Tante volte ci è stato chiesto di fare una rubrica dove inserire il bianco e il nero, Capuleti e Montecchi, Livorno e Pisa, giorno e notte...insomma due punti di vista diametralmente opposti su cui poter discutere e magari anche schierarsi.
Dobbiamo ammetterlo, il timore che tutto finisca in un inutile flame ci ha sempre frenato ma, visto che ultimamente voi utenti vi siete dimostrati meno "scalmanati" e che i nostri detrattori scarseggiano a fantasia, ci siamo detti in Redazione "Why not"?
AnimeRing!
Un titolo, anime o manga, due recensioni a confronto. Due recensioni di voi utenti, il vostro diverso punto di vista sul "palco" di AnimeClick.it.
Come nel miglior incontro di Wrestling, come nella più epica delle Battle rap, saranno le vostre opinioni a sfidarsi fino all'ultimo colpo anzi...spoiler!
Un titolo, anime o manga, due recensioni a confronto. Due recensioni di voi utenti, il vostro diverso punto di vista sul "palco" di AnimeClick.it.
Come nel miglior incontro di Wrestling, come nella più epica delle Battle rap, saranno le vostre opinioni a sfidarsi fino all'ultimo colpo anzi...spoiler!
Andiamo a scoprire non il titolo, ma il regista su cui faremo discutere voi utenti!
Ospite attesissimo al prossimo Lucca Comics and Games con tanto di scene di delirio dei suoi fan in ogni angolo del web. Stiamo parlando di colui dietro delle autentiche pietre miliari dell'animazione giapponese ma che dico, mondiale: Mamoru Oshii.
Alcuni però non riescono a farsi piacere i suoi plurioannati film, giudicati troppo pesanti o forse un tantino davvero troppo osannati.
Mettiamo in campo due recensioni(di titoli differenti) ma poi ....
La domanda è una sola: voi da che parte state?
Ghost in the Shell
9.0/10
Recensione di Kabutomaru
-
Gli anni '80 sono stati alquanto avari di riconoscimenti nei confronti di Mamoru Oshii, che proponendo un cinema d'animazione sperimentale, aveva ripetutamente fatto fiasco al botteghino, poiché il pubblico gli ha preferito un cinema commerciale e più spettacolare dei suoi colleghi Miyazaki e Otomo. Dopo essersi rilanciato con i due film di Patlabor, Oshii decide nel 1995 di lasciare un segno indelebile nella storia dell'animazione con la pellicola "Ghost in the Shell", basato sull'omonimo manga di Masamune Shirow. Il film è stato riproposto in Italia dalla Dynit sia in DVD che in Blu-Ray e presenta un nuovo doppiaggio, che elimina le imprecisioni del precedente adattamento.
Siamo nell'anno 2029 a New Port City in Giappone, in mondo totalmente informatizzato e connesso globalmente alla rete. Tutto questo ha portato un progresso senza precedenti, tanto che oramai gli esseri umani hanno sostituito i loro corpi fisici, con quelli meccanici. Tutto questo ha migliorato le funzioni delle persone, ma al contempo i crimini informatici sono cresciuti a dismisura e per fronteggiare ciò è stata creata la Sezione 9, che nel corso della storia si troverà invischiata nel caso del "Burattinaio", hacker dalle grandi abilità di cui si serve per introdursi nei cervelli cibernetici delle persone, per prenderne il controllo.
Per la prima volta Mamoru Oshii si ritrova dalle mani un budget stratosferico ma, invece di dilapidarlo in scene d'azione dal ritmo frenetico e impiegare una regia modaiola che punti tutto sulla grafica visiva, decide di essere fedele a sé stesso, realizzando una pellicola conforme alla sua personale ricerca sull'impossibilità di una dicotomia tra reale e irreale.
Il risultato ottenuto è strabiliante, visto che l'autore impiega sapientemente l'alta somma di denaro a disposizione per sperimentare delle personali soluzioni d' avanguardia visiva, che mettono in scena immagini concettualmente complesse, grazie alle quali può adottare un approccio maggiormente disinibito verso la trama principale, in modo da esprimere la sua poetica.
Fondamentalmente l'intero film gira intorno ai dubbi esistenziali del maggiore Mokoto Kusanagi della Sezione 9, la quale avendo un corpo totalmente cibernetico (ad eccezione di alcune fibre nervose), consente al regista di mettere in scena concetti filosofici estremamente complessi legati alla definizione della "vita", in una società oramai composta da individui che fanno sempre più uso di parti cibernetiche per superare i limiti imposti dal normale corpo fisico, distinguendosi dalle semplici macchine per via del "ghost", intima essenza consistente in un insieme conoscenze pregresse grazie alle quali ogni individuo forma il proprio Io. Tutto questo dovrebbe imporre una definizione di vita tenente conto del progresso informatico avvenuto, perchè tale concetto non può essere racchiuso entro schemi predefiniti ma, dovrebbe allargarsi sino a ricomprendere in tale nozione anche un agglomerato di informazioni, che fuse insieme portano all'autocoscienza di tale insieme. Legato a tutto questo si pone un interessante dilemma, maggiormente legato alla poetica di Oshii, concernente la dicotomia tra realtà e illusione (in questo caso la rete).
Se è assodato che nel concetto di vita possiamo includervi un agglomerato di informazioni, come fa un essere umano a carpire esse in un mondo avente sempre meno legami con la realtà? Nonostante il film sia di metà anni '90, Oshii dimostra di essere anni luce avanti per l'epoca, chiedendosi già come la rete e le informazioni in essa circolanti, possano influire sul cervello umano. Come ben sappiamo in una rete globale l'accesso è consentito a tutti e quindi le varie informazioni (anche quelle fasulle), possono essere immesse da chiunque in circolazione, così che nel mare infinito della rete, non ci sia più alcun modo per discernere il vero dal falso. I dilemmi di Mokoto riguardano proprio questo punto, poichè dalla realtà si apprende sempre meno e l'esperienza virtuale è tutto, ma siccome la rete non è sempre usata a fin di bene, chiunque potrebbe hackerare il suo cervello cibernetico per riscriverlo totalmente, immettendo nuove informazioni in modo da poter in questo modo controllare l'individuo alterando la percezione che egli ha verso la realtà.
Nonostante sia una pellicola ad alto budget, Mamoru Oshii non abbandona minimamente il suo stile registico, consistente in un ritmo molto lento e inquadrature statiche in primo piano sui personaggi, non rinunciando al contempo a realizzare svariate sequenze che sono da storia dell'animazione (sicuramente la migliore è quella riguardante l'emersione di Makoto dall'acqua, quando vede il suo riflesso). Il character desing di Hiroyuki Okiura, esprime alla perfezione i dubbi e l'estrema estraniazione dei personaggi dalla realtà che li circonda.
Oshii decide di optare per inquadrare dal basso i personaggi dei personaggi in modo da cogliere i loro occhi vacui, intenti a fissare un qualcosa che però non sono capaci di vedere e afferrare. Dal lato grafico non c'è nulla da obiettare poiché si è riusciti a mescolare idee visive consolidate nel passato (derivanti da Blade Runner e Akira), confluenti soprattutto nella raffigurazione dell'alienante New Port City (con i suoi vicoli colmi di sporcizia sino ai palazzi governativi di vetro slanciati verso l'alto), con la sperimentazione di interessanti soluzioni di avanguardia visiva dove animazione tradizionale e CGI sono fuse alla perfezione.
A tutto ciò contribuisce una fotografia ai massimi livelli, che sfruttando l'illuminazione delle luci al neon (talvolta in modo sin troppo eccessivo), contribuisce a creare un'atmosfera straniante e per certi versi onirica. Il tutto è impreziosito dalle musiche di Kenji Kawai, che fondono ritmi tribali a quelli new-age, contribuendo a far immergere lo spettatore in questa claustrofobica città futuristica.
Fondamentalmente ci si ritrova (con buona pace dei detrattori di Oshii), innanzi ad un capolavoro che non solo risulta contenutisticamente all'avanguardia per l'epoca, ma tocca vette di eccellenza anche dal lato visivo e grafico, per via dell'uso di soluzioni tecnico-registiche mai viste prima, grazie alle quali l'animazione Giapponese ha potuto fare enormi balzi in avanti. Sono da rigettarsi come pretestuose, le critiche negative riguardanti l'estrema semplificazione dell'opera originale da cui è tratto. Si ricorda a questi individui che cinema e fumetto sono due media distinti, con regole comunicative ed espressive diverse l'uno dall'altro.
Oshii insieme alla sceneggiatore del film Kazunori Ito, ha scelto di trasporre nella pellicola solo le parti che maggiormente si confacevano alla sua personale ricerca, come solo un grande autore sa fare e in tutto questo ha deciso di stravolgere il comportamento dei personaggi che da scanzonati e ironici, diventano freddi e seri.
Nonostante l'intento commerciale, il film fu un sonoro flop al botteghino, perché come al solito il regista in questione propone film molto avanti per l'epoca in cui escono e che richiedono l'uso del cervello per snocciolare i complessi contenuti in essi presenti, cosa a cui la plebe è ben poco avvezza; ma nonostante ciò si consiglia la visione dell'opera a qualsiasi tipologia di spettatore perché propone comunque concetti attuali ancora oggi.
Siamo nell'anno 2029 a New Port City in Giappone, in mondo totalmente informatizzato e connesso globalmente alla rete. Tutto questo ha portato un progresso senza precedenti, tanto che oramai gli esseri umani hanno sostituito i loro corpi fisici, con quelli meccanici. Tutto questo ha migliorato le funzioni delle persone, ma al contempo i crimini informatici sono cresciuti a dismisura e per fronteggiare ciò è stata creata la Sezione 9, che nel corso della storia si troverà invischiata nel caso del "Burattinaio", hacker dalle grandi abilità di cui si serve per introdursi nei cervelli cibernetici delle persone, per prenderne il controllo.
Per la prima volta Mamoru Oshii si ritrova dalle mani un budget stratosferico ma, invece di dilapidarlo in scene d'azione dal ritmo frenetico e impiegare una regia modaiola che punti tutto sulla grafica visiva, decide di essere fedele a sé stesso, realizzando una pellicola conforme alla sua personale ricerca sull'impossibilità di una dicotomia tra reale e irreale.
Il risultato ottenuto è strabiliante, visto che l'autore impiega sapientemente l'alta somma di denaro a disposizione per sperimentare delle personali soluzioni d' avanguardia visiva, che mettono in scena immagini concettualmente complesse, grazie alle quali può adottare un approccio maggiormente disinibito verso la trama principale, in modo da esprimere la sua poetica.
Fondamentalmente l'intero film gira intorno ai dubbi esistenziali del maggiore Mokoto Kusanagi della Sezione 9, la quale avendo un corpo totalmente cibernetico (ad eccezione di alcune fibre nervose), consente al regista di mettere in scena concetti filosofici estremamente complessi legati alla definizione della "vita", in una società oramai composta da individui che fanno sempre più uso di parti cibernetiche per superare i limiti imposti dal normale corpo fisico, distinguendosi dalle semplici macchine per via del "ghost", intima essenza consistente in un insieme conoscenze pregresse grazie alle quali ogni individuo forma il proprio Io. Tutto questo dovrebbe imporre una definizione di vita tenente conto del progresso informatico avvenuto, perchè tale concetto non può essere racchiuso entro schemi predefiniti ma, dovrebbe allargarsi sino a ricomprendere in tale nozione anche un agglomerato di informazioni, che fuse insieme portano all'autocoscienza di tale insieme. Legato a tutto questo si pone un interessante dilemma, maggiormente legato alla poetica di Oshii, concernente la dicotomia tra realtà e illusione (in questo caso la rete).
Se è assodato che nel concetto di vita possiamo includervi un agglomerato di informazioni, come fa un essere umano a carpire esse in un mondo avente sempre meno legami con la realtà? Nonostante il film sia di metà anni '90, Oshii dimostra di essere anni luce avanti per l'epoca, chiedendosi già come la rete e le informazioni in essa circolanti, possano influire sul cervello umano. Come ben sappiamo in una rete globale l'accesso è consentito a tutti e quindi le varie informazioni (anche quelle fasulle), possono essere immesse da chiunque in circolazione, così che nel mare infinito della rete, non ci sia più alcun modo per discernere il vero dal falso. I dilemmi di Mokoto riguardano proprio questo punto, poichè dalla realtà si apprende sempre meno e l'esperienza virtuale è tutto, ma siccome la rete non è sempre usata a fin di bene, chiunque potrebbe hackerare il suo cervello cibernetico per riscriverlo totalmente, immettendo nuove informazioni in modo da poter in questo modo controllare l'individuo alterando la percezione che egli ha verso la realtà.
Nonostante sia una pellicola ad alto budget, Mamoru Oshii non abbandona minimamente il suo stile registico, consistente in un ritmo molto lento e inquadrature statiche in primo piano sui personaggi, non rinunciando al contempo a realizzare svariate sequenze che sono da storia dell'animazione (sicuramente la migliore è quella riguardante l'emersione di Makoto dall'acqua, quando vede il suo riflesso). Il character desing di Hiroyuki Okiura, esprime alla perfezione i dubbi e l'estrema estraniazione dei personaggi dalla realtà che li circonda.
Oshii decide di optare per inquadrare dal basso i personaggi dei personaggi in modo da cogliere i loro occhi vacui, intenti a fissare un qualcosa che però non sono capaci di vedere e afferrare. Dal lato grafico non c'è nulla da obiettare poiché si è riusciti a mescolare idee visive consolidate nel passato (derivanti da Blade Runner e Akira), confluenti soprattutto nella raffigurazione dell'alienante New Port City (con i suoi vicoli colmi di sporcizia sino ai palazzi governativi di vetro slanciati verso l'alto), con la sperimentazione di interessanti soluzioni di avanguardia visiva dove animazione tradizionale e CGI sono fuse alla perfezione.
A tutto ciò contribuisce una fotografia ai massimi livelli, che sfruttando l'illuminazione delle luci al neon (talvolta in modo sin troppo eccessivo), contribuisce a creare un'atmosfera straniante e per certi versi onirica. Il tutto è impreziosito dalle musiche di Kenji Kawai, che fondono ritmi tribali a quelli new-age, contribuendo a far immergere lo spettatore in questa claustrofobica città futuristica.
Fondamentalmente ci si ritrova (con buona pace dei detrattori di Oshii), innanzi ad un capolavoro che non solo risulta contenutisticamente all'avanguardia per l'epoca, ma tocca vette di eccellenza anche dal lato visivo e grafico, per via dell'uso di soluzioni tecnico-registiche mai viste prima, grazie alle quali l'animazione Giapponese ha potuto fare enormi balzi in avanti. Sono da rigettarsi come pretestuose, le critiche negative riguardanti l'estrema semplificazione dell'opera originale da cui è tratto. Si ricorda a questi individui che cinema e fumetto sono due media distinti, con regole comunicative ed espressive diverse l'uno dall'altro.
Oshii insieme alla sceneggiatore del film Kazunori Ito, ha scelto di trasporre nella pellicola solo le parti che maggiormente si confacevano alla sua personale ricerca, come solo un grande autore sa fare e in tutto questo ha deciso di stravolgere il comportamento dei personaggi che da scanzonati e ironici, diventano freddi e seri.
Nonostante l'intento commerciale, il film fu un sonoro flop al botteghino, perché come al solito il regista in questione propone film molto avanti per l'epoca in cui escono e che richiedono l'uso del cervello per snocciolare i complessi contenuti in essi presenti, cosa a cui la plebe è ben poco avvezza; ma nonostante ciò si consiglia la visione dell'opera a qualsiasi tipologia di spettatore perché propone comunque concetti attuali ancora oggi.
The Sky Crawlers
4.0/10
Dopo la visione di svariate serie tv anime giapponesi e di film anime giapponesi posso dire che questo è il solito prodotto: malesseri esistenziali vissuti da inetti adolescenti. Per la verità questo non è un difetto in sé per sé, anzi è uno dei temi cardine di tutta la produzione animata nipponica. Il problema qui sta nello sviluppo di questi temi: inesistente. La trama quasi non esiste e quando c'è è relegata in secondo piano, molto lontana, in modo da poterla vedere appena; giusto qualche vago accenno. Lunghi piani sequenza senza dialoghi, che invece di creare attesa o tensione annoiano e nulla più, si alternano a sterili e brevi battaglie aeree.
Queste tecniche (silenzi prolungati dei personaggi) se fatte con attori in carne e ossa possono far trasparire movimenti del viso o espressioni che comunicano molto, ma dei disegni in 2D poco ci dicono. Cercare di essere poetici è sempre positivo, ma bisogna saper scegliere il giusto mezzo per farlo. Il regista/creatore forse sopravvaluta il concetto stesso di anime, obbligando lo spettatore a sorbirsi un prodotto che definirei solipsistico, prolisso e pure noioso.
In fin dei conti sono sentimenti di plastica quelli qui presentati, artificiali - nel significato primo della parola: non naturali. La bellezza dell'anime è la sua polivalenza: la possibilità di poter inseguire mondi altrimenti inavvicinabili, frutto delle più brillanti fantasie, e quello di rappresentare la realtà con autenticità e finezza. Qui, però, si rimane incastrati tra queste due strade.
A bordo del mezzo anime ci si schianta contro il muro della comunicazione inefficace. Il risultato: ci si rompe le palle.
Queste tecniche (silenzi prolungati dei personaggi) se fatte con attori in carne e ossa possono far trasparire movimenti del viso o espressioni che comunicano molto, ma dei disegni in 2D poco ci dicono. Cercare di essere poetici è sempre positivo, ma bisogna saper scegliere il giusto mezzo per farlo. Il regista/creatore forse sopravvaluta il concetto stesso di anime, obbligando lo spettatore a sorbirsi un prodotto che definirei solipsistico, prolisso e pure noioso.
In fin dei conti sono sentimenti di plastica quelli qui presentati, artificiali - nel significato primo della parola: non naturali. La bellezza dell'anime è la sua polivalenza: la possibilità di poter inseguire mondi altrimenti inavvicinabili, frutto delle più brillanti fantasie, e quello di rappresentare la realtà con autenticità e finezza. Qui, però, si rimane incastrati tra queste due strade.
A bordo del mezzo anime ci si schianta contro il muro della comunicazione inefficace. Il risultato: ci si rompe le palle.
Potete far sentire la vostra voce, oltre che nei commenti, anche con un mini sondaggio che durerà tre giorni!
La recensione di Kabutomaru è molto esauriente e ponderata (si vede che ci ha pensato su parecchio e ci ha speso molto tempo), con un'analisi dell'opera ottima (e, dal mio punto di vista, posso affermare che condivido largamente quanto ha scritto).
Quella di accidenti è più banale e contiene un enorme stereotipo.
Quando asserisce
sembra che voglia dire che il mezzo animato non va usato per esprimere altro che opere di fantasia o simili. Quindi nulla di più adulto e impegnato.
Cosa che a mio avviso è sbagliatissima, in quanto pone l'animazione come mezzo di serie B.
Per stare in tema, io ho votato "Per me è un genio assoluto dell'animazione mondiale!".
Magari l'affermazione può suonare un tantino troppo entusiastica, ma è innegabile che abbia diretto dei veri e propri capolavori.
Sì, okay... ma ciò non cambia che le sue opere ti facciano addormentare davanti allo schermo anche se le vedi alle 8 del mattino. Punto.
Non saprei spiegarlo bene. Diciamo che le sua opere non hanno "carisma".
(Valanga di pollici rossi di gente che si è addormenta mentre si vedeva The Sky Crawlers o Patlabor 2, ma che qui si fa intellettualoide, e dice si essersi rivista quei film 20 volte di seguito).
Partendo dal fatto che la parola capolavoro significa il migliore tra le opere di un artista, sicuramente Ghost in The Shell è il capolavoro di Mamoru Oshii, però se messo a confronto a altri capolavori di diversi talentuosi artisti di fama internazionale fa fatica a emergere. Per carità come artista è uno dei migliori in assoluto, però se lo si valuta per il suo capolavoro non è un genio assoluto.
La recensione di accidenti sarà poco simpatica, però il voto non è molto distante dal mio
Infatti trovare recensioni che critichino Oshii con cognizione di causa è molto, molto raro. La recensione di accidenti casca proprio sui più comuni errori in cui incorrono i detrattori dell'autore: lento, noioso, vuoto. Intanto, la regia lenta è il mezzo attraverso cui la poetica del regista viene veicolata. Trovo alquanto incoerente criticare un regista che si sofferma molto più sui contenuti che sulla trama, proprio perché si sofferma più sui contenuti che sulla trama; e uno stile registico contemplativo e "lento" è il modo più maturo per avvicinare lo spettatore alla profondità del contenuto, specialmente per il fatto che Oshii è un regista immenso, non di certo l'ultimo arrivato. Sinceramente io preferisco di gran lunga film come GitS o The Sky Crawlers, per i quali la trama è solo un pretesto per parlare di tutt'altro, rispetto a film che offrono storielle magari più appetibili, ma che poi lasciano ben poco; in particolare poi è inutile parlare di "sentimenti di plastica" per un film che, ricordo, è proprio incentrato sul vuoto esistenziale. Meno male che esistono, gli autori come Oshii; non sono poi molti quelli che riescono ancora ad elevare gli anime ad Arte, anche se pare che per il recensore di The Sky Crawlers gli anime non possano esserlo a priori.
Per il resto direi che la rece di Kabuto si commenta da sola, specialmente nella frase di chiusura.
Mi piace come i detrattori dei registi meno mainstream debbano sempre fare come la volpa di la volpe e l'uva.
Non sono loro a non apprezzare un'opera a differenza degli altri, sono gli altri a fingersi intellettuali (d'altronde è risaputo che fingersi fan di Oshii ti fa trovare un lavoro da 5k€ mensili e rimorchiare figa che neanche una Ferrari).
(poi onestamente io credo di essermi "addormentato" con tutti i film di Oshii, non sono film leggeri e vanno capiti, poi li riguardi quando sei fresco e li comprendi ed eventualmente apprezzi (Innocence credo di averlo visto 2 o 3 volte e ancora non mi convince in realtà, però altri come Sky Crawlers hanno decisamente molto da dire, e accidenti nella recensione praticamente non va oltre al livello più superficiale di visione, e a quel punto forse è meglio guardarsi altro).
Nessuno mette in dubbio la grandezza di Oshii, però non si può usare la parola genio assoluto, perchè anche Satoshi Kon e Hayao Miyazaki hanno qualcosa da dire in proposito.
Ho votato "Visto qualcosa, troppo poco per potermi esprimere", poiché a parte GITS, ho visto solo Blood: The Last Vampire, e Twilight Q.
È certamente bravo, oggettivamente parlando, ma non saprei dire se sia più geniale o più noioso, forse è entrambe le cose, o forse nessuna delle due, ma conoscendolo poco scelgo di astenermi.
GITS non mi impressionò, nonostante l'ottimo livello tecnico, forse perché non rientra molto nei miei gusti e nel mio genere, o è fuori dalla mia portata.
Ha realizzato dei capolavori così come qualche opera l'ha cannata, ci sta, ma la sua idea di cinema e animazione rimane e permea ogni suo film, il resto della critica è puramente soggettiva.
Non vale nemmeno la pena sprecarci un flame...
Detto questo la motivazione del mio voto è strettamente correlata alla mia opinione del maggior capolavoro di Oshii. Non starò qui a dilungarmi sul fatto di come la sua opera maggiore abbia influenzato buona parte della regia occidentale di un certo ambito e genere (i fratelli Wachowski in primis) o di come sia riuscito ad allargare il bacino d'utenza a livello internazionale dell'animazione giapponese in tal senso. Premetto oltretutto che ai tempi non ebbi la fortuna di poter visionare l'opera, anche per una questione anagrafica, e ciò imho pesa molto sul giudizio personale che ho dell'opera stessa. Penso quindi che si debbano prendere in considerazione la situazione sotto diversi punti di vista discostando il "come e cosa l'opera ha influenzato" dal "giudizio dell'opera stessa". Prendendo in esame il secondo virgolettato mi risulta difficile considerare l'opera di Oshii come un capolavoro, nonostante la sua riflessione morale e filosofica scuota le fondamento dell'animo umano sulla relazione uomo/macchina. Non riesco personalmente a "digerire bene" la sua visione distopica (nonostante il qui presente sia un' amante di Deus Ex), o perlomeno penso effettivamente che per i tempi sicuramente questa visione ha rappresentato qualcosa di realmente originale nel panorama dell'animazione e non solo, ma ad oggi risulta imho inevitabilmente antiquata e poco immedesimabile. Diverse centinaia di visioni distopiche culturali successive mi hanno portato alla conclusione che l'opera di Oshii è invecchiata male, da qualunque punto di vista la si prenda. Un capolavoro si ritiene tale perché nel tempo perdura, cosa che non accade imho a "Ghost in the Shell". Oshii è sicuramente un buon regista, ma mi vien difficile parlare delle sue opere come di capolavori, ed ho usato "Ghost in the Shell" come esempio per la mia motivazione. Una cosa certamente apprezzo, che ha fatto solamente un rifacimento (non so quanto servisse) della sua opera, in quanto ci sono registi che sull'onta dell'accanimento dei fanboy e sull'onta della loro personalissima "confusione mentale" (per usare un eufemismo) prostituiscono la propria opera a più riprese. Ecco Oshii ha il merito per il momento di non essere tra questo genere di registi. Concludo dicendo che sicuramente la visione "tardiva" di "Ghost in the Shell" gioca un ruolo preponderante come già detto nella mia visione d'insieme pur riconoscendone i valori, ma un capolavoro come già detto per essere tale, deve abbattere i muri del tempo per penetrare nei cuori delle future generazioni.
Nessuno mette in dubbio la grandezza di Oshii
In realtà saremmo qui proprio per discutere di questo
Comunque non vedo perché non si possa utilizzare la definizione di "genio assoluto" per uno che a tutti gli effetti lo è. Senza nulla togliere a Kon, che era un grandissimo autore, ma non capisco come questo vada a demerito di Oshii. Su Miyazaki invece mi trovi leggermente in disaccordo; infatti a mio parere Oshii è un regista decisamente superiore a Miyazaki, che invero ritengo un po' sopravvalutato.
Ho apprezzato i suoi film ma non mi hanno mai convinto al 100% come magari hanno fatto quelli di altri geni dell'animazione come S. Kon e K. Otomo. Non metto in dubbio la sua bravura, per me resta un genio, ma è inferiore a mio parere ad altri.
Per quanto riguarda le due recensioni il mio parere è decisamente opposto. Ho guardato due volte Ghost in the shell e non mi ha mai preso. Gli spunti interessanti c'erano tutti ma forse non è proprio il mio genere. Per quanto riguarda The Sky Crawlers, questo mi è piaciuto un casino. Entrambi li ho trovati impeccabili per alcuni aspetti ma il secondo è più nelle mie corde. Di sicuro, Oshii è un regista che mi piace, ma preferisco lo stile ed i lavori di altri registi geniali quanto o più di lui
In realtà di sue opere ne avrei viste diverse, specie quelle di vecchia data come Ghost in the shell e Blood+ (eccellenti entrambe) ma non mi sento di considerarlo né un genio né tantomeno una noia... un ottimo regista quello magari si.
... la mattina presto solitamente è il momento della giornata peggiore per tentare di rimanere svegli, non il contrario...
In entrambe i casi, per quanto non ne nego le qualità e soprattutto la profondità dei temi affrontati, l'impressione che ho avuto è: troppo pretenziose!
Della serie: "Si-si, bravo-bravo... abbiamo capito, ma adesso bbbasta!"
In pratica:
il regista in questione propone film molto avanti per l'epoca in cui escono e che richiedono l'uso del cervello per snocciolare i complessi contenuti in essi presenti, cosa a cui la plebe è ben poco avvezza
hanno come risultato: ci si rompe le palle
Queste due breve citazioni dalle recensioni pubblicate riassumono tutto il mio pensiero.
Poi andrò anche controcorrente ma io ho amato The Sky Crawlers più di GITS.
E citare altri registi per screditarlo non ha molto senso... Qualcuno prima ha citato Miyazaki e Kon, non capendo che sono tutti e 3 dei fuoriclasse dell'animazione... Solo che fanno generi differenti... É come se li paragonassi a degli sport... Miyazaki campione di rally (coi bei paesaggi, la natura, ecc...), Kon campione di MotoGP (con lesstaccate, le cadute, i colpi di scena ecc...) e Oshii campione di formula1 (sport bellissimo, studiato più in officina che su pista, ma abbastanza noioso...).
Però sono tutti e tre dei campioni.
Tutti e tre con il loro stile.
Quelli che dicono che è bravo ma non si può parlare di genio non li capisco...
Gente che è brava ma che ai mostri sacri sopracitati non ci si avvicina (ancora) ce ne sono tanti, a mio avviso, prima di tutti, Hosoda e Shinkai.
Ma se parliamo di Oshii... Beh... Lui è un genio.
Poi, se non piace il cinema, non lo si capisce, o non lo si vuole capire, è un altro conto; se l'unica "argomentazione" che i detrattori riescono a dare si condensa sempre in "lento = pesante/noioso" (cestiniamo anche Kubrick, Bergman, Tarkovskij, Kitano ecc. già che ci siamo, perché sono "pesanti") tornino a guardare Fast & Furious, che di velocità ne ha quanta ne vogliono.
E lo stesso vale per Miyazaki e Kon (vorrei sapere quanti realmente lo apprezzassero prima che ci lasciasse le penne).
Che significa lento? Che non usa un montaggio da videoclip trasmesso su MTV? Che invece di prendersi a mazzate parlano? Ci sono troppi silenzi? Parlano di cose su cui culturalmente non siete preparati? Fatto sta che la lentezza dei film di Oshii cinematograficamente parlando funziona ed è vorretta.
Noioso è un qualcosa di soggettivo e che varia a seconda del modo delle condizioni con cui ci di approccia al film.
In sostanza le critiche mosse ad Oshii, non hanno oggetto di critica...per chi non avesse capito che ho detto; in pratica sono prive di qualsiasi fondamento.
Oshii oggettivamente è uno dei migliori registi viventi ed una delle personalità cinematografiche più importanti della seconda metà del 900. Forse è il miglior regista d'animazione vivente ad anni luce avanti a gente come Miyazaki e sopravvalutati "tecnici" come Shinkai. Sto vedendo per allargare la mia conoscenza, animazione russa e ceca, ma niente, Oshii non lo butta giù nessuno.
Ragazzi se poi il massimo che vedete nella vostra vita è Avengers o restando in tema animazione, il classico film pro-sistema di Miyazaki o della scuderie dei registi minori Ghibli (fa eccezione quel genio di Takahata)...è logico che i film di Oshii vi sembrano lenti, noiosi ed incomprensibili. Non avete i mezzi per analizzarli perchè avete visto sempre film semplici.
Gits prima di reputarlo capolavoro l'ho visto 3 volte ed inoltre di Oshii ho letto un saggio di critica di Taro'...come vedete, se non ci mettete un po' di impegno personale...
Io esorto tutti a vedere i film di Oshii, perché sono "per tutti"; poichè presentano temi e soprattutto immagini, che possono essere carpiti da chiunque (dall'Norvegese al Sud Africano), visto che trattano profondissimi temi attuali. Però non sono film "di tutti".
Detto questo, apro un concorso. Chi oggettivamente mi dimostra che Oshii non è un genio e Gits non sia un capolavoro, come premio gli recensiro' con il massimo dei voti tre dei suoi anime preferiti.
PS: La parola capolavoro vuol dire semplicemente che l'opera in questione è a capo di un genere. Tutto qui...non vuol dire che i registi possono fare solo un capolavoro. Per questo motivo esiste l'espressione "apice della carriera". Senno a sentire qualcuno di voi, la gente finirebbe con il credere che Eastwood, Kitano, Oshii, Fellini, Kurosawa, Tarr etc...abbiano realizzato un solo capolavoro, cosa assurda.
Kabutomaru contro tutti!
Sente già la cintura da campione tra le mani!
Fatevi sotto!
Ps: io punto già 100 verdoni su di lui...
vorrei sapere quanti realmente lo apprezzassero prima che ci lasciasse le penne
Mah, non so, per esempio quelli che l'hanno pluri-premiato al Tokyo Anime Award e al Fantasia di Montreal, o che hanno candidato Paprika in concorso per il Leone d'oro al festival del cinema di Venezia...
Tranne rarissime eccezioni non ho mai scelto di guardare un film (di animazione o meno) in base al nome del regista e vivo benissimo così.
Sono due premi importanti per il settore animazione. Non sono festival del cavolo...
Poi essere in concorso a Venezia è importantissimo, è il festival del cinema più importante al mondo insieme a Cannes.
Pure il tuo Shinkai ha vinto dei premi in alcuni festival esteri per 5 cm per secondo.
Pure Oshii stiamo a discutere. Fantastici.
Poi che sia lento o noioso è tutto un altro discorso e dipende dai gusti personali, per me dipende da caso a caso (effettivamente sky crawlers è il suo più pesante da questo punto di vista, ma i Gits non mi hanno certo annoiato).
Io sinceramente guardai qualche suo film che mi era piaciuto molto senza conoscerlo (millennium actress e perfect blu furono i primi che vidi) e solo dopo informandomi su chi fosse il regista scoprì che si trattava di Kon e, soprattutto, che era deceduto già da qualche anno ma, a prescindere dalla sua morte, a mio modesto parere si poteva capire che il nostro Satoshi era abbastanza dotato come artista o quantomeno che avesse un modo di narrare inconsueto; insomma anche quando non sapevo chi fosse il regista e la sua storia per me i suoi lungometraggi erano prodotti di qualità.
Peccato che sia una cosa presa di peso dal manga... E' Shirow ad essere anni luce avanti, Oshii ha solo saputo trasporre UNO degli elementi portanti del manga ("anni luce avanti" all'anime, IMHO). Quando Oshii ha deciso di prendere l'universo di GiTS e crearne una storia totalmente originale ne è uscito Innocence, e le differenze si vedono. Non a caso Oshii è ricordato (troppo) spesso come "il regista di GITS", da persone che non hanno mai letto il manga di Shirow.
Che sia bravo come regista di film d'animazione è fuor di dubbio, ma con risultati altalenanti, e lo troppo ampiamente sopravvalutato. Come regista di film live-action invece è proprio indifendibile...
Poi in quanto al paragone col manga, naturale che GITS sia innanzitutto la figlia di Shirow Masamune, che come Oshii è un autore ermetico, il cui manga è l'unico che finora ho letto che ho bisogno di rileggere per poterne cogliere ogni vignetta e ogni dialogo. Ma Oshii è stato capace di far rinascere GITS attraverso i due film che sono alla fine creature tutte sue.
Insomma è un genio assoluto e su questo non ci piove!
Critiche smontabili.
Il manga ha una narrazione caotica e non tendente ad unità, quindi era impossibile trasporlo tutto a film e ottenere grandi risultati artistici.
Inoltre cinema e fumetto, sono due forme d'arte differenti e di conseguenza hanno linguaggi differenti, ergo non si possono rapportare. Un fumetto fatto film , sarebbe una bella copia delle tavole del fumetto, ma un film fatto male.
Innocence è solo il miglior film d'animazione di sempre e l'apice della carriera di Oshii.
Se Oshii è ricordato come il regista di gits è perché:
- È la sua opera più conosciuta.
- La gente è ignorante.
Oshii da bravo autore qual è, ha scelto i capitoli che più si confacevano alla sua poetica. La filmografia di Oshii è su alti livelli e sino ad ora non ha mai sbagliato un film.
Avalon è l'unico live action visto, ed è un capolavoro. Influenze da Stalker di Tarkovskij e fotografia color seppia.
Al momento gli preferisco lievemente Satoshi Kon, ma non escludo che la visione delle sue opere che mi mancano e la rivisione delle altre possano farmi invertire i ruoli.
Sì, insomma, l'opzione su cui avrei messo più volentieri la spunta doveva essere una cosa del tipo "Oshii è un discreto genio, che alterna opere belle ad opere che son capolavori".
Perchè gli esseri umani perfetti ed infallibili non esistono.
Lui è tanto grandioso quanto brutto esteticamente.
> Critiche smontabili.
Critiche? :
Ne ho fatta una di critica.
>Il manga ha una narrazione caotica e non tendente ad unità, quindi era impossibile trasporlo tutto a film e ottenere grandi risultati artistici.
Non ho mai scritto che desiderassi la trasposizione totale a film. La narrazione del manga non è poi così caotica, è semplicemente a episodi, con il filo conduttore del marionettista che spunta in qualche episodio sì e due no. E' pacifico che non ha senso trasporre una trama strutturata a episodi in un film autoconclusivo di 2 ore circa.
> Inoltre cinema e fumetto, sono due forme d'arte differenti e di conseguenza hanno linguaggi differenti, ergo non si possono rapportare. Un fumetto fatto film , sarebbe una bella copia delle tavole del fumetto, ma un film fatto male.
Non saprei, secondo me sono affermazioni un po' assolute. Comunque non ho mai sostenuto il contrario.
> Innocence è solo il miglior film d'animazione di sempre e l'apice della carriera di Oshii.
Forse devo rivedere Innocence...
> Se Oshii è ricordato come il regista di gits è perché:
- È la sua opera più conosciuta.
- La gente è ignorante.
Afffermare che Oshii è ricordato come il regista di GITS perché è la sua opera più conosciuta è come dire che il Sole è caldo perché lì fa molto caldo. Piuttosto, sottolineando che GITS è l'opera più conosciuta di Oshii volevo far notare che Oshii è ricordato soprattutto per un film che è un'opera derivativa, senza nulla togliere al taglio che ne ha dato. Pensa se Vasco Rossi fosse conosciuto soprattutto come "quello di Ad ogni costo"...
> Oshii da bravo autore qual è, ha scelto i capitoli che più si confacevano alla sua poetica.
E qui ti quoto alla grande. Ma di suo ha aggiunto ben poco, e quando scrivi che Oshii è anni luce avanti perché si chiede "come la rete e le informazioni in essa circolanti, possano influire sul cervello umano", bisogna tener presente che è un elemento preso praticamente tale e quale dal fumetto. Perché attribuirgli un merito che non ha, come se il manga non esistesse?
> La filmografia di Oshii è su alti livelli e sino ad ora non ha mai sbagliato un film. Avalon è l'unico live action visto, ed è un capolavoro. Influenze da Stalker di Tarkovskij e fotografia color seppia.
Probabilmente il suo film migliore. Purtroppo i film d'animazione e i film live-action "sono due forme d'arte differenti e di conseguenza hanno linguaggi differenti" [cit.], ma quel genio di Oshii ancora non l'ha capito.
Concordo meno qui. I personaggi di Oshii hanno una caratterizzazione totalmente diversa rispetto a quella del manga. Shorow caratterizza i personaggi in modo molto più scanzonato e aperti caratterialmente. Motoko ha sempre la battuta pronta, Bato è un personaggio molto più allegro e caciarone nell'originale.
I personaggi di Oshii invece sono dei pezzi di ghiaccio freddi e glaciali.
Il maestro Oshii viene apprezzato per i film con una trama spesso complicata o azione "oshianna" che davanti ci presenta cruda con personaggi magari poco carismatici ma di sicuro più crudi, misteriosi, pratici e limitati. Senza tralasciare generi che tratta di più come sci-fi, cyber punk, fantasy o utopia/anti-utopia. Davanti troviamo film maturi e impressionanti nel modo artistico, pero differenza dei tanti tratta temi popolari e futuristici che hanno spunti per trattenere spettatore medio.
Il maestro Oshii ha girato anche Live come Avalon con attori polacchi, con le musiche di Kenji Kawai era uno film interessante ma classico di stile Oshii.
Ultimi live come il famoso franchise mecha di patlabor (The Next Generation: Patlabor 2014-2015) e ultimo film originale - Garm Wars: The Last Druid (proiettato in anteprima a Lucca comics and games, in sale da 5 novembre). Inutile dire che ho votato nel sondaggio per il genio.
http://blog.screenweek.it/2015/10/garm-wars-lultimo-druido-trailer-italiano-dei-film-di-mamoru-oshii-presentato-a-lucca-comics-2015-475105.php
"Voyage to Avalon" from the live movie "Avalon" by Mamoru Oshii.
https://www.youtube.com/watch?v=aTQfB8W0-EM
Kenji Kawai - Cinema Symphony - Ghost In The Shell OST
https://www.youtube.com/watch?v=z64HCi2rQkE
Per tutti quelli che lo criticano di fare film lenti, beh.. Blade Runner (capolavoro di fantascienza) non aveva mica un ritmo incalzante, tutt'altro. Eppure è considerato un capolavoro del genere. Per me Ghost in the Shell ne è alla pari se non superiore. Tra l'altro io preferisto il primo Ghost in the Shell ad Innocence, anche se son tutti e 2 tra i miei film preferiti. Forse sarà perché GitS è più ancorato al cyberpunk, vuoi per il periodo in cui fu prodotto o per il fatto di essere stato tratto maggiormente dall'opera di Shirow rispetto a Innocence; ma anche per tutta la riflessione sull'essenza stessa della vita che ne scaturisce fuori, il dialogo tra Motoko e il Marionettista è una punta narrativa/cinematografica tra le più difficili da raggiungere.
Finisco per dire che Ghost in the shell è in assoluto il mio film preferito. Almeno un paio di volte l'anno me lo vedo, ormai è tradizione per me vedermelo una volta a casa dopo esser tornato dalla cena di natale fatta dai parenti.
Mi è venuto in mente che qualcuno aveva scritto che è un'opera non più attuale. Forse come ambientazione non prende più, però il concetto di essere è ancora attualissimo. In un periodo come questo, dove ci son ragazzi che diventano estremisti alla ricerca di un'identità, penso che il tema del riconoscere se stessi sia attuale.
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