Qualche tempo fa affermai, in un'altra mia recensione, che per capire appieno le opere appartenenti ad una certa tipologia di anime, è necessario guardarseli due volte: una prima volta per apprendere gli eventi che compongono la storia, e una seconda volta per cercare di metterli assieme e dargli un senso compiuto. Secondo il parere di chi scrive, anche per B: the Beginning vale questa considerazione, e questo non perché l'anime presenti grossi problemi di comprensibilità, ma solo per una questione di godibilità: se non ci si distrae troppo, le linee generali della storia possono essere intuite subito per cui, almeno in teoria, una seconda visione non è strettamente necessaria. Ma il ritmo serrato, il continuo avvicendarsi di misteri e il doppio binario su cui si muove la storia ne rendono particolarmente impegnativa la visione, e richiedono un livello di attenzione pieno e stabile. Per questo motivo scegliere di rivedersi tutto senza aver più il peso di dover memorizzare ogni evento, ogni azione o ogni discussione, consentirebbe allo spettatore di godersi maggiormente l'anime. In più, sia che si sia stati attenti sia che ci sia lasciati distrarre dagli imprevisti della vita, la seconda visione consentirebbe comunque di fare luce su alcuni dettagli che erano stati trascurati o dimenticati al primo “giro”.
B: the beginning è una serie anime nata dalla penna di Katsuya Ishida, prodotta da Production I.G e diretta da Kazuto Nakazawa e Yoshiki Yamakawa; la serie è stata poi inclusa tra le esclusive del catalogo Netflix.
Cominciamo la nostra analisi facendo una piccola precisazione: anche se il nome della città in cui si svolgono i fatti si chiama Cremona, anche se la squadra di polizia locale si chiama RIS (che non corrisponde al nostro Reparto Investigazioni Scientifiche ma alla più fantasiosa Royal Intelligence Service), anche se molti negozi hanno insegne in lingua italiana, anche se le zeppole di San Giuseppe fanno parte della tradizione gastronomica locale, la storia non si svolge affatto in Italia, ma è ambientata in un mondo di fantasia. A dimostrazione di questo, ad esempio, si pensi che i nomi dei personaggi e di molte pietanze sono giapponesi e che i giornali locali usano la lingua inglese. Per questo motivo troverei infondate eventuali critiche che si basino sulle incongruenze tra la Cremona rappresentata nell’anime ed i tratti caratteristici di una qualsiasi città italiana: l’autore ha solo voluto fare degli omaggi al nostro paese e non ambientare la storia in Italia.
La sceneggiatura, come si sarà ormai intuito, ha nella complessità la sua caratteristica principale ma, a differenza di quanto ci si possa aspettare, non risulta quasi mai stancante o ammorbante: l'anime, infatti, riesce ad alternare intelligentemente misteri e spiegazioni, attraverso un dosaggio che da un lato dà soddisfazione allo spettatore, perché quest'ultimo riceve sempre le risposte che necessita nel breve periodo, ma che dall'altro non chiude mai il cerchio e lascia aperte molte questioni che verranno risolte solo col tempo. In questo contesto mi sento di condividere l'idea, espressa da molti, secondo cui alcune complicazioni erano evitabili, poiché appesantiscono inutilmente la trama; ma si tratta di un difetto trascurabile in quanto, generalmente, si riferiscono a dettagli di scarsa importanza. A completare il quadro ci sono molti momenti di puro alleggerimento che risultano molto utili a far legare emotivamente lo spettatore coi vari protagonisti.
Sempre in relazione alla sceneggiatura, la trama può essere comodamente divisa in due parti: a seconda dei personaggi coinvolti, infatti, si può parlare di una componente “umana” e di una componente “non umana”. Pur essendoci, ovviamente, molti punti di contatto, la sensazione che resta dopo la visione dell'anime è che una parte non era strettamente necessaria all'altra ma che ognuna avrebbe potuto vivere benissimo di vita propria. La cosa potrebbe essere interpretata come un difetto, e forse lo è; tuttavia anche in questo caso non darei troppa importanza alla cosa, dato che da un lato tutte e due le parti risultano comunque coinvolgenti e che dall'altro si tratta pur sempre della stessa storia vista da due diversi punti di vista.
Dove, invece, questa bipartizione diventa importante è nell'analisi dei personaggi. Il grado di attrattività di questi ultimi, infatti, è diversa: i RIS risultano di gran lunga più affascinanti rispetto a Koku ed ai “Market Makers”. La spiegazione del diverso livello di appeal sta nel fatto che le personalità di questi ultimi, almeno secondo il parere di chi scrive, non sono state approfondite sufficientemente. Koku, ad esempio, è un personaggio con una personalità all'apparenza piena di sfaccettature ma che, paradossalmente, rischia di essere ricordato solo per il suo ripetere ossessivamente “dov'è Yuna?” di fronte al nemico di turno.
Molto diverso, invece, il discorso sugli umani. Sia che si parli di personaggi importanti che si parli di personaggi secondari, è molto semplice instaurare un legame con loro, perché le loro personalità sono state approfondite decisamente meglio. La vera mossa vincente, però, è stata quella di non aver puntato su poche personalità carismatiche ma su un team brillante ed affiatato: da questo punto di vista posso spingermi ad affermare che i veri protagonisti di questo anime non sono né Keith né Lily ma i “RIS” considerati nel loro complesso.
A completare l'opera concorrono anche un comparto grafico di primissimo ordine ed una colonna sonora eccezionale. Una menzione particolare merita la sigla di chiusura, “The Perfect World” composta da Marty Friedman e cantata da Jean-Ken Johnny, il vocalist dei Man with a mission: mai saltata una volta alla fine di ogni episodio. Non c’è invece una sigla iniziale vera e propria ma la sua assenza non si nota affatto.
B: the beginning è una serie anime nata dalla penna di Katsuya Ishida, prodotta da Production I.G e diretta da Kazuto Nakazawa e Yoshiki Yamakawa; la serie è stata poi inclusa tra le esclusive del catalogo Netflix.
Il regno di Cremona è in fermento a causa di una serie di omicidi compiuti da un misterioso assassino a cui è stato dato il nome di Killer B, a causa del simbolo che è solito disegnare accanto al corpo delle vittime. Sulle sue tracce si muoveranno i poliziotti del RIS i quali, però, scopriranno che la situazione è molto più complessa rispetto a quanto ci si potesse aspettare: dovranno fare i conti con misteri millenari, complotti scientifico-militari, assassini di origine non umana, psicopatici di origine umana e con una serie all'apparenza interminabile di segreti e misteri.
Cominciamo la nostra analisi facendo una piccola precisazione: anche se il nome della città in cui si svolgono i fatti si chiama Cremona, anche se la squadra di polizia locale si chiama RIS (che non corrisponde al nostro Reparto Investigazioni Scientifiche ma alla più fantasiosa Royal Intelligence Service), anche se molti negozi hanno insegne in lingua italiana, anche se le zeppole di San Giuseppe fanno parte della tradizione gastronomica locale, la storia non si svolge affatto in Italia, ma è ambientata in un mondo di fantasia. A dimostrazione di questo, ad esempio, si pensi che i nomi dei personaggi e di molte pietanze sono giapponesi e che i giornali locali usano la lingua inglese. Per questo motivo troverei infondate eventuali critiche che si basino sulle incongruenze tra la Cremona rappresentata nell’anime ed i tratti caratteristici di una qualsiasi città italiana: l’autore ha solo voluto fare degli omaggi al nostro paese e non ambientare la storia in Italia.
La sceneggiatura, come si sarà ormai intuito, ha nella complessità la sua caratteristica principale ma, a differenza di quanto ci si possa aspettare, non risulta quasi mai stancante o ammorbante: l'anime, infatti, riesce ad alternare intelligentemente misteri e spiegazioni, attraverso un dosaggio che da un lato dà soddisfazione allo spettatore, perché quest'ultimo riceve sempre le risposte che necessita nel breve periodo, ma che dall'altro non chiude mai il cerchio e lascia aperte molte questioni che verranno risolte solo col tempo. In questo contesto mi sento di condividere l'idea, espressa da molti, secondo cui alcune complicazioni erano evitabili, poiché appesantiscono inutilmente la trama; ma si tratta di un difetto trascurabile in quanto, generalmente, si riferiscono a dettagli di scarsa importanza. A completare il quadro ci sono molti momenti di puro alleggerimento che risultano molto utili a far legare emotivamente lo spettatore coi vari protagonisti.
Sempre in relazione alla sceneggiatura, la trama può essere comodamente divisa in due parti: a seconda dei personaggi coinvolti, infatti, si può parlare di una componente “umana” e di una componente “non umana”. Pur essendoci, ovviamente, molti punti di contatto, la sensazione che resta dopo la visione dell'anime è che una parte non era strettamente necessaria all'altra ma che ognuna avrebbe potuto vivere benissimo di vita propria. La cosa potrebbe essere interpretata come un difetto, e forse lo è; tuttavia anche in questo caso non darei troppa importanza alla cosa, dato che da un lato tutte e due le parti risultano comunque coinvolgenti e che dall'altro si tratta pur sempre della stessa storia vista da due diversi punti di vista.
Dove, invece, questa bipartizione diventa importante è nell'analisi dei personaggi. Il grado di attrattività di questi ultimi, infatti, è diversa: i RIS risultano di gran lunga più affascinanti rispetto a Koku ed ai “Market Makers”. La spiegazione del diverso livello di appeal sta nel fatto che le personalità di questi ultimi, almeno secondo il parere di chi scrive, non sono state approfondite sufficientemente. Koku, ad esempio, è un personaggio con una personalità all'apparenza piena di sfaccettature ma che, paradossalmente, rischia di essere ricordato solo per il suo ripetere ossessivamente “dov'è Yuna?” di fronte al nemico di turno.
Molto diverso, invece, il discorso sugli umani. Sia che si parli di personaggi importanti che si parli di personaggi secondari, è molto semplice instaurare un legame con loro, perché le loro personalità sono state approfondite decisamente meglio. La vera mossa vincente, però, è stata quella di non aver puntato su poche personalità carismatiche ma su un team brillante ed affiatato: da questo punto di vista posso spingermi ad affermare che i veri protagonisti di questo anime non sono né Keith né Lily ma i “RIS” considerati nel loro complesso.
A completare l'opera concorrono anche un comparto grafico di primissimo ordine ed una colonna sonora eccezionale. Una menzione particolare merita la sigla di chiusura, “The Perfect World” composta da Marty Friedman e cantata da Jean-Ken Johnny, il vocalist dei Man with a mission: mai saltata una volta alla fine di ogni episodio. Non c’è invece una sigla iniziale vera e propria ma la sua assenza non si nota affatto.
In definitiva il mio giudizio su questo anime è molto buono. Nonostante i difetti evidenziati, infatti, B: the beginning è un anime che riesce a mantenere sempre alta l'attenzione dello spettatore; e grazie alla decisione di Netflix di proporre tutti insieme i dodici episodi che compongono la serie, la possibilità che la sua visione si trasformi in una maratona è un'eventualità tutt'altro che remota. Probabilmente non piacerà a tutti: ma a parere di chi scrive andrebbe almeno provato.
Pro
- La trama è una matrioska di misteri: risolto uno ne spunta subito un altro
- I RIS vanno bene
- La colonna sonora è sopra la media
Contro
- Alcune complicazioni nella trama sono fini a sè stesse
- I Market Maker vanno un po' meno bene
Non è chiaramente questo il caso di B, passabile serie investigativa (non di più perché quanto il "cattivo" appare ovvio alla sua prima apparizione, cosa anche coerente con la storia, ma abbastanza smosciante se si crede che il fascino sia seguire il dipanarsi delle indagini) mischiata ad una parte fantasy atroce, non c'è un senso, uno scopo, non ci sono riflessioni decenti, i personaggi sono di un monodimensionale che fa spavento e quei pochi misteri sono risolti a spiegoni e flashback.
Penso sia possibile fare una serie in cui il personaggio principale sa già praticamente tutto ad inizio serio.
Certo non è facile, e B fallisce proprio in questo, non serve a niente avere un cast di personaggi tutto sommato affiatati quando a conti fatti non combinano niente per 4/5 della serie, in cui lo spettatore rimane come un fesso a guardare eventi che non portano a niente nell'attesa che Keith riveli quello che sta succedendo.
Una serie investigativa su Keith & company senza deus ex machina credo che avrei potuto apprezzarla, così onestamente no. Mi sembra quasi di rivivere l'incubo Gasaraki, con la parte politica/militare eccellente mista a delle scemenze mistico-giapponesi imbarazzanti e inutili.
Peró addirittura "una visione impegnativa" ?
Francamente avrei gradito vedere meglio come erano usciti dallo scontro finale e che faccia avevano una volta tornati alla normalità.
Azione in salsa crime americano, certo con tante forzature ma altre serie che avevano provato a trattare gli stessi temi mi avevano non poco annoiato quindi mi trovo d'accordo con il nostro Npepata
All'inizio spiazza parecchio questo mix di elementi, e su quello potrei anche capire le critiche. Ma sui misteri (per adesso!) no. Non capirci molto e sciogliersi piano piano è anzi un pregio della serie secondo me.
Non sono mai stata a Cremona, ma da quel che ho capito hanno preso solo il nome e un certo tipo di ambientazione, ma non credo abbiano preso proprio scorci esatti della città. Però se fosse il contrario, facci sapere
C'è una scena dopo i titoli di coda dell'ultimo episodio, quindi c'è la possibilità che Netflix finanzi un sequel se la serie ha successo.
sicuramente è migliorabile comunque, infatti spero in una seconda stagione
bones?
Come al solito voglio innanzitutto ringraziare tutti per aver letto la mia recensione; indipendentemente dal fatto che vi sia piaciuta o meno un "mi piace" a tutti quelli che l'hanno commentata.
Ho letto diverse domande sulla serie; fortunatamente vi siete anche risposti da soli così devo faticare meno
B: the Beginning è stata sicuramente una serie molto discussa; anche in redazione ci sono stati pareri molto discordi sulla qualità di questo anime targato Netflix. Io, ovviamente, appartengo a quella parte dello staff che lo ha apprezzato. Questo però non vuol dire che bisogna chiudere gli occhi sui suoi difetti: B è un anime decisamente buono ma che poteva essere certamente migliore evitando alcuni errori d'impostazione.
Grazie a te che ci allieti sempre con la tua serietà, professionalità e con delle recensioni frutto di durissimo lavoro!
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