fa qualche battuta o qualche presa in giro?
Credo che "signor" sia il significato più simile in italiano ma non sempre c'è corrispondenza diretta tra parole di lingue diverse.
Tra i vari pronomi per esprimere la prima persona singolare ho trovato anche "oira" (おいら), soprattutto in Sasuke (la serie del 1968 tratta dal fumetto di Sanpei Shirato), il protagonista utilizza sempre quel pronome quando si riferisce a sè stesso. Si tratta di una forma arcaica, oppure è utilizzato ancora correntemente? Ed in quali contesti?
Nessun problema ad approfondire se vuoi
Per il "boku" pronunciato da ragazze...credo sia da collocarsi nell'ambito del fenomeno che vede sempre più le ragazze usare termini propriamente maschili, dall'usare "omae" per indicare un amico, ad altri vocaboli o particelle esclamative tipiche del linguaggio maschile. E' una tendenza degli ultimi anni, tipica delle giovani generazioni, o almeno di una parte di esse, una certa "confusione dei generi" nel linguaggio.
Perchè, se a livello di tempi verbali il giapponese è relativamente facile (esistono solo il passato e il presente, niente robe come il futuro anteriore o il trapassato remoto), a livello di registri linguistici, è enormemente complicato. Tra le tante cose (che verranno immagino spiegate a tempo debito in queste lezioni, per cui non le anticipo), vi è appunto la distinzione piuttosto netta tra il "linguaggio maschile" e il "linguaggio femminile": ognuno con una terminologia, vocabolario (non tantissimi vocaboli, ma comunque qualcuno) proprio.
Tant'è che per un ragazzo straniero che va in Giappone, giusto per fare un esempio, se ha studiato la lingua con lettori madrelingua donne (come ce ne sono ad esempio nella mia università), avrà appreso senza rendersene conto termini propri del linguaggio femminile, e l'effetto sugli interlocutori giapponesi è un po' straniante. Ad esempio proprio "watashi": pur essendo considerato "neutro" (il femminile è "atashi"), gli uomini non lo usano praticamente mai, e sentirlo usare da un uomo, può risultare un po' strano.
"Oira" è una versione ancora più rozza di Ore, Ora ecc. che significano "io" nel linguaggio maschile, una specie di forma dialettale o comunque di modifica fonetica di Ore/ Orera tipica di alcune zone rurali.
è anche usato da donne dello spettacolo, oltre che uomini, che fanno scene comiche e modi di parlare strambi.
Lo si sente anche nei film di Takeshi Kitano, presumo per via del personaggio duro che interpreta
è vero, ne ho sentito parlare degli stranieri che usano espressioni femminili della lingua giapponese.
Ma i lettori non correggono il modo di parlare degli studenti?
Anche nei migliori manuali di grammatica giapponese che abbiamo in Italia viene evidenziata sempre la forma femminile e maschile di una stessa frase o espressione.
In effetti ho pensato anch'io che "oira" potesse essere un termine dialettale, e, come hai spiegato, la ritrovo perfettamente nel contesto rurale dove si svolgono le vicende del piccolo Sarutobi.
@Monfrin: io ho cercato sul mio dizionario, e me lo traduce come "noi". Però ammetto che non lo conosco, per cui non so dirti se il dizionario ha ragione o ce l'ha Nekomajin
Il watashi credo che risulta strano se l'uomo lo usa sempre tra familiari e amici, ma con gli estranei e i superiori è tenuto a usarlo sempre per educazione.
Ho provato a cercare "oira" sul dizionario della Zanichelli in mio possesso, ma quella voce non è riportata, però ho provato a cercarla anche sul dizionario Aedict 2.8 del mio smartphone e me lo riporta scritto sia come (俺ら) che come (己等), ed in entrambi i casi mi riporta come traduzione (in inglese) "I/me". Mentre per noi (we/us) ottenuti dagli stessi kanji sono (俺等達) e (己等達) e la pronuncia è "oiracchi" (おいらっち). Purtroppo non ho mai potuto seguire un vero corso di giapponese e quindi non ho idea se per caso "oira" in qualche variante dialettale possa indicare anche "noi".
Probabilmente questo termine è nato modificano il suono di tachi di Oiratachi.
Non credo che nei corsi insegnino questi termini dialettali o arcaici, è più facile impararli dai programmi tv giapponesi e anime
Quindi se io sono maschio dirò omae sia a una ragazza che a un altro ragazzo, mentre se sono femmina dirò anta sia a ragazzi che a ragazze?
Leggendo il commento di snowchild che dice che ora anche le ragazze cominciano a dire omae a amici maschi, mi fa pensare che ci sia una distinzione anche nella persona alla quale ti riferisci, e che quindi non usano comunque omae con amiche femmine.
Mi chiarite questa cosa?
"Omae" è una parola del linguaggio maschile usata solo tra maschi, quindi i maschi dicono Omae ai loro amici maschi.
Mai chiamare una donna "Omae", è offensivo per la donna ed è cattiva educazione.
Le donne invece diranno "Anta" sia ad un amico maschio sia ad un'amica, è un termine femminile, quindi pronunciato solo dalle donne.
Comunque meglio non usare questi termini (Omae e Anta), alcuni giapponesi li tollerano abbastanza, altri li considerano offensivi.
Molto meglio chiamare il proprio interlocutore con il suo nome.
Forse sarebbe il caso di chiarirlo editando la lezione, perché se uno legge lo schemino, pensa che un ragazzo possa dire omae a una ragazza dato che legge:
"omae è usato se il parlante è maschio"
senza specificare che anche la persona a chi è rivolto deve essere maschio. Stesso discorso per anta!
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